Vivienne The Witch – Shadowbox

Il suono delle Vivienne The Witch è semplice ma ha dentro di sé molte cose, innanzitutto una gran carica, con quella melancolia tossica tipica del grunge, che lascia appagati e spaesati proprio come una sigaretta.

Tre ragazze innamorate del grunge rock fanno un gran bel disco, che francamente mancava da un po’.

Greta, Lucrezia, e Caterina prendono come fonte d’ispirazione il grunge delle Hole, delle L7, quel periodo ruggente dove, oltre ai soliti noti, si aggiravano un sacco di gruppi validi, dal suono abrasivo, un hard rock altro che ha lasciato vividi ricordi nelle teste degli appassionati. Il suono delle Vivienne The Witch è semplice ma ha dentro di sé molte cose, innanzitutto una gran carica, con quella melancolia tossica tipica del grunge, che lascia appagati e spaesati proprio come una sigaretta. La produzione in quel di Cortona è stata giustamente un po’ spartana, ma il risultato è molto buono. Shadowbox è un disco che deve essere sentito ed apprezzato perché ha ottime elementi in tutti i suoi risvolti e, cosa ancora più importante, è molto divertente e riporta nelle nostre bocche un certo gusto che chi l’ha assaggiato una volta, sa che non può farne a meno. Le tre ladies ci sanno fare e tanto, ed è davvero un ottimo album.

TRACKLIST
1 – Strange Day
2 – A Sparkling Explosion
3 – Bad Dog
4 – Pussy Pussy Pussy
5 – Reason Why I Laugh And Cry
6 – One Step To The River
7 – Dreams And Pain
8 – Time

LINE-UP
Greta Fuso – Vocals/Guitar/Bass.
Lucrezia Peppicelli – Vocals/Guitar.
Caterina Fuso – Drums/Backing Vocals.

VIVIENNE THE WITCH – Facebook

Blodsmak – Gjennom Marg Og Bein

I norvegesi Blodsmak hanno compiuto un piccolo miracolo sonoro, poichè sono riusciti a fare un qualcosa che si può avvicinare alla strana definizione di metal pop.

I norvegesi Blodsmak hanno compiuto un piccolo miracolo sonoro, poichè sono riusciti a fare un qualcosa che si può avvicinare alla strana definizione di metal pop.

Dimenticate i Volbeat, che sono maggiormente hard rock, qui abbiamo l’uso del metal come mezzo per ottenere grandi melodie pop. A parte i miei goffi tentativi di catalogazione, questo è un gran bel disco, molto melodico ma con dei bei momenti di durezza. Per non facilitarci il compito il disco è in norvegese, anzi in nynorsk, poichè il norvegese ha due versioni ufficiali, quello vecchio e quello nuovo. Non vi starò a tediare sul perché, ma invece vorrei portare la vostra attenzione su questo bel disco pieno di ottime idee. Ci sono tanti generi in Gjennom Marg Og Bein, dal metal, all’hard rock, al folk, qualche striatura di prog e tanto altro. L’elemento più forte e preponderante è la melodia, che riesce a portare ad un ottimo livello di pathos e partecipazione diventando quasi goticamente epic. Questo disco ha sonorità diverse, molto originali, unicamente Blodsmak. Da sentire per meravigliarsi un po’.

TRACKLIST
01. Fåfengt
02. Heimsøkt
03. Under Mørke Tyrirot
04. Daud Manns Bøn
05. Finn Kvila
06. Bang Bang
07. Framandkar
08. Giljotin
09. Mørkemann
10. Høyrde Me Skål

LINE-UP
Tom Ostad: Voice, Guitar
Åsgeir Størdal: Guitar
Magnus Tveiten: Guitar
Steinar Evant: Bass
Geir Johansen: Drums

BLODSMAK n- Facebook

Stigmata – The Ascetic Paradox

Gli Stigmata viaggiano tra tutti i sottogeneri del metal, la loro musica risplende di digressioni jazzate, folkloristiche, in uno tsunami di ritmiche devastanti

Che bello viaggiare virtualmente per il mondo alla ricerca di realtà musicali che, se non fosse per la collaborazione con IYE, avrei sicuramente perso, per quanto nella mia lunga vita da appassionato di musica non abbia mai smesso di cercare e scovare band interessanti e, magari agli inizi della loro carriera, poco conosciute.

Ed ecco che, come ormai d’abitudine, mi immergo nel mondo metallico asiatico, questa volta è lo Sri Lanka ad accogliermi, paese che ha dato i natali nell’ormai lontano 1999 a questa clamorosa band che prende il nome da un album degli Arch Enemy, gli Stigmata.
Il quintetto, proveniente dalla città di Colombo, è in possesso di una nutrita discografia, iniziata nei primi anni del nuovo millennio con un ep (Morbid Indiscretion) e proseguita con tre lavori sulla lunga distanza, Hollow Dreams del 2013, Silent Chaos Serpentine del 2006, Psalms of Conscious Martyrdom del 2010 e quest’ultimo, eccellente The Ascetic Paradox.
Come avrete notato in alto a destra, il genere descritto è semplicemente metal: troppo lunga sarebbe stata la lista se fossi andato nello specifico, perché questi cinque ottimi musicisti inglobano nel loro sound praticamente tutti i generi di cui il mondo metallico è composto.
Il bello è che lo fanno con una semplicità disarmante e quello che ne esce non è un minestrone di suoni, ma un’ apoteosi di metalliche atmosfere devastanti, ipertecniche, progressive, potenti, drammatiche ed assolutamente originali nel loro saltare da un genere all’altro.
Partendo da una base sonora che si avvicina terribilmente ai Nevermore più progressivi (anche per la voce spettacolare del singer che ricorda non poco quella di Warrel Dane), gli Stigmata viaggiano tra tutti i sottogeneri del metal, la loro musica risplende di digressioni jazzate, folkloristiche, in uno tsunami di ritmiche devastanti: le sei corde valorizzano il tutto con riff e solos dalla tecnica formidabile, molte volte a velocità inaudita.
I testi di denuncia politico, sociale e religiosa sono interpretati con toni tragici e drammatici da Suresh de Silva, vocalist sontuoso, dotato di una personalità debordante così come l’album, che risulta un’opera fuori dal comune.
Tra i solchi di questi otto brani, lunghi ed articolati, tutti d’ascoltare, ma guidati dalla progressiva Rush Through The Twilight Silver Slithering Stream e dalla conclusiva suite estrema, di ben oltre tredici minuti, And Now We Shall Bring Them War!, troverete ad aspettarvi Nevermore, Death, Cynic, Tool, Arch Enemy, Pestilence, Dream Theather, Rush e molti altri, uniti in questo stupendo affresco metallico al secolo The Ascetic Paradox.

TRACKLIST
1. Our Beautiful Decay
2. An Idle Mind is The Devil’s Workshop
3. Stillborn Again
4. Rush Through The Twilight Silver Slithering Stream
5. Calm
6. Axioma
7. Let The Wolves Come & Lick Thy Wounds
8. And Now We Shall Bring Them War!

LINE-UP
Suresh de Silva – Vocals, Lyrics
Tennyson Napoleon – Rhythm Guitar
Andrew Obeyesekere – Lead Guitar
Lakmal Chanaka Wijayagunarathna – Bass Guitar
Roshan Taraka Senewirathne – Drums

STIGMATA – Facebook

Arcana 13 – Danza Macabra

Il disco è bello ed è composto e suonato molto bene, rendendo ottimamente atmosfere che gli appassionati dell’horror, specialmente italiano, amano particolarmente.

Ambizioso e riuscito tentativo di coniugare l’horror di Fulci ed Argento alla musica occulta degli anni settanta. Otto tracce ispirate da otto film diversi per portarci in uno spazio ed in un tempo diversi.

Gli Arcana 13 sono al debutto ma i componenti del gruppo sono dei capitani di lunga ventura, Simone Bertozzi ha suonato e scritto per i Mnemic, Andrea Burdisso è il cantante dei grandissimi Void Of Sleep, Filippo Petrini ha suonato con gli Stoned Machine e Luigi Tarone è un batterista da più di venti anni e si sente. Il suono degli Arcana 13 è molto piacevole e variegato, anche se si muove principalmente nell’ambito del rock anni settanta, lato doom in quota Pentagram e, ovviamente, con riferimenti sabbatiani. Questi musicisti sanno suonare, ma soprattutto hanno gusto e riescono nella difficile missione di musicare un certo immaginario horror, che negli ultimi anni è stato in parte dimenticato. Tutto funziona, a partire dalla copertina di Enzo Sciotti che ha dipinto locandine di Fulci, Argento e Bava, ovvero la triade ispiratrice degli Arcana 13.
Il disco è bello ed è composto e suonato molto bene, rendendo ottimamente atmosfere che gli appassionati dell’horror, specialmente italiano, amano particolarmente.

TRACKLIST
1. Dread Ritual
2. ArcaneXIII
3. Land of Revenge
4. Oblivion Mushroom
5. Suspiria (Goblin cover)
6. Blackmaster
7. The Holy Cult of Suicide
8. Hell Behind You

LINE-UP
S.Bertozzi – Vocals, Guitar
A.Burdisso – Vocals, Guitar
F.Petrini – Bass
L.Taroni – Drums

ARCANA XIII – Facebook

Faida – Faida

Si è rimandati in un’epoca nella quale i dischi nu metal facevano male davvero, quando non erano fatti per commiserare la perdita di una donna o del cane, bensì per liberare positivamente la nostra rabbia.

Negli ascolti distratti che facciamo ogni giorno nello sfruttamento in streaming della musica, detto senza condanne, spesso può sfuggire qualcosa ed io mi ero perso questo gran disco, questo gran calcio in faccia da Venezia.

Qui trovate groove metal, o crossover, comunque cattiveria come nei bei dischi nu metal di qualche anno fa, quando l’incazzatura si congiungeva carnalmente con il groove e ne scaturivano grandi cose.
I Faida nascono a Venezia da reduci dalle più diverse esperienze passate, dai Sir Oliver Skardy & Fahrenheit 451, ai Cappellaio Matto o Sanakioplatz, accomunati dal voler fare musica potente ed incazzata. Obiettivo pienamente raggiunto con questo disco inciso nel giro di due anni ed uscito a ridosso del 2016. Ascoltandolo si è rimandati in un’epoca nella quale i dischi nu metal facevano male davvero, quando non erano fatti per commiserare la perdita di una donna o del cane, bensì per liberare positivamente la nostra rabbia. E i Faida danno solo grandi sensazioni, per tutta la lunghezza del disco. Personalmente lo sto risentendo ancora ed ancora, gasato come quando usciva il nuovo dei Soulfly, per dire.

TRACKLIST
1.Pimpin’
2.Herbalize
3.Outer Space
4.Aparentar (ft. Cuentas Claras from Cuba)
5.Nirvana
6.Soul cleaned
7.Destroy
8.No job
9.Not enough
10.The lumberjack

LINE-UP
Alessandro Numa
Fabio Giaggio
Giuliano Da Re
Igor Di Cataldo

FAIDA – Facebook

Harm – Devil

Gli Harm ci fanno compiere una cavalcata devastatrice, dandoci divertimento ma anche quella carica e quell’intrattenimento tipici del migliore thrash metal

Questa è più di una ristampa per questo lavoro del 2006, essendo a tutti gli effetti una riedizione in doppio cd, poiché contiene un artwork differente e anche delle canzoni in più.

Gli Harm sono un gruppo norvegese di thrash con forti inserti death, ma cosa più importante non lasciano mai tregua, e questo disco è un autentico massacro, fa ondeggiare la testa avanti ed indietro in maniera compulsiva. Il loro suono è trash che va oltre i canoni del genere, poiché l’impasto sonoro degli Harm, oltre che essere molto curato, è ben più potente della media dei gruppi thrash. Ascoltando Devil si può facilmente capire quale sia stato il motivo della riedizione, poichè nel suo piccolo è un capolavoro di questo genere. Gli Harm ci fanno compiere una cavalcata devastatrice, dandoci divertimento ma anche quella carica e quell’intrattenimento tipici del migliore thrash metal, che è un genere difficile da fare bene e gli Harm lo sanno decisamente fare.

TRACKLIST
1. Aggression
2. Backfire
3. Kvalt
4. Devil
5. Harm Unleashed
6. Burn
7. Reflection
8. Planet God
9. Rolling the Dice
10. Instinctive, Reflex, Revenge
11. Intense Replication of Me (previously unreleased version)

Disc 2
1. Planet God
2. Harm Unleashed
3. Piercing Screams
4. Intense Replication of Me
5. Reflection
6. Twisted Metal Coffin
7. Rolling the Dice
8. Electric Hatred
9. Falling Star (previously unreleased)
10. Misery Fields (previously unreleased)

LINE-UP
Steffan Schulze – Bass/Vocals/Guitar.
Nicolay Johnsen – Lead Guitar.
Kevin Kvaale – Drums

HARM – Facebook

https://www.youtube.com/watch?v=VtcsoHa2aAM

Krobos – Path

Le sette canzoni sono un assaggio di quella che potrebbe essere una grande carriera.

In breve il disco di debutto dei veneti Krobos si potrebbe definire metal per menti ed orecchie aperte, dato che questi ragazzi hanno fondato un gruppo per fare musica senza restrizioni.
Nel loro suono si possono trovare svariati generi, ma ogni canzone fa storia a sé. Le sette canzoni sono un assaggio di quella che potrebbe essere una grande carriera.
Tutto qui è frutto di talento, ascolti disparati e tanta voglia di divertire e divertirsi facendo quello che pare loro. E lo fanno molto bene, tanto che ogni canzone si presta a diverse interpretazioni, come detto sopra.
Ognuno dovrebbe sentire i Krobos e farsi la propria idea, ma sappia che nel farlo gli verrà molto spontaneo muoversi e togliersi le incrostazioni di tanti ascolti quasi parassitari, mentre questa è materia che si muove molto e molto veloce.

TRACKLIST
1. Falling up
2. Around You
3. Like Pricks on a Mission
4. A Gun is way easier to have than a right
5. Path
6. Opportunities
7. Bruised

LINE-UP
Ste: Drums
Niloo: Bass
Lodo: Guitar
Teo : Voice

KROBOS – Facebook

Pulse-R – Across The Sky

Il nuovo lavoro dei Pulse-R è un’opera imperdibile per gli amanti dei suoni alternative più maturi e progressivi

Ecco a voi un album per il quale l’etichetta alternative non viene usata a sproposito, o meglio non sta ad indicare il solito rock americano con reminiscenze grunge, ma risulta alternativo proprio nella sua natura molto originale e fuori dagli schemi.

Across The Sky, vede il ritorno di Gabriele Bellini, dopo il bellissimo Acoustic Spaces di qualche mese fa, con questa ottima creatura che del metal/rock sperimentale fa il suo credo.
La band muove i primi passi nel 2011, quando il primo full length omonimo viene licenziato per la New Idols records, raccogliendo in sé una manciata di musicisti di provata esperienza e che formano un gruppo compatto, con il fiore all’occhiello rappresentato dalla sei corde del chitarrista nostrano.
L’ep Pull Me Down, segue di poco il disco d’esordio, da qui passano tre anni, dove, nel frattempo Bellini fonda la Qua’ Rock Records, etichetta che licenzia questo nuovo lavoro, che vede il ritorno in pista del gruppo toscano.
Accompagnata dall’eclettico vocalist Giacomo Salani, dal basso di Vieri Pestelli e dalla batteria di Michel Agostini, la sei corde di Bellini impazza in questo turbinio di suoni metal/rock, non il classico album di sola esposizione della sei corde, sia chiaro, ma un ottimo esempio di musica rock moderna a 360°, dove la chitarra sperimenta, trascina e travolge, seguendo parallelamente le soluzioni ritmiche e vocali che si affacciano lungo l’ascolto di Across The Sky.
Si vola alto tra lo spartito del gruppo in questa raccolta di brani che hanno nel suo dna la voglia di stupire, passando con disinvoltura tra partiture alternative a passaggi progressivi, da toni molto, ma molto vicini al new metal più colto, non lasciando indietro neppure il più puro rock.
Bravissimo Salani nel saper modulare la sua voce ed adattarla agli umori di un songwriting così vario e nervoso, mentre la sezione ritmica da saggio di una bravura disarmante nei moltissimi cambi di tempo ed atmosfere, coinvogliate in songs di spessore come le varie, Escape, Breathing In, Changes e Fears Away.
Tanta carne al fuoco, generi e band chiamate in causa dal gruppo. dotato di una personalità enorme, che si intrecciano, vengono alla luce, ed in un’attimo spariscono nell’ombra, vittime del gioco musicale dei Pulse-R, che con il rock degli ultimi venticinque anni ci scherzano, aiutati da un talento smisurato.
Across The Sky è tutto questo e se volete dei nomi, pensate cosa potrebbe suonare una band che racchiude i suoni di System Of A Down, Soundgarden e Faith No More in un contesto progressivo e sperimentale.
Ancora un’opera notevole da parte del chitarrista nostrano, il nuovo lavoro dei Pulse-R è imperdibile per gli amanti dei suoni alternative più maturi e progressivi.

TRACKLIST
1.Escape
2.Breathing In
3.Different Souls
4.Life
5.Changes
6.Across The Sky
7.Side Of The Road
8.Fears Away
9.Never

LINE-UP
Giacomo Jac Salani – Vocals
Gabriele Bellini -Guitars
Vieri Pestelli – Bass
Michel Agostini- Drums

PULSE-R – Facebook

Portrait Of A Murder – Portrait Of A Murder

Possente creatura musical – mefitica da Torino, con un death metal fortemente hardcore e con tanto groove pesante.
Questo disco non è certamente fuori tempo massimo, poiché i dischi ben fatti e con passione non seguono mode o altri momenti, ma ci sono sempre a ricordarci che il metal mena forte.

I Portrait Of A Murder sono ciò che dice il nome, la raffigurazione in musica del nostro lato oscuro, la storia di serial killers, che poi erano quelli che si sedevano di fianco a noi in autobus, o addirittura sono dentro di noi.
Il disco è beatamente claustrofobico, pesante e con tante mazzate. Il loro suono ha sicuramente origini ben precise, ma a me per freschezza e tangibilità fisica mi ricorda molto i Gojira, per quell’impasto sono che picchia fortemente e che non ti lascia scampo.
Vi sono anche aperture sonore invidiabili, sia per melodia che per potenza, e che contribuiscono a fare di questo disco una delle migliori uscite metal italiane di questo 2015.
Molto lo si deve anche alla produzione di Mimmo ” Pentothal ” Musto che ha reso ancora migliore questo ep.
L’ingrediente principale di questo disco è il disagio, e il metal è uno dei codici più adatti a cantare le storie che non vorremmo nemmeno pensare.
Gran debutto davvero.

TRACKLIST
1.Zombie
2.Pandora
3.Relentess
4.Jeffrey
5.Black Widow

LINE-UP
Alessio – Vocals
Luca – Bass
Davide – Drums
Alfred – Guitar

PORTRAIT OF A MURDER – Facebook

https://www.youtube.com/watch?v=H1RQKQ1mJic

Police State – Mind Collapse

Un gran bel compendio di musica violente, in quasi tutte le sue sfumature.

Band da York, Pennsylvania, attiva dal 2013, fautrice di una musica violenta ed incazzata, tra powerviolence, crust ed hardcore.

I pezzi volano via con violenza uno dietro l’altro, intervallati da furiosi stacchi che impreziosiscono il tutto.
Non c’è granché da gioire in questo mondo ed anche l’ottimismo sembra davvero fuori luogo, e quindi fare musica come i Police Rot è quasi un dovere andando contro ciò che noi chiamiamo civiltà. I testi parlano degli orrori che vediamo quotidianamente, dalla violenza poliziesca, alla violenza di genere e tutte le nostre brutture.
Un gran bel compendio di musica violente, in quasi tutte le sue sfumature.

TRACKLIST
1.Life
2.I Only See Hate
3.Burner
4. Beneath Me
5.Distraught Mind
6.Fields of Green
7.God Body
8.Transition
9.Filthy Eyes
10.Fall of Man

LINE-UP
Kasey- Bass/Vox
Cole- Guitar/ Vox
Matt- Drums

Atrorum – Structurae

Gli Atrorum sono sorpendenti nel loro mescolare aperture ariose e lievi a passaggi decisamente massicci e grumosi, l’ascoltatore viene in alcuni momenti completamente spiazzato da momenti schizofrenici

Quando ascolti un disco come questo, la prima azione da compiere è aprire la mente. Mi spiego meglio: “aprire la mente” in questo caso significa porsi nella disposizione d’animo più ricettiva possibile, eliminare pregiudizi, preconcetti, il rapporto predeterminato tra vista ed udito e lasciarsi coinvolgere in un’opera che trattasi di un dipanarsi di stanze musicale concettualizzate in profondi rapporti di passaggio tra influenze stilistiche varie, disparate, spesso antipodiche ma amalgamate con sapienza, logica e rigore.

Gli Atrorum sono un duo proveniente da Monaco, in Baviera, attivo dal 1998, alla loro terza prova ufficiale. Non musicisti di primo pelo, quindi, ma elementi attivi dell’underground bavarese da quasi venti anni; l’esperienza maturata negli anni emerge tra le note di questo Structurae: un edificio musicale costruito con pazienza e professionalità, in cui in un universale impronta progressive marezzata di black metal sinfonico proprio di Dimmu Borgir e Borknagar, fa variegatura un impianto digitale disturbante, figlio (o nipote) del kraut-rock geograficamente legato agli Atrorum ed individuabile in reminiscenze che ricordano i primi Aborym.
Sorprendenti nel loro mescolare aperture ariose e lievi a passaggi decisamente massicci e grumosi, l’ascoltatore viene in alcuni momenti completamente spiazzato da momenti schizofrenici popolati di partiture free-jazz, come nella sorprendente Amapolas o nell’onirico confluire jazzistico del pianoforte in Menschein.
Fiore all’occhiello di questa produzione risulta il lucidissimo lavoro di postproduzione, in cui ogni velo di caratteristica strumentistica viene esaltato e reso nitido; ulteriore punto di merito è la meravigliosa impronta artistica e culturale degli Atrorum che hanno, in questo Structurae esaltato le loro composizioni poetiche con un songwriting in sette lingue diverse: inglese, francese, tedesco, russo, spagnolo, latino e greco per esplorare concettualmente la struttura e la capacità razionale e non della mente umana.

TRACKLIST
1.Menschsein
2.Große weiße Welt
3.Amapolas
4.Ψαλμός
5.Camouflage
6.Verfugung
7.Équipartition
8.Regnum Caelorum

LINE-UP
Umbra
Vatros

ATRORUM – Facebook

Phlegmatic Table – Waiting For The Wolf

I bielorussi Phlegmatic Table sono autori di un moderno thrash colmo di digressioni industrial e groove: se questo è un assaggio di un prossimo full length ne vedremo e sentiremo delle belle,

Non è poi così facile convincere, ma soprattutto sorprendere, in poco più di dieci minuti, a meno che non si abbiano a disposizione talento e tecnica: i Phlegmatic Table, band proveniente dalla Bielorussia, all’esordio tramite Total Metal Records, ci sono riusciti.

Il trio, all’esordio con questo Ep intitolato Waiting For The Wolf, uscito solo in versione digitale, immette nella propia musica una valanga di idee, assemblando generi e influenze in pochi minuti e conquistando l’ascoltatore, piacevolmente frastornato dalle sorprese che la band riserva ad ogni passaggio.
C’è davvero un po’ di tutto nel sound della band: thrash metal, industrial, alternative e tanto groove, il che produce un monolite di musica estrema, concettualmente progressiva ed ottimamente suonata.
Immaginate il thrash evoluto di Coroner e Mekong Delta, a cui si aggiungano l’industrial metal dei Prong e le ritmiche marziali e groove dell’alternative di moda nel nuovo millennio, ed avrete più o meno un’idea della musica proposta dai Phlegmatic Table.
Senza dimenticare i Voivod di “Angel Rat”, la band spara liriche sarcastiche su questo ottimo tappeto di metal moderno, maturo, tenendo comunque a bada il songwriting che non dimentica mai la forma canzone, specialmente in occasione della notevole title track e dell’opener Chocolate Ice Cream.
Lasciarsi trasportare da parti jazzate che, qua e là, nobilitano ancor di più il suono è un attimo, finché il ritmo colmo di groove della notevole Dirty Shoes entra prepotentemente nelle nostre teste per cicatrizzarsi e non uscirne più.
Davvero notevoli, se questo è un assaggio di un prossimo full length ne vedremo e sentiremo delle belle.

Tracklist:
1. Chocolate Ice Cream
2. Waiting for the Wolf
3. Dirty Shoes
4. Fridge
5. Another Morning

Line-up:
Artour Sotsenko – guitars, vocals;
Vladimir Slizhuk – bass;
Paul Chaplin – drums.

Dan Deagh Wealcan – Who Cares What Music Is Playing In My Headphones?

E’ un susseguirsi di sorprese questo nuovo lavoro dei Dan Deagh Wealcan, che in poco più di trenta minuti racchiudono un’enormità di generi, creando varie atmosfere che cambiano come il clima primaverile

La Metal Scrap non si fa mancare niente nel proprio rooster: le band su cui l’etichetta ha messo lo zampino sono ottime realtà appartenenti ai più svariati generi, dal metal classico all’estremo, fino all’alternative e, come nel caso dei Dan Deagh Wealcan, all’industrial, anche se manipolato e reso originalissimo da abbondanti dosi di alternative metal, maturo e progressivo.

Il duo con cittadinanza in una delle più belle capitali europee (Mosca) nasce nel 2012 ed è al secondo lavoro: Mikhail A. Repp e Eugene “Iowa” Zoidze-Mishchenk soprendono per l’elevata qualità della loro musica, strutturata su un sound che ha, come punto di riferimento, il sound pazzoide di Trent Reznor ed i suoi Nine Inch Nalis, reso originale da una serie di spunti che chiamare geniali è dir poco e che pescano dall’alternative così come dal prog moderno, dall’industrial al metal, in un’amalgama di suoni che spaziano senza lasciare mai la strada dell’originalità.
E’ un susseguirsi di sorprese questo nuovo lavoro dei Dan Deagh Wealcan, che in poco più di trenta minuti racchiudono un’enormità di generi, creando varie atmosfere che cambiano come il clima primaverile, tuoni e fulmini, quando la band decide di aggredire, ma all’improvviso un vento alternativo spazza il cielo e la musica torna su motivi più rock/wave, rabbuiandosi all’improvviso al ritorno di forti burrasche musicali.
Bellissime Dogs In A box ed, Easy Way Long Way (progressiva, oscura, colma di cambi di tempo e allucinanti digressioni alla Primus sopra un tappeto di elettronica); Neutral Moresnet è una song estrema, i maestri Ministry fanno capolino, la voce diventa un pazzoide urlo di dolore, mentre in What Was That sono i Primus a tornare in bella mostra nel songwriting del gruppo moscovita.
In un lavoro così folle poteva mancare Devin Townsend? Baseless Hatred spara accelerazioni thrash che stravolgono ancor di più il sound e l’idea che ci eravamo fatti sulla musica del duo, continuando poi ad alternare elettronica ad alternative rock, in un turbinio di cambi di tempo ed atmosfere.
Gran bel disco, a cui bisogna dedicare un po’ di tempo per far proprie tutte le sfumature che ad ogni ascolto escono dall’opera scritta da questi due geniali musicisti, ai quali ogni tipo di etichetta sta stretta e pare sempre forzata, tanto è originale la loro proposta.

Track List:

1. Anamorphic Widesound
2. Dogs in a Box
3. Easy Way – Long Way
4. No More Than Usual
5. Neutral Moresnet
6. What Was That?
7. Baseless Hatred
8. I Killed Everything That Was Good in Me
9. Endless Apathy 03:43 Total playing time:

Mikhail A. Repp – Sound.
Eugene “Iowa” Zoidze-Mishchenko – Voice

Originale sound che mischia industrial, alternative, prog e metal è quello che ci propongono i moscoviti Dan Deagh Wealcan.

https://www.facebook.com/DanDeaghWealcan

FAKE HEROES – Intervista

Proseguiamo con la serie delle interviste alle band che sono state incluse nella compilation UMA 2015: oggi è il turno dei pescaresi Fake Heroes.

Proseguiamo con la serie delle interviste alle band che sono state incluse nella compilation UMA 2015: oggi è il turno dei pescaresi Fake Heroes.

fakeheroes

iye Intanto congratulazioni per l’avvenuto accesso alla compilation: ci raccontate in breve la storia della band?

La band nasce nel 2012 come naturale evoluzione di una “vecchia” band postgrunge: alla stessa formazione strumentale si è aggiunta una nuova voce e da lì, sulla base delle forti influenze hard rock/alternative di stampo americano, abbiamo prodotto il nostro primo EP Beyond This Glass (aprile 2012) e meno di un anno dopo il nostro primo album Divide And Rule (marzo 2013 per la tedesca Antstreet Records).
All’inizio dell’anno scorso c’è stato un cambio di line up alla batteria e i due lavori successivi (l’EP Bridge Of Leaves e l’album di prossima uscita Clouds) si sono spostati su territori piuttosto progressive/alternative con influenze djent, senza mai perdere d’occhio la base melodica che ci portiamo dietro dall’inizio.

iye Cosa vi ha spinto a partecipare al contest indetto dalla Underground Metal Alliance?

La necessità, in qualche modo, di far sentire la propria voce senza necessariamente dover investire ogni volta molti soldi. L’UMA rappresenta per noi una realtà da sostenere in un sistema in cui il normale concetto di investimento si è trasformato in un marasma in cui tutti, dal più professionale al più incapace, chiedono soldi per realizzare qualsiasi cosa/servizio.

iye Oltre a quelli più immediati, legati alla partecipazione a questa iniziativa, quali sono gli obiettivi che vi siete prefissati nell’immediato futuro?

Per quella che è la situazione odierna, soprattutto in Italia, vorremmo semplicemente avere la possibilità di farci ascoltare, davvero. Crediamo molto nel nostro album di prossima uscita e nel nostro piccolo crediamo anche di aver creato qualcosa di “diverso”, almeno per la proposta rock/metal italiana.

iye Quali sono per voi le band ed i musicisti di riferimento e per quali nomi, attualmente, varrebbe la pena oggi di fare un sacrificio per assistere ad un concerto?

All’interno della band abbiamo gusti e background parecchio diversi (come spesso accade). Diciamo che il collante che ci spinge oggi a fare musica affonda le sue giovani radici nella scena progressive metal moderna, nel djent e nel metalcore: Periphery, Tesseract, Skyharbor, Circles, Intervals. Tutti questi spunti sono stati mescolati ad altro: Dead Letter Circus, Twelve Foot Ninija … Difficile dare pochi nomi ed è forse quello che in realtà ci ha permesso di fare un primo vero lavoro personale. Per quanto riguarda i concerti ognuno ha i suoi punti di vista, ma di certo in Italia è difficilissimo poter assistere ad un concerto di molte delle band citate.

iye Suonare metal in Italia è un’impresa che porta con sé il suo bel coefficiente di difficoltà; tracciando un consuntivo di quanto fatto finora, siete soddisfatti dei riscontri ottenuti dalla band?

Possiamo dire di avere una discreta esperienza maturata live e in studio e da diverso tempo abbiamo capito che in realtà in ambito underground c’è una certa meritocrazia. Partendo da questo concetto sicuramente non ci riteniamo soddisfatti dei riscontri ottenuti ma ci rendiamo conto che gran parte della colpa è nostra. Nella vita di tutti i giorni si è presi da molte cose e se perdi di vista l’obiettivo che ti sei prefissato, qualsiasi esso sia, non arriverà mai. In Italia ci sono band che a nostro parere propongono prodotti di profilo a volte anche molto basso ma riescono a farsi sentire, a suonare live e a far girare il proprio nome perché spingono e credono molto nel progetto, facendone una priorità.

iye Per quanto riguarda invece l’attività dal vivo, anche voi avete incontrato le stesse difficoltà nel trovare date e location disponibili che molti evidenziano? Ci sarà, comunque, la possibilità di vedervi all’opera su qualche palco nel corso dell’estate?

Nel corso dell’estate sarà molto complicato. Abbiamo preso contatti con diversi festival in giro per l’Italia, ma molti quest’anno non si organizzeranno per mancanza di fondi. Con l’uscita del disco speriamo di riuscire a trovare locali disposti a condividere con noi la propria location.

iye Per finire, vi lasciamo lo spazio per fornire ai nostri lettori almeno un buon motivo per avvicinarsi alla vostra musica.

Nel nostro prossimo lavoro non c’è nulla di scontato, nulla di buttato lì al caso. Sarà come leggere dentro uno di noi, anche se in realtà siamo in 5.

FAKE HEROES – Facebook

Tristana – Virtual Crime

L’album è una gradita sorpresa, trattandosi di un metal melodico ricco di atmosfere dark ed ottime soluzioni elettroniche.

I Tristana di crimini virtuali ne hanno già commessi diversi: nati nella prima metà degli anni novanta, hanno dato vita inizialmente ad una serie di demo, arrivando all’esordio sulla lunga distanza nel 2003 con “Back To The Future”, primo di un trio di album completato con “Zircon Street” del 2010 e quest’ultimo lavoro uscito per Bakerteam.

Il nuovo album è una gradita sorpresa, trattandosi di un metal melodico, pregno di atmosfere dark ed ottime soluzioni elettroniche, prodotto benissimo e molto ben congegnato.
Si passa infatti da brani dalla marcata impronta dark wave, dove le soluzioni elettro/industrial e nu metal fanno da struttura portante alla musica della band, ad altri dove il death melodico prende il sopravvento, aggiungendo verve ed energia alle ottime soluzioni che la band inserisce a più riprese nel proprio songwriting.
Di buon impatto l’uso delle due voci (clean e growl) che crea un’alternanza di atmosfere tra violenza e melodia altamente riuscito, e sopra le righe appaiono le ritmiche, vero punto di forza dell’album, ora sincopate e potenti su binari nu metal, ora lasciate scorrere cavalcando fiere metalliche mai dome.
L’elettronica è inserita con ottimo gusto nella struttura dei brani, dando modo a Virtual Crime di piacere sia a chi che predilige sonorità metalliche, sia a chi è affascinato da soluzioni moderniste.
L’album parte alla grande con l’accoppiata Resurrection / Fallen, grintose canzoni dove l’estremismo del growl si scontra con linee melodiche dall’appeal elevato, la prima spettacolarizzata da un ottimo solo, la seconda orchestrata a meraviglia con tasti d’avorio che svariano tra sonorità classiche e moderne.
Bloody Snow è un ottimo esempio della musica della band, le ritmiche moderniste, il ritornello melodico ed il tappeto di tastiere in sottofondo creano un ibrido affascinante tra i suoni alternative e la tradizione dark wave, mantenendo intatta l’impronta metallica, motore del brano.
Stupenda Jannies’ Dying, impreziosita dalla voce e dal talento di Chiara Tricarico dei Temperance, top song dell’intero lavoro che, da qui alla fine, si mantiene comunque su ottimi livelli, offrendo un lotto di brani che, senza essere troppo originali, risultano estremamente piacevoli.
La band slovacca si avvicina al bersaglio grosso, offrendo un prodotto ottimo sotto tutti gli aspetti.

Tracklist:
1.Resurrection
2.Fallen
3.Wasted time
4.Bloody snow
5.Beg for death
6.Jannies’s dying
7.Bella donna deadly nightshade
8.Killer
9.Lost the whole life
10.Hunting fever
11.Ending (outro)

Line-up:
Peter Wilsen- vocals
Laco Krabac- bassguitar
Dusan Homer- guitar
Andrea Almasi- keyboard
Roman Elevo Lasso- drums

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Sick N’ Beautiful – Hell Over Hell

Preparatevi e andate allo spettacolo, il circo è arrivato in città!

Certo che nella capitale in fatto di metal e rock non si scherza: con ancora nelle orecchie l’industrial/street/ glam dei divertentissimi Dope Stars Inc, gruppo che se fosse straniero sarebbe idolatrato da mezzo globo, ecco che mi esplode nelle orecchie Hell Over Hell, debutto di questo fantastico combo, sempre di Roma, partito alla conquista del globo con il suo spettacolo di hard rock circense, che poi non è altro che hard rock alternativo, colmo di groove e digressioni moderne, talmente ben fatto che comincio a pensare che i Sick N’ Beautiful siano davvero di un altro pianeta.

Prodotto alla grande tra Roma e Los Angeles e licenziato dalla Rosary Lane Usa, l’album è composto da un lotto di brani divertentissimi e dall’appeal esagerato: la band capitanata dalla singer Herma, dotata di una voce sensuale, piccante e tremendamente cool, spazia tra l’hard rock stradaiolo, con bordate di groove e ritmiche industrial che accentuano i ritmi, rendendoli ambigui e ipnotizzanti; senza farsi mancare nulla, i Sick N’ Beautiful affondano il colpo, piazzando solos metallici grondanti feeling dalle corde delle due asce di Rev C2 e Lobo.
Le canzoni di questo lavoro (tredici più tre interludi elettro-atmosferici) spaziano tra l’industrial/groove di Rob Zombie e l’hard rock di matrice statunitense: il look dei protagonisti amalgama il fascino da zombie futurista dell’ex leader degli immensi White Zombie alla teatralità fantascientifica dei Kiss e del glam/horror di Alice Cooper, influenze dichiarate del gruppo, nel quale personalmente ho trovato anche molte affinità con lo Slash solista di “Beautiful Dangerous”, brano in compagnia di Fergie contenuto nel primo album del chitarrista americano, e con l’alternative dei Nymphs di Inger Lorre.
Spettacolare il singolo e primo video New Witch 666, dal solo orientaleggiante e dalle ritmiche industrial/groove poggiate su un’atmosfera da grand guignol, così come le ritmiche del basso pulsante di Sick to the Bone, che sfociano nello street metal di Bigbigbiggun, l’orchestrazione futurista di Makin’Angels, la trascinante No Sleep Till Hollywoood e la sexy Queen Of Heartbreakers.
Ancora atmosfere dal lontano oriente con Pain For Pain: il basso di Bag Daddy Ray pulsa ipnotico, così come gli interventi elettronici, mentre Gates To Midnight risulta una sorta di semi ballad, originalissima, cadenzata, ammaliante ed Hell Over Hell si avvia al gran finale con (All In The Name Of) Terror Tera, dove le ritmiche originalissime e la voce maschile, questa volta protagonista, ci stupiscono con sfumature al limite del blues, in un brano dall’andamento geniale.
Album che smuove montagne, divide oceani e provoca uno tsunami di emozioni nei corpi e nelle menti … forza gente, preparatevi e andate allo spettacolo, il circo è arrivato in città!

Tracklist:
1. March of the Scolopendra
2. Sick to the Bone
3. Bigbigbiggun!
4. Radio Siren
5. Interlude – Angel of the Lord
6. Makin’ angels
7. Kastaway Krush
8. Interlude – A Swedish Rhapsody
9. New Witch 666
10. No Sleep Till Hollywood
11. Queen of Heartbreakers
12. Pain for Pain
13. Bleed on Me
14. Gates to Midnight
15. Interlude – Pots, Pans, and Empty Green Meth Cans
16. (All in the Name Of) Terror Tera

Line-up:
Herma – Vocals
Rev C2 – Guitar
Lobo – Guitar
Big Daddy Ray – Bass
Mr.PK – Drums

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New Disorder – Straight To The Pain

“Straight To Pain” ci consegna una band al suo massimo livello ed un album che difficilmente riuscirete a togliere dal vostro lettore, una volta che si sarà fatto spazio dentro di voi.

C’è tanta carne al fuoco nel nuovo album dei romani New Disorder, il piatto che poi ci confezionano è un delizioso mix di tanti sapori che, uniti, formano una gustosa pietanza di cui sicuramente chiederemo il bis.

Ma andiamo con ordine: la band romana nasce nel 2009 e all’attivo ha due ep, “Hollywood Burns” dello stesso anno, “Total Brain Format” del 2011 ed il full length d’esordio “Dissociety”, uscito per la Revalve nel 2013.
In questi anni, vari cambi di line-up hanno lasciato il solo cantante Francesco Lattes come unico superstite della band originale: niente di male, la band rimpolpa le fila e firma per all’inizio dello scorso Agoge Records anno, che produce e distribuisce questo ottimo Straight To The Pain.
Intanto una considerazione: Francesco Lattes è un gran vocalist, la sua voce passionale, cangiante nei toni, segue in perfetta armonia gli umori di un sound difficile da catalogare e per questo molto affascinante.
Nel songwriting vivono molte personalità, la base su cui si poggia è sì un metal alternativo, ma questo viene manipolato ad uso e consumo della band che stupisce tra ritmiche core, brani dove il rock americano (diciamo post grunge? Diciamolo …) viene travolto da parti in cui il prog moderno (specie nelle ottime partiture chitarristiche) prende il sopravvento e Straight To The Pain può così spiccare il volo.
Musica adulta, matura, canzoni che, ad un primo ascolto, possono risultare difficili, ma che crescono in modo esponenziale dopo che avrete fatto vostre tutte le sfumature di questi ottimi undici brani.
Le atmosfere cambiano, dicevamo, e così si passa dal metal dai rimandi core di Never Too Late To Die, scelta come singolo, alla metallica ed in your face Judgement Day, dalla bellissima semiballad Lost In London alla violente Love Kills Anyway e alla conclusiva The Beholder, tutto con un gusto progressivo che, sommato alla grande prova del singer, fanno di questo lavoro un piccolo gioiello di rock/metal moderno.
Prodotto negli studi di Gianmarco Bellumori, Straight To The Pain ci consegna una potenziale top band ed un album davvero bello che difficilmente riuscirete a togliere dal lettore una volta che si sarà fatto spazio dentro di voi. Assolutamente da avere.

Tracklist:
1. Into the Pain
2. Never Too Late to Die
3. A Senseless Tragedy (Bloodstreams)
4. Judgement Day
5. Straight to the Pain (feat. Eleonora Buono)
6. What’s Your Aim? (Call It Insanity)
7. Lost in London
8. Love Kills Anyway
9. Bitch On My Wall
10. The Perfect Time
11. The Beholder
12. Lost in London ( acvoustic version)

Line-up:
Francesco Lattes – vocals
Fabrizio Proietti – guitar
Alex Trotto – guitar
Ivano Adamo – bass
Luca Mancini – drums

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The Way Of Purity – The Majesty Of Your Becoming

Gli undici brani in scaletta scorrono molto piacevolmente esibendo un’anima elettronica che non chiude del tutto la porta alla base metallica della band.

Ai The Way Of Purity sono affezionato per due motivi: intanto, sono stati la prima band della WormHoleDeath che ho recensito per In Your Eyes, poi il fatto d’essere il braccio musicale dell’Animal Liberation Front non può che spingermi a tifare per loro.

Però qui dobbiamo parlare anche e, soprattutto, di musica e allora non si può fare a meno di constatare che il deathcore feroce, per quanto ricco di spunti melodici esibito in “Crosscore” prima e in “Equate” poi, in questo nuovo album abbia assunto le sembianze di un più immediato alternative metal dalle spiccate pulsioni elettroniche. L’ennesimo cambio di vocalist, con la bravissima Kirayel oggi dietro al microfono, ha comportato anche la rinuncia al corrosivo growl femminile che caratterizzava le precedenti uscite.
Inevitabilmente questo quadro non può che preludere ad un lavoro molto più fruibile dal punto di vista musicale, pur senza rinunciare al suo ruolo di veicolo di denuncia delle nefandezze causate dallo specismo. Without Name, uno dei musicisti che stanno dietro a questo progetto che si è circondato sempre di un alone di mistero, ha dichiarato che la sterzata stiistica è volta al raggiungimento di un maggior numero di persone, cosa che sicuramente l’efferatezza del sound messo in mostra in passato non favoriva.
The Majesty Of Your Becoming, nonostante personalmente apprezzassi più la precedente incarnazione dei The Way Of Purity, è comunque un buonissimo lavoro che probabilmente darà ragione ai suoi autori rendendosi appetibile ad un numero molto più elevato di persone, cosa che comunque un po’ cozza con l’atteggiamento tenuto dalla band nei confronti dei media, che non è certo da portare come uno dei massimi di esempi di attenzione al marketing.
Gli undici brani in scaletta scorrono molto piacevolmente esibendo un’anima elettronica che non chiude del tutto la porta alla base metallica della band, che si manifesta più di una volta con i classici riff squadrati, specie nel remake di Eleven: non a caso, quello che era uno dei brani trainanti di “Equate” qui viene ripulito il giusto per renderlo un potenziale hit, anche se il vero crack dell’album è la successiva From The Nest To The Grave, traccia in possesso di un refrain splendido.
Ma in realtà sono molti i brani che meritano una menzione, a partire dall’opener Dare To Be Yourself e la title track, ottime prove di alternative metal impreziosita da una voce perfetta per il genere come quella di Kirayel. Nella seconda parte dell’album in ogni caso i The Way Of Purity spingono maggiormente sull’acceleratore, finendo più volte per avvicinarsi al sound di una band come gli Exilia, differenziandosene proprio in virtù della maggiore componente elettronica. L’album si chiude nel migliore dei modi con un’altra traccia dal grande appeal commerciale quale è Tide.
Se, come detto, preferivo i The Way Of Purity quando si scagliavano con tutta la veemenza possibile nei confronti di Cartesio e delle sue sconcertanti teorie riguardo agli animali, non posso fare a meno di apprezzare ugualmente questa svolta, alla luce dell’indubbia qualità delle composizioni e di una certa compattezza del lavoro a livello stilistico. Se poi, grazie a questo, anche una sola persona dovesse decidere di non contribuire più allo sterminio di milioni di esseri viventi solo per soddisfare il proprio palato o la propria vanità, l’obiettivo di partenza sarebbe comunque centrato.

Tracklist:
1. Dare To Be Yourself
2. The Roots Of Evil
3. The Majesty Of Your Becoming
4. Disfigured By Karma
5. Sarin
6. Jackob
7. Eleven
8. From The Nest To The Grave
9. Noah
10. The Clouds Behind Your Eyes
11. Tide

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