Asidie – Behind

Doom, gothic, death melodico e dark rock sono il bagaglio musicale che gli Asidie si portano appresso, creando un sound che, se perde qualche punto in originalità, spicca per il notevole impatto emotivo grazie all’attitudine melodica e ombrosa in linea con quella di come Sentenced, HIM e, in parte, Swallow The Sun.

Accompagnato da un artwork che ricorda le opere metalliche uscite dalla penisola scandinava, arriva sul mercato Behind, il primo full length degli italiani Asidie.

Il gruppo, nato da qualche anno, licenzia il suo debutto che è stato preceduto dal singolo Under The Snow, uscito un paio di mesi fa.
Behind, con le sue ritmiche corpose, le tastiere che ricamano tappeti melodici, qualche accelerazione di stampo melodic death ed una voce profonda che ricorda il Ville Laihiala dei Sentenced/Poisonblack, ci regala una piacevole mezz’ora di melodie melanconiche ed atmosfere dark.
Il doom, genere a cui la band è accostata, è sfiorato a tratti in After The Storm, stupendo brano impreziosito dalla voce di Chiara Tricarico (ex Temperance, Teodasia), e in Smile For Me, ma sono attimi atmosferici in un sound che punta tutto sulle sonorità oscure tipiche dalla scuola scandinava.
Appunto doom, gothic, death melodico e dark rock sono il bagaglio musicale che gli Asidie si portano appresso, creando un sound che, se perde qualche punto in originalità, spicca per il notevole impatto emotivo grazie all’attitudine melodica e ombrosa in linea con quella di come Sentenced, HIM e, in parte, Swallow The Sun.

Tracklist
1. Black Soul
2. Under The Snow
3. After The Storm
4. Smile For Me
5. Cold Rain

Line-up
Valerio-Vocals
Ivan-Guitars
Rob-Guitars
Pizzu-Bass
Giulio-Drums

ASIDIE – Facebook

Malady – Toinen Toista

Non va mai oltre un soft rock progressivo la musica dei Malady: il cantato è pacato, e gli accenni alle jam liquide dei Pink Floyd offrono a tratti un confine più lontano, facendo volare la musica sopra le foreste ed i laghi, confondendosi con le nuvole nel cielo finlandese.

Il progressive rock dei finlandesi Malady è pacato, calmo, fresco e rilassante come l’acqua di uno dei mille laghi che si trovano sulla loro terra di origine: in una parola sognante.

Il quintetto di Helsinki dopo il debutto omonimo torna dunque con il suo rock progressivo che amalgama suoni retro rock, partiture soft vicino al jazz più lineare e indie rock, magari non come quello che siamo abituati ad ascoltare, ma sicuramente più maturo ed incastonato perfettamente nella struttura portante della musica del gruppo.
Toinen Toista è dunque la seconda opera di questa realtà musicale, un dolce peregrinare tra la natura finlandese alla quale la band dedica i testi cantati in lingua madre come nel primo lavoro, rimanendo confinata in un magico mondo underground dove possono trovare posto piccoli gioielli musicali, magari difficili da decifrare e reperire ma assolutamente affascinanti.
Non va mai oltre un soft rock progressivo la musica dei Malady: il cantato è pacato, e gli accenni alle jam liquide dei Pink Floyd offrono a tratti un confine più lontano, facendo volare la musica sopra le foreste ed i laghi, confondendosi con le nuvole nel cielo finlandese, mentre la title track ci dà il benvenuto e la lunga suite conclusiva, dal titolo Nurja Puoli (ventidue minuti di rock progressivo d’autore), tarsporta in un mondo fiabesco grazie alle note dell’hammond.
Toinen Toista è un’opera probabilmente destinata a rimanere confinata nel sottobosco musicale, ma in grado di regalare piacevoli emozioni a chi la vorrà cercare.

Tracklist
Tony Björkman – Guitar
Babak Issabeigloo – Guitar, Vocals
Juuso Jylhänlehto – Drums
Ville Rohiola – Hammond, Keyboards
Jonni Tanskanen – Bass guitar

Line-up
1.Toinen Toista
2.Laulu Sisaruksille
3.Tiedon Kehtolaulu
4.Etsijän Elinehto
5.Nurja Puoli

MALADY – Facebook

The Order Of Chaos – Night Terror

I The Order Of Chaos sono un gruppo irrinunciabile se siete amanti di Judas Priest, Skid Row e Primal Fear.

Dopo il bellissimo Apocalypse Moon, licenziato ormai tre anni fa, tornano i canadesi The Order Of Chaos, con questo ep di tre brani che segue quel lavoro ed anticipa quello che sarà un appuntamento da non perdere per gli amanti dell’heavy/power metal.

Avvalendosi sempre della prestazione sopra le righe della singer Amanda Kiernan, la band continua nell’arrembante e cattivissima rivisitazione del genere visto in chiave moderna, con produzione al top, suoni che escono come mitragliate ad altezza d’uomo ed un talento melodico straordinario che arricchiscono di appeal le varie Night Terror (brano che da il titolo al mini cd), False Security e New World Order.
Ottimi intrecci chitarristici ad opera dei due axeman (John Simon Fallon e John Saturley) e una sezione ritmica che risulta un rullo compressore (Tim Prevost alle pelli e Barret Klesko al basso) accompagnano la singer canadese nella sua entusiasmante performance, dandoci appuntamento al prossimo full length.
I The Order Of Chaos sono un gruppo irrinunciabile se siete amanti di Judas Priest, Skid Row e Primal Fear.

Tracklist
1. Night Terror
2. False Security
3. New World Order

Line-up
Amanda Kiernan – Vocals
John Simon Fallon – Guitars
John Saturley – Guitars
Tim Prevost – Drums
Barrett Klesko – Bass

THE ORDER OF CHAOS – Facebook

Izegrim – Beheaded By Trust

Gli Izegrim si dimostrano una band interessante, sicuramente ben salda nella scena underground europea, e Beheaded By Trust potrebbe risultare un buon modo per fare la loro conoscenza o per far passare il tempo in attesa di un prossimo full length.

La scena estrema olandese ha avuto in passato i suoi momenti di gloria, mentre recentemencote sembra essere passata in secoindo piano, n i gli amanti del genere a guardare perennemente più a nord verso la solita penisola scandinava.

Eppure band come gli Izegrim, capitanati dalla cantante e bassista Marloes Voskuil, attivi da ormai vent’anni e con una discografia importante alle spalle che include cinque full length, risultano delle ottime realtà che uniscono il death metal melodico a quello guerresco di qualche decennio fa.
Per la Listenable Records esce Beheaded By Trust, ep di quattro brani che segue di un paio d’anni l’ultimo lavoro sulla lunga distanza, The Ferryman’s End, concept legato all’attesa della pena capitale di un condannato.
I quattro brani sono duri come l’acciaio, con la cantante che al growl alterna urla disperate e declamatorie ed un sound che amalgama come già scritto death metal melodico e sound di matrice Bolt Thrower.
Diciassette minuti intensi e devastanti, un’ottimo antipasto servito dal gruppo sulle note di queste quattro bombe sonore che hanno nella title track il brano più convincente.
Gli Izegrim si dimostrano una band interessante, sicuramente ben salda nella scena underground europea, e Beheaded By Trust potrebbe risultare un buon modo per fare la loro conoscenza o per far passare il tempo in attesa di un prossimo full length.

Tracklist
1.Beheaded by Trust
2.Stain In The Bloodline
3.Retraumatized
4.Warmonger II

Line-up
Jeroen Wechgelaer – Guitars
Marloes Voskuil – Bass, Vocals (backing), Vocals
Bart van Ginkel – Guitars
Ivo Maarhuis – Drums

IZEGRIM – Facebook

Amor – Love VS Logic

Album da evitare se avete già passato la fase adolescenziale, Love VS Logic troverà sicuramente e comunque il suo spazio, ma il rock/metal alternativo e moderno è un’altra cosa.

L’alternative rock/metal da ragazzini ai primi pruriti adolescenziali ha stufato non poco.

Questi album hanno ben poco di rock, figuriamoci di metal, e sono cantati come se dovessero far breccia in qualche festival zuccheroso per bambini, con una leggera brezza travestita da grinta immessa in canzoni pop da classifica e che, nel giro di un mese, finiscono inevitabilmente nel dimenticatoio.
L’urgenza, quel minimo di cattiveria e quel senso di pericolo che di fatto è l’anima del rock (anche quello moderno) sono assolutamente inesistenti per far spazio a vocine che al massimo gridano il disagio di un piede pestato risultando davvero poca cosa, musica usa e getta adatta ai minori di quindici anni.
Difficile recensire un album composto da undici inni al nulla, tutti esattamente uguali, quindi tutti potenzialmente hit da dare in pasto ai ragazzini prima di entrare a scuola, partendo dall’opener Poison Play per finire con la conclusiva The Exit.
Ah, loro sono gli Amor, trio dell’Arizona perfettamente calato nella band da un milione di dollari e Love VS Logic è il loro album pregno di singoli che “innamorare” coppie di giovincelli travestiti da ribelli, tra pop, appena accennate sfumature a quel metalcore plastificato, che per ora fa ancora sfracelli nelle classifiche, e rock radiofonico che tanto fa cool in questo inizio millennio.
Album da evitare se avete già passato la fase adolescenziale, Love VS Logic troverà sicuramente e comunque il suo spazio, ma il rock/metal alternativo e moderno è un’altra cosa.

Tracklist
1. Poison Play
2.Clockwork
3. At Odds With Self
4. Frequency
5. Twice, Again
6. Look Alive
7. Tonight Always
8. Heart Locker
9. Living Lies
10. Collisions
11. The Exit

Line-up
Dillon Conneally
Ryan Daminson
Tre Scott

AMOR – Facebook

Descrizione Breve
Album da evitare se avete già passato la fase adolescenziale, Love VS Logic troverà sicuramente e comunque il suo spazio, ma il rock/metal alternativo e moderno è un’altra cosa.

Brain Distillers Corporation – Medicine Show

Pesante, sanguigno e divertente, Medicine Show non conosce freni e sbavature, parte come un tir e si ferma solo quando l’ultima nota di Syriana ci lascia nel silenzio dopo una tempesta di note nate in una Milano travestita da Seattle, con il clima nebbioso che si trasforma nel caldo secco della frontiera.

La ricetta all’apparenza è semplice : prendete Alice In Chains e Soundgarden, potenziateli con dosi letali di groove e metal dai rimandi southern (Black Label Society e Black Stone Cherry) ed avrete in mano il ricco piatto musicale che i Brain Distillers Corporation hanno preparato per voi.

Sembra facile, perché poi i vari sapori devono essere perfettamente bilanciati per la riuscita di questo piccantissimo piatto che vi farà letteralmente saltare sul tavolo ed attaccarvi al collo di una bottiglia prima che il fuoco vi bruci le budella.
Medicine Show è il secondo album di questa band milanese con l’America nel cuore e la sua musica nella testa: il primo lavoro (Ugly Farm), uscito due anni fa, aveva già mietuto vittime tra i fortunati che si erano imbattuti nel quintetto, ora arriva la conferma con questa nuova raccolta di irresistibili brani che tributa il rock statunitense degli anni novanta.
Grunge, alternative rock e southern metal confluiscono in un sound diretto e coinvolgente, con un’anima blues che veglia su brani assolutamente irresistibile, almeno per chi ama il genere ed il rock a stelle e strisce.
Pesante, sanguigno e divertente, Medicine Show non conosce freni e sbavature, parte come un tir e si ferma solo quando l’ultima nota di Syriana ci lascia nel silenzio dopo una tempesta di note nate in una Milano travestita da Seattle, con il clima nebbioso che si trasforma nel caldo secco della frontiera e con la cover di Man In The Box degli Alice In Chains a confermare le ispirazioni del combo valorizzando una track list perfetta.
La title track, Reaction, The Storm non fanno prigionieri, la pesantezza ritmica e colma di groove prende sotto braccio le melodie e i chorus di scuola grunge riunendosi con le atmosfere southern di cui vive l’album.
I Brain Distillers Corporation proseguono nella loro personale rivisitazione del rock/metal made in Usa, riuscendo in ciò che non riesce a molti, divertire e risultare convincenti.

Tracklist
1. Medicine Show
2. Reaction
3. In The Land Of Colours
4. The Storm
5. Convince Me
6. The Brains in the Van
7. Man in The Box – Alice in Chains Cover
8. Nezara Viridula
9. A Time For Silence
10. What is Real for You
11. Syriana

Line-up
Marco ‘Pascoso’ Pasquariello – Vocals
Matteo ‘Matt’ Bidoglia – Guitar
Francesco ‘Frank’ Altare – Guitar
Luca ‘Tambu’ Frangione – Bass
Fabrizio ‘Thompson’ Ravasi – Drums

BRAIN DISTILLERS CORPORATION – Facebook

Amraam – Taken

Aspettando ulteriori sviluppi godetevi questo ep, l’attitudine e l’impatto al gruppo non mancano di certo.

Fondati nel 2011 in un garage della capitale e muovendo i primi passi tra continui cambi di formazione e cover dei Metallica, i Not Ready Yet, dopo un primo ep, decidono di cambiare monicker nell’attuale Amraam.

Tra palchi messi a ferro e fuoco nei locali di Roma ed ancora qualche assestamento in formazione, la band arriva allo scorso anno ed alla firma con la Hellbones Records, che licenzia questo ep di quattro tracce più un brano live intitolato Taken.
Il gruppo capitolino è legato al thrash metal made in Bay Area, come si evince all’ascolto della title track posta in apertura, personalizzato e potenziato da dosi massicce di groove metal, variando ed assemblando tradizione e impulsi moderni.
Taken è aperto dalla voce di Liam Neeson nel film che dà il titolo all’album (da noi uscì come Io Vi Troverò) e la musica del gruppo segue l’urgenza del protagonista nel ritrovare la propria figlia e la voglia di vendetta che si trasforma in un massacro.
Gli Amraam creano così un sound fatto di sventagliate metalliche, alle quali si sostituiscono a tratti bordate sotto forma di mid tempo, facendo sì che il sound non ristagni muovendosi libero nel genere.
Rise ne è l’esempio lampante, devastante e mastodontica traccia che alterna velocità e potenza, così come Escape Or Die e The Groove, brani che si muovono tra Pantera, primi Machine Head e Metallica.
Il brano live che chiude l’ep (Sic Semper Tyrannis) lascia intravedere un’anima death metal che rende ancora più violento ed estremo il sound degli Amraam.
Aspettando ulteriori sviluppi godetevi questo ep, l’attitudine e l’impatto al gruppo non mancano di certo.

Tracklist
1.Taken
2.Rise
3.Escape Or Die
4.The Groove
5.Sic Semper Tyrannis (Live)

Line-up
Fabio – Guitar & Vocals
Sandro – Guitar
Luca “Pèrt” – Bass & Back Vocals
Daniele – Drums

AMRAAM – Facebook

Cruthu – The Angle Of Eternity

Un lavoro che non supera i confini del mood nostalgico di moda in questi tempi, quindi ad esclusiva degli amanti dell’hard rock tradizionale pervaso da atmosfere doom metal di scuola seventies.

Nella rivalutazione delle sonorità old school, il doom metal entra diritto nella schiera di quei generi a cui il trend ha sicuramente reso giustizia, soprattutto se lo sguardo cade, inevitabilmente sulle sonorità classiche.

Gli anni settanta, decennio d’oro e natale anagrafico per molti generi che vanno a comporre l’universo metal/rock, possono vantare tra i suoi nipoti gli statunitensi Cruthu, quartetto del Michigan attivo dal 2014 e al debutto con The Angle Of Eternity, album che in sé porta attitudine doom metal ed heavy per una proposta che più vintage di così non si può.
Licenziato dalla The Church Within Records, l’album risulta un primo esempio del credo musicale del gruppo: doom metal infarcito di ispirazioni settantiane, vintage e fuori dal tempo quel tanto che basta per accontentare principalmente i reduci dalle battaglie hard rock psichedeliche avvenute quarant’anni fa, tra citazioni occulte e rock di non facile presa ed assolutamente underground.
Si ritorna alle messe sabbatiche di inizio del decennio storico per il rock, anni in cui l’audience si divideva tra le sonorità progressive e quelle più orientate al credo hard & heavy di Black Sabbath ed Uriah Heep, maestri del combo in brani come Seance, per poi sconfinare negli anni ottanta e nella NWOBHM con la conclusiva title track.
Un lavoro che non supera i confini del mood nostalgico di moda in questi tempi, quindi ad esclusiva degli amanti dell’hard rock tradizionale pervaso da atmosfere doom metal di scuola seventies.

Tracklist
1. Bog Of Kildare
2. Lady In The Lake
3. Seance
4. From The Sea
5. Separated From The Herd
6. The Angle Of Eternity

Line-up
Ryan Evans-Vocals
Dan McCormick-Guitar
Erik Hemingsen-Bass
Matt Fry-Drums

CRUTHU – Facebook

Black Road – Black Road

Black Road tiene il passo senza grossi scossoni, il gruppo intona nenie doom tossiche e stregate da pozioni stoner, la chitarra vomita riff sabbathiani e solos hard & heavy che eruttano lava blues, mentre la singer ci trascina ipnotizzati in danze diaboliche.

La nuova ondata dei gruppi dai richiami vintage non si ferma solo all’hard rock classico ma, scavando nel tenebroso e mistico underground, il successo di band come Blues Pills ed Avatarium ha dato nuova linfa anche a quelle realtà che lontano dai riflettori suonano rock psichedelico, doom ed abbondantemente stonerizzato.

I Black Road per esempio sono un quartetto di Chicago fondato da solo un paio d’anni, la discografia vede il 2017 come anno zero, con un live e questo ep in uscita a pochi mesi l’uno dall’altro.
Black Road esce in cassette e vinile per la label olandese DHU Records, mentre la nostrana BloodRock Records curerà un’edizione limitata in cd.
L’album è composto da sei brani nei quali il doom e lo stoner incontrano l’hard rock e la psichedelia, facendo piccoli viaggi mistici a ritroso fino ai primi anni settanta con partenza dalla stazione chiamata From Hell, opener che avanza a passo lento e possente, dove il canto della sirena Suzi Uzi segue lo scorrere lavico delle note.
Black Road tiene il passo senza grossi scossoni, il gruppo intona nenie doom tossiche e stregate da pozioni stoner, la chitarra vomita riff sabbathiani e solos hard & heavy che eruttano lava blues, mentre la singer ci trascina ipnotizzati in danze diaboliche.
Il singolo Bloody Mary e la conclusiva title track sono pregne di umori vintage che, a tratti, tornano come in una vorticosa macchina del tempo verso gli anni novanta e ad un buon mix di doom e stoner tra Cathedral e Kyuss.
Un primo lavoro che sicuramente merita l’attenzione degli appassionati ai quali i è vivamente consigliato.

Tracklist
1.From Hell
2.Bloody Mary
3.Morte
4.Morte (Coda)
5.Red
6.Black Rose

Line-up
Casey Papp – Bass
Robert Gonzales – Drums
Tim M. – Guitars
Suzi Uzi – Vocals, Piano

BLACK ROAD – Facebook

The Julius Peppermint Band – Tides EP

Prendete sotto braccio il surf e cercatevi delle onde da cavalcare perché Tides EP profuma di spiagge assolate, più o meno in uno spazio temporale tra il 1968 e il 1972.

La vita artistica di un musicista non è solo ripetere all’infinito la solita formula, infatti per alcuni diventa vitale cambiare, rigenerarsi e ripresentarsi a chi ascolta sotto altre bandiere musicali.

Ed é così che passare dal metal estremo al rock diventa più facile di quello che si possa pensare: la conferma arriva proprio da questo mini cd di debutto dei The Julius Peppermint Band.
Il gruppo nasce da un’idea di Bertuzz, alias Julius Peppermint, musicista nostrano incontrato più volte nel corso di questi ultimi anni, come chitarrista e cantante nei seminali e quanto mai estremi Anthem Of Sickness e chitarrista degli Underwell, band metalcore di casa Wormholedeath.
Bertuzz torna quindi con un nuovo progetto e con nuova musica, questa volta facendoci fare un viaggio a ritroso nel rock con la sua The Julius Peppermint Band, accompagnato da Tiaz (batteria), Mali (basso) e Clod (chitarra).
Tides EP è composto da cinque brani, registrati e mixati da Bertuzz, con Wahoomi Corvi (guru di casa Wormholedeath) ad occuparsi della masterizzazione nei Realsound Studio.
Prendete sotto braccio il surf e cercatevi delle onde da cavalcare, perché Tides EP profuma di spiagge assolate, più o meno in uno spazio temporale tra il 1968 e il 1972, e la title track è un trip che arriva fulmineo, con quel riff che sa tanto di rock psichedelico e che continua a girare in testa anche quando White Cadillac ci porta a spasso in compagnia di Marc Bolan.
The Mad Cat e With You It’s Alright sono due brani irresistibili che fondono punk rock alla Ramones al garage suonato dai leggendari Miracle Workers, mentre lo strumentale che conclude l’ep (Jellyfish Suite) torna a farci viaggiare sulle ali di un trip dai colori vintage.
Un buon inizio, quindi, per questa nuova avventura del musicista nostrano, lontana dalla musica alla quale ci ha abituato in questi anni, ma altrettanto affascinante.

Tracklist
1.Tides
2.White Cadillac
3.The Mad cat
4.With You It’s Alright
5.Jellifish Suite

Line-up
“JP” Bertuz – Vocals, guitars
Tiaz – Drums
Mali – Bass
Clod – Guitars, backing vocals

THE JULIUS PEPPERMINT BAND – Facebook

Claudio Signorile – Groove Experience

Come ci hanno abituato ormai da tempo i musicisti che si cimentano in lavori strumentali, anche Claudio Signorile riesce ad impressionare senza necessariamente smarrire la strada maestra che conduce ad una scrittura rivolta non solo agli iniziati, bensì a chiunque ami la buona musica.

La musica contemporanea ha dato, da parecchi anni, sempre maggiore importanza agli strumenti ritmici, con il basso ad ergersi a protagonista principale, in più di un caso anche più della stessa chitarra: nell’economia dei vari generi con il suo suono caldo ha abbracciato migliaia di ascoltatori, ed anche nel metal e nel rock ha sempre trovato maestri indiscussi.

Groove Experience è il secondo ep del musicista pugliese Claudio Signorile, che i cultori del basso e dei lavori strumentali ricorderanno con A song 4 each day…, primo album uscito nel 2011 che lo vedeva impegnato quasi completamente con la programmazione degli altri strumenti, registrazione e mix.
Questa volta il bassista barese è accompagnato da una serie di ottimi musicisti che valorizzano i brani presenti in Groove Experience, dove il basso viene presentato sia come accompagnamento sia come strumento principale, offrendo una panoramica soddisfacente sul mondo delle quattro corde.
Ovviamente, in un album interamente strumentale, i pericoli dietro l’angolo sono l’ autocompiacimento e la tecnica fine a se stessa, a discapito di una fruibilità che per chi ascolta diventa vitale se non si è musicisti e non si ha confidenza con le tecniche di esecuzione.
Invece, per fortuna, Groove Experience lascia trasparire la voglia da parte di Signorile di rendere partecipi tutti quelli che si soffermeranno su queste sette gemme strumentali, nelle quali le capacità tecniche sono esclusivamente funzionali allo scorrere del fiume di musica che passa da rimandi jazz, al funky, dal rock, al metal, con il basso a dettare i tempi e, di conseguenza, le emozioni scaturite da bellissime cascate strumentali come Bass Suite, Groove Experiment e la magnifica Mosaic.
Come ci hanno abituato ormai da tempo i musicisti che si cimentano in lavori strumentali, anche Claudio Signorile riesce ad impressionare senza necessariamente smarrire la strada maestra che conduce ad una scrittura rivolta non solo agli iniziati, bensì a chiunque ami la buona musica.

Tracklist
01. Horizon
02. Bass Suite
03. Unforgettable
04. Groove Experiment
05. When love ends
06. Mosaic
07. In my memory

Line-up
Claudio Signorile – bass
Pierluigi Balducci,Vincenzo Maurogiovanni – Lead bass
Michele Campobasso – piano
Francesco Adessi and Danny Trent – acoustic guitar
Aurelio Follieri – electric guitar
Rha Stranges Francesco “Frums” Dettole – drums
Marcello Leanza – sax
Aurelio Follieri – electric guitar
Danny Trent – acoustic guitar

CLAUDIO SIGNORILE – Facebook

Crucifyre – Post Vulcanic Black

La band si muove a meraviglia tra sfuriate slayerane, devastanti ripartenze thrash/black e mid tempo metallici dai rimandi sabbathiani.

La title track di questo bellissimo nuovo album degli svedesi Crucifyre ci dà il benvenuto come meglio non si sarebbe potuto tra le note di Post Vulcanic Black, terzo full length del quartetto attivo in quel di Stoccolma dal 2006.

Non molto ricca, ma sicuramente di qualità, la discografia di questo satanico gruppo, fatta di un terzetto di lavori minori che fungono da corollario per lavori sulla lunga distanza che trovano in Post Vulcanic Black il picco qualitativo.
L’album si apre come detto con i sei minuti della title track, un mid tempo dai tratti heavy, molto atmosferica e dai solos armonici in un crescendo di tensione culminante nella seguente Thrashing With Violence che, come suggerisce il titolo, risulta un brano di ruvido thrash metal old school.
Si torna all’heavy metal con la splendida Mother’s Superior Eyes, mentre le sfumature black di War Chylde tornano a rivestire di estremo il sound del gruppo.
I nuovi arrivati (Karl Buhre alla voce e Cristian Canales al basso) risultano perfettamente a loro agio, inseriti in un contesto collaudatissimo capitanato dal batterista Yasin Hillborg (ex Afflicted), e la band gira come un orologio tra sfuriate slayerane (Murder And Sex And Sel-Destruction), devastanti ripartenze thrash/black (Död Människa?) e mid tempo metallici dai rimandi sabbathiani (Copenhagen In The Seventies, altro brano da applausi insieme alla title track).
Non resta quindi che cercare la vostra copia di Post Vulcanic Black, mentre la conclusiva Serpentagram , oltre a richiamare un noto gruppo doom nel titolo, vi accompagna lentamente verso la fine del viaggio nel mondo di questa ottima band estrema.

Tracklist
1. Post Vulcanic Black
2. Thrashing With Violence
3. Mother’s Superior Eyes
4. War Chylde
5. Hyper Moralist (Deemed Antichrist)
5. 200 Divisions
6. Död Människa?
7. Murder And Sex And Self-Destruction
8. Copenhagen In The Seventies
9. Serpentagram

Line-up
Karl Buhre – Vocals
Patrick Nilsson – Lead Guitar
Alex Linder – Lead Guitar
Christian Canales – Bass
Yasin Hillborg – Drums

CRUCIFYRE – Facebook

Eartheria – Awaken The Sun

L’ep, della durata di mezzora, fatica a tenere l’ascoltatore con l’attenzione concentrata su brani come Myriad o la conclusiva Nihil, tracce tenute prigioniere dalle catene di un sound che segue le peripezie tecniche di Gojira e compagnia, ma che fatica nel lasciare qualcosa in termini di emozioni in chi ascolta.

Secondo mini cd per i finlandesi Eartheria, metal band proveniente da Pori e formata da quattro ottimi musicisti.
Ed infatti la loro bravura strumentale si evince da questi cinque brani che formano Awaken The Sun, successore del primo lavoro uscito tre anni fa (Throes Of Time).

Il quartetto si dedica anima e corpo al death metal dai rimandi tecnici e progressivi, lasciando trasparire un anima melodica per un sound che risulta una via di mezzo tra il technical ed il melodic death.
Il risultato è altalenante, le emozioni latitano, lasciate agli attimi in cui la melodia prende il sopravvento sul tecnicismo, e questo impedisce ad Awaken The Sun di prendere definitivamente il volo.
L’ep, della durata di mezzora, fatica a tenere l’ascoltatore con l’attenzione concentrata su brani come Myriad o la conclusiva Nihil, tracce tenute prigioniere dalle catene di un sound che segue le peripezie tecniche di Gojira e compagnia, ma che fatica nel lasciare qualcosa in termini di emozioni in chi ascolta.
Due ep in quattro anni portano a pensare che al prossimo giro la band si dedicherà all’esordio sulla lunga distanza, e qui vedremo se gli Eartheria sapranno o vorranno sterzare verso un sound più lineare, lasciando maggiore spazio ad un elemento melodico che  sembrerebbe tutto sommato essere nelle loro corde.

Tracklist
1.A Wake (In the Sun)
2.Brought Before the Emperor
3.Myriad
4.Escapist
5.Nihil

Line-up
Leino Juha-Pekka – Guitar & Main Vocals
Unkila Lauri – Guitar & Backing Vocals
Rosholm Janne – Bass & Backing Vocals
Ojakoski Mikko – Drums & Backing Vocals

EARTHERIA – Facebook

Special Ops – Baby Take It All

Ep di tre brani per gli alternative rockers canadesi Special Ops, band consigliata agli amanti dell’alternative metal e del crossover.

Gli Special Ops sono una band alternative metal canadese, nata all’inizio del nuovo millennio e con una discografia abbastanza nutrita, tra full length e lavori minori.

In passato il quartetto suonava una miscela originale di metal classico, digressioni jazz e musica tradizionale orientale, trovando un discreto successo per via di un brano utilizzato in uno spot pubblicitario.
Baby take It All è un mini cd di tre brani che segue di pochi mesi l’ultimo album (Tangents), il quarto della storia del gruppo di Montreal.
La title track è il classico brano alternative, un hard rock moderno dal metallico riff iniziale che sterza il tiro del sound verso un rock più radiofonico e mainstream, così come la seguente Dead Are Calling, traccia oscura e melodica che lascia spazio alla notevole Salt, un ritorno a quelle sonorità che che si riassumono in un unico termine: crossover.
Rock, jazz, sezioni di fiati che impreziosiscono ritmiche funky, fanno di quest’ultimo brano il motivo per dare un ascolto a questo ep e fare la conoscenza dei rockers canadesi.

Tracklist
1.Baby take It All
2.Dead Are Calling
3.Salt

Line-up
AK Johnson – Guitar/Vocals,
Weka BW – Lead Guitar,
Waldo Thornhill – Bass,
Clarence Mcgillucutty – Drums & Percussion

SPECIAL OPS – Facebook

Bloodland/Necrosi – Death Metal Attack Split

Buona iniziativa della Unholy Fire Records che unisce in uno split i tedeschi Bloodland ed i nostri Necrosi.

Buona iniziativa della Unholy Fire Records che unisce in uno split i tedeschi Bloodland ed i nostri Necrosi.

La prima parte vede quindi i Bloodland alle prese con una mezzora scarsa di death metal old school, feroce e battagliero accostabile ai Bolt Thrower e alla scena olandese.
Una lunga intro ci prepara all’esplosione di Into Sect, brano che rispecchia quanto scritto, mentre Disingrate è leggermente più elaborata nelle ritmiche, con un inizio in mid tempo ed una oscura potenza guerriera che si trasforma in una cavalcata veloce e devastante.
Le coordinate del gruppo tedesco sono mantenute intatte anche negli altri brani, con Disconnected By Humanity a risultare la traccia più convincente di questo breve lotto di  bombe atomiche musicali.
I Necrosi sono invece una band siciliana e nelle sue fila si muovono personaggi di spicco dell’underground estremo come Giuseppe Peri e Tony “Grave”, coppia d’assi dei Thrash Bombz, già recensiti più volte sulle nostre pagine; ad aiutare i due musicisti agrigentini troviamo altri due musicisti appartenenti alla stessa cerchia, Angelo Bissanti al basso e Totò alla batteria.
I tre brani presentati dal gruppo fanno riferimento al death metal tradizionale, producendo una scarica estrema riconducibile alle gesta dei gruppi storici nei primi anni novanta e di palese ispirazione americana.
Ritmiche varie, mid tempo che si trasformano in pesantissime cavalcate estreme, growl feroce e chitarre torturate, fanno di questi tre brani un ottimo antipasto per quello che si potrebbe trasformare in qualcosa di più che non un progetto limitato ad un ep.
Fire In Carnage, la progressiva Nocturnus Trauma e l’ottima Haunted By Fear, dall’inizio doom/death per poi trasformarsi in un crescendo death entusiasmante, sono un biglietto da visita niente male per il gruppo siciliano.
In complesso un ottimo split , che ci presenta due gruppi separati da migliaia di km, ma uniti nel diffondere il verbo del genere.

Tracklist
1.Bloodland-Intro Apocalyptic Visions
2.Bloodland-Into Sect
3.Bloodland-Disingrate
4.Bloodland-Invasion Of Bacteria
5.Bloodland-Disconnected By Humanity
6.Bloodland-The Usual Mortality
7.Necrosi-Fire In Carnage
8.Necrosi-Nocturnus Trauma
9.Necrosi-Haunted By Fear

NECROSI – Facebook

Kobaloi – For Nothing We Follow

Thrash metal e groove si fondono nel sound degli statunitensi Kobaloi per dar vita ad una tempesta estrema che non risparmia frustate hardcore.

Thrash metal e Groove si fondono nel sound degli statunitensi Kobaloi per dar vita ad una tempesta estrema che non risparmia frustate hardcore, composto da un sound personale e che, nella sua violenta ispirazione risulta suonato a meraviglia, tanto che non è così difficile scorgere riferimenti all’heavy metal classico.

La band nasce nel nord Minnesota quattro anni fa e prima di questo debutto sulla lunga distanza ha rilasciato un ep, Crossing Akheron nel 2015.
For Nothing We Follow è un lavoro atipico se si considerano i canoni odierni del genere: spogliato dei classici mid tempo del groove metal, appare quale un devastante macigno thrash dove il gran lavoro ritmico passa da martellate groove a sorprendenti passaggi tecnici di scuola Iron Maiden.
Poi, come d’incanto, una furia hardcore si impossessa del sound (Revence Of A Dying Liar) alternando suoni old school a parti dai rimandi al metal moderno statunitense, in un’altalena di atmosfere esaltate dalla tellurica prestazione del gruppo.
Aphonic Breed è il classico brano che riassume in quattro minuti tutte le sfaccettature della musica composta dai Kobaloi: Megadeth, Sepultura, Iron Maiden e Lamb Of God vengono mescolati in un cocktail estremo che dal groove metal prende quella forza espressiva moderna, il tanto che basta per fare di For Nothing We Follow un album riuscito e, a suo modo, originale.
Choleric e Khold Sin confermano con la loro rabbiosa atmosfera l’approccio estremo del gruppo americano, sicuramente una realtà da seguire nel vasto panorama del metal underground.

Tracklist
1.Walls Of Flesh, Blood And Bone
2.Reverance Of A Dying Liar
3.Endenial
4.Aphonic Breed
5.Choleric
6.The Fury Never Fades
7.Khold Sin
8.Throes Of Hollow

Line-up
J.J. Mohr – Vocals
Vincent Verroust – Guitars
Thomas Toepper – Drums
Adam Syverson – Bass, Vocals
Damian Dunn – Guitars

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Atomwinter – Catacombs

Il quartetto tedesco non conosce compromessi e fin dalla copertina è palese l’intenzione di presentarci un lavoro basato su un sound old school, marcio e putrido come l’odore di morte che pervade le catacombe dalle quali, una volta entrati, sarà impossibile uscirne.

Ci si fa una bella gita nelle catacombe con l’ultimo album dei deathsters tedeschi Atomwinter, quartetto che vede l’inizio dell’attività nel 2010 e che ha licenziato due full length, il primo album dal titolo che è una chiara dichiarazione d’intenti come Atomic Death Metal, seguito da un ep e dal precedente Iron Flesh, licenziato tre anni fa.

Il quartetto tedesco non conosce compromessi e fin dalla copertina è palese l’intenzione di presentarci un lavoro basato su un sound old school, marcio e putrido come l’odore di morte che pervade le catacombe dalle quali, una volta entrati, sarà impossibile uscirne.
L’Intro ci apre la via verso le tombe coperte da centinaia di ratti malefici e la title track parte in quarta, il suono è riprodotto fedelmente come nei primi anni novanta, il growl maligno accompagna la parte strumentale che ha in Sadistic Intent la prima clamorosa frenata, un passaggio doom/death perfettamente in grado di regalare sfumature profondamente aberranti e ritornare a macellare padiglioni auricolari con la mastodontica Ancient Rites, il primo grande brano dell’album.
Gathering Of The Undead continua a mantenere la qualità di questo lavoro medio alta, perché Catacombs non brilla certo in originalità, ma la sua forza è espressa nel songwriting che in alcune tracce non fa prigionieri.
Carved In Stone, Necromancer e Morbid Lies risultano tre sfuriate estreme, riportando Catacombs verso il death metal dell’inizio, lasciando alla conclusiva Funeral Of Flesh il compito di levarci ogni speranza di ritorno alla luce con il suo incedere lento, falciato da accelerazioni continue e pesantissimi rallentamenti doom che lentamente chiudono l’entrata della tomba, con il buio totale che ci avvolge nel suo lugubre silenzio.
Asphyx, Bolt Thrower e Morgoth sono i principali ispiratori del combo tedesco, una macchina da guerra death metal consigliata senza remore agli amanti dei suoni old school.

Tracklist
1. Intro
2. Catacombs
3. Dark Messiah
4. Sadistic Intent
5. Ancient Rites
6. Gathering of the Undead
7. Carved in Stone
8. Necromancer
9. Morbid Lies
10. Funeral of Fles

Line-up
O. Holzschneider – Vocals
B.Grapp – Guitars
P.Walter – Drums
M.Schulz – Bass

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Necrodeath – The Age Of Dead Christ

The Age Of Dead Christ è il ritorno di una delle più importanti band metal italiane: il loro thrash black metal continua a mietere vittime e i trentatré anni passati dal primo storico demo non hanno lasciato alcuna cicatrice.

Non è mai facile recensire un album come l’ultimo Necrodeath, si rischia sempre la caduta nella retorica, celebrando una band di valore assoluto ed una manciata di nuovi brani che tornano a far parlare la storia del metal estremo, non solo nazionale.

I Necrodeath sono una delle icone del metal italiano, un gruppo che ha scandito con la sua discografia trent’anni abbondanti di musica metal in Italia, più facile al giorno d’oggi, meno se parliamo degli anni ottanta e novanta.
Peso, Pier, Flegias e G.L sono ancora qui con un album che celebra i trentatré anni dal primo seminale demo The Shining Pentagram, uscito nel 1985, tanti anni quanti quelli del Cristo prima di finire appeso ad una croce sulla collina del Golgotha, come è ben raffigurato nell’artwork che riporta il logo storico del combo genovese.
Ne sono passati di anni e di musica sotto i ponti dell’inferno dove si celebra il metal estremo di matrice thrash/black genere di cui la band è maestra, valorizzato da una tecnica sopraffina e da una furia estrema mai sopita.
The Age Of Dead Christ arriva ad un anno dal bellissimo split con la regina nera del metal nazionale Cadaveria, quel Mondoscuro che vedeva interagire le due band in modo totale, al punto da coverizzarsi a vicenda, e quattro dal precedente The 7 Deadly Sins, opera sui sette vizi capitali nella quale i Necrodeath per la prima volta usavano la lingua italiana, alternandola con l’idioma inglese.
Una band che non ha mai avuto timore di sperimentare torna però al più classico death/black, una mazzata estrema violentissima ed oscura che ci sputa in faccia tutta la sofferenza del mondo tramutata in livore e furia, fin dall’opener The Whore Of Salem, una traccia di metal estremo old school, seguita dal devastante thrash/black di The Master Of Mayhem.
The Age Of Dead Christ non ha pause, con la band che alterna velocissime ripartenze a mid tempo di schiacciante potenza: Peso dimostra d’essere uno dei batteristi più bravi della scena estrema mondiale con una prestazione che ha nei dettagli e nelle tante finezze ritmiche sparse qua e là il suo maggior pregio, G.L. supporta con una prova gagliarda il collega e la furia tecnicamente ineccepibile di Pier Gonella, con Flegias che sputa veleno, demone inarrestabile dietro al microfono.
The Kings Of Rome infuria tempestosa, The Triumph Of Pain rallenta i ritmi ma, in quanto ad atmosfera, è uno dei brani più riusciti dell’ opera; The Return Of The Undead è il tributo al passato e al primo full length Into The Macabre, in quanto nuova versione del classico The Undead con A.C. Wild degli storici Bulldozer come ospite.
L’album si chiude con un trittico di perle estreme come The Crypt Of Nyarlathotep, The Revenge Of The Witches e la title track, che formano un delirio musicale tra atmosfere nere e diaboliche ed il thrash/black metal nella sua forma più convincente, chiudendo come meglio non si poteva questo bellissimo nuovo capitolo della trentennale e leggendaria storia dei Necrodeath.

Tracklist
1. The Whore Of Salem
2. The Master Of Mayhem
3. The Order Of Baphomet
4. The Kings Of Rome
5. The Triumph Of Pain
6. The Return Of The Undead
7. The Crypt Of Nyarlathotep
8. The Revenge Of The Witches
9. The Age Of Dead Christ

Line-up
Flegias – Vocals
Pier – Guitars
G.L. – Bass
Peso – Drums

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Nemesis Inferi – A Bad Mess

Un album violento e melodico, potente e devastante quanto basta per non deludere gli amanti del genere e che proietta i Nemesis Inferi verso un futuro all’insegna del groove metal.

Continua imperterrita la trasformazione o evoluzione dei Nemesis Inferi, partiti tanti anni fa verso i gironi infernali dove regna il symphonic black metal, e tornati sui loro passi prima di cedere alle lusinghe del groove metal.

L’ultimo album in studio del gruppo bergamasco si spazzola via le ultime briciole gotiche ancora presenti sul precedente Natural Selection e si candida come album groove metal tout court, caratterizzato da un’anima thrash ed una più alternative, per un lavoro duro come l’ acciaio, pesante come un blindato e melodico il giusto per fare degli otto brani in programma una buona alternativa tutta tricolore allo strapotere statunitense, almeno in questo genere.
Solo il singolo e video Anything Anymore lascia passare la luce fioca di una candela gothic/dark, con G.M.Gain che ricoda a più riprese Peter Steele, per poi tornare a lidi thrash/groove con la tiltle track.
Prodotto da un nome importante della scena metal internazionale come Jaime Gomez Arellano (Paradise Lost, Ghost, Solstafir, Cathedral, With The Dead), l’album è un’esplosione di groove metal che dalle prime note dell’opener Never On Your Mouth alza un vento nucleare che spazza via tutto.
Il thrash moderno fa capolino quando la band sgomma prima di tornare su tempi medi, l’alternative metal è presente ma viene a tratti drogato dallo stoner, le melodie incastonate nei brani mantengono alta la fruibilità della musica ma non fanno mai scendere la tensione anche quando le atmosfere sembrano placarsi, per poi ripartire in un crescendo hard rock (Crawling In The Dust).
Vertigo chiude l’album come era iniziato, violento e melodico, potente e devastante, quanto basta per non deludere gli amanti del genere, chiudendo definitivamente con il passato e proiettandosi verso un futuro all’insegna del groove metal.

Tracklist
1.Never on your Mouth
2.Breaking Bad
3.Hate My Name
4.Rising
5.Anything Anymore
6.Bad Mess
7.Crawling in the Dust
8.Vertigo

Line-up
G.M. GAIN – Vocals & Guitar
FAZZ – Lead Guitar
DANIEL – Bass & Backing Vocals
MATTEO – Drums

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Dustin Behm – The Beyond

Behm, cresciuto a pane e James Murphy, con contorno di Satriani e Gilbert, licenzia un debutto che ricorda più un testo didattico che un’opera musicale e che potrebbe piacere solo a chi si trastulla con i guitar heroes ed i virtuosi degli strumenti.

Una cascata di note allucinanti tra dischi volanti e mostri usciti dalla cultura horror degli anni settanta, un vorticoso incedere tra prog metal e technical death che porta alla totale distruzione, mentre gli incubi del musicista ci appaiono confusi e nebulosi.

Dustin Behm, chitarrista e polistrumentista americano, ex Lumus ed in forza ai prog metallers Increate, debutta con il primo lavoro solista interamente strumentale, un “mappazzone” (come lo definirebbe lo chef Barbieri, davanti ad un piatto presentato da uno dei cuochi dilettanti nel noto programma culinario di Sky) estremo di note suonate alla velocità della luce, tra death metal, prog e sfumature jazz.
Il problema di questo lavoro è l’assoluta mancanza di feeling, trattandosi di una cinquantina di minuti (e non sono pochi) di musica suonata da un mostro di tecnica (su questo non ci piove) che ben poco a chi ascolta e ancora meno se non si è un musicista, per cui l’attenzione rimane alta solo per trovare qualche difetto al collega di turno.
Lo shredding è portato all’estremo, la forma canzone manca totalmente e l’interesse comincia a svanire dopo il terzo brano, travolti da un’interminabile ghirigoro elettrico che affoga nel mare in burrasca dell’ego di un musicista prigioniero della propria inattaccabile tecnica.
Behm, cresciuto a pane e James Murphy, con contorno di Satriani e Gilbert, licenzia un debutto che ricorda più un testo didattico che un’opera musicale e che potrebbe piacere solo a chi si trastulla con i guitar heroes ed i virtuosi degli strumenti.
Le emozioni, che sono il fulcro di qualsiasi forma d’arte, non abitano tra questi solchi, peccato.

Tracklist
01. Mechanization
02. Poltergeist
03. Alien Voodoo
04. Interdimensional Travel
05. The Beyond
06. Genesis
07. Rituals
08. Descent Into The Unknown
09. Haunted Labyrinth
10. Obelisk
11. Last Resort
12. Awakening
13. Towers Of Glass

Line-up
Dustin Behm – All Instruments

DUSTIN BEHM – Facebook