Evil Reborn – Throne of Insanity

Album da ascoltare e valutare nella sua interezza, il primo lavoro sulla lunga distanza del gruppo venezuelano raggiunge la promozione senza fatica, ed è consigliato agli amanti del genere.

Si torna in Sudamerica, precisamente in Venezuela, per incontrare gli Evil Reborn, giovane quintetto che per Satanath Records licenzia il suo primo full length, questo devastante e ben fatto Throne of Insanity.

Il gruppo, attivo da quattro anni ha alle spalle un ep d’esordio, uscito tre anni fa (Bendita Malevolencia) che gli valse il Premio Melomaniac come miglior ep del 2013, dunque una realtà assolutamente ben vista nella scena underground del suo paese.
In effetti Throne Of Insanity conferma la buona proposta dei ragazzi di Maturín, il loro death metal old school è quanto di più evil e feroce si possa desiderare, non uscendo dai confini classici del genere, con buona padronanza dei ferri del mestiere e soprattutto un ottimo uso delle vocals estreme che si alternano sul massacro sonoro proposto tra profondo growl ed efferato scream.
Una mezzoretta di potenza death allo stato puro, senza andare troppo per il sottile, ma sicuramente divertendo il fan del genere, con blast beat a manetta, dosi di potenti mid tempo, ed impatto folgorante.
Palla lunga e pedalare, gli Evil Reborn non lavorano di fino ma ci travolgono con il loro death debitore della vecchia scuola tra Bay Area e coste nordiche, la produzione rende sufficientemente giustizia ai brani ed il tutto funziona a dovere senza sorprendere più di tanto.
Unico difetto, infatti, risulta un songwriting leggermente monocorde, per molti una virtù, così che Throne Of Insanity ne esce come un monolite pesantissimo di metallo estremo, che non mancherà di far alzare le orecchie dei true deathsters in giro per il pianeta.
Album da ascoltare e valutare nella sua interezza, il primo lavoro sulla lunga distanza del gruppo venezuelano raggiunge la promozione senza fatica, ed è consigliato agli amanti del genere.

TRACKLIST
1. Black Dahlia
2. Evil Reborn
3. Adicción visceral
4. Possessed Angels
5. A Morbid Encounter
6. Destroying the Trinity
7. Throne of Insanity
8. Night Killer
9. Bendita malevolencia

LINE-UP
Victor Chaparro – Vocals
Jorge Medina – Guitar
Alfredo Herrera – Guitar
Jesús Maneiro – Bass
José Maneiro – Drums

EVIL REBORN – Facebook

Hypersonic – Existentia

Settanta minuti di power metal sinfonico sopra le righe, un masterpiece che si preannuncia come opera irrinunciabile per gli amanti del metallo melodico e power.

Settanta minuti di power metal sinfonico sopra le righe, un masterpiece che si preannuncia come opera irrinunciabile per gli amanti del metallo melodico e power, suonato e cantato alla grande e valorizzato da due fenomenali special guest: Michele Luppi (Secret Sphere, Vision Divine, Whitesnake) e Tommy ReinXeed Johansson (ReinXeed, Golden Resurrection).

Si parla del nuovo lavoro dei nostrani Hypersonic, in uscita su Revalve in questa metà dell’anno di grazia 2016, al secondo lavoro sulla lunga distanza e con tutte le carte in regola per salire sul podio delle migliori realtà del genere.
La firma con Revalve porta, a cinque anni dal’ultima uscita, a Existentia, un album davvero riuscito ed emozionate, un viaggio attorno all’esistenza dell’uomo prima e dopo la morte, perciò cari miei guerrieri del metal epico, lasciate all’entrata scudi e spadoni ed inoltratevi nel concept maturo ed intimista creato dai cinque musicisti catanesi, che non mancheranno di cavalcare e correre su e giù per le strade impervie della vita, così come su quelle misteriose della morte.
Il sound non manca di sorprendere, la band non rinuncia a picchiare duro con ritmiche veloci ed assolutamente power, mentre le armonie tastieristiche sono arcobaleni di note sinfoniche ed eleganti e la voce femminile (Alessia Rapisarda) rapisce senza intonare canti operistici tanto cool di questi tempi.
Per niente facile riuscire a mantenere alta l’attenzione dell’ascoltatore per un’ora abbondante, ma gli Hypersonic ci riescono, grazie soprattutto ad un songwriting straordinario su cui sono costruite le canzoni che compongono Existentia.
Power metal sinfonico, ma molto progressivo, Existentia vive di due anime che giocano tra i suoi solchi, la prima aggredisce con le classiche sonorità power care alle maggiori band europee, la seconda più elegante e progressiva si riempie degli umori cangianti di chi ha valorizzato il genere dalle reminiscenze prog, passando dai maggiori gruppi nostrani (Labyrinth, Vision Divine) ai loro colleghi d’oltralpe (Kamelot, Reinxeed e Royal Hunt).
Ne esce un lavoro bellissimo, dove la band non rinuncia ad inserire vocals in growl che drammatizzano il mood di brani come Life’n Death e Love Is Pain, ma non rinuncia all’eleganza e la raffinatezza dei migliori act del genere con stupendi ricami che i tasti d’avorio di Dario Caruso cuciono su questo esempio di metallo regale (As An Angel).
Conquista già dal primo ascolto Existentia e non potrebbe essere altrimenti, l’alternanza di luci e ombre potenza power ed eleganza prog risulta un mix di micidiale musica splendidamente metallica, dove la sezione ritmica sa imprimere la sua rabbiosa aggressione in veloci e potentissime cavalcate (Francesco Caruso al basso e Salvo Grasso alle pelli) e la chitarra trafigge con solos taglienti (Emanuele Cangemi).
Di questi tempi, in cui il genere ha perso l’appeal di qualche anno fa, la scena nostrana ci regala opere entusiasmanti, di cui Existentia non è che l’ultimo straordinario esempio non lasciatevelo sfuggire.

TRACKLIST
01. Principium
02. The First Sound Of Life
03. The Eyes Of The Wolf (feat. Michele Luppi)
04. As An Angel
05. Blind Sins (feat. Jo Lombardo)
06. Living In The Light (feat. Tommy ReinXeed)
07. Embrace Me (feat. Roberta Pappalardo)
08. Love Is Pain (Heartbroken)
09. God’s Justice
10. Life’n Death
11. Pilgrim’s Path
12. Prayer In The Dark
13. The Meaning Of…
14. …Existence

LINE-UP
Salvo Grasso – Drums, Vocals
Emanuele Gangemi – Guitars
Francesco Caruso – Bass
Alessia Rapisarda – Vocals (female)
Dario Caruso – Keyboards

HYPERSONIC – Facebook

Krossfire – Shades of Darkness

Shades Of Darkness è un’opera che non può mancare sugli scaffali di ogni amante dei suoni power d’oltreoceano, rivelandosi uno delle sorprese dell’anno nel genere.

Grande acquisto in casa Pure Steel Records, la label tedesca si assicura infatti le prestazioni musicali e compositive dei Krossfire, power progsters bulgari e licenzia il loro secondo lavoro sulla lunga distanza, questo bellissimo ed intenso Shades Of Darkness.

Attivi dall’alba del nuovo millennio, il gruppo proveniente dalla città di Plovdiv, in un lasso di tempo abbastanza lungo, non era riuscito ad elaborare più che un full length, l’esordio Learning to Fly, uscito dopo dieci anni dalla fondazione e supportato da due singoli.
In aiuto al gruppo è arrivata la Pure Steel e Shades Of Darkness può così contare su una delle label più quotate nel mondo underground metallico europeo.
D’altronde l’album è davvero un’opera riuscita in tutte le sue componenti, con un sound incentrato su un prog metal dalle tinte oscure, molto vocino all’U.S. power metal, tecnicamente ineccepibile, e sinfonicamente orchestrale, in molte sue parti.
Aiutati infatti da alcuni cantanti lirici, i Krossfire aggiungono al loro sound roccioso bellissime parti classiche, così da rendere Shades Of Darkness un’opera completa, affascinante ed a suo modo originale.
Non è così facile infatti trovare band dall’impostazione assolutamente progressiva nell’approccio con la propria musica, mantenere un mood oscuro, tragico e drammaticamente sinfonico, un perfetto e geniale incrocio tra il power americano di Jag Panzer e Metal Church, il metal progressivo dei Dream Theater del sottovalutato Train Of Thoughts e l’eleganza bombastica dei cori operistici.
Shades Of Darkness si sviluppa così in un’ora di nobile metallo classico, drammatico nel suo incedere, teatrale ma senza far mancare la potenza del power metal (King Will Come, Fall From Grace e Rule The Dark) e pregno di notevoli passaggi progressivi ( le bellissime Annabelle e Glory To Heavens).
Suonato benissimo dal quintetto di musicisti che formano la band, l’album regala emozioni a non finire, il mood progressivo non inficia la resa delle canzoni, anche per un songwriting che valorizza più l’aspetto emozionale che non lo sfoggio di bravura strumentale fine a sé stesso, decollando fin dalle prime battute per non scendere più da un livello di eccellenza.
Shades Of Darkness è un’opera che non può mancare sugli scaffali di ogni amante dei suoni power d’oltreoceano, rivelandosi uno delle sorprese dell’anno nel genere.

TRACKLIST
1. The Ninth
2. The Last Ride
3. King Will Come
4. Destiny’s Calling
5. One More Time
6. Farewell
7. Fall From Grace
8. Annabelle
9. Glory To Heavens
10. Like A Shadow
11. Rule The Dark
12. Heaven Halls

LINE-UP
Dimo Petkov – vocals
Georgi Kushev – guitars
Peter Boshnakov – keyboards
Georgi Driev – bass
Spas Markov – drums

Guests:
Violeta Kusheva – female vocals on song 4, 5, 12
Vesela Sarvanska, Svetlana Vassileva, Krassimir Shopov, Georgi Sakadzhiyski – choir on song 2, 8, 12,
Daniela Djorova Waldhans – cello on song 6

KROSSFIRE – Facebook

Know Your Nemesis – Break The Chains

Break The Chains è sicuramente un’ottima partenza per la band scandinava, una realtà da tenere d’occhio in un prossimo futuro

Melodia e potenza convogliate in un metal moderno che guarda tanto al death melodico scandinavo quanto al metal core è quello che troverete tra i solchi di Break The Chains, esordio dei Know Your Nemesis, quartetto norvegese attivo dal 2009, ma che solo ora si presenta sul mercato grazie alla WormHoleDeath.

Il gruppo di Kongsvinger entra nel calderone delle giovani band dedite al metallo più moderno, ma non si siede sugli allori delle solite ritmiche sincopate e violenza gratuita, il loro sound risveglia antichi sapori melodic death, non facendosi mancare un supporto classico, specialmente nei solos, ma riuscendo a mantenere un approccio moderno e tutto ciò che ne consegue, ovvero tanta melodia e la classica alternanza tra lo screaming estremo ed un’ottima voce pulita.
Break The Chains può sicuramente essere considerato un buon debutto, tra i brani che compongono l’album almeno una manciata sono sopra la media ed il resto si attesta su buoni livelli, considerando il genere inflazionato e le opere scialbe a cui ultimamente ci siamo trovati ad ascoltare.
Prodotto ottimamente, così da far risaltare il sound composto da potenza e melodie cristalline, bilanciate perfettamente tra i chiaro/scuri che l’uso delle due voci imprimono alle canzoni, Break The Chains risulta un lavoro di metallo moderno piacevole, che non manca di riservare piccole sorprese, come un uso parsimonioso ma importantissimo di ritmiche thrash, e solos di estrazione classica che regalano all’ascoltatore un sound vario e che non ha tagliato il cordone ombelicale che lo lega al metal tout court.
Tutti bravi i quattro musicisti norvegesi, ma un plauso va sicuramente al gran lavoro delle due asce, protagoniste indiscusse di questo lavoro, mentre Break The Chains acquista valore col passare dei minuti lasciando il meglio verso la sua fine.
Ed infatti l’album dopo una partenza non così fulminea come ci si può aspettare, cresce col passare dei minuti e da Blind Me (quinta traccia) è un crescendo di scandinavian modern death metal, con i maestri Soilwork a risultare la massima ispirazione di songs come Are We Alone (Unholy War), Freedom Call, End Of Me e la conclusiva Free My Fears.
Break The Chains è sicuramente un’ottima partenza per la band scandinava, una realtà da tenere d’occhio in un prossimo futuro; aspettando di conoscere gli sviluppi del loro sound, nel frattempo godiamoci questo primo lavoro, che senz’altro merita l’attenzione degli amanti del genere.

TRACKLIST
1.Fade Away
2.Metaphor of Broken Dreams
3.Break the Chain
4.Breathe
5.Blind Me
6.Are We Alone (Unholy War)
7.So be It
8.Freedom Call
9.End of Me
10.Free my Fears

LINE-UP
Ole Petter Bjørnseth – Guitar,Vocals
Marius Haugen – Guitar,Backing Vocals
Ole Kristian Bekkevold – Bass
Birk William Hynne – Drums

KNOW YOUR NEMESIS – Facebook

Rotten Casket – Emerged From Beyond

L’ineluttabilità di una fine sanguinosa trova qui la sua catarsi, con un death metal di altissimo livello e veramente underground.

I Rotten Casket hanno la forza, la potenza e la credibilità dei migliori gruppi death metal dell’underground.

Questi olandesi fanno un death metal marcio, e tirato, con forti rimandi al death metal svedese degli anni novanta ottanta. Le distorsioni delle chitarre ci portano in una fredda caverna dove avvengono cose spaventose e molto veloci. La batteria cade senza remore, e l’ascoltatore prova freddo, molto freddo, con la voce di Willem che ci tiene per mano e con un coltello puntato alla schiena. I Rotten Casket hanno un tiro che appartiene solo ai gruppi più capaci, con un impasto sonoro potente e graffiante. Questo cd contiene le loro produzioni in cassetta andate esaurite negli anni e ora remixate, e ora suonano ancora più potenti. L’ineluttabilità di una fine sanguinosa trova qui la sua catarsi, con un death metal di altissimo livello e veramente underground. I membri dei Rotten Casket hanno fatto una lunga gavetta nel sottobosco metallico olandese e ora ne raccolgono meritatamente i frutti. Gli ascoltatori di death metal saranno felicissimi di ascoltare questo disco, che è una vera chicca.

TRACKLIST
1.Morbid Transgressions
2.Glorious Gruesome Murder Manifestations
3.Unknown Graves
4.In Search Of The Perfect Skin
5.Culpable Homicide
6.Emerged From Beyond

LINE-UP
Niels – Drums
Willem – Vocals
Iwan – Guitar
Frank – Guitar
Arjan – Bass

ROTTEN CASKET – Facebook

https://www.youtube.com/watch?v=sxPqwtiqxGg

Angarthal – Uranus And Gaia

Ottimo lavoro, consigliato sia ai vecchi rocker che alle nuove leve, che si troveranno al cospetto di quanta magia può scaturire dall’attempato ma immortale hard & heavy di scuola classica, splendidamente interpretato da questo protagonista della scena tricolore.

Non sono pochi i guitar heroes nostrani che si cimentano in album solisti dove ovviamente la protagonista assoluta è la loro sei corde.

Opere che a discapito del mero shred lasciano all’ascoltatore l’impressione di essere al cospetto di artisti completi, ottimi logicamente a livello strumentale ma non male neppure alle prese con il songwriting.
Arriva a noi dopo il bellissimo lavoro di Raff Sangiorgio, axeman della metal band estrema Gory Blister, il lavoro solista di Angarthal, chitarrista di Fire Trails, Dragon’s Cave, Rezophonic e Pino Scotto.
Aiutato in qualche brano da altri musicisti come Luca Saja (Dragon’s Cave), Angelo Perini (Fire Trails), Mauri Belluzzo (Alchemy Divine) e Sergio Pescara (Groovydo), ma di fatto da considerarsi una one man band, visto che il musicista nostrano si occupa di basso, tastiere, voce ed ovviamente chitarra, Uranus And Gaia risulta un bellissimo album incentrato sull’hard & heavy classico, ben rappresentato dalla forma canzone ed assolutamente fuori da ogni mero virtuosismo fine a se stesso.
Certo la bravura di Anghartal è risaputa e non manca di brillare in questa raccolta di brani, dal sound vario e dall’ottima presa.
Oltre alla chitarra, non mancano atmosfere tastieristiche di scuola Rainbow, valorizzate dall’ottima prestazione del nostro dietro al microfono, maschio, grintoso e perfettamente a suo agio con partiture tutto meno che facili.
Non siamo di fronte ad un album innovativo, Uranus And Gaia vive delle atmosfere care al metal più nobile suonato negli anni ottanta, ma la carica epica e sontuosa di molte delle songs presenti non può che fungere da gradito regalo ad ogni metal/rocker che si rispetti.
Più di un’ora in compagnia del classico hard & heavy, accompagnato da spumeggianti brani dai chorus grintosi ma eleganti (Rainbow, Dio, e qualche spunto del Malmsteen meno egocentrico) e tre strumentali, in cui il chitarrista nostrano non manca di stupire, senza diventare prolisso nelle scale su e giù per il manico della sei corde (bellissime Leviathan Rising e Wielders Of Magic).
Non manca la ballatona d’ordinanza (Losing My Direction), lasciata giustamente alla fine dell’opera ed almeno altre tre songs da spellarsi le mani in applausi, la title track, l’epica Sailing At The End Of The World e la Dio oriented After The Rain.
Ottimo lavoro, consigliato sia ai vecchi rocker che alle nuove leve, che si troveranno al cospetto di quanta magia può scaturire dall’attempato ma immortale hard & heavy di scuola classica, splendidamente interpretato da questo protagonista della scena tricolore.

TRACKLIST
01. Punch
02. Uranus And Gaia
03. Morrigan
04. Sailing At The End Of The World
05. Leviathan Rising
06. Holy Grail
07. Miles In The Desert
08. Unbroken
09. The Abyss Of Death
10. Wielders Of Magic
11. A Lie
12. After The Rain
13. Losing My Direction

LINE-UP
Steve Angarthal – Guitars, Keyboards, vocals, Bass
Luca Saja – Drums
Angelo Perini – Bass
Mauri Belluzzo – Keyboards
Sergio Pescara – Drums

ANGHARTAL – Facebook

Draugur – By The Rays Of His Golden Light

Siamo nel black metal più estremo, debitore a livello di sound ai mostri sacri che scesero dalle lande scandinave nei primi anni novanta

Esordio sulla lunga distanza per i Draugur, satanic black metal band olandese, sotto l’ala della Naturmacht Productions.

Questa demoniaca entità proveniente dai paesi bassi propone un black metal old school, scarno ed ortodosso, con la classica alternanza di sfuriate in blast beat e rallentamenti atmosferici e cadenzati.
By The Rays Of His Golden Light risulta un inno satanico ed occulto, molto underground nella produzione che limita leggermente l’ascolto, ma ricamato da urla profonde, solos oscuri e dal mood classico ed un’atmosfera generale di totale oscurità.
Piacciono alcune parti in crescendo, cavalcate metalliche estreme che lasciano intendere un’ispirazione heavy, nascosta all’ombra di questi devastanti inni al male senza compromessi.
Siamo nel black metal più estremo, debitore a livello di sound ai mostri sacri che scesero dalle lande scandinave nei primi anni novanta, ed il quintetto proveniente dal paese dei tulipani con un ottimo impatto evil dimostra di aver imparato bene la lezione.
Sette brani medio lunghi, liturgie demoniache ad invocare un armageddon portato sulla terra da lucifero, un’opera nera che ha nelle morbose e devastanti Torment In A Maze e I Rule This Night le songs più riuscite.
Un buon debutto, consigliato però solo ai true black metal fans, infatti la proposta per impatto ed attitudine non può che rimanere nei confini del genere, ma penso che al gruppo interessi davvero poco, qui si fa black metal con gli attributi.

TRACKLIST
1. Constructing the Void
2. Entities of the third dimension
3. Torment in a maze
4. I, death, descent
5. Behold the third eye vision
6. I rule this night
7. Bloodsoaked battlefield commitment

LINE-UP
Pesthond – Bass
Vos – Drums
Obscura – Guitars (lead)
Misaer – Guitars (rhythm)
Dagon – Vocals

DRAUGUR – Facebook

Cauchemar – Chapelle Ardente

I Cauchemar offrono qualcosa di irripetibile all’ascoltatore, con il loro grande fascino ed un perfetto suono occult heavy doom.

I Cauchemar raccontano le tradizioni e le cose antiche con il loro heavy rock occulto e tendente al doom. Il loro suono è molto sensuale ed affascinante con la voce di Annick Giroux che ci guida in meditazioni sulla vita e soprattutto sulla morte, all’interno di vecchie chiese sconsacrate e davanti a vecchie fiamme che non vogliono spegnersi.

Il loro suono è una preghiera agli anni settanta, ma non vi è ferma imitazione, ma una via personale. I testi tutti in francese danno maggiore bellezza all’insieme. Provenienti dal francofono e musicalmente fertile Quebec, i Cauchemar offrono qualcosa di irripetibile all’ascoltatore, con il loro grande fascino ed un perfetto suono occult heavy doom. Reduci da un ep e da un lp tutti su Nuclear War Now ! Productions, i Cauchemar sono un gruppo unico e con un grande seguito molto fedele. Oltre ai dogmi doom e rock, nei Cauchemar possiamo ascoltare anche forti rimandi alla tradizione più tendente all’occulto della musica pesante, come i Death SS, Paul Chain e i primi Black Sabbath. Ascoltando questo disco si ha davvero l’impressione di trovarsi in una cappella ardente, dove a bruciare tra le demoniache fiamme si trova anche la nostra anima, ormai irrimeadibilmente venduta al nero signore.

TRACKLIST
1.Nécromancie
2.Sepolta viva
3.Funérailles célestes
4.Main de gloire
5.Voyage au bout de la nuit
6.La vallée des rois
7.L’oiseau de feu
8.Étoile d’argent

LINE-UP
Annick Giroux – Vocals.
François Patry – Guitar.
Andres Arango – Bass.
Xavier Berthiaume – Drums.

CAUCHEMAR – Facebook

Tyfon’s Doom – Yeth Hound

Yeth Hound strappa la sufficienza per qualche buon assolo classico inserito in brani che, purtroppo, non decollano e lasciano l’amaro in bocca lasciando intravedere però qualche buona idea.

Proposta che più underground di così non si può è quella che ci arriva dalla Gates Of Hell Records, con questo nuovo lavoro dei Tyfon’s Doom, one man band di Tommi Varsala, musicista finlandese alle prese con l’heavy metal old school tra new wave of british heavy metal e tradizione americana.

Cinque nuovi brani più tutto il primo demo uscito lo scorso anno compongono l’ep in edizione limitata in vinile e cd, sinceramente non una grave perdita se non siete fans del metal classico underground, perché troppi difetti si porta con sé il buon Varsala.
Le songs, specialmente quelle nuove non sarebbero poi così male, Yeth Hound rimane un lavoro ben saldo nel metal classico, prendendo ispirazione dai gruppi storici della nostra musica preferita.
Si passa così dalla vergine di ferro, influenza primaria del musicista finlandese, specialmente quella dell’era Paul Di Anno (Iron Maiden, Killer), a Mercyful Fate e Metal Church per le atmosfere oscure che attanagliano brani come Still Here, Gate To New Reality, Ravenous Hunter e Rapid Revival (prese dal primo demo).
Il problema sta tutto nella produzione deficitaria (il disco sembra registrato in cantina) e la voce poco consona al mood dei brani e soffocata dall’atmosfera ovattata del suono.
Peccato perché pur essendo un lavoro clone delle band citate i brani spingono sufficientemente, ma vengono sviliti dai difetti elencati.
Senza voler bocciare tout court il lavoro del musicista finlandese, mi limito a sottolineare un mio pensiero: la nostra ‘zine tratta quasi esclusivamente opere underground in tutti i generi metallici, ma considerando che viviamo nel 2016, un lavoro più attento in fase di registrazione e produzione è d’uopo per non passare da una proposta senza compromessi ad un’altra che non lascia tracce nell’ascoltatore, anche il più appassionato ed attento.
Yeth Hound strappa la sufficienza per qualche buon assolo classico inserito in brani che, purtroppo, non decollano e lasciano l’amaro in bocca lasciando intravedere però qualche buona idea.

TRACKLIST
1. Yeth Hound
2. Still Here
3. Rockers
4. Gate to New Reality
5. Galactic Flash / Last Ray of Light
6. Got to Love the Midnight Train (Bonus – Demo 2015)
7. Ravenous Hunter (Bonus – Demo 2015)
8. Rapid Revival (Bonus – Demo 2015)
9. Stay Down (Bonus – Demo 2015)

LINE-UP
Tommi Varsala – All instruments

TYFON’S DOOM – Facebook

Bat – Wings of Chains

I Bat sono una macchina da guerra che picchia durissimo, con un metal hardcore che non lascia scampo, incessante e furioso, con una fortissima base nell’hardcore americano anni ottanta.

La definizione di supergruppo è spesso fuorviante, perché addendi validi non portano sempre ad un valido risultato. Non è il caso di questo disco dei Bat.

I componenti dei Bat sono Ryan Waste al basso e voce dai Municipal Waste, il chitarrista Nick Poulos, che ha suonato con Waste nei Volture, e poi alla batteria troviamo Felix Griffin, che ha suonato negli anni ottanta nei D.R.I.
Questo trio dopo il demo Primitive Age, arriva al disco d’esordio con Wings Of Chains, che è un’enciclopedia di come si suona thrash, speed metal, con una solida base di hardcore. I Bat sono una macchina da guerra che picchia durissimo, con un metal hardcore che non lascia scampo, incessante e furioso, con una fortissima base nell’hardcore americano anni ottanta, che era fortemente influenzato dal metal. Il cerchio si chiude in questo disco, dove il minimo comune denominatore è la rabbia: Wings Of Chains scorre benissimo, estendendosi persino allo speed metal anni ottanta, e mostra chiaramente quanto siano legati fra loro generi all’apparenza lontani. Negli ultimi tempi, anche e soprattutto grazie a gruppi come i Municipal Waste, il metal hardcore è tornato alla ribalta, anche se non era mai andato via. Ci sono molti gruppi che lo fanno con piglio maggiormente festaiolo, i Bat sono più incazzati e vecchia scuola, e sono validissimi.
Teste che roteano, ossa rotte e voli dal palco.

TRACKLIST
1.Bloodhounds
2.Code Rude
3.Master of the Skies
4.Primitive Age
5.Condemner
6.Ritual Fool
7.Wings of Chains
8.Total Wreckage
9.Rule of the Beast
10.You Die
11.Cruel Discipline
12.Bat

LINE-UP
Ryan Waste – Bass, Vocals.
Nick Poulos – Guitar.
Felix Griffin – Drums.

BAT – Facebook

Hammercult – Legends Never Die

Legends Never Die, oltre ad essere un omaggio del gruppo ad una manciata di artisti entrati di diritto nella storia della nostra musica preferita, è anche un buon modo per saggiare lo stato di forma del gruppo israeliano in attesa dell’arrivo sul mercato del prossimo full length

Un treno in corsa a forte velocità che entra in una stazione e si schianta in un binario morto, la musica suonata dal gruppo israeliano fa pensare proprio a questo.

Gli Hammercult licenziano questo ep il cui titolo è tutto un programma, Legends Never Die: in questo caso si parla ovviamente di leggende del metal, visto che gran parte dei brani inclusi nel cd sono cover di artisti che hanno fatto la storia del metal estremo e non solo, suonate alla Hammercult, perciò speed/thrash alla velocità della luce, estremo e dannatamente coinvolgente.
Gruppo nato a Tel Aviv ma con base in Germania, gli Hammercult nascono nel 2010 e in sei anni licenziano due ep e ben tre full length, l’ultimo dello scorso anno dal titolo Built For War.
Battere il ferro finché è caldo si dice, ed il gruppo esce con questo lavoro che fa da spartiacque tra l’ultimo lavoro ed il prossimo album e l’operazione non mancherà di soddisfare gli amanti del metal estremo di estrazione thrash, violentissimo e senza compromessi.
I primi cinque brani sono cover, suonate alla grande dal gruppo, in una versione se possibile ancora più devastante delle originali, specialmente per quanto riguarda Motorhead (il super classico Ace Of Spades) e Slayer (Evil Has No Boundaries).
Ma non ci si ferma qui e variano la proposta e le leggende da cui pescare, così ci troviamo al cospetto di massacranti versioni come Fast As A Shark degli inossidabili Accept, Soldiers Of Hell dei pirati Running Wild e No Rules dello scomparso prematuramente GG Allin.
I tre brani presenti confermano gli Hammercult come una iperbolica macchina estrema che pesca dallo speed/thrash e dal death metal amalgamandolo con una dose di epicità che ne fanno una una realtà apprezzabile non solo dai thrashers ma da molti seguaci del metallo estremo.
Una forte impronta guerriera, ritmiche velocissime, tanta epicità ed un vocalist dall’impronta death (il buon Yakir Shochat ricorda a più riprese il bambino di Bodom Alexi Laiho) riempiono le orecchie di fiero metallo a cavallo della furia distruttrice di Rise of the Hammer (da Built For War), la devastante Steelcrusher (titletrack dell’omonimo album) e Let the Angels Burn (dal primo lavoro Anthems of the Damned).
Legends Never Die, oltre ad essere un omaggio del gruppo ad una manciata di artisti entrati di diritto nella storia della nostra musica preferita, è anche un buon modo per saggiare lo stato di forma del gruppo israeliano in attesa dell’arrivo sul mercato del prossimo full length.

TRACKLIST
1. Fast as a Shark (Accept cover)
2. Ace of Spades (Motorhead cover)
3. Soldiers of Hell (Running Wild cover)
4. No Rules (GG Allin cover)
5. Evil Has No Boundaries (Slayer cover)
6. Rise of the Hammer
7. Steelcrusher
8. Let the Angels Burn

LINE-UP
Yakir Shochat-Vocals
Guy Ben David-Guitar
Arie Arvanovich-Guitar
Elad Manor-Bass
Maayan Henik-Drums

HAMMERCULT – Facebook

Wild Frontier – Alive 25

Una band che diverte senza far mancare eleganti sfumature e raffinati passaggi melodici, accontentando un po’ tutti gli amanti dell’hard rock più nobile ed arioso.

Con colpevole ritardo vi invitiamo all’ascolto di Alive 25, album che ripercorre la carriera degli hard rockers tedeschi Wild Frontier, da una vita nel mondo dell’hard rock ma ahimè poco conosciuti al grande pubblico.

Questo mastodontico live, uscito col supporto in DVD ripercorre la discografia del gruppo, giunto appunto ai 25 anni di attività, ed è stato registrato nel 2013, anche se l’album è uscito sul finire dello scorso anno.
Cinque lavori sulla lunga distanza più una compilation componevano, fino ad ora, la discografia del gruppo, con il debutto One way to heaven del 1994 a fare da capostipite e 2012, uscito come da titolo quattro anni fa nei panni dell’ultimo nato.
Un piacevole, orecchiabile e melodicissimo hard rock è quello che il gruppo, capitanato dall’ottimo vocalist Jens Walkenhorst ,alle prese pure con la sei corde, propone da sempre, ritmiche grintose e da arena rock, cori da cantare ai piedi di un palco e tanta attitudine old school.
Vecchia scuola che in questo caso vogliono dire atmosfere ottantiane dall’appeal che si divide tra la tradizione statunitense ed il classico rock robusto di estrazione europea, tastiere dal piacevole sapore aor e riff consumati sulle strade di confine.
Una band che diverte senza far mancare eleganti sfumature e raffinati passaggi melodici, accontentando un po’ tutti gli amanti dell’hard rock più nobile ed arioso.
Sedici brani per un’esperienza live totale, fanno di questo album un ottimo esempio di musica dal vivo, il gruppo diverte e appunto non manca di divertire coinvolgendo non poco, certo non si parla di grosse arene ma la sensazione di evento si respira piacevolmente tra i solchi del disco.
Per chi conosce i Wild Frontier, i loro migliori brani sono tutti qui (Alive, To the End of The World, la stupenda Thousand Miles Away, Shake Your Body, Surrounded e la cavalcata metallica dalle ritmiche power We Will Be One), per chi invece è al primo incontro con il gruppo tedesco Alive 25 è un album da non perdere, un best of dal vivo valorizzato da un’ottima produzione e dalla grinta inevitabile che le canzoni acquistano in sede live.
Per gli amanti dell’hard rock divisi tra Bon Jovi, Gotthard, Winger e Def Leppard i Wild Frontier non possono mancare nel lettore cd, risultando una realtà sicuramente da rivalutare ed ascoltare.

TRACKLIST
1. Anything You Want
2. Bad Town’s Side
3. Alive
4. To The End Of The World
5. Don’t Walkaway
6. Thousand Miles Away
7. One Heart One Soul
8. Shake Your Body
9. Wild Wind Blows
10. Too Late
11. Why Don’t You Save Me
12. I Can’t Believe
13. The End Of The Road
14. It’s All Over Now
15. Surrounded
16. We Will Be One

LINE-UP
Jens Walkenhorst – Vocals, Guitar
Mario Erdmann – Bass, Vocals
Thomas Ellenberger – Keyboards, Vocals
Sascha Fahrenbach – Guitars
Nico Fahrenbach – Drums

WILD FRONTIER – Facebook

Nocturnal Hollow – Deathless and Fleshless

Terzo disco per questo gruppo venezuelano ed il loro death metal potente e debitore della scena scandinava degli anni novanta, con un tocco di death metal a stelle e strisce.

Terzo disco per questo gruppo venezuelano ed il loro death metal potente e debitore della scena scandinava degli anni novanta, con un tocco di death metal a stelle e strisce.

I Nocturnal Hollow sono tutto ciò che fa la gioia di un fan del death metal : potenza, velocità e profondità. Il death metal è un genere che all’apparenza sembra tutto uguale, invece ha infinite sfumature. I Nocturnal Hollow ne accolgono molte all’interno della loro musica, con una costante potenza e precisione. In alcuni momenti il disco diventa davvero entusiasmante e ti porta a muovere fortemente la testa su e giù. I Nocturnal Hollow con questo disco meritano di entrare definitivamente nell’Olimpo del genere, perché ne hanno tutte le qualità.
La masterizzazione dell’ottimo Dan Swanö aggiunge ulteriore pregio a questo lavoro, che non ha molti difetti. I Nocturnal Hollow combattono con durezza ed intensità, dando lustro alla death metal vecchia scuola, sottogenere che non conosce fine né scadimenti. La potenza fluisce sottoterra, per poi sbucarti in faccia quando meno te lo aspetti.
E ora fatevi ammazzare.

TRACKLIST
1.Necromantial Sin
2.Devilish Blood
3.The Crypt
4.As Blood Flows
5.The Incantation of Astaroth

LINE-UP
Jr Escalante – guitars/vocals
George Knive – drums
Leo Rios – bass

NOCTURNAL HOLLOW – Facebook

Heretique – De Non Existentia Dei

Non solo metal estremo ma molti inserti atmosferici di un’intensità sopra le righe che formano un lavoro vario e coinvolgente, in cui si respira insana malignità

Il death metal dalle reminiscenze black e dai contenuti fortemente anticristiani e guerreschi è molto diffuso nell’est europeo, tanto da considerare alcune delle band provenienti da quei paesi ( specialmente dalle terre polacche)tra ii maestri indiscussi di questa corrente estrema.

Con gli storici Behemoth a tirare le fila di questo esercito del male, non sono poche le realtà estreme che in ambito underground si sono imposte all’attenzione degli addetti ai lavori, forti di una proposta senza compromessi che amalgama con risultati devastanti il death metal old school, soffocante e pregno di potenza monolitica, con la furia iconoclasta del famigerato black metal.
De Non Existentia Dei ne è un buon esempio, secondo lavoro sulla lunga distanza di questi sacerdoti neri, al secolo Heretique, che, nella cattedrale alzata all’oscuro signore, svolgono le loro blasfeme liturgie.
Attivo da quasi dieci anni, il gruppo polacco aveva già lasciato ai famelici posteri un primo lavoro dal titolo Ore Veritatis uscito quattro anni fa.
Le campane della cattedrale di ossa sono tornate a battere il loro funebri rintocchi ed il nuovo lavoro conferma la totale brutalità oscura della musica creata dal combo, death metal feroce, reso delirante e terrorizzante da spunti black e doom, nero inno al maligno e totale mancanza di umana pietà.
Non solo metal estremo ma molti inserti atmosferici di un’intensità sopra le righe che formano un lavoro vario e coinvolgente, in cui si respira insana malignità tra brani disturbanti e malefici.
Un ottimo lavoro chitarristico, sia nelle parti estreme che nei momenti di spettrali armonie acustiche, un massacro la prova della sezione ritmica, ed un cantato che alterna growl brutale a schizoidi parti in scream non fanno che alzare il mood estremo e diabolico di questo lavoro, valorizzato da ottimi brani come Sweet Stench of Rotting Human Flesh, Dimension e Spiritus Antichristi.
Behemoth e Morbid Angel sono i gruppi a cui la band fa riferimento, creando un armageddon di note luciferine dall’alto potenziale satanico.
Se siete amanti del genere l’album è altamente consigliato, puro male in musica.

TRACKLIST
1. Chimera
2. Sweet Stench of Rotting Human Flesh
3. De Non Existentia Dei
4. Dying in Hate
5. Following Through
6. Dimension
7. Czarna polewka
8. From the Black Soil
9. Unknown Whispers
10. Spiritus Antichristi
11. The Raven
12. End of Transmission

LINE-UP
Wojciech “Zyzio/Wojtas” Zyrdoń – Bass
Grzegorz “Igor” Piszczek – Drums
Piotr “Peter” Odrobina – Guitars
Grzegorz “Celej” Celejewski – Guitars, Vocals
Marek “Strzyga” Szubert – Vocals

HERETIQUE – Facebook

Witch Vomit – A Scream from the Tomb Below

Un metal estremo oscuro e devastante, arricchito di rallentamenti in pieno doom/death come il genere richiede

Dalla scena di Portland (Oregon), covo di realtà estreme che si nutrono di blasfemo death metal (Torture Rack, Symptom, Ritual Necromancy, Triumvir Foul), escono dalla loro tana con il primo lavoro sulla lunga distanza gli Witch Vomit, trio di deathsters attivo dal 2012.

Il vomito della strega, nome che dice tanto sulla maligna e morbosa proposta del gruppo statunitense, confeziona un piccolo gioiellino di death metal old school che richiama con le sue urla colme di odio la scena scandinava dei primi anni novanta, imbastardendolo con fulminanti iniezioni di scuola statunitense.
Trenta minuti nell’antro della strega, posseduta da demoni che hanno attraversato millenni e sono arrivati a noi carichi di odio morte e blasfemie.
Un metal estremo oscuro e devastante, arricchito di rallentamenti in pieno doom/death come il genere richiede, una mazzata infernale consigliata senza riserve agli amanti del death metal scandinavo.
La strega vomita schifosi rigurgiti provenienti dalle fredde lande del nord, li rende potentissimi infarcendo le ritmiche di death guerresco e qualche accenno al brutal, ed il tutto risulta pregno di splendide atmosfere malefiche.
Ed è così che tra i solchi delle varie ed abominevoli Ripped from the Crypt, The Tomb, Torn From Life vivono le demoniache presenze che dal passato sono riemerse in questo inno al male chiamato A Scream from the Tomb Below.
Nihilist, Entombed, Asphyx e Grave, Incantation e Autopsy sono vomitati dalla strega prima che prenda le nostre anime.
Prodotto a meraviglia così da far risaltare tutta la putrida e soffocante atmosfera di morte e dannazione, l’album è un classico esempio di come un disco indubbiamente derivativo possa alla fine rivelarsi del tutto soddisfacente.
Siamo immersi nel death metal vecchia scuola e ci anneghiamo volentieri.

TRACKLIST
1. Ripped from the Crypt
2. Screams from Purgatory
3. The Tomb
4. Below the Dirt
5. Witch Cunt
6. Primal Rite of Death
7. Torn from Life
8. Twisted Altar of Sin

LINE-UP
Filth – Drums
Tempter – Guitars, Vocals
J.G. – Bass

WITCH VOMIT – Facebook

Deceased – Fearless Undead Machines

La Transcending Obscurity riporta all’attenzione degli amanti del thrash metal Fearless Undead Machine, capolavoro dei thrashers statunitensi Deceased, uscito originariamente per la storica label Relapse nell’ormai lontano 1997.

Molti non vedono di buon occhio le varie riedizioni e ristampe di album classici ed in parte anche il sottoscritto nutre dei forti dubbi su queste operazioni, specialmente se riguardano gruppi famosi e fatte solo per spillare qualche euro ai fans accaniti.

Discorso che cambia radicalmente se vengono presi in considerazione album storici di quei gruppi di genere, magari poco conosciuti se non ai più attenti alle uscite underground.
La Transcending Obscurity riporta all’attenzione degli amanti del thrash metal Fearless Undead Machine, capolavoro dei thrashers statunitensi Deceased, uscito originariamente per la storica label Relapse nell’ormai lontano 1997.
Capitanata dal singer King Fowley, la band proveniente dalla Virginia iniziò la sua attività nella metà degli anni ottanta e la sua discografia si compone di un gran numero di lavori, tra cui compilation ep e demo, ma non mancano ottimi album (sei in totale) di cui Fearless Undead Machine risulta il terzo, successore del debutto Luck of the Corpse del 1991 e The Blueprints for Madness uscito nel 1995.
Una band dalla storia travagliata, specialmente per i problemi di salute che hanno attanagliato il leader (prima un infarto e successivamente gravi problemi polmonari) ma che ha mantenuto una buona qualità sui propri lavori di cui questo disco, come detto, ne è la massima espressione.
Un’opera di quasi settanta minuti incentrata su suoni estremi di ispirazione thrash/death non è cosa da poco, specialmente se il livello di attenzione rimane altissimo ed il songwriting non cede un solo attimo, creando un bombardamento sonoro di dimensioni enormi.
Thrash metal, spunti più estremi riconducibili al death made in bay area ed elementi classici di estrazione heavy, sono le peculiarità del sound di cui si compone l’album, un vero e devastante esempio di metallo, belligerante, travolgente ed irresistibile per ogni fan dell’headbanger che si rispetti.
Sodom, primi Voivod ed i sempre presenti Slayer sono le band cardine del sound proposto dai nostri guerrieri della Virginia, ma l’heavy metal è ben presente nei brani del disco, non dimentichiamo che gli anni ottanta non erano poi così lontani (U.S. metal) e la metà del decennio successivo vedeva tornare in auge un po’ di quelle melodie classiche portate alla cronaca dal successo di band come per esempio gli Iced Earth di Jon Schaffer (restando in terra statunitense).
The Silent Creature, opener del disco, la title track, la devastante Night Of The Deceased, la voivodiana e progressiva Mysterious Research e la conclusiva Destiny fanno da sunto a questa ora abbondante di metallo incandescente ed oscuro, perfetto non solo per thrashers e deathsters ma anche per chi ama l’heavy metal classico più robusto.
Se non conoscete questo lavoro, non perdete tempo e fatelo vostro, mai ristampa fu più preziosa.

TRACKLIST
1.The Silent Creature
2. Contamination
3. Fearless Undead Machines
4. From the Ground They Came
5. Night of the Deceased
6. Graphic Repulsion
7. Mysterious Research
8. Beyond Science
9. Unhuman Drama
10. The Psychic
11. Destiny

LINE-UP
Mike Smith – Guitars
King Fowley – Vocals, Drums
Les Snyder – Bass
Mark Adams – Guitars

DECEASED – Facebook

Lucifer’s Hammer – Beyond The Omens

Stupisce questa maturità al debutto, ma si sente chiaramente che i Lucifer’s Hammer hanno molto di più rispetto ad altri gruppi.

Dal Cile arriva uno dei miglior gruppi di heavy metal delgi ultimi tempi.

Ascoltando Beyond The Omens si può facilmente capirne il motivo. I Lucifer’s Hammer fanno un heavy metal con spirito epico, molto vicino agli insegnamenti degli Iron Maiden, e dei gruppi inglesi degli anni ottanta. I cileni rendono facile ed orecchiabile ciò che riesce difficile ad altri gruppi, e riescono a fare canzoni che sono dei piccoli romanzi epici, molto legate alle arti occulte. L’incedere dei Lucifer’s Hammer appartiene alla ristretta cerchia dei grandi gruppi, ed hanno il potere di riportarci agli anni ottanta. La loro non è però una mera operazione nostalgica, ma è uno stile particolare che certamente è debitore di certi suoni, ma trova una via personale. La velocità non è tutto per i Lucifer’s Hammer, la loro particolarità è un giusto compromesso tra parti veloci e parti melodiche, e tutto è molto bilanciato e ben composto. Il risultato è seriamente notevole, avendo Beyond The Omens una forza ed una chiarezza molto forti. Il loro suono ti avvolge dolcemente, ti culla come solo un certo tipo di heavy metal sa fare, e ti lascia con una sensazione di benessere e di bei ricordi.
Ci sono suoni che fanno parte del nostro dna, e questo disco ce ne mostra alcuni, rielaborando il tutto con estrema intelligenza e gusto. Stupisce questa maturità al debutto, ma si sente chiaramente che i Lucifer’s Hammer hanno molto di più rispetto ad altri gruppi.

TRACKLIST
1. The Hammer of the Gods
2. Lucifer’s Hammer
3. Dying
4. Shinning Blade
5. Black Mysteries
6. Nightmares
7. Warriors
8. Beyond the Omen

LINE-UP
Hades – Vocals, Guitars
Titan – Drums

LUCIFER’S HAMMER – Facebook

Mortal Peril – The Legacy of War

The Legacy Of War è un buon lavoro, sicuramente consigliato agli amanti del thrash old school

Secondo lavoro per i thrashers tedeschi Mortal Peril, band fondata dal batterista Jonas Linnartz e dal bassista/cantante Jan Radermacher nel 2010 e raggiunti due anni dopo da Pete Rode e Mr. Greene che formano la coppia di asce in forza alla band.

The Legacy Of War è il successore del primo lavoro sulla lunga distanza, Walking on Hellish Trails uscito lo scorso anno, rigorosamente autoprodotto.
Il gruppo di Colonia a discapito delle origini, propone un thrash metal old school molto più statunitense che europeo, le linee melodiche sempre ben presenti ed una buona alternanza tra parti veloci e mid tempo, danno una sufficiente varietà al sound di The Legacy Of War che risulta nella sua chiara ispirazione alla vecchia scuola un album ben fatto.
Un ascolto interessante nel quale viene data molta importanza alle melodie, sottolineate dai solos delle sei corde a tratti ispirate al metal classico, mentre la voce è perfettamente inquadrata nella tradizione thrash metal del nuovo continente.
Non perdono tempo i Mortal Peril, e Generation Hate apre le ostilità con un thrash metal serrato e aggressivo risultando una cavalcata di genere congeniata a dovere.
Gladiator cambia leggermente registro e si attesta su un mid tempo granitico, dove il gruppo inserisce una serie di solos melodici ed heavy e la song così risulta una delle migliori di tutto il lavoro, bissata dalle ottime Air Attack che conquista con azzeccate frenate e ripartenze velocissime, War In Hell aperta da un giro di chitarra acustico in stile four horsemen, e la conclusiva title track, brano furioso valorizzato dal sempre ottimo lavoro chitarristico in un crescendo metallico di buona presa.
The Legacy Of War è un buon lavoro, sicuramente consigliato agli amanti del thrash old school, il sound è un valido compromesso tra Metallica, Exodus, Death Angel ed una vena heavy metal che affiora negli ottimi assoli che lo caratterizzano.

TRACKLIST
1. Generation Hate
2. Gladiator
3. Psychotic
4. Air Attack
5. War Is Hell
6. Seed of Hell
7. Creeping Apocalypse
8. Machete
9. Legacy of War

LINE-UP
Jan Radermacher – Bass,Vocals
Jonas Linnartz – Drums
Mr. Greene – Guitar
Pete Rode – Guitar

MORTAL PERIL – Facebook

Moaning Silence – A World Afraid Of Light

Una serie di belle canzoni, eseguite con la dovuta competenza ed ammantate di un sottile un velo di malinconia, ovvero tutto ciò che serve per fare di questi tre quarti d’ora di musica la gradevole colonna sonora di giornate particolarmente uggiose.

I Moaning Silence sono un nuovo progetto proveniente dalla sempre fertile terra ellenica, specie quando si parla di metal oscuro ed atmosferico.

La band creata da Christos Dounis si rende efficacemente protagonista del recupero di quelle sonorità che ebbero una certa risonanza alla fine del secolo scorso grazie ad album come Forever Autumn dei Lake Of Tears e Crystal Tears degli On Thorns I Lay e che, a differenza dell’attuale interpretazione del genere, si distingueva per una ricerca della melodia più diretta ed essenziale e scevra di tecnicismi di sorta.
Avvalendosi dell’aiuto della vocalist Emi Path, del batterista Vangelis X e, soprattutto, di una figura di spicco del metal greco come Bob Katsionis, chiamato ad occuparsi anche della produzione, il buon Dounis mette in scena un lavoro pregno di un romanticismo dolente e malinconico che, pur essendo legato a doppio filo a tutti i cliché possibili del genere, si rivela alla fine gradevolissimo.
I dieci brani scorrono via avvolgenti e ricchi di linee melodiche ben memorizzabili: A World Afraid Of Light parte al meglio con due brani ottimi come l’ideale rappresentazione del gothic doom programmaticamente intitolata Solitude e, soprattutto, la successiva Black Skies, dotata di un notevole finale in crescendo, ma vanno segnalate anche l’ottima cover di Parisienne Moonlight, perla contenuta all’interno di Judgement degli Anathema, la robusta Stay e la ariosa An Elegy For The Crestfallen.
Per i Moaning Silence un primo lavoro di buon livello, che non sposta certo gli equilibri del genere ma che neppure resta inesorabilmente schiacciato dagli inevitabili riferimenti al passato: semplicemente, qui siamo al cospetto di una serie di belle canzoni, eseguite con la dovuta competenza ed ammantate di un sottile un velo di malinconia, ovvero tutto ciò che serve per fare di questi tre quarti d’ora di musica la gradevole colonna sonora di giornate particolarmente uggiose.

Tracklist:
1.Solitude
2.Black Skies
3.On Fragile Wings
4.Parisienne Moonlight (Anathema cover)
5.The Last Days Of December
6.As If It Was Yesterday
7.Stay
8.Just Another Day
9.An Elegy For The Crestfallen
10.Sparks Of Light

Line-up:
Christos Dounis – Electric & Acoustic Guitars/Vocals
Emi Path – Vocals
Bob Katsionis – Keyboards, Bass & add guitars
Vangelis X. – Drums

MOANING SILENCE – Facebook

Lord Vicar – Gates Of Flesh

I Lord Vicar si confermano come una di quelle band in grado di fungere da traino per il genere nel nuovo millennio e con Gates Of Flesh regalano un album imperdibile agli appassionati.

Un altro ottimo lavoro incentrato sulla musica del destino dal taglio classico che va a rimpolpare le truppe scese in campo negli ultimi mesi con lavori sopra le righe.

I Lord Vicar, con base in Finlandia sono una multinazionale dei suoni cadenzati e monolitici: fondati quasi dieci anni fa da Kimi Kärki (Peter Vicar) dei Reverend Bizarre, raggiunto sull’altare messianico da altri nomi importanti del genere come Chritus, ex vocalist tra gli altri di Count Raven e Saint Vitus, e dalla sezione ritmica composta dal solo Gareth Millsted al basso ed alle pelli.
Gates Of Flesh, contando su musicisti che sanno come far suonare un disco del genere, non può che essere una tappa importante per gli amanti del doom metal, specialmente di chi ne ama il mood classico, ovvero atmosfere heavy rock riconducibili agli anni settanta, un’alternanza perfetta tra brani dal lento incedere ipnotico ad altri con una verve più accentuata e magiche ed oniriche atmosfere, con la sei corde dello storico chitarrista a sanguinare sulle ritmiche vulcaniche e laviche di una sezione ritmica pesante come un’incudine.
Messianico e stupendamente interpretativo, il singer ci conduce tra le spire di questa ottimo lavoro avvolgente ed appunto ipnotico, senza concedere nulla a facili sfumature stoner ma regalando ottimo doom classico.
L’album risulta così un’opera affascinante dove sono ben chiare le coordinate del gruppo che, con talento, segue i dettami del genere così da confermare le ottime sensazioni create dai due dischi precedenti e continuando imperterrito a seguire la religione doom.
Non mancano brani che alzano il livello globale di Gates Of Flesh anche se il lavoro è un monolite di suoni lenti e cadenzati da ascoltare facendosi rapire dalle atmosfere sabbatiche create dal combo, ma il mood settantiano e armonico dell’opener Birth Of Wine e, soprattutto, la marcia inesorabile e lentissima della conclusiva Leper, Leper non potranno che essere acclamate da chiunque si professi amante dei suoni ipnotici, liturgici e magici della musica del destino.
I Lord Vicar si confermano come una di quelle band in grado di fungere da traino per il genere nel nuovo millennio e con Gates Of Flesh regalano un album imperdibile agli appassionati.

TRACKLIST
1. Birth of Wine
2. The Green Man
3. A Shadow of Myself
4. Breaking the Circle
5. Accidents
6. A Woman Out of Snow
7. Leper, Leper

LINE-UP
Gareth Millsted – Drums, Bass
Kimi Kärki – Guitars, Bass
Chritus – Vocals

LORD VICAR – Facebook