SILENT WHALE BECOMES A° DREAM – REQUIEM

Un album in cui non c’è niente da perdere,se non sé stessi. Un ascolto che nemmeno ad un muro potrebbe risultare anonimo. È una porta aperta per una stanza di cui voi decidete il contenuto,irrazionalmente. Fatevi guidare dal vento gelido di questa band in un viaggio che sfugge agli occhi indiscreti.

Il concetto di “giudizio”, divino o umano che sia, è sempre soggetto a distorsioni e mistificazioni.

E allora a spiegarcelo meglio ci pensano i francesi Silent Whale Becomes A° Dream con il loro terzo album Requiem.
Perché di giudizio si parla, nella sua accezione più pura, quella da cui nessuno può nascondersi. È quello della coscienza, e di un mondo capace di assoggettare anche i più magnanimi a sensi di colpa inesistenti.
Come nei lavori precedenti, alla band francese non servono addobbi particolari, ma bastano quattro brani per raccontare qualcosa (addirittura, in Architeuthis era solo uno). Il titolo dell’album, così come quelli delle singole canzoni, rimanda al Dies Irae, proprio una delle sequenze del Requiem. La lingua latina, oltre che madre della nostra, risulta eternamente elegante e capace di immortalare ogni sensazione, come in questo caso.
Non si lasciano scappare questi particolari i nostri amici francesi, creando un mondo in musica verso il quale si può solo mettersi comodi, ma mai passivi. 57 minuti e 46 secondi in cui il benessere sconfinato ed eterno si intreccia all’inquietudine incalzante, all’angoscia che sta in agguato e sempre fa parte di noi.
Non manca la sana malinconia, per un futuro che si compone piano piano durante l’ascolto, e la breve pausa intorno al terzo minuto del brano Recordàre assomiglia ad un profondo respiro chiarificatore.
Questo calderone di emozioni si relaziona con lo scenario, che assume qui un ruolo quasi mistico, del mare. Dal mare può provenire un pericolo, ma soprattutto proviene il giudizio, il confronto. Ispirati dal mare, i francesi producono un sound quasi elitario, sulla scia dei God is an Astronaut, solo ed esclusivamente per chi sarà paziente e capace di seguirli, ma soprattutto di seguire sé stesso.
Ma come finirà questo loro racconto? Una risposta forse possiamo trovarla nel pezzo finale Lacrymósa Dies Illa (Giorno di lacrime, quello), che si sposta senza problemi, come delle soffici onde, tra inferno, purgatorio e, dulcis in fundo, paradiso. Come negli altri brani, vi è un’esplosione improvvisa, ma stavolta ha dei connotati diversi. Stavolta possiamo percepire la grandiosità nonostante i travagli passati.
In definitiva, i Silent Whale Becomes A° Dream hanno le idee chiare pur in un percorso che si mette sempre in discussione per sua stessa natura, e forse la parola chiave adatta per i loro lavori futuri, più che “giustizia” può essere “curiosità”.

Tracklist
1.Dies Iræ, Dies Illa
2.Cor Contritum Quasi Cinis
3.Recordàre
4.Lacrymósa Dies Illa

Line-up
S.
D.
E.
M.

SILENT WHALE BECOMES A° DREAM – Facebook

Black Hole – Evil In The Dark

Evil In The Dark è un album che va lavorato non poco per apprezzarne il sound fuori dai consueti schemi: un’opera di un’originalità unica, oscura e a tratti opprimente, destinata a lasciare il segno.

I veronesi Black Hole fanno parte di quella eletta schiera di band provenienti dagli anni ottanta che si possono sicuramente considerare di culto.

Il leggendario primo album, uscito nel 1985, è ancora oggi considerato uno dei lavori più oscuri mai usciti, non solo nella nostra penisola, così come un’aura misteriosa ha sempre accompagnato il leader Robert Measles, polistrumentista, personaggio schivo e fuori dai consueti circuiti che accomunano gran parte dei musicisti.
Il loro ultimo lavoro targato 2000 non era altro che una raccolta di registrazioni datate 1988/89, poi ancora silenzio prima che l’Andromeda Relix arrivasse a licenziare Evil In The Dark, opera che raccoglie vecchie sessioni dei primi anni novanta e nuove tracce.
Detto che la formazione dei Black Hole comprende Robert Measles, alle prese con voce, tastiere e drum machine, il chitarrista Michael Sinnicus ed il batterista Robin Hell, che compare su tre tracce, ci inoltriamo tra le trame occulte ed esoteriche di questa mastodontica opera oscura intitolata Evil In The Dark e nella sua alternanza di parti doom metal, dark e new wave anni ottanta, unite a sprazzi di progressive dark rock.
Un album di difficile catalogazione, un ascolto assolutamente affascinante ma dannatamente ostico, almeno per i canoni odierni; la musica dei Black Hole, infatti, è fortemente legata ad un concetto apocalittico, a tratti da colonna sonora, in altri momenti legata da un filo di spine alla musica elettronica e alla dark wave meno commerciale, cosa che si evince specialmente nelle due parti di X Files, cuore di questo lungo viaggio in quello che è, nella sua interezza, un peregrinare tra la parte più oscura di questo drammatico nuovo millennio.
Non fatevi ingannare dall’artwork : il cimitero sconsacrato, le croci rovesciate sulle tombe, i tre loschi figuri incappucciati con le asce sporche di sangue e l’oscura fortezza sul retro non vi porteranno tra facili storielle fantasy, ma toccherete con mano la terribile paura dell’occulto e della morte, del mistero e di un futuro incerto con le fredde tastiere dal suono che si insinuerà nella vostra testa come un diabolico serpente.
Evil In The Dark è un album che va lavorato non poco per apprezzarne il sound fuori dai consueti schemi: un’opera di un’originalità unica, oscura e a tratti opprimente, destinata a lasciare il segno.

Tracklist
1.Evil in the Dark
2.Alien Woman
3.Holy Grail
4.Octopus Tenebricus
5.The Way of Unwitting
6.Astral World
7.X Files
8.X Files Part II
9.Inferi Domine
10.Dangerous Beings
11.Nightmare
12.The Final death

Line-up
Robert Measles – All instruments
Michael Sinnicus – Guitars
Robin Hell – Drums

BLACK HOLE – Facebook

Misto – Helios

La giusta durata che non lascia spazio alla prolissità è un valore aggiunto alla fruibilità dell’opera, così che Helios si possa apprezzare nella sua interezza, mentre le onde si placano ed il nostro mare torna placido sulle ultime note di Time To Destroy My Life Capsule.

La musica di Misto è come il mare su cui si affaccia la sua città, Genova.

Da calma e tranquilla si increspa irrequieta o diventa impetuosa come le lunghe onde quando i venti soffiano forti , per poi tornare a dormire e, sonnecchiando, cullare la mente e il fisico di noi che da essa ci nutriamo, avidi di note.
Misto è il progetto solista del polistrumentista Mirko Viscuso, al secondo lavoro dopo l’ep Infinite Mirrors, licenziato lo scorso anno.
Parliamo di post rock strumentale, dall’anima progressiva e a tratti introspettivo, poetico ed incline ad un leggero mood psichedelico che lo rende misterioso, liquido e molto affascinante, proprio come il mare e come tale soggetto a repentini cambi di umore, in un vortice di tempi che non danno una precisa identità al sound, ma variano e si alternano, tra rock ed elettronica con  le burrasche elettriche che  agitano lo spartito avvicinandosi al post metal (Set Your Farearms Against The Sun).
Ma come per il mare, passata la tempesta si torna in armonia prima che attimi di musica dalle reminiscenze pinkfloydiane valorizzino la bellissima title track.
Helios è un lavoro strumentale che, come ci hanno abituato le giovani generazioni di musicisti, lascia da parte ogni forma di autocompiacimento tecnico a favore di un approccio emotivo altissimo: la giusta durata che non lascia spazio alla prolissità è un valore aggiunto alla fruibilità dell’opera, così che Helios si possa apprezzare nella sua interezza, mentre le onde si placano ed il nostro mare torna placido sulle ultime note di Time To Destroy My Life Capsule.

Tracklist
1.Buried Under Remote Lands
2.Polemic Guy Wants To Fight
3.Daffodils Crashing Into The Water
4.Set Your Firearms Against The Sun
5.Helios
6.Time To Destroy My Life Capsule

Line-up
Mirko Viscuso – All instruments

MISTO – Facebook

Concrete Jelly – Amless In Wonderland

I Concrete Jelly concludono nella maniera migliore la trilogia su Amless, un progetto nel quale si fondono molte cose e dal quale sarebbe bello trarre un musical, perché la loro è una musica molto visiva, con un concept dal respiro molto ampio.

Terza ed ultima puntata della trilogia di Amless da parte dei Concrete Jelly, un gruppo triestino di rock and roll pesante e pensante.

Il musicista maledetto Amless ed il suo fido socio Chaz vivono la loro ultima avventura e sarà tutta da scoprire. I Concrete Jelly hanno dipanato una storia molto particolare su Amless, unendo narrativa, musica e dimensione onirica. Amless In Wonderland è fatto di blues, hard rock anni settanta e tanto altro. I generi suddetti sono dominati con saggezza ed estrema tranquillità, l’importanza maggiore è data alla musica che si incrocia con la storia, e ascoltando il disco si entra o in profondità in entrambe. Ciò che colpisce della musica dei Concrete Jelly è la perfetta consecutio temporum nella composizione, ovvero tutto va al suo posto, ed incastrandosi perfettamente rende tutto molto piacevole. Non parlo tanto di tecnica, che qui è comunque ben rappresentata, quanto della chiarezza con la quale si sviluppa il lavoro. Ci sono momenti maggiormente vicini alla jam, altri maggiormente strutturati, ma è tutto molto bello e di valore. Il gruppo triestino è composto da amanti e profondi conoscitori della musica ed il loro operato è il giusto risultato di tutto ciò. C’è uno spirito anni settanta che aleggia per tutto il disco, ma non è solo una nostalgia, quanto uno stimolo musicale, perché poi la proposta dei Concrete Jelly si fonda sull’originalità e su una certa dolcezza musicale, accarezzando le orecchie nonostante la musica sia rumorosa. Il gruppo conclude nella maniera migliore la trilogia su Amless, un progetto nel quale si fondono molte cose e dal quale sarebbe bello trarre un musical, perché questa  è una musica molto visiva, con un concept dal respiro molto ampio. Amless in Wonderland è la loro prova più lucente, convincente come e più delle precedenti, che già erano ottime. Il disco vedrà la luce in un prossimo futuro, non si sa ancora quando, ma se amate l’hard rock imbastardito e di qualità, qui c’è il meglio.

Tracklist
1. Rock Town
2. The Memory Hurts
3. Good Ol’ Chaz
4. The Dealer
5. The Drug
6. Black Curtains
7. Head Out
8. Monsters
9. Elicse Atarme Pt.3

Line-up
Francesco Braida: Guitar & Voice
Sebastiano Belli: Drums
Matteo Monai: Bass & Voice
Sebastiàn Gerlini: Guitar

CONCRETE JELLY – Facebook

Poste942 – Long Play

Un album da ascoltare a volume importante, magari quando la voglia di libertà si fa spazio tra le svogliate giornate tutte uguali ed allora, una camicia di flanella, un giubbotto di pelle ed il pieno di benzina nel serbatoio accompagneranno sicuramente l’ascolto di Long Play.

Sembra proprio che i suoni hard rock, dai rimandi settantiani o dal retrogusto southern siano la nuova/vecchia frontiera.

Dai gruppi dalla spiccata anima hard blues, a quelli dalle ispirazioni più moderne ed in linea con l’alternative/stoner metal, non passa giorno senza che i suoni scaldati dalla marmitta di un chopper o di un’Harley non raggiungano i padiglioni auricolari del sottoscritto, al quale non pare vero di godere del vecchio ma pur sempre amato hard rock.
Dagli States, alla Scandinavia passando per il nostro paese, scalando le Alpi come Annibale ma, con al posto degli elefanti una motocicletta, si scende verso la pianura transalpina per incontrare i Poste942, un monicker curios, ma un  sound che fa vibrare i pistoni del vostro bicilindrico a suon di rock duro.
Questo primo lavoro sulla lunga distanza intitolato Long Play, per questi cinque metal/rockers transalpini, accomuna hard rock, stoner e groove a manetta senza rinunciare ad atmosfere southern: le verdi colline francesi ai piedi delle Alpi si trasformano così nei caldi deserti americani o nelle paludi dell’estremo territorio della misteriosa Lousiana; lo stile dei Poste942 è più semplice di quanto si possa immaginare ma molto interessante, così come il modo in cui  il gruppo riesce, senza essere dispersivo o approssimativo, ad inserire svariate influenze che tra i brani di Long Play.
Partendo dal metal stonerizzato di Down e Pantera, passando per elettrizzanti tratti grunge rock che ricordano non poco i Nirvana, per giungere allo stoner della Sky Valley ed il southern rock, il tutto viene  ben calibrato dal gruppo francese in questa raccolta di brani che hanno nel singolo Whiskey, nella esuberante vena di 49.3, nella semi ballad desertica Grace e nella rabbiosa Lonely Day i punti salienti di questo piacevole lavoro.
Un album da ascoltare a volume importante, magari quando la voglia di libertà si fa spazio tra le svogliate giornate tutte uguali ed allora, una camicia di flanella, un giubbotto di pelle ed il pieno di benzina nel serbatoio accompagneranno sicuramente l’ascolto di Long Play.

Tracklist
1.Batavia
2.Color of Red
3. Whiskey
4.Devil’s Complaint
5.Punky Booster
6.49.3
7.Grace
8.Pigs in Paradise
9.Lonely Day
10. Psycho Love Part. I
11.Psycho Love Part. II
12.Breathe
13.Le Chantier

Line-up
Sébastien Mathieu – Guitar
Nicolas – Millo – Drums
Ludovic Favro – Bass
Sébastien Usel – Vocais

POSTE 942 – Facebook

Descrizione Breve

Autore
Alberto Centenari

Voto
75

Dubby Dub – Empty Nation

Empty Nation avrebbe fatto la gioia tantissimi ascoltatori della mai troppo compianta Rock Fm, perché ha un tiro notevole e dentro c’è tanta Inghilterra, non quella più famosa, ma quella maggiormente indie: sentire i giri di chitarra per credere.

I ferraresi Dubby Dub non sono di primo pelo, e grazie alla loro esperienza riescono a pubblicare un disco di hard rock con molti momenti e stili diversi.

Il gruppo è nato nel 2001 e ha avuto varie pause per i diversi progetti dei suoi componenti, la cui ossatura sono i fratelli Pulga, Mario ed Andrea, già visti e sentiti nel gruppo hardcore H – Strychnine . Nonostante diversi periodi di iato questo disco è il terzo nella carriera del gruppo, il primo per la Buil2Kill Records. La proposta è un hard rock che è maggiormente virato al rock piuttosto che all’hard, e trova decisi riferimenti nella scena inglese anni novanta, anche se ha un tocco di originalità notevole, perché non è per nulla derivativo, ma è piuttosto uno sforzo di cercare qualcosa di diverso e di piacevole sia da sentire che da suonare. Uno dei maggiori pregi di questo disco è la totale assenza di ansia nel cercare di piacere facendo qualcosa che esuli dalle corde di questo gruppo. Empty Nation avrebbe fatto la gioia tantissimi ascoltatori della mai troppo compianta Rock Fm, perché ha un tiro notevole, e dentro c’è tanta Inghilterra, non quella più famosa, ma quella maggiormente indie: sentire i giri di chitarra per credere. In tutto ciò galleggia una dose di grunge che è sempre presente nelle migliori ricette musicali. Insomma un bel disco di rock anni novanta che suona fresco e bello sgargiante, e non lo te lo aspetteresti dalla copertina, che avrebbe meritato qualche sforzo in più, ma questo si può perdonare alla luce del risultato.

Tracklist
1.You & I
2. Spread & multiply
3.Empty nation
4I’ll lose myself
5.Cold issues
6.Out of the shell
7.Grow machines
8.Rainbow
9.Romance
10.About to shine
11.Right now
12.They never last
13.Deny

Line-up
Andrea Pulga – Vox – Guitars
Mauro Pulga – Guitars – Vox
Flavio Tomei Guitars – Vox
Enrico Negri – Drums – Vox

DUBBY DUB – Facebook

Last Bullet – ’80-69-64 ep

Cinque rocker di Toronto alla conquista delle vostre serate da sballo con la parola d’ordine che non può non essere Sex & Rock’n’roll ma, se pensate che la band suoni street/glam anni ottanta, girate i tacchi, perché qui si distrugge tutto con la potenza dell’hard rock.

Provateci voi a stare fermi mentre i Last Bullet suonano il loro hard rock.

Attivo dal 2009, il gruppo canadese torna a scuotere anime, tormentandole con un’overdose di rock’n’roll dopo il primo album, uscito ormai cinque anni fa (Love Lust Illusion) e lo fa con questo ep di sei brani per una ventina di minuti travolgenti, intitolato ’80-69-64.
I cinque rocker di Toronto vanno alla conquista delle vostre serate da sballo con la parola d’ordine che non può non essere sex & rock’n’roll ma, se pensate che la band suoni street/glam anni ottanta, girate i tacchi, perché qui si distrugge tutto con la potenza dell’hard rock moderno tra alternative e dosi massicce di groove, sparato a mille in un contesto rock’n’roll.
Bright Lights è la miccia che si accende, e pericolosamente tramite l’orgiastica Gimme Time corre verso il candelotto di dinamite che esplode alle prime note di Little Miss Filthy.
Bryan Fontez con il suo canto lascivo vi provoca, vi gira attorno come una belva assetata di sangue e poi vi azzanna tra le note di Smoke & Ashes, per poi lasciare la morsa tornare sulla route, accompagnato dalle note di Southern Lips.
Velvet Revolver, Aerosmith, Lynyrd Skynyrd, Buckcherry: questo nomi sono per indurvi a non perdere neanche un minuto di musica di questa bomba hard rock.

Tracklist
01. Sin
02. Gimme Time
03. Bright Lights
04. Southern Lips
05. Smoke & Ashes
06. Little Miss Filthy

Line-up
Bryan Fontez – lead vocals
Brendan Armstrong – lead guitar
Michael Silva – rhythm guitar
Will Shannon – bass
Chriz Galaz – drums

LAST BULLET – Facebook

Circo Boia – Circo Boia

I Circo Boia sono un duo che non fa mai quello che ti aspetteresti e, cosa più importante, fanno un rock duro, molto vicino al grunge, guidato dalla splendida voce di Erika Fassari e dal basso di Joey Chiarello.

I Circo Boia sono un duo che non fa mai quello che ti aspetteresti e, cosa più importante, fanno un rock duro, molto vicino al grunge, guidato dalla splendida voce di Erika Fassari e dal basso di Joey Chiarello.

Il gruppo si divide tra Italia e Usa, dove hanno già fatto due tour di concerti, e il suono è molto vicino a quello a stelle e strisce, con riff potenti e una melodia ben definita che traspare dagli strati di chitarre e batteria. Circo Boia è il debutto del duo, che ha già molto chiaro cosa fare, e che sta andando in una direzione ben definita. Le influenze sono tante e tutte di buona qualità, si va dai Cure al grunge, con una sintesi molto convincente. L’ottima produzione è di Gian Maria Accusani, il deus ex machina di Prozac + e Sick Tamburo, una persona con un orecchio molto fine per ruvide melodie, e qui fa scaturire il meglio dal gruppo, riuscendo ad amalgamare le diverse influenze insieme al gran talento del duo per il grunge, quello spirito melodico e potente che non vuole andare via e continua sottotraccia. Il tiro dei Circo Boia è notevole, sinceramente in Italia è molto difficile sentire dischi musicalmente vari e belli come questo; infatti il loro debutto uscirà anche negli Usa per la Wiener’s Records e sarà molto interessante vedere come sarà accolto.
I generi toccati sono molti, senza però mai perdere una visione d’insieme molto forte ed interessante; il duo di Grosseto è pronto, e il Circo Boia è appena partito

Tracklist
1.Doppler
2.Fight For Love
3.Ye!Ho!
4.She Walks Into The Fire
5.The World Of Tomorrow
6.Lick The Hell
7.Hellride
8.I Think You’re Right
9.Negen
10.Liar

Line-up
Erika Fassari: chitarra, voce
Joey Chiarello: basso, backing vocals

Guest members:
Matteo Maggi: batteria
Gian Maria Accusani: backing vocals, chitarra, synth

CIRCO BOIA – Facebook

Nastyville – Glam Caramel

Una produzione scintillante e tanta attitudine fanno di Glam Caramel un buon modo per riassaporare le atmosfere sfrontate, ambigue e divertenti di quello storico periodo che gli amanti del genere rivivono grazie all’underground e alla nascita di molti nuovi gruppi che hanno riportato questi suoni all’attenzione degli ascoltatori.

Si torna a far muovere le natiche a tempo di rock’n’roll stradaiolo con il secondo album dei Nastyville, quintetto piemontese da anni immerso nella scena glam rock dello stivale.

Dopo un primo album licenziato qualche anno fa e un paio di assestamenti nella line up, la band che vede ben saldo sul ponte di comando il batterista Danny Boy (un passato a suonare con gentaglia del calibro di Gilby Clarke e John Corabi), se ne esce tramite l’attivissima label partenopea Volcano Records con questo irresistibile esempio di hard rock glam made in Los Angeles intitolato Glam Caramel.
Con il nuovo entrato MarkEvil Lee dietro al microfono, la band sforna dieci brani assolutamente devoti al genere che contribuì a rendere speciali gli anni ottanta e un paradiso per i rockers il Sunset Boulevard, pur con i piedi ben saldi nel nuovo millennio.
Una produzione scintillante e tanta attitudine fanno di Glam Caramel un buon modo per riassaporare le atmosfere sfrontate, ambigue e divertenti di quello storico periodo che gli amanti del genere rivivono grazie all’underground e alla nascita di molti nuovi gruppi che hanno riportato il genere all’attenzione degli ascoltatori.
Dopo la valanga di suoni alternativi iniziata sul finire del secolo scorso, il ritorno di queste sonorità (non solo per qualche fortunata reunion) è, per assurdo una ventata di freschezza nell’ormai troppo serioso ambiente del rock, quindi muovete le chiappe, stappate la vecchia bottiglia di Jack Daniels e buttatevi nella mischia al suono delle varie Nerd Superfly, Big Band Theory e le altre tracce presenti su Glam Caramel.
La bolgia è frenetica e vi travolgerà, mentre potenti trame su tempi medi si spintonano per un posto al sole con frizzanti partenze dallo spirito rock’n’roll, tra Motley Crue e Warrant, senza dimenticare le nuove leve della scena glam internazionale come Crazy Lixx e Crashdiet.
Lady Boy, Macho Girl e ancora Star Whore e la conclusiva Tha King faranno sparire ogni vostro tabù e vi daranno la possibilità di essere voi stessi: almeno per una cinquantina di irresistibili minuti, lasciatevi andare e godete, it’s only rock’n’roll.

Tracklist
1. Nerd Superfly
2. Big Band Theory
3. Jelly Toy Goes
4. Lady Boy
5. Sert-Control
6. Granny Awards
7. Macho Girl
8. Star Whore
9. Camel Toe
10. Tha King

Line-up
Mark – Voice, Guitar
David – Guitar
Manuel – Guitar
Fabian – Bass Guitar
Danny Boy – Drums

NASTYVILLE – Facebook

Old Man Wizard – Innocent Hands/The Blind Prince

I tre musicisti statunitensi sono protagonisti di un’originale esempio di hard rock progressivo che si nutre di molte sfumature del rock contemporaneo e di metal estremo, pur mantenendo un approccio vintage che li accomuna a tanti nuovi gruppi dal sound che si ispira agli anni settanta.

Meritano di essere portati all’attenzione dei lettori di MetalEyes gli Old Man Wizard, trio attivo tra San Diego e Los Angeles con il debutto sulla lunga distanza licenziato nel 2013 (Unfavorable, uscito anche nella versione strumentale) e questo singolo che funge da apripista al nuovo album in uscita (Blame It All On Sorcery).

I tre musicisti statunitensi sono protagonisti di un’originale esempio di hard rock progressivo che si nutre di molte sfumature del rock contemporaneo e di metal estremo, pur mantenendo un approccio vintage che li accomuna a tanti nuovi gruppi dal sound che si ispira agli anni settanta.
I due brani (Innocent Hands e The Blind Price) si compongono di umori diversi, ora alternativi ora smaccatamente hard progressivi e dai rimandi alla tradizione, mentre le vocals molto melodiche contrastano con ritmiche pesanti, ma varie grazie al gran lavoro della sezione ritmica.
Prendete i Soundgarden e maltrattateli con dosi massicce di progressive e metal estremo, poi accarezzateli con sfumature rock di estrazione americana ed avrete più o meno un’idea di quello che suonano Andre Beller (voce e basso), Francis Roberts (chitarra e voce) e Kris Calabio (batteria e voce).
Inutile dirvi che la curiosità per il full length in arrivo non manca, quindi occhio alle nostre pagine virtuali.

Tracklist
1.Innocent Hands
2.The Blind Prince

Line-up
Andre Beller – Bass Guitar, Vocals
Francis Roberts – Guitar, Vocals, etc.
Kris Calabio – Drums, Vocals

OLD MAN WIZARD – Facebook

https://youtu.be/8iEOIBilmBg

Enrico Sarzi – Drive Through

Accompagnato da un gruppo di musicisti dalla provata esperienza nell’ambiente dell’hard rock, Sarzi ci invita all’ascolto di Drive Through, una raccolta di brani che spazia dal rock americano nato nella piovosa Seattle nei primi anni novanta, fino a toccare lidi più cantautorali ed acustici.

Buone nuove dalla Burning Minds, questa volta affiancata dalla Street Symphonies con la quale licenzia il primo lavoro solista di Enrico Sarzi, cantante dei rockers Midnight Sun con cui ha registrato due album.

Impegnato come ospite su due opere notevoli come l’album omonimo degli Shining Line e Moonstone Project, il musicista nostrano ha avuto l’occasione di suonare insieme a musicisti storici o autentiche leggende della scena hard rock internazionale come Glenn Hughes, Ian Paice e Robin Beck, esperienze importanti prima che la sua avventura solista diventasse il suo presente musicale.
Accompagnato da un gruppo di musicisti dalla provata esperienza nell’ambiente dell’hard rock, Sarzi ci invita all’ascolto di Drive Through, una raccolta di brani che spazia dal rock americano nato nella piovosa Seattle all’inizio degli anni novanta, fino a toccare lidi più cantautorali ed acustici, prima che l’elettrica torni a ruggire tra lo spartito che si sporca di blues.
Un album sentito, Drive Through, pregno di magiche atmosfere che ci portano tra malinconiche strade secondarie, tra fattorie che il tempo ha dimenticato mentre in noi si fa sempre il ricordo di un brano come Rooster degli Alice in Chains.
Non privo di ottimi inserti di fiati, solos dal taglio rock ed hard rock sempre in bilico tra grunge e hard rock settantiano, l’album vive di questa altalena di umori, mentre Sarzi passa agevolmente da toni cantautorali a parti nelle quali rivive lo spirito del miglior Cantrell (Nothing To Live For, The Repentant, la title track).
Le ballad come detto non mancano e sono tutte valorizzate da atmosfere e sfumature mai banali, piacevolmente intimiste raggiungono, con Strange Freedom a rappresentare il punto più alto, attraversata dal suono di un malinconico sax che lascia spazio all’assolo più bello di tutto l’album.
Drive Through rivisita il rock americano in un paio delle sue migliori vesti e conferma il talento, anche compositivo, di Enrico Sarzi.

Tracklist
01. Shameless
02. Afraid To Be Myself
03. Nothing To Live For
04. S.O.S. To God
05. Strange Freedom
06. The Repentant
07. Inferno
08. Let Me Go
09. Drive Through
10. Sex Perfume
11. Cielo

Line-up
Enrico Sarzi – Vocals, Acoustic Guitars
Cristiano Vicini – Electric Guitars
Marco Nicoli – Bass
Marco Micolo – Keyboards
Alessandro Mori – Drums

Special Guests:
Stefano Avanzi – Sax
Alberto Valli – Piano
Luciana Buttazzo – Vocals

ENRICO SARZI – Facebook

Major Parkinson – Blackbox

Valorizzato da atmosfere teatrali ed in alcuni casi pomposamente cinematografiche, Blackbox risulta un ascolto maturo, conseguenza di un approccio esemplare per quanto riguarda le interpretazioni vocali e soluzioni musicali fuori da schemi prestabiliti.

La tradizione scandinava per i suoni progressivi continua a donarci band e lavori che rientrano in quell’aura cult riservata alla musica d’eccellenza e che, inevitabilmente, rimane ad esclusiva o quasi degli appassionati che non si sono fermati al 1975 o giù di li, ma ai quali piace andare oltre l’ovvio.

I Major Parkinson sono una band norvegese attiva da anni e con una già buona discografia alle spalle (questo è il quarto full length), ed una formazione che si rinnova quasi ad ogni album.
Gli otto musicisti sono impegnati in Blackbox, album che unisce varie sfumature della musica progressiva, passando con disinvoltura da note rock tradizionale all’uso dell’elettronica, a dire il vero abbondante tra i brani che escono dalla scatola nera, con intrecci di musica a 360° che abbraccia al suo interno una moltitudine di suoni, creando un sound originale ed affascinate, tra strumenti classici, elettricità rock e tappeti di chiara ispirazione ottantiana.
Esaltato dalla prova dello straordinario Jon Ivar Kollbotn al microfono (non solo un vocalist, ma un interprete a tutto tondo), l’album si dipana tra magiche soluzioni progressive, teatrali e moderne, con un’aura oscura che permea il sound con soluzioni e sorprese nel songwriting, che vanno da citazioni più o meno famose (passando da Bowie agli Ultravox) ad atmosfere cinematografiche ed originali come in Night Hitcher o Madeleine Crumbles.
Blackbox ha bisogno di qualche ascolto in più e tanta apertura mentale nel saper cogliere le varie e suggestive ispirazioni che la band unisce ad un indubbio talento nel saper scrivere musica fuori dai soliti schemi progressivi odierni, che siano legati alla tradizione o che guardino a soluzioni intimiste e moderne care ai gruppi odierni.
Valorizzato da atmosfere teatrali ed in alcuni casi pomposamente cinematografiche, Blackbox risulta un ascolto maturo, conseguenza di un approccio esemplare per quanto riguarda le interpretazioni vocali e soluzioni musicali fuori da schemi prestabiliti.

Tracklist
1.Lover, Lower Me Down!
2.Night Hitcher
3.Before the Helmets
4.Isabel -­ A Report to an Academy
5.Scenes from Edison’s Black Maria
6.Madeleine Crumbles
7.Baseball
8.Strawberry Suicide
9.Blackbox

Line-up
Jon Ivar Kollbotn – lead vocals
Eivind Gammersvik – bass, backing vocals
Lars Christian Bjørknes – piano, synth, organs, programming, notation, backing vocals
Sondre Sagstad Veland – drums, percussion, backing vocals
Sondre Rafoss Skollevoll – guitar, backing vocals
Øystein Bech-Eriksen – guitar
Claudia Cox – violin, backing vocals
Linn Frøkedal – guest vocals

MAJOR PARKINSON – Facebook

Red Ring – Dark Light

Melodia, groove rock, grinta metallica e qualche atmosfera dark, ecco la ricetta per un album esplosivo, seguendo a tratti (con l’opener Drowning) la strada tracciata dagli ultimi Lacuna Coil, per poi deviare al primo incrocio e trovare la propria via.

Da anni l’Italia sfoggia una scena rock alternative molto interessante, proponendo da nord a sud ottime realtà che vanno dall’hard rock moderno e groovy al rock alternativo dall’impatto melodico e pregno di umori diversi ma ben assemblati in album che, guardando spesso aldilà dell’Atlantico, regalano ottima musica rock.

Melodia, groove rock, grinta metallica e qualche atmosfera dark, ecco la ricetta per un album esplosivo, seguendo a tratti (con l’opener Drowning) la strada tracciata dagli ultimi Lacuna Coil, per poi deviare al primo incrocio e trovare la propria via..
Questo in poche righe è quello che troverete in Dark Light, secondo album dei marchigiani Red Ring, licenziato in questo scorcio d’autunno dalla Volcano Records.
Attiva dal 2007 con il nome di Last Minute, cambiato in quello attuale nel 2013 e con un debutto (Knock Out) uscito due anni fa, la band si ripresenta sul mercato con questo buon lavoro, alternativo ed altamente melodico, non solo per la splendida voce della singer Elisa Goffi, ma anche per l’approccio radiofonico, che non fa sicuramente mancare la giusta grinta ma si concede refrain e chorus dall’ottimo appeal, sempre in bilico tra forza e delicata armonia.
Ne esce un lavoro che tocca da subito le corde giuste di chi riempie le sue giornate musicali con la musica delle radio rock nazionali, affascinante e duro il giusto specialmente nelle ritmiche dal buon groove (Best Wishes) e tenendo sempre la tensione ad un livello consono per sorprendere con brani dal piglio drammaticamente metallico (Escape).
La produzione, che va di pari passo con la musica, esplode potente e cristallina, valorizzando non poco i brani presenti, ed un songwriting che non ha cadute, mantenendo alto il livello dei brani per poco più di mezzora (scelta giusta) di rock davvero ben eseguito, sono le virtù principali di un lavoro che piace fino all’ultima nota della bellissima e conclusiva Is There Still Time?.
Dark Light, se spinto a dovere, potrà regalare molte soddisfazioni al gruppo marchigiano, rivolgendosi senza dubbio ai rockers del nuovo millennio ai quali va il consiglio di non farselo sfuggire.

Tracklist
1. Drowning
2. In your veins
3. If you didn’t exist
4. Is this life?
5. No regret
6. Best whishes
7. Escape
8. You are here
9. Is there still time?

Line-up
Elisa Goffi – Voice,
Edoardo Sdruccioli – Bass Guitar
Juri Cucchi- Drums
Davide Landi – Rhythm Guitar
Giacomo Lanari – Lead Guitar

RED RING – Facebook

The Adicts – And It Was So !

Non si può resistere a questa melodia, a questa bellezza che permea da sempre le note suonate dai questo gruppo inglese: arrendersi ai The Adicts è sempre dolce, quando senti quei giri di chitarra, quei cori da urlare sotto al palco o in una serata balorda al pub.

Quando un gruppo punk rock torna dopo cinque anni dall’ultimo disco, è in giro dal 1975 e ha pubblicato il primo bellissimo disco nel 1981, hai il fondato timore che ascoltando il nuovo disco nulla sia come prima, o che la band in questione stenti.

Invece, quando comincia la musica, entra la voce di Monkey, tornano quelle antiche e belle sensazioni che hai sempre avuto quando ascoltavi i The Adicts, uno dei maggiori gruppi punk di sempre, ma soprattutto l’unico ad avere quel particolare impasto sonoro tra voce e strumenti, quella melodia unica. La magia è tornata, i The Adicts sono nuovamente fra noi in forma smagliante, e ciò lo si ascolta chiaramente nelle tracce di questo disco, sempre particolare come sono tutti quelli di questo gruppo di Ipswich che molti considerano questo troppo sconosciuto rispetto al suo valore e alla bellezza degli album, ma bisogna anche dire che si tratta di un qualcosa di non facile comprensione per il fan medio del punk rock inglese. Questi ragazzi del Suffolk hanno sempre fatto di testa loro, introducendo anche strumenti estranei fino a quel momento all’estetica punk, come i bonghi, le fisarmoniche ed altro, e poi hanno sempre portato avanti un discorso musicale che pone al di sopra di tutto la melodia e un certo surrealismo sia visivo che musicale. I drughi hanno colpito ancora una volta il bersaglio grosso, pubblicando un disco molto bello e vario, con una grande libertà e gioia di composizione. I The Adicts si sono divertiti a scrivere e a registrare And It Was So !  e tutto ciò viene fuori durante l’ascolto, che è molto piacevole. Molto forte la loro carica surreale fin dalla prima traccia Picture The Scene, dove dicono spesso che nulla è reale, e questo è un loro credo convinto. Con questo gruppo non vi è mai nulla di definito o di incontrovertibile, ci si diverte e il punk rock viene usato per raccontare storie, anche politiche, ma senza la pesantezza e la mancanza di ironia di certe band. Inoltre il disco consente molti soddisfacenti ascolti, perché ha parecchi elementi di diversità tra una traccia e l’altra. Non si può resistere a questa melodia, a questa bellezza che permea da sempre le note suonate dai questo gruppo inglese. Arrendersi ai The Adicts è sempre dolce, quando senti quei giri di chitarra, quei cori da urlare sotto al palco o in una serata balorda al pub. Sempre immensamente drughi.

Tracklist
1. PICTURE THE SCENE
2. FUCKED UP WORLD
3. TALKING SHIT
4. IF YOU WANT IT
5. GOSPEL ACCORDING TO ME
6. GIMME SOMETHING TO DO
7. LOVE SICK BABY
8. AND IT WAS SO
9. DEJA VU
10. I OWE YOU
11. WANNA BE
12. YOU’LL BE THE DEATH OF ME

Line-up
Monkey – Vocals & Chop Sticks
Pete Dee – Lead Guitar
Kid Dee – Drums
Little Dave – Bass

THE ADICTS – Facebook

Mindfeels – XXenty

XXenty continua la missione intrapresa dai Mindfeels e ci regala quasi un’ora di musica delicatamente rock, raffinata ed elegante, mai sopra le righe sotto l’aspetto della grinta e tenuta a freno da una melodia che rifugge la banalità, perfettamente incanalata in un genere che dona emozioni ad ogni passaggio.

I Mindfeels sono un’altra notevole realtà nostrana che si affaccia sulla scena melodica grazie alla Art Of Melody/Burning Minds ed XXenty è il loro secondo lavoro, successore del debutto autoprodotto licenziato sotto il monicker Dejanira e che vedeva al microfono la cantante Raffaella Miani.

Dopo alcuni anni ed alcune importanti novità come un contratto discografico, un nuovo protagonista dietro al microfono, con Davide Gilardino a prendere il posto della Miani, e il cambio di monicker in Mindfeels, la band biellese taglia il traguardo del secondo album, sempre all’insegna di un rock melodico dal sound debitore degli storici Toto e pregno di sfumature West Coast, la principale fonte d’ispirazione.
XXenty continua la missione intrapresa dal gruppo e ci regala quasi un’ora di musica delicatamente rock, raffinata ed elegante, mai sopra le righe sotto l’aspetto della grinta e tenuta a freno da una melodia che rifugge la banalità, perfettamente incanalata in un genere che dona emozioni ad ogni passaggio.
Quando il genere si fa adulto riesce a far sognare e l’ascoltatore si ritrova a viaggiare sullo spartito di brani dall’appeal straordinario come l’opener Don’t Leave Behind, il primo singolo e video Soul Has Gone Away, la superba ed ipnotica Speed, la delicata These Words e Fear, brano da arena rock sorretto da chitarre più arrembanti e un andamento leggermente più ombroso.
La prova dei musicisti è del giusto livello per rendere l’album un’opera imperdibile per gli amanti del rock melodico influenzato dalla scena West Coast e, a conferma di ciò, nella versione in cd compare una nota introduttiva di Kenneth Bremer, caporedattore del noto portale internazionale Blue Desert.

Tracklist
01. Don’t Leave Me Behind
02. Soul Has Gone Away
03. Hidden Treasures
04. The Joker
05. Skyline
06. Speed
07. These Words
08. Fear
09. It’s Not Like Dying
10. Touch The Stone
11. The Number One

Line-up
Davide Gilardino – Lead & Backing Vocals
Luca Carlomagno – Guitars, Keyboards & Violin
Roberto Barazzotto – Bass
Italo Graziana – Drums
Special Guest :
Christian Rossetti – Keyboards

MINDFEELS – Facebook

Stairs Of Life – The Man In A Glass

Un rock che spazia tra vari generi, a tratti sfiorando la musica d’autore, sempre velato di melanconia dark e per questo vicino alle nuove leve della musica progressiva, meno legate al tecnicismo e più aperte a soluzioni emozionali ed intimiste.

Progressive rock moderno e alternativo, ormai non più così originale come qualche anno fa, ma molto suggestivo e drammaticamente dark.

The Man In A Glass è il debutto in formato ep dei nostrani Stairs Of Life, gruppo attivo nella capitale da qualche anno e ora sul mercato grazie alla Sliptrick Records.
Un rock che spazia, dunque, tra vari generi, a tratti sfiorando la musica d’autore, sempre velato di melanconia dark e per questo vicino alle nuove leve della musica progressiva, meno legate al tecnicismo e più aperte a soluzioni emozionali ed intimiste.
Meno metal di quello che ci si poteva aspettare, il sound del gruppo romano si incupisce e, dolcemente intriso di disperata malinconia, porta con sé quel male di vivere e storie al limite raccontate con buona padronanza della materia che nella musica degli Stars Of Life si traduce in atmosfere e sfumature progressivamente tinte di grigio, colore dell’anima di chi usa l’alcol (The Man in the Glass) per sfuggire alla realtà, di chi perde una persona amata (You Are Gone) o chi è costretto ad interpretare un ruolo non suo per affrontare la vita di tutti giorni (The Mask).
La musica della band segue quindi il mood oscuro e melanconico del progressive moderno e dai rimandi alternativi, quindi le ispirazioni del gruppo vanno dai Porcupine Tree agli ultimi Anathema, passando per le classiche influenze pinkfloydiane.
The Man In A Glass è un buon esordio e se il genere è presente nelle vostre corde, vi saprà regalare una ventina di minuti di musica raffinata ed emozionante.

Tracklist
01. Mask
02. The Man In A Glass
03. You Are Gone
04. Our Lady Of Grace

Line-up
Luca Aldisio – Vocals, Acoustic Guitar, Flute
Alessio Erriu – Electric Guitar
Giordano Maselli – Bass, Keyboards, Synth
Fabio Vitiello – Drums

STAIRS OF LIFE – Facebook

Tarja – From Spirits and Ghosts (Score for a Dark Christmas)

Torna Tarja con un album di cover dedicato ad alcuni canti natalizi in una versione dark e malinconica che rispecchia il lato più triste delle festività natalizie, quello delle persone sole e sfortunate.

Torna Tarja Turunen, la divina tra le cantanti dal taglio operistico che si sono affacciate ormai da un po’ di anni sul panorama metal internazionale.

La splendida vocalist finlandese è sicuramente la più famosa e probabilmente la più brava almeno, quando la sua voce intona note classiche ed il suo fascino riempie di sfumature raffinate ed eleganti il mondo che le gira intorno, dalla musica all’aspetto visivo.
L’avevamo lasciata lo scorso anno con il metallico The Shadow Self, lavoro sulla lunga distanza che metteva in primo piano l’anima più grintosa della musica prodotta da quando, nel lontano 2005, lasciò i Nightwish al loro destino.
Tanto successo continua ad avere il gruppo di Tuomas Holopainen, ma altrettante soddisfazioni regala la carriera solista alla Turunen, con un contratto ben saldo con la major earMusic, ottimi musicisti che gravitano intorno alla cantante, compositrice ed autrice ed il suo entourage.
Questa volta, con il solo aiuto dell’orchestra, la cantante finlandese coverizza undici brani a sfondo natalizio, sottoponendo queste canzoni ad una trasformazione in oscure ballate orchestrali con le quali la Turunen esplora il lato nostalgico e melanconico delle festività natalizie, quello delle persone sole, ancora più disperate nel mezzo dell’atmosfera gioiosa del periodo.
Ne esce un album dall’approccio dark ed intimista, che la musica prodotta dall’orchestra accentua nella sua vena tristemente romantica e molto simile per impatto ad una colonna sonora.
Ed infatti l’album è stato prodotto dalla stessa Tarja assieme al compositore di colonne sonore e vincitore di Emmy Jim Dooley ed il produttore inglese Tim Palmer, già al lavoro con Pearl Jam, U2 e David Bowie: questo spiegamento di talenti ha prodotto un’opera suggestiva, perfettamente in grado di regalare emozioni anche se gli ascolti di chi si approccia all’album sono sicuramente più duri.
Oltre all’inedito Together, sono proprio i brani più conosciuti come Amazing Grace, O Tannenbaum, What Child Is This e la conclusiva We Wish You A Merry Christmas che ne escono stravolti dall’atmosfera dark/melanconica ad essi conferita, con la Turunen calata perfettamente in un angelo dark dalla splendida ugola.
Un’opera che risulta imperdibile per i fans della soprano finlandese, ormai non solo protagonista nella scena metal internazionale, ma artista completa e conosciuta anche a chi non ascolta abitualmente musica metal.

Tracklist
01. O Come, O Come, Emmanuel
02. Together
03. We Three Kings
04. Deck The Halls
05. Pie Jesu
06. Amazing Grace
07. O Tannenbaum
08. Have Yourself A Merry Little Christmas
09. God Rest Ye
10. Feliz Navidad
11. What Child Is This
12. We Wish You A Merry Christmas

Line-up
Tarja – Vocals

TARJA – Facebook

Obese – Anamnesis

Una delle tante sensazioni suscitate da questo disco è il piacere di ascoltate qualcosa di veramente originale che troppo spesso ci viene negato da un’eccessiva standardizzazione.

Gli Obese sono un gruppo di blues, solo che il loro blues è pesantissimo e tocca tanti altri generi.

Il secondo disco degli olandesi Obese riesce a migliorare il primo e già ottimo Kali Yuga, uscito su Argonauta Records nel 2015. Gli Obese sono un gruppo di una potenza incredibile, riescono a rendere fisica la loro musica, dandole un peso specifico che va in tutte le direzioni, le canzoni si sviluppano in maniere inconsuete, si accomodano dentro di noi come un liquido che occupa un solido. Anamnesis è un disco che non si ascoltava da tempo nell’ambito della musica pesante, proprio perché è un assalto totale e improntato al groove, scavallando il discorso dei generi. Un grande contributo è stato sicuramente portato dal nuovo cantante Vladimir Stevic, che ha una voce da misurare in megatoni, tanta è la sua potenza ed ampiezza. Le canzoni sono battaglie di note e distorsioni, e si viene sballottati come dentro ad un bidone che cade giù da un dirupo. Ci sono momenti in cui, come in una strada immersa nella nebbia, non si sa cosa venga dopo, ma ciò che segue è sempre qualcosa di bellissimo. Una delle tante sensazioni suscitate da questo disco è il piacere di ascoltate qualcosa di veramente originale che troppo spesso ci viene negato da un’eccessiva standardizzazione. Anche la produzione fa una parte importante perché riesce a cogliere al meglio questo suono fortemente originale ed abrasivo. Psichedelia, blues, stoner, psot metal, rock, e tanto tantissimo altro, ma soprattutto un qualcosa di fortemente strutturato e nuovo. Un disco che è un’esperienza sonora vera e propria.

Tracklist
1. Agony
2. Dunderhead
3. Mother Nurture
4. Anthropoid
5. Human Abstract
6. Ymir
7. Behexed
8. Psychic Secretion

OBESE – Facebook

Blues Pills – Lady In Gold Live In Paris

Live CD e DVD per i Blues Pills, immortalati sul palco del Le Trianon di Parigi a supporto dell’acclamato Lady In Gold uscito lo scorso anno.

I Blues Pills non sono certamente nuovi ad uscite live e la loro carriera, che vede all’attivo solo due lavori sulla lunga distanza( il debutto omonimo uscito nel 2014 e l’ottimo Lady In Gold dello scorso anno), viene ora arricchita da questa nuova uscita , la quarta dopo Live At Rockpalast (2014), Live At The Freak Valley Festival e Blues Pills Live (2015).

La novità sta nel supporto DVD che per Lady In Gold Live In Paris accompagna l’uscita in CD e LP dell’ennesima opera live del gruppo capitanato dall’affascinante musa Elin Larsson.
Registrato il 30 ottobre 2016 a Le Trianon di Parigi, il concerto immortala la band nel momento più importante della sua ancora breve apparizione nel mondo della musica rock con la seconda uscita per il colosso Nuclear Blast, un album che ha avuto ottimi consensi conquistandosi le preferenze dei fans dell’hard rock.
Sempre di rock vintage si tratta, psichedelico, pregno di blues che dal vivo risulta ovviamente più ruvido e selvaggio, e quel tocco soul che ricama qualche brano dell’ultimo lavoro.
La tracklist ha nelle tracce dell’ultimo lavoro il suo punto di forza, anche se non sfigurano certo quelle del primo album, più hard rock rispetto al suo fortunato successore, come High Class Woman e Devil Man due delle canzoni più belle scritte dalla band fino ad oggi.
I musicisti assecondano la straordinaria voce della Larsson (dal vivo più ruvida e convincente) con una buona prova d’insieme creando, come a tratti si evince in studio, un’atmosfera da jam settantiana e psichedelica che risulta il punto di forza dei Blues Pills.
Il supporto video conferma le ottime impressioni lasciate dall’ascolto del CD con un dettaglio che, a mio parere, va evidenziato: scordatevi le sirene hard blues perdenti e tossiche alla Janis Joplin, perché la cantante svedese ci regala un’interpretazione tra lustrini e paillettes e, bravissima e bellissima, si rivela l’opposto dei suoi compagni, calati, anche nel look, nell’atmosfera freak dell’opera.
Lady In Gold Live In Paris è per i fans dei Blues Pills un acquisto obbligato proprio perché, come già scritto, immortala la band nel suo momento migliore.

Tracklist
1. Lady In Gold
2. Little Boy Preacher
3. Bad Talkers
4. Won’t Go Back
5. Black Smoke
6. Bliss
7. Little Sun
8. Elements And Things
9. You Gotta Try
10. High Class Woman
11. Ain’t No Change
12. Devil Man
13. I Felt a Change
14. Rejection
15. Gone So Long

Line-up
André Kvarnström – Drums
Zack Anderson – Bass
Elin Larsson – Vocals
Dorian Sorriaux – Guitar

BLUES PILLS – Facebook

Monkey Onecanobey – Moco

Questo è il debutto di qualcosa che potrebbe essere di grande importanza per la musica italiana del sottobosco, ma che intanto è un piacere da ascoltare e da godere.

Il giovane duo spoletino dei Monkey Onecanobey è un qualcosa che non avete mia visto né sentito.

Sav e Phil sono amici fin dall’asilo, il primo suona la chitarra e canta, il secondo è un magistrale beatboxer, sì proprio quei moderni menestrelli che fanno il ritmo della batteria con la bocca: insieme fanno un blues così blues che parte dal cuore ed arriva fino al cervello. La formula sonora è pressoché inedita, e se ci pensa è un qualcosa di davvero atavico e semplice, ma farlo bene non è così facile. I due sono arrivati a suonare insieme dopo aver percorso sentieri differenti nella musica, e non si divertivano nemmeno tanto: poi Phil ha conosciuto l’opera del beatboxer inglese Dave Crowe, e da lì è partita questa fantastica avventura, Strange Days canterebbero i Doors. La voce di Sav è molto calda e ti entra dentro, inoltre con le sue vibrazioni riesce a fare diversi registri stilistici, anche se qui il blues, nel suo senso auemtico,  permea il tutto. Ascoltando questo caldo impasto sonoro si viaggia in diversi posti, dal deserto grazie a linee di chitarra e a suggestioni care a Kyuss e compagnia varia, a cose più particolari come i White Stripes più blues, o i primi Black Keys, anche se qui l’atmosfera generale è più psichedelica e potente, come un sogno che si trasforma in trip o viceversa. Si viene trasportati dalla forte carica di questo particolare incrocio musicale, e la nostra mente viaggia dolce. Il beatbox è fatto benissimo, ed è una delle cose che grondano più blues che possiate incontrare. Il risultato è un disco con parecchi elementi innovatori e soprattutto una cifra stilistica unica ed originale. Questo è il debutto di qualcosa che potrebbe essere di grande importanza per la musica italiana del sottobosco, ma che intanto è un piacere da ascoltare e da godere.

Tracklist
1. Evolution PlayStation
2. Philled Lungs
3. Grinning in your face
4. Route66
5. I know
6. Traintears
7. Lose your mind
8. Personal Jesus

Line-up
Filippo Lombardelli – Beatbox
Saverio Baiocco – Voce/Chitarra

MONKEY ONECANOBEY – Facebook