Noumena – Myrrys

Il songwriting è l’arma in più di Myrrys, un album fresco, con i Noumena sempre attenti a piazzare melodie vincenti e bravi nell’alternare cavalcate death/dark a parti più intimiste, e con la lingua finlandese che dona un tocco di magia ad un sound già di per sé affascinante.

Quando nelle informazioni su di una band si legge la collaborazione del sommo Dan Swanö, si parte con la consapevolezza di essere al cospetto di un ottimo lavoro, perché troppa è l’esperienza e la bravura del musicista e compositore svedese per permettersi di sbagliare un colpo.

Ed infatti Myrrys, nuovo album dei finlandesi Noumena, non tradisce le aspettative che l’ingombrante padrino alla consolle crea, risultando un album di ottimo death metal melodico dalle tinte dark, pregno di sinfonie oscure e buona alternanza tra metal estremo e melodie.
Il gruppo è attivo da quasi vent’anni dunque non si parla di novellini, con una discografia vede quattro full length già editi più una manciata di lavori minori, così che il lavoro dell’ospite d’onore non è che l’ombrellino sul cocktail, che prevede metal classico potenziato dal death melodico e tanta malinconia che sfiora il gothic, in brani che saltellano qua e là tra metal estremo, folk e sinfonia.
Il songwriting è l’arma in più di Myrrys, un album fresco, con i Noumena sempre attenti a piazzare melodie vincenti e bravi nell’alternare cavalcate death/dark a parti più intimiste, e con la lingua finlandese che dona un tocco di magia ad un sound già di per sé affascinante.
Le ispirazioni sono da ricercare nei soliti nomi nati nella terra dei mille laghi, Amorphis e Sentenced su tutti, quindi se il death melodico dai richiami dark, epici e melanconici sono i vostri ascolti abituali, tracce come Kirouksen Kantaja e, soprattutto, la splendida Roihu non vi deluderanno di certo.

TRACKLIST
1.Kohtu
2.Metsän viha
3.Kirouksen kantaja
4.Sanat pimeydestä
5.Sanansaattaja
6.Roihu
7.Murhehuone
8.Pedon veri
9.Syvällä vedessä

LINE-UP
Hannu Savolainen – Bass
Ilkka Unnbom – Drums
Ville Lamminaho – Guitars
Tuukka Tuomela – Guitars
Antti Haapanen – Vocals
Suvi Uura – Vocals

NOUMENA – Facebook

Voids Of Vomit – Ritval Expiation

Manca ancora un full length per suggellare questi quattordici anni vissuti nell’underground estremo, ma Ritval Expiation è sicuramente un buon modo per fare la conoscenza dei Voids Of Vomit, ennesima buona proposta nata negli anfratti della scena estrema dello stivale.

I Voids Of Vomit sono un’altra realtà tutta italiana che arriva alla ribalta del metal estremo.

Attivo da più di dieci anni e con un’intensa attività live, il quartetto bresciano ha rilasciato finora un demo, uno split in compagnia dei parmensi Morbid Upheaval e due ep.
In questa ristampa dell’ultimo lavoro (Ritval Expiation) uscita per la Everlasting Spew Records, oltre ai due brani dell’ep uscito nel 2016 trovano posto anche i quattro che facevano parte dello split, uscito nell’ormai lontano 2008.
Il sound del gruppo risulta un oscuro e profondo death metal old school, senza compromessi e dai rimandi alla scena statunitense e a quella europea dei primi anni novanta (Grave e gli Asphyx, tributati dalla cover di Rite of the Shades).
Sempre in bilico tra death metal e brutal, i sei brani presenti costituiscono una notevole mazzata estrema, profondamente buia come l’abisso da cui proviene la voce di C. O. Vomit, bassista ed orco al comando delle orde infernali battenti bandiera Voids Of Vomit.
Alternando massacri ritmici e più ragionati passaggi in mid tempo, il sound risulta vario e tutto funziona: le atmosfere marce, l’oscurità perenne che innalza un muro dove non passa la minima luce, il growl profondo e tetro, abbracciano l’ascoltatore in una stretta glaciale, mentre i vermi raggiungono le carni, banchettando al ritmo di Ritval Expiation of the Parracide e le altre cinque tracce, colonna sonora di un mondo nelle mani delle forza oscure.
Manca ancora un full length per suggellare questi quattordici anni vissuti nell’underground estremo, ma Ritval Expiation è sicuramente un buon modo per fare la conoscenza dei Voids Of Vomit, ennesima buona proposta nata negli anfratti della scena estrema dello stivale.

TRACKLIST
1. Ritval Expiation of the Parracide
2. De Fetialivm Ritv
3. Initiation into Impvrity (Bones arovnd vs)
4. Brigade of the Old Skvll
5. Gorepipe
6. Rite of the Shades (Asphyx cover)

LINE-UP
C.o.V. – vocals
T. D. – drums
D.L. – r.guitars
M.V. – l.guitars
M.A. – bass

VOIDS OF VOMIT – Facebook

Desultory – Through Aching Aeons

Through Aching Aeons torna a far risplendere il death metal scandinavo con una serie di brani impeccabili sotto ogni aspetto, lasciando a molti dei nomi nuovi le briciole e a noi nove gemme estreme.

Vissuti all’ombra dei grandi nomi della scena svedese di primi anni novanta, quella che forgiò il death metal melodico (tanto per intenderci), i Desultory da Stoccolma non andarono oltre una popolarità di culto, conosciuti quindi dai soli fans che del genere volevano ascoltare tutto.

Eppure la band fu una delle primi ad attivarsi, addirittura come gli act più famosi, la sua nascita risale infatti alla fine degli anni ottanta e la propria discografia inizia ufficialmente nel 1990, con l’uscita del demo From Beyond.
Il primo full length risale al 1993 e Into Eternity precede l’album di maggior successo del gruppo, oltre che piccola perla nera di metal estremo violento, melodico e progressivo: Bitterness, uscito nel 1994 porta maggiore attenzione da parte di media e fans sul quartetto che due anni dopo però fallisce il bis con un lavoro non pienamente riuscito come Swallow The Snake.
Una lunga pausa durata quattordici lunghi anni porta il nome dei Desultory nel nuovo millennio, e l’uscita nel 2010 di Counting Our Scars consegna agli amanti del genere un gruppo ritrovato, sensazione confermata da questo nuovo lavoro intitolato Through Aching Aeons.
Sette anni non sono pochi, specialmente se si vuole battere il ferro finché è caldo, ma probabilmente non è ambizione dei Desultory conquistare nuovi fans con uscite che non siano ponderate in tutti i dettagli come il nuovo lavoro dimostra.
Licenziato dalla Pulverised Records, Through Aching Aeons è un ottimo esempio di death metal melodico, che senza soluzione di continuità tracima violenza sonora, parti melodiche sopra le righe, trame progressive, ed un’oscurità di fondo che, se mi passate il termine, definirei old school.
Through Aching Aeons è un album cattivo ed oscuro, la scuola svedese torna a fare danni tra Dismember ed At The Gates in un boato che arriva forte e distruttivo alle orecchie dei deathsters sparsi per il mondo.
Registrato al Necromorbus Studio di Tore Stjerna (Watain, Repugnant, Tribulation) e accompagnato dal bellissimo artwork di Pierre-Alain D (Kamelot, Necrodeath), l’album torna a far risplendere il death metal scandinavo con una serie di brani impeccabili sotto ogni aspetto, lasciando a molti dei nomi nuovi le briciole e a noi nove gemme estreme tra le quali spiccano l’opener Silent Rapture, In This Embrace e Divine Blindess.
Mai come questa volta un articolo merita di concludersi con un sincero “bentornati”!

TRACKLIST
1. Silent Rapture
2. Spineless Kingdom
3. Through Aching Aeons
4. In This Embrace
5. Beneath The Bleeding Sky
6. Slither
7. Divine Blindness
8. Breathing The Ashes
9. Our Departure

LINE-UP
Klas Morberg – Vocals/Guitar
Håkan Morberg – Guitar
Thomas Johnson – Drums/Vocals
Johan Bolin – Bass

DESULTORY – Facebook

God Syndrome – Controverse

I God Syndrome ci investono con il loro Death metal che ha nelle melodie il punto di forza, incastonate in un debordante assalto sonoro a livello ritmico e valorizzato da un notevole lavoro chitarristico.

Tra le gelide pianure imbiancate della Russia, il metal estremo ha covato orde di fameliche realtà, molte delle quali già apparse su MetalEyes.

E’ l’ora di presentarvi anche questi devastanti God Syndrome, combo di deathsters attivo in quel di Samara dal 2011 e con un precedente ep licenziato nel 2013, dal titolo Downfall Omen.
E’ giunto il momento per il gruppo di tornare con il primo full lenght, questo ottimo Controverse che unisce il death melodico scandinavo a quello classico di matrice est europea, per un risultato convincente.
Aiutati da Pawel “Pawulon” Jaroszewicz (Hate/Antigama, ex-Decapitated, ex-Vader), i God Syndrome ci investono con il loro sound che ha nelle melodie il punto di forza, incastonate in un debordante assalto sonoro a livello ritmico e valorizzato da un notevole lavoro chitarristico.
Le coordinate sonore delle due scuole citate vengono alternate dal gruppo con molta naturalezza, talvolta le due anime all’unisono ci aggrediscono con potenza e melodia, con il growl che non lascia scampo, mentre velocità e rallentamenti diversificano l’atmosfera da tregenda di Controverse.
Tecnicamente dotati, i musicisti danno prova di bravura ed affiatamento, con Purge che arriva dopo l’intro ed apre le ostilità e Dark Sand che regala attimi di livello assoluto, con la sei corde che lacrima, torturata da Sergey Aksenov assoluto protagonista dell’ album che tra riff e solos non sbaglia un colpo.
E così tra furia e melodia Controverse trova la sua dimensione e quella del gruppo che lo ha scritto, con gli omaggi neanche troppo velati a Hypocrisy, Vader ed Hate: un lavoro ben fatto e sicuramente da apprezzare se siete amanti dei gruppi citati.

TRACKLIST
1.Intro
2. Purge
3.Clan
4.Five Acts Of Deception
5.Dark Sand
6.Summon The Sun
7.The Last Option
8.Fire
9.Tormans
10.The Law Of The Betrayed
11.Mercy
12.Hangman Of Atlantis

LINE-UP
Pavel Bamburov – Vocals
Sergey Aksenov – Guitars
Dmitry Kuznetsov – Bass
Alexander Krut – Drums

GOD SYNDROME – Facebook

Zora – Scream Your Hate

Scream Your Hate ha nella sua anima tradizionale il proprio punto di forza, oltre ad un approccio senza compromessi che piacerà non poco ai deathsters di origine controllata.

I brutal deathsters calabresi Zora sono attivi da quasi quindici anni e hanno rilasciato un buon numero di lavori minori che vanno ad affiancarsi al primo lavoro sulla lunga distanza uscito nel 2010 ed intitolato Gore.

Dopo una lunga serie di cambiamenti in line up, il gruppo si stabilizza come trio ed eccoci tra le mani un nuovo lavoro, uscito qualche mese fa ma che merita l’attenzione dei lettori dai gusti estremi di MetalEyes.
Mossi da un senso di odio e riprovazione per la società che ci circonda, i Zora, con Scream Your Hate, offrono un macigno estremo basato un brutal death di ispirazione statunitense, per una mezz’ora abbondante di impatto senza compromessi, devastante ed instancabilmente estremo.
Old school nel senso più positivo del termine, l’album non lascia spazio a dubbi sull’intento del gruppo, ovvero condensare il proprio sound all’interno di un’atmosfera da massacro sonoro, sottolineato da un growl pesante e profondo, ritmiche quadrate che alternano cadenzati muri sonori ad accelerazioni devastanti e senza soluzione di continuità.
Nel marasma sonoro creato dal trio vibonese, sono le ispirazioni tratte da band storiche come Cannibal Corpse, Suffocation e Broken Hope a venire inesorabilmente a galla tra le note delle varie Outcast, Refuse e Trapped Mosquito.
Consigliato agli amanti del brutal death metal, Scream Your Hate ha nella sua anima tradizionale il proprio punto di forza, oltre ad un approccio senza compromessi che piacerà non poco ai deathsters di origine controllata.

TRACKLIST
1. Dripping
2. Outcast
3. Blinded
4. Slave of Mind
5. Refuse
6. Trapped Mosquito
7. Banquet of Flesh
8. Abracadacab
9. Scream Your Hate

LINE-UP
Giampiero Serra – Drums
Tat0 – Bass, Vocals
Glk Molè – Guitars

ZORA – Facebook

Hadal Maw – Olm

Ottimo lavoro estremo questo secondo album degli australiani Hadal Maw, con il loro sound che risulta una fatale miscela di death metal tecnico e black.

Gran bella mazzata estrema questo nuovo album dei deathsters australiani Hadal Maw, ma in effetti quelle terre posizionate all’altro capo del mondo offrono spesso ottima musica, in tutti i campi dell’universo metallico.

Il quintetto di Melbourne arriva al secondo full length con un sound che risulta una fatale miscela di death metal tecnico e black/death riconducibile al modus operandi dei Behemoth, maestri europei del genere.
Una proposta interessante, dunque, pesantissima ed estrema, curata in ogni dettaglio e suonata molto bene dai musicisti coinvolti, tanto da avvicinarsi a tratti al technical death metal.
La differenza la fa il songwriting che sposta le coordinate del sound sull’impatto, lasciando la mera tecnica al servizio di devastanti brani neri come la pece, su cui si staglia il vocione di Sam Dillon, una vera miniera di tonalità cupe ed efferate.
Grande è il lavoro della sezione ritmica (Jim Luxford al basso e Rob Brens alle pelli) e delle due chitarre (Ben Boyle e Nick Rackham) che tagliano l’aria irrespirabile con fendenti metallici, lasciando la melodia alle parti più rallentate di rabbioso doom/death (False King) che, con l’altra perla del disco, la lunga ed emozionante Simian Plague, una cavalcata death/black tra mid tempo e terremoti ritmici, rendono Olm un acquisto consigliato agli amanti del metal estremo.
Un’altra ottima prova proveniente dall’Australia, dove ferve una scena per certi versi ancora tutta da scoprire.

TRACKLIST
1.Leviathan
2.Affluenza
3.Failed Harvest
4.Witch Doctor
5.False King
6.The Olm
7.Simian Plague
8.Germinate
9.Hyena
10.Circus of Flesh

LINE-UP
Sam Dillon – Vocals
Nick Rackham – Guitar
Ben Boyle – Guitar:
Jim Luxford – Bass
Rob Brens – Drums

HADAL MAW – Facebook

Foetal Juice – Masters of Absurdity

Tornare indietro di qualche mese e scoprire questo gioiellino estremo è un dovere che, per tutti gli amanti del genere, si trasformerà in sadica goduria alle prime note di Masters of Absurdity.

In colpevole ritardo sulla data di uscita (Dicembre 2016) vi presentiamo il primo full length della death metal band inglese Foetal Juice.

Colpevole, perché il loro primo lavoro sulla lunga distanza, dopo svariati ep e split, è un bombardamento sonoro notevole, un album davvero massiccio ed a tratti stupefacente nel saper dosare la violenza in un contesto al limite del brutal.
Death, grind e brutal si incontrano e con l’hardcore, che fa da quarto cavaliere dell’apocalisse, costituiscono il sound del gruppo di Manchester, una macchina da guerra naturalmente predisposta a portare distruzione e morte.
Poco più di mezzora ma da catastrofe, quella che i Foetal Juice ci offrono, mentre fantasmi di un neanche troppo lontano passato affiorano in tutta la loro belligeranza estrema tra i solchi di brani creati per fare male, senza soluzione di continuità.
Ed infatti Dutch Oven, devastante opener dell’album seguita da Phantom Visions e dalle altre tracce, non possono che far affiorare l’amore del quartetto per Napalm Death, Lock Up e Death, padrini di questo modo di intendere il metal estremo.
Tornare indietro di qualche mese e scoprire questo gioiellino estremo è un dovere che, per tutti gli amanti del genere, si trasformerà in sadica goduria alle prime note di Masters of Absurdity.

TRACKLIST
1.Dutch Oven
2.Phantom Vision
3.Noneckahedron
4.The Leachate King
5.Brutal Tooth
6.Gin’ll Fix It
7.Grave Denied
8.Booze Locust
9.Nun So Vile
10.More Hate, More Hell

LINE-UP
Ben – Bass, Vocals
Rob – Drums
Ry – Guitars
Sam – Vocals

FOETAL JUICE – Facebook

Memoriam – For The Fallen

Il ricordo per l’amico caduto permea tutto il disco, ed in alcuni momenti diventa davvero struggente e ci fa tornare a quello che dovrebbe essere lo spirito del metal, potenza, cattiveria, valori ed amicizia e Karl Willetts incarna benissimo tutto ciò. La guerra continua.

Quando un compagno cade lo si piange, ma la guerra purtroppo non finisce mai, può terminare per noi quando chiudiamo gli occhi, ma per gli altri non finisce.

Arriva così, dopo una manciata di ep e singoli la nuova avventura di Karl Willetts e soci, reduce dalla grandiosità e dalla bellezza guerriera dei Bolt Thrower, la cui importanza non potrà mai essere sminuita. Essendo una persona con dei valori, e con lui i membri dei Bolt Thrower, dopo la morte a soli 38 anni del compagno Martin Kearns, ha deciso nel 2016 di mettere fine all’avventura e di cominciarne un’altra, ed ecco qui i Memoriam. Le canzoni sono state scritte in un breve lasso di tempo, e nel disco si può svariare su tutta l’asse della carriera musicale e delle influenze di Willetts. I Memoriam sono principalmente un gruppo death metal, ma Willetts non ha mai abbandonato le proprie radici musicali, quelle che una notte del 1986 in un pub di Coventry diedero ad uno dei più grandi gruppi metal della storia. Hardcore quindi, ma anche e soprattutto quel sentire molto vicino a gruppi come Discharge e quell’ondata inglese di aggressione musical politica che ha poi influenzato molti gruppi. I Memoriam spaziano in tutto questo, riuscendo a fare un disco granitico e potente, ben disgiunto dai Bolt Thrower, anche se ovviamente qualche riff e situazione li possono ampiamente ricordare. For The Fallen è un ottimo esempio di death metal inglese, che è un qualcosa di ben diverso dalle altre interpretazioni del genere. Molte cose possono essere sistemate o migliorate, ma essendo un disco di pancia è molto bello così. Il ricordo per l’amico caduto permea tutto il disco, ed in alcuni momenti diventa davvero struggente e ci fa tornare a quello che dovrebbe essere lo spirito del metal, potenza, cattiveria, valori ed amicizia e Karl Willetts incarna benissimo tutto ciò. La guerra continua.

TRACKLIST
1. Memoriam
2.War Rages On
3. Reduced to Zero
4. Corrupted System
5. Flatline
6. Surrounded By Death
7. Resistance
8. Last Words

LINE-UP
Karl Willets – Vocals
Frank Healy – Bass
Scott Fairfax – Guitar
Andy Whale -Drums

MEMORIAM – Facebook

Exhume To Consume

Gianluca Lucarini (Rome In Monochrome, Degenerhate) ci presenta la sua nuova temibile creatura chiamata Exhume To Consume.

ME Ciao Gianluca. Degenerhate, Rome In Monochrome ed ora Exhume To Consume, non ti fermi mai …

GL Ciao Alberto, ben trovato! No, non mi fermo mai, ho sempre bisogno di esplorare nuovi orizzonti musicali. E poi, come dicono nei paesi anglosassoni: rest is rust!

ME Una nuova avventura, un nuovo sound e altri ottimi musicisti da presentare ai lettori di MetalEyes.

GL I miei compagni d’avventura sono musicisti che conoscete molto bene: Alessio Reggi alla chitarra (suona con me anche nei Rome In Monochrome), Marco Paparella al basso (suona con me nei Rome In Monochrome e nei Degenerhate), Flavio Castagnoli alla batteria (batterista anche nei Rome In Monochrome) e Sergiu Mircescu alla voce. Il feeling che ho con questi eccezionali musicisti, che sono anche ottimi amici, è straordinario! Quando ho deciso di creare gli Exhume To Consume, sono state le prime persone alle quali ho pensato.

ME Il sound di questa nuova e temibile creature estrema è orientato su un brutal death metal impreziosito da un gran lavoro melodico delle sei corde: è tutta farina del tuo sacco o c’è qualcuno in particolare con cui hai lavorato in fase di scrittura dei brani?

GL I quattro brani che compongo il nostro mini cd d’esordio, Let The Slaughter Begin, sono stati scritti da me. Successivamente, in fase d’arrangiamento, Alessio ha creato quelle linee melodiche, alle quali accennavi tu.

ME Quali sono le band che vi hanno maggiormente influenzato, oltre ovviamente ai Carcass, (Exhume To Consume è il titolo di un brano presente su Symphonies of Sickness, secondo lavoro dello storico gruppo estremo inglese) ai quali  vi siete ispirati per il nome del gruppo?

GL Come tutti oramai sapranno, i Carcass sono la mia band preferita di sempre. Anche se musicalmente, lo stile degli Exhume To Consume è stato ispirato da band statunitensi come Internal Bleeding, Devourment, Pyrexia, Broken Hope. Il nostro è un mix tra brutal death metal old school e quello che odiernamente viene chiamato slam, con qualche passaggio melodico a stemperare il tutto.

ME Lo splatter/gore offre al metal estremo, così come nel cinema, una miriade di sfumature ed ispirazioni, eppure continua ad essere considerato un genere di serie b (per molti solo spazzatura): tu come ti sei avvicinato a questo mondo?

GL Io sono appassionato di splatter/gore da sempre, e cinefilo amante del genere fin da tenera età. Sono sempre stato terribilmente attratto da qualsiasi forma artistica (musica, cinema, libri, fumetti, dipinti) che abbia una connotazione orrorifica. Colleziono dvd splatter/gore di serie b da moltissimi anni. Ho formato gli Exhume To Consume proprio come tributo a questa mia passione.

ME Degenerhate, Rome in Monochrome ed Exhume To Consume sono tre realtà musicali profondamente diverse: in quale, tra queste, come musicista ti ritrovi di piu?

GL Avendo formato io tutte e tre le band, mi ritrovo in ognuna di essa. Sono tre proiezioni del mio essere musicista, in tre diverse maniere, ma sono sempre io.

ME Porterete Let The Slaughter Begin dal vivo?

GL Ci stiamo pensando seriamente, perché parecchie persone ce lo stanno chiedendo. Ora valuteremo la cosa, comunque per essere sempre informati sulle attività della band, vi consiglio di seguire la nostra pagina Facebook: www.facebook.com/exhumetoconsumeofficial

ME Ci puoi anticipare le prossime mosse sul versante Degenerhate e Rome In Monochrome?

GL Con i Rome In Monochrome, abbiamo appena terminato le registrazioni del nuovo album, che si chiama “Away from light”. Inoltre, seguiteci in giro per l’Italia, perché faremo diverse date nello stivale. Con i Degenerhate, ho appena iniziato a scrivere il nuovo full lenght album, che uscirà nel 2018. Stay tuned!

Bloodgod – Catharsis

Una botta estrema che non si placa che per pochi secondi di trame acustiche che fanno da preludio all’ottima Hammerite, il resto è Dutch death metal di origine controllata.

La scena olandese dei primi anni novanta può sicuramente essere considerata come una delle più floride e qualitativamente importanti del death metal di quegli anni: non a caso, con il ritorno in auge dei suoni old school, le label hanno cominciato a rilasciare vecchie uscite dei gruppi più famosi o album di altri rimasti ai margini, persi nell’universo dell’ underground estremo.

I Bloodgod sono invece un gruppo nuovo di zecca o quasi: attivo da una manciata d’anni, arriva al secondo lavoro in formato ep intitolato Catharsis, che segue di quattro anni il debutto Pseudologia Phantastica.
Il trio proveniente dalla provincia di Utrecht si definisce dutch death metal band e non solo riguardo al paese che ha dato i natali a Johnny Derechos (batteria), Frank Van Boven (voce e basso) e Daan Douma (voce e Chitarra), ma per il sound che si ispira alla storica scena orange degli anni novanta.
Catharsis si compone di cinque brani oltremodo devastanti, con l’uso sistematico della doppia voce (scream/growl), chiaramente in ambito old school.
Quindi dimenticatevi anche una sola nota che vada più in là della metà del decennio che ha accompagnato il genere nel nuovo secolo: il death metal dei Bloodgod è pesante, soffocante, pregno di malati mid tempo ed una vena ispirata, tra gli altri, dai primissimi Gorefest, uno dei gruppi più importanti nati nei Paesi Bassi.
Un buon lavoro ed un gruppo che risulta senz’altro convincente nel saper trattare la materia, più delicata di quello che si possa pensare, una botta estrema che non si placa che per pochi secondi di trame acustiche che fanno da preludio all’ottima Hammerite, il resto è dutch death metal di origine controllata.

TRACKLIST
1.Valar Morghulis
2.Catharsis
3.Hammerite
4.’t Schrickelik Tempeest
5.Satan’s Smile

LINE-UP
Johnny Derechos – Drums, Spoken words
Frank van Boven – Vocals, Bass
Daan Douma – Vocals, Guitars

BLOODGOD – Facebook

Aleph – Exhumed Alive

Il free download ottenibile sul sito della band vi obbliga ad ascoltare questo ottimo lavoro, grazie al quale scoprirete una realtà molto interessante della nostra scena estrema.

Gli Aleph sono una band bergamasca attiva già sul finire del secolo scorso, la loro discografia, oltre ai primi due demo ed uno split si compone di tre album: In Tenebra uscito nel 2005, Seven Steps Of Stone del 2009 e l’ultimo Thanatos licenziato lo scorso anno.

Exumed Alive (che trovate in download gratuito sul sito della band) è un ep composto dalla splendida riedizione del brano Chimera MMXVII , tratto dal secondo full length e sette brani dal vivo registrati l’8 Ottobre 2016 presso il Centrale Rock Pub ad Erba.
Il gruppo lombardo è fautore di un death metal pregno di atmosfere dark e horror e Chimera MMXVII ne è il perfetto sunto, tra parti estreme, oscure atmosfere acustiche ed un tocco suggestivo di dark horror progressivo tipico degli anni settanta.
Nelle parti death non mancano veloci sfuriate al limite del black metal, tenute a bada dall’entrata in gioco delle tastiere e delle atmosfere orrorifiche.
La voce del chitarrista Dave Battaglia ricorda il primo Nick Holmes ed il sound effettivamente può essere descritto come una riuscita jam tra Paradise Lost, Mercyful Fate e Morbid Angel.
In sede live il gruppo mantiene inalterata la sua vena orrorifica, anche se chiaramente il sound ne esce, uscendone alla grande con una performance sugli scudi.
La grandiosa e monumentale The Snakesong, opener dell’ultimo lavoro, così come Smoke And Steel / Multitudes e la conclusiva The Old Master confermano gli Aleph come gruppo di alto livello, sia in studio che dal vivo.
Il free download ottenibile sul sito della band vi obbliga ad ascoltare questo ottimo lavoro, grazie al quale scoprirete una realtà molto interessante della nostra scena estrema.

TRACKLIST
1Chimera MMXVII
2.Intro
3.Nightmare Crescendo
4.The Snakesong
5.The Fallen
6.Winterlude
7.Smoke and Steel (Incl. Multitudes)
8.The Old Master

LINE-UP
Giuseppe Ciurlia – Guitars
Manuel “Ades” Togni – Drums
Dave Battaglia – Guitars, Vocals
Giulio Gasperini – Keyboards
Antonio Ceresoli – Bass

ALEPH – Facebook

Acid Death – Balance Of Power

Il suono di Balance Of Power non è un mero recupero, ma un’intelligente riproposizione di un prodotto molto valido, ieri come oggi, perché è un disco di valore assoluto, ancor di più se si considera che sarebbe dovuto essere l’esordio degli Acid Death.

Dopo 25 anni di attesa, arriva il disco che sarebbe dovuto essere il debutto dei pionieri greci Acid Death.

Grazie alla Floga Records possiamo ascoltare rimasterizzato questo mini lp che non vide mai la luce. Questa storia a lieto fine cominciò nel 1991 quando si formarono e tutti i componenti erano sotto i venti anni. In quei tempi erano davvero pochi gli studi di registrazione agibili per un gruppo metal, ed il migliore era il Praxis Studios di Atene. Con lo studio pagato per 40 ore e nessuna esperienza nell’uso del registratore analogico a sedici tracce, i ragazzi riuscirono, come possiamo ascoltare oggi, a fare un buon lavoro anche perché dotati di notevole talento. Infatti, riascoltandolo, si rimane francamente stupiti di fronte a questo mini lp di esordio, perché tanti gruppi molto più blasonati al giorno d’oggi fanno molto, ma molto peggio di ciò in cui riuscirono all’epoca questi ragazzini greci. Il lavoro in origine sarebbe dovuto uscire per la greca Black Power Records, ma problemi finanziati ritardarono ed infine ne cancellarono l’uscita. L’anno dopo l’altrettanto greca Molon Lane Records, attiva dal 1990 al 1996, pubblicò due tracce del mini lp in quello che diventò l’esordio del gruppo, l’ep Apathy Murders Hope, che è appunto il titolo di una delle due tracce. Da lì partì il volo di questa band attiva fino al 2001, riformatasi nel 2011 ed ancora attiva. Balance Of Power è un grande disco di death tecnico e fortemente incline al prog, con impalcature sonore molto interessanti, un suono fortemente anni novanta, ma già molto maturo e consapevole delle proprie potenzialità. Il recupero di questo disco aggiunge maggior valore ad un lunga carriera, che ha sempre dato buoni frutti, ma che soprattutto può dare ancora molto. Il suono di Balance Of Power non è un mero recupero, ma un’intelligente riproposizione di un prodotto molto valido, ieri come oggi, perché è un disco di valore assoluto, ancor di più se si considera che sarebbe dovuto essere l’esordio discografico di questi (all’epoca giovanissimi) greci.

TRACKLIST
Side A
1) Psychosis
2) Apathy Murders Hope
3) Civil War
4) Death From Above

Side B
1) Balance Of Power
2) Twilight Spirits
3) State Of Paranoia

LINE-UP
Savvas Betinis – bass & vocals
Dennis Kostopoulos – lead & rhythm guitars
John Anagnostou – lead & rhythm guitars
Kostas Alexakis – drums & percussion

ACID DEATH – Facebook

Assault – The Fallen Reich

Il quintetto asiatico mostra una buona tecnica applicata a idee sfruttate a suo tempo dai nomi storici del genere, riportate perfettamente alle orecchie dei fans in questo lavoro che non può non fare breccia tra i deathsters dai gusti melodici.

Anche nella lontana Singapore si suona death metal melodico e di ottima qualità, a giudicare da questo lavoro che viene considerato un full length ma, più realisticamente, della durata di un ricco ep.

Ventuno minuti, infatti, sono troppo pochi per considerare The Fallen Reich un lavoro su lunga distanza, ma la qualità della musica proposta dagli Assault lo colloca ugualmente tra gli ep più riusciti di questa prima metà del 2017, almeno nella scena underground e nel genere proposto.
Gli Assault suonano death metal melodico da oltre dieci anni: poco prolifici, hanno dato alle stampe un solo lavoro prima di The Fallen Reich, l’ep The Exceptions of the Rebellions uscito sei anni fa.
Poco per dare continuità ad una carriera, in tempi nei quali dopo pochi mesi dall’uscita un album è già vecchio, ma vista la qualità della musica prodotta perdoniamo la band di Singapore, autrice di un ottimo esempio di death metal melodico scandinavo in un paese migliaia di miglia lontano dalle nevi di Stoccolma o Oslo.
Enslavement to Torture, Spawn Of Rage e la title track sono un buon esempio di genere, tra Soilwork, At The Gates e primi In Flames, niente di nuovo all’orizzonte, ma tutto ben fatto e dal notevole impatto.
Il quintetto asiatico mostra una buona tecnica applicata a idee sfruttate a suo tempo dai nomi storici del genere, riportate perfettamente alle orecchie dei fans in questo lavoro che non può non fare breccia tra i deathsters dai gusti melodici.

TRACKLIST
1.Enslavement to Torture
2.Genocidal Conspiracy
3.Spawn of Rage
4.Ghettos
5.The Fallen Reich
6.The Final Solution

LINE-UP
Syaz – Bass
Hanesh – Guitars (lead)
Clarence Chong – Vocals
Noh – Drums
Yuda – Guitars (rhythm)

ASSAULT – Facebook

Weregoat – Pestilential Rites of Infernal Fornication

Grazie all’accurata produzione il massacro si compie nitidamente e i Weregoat confezionano un gran lavoro di death puro e senza compromessi.

Con abbondante anticipo sulla data di uscita a fine giugno vi scriviamo la modesta recensione di questo disco maledetto, non doveste più avere nostre notizie andate a rifugiarvi con prontezza perché i demoni evocati dai Weregoat sono liberi.

Tutto ciò e molto altro ancora più in basso è ciò che verte intorno al disco, fatto di un un death black metal davvero distorto e malato. Molta malvagità è passata dai tempi dei primi dischi death davvero cattivi e degenerati, e vi sono state anche punte elevate in gruppi che hanno poi venduto meritatamente, ad esempio i Morbid Angel, per dire un nome. Qui invece la cattiveria, la velocità, la potenza e la pazzia sono una sordida preghiera al nero signore. I Weregoat non danno tregua e in questo esordio ci mettono tutto la degenerazione che hanno accumulato negli anni, anche grazie ad uscite musicali con durata inferiore a quella di questo disco. Vera gioia nera, pura perversione satanica, farfalla di un death Black molto sbilanciato verso il death più underground, e molto ben prodotto. Grazie all’accurata produzione il massacro si compie nitidamente e i Weregoat confezionano un gran lavoro di death puro e senza compromessi. Se questo è il debutto, verremo presto spazzati via.

TRACKLIST
01 Goat Lust
02 Osculum
03 Molested By Evil
04 Screaming
05 Forked Tongue
06 Full Moon
07 Under The Whip
08 Archgoat
09 As Cold as The Devils Seed
10 Pestilential Rites

LINE-UP
Lecherous Agressor – Guitar Sodomy
Nocturnal Hellfukker – SubAtomic Detonations and Kommands of Bestial Penetration
SadoSeducer- Doomhammers of primal lust and hate!

WEREGOAT – Facebook

Khrophus – Presages / Eyes of Madness

Gli ultimi due album dei Khrophus vengono ripresi in questa interessante uscita.

Presages/Eyes Of Madness racchiude le ultime due uscite discografiche dei devastanti deathsters brasiliani Khrophus e si rivela molto utile per tastare il polso alla scena estrema sudamericana.

La band infatti è attiva dai primi anni novanta, periodo d’oro del genere un po’ in tutto il mondo, ed ovviamente anche nel paese verde oro, da sempre molto ricettivo per i suoni metallici con particolare attenzione per quelli estremi di stampo death.
Erano anno che impazzavano i Sepultura, senza dubbio la band metal più famosa e longeva proveniente dal Brasile, mentre negli Stati Uniti la scena floridiana risplendeva dei suoni brutali della Bay Area, quindi i Khrophus si identificano in quelle band che seguirono la strada tracciata dai gruppi più famosi, creandosi il loro seguito nella scena underground.
Gli ultimi due album, datati 2009 (Presages) e 2013 (Eyes Of Madness), sono ripresi in questa uscita che risulta interessante, specialmente per gli amanti del genere dai gusti assolutamente old school: due opere dal mood abissale, soffocanti come il miglior death metal di scuola Morbid Angel, pesantissimo nelle ritmiche spesso rallentate per poi ripartire in un armageddon di suoni violentissimi.
Un growl animalesco ed uno scream che compare come un demone dall’oscurità accompagnano il death metal dei Khrophus, band che senza apparire irrinunciabile non mancherà di soddisfare gli appassionati del genere.

TRACKLIST
1.Dominated
2.Symbols or Not?
3.Of the Elders
4.Statues
5.Returning to Apollo… Resurrecting from the Darkness
6.Fisher of Souls
7.Slaves of Hunger
8.Spirits
9.Smoke Screen
10.Dead Face
11.By the Sun
12.Interposition
13.Forbidden Melodies
14.The Book of the Dead
15.Lost Initiations
16.Master of Shadows
17.Harvest (Eyes of Madness)
18.Chimeras

LINE-UP
Adriano Ribeiro – Guitars
Alex Pazetto – Vocals, Bass
Carlos Fernandes – Drums

KHROPHUS – Facebook

Pestilence – Presence of the Pest (Live at Dynamo Open Air 1992)

La Vic Records ci presenta i Pestilence in un concerto al Dynamo Open Air Festival nel 1992, una chicca per i fans del gruppo olandese e per i cultori del death metal old school.

Si continua a parlare di chicche del metal estremo degli anni novanta, riesumati e messi sul mercato per la gioia dei collezionisti e amanti del genere, con la label olandese Vic Records che, negli ultimi tempi, è salita alle cronache metalliche proprio per le sue ristampe atte a lustrare vecchi gioielli death metal.

I Pestilence erano già stati toccati dalla mano della label in seguito alla raccolta di demo e rarità Reflections Of The Mind, uscita qualche mese fa e che riguardava brani in fase embrionale che andarono poi a comporre i tre album della prima fase del gruppo proveniente dal paese dei tulipani: Consuming Impulse, Testimony of the Ancients e, appunto, il capolavoro Spheres.
Si torna dunque al 1992 ed al live che la band tenne al Dynamo Open Air Festival, allora uno dei Festival più in voga e già palcoscenico di live album importanti per band del calibro di Testament e Death.
Presence Of The Pest è un documento affascinante e che non presenta grossi aggiustamenti in studio da parte di Tom Palms (Phlebotomized) che ha rimasterizzato il tutto.
Il gruppo all’epoca viaggiava a mille, perciò aspettatevi una concerto intenso dove, almeno per una volta, le imperfezioni non inficiano il risultato finale, così che chiudendo gli occhi sembra di tornare a venticinque anni fa, sotto il palco dove Patrick Mameli e gli altri componenti del gruppo scrivevano un pezzo di storia del death metal con brani del calibro di Presence Of The Dead, Testimony e Stigmatized.
L’album si arricchisce di tre bonus registrate nello stesso periodo a Rotterdam, quindi ci troviamo davanti ad un’opera esaustiva rispetto alla carica e all’energia che il gruppo olandese sapeva tirare fuori in sede live.
La scelta di non ritoccare troppo il suono da parte della label va a mio parere elogiata, proprio perché non viene snaturato lo spirito old school ed assolutamente estremo dell’opera.

TRACKLIST
1.Dehydrated
2.Chemo Therapy
3.Presence of the Dead
4.The Process of Suffocation
5.Lost Souls
6.Twisted Truth
7.Testimony
8.Chronic Infection
9.Stigmatized
10.Out of the Body
11.Darkening
12.Presence of the Dead
13.Prophetic Revelations
14.Suspended Animation
15.The Secrecies of Horror
16.The Trauma
17.Land of Tears

LINE-UP
Patrick Mameli – Lead guitar/Vocals
Santiago Dobles – Lead guitar
Alan Goldstein – Bass
Septimiu Hărşan – Drums

PESTILENCE – Facebook

Necromutilator – Ripping Blasphemy

Dalla fredda e nebbiosa pianura mantovana arrivano i Necromutilator, trio diabolico al servizio dell’oscuro signore attivo dal 2009 e con un paio di lavori alle spalle: il demo The Devil Arisen del 2011 ed il full length Eucharistic Mutilations, uscito tre anni fa.

Tornano con Ripping Blasphemy, ep di quattro brani licenziato dalla Terror From Hell, quindici minuti di metal estremo oscuro e malato, tra death, black e thrash old school.
Un’atmosfera malsana accompagna tracce malefiche come la title track, brano dall’impronta death metal con una forte anima black, mentre Exhorted Sacrifice si avvicina al mood del thrash vecchia scuola.
Un sound senza compromessi, che vuole rappresentare il puro male in musica, è quello che accompagna i tre diabolici musicisti (P. voce e chitarra, R. batteria e E. al basso) nel loro glorificare la morte e la malvagità a colpi di death/thrash/black ispirato da Morbid Angel, Venom e primi Darkthrone.
I Necromutilator si confermano una band da seguire per i fans del metal estremo più nero ed abissale .

TRACKLIST
1.Ripping Blasphemy
2.Exhorted Sacrifice
3.Unholy Semen of Doom
4.Gate to Eternal Possession

LINE-UP
P – Vocals, Guitars
R – Drums
E – Bass

NECROMUTILATOR – Facebook

Malkavian – Annihilating the Shades

Le influenze sono riscontrabili nei gruppi estremi thrash/death metal statunitensi, ma i Malkavian ci mettono del loro, d’altronde l’ esperienza è secolare e la fame di sangue inesauribile…

Una bomba sonora questo ultimo lavoro dei vampiri di Nantes che, sotto il monicker Malkavian, ci aggrediscono con il loro thrash/groove metal assolutamente devastante.

Difficile trovare un gruppo che, con un nome e un concept vampiresco, distrugga tutto con la forza del thrash moderno, invece di ipnotizzarci con languide melodie gotiche, ma si sa, la cattiveria dei vampiri dipende dal ceppo e dagli anni in cui la loro stirpe comanda e il 2017 è l’anno dei Malkavian.
Annihilating the Shades è dunque un devastante e violentissimo esempio di metal moderno dai rimandi thrash e dal groove che sprizza come sangue dalle vene e dalle arterie: qui i vampiri sono quelli di Underworld e non del classico Dracula (tanto per intenderci), guerrieri della notte in lattice ed automatiche, un esercito di super uomini in una battaglia che dura dalla notte dei tempi e dalla colonna sonora estrema ed esaltante, pura follia omicida rappresentata da inni al male come Alter Of The Damned, Ruins, l’annichilente, oscura e maligna The Great Overset e il muro di creature della notte pronti a colpire al segnale di Encryption Process.
Romaric “Riko” Lamare è un non morto che sputa odio dal microfono, la sezione ritmica un massacro di innocenti (Florian Pesset al basso ed Alex Jadi alle pelli), le chitarre armi micidiali tra ventate di morte e melodie allucinate che, invece di smorzare la tensione, rendono ancora più terrificante e violento il sound (Nicolas Bell e Mathieu Deicke).
Le influenze sono riscontrabili nei gruppi estremi thrash/death metal statunitensi, ma i Malkavian ci mettono del loro, d’altronde l’ esperienza è secolare e la fame di sangue inesauribile…

TRACKLIST
1.Resurgence
2.Altar of the Damned
3.Spit Away
4.Ruins
5.Annihilating the Shades
6.The Great Overset
7.Encryption Process
8.Kba
9.Void of a Thousand Eyes

LINE-UP
Florian Pesset – Bass
Nicolas Bel – Guitars & Backing Vocals
Romaric Lamare – Vocals
Alex Jadi – Drums
Mathieu Deicke – Guitars

MALKAVIAN – Facebook

Hesperia – Caesar. Roma Vol. I

Mai ovvio e sempre interessante, Caesar, primo disco di una serie dedicata a Roma, rappresenta una delle punte più alte del metallo italiano, che definire tale è molto riduttivo.

Sesto disco per questo progetto solista attivo da molti anni. Lo scopo di Hesperia è di fare metallvum italicvm come afferma lui stesso, cercando di concepire una via italica al pagan metal vicino al black.

Il suono di questo concept album sulla vita di Giulio Cesare è molto più sfaccettato, e partendo dal pagan si avvicina molto al metal nella sua accezione più folk, perché qui oltre alla musica c’è molto da dire e scoprire. Hesperia parte da lontano, a cominciare dal nome che è quello antico della nostra penisola, in un fulgido passato pagano che abbiamo dimenticato in fretta abbagliati dalle falsità cristiane. Il disco, dal punto si vista musicale, è una minuziosa ricerca di un suono che sia solennemente adatto a far risuonare questa storia, che è speciale e non può essere raccontata senza l’ausilio di un metal speciale. Hesperus è un musicista di talento e trova sempre un’adeguata impalcatura sonora a testi molto belli che mostrano la storia sotto il punto di vista dei protagonisti, facendo rivivere e sanguinare la storia di Giulio Cesare. Il disco potrebbe essere anche rappresentato sulle assi di un teatro, tanto è ricca la drammatizzazione; una continua meraviglia sonora, passando dal folk al metal, dal quasi black a rock progressivo o anni novanta, il tutto al servizio della storia narrata. Mai ovvio e sempre interessante, Caesar, primo disco di una serie dedicata a Roma, rappresenta una delle punte più alte del metallo italiano, che definire tale è molto riduttivo. La musica è ottima e le storie sono un nostro passato che è stato sepolto troppo presto, ma che rimane un paradigma.

TRACKLIST
1. Ivlia Gens (Incipit) / Svpremvs Dvx
2. Trivmviratvm
3. De Bello Gallico
4. Britannia Capta Erit / Alea Iacta Est
5. Roma
6. Aegyptvs (Tema di Cleopatra)
7. Caesar (Tema di Cesare)
8. Romana Conspiratio (Tema di Bruto)
9. Divini Praesagii (Romanorvm Deorvm)
10. Le idi di marzo (The Ides of March)
11. Ivlivs Caesar (Divvs et Mythvs)

LINE-UP
Hesperus: Everything

HESPERIA – Facebook

Sincarnate – In Nomine Homini

Il death doom dei Sincarnate è pervaso da una costante tensione: la band si muove con grande consapevolezza su un terreno scivoloso, sul quale una minore competenza nel maneggiare la materia porterebbe inevitabilmente a tediare l’audience, cosa che non avviene mai grazie a spunti ora ritmici, ora melodici, esaltati da un produzione di qualità.

Ancora da un suolo rumeno che si sta rivelando sempre più fertile in tema di metal, giunge una proposta di grande interesse a base di death doom, dalla buona personalità ed altrettanta intensità, da parte dei Sincarnate.

In effetti, il genere citato non fotografa correttamente lo stile del gruppo di Bucarest, che immette anche nel proprio sound massicce dosi di black e death metal, con un’aura epica e liturgica che sposta le coordinate altrove rispetto all’interpretazione del genere delle band scandinave, per esempio.
In Nomine Homini, così come fanno presagire il titolo e la copertina, oltre che presentare molte parti corali cantate in latino, verte su tematiche religiose, ovviamente rivedute e corrette secondo la personale visione di questo gruppo di musicisti.
L’album, considerando anche le due bonus track, si spinge oltre l’ora complessiva di durata, mettendo comunque alla prova l’attenzione degli appassionati, visto che l’approccio stilistico proposto dai Sincarnate non è mai ammiccante o sbilanciato sul versante melodico, bensì mostra l’intento della band di trascinare l’ascoltatore nel proprio gorgo, rappresentando la religione come tutt’altro che un’estrema ancora di salvezza.
Una rilettura, quella contenuta in In Nomine Homini, che ridisegna a tinte fosche l’impatto del culto del divino sull’umanita, evidenziandone le discrasie e, di fatto, spiegandone attraverso diversi fermi immagine quanto le varie credenze abbiano frenato lo sviluppo dell’autoderminazione dell’uomo, cosa della quale ancora oggi finiamo per pagarne le conseguenze, per assurdo forse ancor più che in epoche definite oscurantiste.
Il death doom dei Sincarnate è pervaso da una costante tensione, che il frequente ricorsi a campionamenti di urla strazianti o di voci recitanti contribuisce a mantenere sempre elevata; la band si muove con grande consapevolezza su un terreno scivoloso, sul quale una minore competenza nel maneggiare la materia porterebbe inevitabilmente a tediare l’audience, cosa che non avviene mai grazie a spunti ora ritmici, ora melodici, esaltati da un produzione di qualità (alla quale ha contribuito anche un nume tutelare della scena estrema rumena come Edmond Karban).
Non serve più di tanto entrare nel dettaglio dei vari brani, visto che In Nomine Homini deve essere assimilato come un continuum che trova il suo termine con la magnifica Liwyatan, traccia che tra voci angeliche, canti gregoriani, ritmiche squadrate ed il growl impietoso di Marius Mujdei, si rivela quale autentica summa concettuale e musicale dei Sincarnate.
Infatti, i due pur ottimi brani finali sono altrettante bonus track che vanno considerate come a sé stanti nell’economia di un album decisamente bello, da lavorare però con dedizione e proprio per questo foriero di soddisfazione non appena si riesce a decrittarne l’essenza.

Tracklist:
1. Attende Domine
2. Agrat bat Mahlat
3. Curriculum Mortis
4. She-Of-The-Left-Hand (Sophia Pistis)
5. In Nomine Homini
6. The Grand Inquisitor
7. Lamentatio Christi
8. Dies Illa
9. Liwyatan
10. De Luctum Perpetuum
11. Atonement

Line up:
Andrei Jumuga – drums
Andrei Zala – bass
Marius Mujdei – vocals
Giani Stanescu – guitars
Cristian Stilpeanu – guitars

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