Sarea – Black At Heart

Se siete orfani dei migliori In Flames e degli album delle truppe scandinave di inizio millennio, Black At Heart è un lavoro da avere e consumare.

Andate direttamente alla terza traccia, Perception, alzate il volume e tornerete all’alba del nuovo millennio scapocciando sulle note di quel monumento al death metal melodico moderno che è Clayman, storico capolavoro degli In Flames.

Ormai sono passati diciassette anni e il gruppo di Anders Fridén è l’ombra della grande band arrivata, dopo gli ottimi lavori degli anni novanta, a scrivere il vangelo del genere con molti gruppi che ancora oggi provano a raggiungere le vette artistiche di quell’album senza riuscirci.
Ma, attenzione, perché la Wormholedeath parte per una battuta di caccia in Svezia e la preda sono i Sarea, band di Norrköping che se la cava benissimo, licenziando un album di melodic modern metal molto interessante, composto da una serie di brani melodici, dall’ottimo appeal, ma belli tosti, grintosi e tirati.
Quindi dimenticatevi i ritmi sincopati o stoppati del metalcore, il sestetto scandinavo spara una dozzina di adrenaliniche tracce dove l’estremo è di casa e convive con un talento per le melodie da top band.
Non siamo al debutto e si sente, il gruppo, attivo da 2006, si gioca la carta dell’esperienza accumulata nei tre full length precedenti (Rise Of A Dying World del 2008, Alive del 2010 e l’ultimo This Is Not Goodbye uscito tre anni fa) e in Black At Heart non sbaglia un passaggio, una melodia, uno scambio tra il growl e la voce pulita (spettacolare il primo, nella norma la seconda), con un lavoro chitarristico che non lascia scampo, tra riff moderni di scuola americana e solos che fanno lacrimare più di un sopravvissuto al death melodico novantiano.
Che non siamo al cospetto della solita band core è subito chiaro dall’opener Lights, talmente perfetta ed irresistibile nelle melodie da lasciare sgomenti, mentre la title track ci porta verso quella che a mio avviso è il capolavoro di questo album, la già citata Perception che strappa cuori mentre gli In Flames si chiedono perché non sono più riusciti a scrivere un brano di questa levatura.
Ma fatevi rapire anche dalle irresistibili melodie di Let Us Fall,  dalle atmosfere estreme di The Dormant National, quelle intimiste e tragiche della ballata darkwave Control ed il ritorno tra le sfumature di inizio millennio con la conclusiva e devastante Circles.
Se siete orfani dei migliori In Flames e degli album delle truppe scandinave di inizio millennio, Black At Heart è un lavoro da avere e consumare.

TRACKLIST
01. Lights
02. Black at Heart
03. Perception
04. The Others
05. Let Us Fall
06. Duality
07. The Dormant National
08. Monotone
09. Control
10. Dead Eyes
11. All for None

LINE-UP
Chris Forsberg – Vocals
Calle Larsson – Drums
Johan Axelsson – Guitar
Alex Dzaic – Guitar
Johan Larsson – Bass
Martin Persson – keyboard

SAREA – Facebook

Virulent Depravity – Fruit Of The Poisoned Tree

Un album estremo suonato da musicisti di livello assoluto, con poche emozioni ma tanta tecnica: consigliato agli amanti della perizia strumentale prima di tutto.

Debuttano gli americani Virulent Depravity con Fruit of the Poisoned Tree, album di death metal tecnico e progressivo, una cascata di note che si modellano sui generi con cui la band gioca per questo primo lavoro che arriva un paio di anni dopo la sua nascita.

Trio composto dal polistrumentista e compositore Colin Butler, dal chitarrista Malcolm Pugh e dal batterista degli Svart Crown, Kevin Paradis, i Virulent Depravity si avvalgono di un buon numero di ospiti che valorizzano le performance micidiali dei protagonisti.
Il lavoro mette in mostra tecnica eccezionale ed impatto brutale, reso più nobile da momenti di musica progressiva in un cambiamento repentino di atmosfere che portano fino al jazz ed alla fusion: niente di nuovo in definitiva, ma il tutto è ben legato da un songwriting che dà spazio alla tecnica, a tratti in modo eccessivo, con altri passaggi invece più ragionati che lasciano scorrere fluidamente la musica.
Fruit Of The Poisoned Tree, aiutato da un’ottima produzione che aiuta non poco l’ascolto delle numerose parti intricate, risplende della bravura dei suoi protagonisti (Kevin Paradis è un mostro dietro i tamburi), mentre gli ospiti si danno il cambio nei vari ed intricati brani che, come ragnatele, ci imprigionano in mezzo ai loro intricati fili.
Quasi un’ora di death metal progressivo e brutale, dove la parola d’ordine è stupire con soluzioni tecnicissime al limite dell’umano ed i musicisti ci riescono, grazie alle evoluzioni estreme su tracce come Spineless Obedience, Desecrating Eden e Mechanized Defilement.
Un album estremo suonato da musicisti di livello assoluto, con poche emozioni ma tanta tecnica: consigliato agli amanti della perizia strumentale prima di tutto.

TRACKLIST
1. Serpentine Messiah
2. Spineless Obedience
3. Your Demise
4. Desecrating Eden
5. Fruit of the Poisoned Tree
6. Bad Drug
7. Beyond the Point of No Return
8. Only Human
9. Mechanized Defilement
10. Crushed by Futuristic Filth

LINE-UP
Colin Butler – Composition, Guitar, Bass, Vocals
Malcolm Pugh – Rhythm Guitar
Kévin Paradis – Drums

Jimmy Pitts (Pitts Minneman Project, Equipoise, NYN, etc) – Keys (Track 4, 10)
Mark Hawkins – Guitar Solo (Track 1)
Nick Padovani (Equipoise) – Guitar Solo (Track 6)
Craig Peters (Deeds Of Flesh) – Guitar Solo (Track 8)
Elijah Whitehead (Enfold Darkness) – Guitar Solo (Track 9)
Sims Cashion – Guitar Solo (Track 10)
Nathan “Sounds” Bounds (Enfold Darkness) – Guest Vocals and Latin Chants (Track 10)

VIRULENT DEPRAVITY – Facebook

Acid Death – Balance Of Power

Il suono di Balance Of Power non è un mero recupero, ma un’intelligente riproposizione di un prodotto molto valido, ieri come oggi, perché è un disco di valore assoluto, ancor di più se si considera che sarebbe dovuto essere l’esordio degli Acid Death.

Dopo 25 anni di attesa, arriva il disco che sarebbe dovuto essere il debutto dei pionieri greci Acid Death.

Grazie alla Floga Records possiamo ascoltare rimasterizzato questo mini lp che non vide mai la luce. Questa storia a lieto fine cominciò nel 1991 quando si formarono e tutti i componenti erano sotto i venti anni. In quei tempi erano davvero pochi gli studi di registrazione agibili per un gruppo metal, ed il migliore era il Praxis Studios di Atene. Con lo studio pagato per 40 ore e nessuna esperienza nell’uso del registratore analogico a sedici tracce, i ragazzi riuscirono, come possiamo ascoltare oggi, a fare un buon lavoro anche perché dotati di notevole talento. Infatti, riascoltandolo, si rimane francamente stupiti di fronte a questo mini lp di esordio, perché tanti gruppi molto più blasonati al giorno d’oggi fanno molto, ma molto peggio di ciò in cui riuscirono all’epoca questi ragazzini greci. Il lavoro in origine sarebbe dovuto uscire per la greca Black Power Records, ma problemi finanziati ritardarono ed infine ne cancellarono l’uscita. L’anno dopo l’altrettanto greca Molon Lane Records, attiva dal 1990 al 1996, pubblicò due tracce del mini lp in quello che diventò l’esordio del gruppo, l’ep Apathy Murders Hope, che è appunto il titolo di una delle due tracce. Da lì partì il volo di questa band attiva fino al 2001, riformatasi nel 2011 ed ancora attiva. Balance Of Power è un grande disco di death tecnico e fortemente incline al prog, con impalcature sonore molto interessanti, un suono fortemente anni novanta, ma già molto maturo e consapevole delle proprie potenzialità. Il recupero di questo disco aggiunge maggior valore ad un lunga carriera, che ha sempre dato buoni frutti, ma che soprattutto può dare ancora molto. Il suono di Balance Of Power non è un mero recupero, ma un’intelligente riproposizione di un prodotto molto valido, ieri come oggi, perché è un disco di valore assoluto, ancor di più se si considera che sarebbe dovuto essere l’esordio discografico di questi (all’epoca giovanissimi) greci.

TRACKLIST
Side A
1) Psychosis
2) Apathy Murders Hope
3) Civil War
4) Death From Above

Side B
1) Balance Of Power
2) Twilight Spirits
3) State Of Paranoia

LINE-UP
Savvas Betinis – bass & vocals
Dennis Kostopoulos – lead & rhythm guitars
John Anagnostou – lead & rhythm guitars
Kostas Alexakis – drums & percussion

ACID DEATH – Facebook

Descent Into Maelstrom – Descent Into Maelstrom

Descent Into Maelstrom convince, mostrando un’aura gotica e malinconica pur nella sua natura estrema, consigliato quindi alle anime nere ed agli amanti del death melodico.

I Descent Into Maelstrom, progetto di metal estremo creato dal chitarrista Andrea Bignardi, di fatto una one man band, ci esortano a spingerci nei deliri dello scrittore Edgar Alan Poe e della sua opera, dalla quale anche l’album prende il titolo.

Una passione, quella per la letteratura gotica, che ha portato il musicista piacentino alla realizzazione di questo lavoro dal sound estremo che si rivela un buon death/black melodico influenzato dalla maestra terra scandinava.
Grande il lavoro della sei corde, strumento preferito da Bignardi sia nelle parti grondanti metallo estremo, sia in quelle atmosferiche o dalle ottime melodie che si rifanno al metal classico.
L’atmosfera che regna tra i brani è ovviamente oscura ed orrorifica, ma non mancano cavalcate in crescendo come la notevole Castle Of Otranto, nella quale Bignardi ricama solos melodici di ottima fattura, alternando potenza metallica a suggestive parti acustiche, in una tempesta di suoni che richiamano a più riprese la scena death melodica di primi anni novanta.
Per farsi un’idea del sound contenuto nell’album si potrebbero immaginare degli In Flames gotici che giocano a fare i Dissection, e comunque Ignis Fatuus, Storm And Assault, la già citata Castle Of Otranto e la title track rendono merito allo sforzo del musicista e compositore emiliano.
Descent Into Maelstrom convince, mostrando un’aura gotica e malinconica pur nella sua natura estrema, consigliato quindi alle anime nere ed agli amanti del death melodico.

TRACKLIST
1. Everything Against
2. Ignis Fatuus
3. Innerwhere (feat. Samuele Ordanini – Inferno 9)
4. Storm And Assault
5. Castle Of Otranto
6. Atavic Enemies
7. Descent Into Maelstrom
8. Peroratio In Rebus

LINE-UP
Andrea Bignardi – Guitar, Bass, Vocals

DESCEND INTO MAELSTROM – Facebook

Assault – The Fallen Reich

Il quintetto asiatico mostra una buona tecnica applicata a idee sfruttate a suo tempo dai nomi storici del genere, riportate perfettamente alle orecchie dei fans in questo lavoro che non può non fare breccia tra i deathsters dai gusti melodici.

Anche nella lontana Singapore si suona death metal melodico e di ottima qualità, a giudicare da questo lavoro che viene considerato un full length ma, più realisticamente, della durata di un ricco ep.

Ventuno minuti, infatti, sono troppo pochi per considerare The Fallen Reich un lavoro su lunga distanza, ma la qualità della musica proposta dagli Assault lo colloca ugualmente tra gli ep più riusciti di questa prima metà del 2017, almeno nella scena underground e nel genere proposto.
Gli Assault suonano death metal melodico da oltre dieci anni: poco prolifici, hanno dato alle stampe un solo lavoro prima di The Fallen Reich, l’ep The Exceptions of the Rebellions uscito sei anni fa.
Poco per dare continuità ad una carriera, in tempi nei quali dopo pochi mesi dall’uscita un album è già vecchio, ma vista la qualità della musica prodotta perdoniamo la band di Singapore, autrice di un ottimo esempio di death metal melodico scandinavo in un paese migliaia di miglia lontano dalle nevi di Stoccolma o Oslo.
Enslavement to Torture, Spawn Of Rage e la title track sono un buon esempio di genere, tra Soilwork, At The Gates e primi In Flames, niente di nuovo all’orizzonte, ma tutto ben fatto e dal notevole impatto.
Il quintetto asiatico mostra una buona tecnica applicata a idee sfruttate a suo tempo dai nomi storici del genere, riportate perfettamente alle orecchie dei fans in questo lavoro che non può non fare breccia tra i deathsters dai gusti melodici.

TRACKLIST
1.Enslavement to Torture
2.Genocidal Conspiracy
3.Spawn of Rage
4.Ghettos
5.The Fallen Reich
6.The Final Solution

LINE-UP
Syaz – Bass
Hanesh – Guitars (lead)
Clarence Chong – Vocals
Noh – Drums
Yuda – Guitars (rhythm)

ASSAULT – Facebook

Weregoat – Pestilential Rites of Infernal Fornication

Grazie all’accurata produzione il massacro si compie nitidamente e i Weregoat confezionano un gran lavoro di death puro e senza compromessi.

Con abbondante anticipo sulla data di uscita a fine giugno vi scriviamo la modesta recensione di questo disco maledetto, non doveste più avere nostre notizie andate a rifugiarvi con prontezza perché i demoni evocati dai Weregoat sono liberi.

Tutto ciò e molto altro ancora più in basso è ciò che verte intorno al disco, fatto di un un death black metal davvero distorto e malato. Molta malvagità è passata dai tempi dei primi dischi death davvero cattivi e degenerati, e vi sono state anche punte elevate in gruppi che hanno poi venduto meritatamente, ad esempio i Morbid Angel, per dire un nome. Qui invece la cattiveria, la velocità, la potenza e la pazzia sono una sordida preghiera al nero signore. I Weregoat non danno tregua e in questo esordio ci mettono tutto la degenerazione che hanno accumulato negli anni, anche grazie ad uscite musicali con durata inferiore a quella di questo disco. Vera gioia nera, pura perversione satanica, farfalla di un death Black molto sbilanciato verso il death più underground, e molto ben prodotto. Grazie all’accurata produzione il massacro si compie nitidamente e i Weregoat confezionano un gran lavoro di death puro e senza compromessi. Se questo è il debutto, verremo presto spazzati via.

TRACKLIST
01 Goat Lust
02 Osculum
03 Molested By Evil
04 Screaming
05 Forked Tongue
06 Full Moon
07 Under The Whip
08 Archgoat
09 As Cold as The Devils Seed
10 Pestilential Rites

LINE-UP
Lecherous Agressor – Guitar Sodomy
Nocturnal Hellfukker – SubAtomic Detonations and Kommands of Bestial Penetration
SadoSeducer- Doomhammers of primal lust and hate!

WEREGOAT – Facebook

Khrophus – Presages / Eyes of Madness

Gli ultimi due album dei Khrophus vengono ripresi in questa interessante uscita.

Presages/Eyes Of Madness racchiude le ultime due uscite discografiche dei devastanti deathsters brasiliani Khrophus e si rivela molto utile per tastare il polso alla scena estrema sudamericana.

La band infatti è attiva dai primi anni novanta, periodo d’oro del genere un po’ in tutto il mondo, ed ovviamente anche nel paese verde oro, da sempre molto ricettivo per i suoni metallici con particolare attenzione per quelli estremi di stampo death.
Erano anno che impazzavano i Sepultura, senza dubbio la band metal più famosa e longeva proveniente dal Brasile, mentre negli Stati Uniti la scena floridiana risplendeva dei suoni brutali della Bay Area, quindi i Khrophus si identificano in quelle band che seguirono la strada tracciata dai gruppi più famosi, creandosi il loro seguito nella scena underground.
Gli ultimi due album, datati 2009 (Presages) e 2013 (Eyes Of Madness), sono ripresi in questa uscita che risulta interessante, specialmente per gli amanti del genere dai gusti assolutamente old school: due opere dal mood abissale, soffocanti come il miglior death metal di scuola Morbid Angel, pesantissimo nelle ritmiche spesso rallentate per poi ripartire in un armageddon di suoni violentissimi.
Un growl animalesco ed uno scream che compare come un demone dall’oscurità accompagnano il death metal dei Khrophus, band che senza apparire irrinunciabile non mancherà di soddisfare gli appassionati del genere.

TRACKLIST
1.Dominated
2.Symbols or Not?
3.Of the Elders
4.Statues
5.Returning to Apollo… Resurrecting from the Darkness
6.Fisher of Souls
7.Slaves of Hunger
8.Spirits
9.Smoke Screen
10.Dead Face
11.By the Sun
12.Interposition
13.Forbidden Melodies
14.The Book of the Dead
15.Lost Initiations
16.Master of Shadows
17.Harvest (Eyes of Madness)
18.Chimeras

LINE-UP
Adriano Ribeiro – Guitars
Alex Pazetto – Vocals, Bass
Carlos Fernandes – Drums

KHROPHUS – Facebook

Graveyard Of Souls – Pequeños Fragmentos De Tiempo Congelado

Il duo iberico mostra il suo volto migliore quando approccia il genere con ritmi più ragionati e una maggiore ricerca dell’emotività, mentre convince meno il tentativo di rendere il sound più catchy nei passaggi prossimi al death melodico o al gothic.

Degli spagnoli Graveyard Of Souls ci eravamo già occupati qualche anno fa, in occasione del loro primo full length Shadows Of Lifes.

Autori di un buon gothic death doom, all’epoca i nostri non erano apparsi in grado di elevarsi oltre un livello medio, comunque apprezzabile, e non è che l’impressione vada a modificarsi più di tanto con questo nuovo Pequeños Fragmentos De Tiempo Congelado, album che arriva dopo altre due opere su lunga distanza, Infinitum Nihil e Todos los caminos llevan a ninguna parte.
L’interpretazione del genere da parte di Raul e Angel non lascia spazio a particolari critiche né dal punto di vista esecutivo né da quello della produzione (anche se quest’ultimo aspetto è senz’altro migliorabile), perché in questo genere li ritengo elementi marginali rispetto al potenziale emotivo di un’opera: il problema è che, in buona sostanza, vengono meno quei guizzi capaci di rendere identificabile il sound.
Va detto, ad onore dei Graveyard Of Souls, che alcuni brani si dimostrano senz’altro all’altezza della situazione, specie quando questi possiedono un maggiore respiro atmosferico: non mancano così spunti melodici di buona fattura, come nelle buone Entre fragmentos de locura, Cementerio de ilusiones e Al atardecer, che contribuiscono a mantenere l’album al di sopra della linea di galleggiamento senza però che l’attenzione dell’ascoltatore venga catturata con la necessaria continuità.
Sicuramente il duo iberico mostra il suo volto migliore quando approccia il death doom con ritmi più ragionati e una maggiore ricerca dell’emotività, mentre le fasi contraddistinte dal tentativo di rendere il sound più catchy, nei passaggi prossimi al death melodico o al gothic, non convincono anche per l’apparente discrasia stilistica che si manifesta in alcuni momenti dell’album (piuttosto superfluo, per esempio, lo strumentale Across the Cygnus Loop).
Come per l’album d’esordio, non resta così che derubricare l’operato dei Graveyard Of Souls ad un’interpretazione gradevolmente retrò di queste sonorità, senza però che lo scorrere del tempo abbia portato all’auspicato salto di qualità.

Tracklist:
1. Todo se desvanece lentamente
2. Entre fragmentos de locura
3. Beyond the Black Rainbow
4. Cementerio de ilusiones
5. As Lightday Yields (Lake of Tears cover)
6. Al atardecer
7. Across the Cygnus Loop
8. Kristallnacht

Line-up:
Angel Chicote: Music & Lyrics
Raúl Weaver: Vocals

GRAVEYARD OF SOULS – Facebook

Pestilence – Presence of the Pest (Live at Dynamo Open Air 1992)

La Vic Records ci presenta i Pestilence in un concerto al Dynamo Open Air Festival nel 1992, una chicca per i fans del gruppo olandese e per i cultori del death metal old school.

Si continua a parlare di chicche del metal estremo degli anni novanta, riesumati e messi sul mercato per la gioia dei collezionisti e amanti del genere, con la label olandese Vic Records che, negli ultimi tempi, è salita alle cronache metalliche proprio per le sue ristampe atte a lustrare vecchi gioielli death metal.

I Pestilence erano già stati toccati dalla mano della label in seguito alla raccolta di demo e rarità Reflections Of The Mind, uscita qualche mese fa e che riguardava brani in fase embrionale che andarono poi a comporre i tre album della prima fase del gruppo proveniente dal paese dei tulipani: Consuming Impulse, Testimony of the Ancients e, appunto, il capolavoro Spheres.
Si torna dunque al 1992 ed al live che la band tenne al Dynamo Open Air Festival, allora uno dei Festival più in voga e già palcoscenico di live album importanti per band del calibro di Testament e Death.
Presence Of The Pest è un documento affascinante e che non presenta grossi aggiustamenti in studio da parte di Tom Palms (Phlebotomized) che ha rimasterizzato il tutto.
Il gruppo all’epoca viaggiava a mille, perciò aspettatevi una concerto intenso dove, almeno per una volta, le imperfezioni non inficiano il risultato finale, così che chiudendo gli occhi sembra di tornare a venticinque anni fa, sotto il palco dove Patrick Mameli e gli altri componenti del gruppo scrivevano un pezzo di storia del death metal con brani del calibro di Presence Of The Dead, Testimony e Stigmatized.
L’album si arricchisce di tre bonus registrate nello stesso periodo a Rotterdam, quindi ci troviamo davanti ad un’opera esaustiva rispetto alla carica e all’energia che il gruppo olandese sapeva tirare fuori in sede live.
La scelta di non ritoccare troppo il suono da parte della label va a mio parere elogiata, proprio perché non viene snaturato lo spirito old school ed assolutamente estremo dell’opera.

TRACKLIST
1.Dehydrated
2.Chemo Therapy
3.Presence of the Dead
4.The Process of Suffocation
5.Lost Souls
6.Twisted Truth
7.Testimony
8.Chronic Infection
9.Stigmatized
10.Out of the Body
11.Darkening
12.Presence of the Dead
13.Prophetic Revelations
14.Suspended Animation
15.The Secrecies of Horror
16.The Trauma
17.Land of Tears

LINE-UP
Patrick Mameli – Lead guitar/Vocals
Santiago Dobles – Lead guitar
Alan Goldstein – Bass
Septimiu Hărşan – Drums

PESTILENCE – Facebook

Necromutilator – Ripping Blasphemy

Dalla fredda e nebbiosa pianura mantovana arrivano i Necromutilator, trio diabolico al servizio dell’oscuro signore attivo dal 2009 e con un paio di lavori alle spalle: il demo The Devil Arisen del 2011 ed il full length Eucharistic Mutilations, uscito tre anni fa.

Tornano con Ripping Blasphemy, ep di quattro brani licenziato dalla Terror From Hell, quindici minuti di metal estremo oscuro e malato, tra death, black e thrash old school.
Un’atmosfera malsana accompagna tracce malefiche come la title track, brano dall’impronta death metal con una forte anima black, mentre Exhorted Sacrifice si avvicina al mood del thrash vecchia scuola.
Un sound senza compromessi, che vuole rappresentare il puro male in musica, è quello che accompagna i tre diabolici musicisti (P. voce e chitarra, R. batteria e E. al basso) nel loro glorificare la morte e la malvagità a colpi di death/thrash/black ispirato da Morbid Angel, Venom e primi Darkthrone.
I Necromutilator si confermano una band da seguire per i fans del metal estremo più nero ed abissale .

TRACKLIST
1.Ripping Blasphemy
2.Exhorted Sacrifice
3.Unholy Semen of Doom
4.Gate to Eternal Possession

LINE-UP
P – Vocals, Guitars
R – Drums
E – Bass

NECROMUTILATOR – Facebook

Malkavian – Annihilating the Shades

Le influenze sono riscontrabili nei gruppi estremi thrash/death metal statunitensi, ma i Malkavian ci mettono del loro, d’altronde l’ esperienza è secolare e la fame di sangue inesauribile…

Una bomba sonora questo ultimo lavoro dei vampiri di Nantes che, sotto il monicker Malkavian, ci aggrediscono con il loro thrash/groove metal assolutamente devastante.

Difficile trovare un gruppo che, con un nome e un concept vampiresco, distrugga tutto con la forza del thrash moderno, invece di ipnotizzarci con languide melodie gotiche, ma si sa, la cattiveria dei vampiri dipende dal ceppo e dagli anni in cui la loro stirpe comanda e il 2017 è l’anno dei Malkavian.
Annihilating the Shades è dunque un devastante e violentissimo esempio di metal moderno dai rimandi thrash e dal groove che sprizza come sangue dalle vene e dalle arterie: qui i vampiri sono quelli di Underworld e non del classico Dracula (tanto per intenderci), guerrieri della notte in lattice ed automatiche, un esercito di super uomini in una battaglia che dura dalla notte dei tempi e dalla colonna sonora estrema ed esaltante, pura follia omicida rappresentata da inni al male come Alter Of The Damned, Ruins, l’annichilente, oscura e maligna The Great Overset e il muro di creature della notte pronti a colpire al segnale di Encryption Process.
Romaric “Riko” Lamare è un non morto che sputa odio dal microfono, la sezione ritmica un massacro di innocenti (Florian Pesset al basso ed Alex Jadi alle pelli), le chitarre armi micidiali tra ventate di morte e melodie allucinate che, invece di smorzare la tensione, rendono ancora più terrificante e violento il sound (Nicolas Bell e Mathieu Deicke).
Le influenze sono riscontrabili nei gruppi estremi thrash/death metal statunitensi, ma i Malkavian ci mettono del loro, d’altronde l’ esperienza è secolare e la fame di sangue inesauribile…

TRACKLIST
1.Resurgence
2.Altar of the Damned
3.Spit Away
4.Ruins
5.Annihilating the Shades
6.The Great Overset
7.Encryption Process
8.Kba
9.Void of a Thousand Eyes

LINE-UP
Florian Pesset – Bass
Nicolas Bel – Guitars & Backing Vocals
Romaric Lamare – Vocals
Alex Jadi – Drums
Mathieu Deicke – Guitars

MALKAVIAN – Facebook

Hesperia – Caesar. Roma Vol. I

Mai ovvio e sempre interessante, Caesar, primo disco di una serie dedicata a Roma, rappresenta una delle punte più alte del metallo italiano, che definire tale è molto riduttivo.

Sesto disco per questo progetto solista attivo da molti anni. Lo scopo di Hesperia è di fare metallvum italicvm come afferma lui stesso, cercando di concepire una via italica al pagan metal vicino al black.

Il suono di questo concept album sulla vita di Giulio Cesare è molto più sfaccettato, e partendo dal pagan si avvicina molto al metal nella sua accezione più folk, perché qui oltre alla musica c’è molto da dire e scoprire. Hesperia parte da lontano, a cominciare dal nome che è quello antico della nostra penisola, in un fulgido passato pagano che abbiamo dimenticato in fretta abbagliati dalle falsità cristiane. Il disco, dal punto si vista musicale, è una minuziosa ricerca di un suono che sia solennemente adatto a far risuonare questa storia, che è speciale e non può essere raccontata senza l’ausilio di un metal speciale. Hesperus è un musicista di talento e trova sempre un’adeguata impalcatura sonora a testi molto belli che mostrano la storia sotto il punto di vista dei protagonisti, facendo rivivere e sanguinare la storia di Giulio Cesare. Il disco potrebbe essere anche rappresentato sulle assi di un teatro, tanto è ricca la drammatizzazione; una continua meraviglia sonora, passando dal folk al metal, dal quasi black a rock progressivo o anni novanta, il tutto al servizio della storia narrata. Mai ovvio e sempre interessante, Caesar, primo disco di una serie dedicata a Roma, rappresenta una delle punte più alte del metallo italiano, che definire tale è molto riduttivo. La musica è ottima e le storie sono un nostro passato che è stato sepolto troppo presto, ma che rimane un paradigma.

TRACKLIST
1. Ivlia Gens (Incipit) / Svpremvs Dvx
2. Trivmviratvm
3. De Bello Gallico
4. Britannia Capta Erit / Alea Iacta Est
5. Roma
6. Aegyptvs (Tema di Cleopatra)
7. Caesar (Tema di Cesare)
8. Romana Conspiratio (Tema di Bruto)
9. Divini Praesagii (Romanorvm Deorvm)
10. Le idi di marzo (The Ides of March)
11. Ivlivs Caesar (Divvs et Mythvs)

LINE-UP
Hesperus: Everything

HESPERIA – Facebook

Hellcraft – Apotheosis Of War

Con Apotheosis Of War siamo nel death metal di matrice americana, suonato con un impatto davvero notevole, grazie a ritmiche efficaci, muri di chitarre alzati a difendere città e growl rabbioso a cantare di sofferenze ed atmosfere brutali.

Il rinnovato interesse per il death metal classico ha portato nuovo entusiasmo ai gruppi storici e fervore nella scena, dove i gruppi nati negli ultimi dieci anni tornano con nuovi e convincenti lavori, come per esempio gli ucraini Hellcraft ed il loro malefico ed estremo parto intitolato Apotheosis Of War.

Il gruppo è in guerra con il mondo da una decina d’anni, l’album in questione è il terzo full length di una discografia che vede altri due album (Антология ужаса del 2010 e Tyranny of Middle Ages licenziato nel 2012) intervallati da un ep, Голод.
Una battaglia combattuta con il supporto della Symbol of Domination Prod, un attacco frontale senza soluzione di continuità tra guerre, orrore e violenze, mentre impera la totale distruzione in un’atmosfera da armageddon.
A livello musicale siamo nel death metal di matrice americana, suonato con un impatto davvero notevole, grazie a ritmiche efficaci, muri di chitarre alzati a difendere città e growl rabbioso a cantare di sofferenze ed atmosfere brutali.
Se vogliamo trovare un difetto all’album, diciamo che i brani tendono ad assomigliarsi un po’ troppo lungo tutta la durata, come se Apotheosis Of War fosse composto da un’unica canzone, un dettaglio che non inficia la prova devastante del quartetto di Berdyansk, con il brano conclusivo When the Sun Goes Out a guadagnarsi la palma di migliore traccia del lotto grazie alle tastiere che rendono il brano ancora più oscuro ed apocalittico.
Un buon lavoro, dunque, per gli Hellcraft, raccomandato agli amanti del death di scuola floridiana.

TRACKLIST
1. Покаяние сквозь боль (The Repentance Through the Pain)
2. Апофеоз войны (Apotheosis of War)
3. Массовое захоронение (Mass Burial Place)
4. Вечная вражда (Eternal Enmity)
5. Под благословением смерти (Under Death Blessing)
6. Изоляция (Isolation)
7. Процесс вырождения (Degeneration Process)
8. Когда погаснет солнце (When the Sun Goes Out)

LINE-UP
Helg – Guitars
Rommel – Guitars
Ailing – Drums
Fill – Vocals

HELLCRAFT – Facebook

DESCRIZIONE SEO / RIASSUNTO

Exhume To Consume – Let The Slaughter Begin

Gianluca Lucarini, leader dei Degenerhate e mente dietro al progetto a tinte dark Rome In Monochrome, ci prende per mano e con l’inganno ci invita nella tana del serial killer, uno psicopatico e devastante mostro dal nome che richiama un brano degli storici Carcass: Exhume To Consume.

Gianluca Lucarini, leader dei Degenerhate e mente dietro al progetto a tinte dark Rome In Monochrome, ci prende per mano e con l’inganno ci invita nella tana del serial killer, uno psicopatico e devastante mostro dal nome che richiama un brano degli storici Carcass (da Symphonies of Sickness, album del 1989): Exhume To Consume.

Inutile ribellarsi, il covo della bestia ci appare come un rifugio antiatomico, asettico e abbellito da un lettino dove sopra dondolano ganci e catene, un tavolo in un angolo dove si poggiano una serie di ferri chirurgici, in bella mostra su Necroticism – Descanting the Insalubrious, e l’odore del sangue della precedente vittima che riempie le narici e soffoca ogni speranza.
Con una colonna sonora di brutal death metal, dove non manca (e questo è il bello) un lavoro melodico da applausi, la vita ci sfugge sotto le torture del mostro che non risparmia amputazioni ed ogni genere di devastazione corporale splatter /gore, mentre il gruppo intorno a Lucarini ci travolge di metal estremo avvalendosi delle prestazioni sadiche di Sergiu Mincescu (voce), Alessio Reggi (chitarra), Marco Paparella (basso) e Stefano Soprani (batteria).
Ci vuole talento anche ad uccidere, una forma d’arte estrema che si evince nelle sofferenze di chi è vittima, attimi di violenza che nella sua barbarie non mancano di un’eleganza nascosta dal sangue copioso che esce dalle membra lacerate, come le parti melodiche di Hole You Can Eat.
Ma è un attimo, perché il mostro, al minimo accenno di preghiera da parte vostra, torna a fare scempio del vostro corpo senza soluzione di continuità con Bon Appetit (un invito al macello) ed Happy Milf.
La devastante Violated After Death segna questo primo e velocissimo massacro, e l’alternanza tra velocità e rallentamenti sembra accompagnare il lavoro certosino del mostro cannibale.
Per gli amanti del brutal death metal un altro ottimo motivo per seguire la scena nostrana e attenzione … un nuovo mostro gira in città!

TRACKLIST
1.Bon Appetit
2.Violated After Death
3.Happy Milf
4.Hole you can eat

LINE-UP
Sergiu Mircescu – vocals
Alessio Reggi – lead guitar
Gianluca Lucarini – lead guitar/backing vocals
Marco Paparella – bass
Stefano Soprani – drums

EXHUME TO CONSUME – Facebook

DESCRIZIONE SEO / RIASSUNTO

Arkana Code – Brutal Conflict

Brutal Conflict ci offre una band capace di scrivere ottimo death metal tra Death, Obituary, Carcass e sfumature che arrivano direttamente dal freddo delle terre del nord.

Brutali come il conflitto che si consuma sulle note del loro debutto su lunga distanza, arrivano tramite la Metal Scrap i deathsters abruzzesi Arkana Code, con un David Folchitto in più nel motore e tanta voglia di distruggere con questo ottimo lavoro dal titolo Brutal Conflict.

Nati dalle ceneri degli Urdagtyr, dal 2008 il gruppo è attivo con il monicker attuale, anche se dal demo Galleries of Absurde sono passati ben sette anni e c’è stata una rivoluzione nella line up.
La band si ripresenta in forma smagliante con questo nuovo album, una mazzata death metal tecnica e brutale, buona nel songwriting, ottima nelle prestazioni tecniche dei suoi musicisti con la conferma di David Folchitto sul podio dei batteristi estremi nazionali.
Brutal Conflict amalgama la tradizione americana ad una vena nord europea, e gli Arkana Code possono sicuramente andare fieri di quello che hanno creato, perché i quarantacinque minuti circa di battaglia sono da annoverare tra i più belligeranti e convincenti degli ultimi mesi tra gli ascolti nel genere.
Dieci bombe atomiche che non si fermano davanti a nulla, veloci, tecniche, a tratti frenetiche ed assolutamente devastanti, con quella melodia tipicamente scandinava negli assoli e quel tecnicismo progressivo floridiano nelle ritmiche.
Ma gli Arkana Code sono italiani, ed allora i brani mantengono un succulento formato canzone che si fa spazio tra le nefaste e violentissime Oppressor Of Darkness, Mutilated Reality, Mortuary March e Psychiatric Kingdom, per la quale è stato girato un video.
Brutal Conflict ci offre una band capace di scrivere ottimo death metal tra Death, Obituary, Carcass e sfumature che arrivano direttamente dal freddo delle terre del nord: diversi buoni motivi per non perderselo.

TRACKLIST
01. Intro
02. Violent Human Corruption
03. Oppressor Of Darkness
04. Escape From My Mind
05. Tortured By My Mind
06. Mutilated Reality
07. Dismember The Control
08. The Holocaust Horde
09. Mortuary March
10. Psychiatric Kingdom
11. Astral Illusion

LINE-UP
Francesco Torresi – Vocals
Paolo Ponzi – Guitars
Luca Natarella – Guitars
Giusy Bettei – Bass
David Folchitto – Drums

ARKANA CODE – Facebook

Slaughter – Nocturnal Hell, Surrender Or Die

Siamo in un contesto sonoro acerbo, poi sviluppato nei lavori successivi, ma che odora di storia del genere, quindi una ristampa che per alcuni potrà sembrare ormai obsoleta, ma non per i cultori del metal estremo, che troveranno di che godere tra i vari riferimenti a Slayer, Possessed ed Hellhammer.

Quanto mai opportuna ristampa da parte della Vic Records, almeno per gli amanti del death e del thrash, curiosi delle loro origini.

I canadesi Slaughter, infatti, sono una delle band dalla travagliata storia che, con una manciata di demo e due full length, hanno lasciato il loro nome sulla nascita e lo sviluppo del death metal.
Un quartetto thrash metal nato a metà degli anni ottanta, con un sound che accompagnava le scorribande metalliche di Slayer e Possessed, ma che non mancava di inserire growl e rallentamenti che in seguiti sarebbero diventati prerogativa del death metal.
Solo due full length per il gruppo del chitarrista Dave Hewson, uno come Strappado nel 1987, diventato oggetto di culto tra i fans del genere e uno uscito nel 2004 (Fuck Of Death); nella band canadese per un breve periodo militò anche Chuck Schuldiner , mastermind non solo della sua band ma di tutto un genere.
Nocturnal Hell, Surrender Or Die, rimasterizzato e licenziato dalla Vic Records, ormai assurta a ruolo di memoria storica del genere con le sue ristampe di culto, presenta un gruppo minimale che gioca con l’allora genere più estremo in circolazione, passando da velocissimi e furiosi strappi ad atmosfere macabre e mid tempo catacombali.
La produzione grezza ed il suono in alcuni casi ovattato fanno il resto, così da avere tra le mani uno dei primi esempi di thrash/death.
Siamo in un contesto sonoro acerbo, poi sviluppato nei lavori successivi. ma che odora di storia del genere, quindi una ristampa che per alcuni potrà sembrare ormai obsoleta, ma non per i cultori del metal estremo, che troveranno di che godere tra i vari riferimenti a Slayer, Possessed ed Hellhammer.

TRACKLIST
1.Nocturnal Hell
2.One Foot in the Grave
3.Tortured Souls
4.Disintegrator
5.Incinerator
6.Maim to Please
7.Tyrant of Hell
8.Shadow of Death
9.Death Dealer
10.One Foot in the Grave
11.Surrender or Die
12.Eve of Darkness
13.Massacra (Hellhammer cover)
14.Strappado
15.Tales of the Macabre
16.Cult of the Dead (Instro-Mental)

LINE-UP
Dave Hewson – Vocals, Guitars
Terry Sadler – Bass, Vocals
Ron Sumners – Drums

SLAUGHTER – Facebook

Without Mercy – Mouichido

Un gruppo che per gli amanti del genere è un succulento e sanguinolento piatto dove tra Lamb Of God, Cannibal Corpse e Chimaira ci si abbuffa che è un piacere

Il Canada ha un forte legame con la musica metal, specialmente per quanto riguarda i suoni estremi di matrice death metal , anche se in questi ultimi anni, oltre che al tradizionale sound classico e progressive, non mancano ottimi gruppi alternative.

Ma con i Without Mercy si parla di metal estremo, su questo non c’è dubbio, rabbioso, violento ed in bilico (come sembra andare di moda nell’ultimo periodo) tra tradizione e modernità.
Dunque anche il quartetto di Vancouver sale sul carrozzone dove si sono sedute le band emergenti, dal sound che passa da bordate deathcore ad aperture meno sincopate, più veloci, ed in linea con il death metal classico.
Il gruppo, attivo ormai da più di dieci anni, ha dato alle stampe un solo full length omonimo, contornato da tre ep, compreso quest’ultimo Mouichido.
Quattro brani per una ventina di minuti al limite del brutal e bisogna dare atto al gruppo canadese di non lasciarsi andare a facili compromessi, ma di partire all’assalto con un sound estremo ed allucinato, dove le ritmiche moderne fanno da tappeto a solos che richiamano il sound della Bay Area e creando un buon ibrido.
In Waves, devastante brano death brutal core, vede la partecipazione in qualità di ospite di Mark Hunter dei Chimaira, la produzione valorizza la potenza dei quattro brani e la band se la cava senza sbavature.
Un gruppo che per gli amanti del genere è un succulento e sanguinolento piatto dove tra Lamb Of God, Cannibal Corpse e Chimaira ci si abbuffa che è un piacere.

TRACKLIST
1.Worthless
2.In Waves (ft. Mark Hunter of Chimaira)
3.Burn
4.Morphine

LINE-UP
Alex Friis – Vocals
DJ Temple – Guitars
Ryan Loewen – Bass
Matt Helie – Drums

WITHOUT MERCY – Faceboook

Firespawn – The Reprobate

The Reprobate è un album devastante e bellissimo, da avere, ascoltare e riascoltare fino a che il vostro lettore non comincerà a sanguinare.

Album e gruppi si avvicendano nel lettore cd e, chi più chi meno, aggiungono qualcosa di loro alla storia del death metal.

Poi arrivano i Firespawn dalla Svezia, composti da una manciata di musicisti che la storia del death metal l’hanno scritta davvero, un supergruppo capitanato da mister Lars Goran Petrov, non uno qualunque ma il cantante death per eccellenza, quel tipo che con il suo growl animalesco fece innamorare al limite della sottomissione schiere di fans con Left Hand Path dei suoi Entombed e, più avanti, si inventò il death’n’roll con l’altro capolavoro Wolverine Blues.
Insieme a lui troviamo Alex Impaler al basso (Necrophobic e con i Naglfar in sede live), Victor Brandt alla chitarra (Entombed A.D.) a far coppia con Fredrik Folkare (Unleashed, Necrophobic) e Matte Modin alla batteria (Raised Fist, ex-Dark Funeral, ex-Defleshed), così da aver già vinto prima ancora che The Reprobate ci investa con tutta la sua terremotante carica estrema.
Il secondo lavoro dei Firespawn segue di due anni la prima eruzione vulcanica, Shadow Realms, confermando il combo come band vera e propria non solo quale progetto estemporaneo.
Ed infatti The Reprobate risulta quanto di meglio si possa ascoltare all’interno del death old school di scuola scandinava, una lezione di stile perfettamente bilanciata tra Entombed ed Unleashed, devastante, violenta e tempestosa, attraversata da scariche ritmiche devastanti, da una melodia estrema coinvolgente nel gran lavoro della coppia d’asce, e l’orco Petrov che ci investe con tutta la sua intatta potenza.
Per molti sarà un problema questo lavoro, dopo anni passati a criticare un genere che sicuramente non vive di novità, ma si rigenera nella propria forza espressiva, combinando emozioni e tecnica in un sound dove la violenza è nobilitata da un approccio melodico che non ha eguali, specialmente se è creato e suonato con il talento di musicisti come i Firespawn.
Certo è che tra i solchi delle varie Serpent Of The Ocean, dell’accoppiata Damnatio Ad Bestias, Death By Impalement o della title track, troverete solo swedish death metal puro, senza trucchi né inganni, mastodontico monumento al genere interpretato da chi ha contribuito nell’accompagnarlo nel nuovo millennio e lo ha riportato sul trono del metal estremo mondiale.
The Reprobate è un album devastante e bellissimo, da avere, ascoltare e riascoltare fino a che il vostro lettore non comincerà a sanguinare.

TRACKLIST
01. Serpent Of The Ocean
02. Blood Eagle
03. Full Of Hate
04. Damnatio Ad Bestias
05. Death By Impalement
06. Generals Creed
07. The Whitechapel Murderer
08. A Patient Wolf
09. The Reprobate
10. Nightwalkers

LINE-UP
LG Petrov – Vocals
Alex Impaler – Bass
Victor Brandt – Guitar
Fredrik Folkare – Guitar
Matte Modin – Drums

FIRESPAWN – Facebook

Hybrid Sheep – Hail To The Beast

Un buon lavoro che unisce la tradizione death melodica con il più moderno metalcore, mantenendo una violenza estrema di fondo che entrerà nei cuori anche dei deathsters dagli ascolti classici.

Death metal melodico con qualche spunto core e soprattutto una carica niente male, in poche parole ecco Hail To The Beast, nuovo lavoro del quintetto francese degli Hybrid Sheep.

Nato quasi una decina di anni fa, il gruppo transalpino proprone il suo secondo full length, di corta durata (poco più di mezzora) e che spara ad altezza d’uomo una serie di cannonate niente male: prodotto a meraviglia, Hail To The Beast non si fa mancare nulla, dalla doppia voce (growl e scream) a ritmiche che alternano la potenza del metalcore con più veloci approcci death metal che le sei corde, molro melodiche, avvicinano a quanto fatto in Scandinavia nel dopo Clayman.
Poi il quintetto transalpino non manca di imprimere la sua personalità che vive di influenze moderne e, aiutato da una buona tecnica, si fa apprezzare con un lavoro urgente, senza compromessi e diretto: un muro sonoro in cui la melodia è fondamentale per la riuscita di brani spaccaossa come Towards Ruins And Oblivion, The World Eater, il death thrash da distruzione totale di Premature Burial e la conclusiva Into The Lion’s Den.
Un buon lavoro che unisce la tradizione death melodica con il più moderno metalcore, mantenendo una violenza estrema di fondo che entrerà nei cuori anche dei deathsters dagli ascolti classici.

1.Warface
2.Towards Ruin and Oblivion
3.Following Blind Leaders
4.The World Eater
5.The Last Breath of a Dying Earth
6.Premature Burial
7.Hail to the Beast
8.Harvest of Humans
9.Into the Lion’s Den

LINE-UP
Arnaud – Vocals
Alex – Guitar
Andre – Guitar
Max – Bass
Jordan – Drums

HYBRID SHEEP – Facebook

Nightrage – The Venomous

Una multinazionale del death melodico che non tradisce neanche questa volta, anzi ci consegna un album a tratti esaltante, tra ritmiche thrash, solos melodici e chorus si stampano in testa al primo giro di giostra.

Benedetto (o maledetto) death metal melodico, quando credi che ormai solo l’underground possa regalare qualche ottima sorpresa, mentre le band storiche continuano a sfornare lavori discreti ma lontani anni luce dai sfavillanti album degli anni novanta, ecco che arriva a far cadere ogni certezza il nuovo lavoro dei Nightrage, gruppo greco/svedese che può tranquillamente essere inserito tra le band portanti del genere , almeno della seconda ondata (quella che portò il sound nato nella penisola scandinava nel nuovo millennio).

Perché The Venomous è davvero un gran bel disco, a metà strada tra il vecchio ed ormai classico sound ed un approccio leggermente più moderno, magari meno calcato che nel precedente album (The Puritan, uscito un paio di anni fa) e che porta la musica del gruppo a camminare perfettamente in bilico tra il death melodico classico dei primi In Flames e quello più moderno e thrash dei Soilwork.
Aggiungete un songwriting ispirato ed una prova sontuosa del buon Marios Iliopoulos alla sei corde, ed avrete uno degli album più riusciti in campo death melodico dell’ultimo anno solare.
I Nightrage hanno visto nel corso degli anni un via vai di musicisti del calibro di Tomas “Tompa” Lindberg e Gus G, altri che si sono dati il cambio dall’alba del nuovo millennio per tutti questi anni e per sette album, sempre diretti da Iliopoulos e dal bassista Anders Hammer .
Una multinazionale del death melodico che non tradisce neanche questa volta, anzi ci consegna un album a tratti esaltante, tra ritmiche thrash, solos melodici e chorus si stampano in testa al primo giro di giostra, ed un’atmosfera che, per chi ha vissuto gli anni d’oro del genere, risulta un ritorno al meglio che può offrire questo sound.
C’è poco da fare, il death metal melodico suonato a questi livelli rimane uno dei generi più esaltanti degli ultimi trent’anni, magari non sarà più una novità, ma brani come la title track, In Abhorrence, From Ashes Into Stone o Trail Of Ghosts riescono nell’impresa di farci tornare, almeno per una cinquantina di minuti, in quel di Göteborg, quando un album del genere era accolto come un regalo di Odino dai fans e dagli addetti ai lavori.

TRACKLIST
1. The Venomous
2. Metamorphosis/Day Of Wrath
3. In Abhorrence
4. Affliction
5. Catharsis
6. Bemoan
7. The Blood
8. From Ashes Into Stone
9. Trail Of Ghosts
10. Disturbia
11. Desolation And Dismay
12. Denial Of The Soul

LINE-UP
Marios Iliopoulos – Guitars
Anders Hammer – Bass
Ronnie Nyman – Vocals
Lawrence Dinamarca – Drums
Magnus Söderman – Guitars

http://www.facebook.com/nightrage/?ref=mf