New Years Day – Unbreakable

Nel loro genere, ovvero l’incontro tra pop e metal moderno, i New Years Day sono molto bravi, con un suono molto stelle e strisce, dalla grande forza ma anche dalla grande melodia.

Nuovo album per uno dei maggiori gruppi di metal pop mondiali, i californiani New Years Day, capitanati da Amy Costello da Anaheim.

Dopo il disco precedente, Malevolence del 2015, la band ha allontanato persone molto negative che vi gravitavano intorno, hanno rinnovato la squadra e sono più forti, da qui il titolo del nuovo lavoro: Unbreakable. Il lavoro è un perfetto esempio di come si possano unire pop e metal, generando melodie molto accattivanti che vertono sulla bella voce di Amy Costello. Quest’ultima è un po’ il fulcro ed il punto di maggiore attenzione del gruppo, nel senso che intorno alla sua voce e alla sua bellezza girano i New Years Day. Il gruppo è valido, molto americano e moderno, ma senza di lei l’interesse non sarebbe certamente lo stesso. Innanzitutto possiede una voce che sa adeguarsi ai diversi registri, dal pop la metal, passando per l’elettronica, ed è brava in tutti i frangenti. Poi è molto bella e usando in maniera accattivante questa sua dote la cosa sembra funzionare. Nel loro genere, ovvero l’incontro tra pop e metal moderno, i New Years Day sono molto bravi, con un suono molto stelle e strisce, dalla grande forza ma anche dalla grande melodia: Unbreakable è un lavoro che può piacere ad un pubblico trasversale, sicuramente non a chi ama il metal estremo, ma non si può mai dire, le folgorazioni sono dietro l’angolo. Il disco è quello che vuole essere, e sicuramente in patria raggiungerà vette notevoli, specialmente nel circuito delle radio universitarie. Qui da noi è un suono che non va molto, ma tutto è possibile. Metal moderno, pop e movimento.

Tracklist
1. Come For Me
2. MissUnderstood
3. Skeletons
4. Unbreakable
5. Shut Up
6. Done With You
7. Poltergeist
8. Break My Body
9. Sorry Not Sorry
10. My Monsters
11. Nocturnal
12. I Survived

Line-up
Ash Costello – vocals
Nikki Misery – guitar
Frankie Sil – bass
Austin Ingerman – lead guitar

NEW YEARS DAY – Facebook

Sidechain – Sidechain

In questo lavoro c’è un po’ tutto quello che il rock ha regalato a cavallo dei due secoli, che il gruppo marchigiano fa suo e con sagacia lo amalgama in una ricetta musicale vincente e matura.

Altro nome di cui risentiremo parlare in futuro è quello dei marchigiani Sidechain.

La band, dopo gli iniziali aggiustamenti nella line up, trova l’assetto definitivo nel quartetto composto da Simone Tedeschi alla voce, Matteo Nardinocchi alla chitarra, Mario Bianchini al basso e Danilo Innocenti alla batteria.
L’ep omonimo licenziato tramite la Volcano Records presenta cinque brani molto interessanti, poco inclini a facili melodie ed incentrati sulla parte più metallica e progressiva del rock alternativo degli anni novanta.
Chi si aspetta una manciata di canzoni dal ritornello carino, magari dal taglio post grunge ed in linea con il sound radiofonico alla Nickelback, verrà invece travolto da un sound potente, che non manca di pesanti note stoner e valorizzato da un grande lavoro ritmico dai rimandi progressivi.
In questo lavoro c’è un po’ tutto quello che il rock ha regalato a cavallo dei due secoli, che il gruppo marchigiano fa suo e con sagacia lo amalgama in una ricetta musicale vincente e matura.
Si parte dal metal al moderno rock progressivo, attraverso l’alternative rock tra lo spartito dell’opener My Master, di Horrible Tentacle e soprattutto della conclusiva Flame, brano simbolo del sound Sidechain, tra Tool, Alice In Chains ed Alter Bridge.
Cinque ottimi brani (l’ep si completa con Wars Today e Last Redemption Of My Soul) che ci presentano una band avviata a dire la sua nella scena underground rock odierna.

Tracklist
1. My Master
2. Horrible Tentacle
3. Wars Today
4. Last Redemption of My Soul
5. Flame

Line-up
Simone Tedeschi – Vocals
Matteo Nardinocchi – Drums
Mauro Bianchini – Bass
Danilo Innocenti – Drums

SIDECHAIN – Facebook

Order 1968 – Tears In The Snow

Un documento di gran valore, ma soprattutto un gran disco che ha finalmente una veste adeguata.

Ristampa della cassetta Tears In The Snow di Order 1968, rimasterizzata da Giovanni Indorato al Ctìyber Ghetto Studio.

Order 1968 è stato uno dei primi progetti di uno dei maggiori nomi della musica elettronica in chiave ambient ed industrial in Italia, da parte di quel Claudio Dondo che, dopo l’esperienza con Order 1968 andrà a fondare i fondamentali Runes Order, che invitiamo caldamente a scoprire o riscoprire. La cassetta uscì originariamente nel 1991, registrata nello studio casalingo di Claudio, che era anche l’unico membro del progetto, e pubblicato sull’etichetta da lui fondata, Hate Productions. La cassetta fu originariamente ristampata in 200 copie sotto il nome Runes Order dalla Oktagon Records, con lo stesso audio ed un artwork differente. Annapurna Productions ha ristampato il tutto rimasterizzandolo e con le copertine originali. Dondo è sempre un produttore geniale e notevole, in nuce qui c’è quello che poi farà con i Runes Order, ma soprattutto troviamo una concezione totale e rituale del mezzo musicale. Non è musica fatta per intrattenere, per consolare o per dare risposte, qui ci sono tenebre, domande e tormenti, ma il fatto è che sono fra le atmosfere migliori mai prodotte in Italia. Molto lontano dalle luci della musica di successo ed anche dalla musica delle pose finto alternative, c’è un universo dove ci sono persone che fanno musica per passione e per giocare con i loro demoni, e Claudio Dondo è un eminente esponente di codesta schiatta. Tears In The Snow non lo si ascolta, è il disco stesso che si insinua dentro di noi, percorre le nostre vene e torna nel cervello per celebrare il rituale della nostra estrema caducità, messa mirabilmente in sonoro qui. Tears In Snow è sia un lavoro seminale che una cosa a sé stante, un altro tenebroso episodio della carriera di Claudio, una parabola pressoché unica in Italia e che è apprezzata da chi sa e vuole farlo. Un documento di gran valore, ma soprattutto un gran disco che ha finalmente una veste adeguata.

Tracklist
1. Intro(duction)
2. Sturm
3. A Minute In The Snow
4. The Runes
5. The White Empire
6. The Key Of Pride
7. Watching The New Dawn
8. Nocturne
9. No Surrender!!!
10. A Minute In The Wind
11. Buried Blades
12. Le Bianche Valli Del Silenzio
13. Chi Ride Muore!

Numenorean – Adore

La matrice depressivo-malinconica dei testi e di certi passaggi finisce per divenire il valore aggiunto in un album che, se non apre una nuova strada compositiva, è comunque abbondantemente ricco di brani e passaggi convincenti, capaci di avvincere anche chi non ha di norma un rapporto molto amichevole con modern metal e dintorni.

Adore è il secondo album per i canadesi Numenorean dopo l’esordio Home, di tre anni fa, che li aveva portati all’attenzione di chi apprezza una commistione tra black e modern metal.

In effetti il gruppo dell’Alberta viene incasellato in ambito post black ma, partendo dal presupposto che tutto ciò che è post alla fine non è un vero e proprio genere, la realtà è che quanto viene offerto è spesso molto più vicino ad un metalcore che racchiude al suo interno diverse variazioni e soprattutto un notevole impatto emotivo.
Proprio la matrice depressivo-malinconica dei testi e di certi passaggi finisce per divenire il valore aggiunto in un album che, se non apre una nuova strada compositiva, è comunque abbondantemente ricco di brani e passaggi convincenti, capaci di avvincere anche chi non ha di norma un rapporto molto amichevole con modern metal e dintorni.
La varietà di Portrait of Pieces e il trascinante incedere di Horizon sono indicatori piuttosto precisi di quanto racchiuso in un lavoro che, complice l’ideale durata di una quarantina di minuti, gode di una buona sintesi e si tiene alla larga da passaggi a vuoto. La stessa Regret, che lì per lì sembra il classico brano metalcore gonfio di rabbia repressa ma privo di sbocchi, si apre improvvisamente a livello melodico tenendosi però ben alla larga da certe stucchevolezze di maniera e lasciando alla fine un piacevole retrogusto.
Detto di altri due brani notevoli per impatto come la title track e Coma, e aggiungendo che le altre cinque tracce (tra le quali spicca Stay, sorta di mini-ballad) sono degli interludi tutt’altro che superflui in virtù della buona tecnica in dote a questi ragazzi, Adore rappresenta un approccio al metal moderno nel quale non viene sacrificata la profondità a favore di quello che, invece, si presenta frequentemente come uno spesso involucro all’interno del quale è racchiuso poco più che il nulla.
Non solo, ma in buona parte anche per questo motivo, i Numenorean potrebbero raccogliere consensi in un contesto di appassionati trasversale ai generi.

Tracklist:
1. Nocebo
2. Portrait of Pieces
3. Horizon
4. And Nothing Was the Same
5. Regret
6. Stay
7. Coma
8. Alone
9. Adore
10. DDHS

Line-up:
Byron Lemley – Guitar/Vox
Brandon Lemley – Vocals
Roger LeBlanc – Guitar/Vocals
Alex Kot – Bass
David Horrocks – Drums

NUMENOREAN – Facebook

Arrival Of Autumn – Harbinger

Metalcore, tanta tecnica snocciolata senza risultare nemmeno per un momento noiosi, passaggi incandescenti e altri più melodici, contribuiscono a rendere il disco un tutto molto ben strutturato e soprattutto, cosa assai difficile di questi tempi, molto piacevole da ascoltare tutto assieme, come continuum sonoro.

Al primo distratto ascolto il disco degli Arrival Of Autumn potrebbe sembrare molto simile a molti degli ultimi dischi di metal moderno usciti recentemente.

Invece Harbinger si rivela strutturato molto bene e pieno di metal sia moderno che meno recente, perché questi canadesi dell’Alberta hanno un’anima fortemente metallica e qui la esprimono tutta. Innanzitutto debuttare direttamente su Nuclear Blast Record la dice molto lunga sulle aspettative che ci sono su questi ragazzi, attese tutte quante ben riposte. Nati e cresciuti a Grande Prairie, una cittadina di circa cinquantamila abitanti che prevede specialità locali a base di petrolio e di legname, gli Arrival Of Autumn riversano nella musica ed in questo debutto un vigore ed una potenza che si potrebbe paragonare a quella degli Spliknot che venivano da Des Moines, Iowa profondo. Il loro suono è un metalcore potente e originale, riescono a combinare melodia e pesantezza, il tutto con molta naturalezza e sapienza. Harbinger è un disco metal tout court, nel senso che si esprime in maniere diverse, ma il sostrato è fortemente metallico, quel metal di larghe vedute che entrerà nelle teste di amanti di diversi sottogeneri dell’arte metallica. Gli Arrival Of Autumn hanno quel tiro che riesce ad essere metalcore del migliore possibile, ma assorbono molto la lezione di tanti altri gruppi che non avendo un genere ben preciso di riferimento e possedendo del talento iniziano una nuova via. Metalcore, tanta tecnica snocciolata senza risultare nemmeno per un momento noiosi, passaggi incandescenti e altri più melodici, contribuiscono a rendere il disco un tutto molto ben strutturato e soprattutto, cosa assai difficile di questi tempi, molto piacevole da ascoltare tutto assieme, come continuum sonoro. E la piacevolezza è qualcosa che vi avvilupperà fin dalle prime note della prima traccia Hurricane On The Horizon, che è assai paradigmatica di ciò che accadrà dopo. Molto intensi i momenti nei quali la batteria di Ty Fox dispensa una doppia cassa prepotente. Un gran bel debutto, niente male i ragazzi da Grand Prairie, Alberta, Canada.

Tracklist
01. Hurricane On The Horizon
02. End Of Existence
03. Witness
04. The Horror
05. Old Bones – New Blood
06. Better Off Without
07. Symbiotic
08. An Omen Of Loss
09. The Endless
10. Apocalyptic

Line-up
Brendan Anderson – guitars
Jamison Friesen – vocals
Ty Fox – drums
Ryan Sorensen – guitars
Kevin Student – bass

ARRIVAL OF AUTUMN – Facebook

Shuffle – Won’t They Fade?

Won’t They Fade? è un album che ha bisogno però di orecchie allenate all’ascolto di generi diversi tra loro per essere apprezzato, pena il rischio di apparire un minestrone fine a sé stesso: a voi l’ardua sentenza…

Secondo lavoro sulla lunga distanza per gli Shuffle, quintetto transalpino che ha già all’attivo un ep di debutto licenziato nel 2012 (Desert Burst), ed il primo full length datato 2015 (Upon The Hill).

Il gruppo cerca di uscire dai soliti cliché del metal moderno creando un sound vario ed alternativo, partendo da una base post rock e progressiva e ristrutturandola con iniezioni neanche troppo velate di metal alternativo, post rock e nu metal.
Ne esce un lavoro vario con i brani che si differenziano uno dall’altro uscendo dai confini di un genere preciso, a volte forzando un po’ troppo nel variare a tutti i costi la formula.
Gli Shuffle convincono di più quando l’anima progressiva prende il sopravvento e ne escono brani potenti ed a loro modo estremi, con uno scream dai rimandi core che violenta l’elegante spartito di cui può vantarsi questo lavoro.
Won’t They Fade? risulta così un ascolto piacevolmente vario nel suo mescolare input e generi di cui si compone il metal/rock degli ultimi anni, passando per brani come Paranoia Of The Soul, brano che dal nu metal in stile P.O.D. ed Hed PE passa agevolmente all’alternative progressivo di band come A Perfect Circle e Porcupine Tree.
Won’t They Fade? è un album che ha bisogno però di orecchie allenate all’ascolto di generi diversi tra loro per essere apprezzato, pena il rischio di apparire un minestrone fine a sé stesso: a voi l’ardua sentenza.

Tracklist
1. Spoil The Ground
2. Switch To The Otherside
3. Checkmate Fool
4. Faded Chalk Lines
5. Oh Glop D’Eternitat
6. Paranoia Of The Soul
7. Behind Ur Screen
8. Wintertide
9. Virtual Hero

Line-up
Jordan – Lead Voice, Guitars
Sullivane – Keyboards, Backing Vocals
Jonathan – Bass, Backing Vocals
Antoine – Samples, Backing Vocals, Percussions
Grantoine – Drums, Percussions

SHUFFLE – Facebook

Avem – Meridiem

Meridiem dei progsters austriaci Avem è un lavoro collocabile tra quelli di matrice progressiva, moderna e pregna di umori che alternano sfumature alternative, metal e dark.

I viennesi Avem firmano per Wormholedeath che licenzia il loro primo album sulla lunga distanza intitolato Meridiem, un lavoro collocabile tra quelli di matrice progressiva, moderna e pregna di umori che alternano sfumature alternative, metal e dark.

Dietro al microfono la voce grintosa della singer Nora Bendzko a cui alle sue spalle agiscono quattro musicisti che sanno unire una buona tecnica strumentale, obbligatoria se si suona il genere e feeling di stampo rock, per un risultato che in generale soddisfa.
Potrebbero storcere il naso gli ormai obsoleti puristi del genere, fuorviati dall’atmosfera alternative di molti dei brani presenti, ma è un dettaglio che non inficia le buone sensazioni che lasciano brani come l’opener Sun-Chaser, Bermuda o Whispers On The Wind.
Progressive metal moderno dunque, un ramo dell’immenso albero progressivo che sta regalando ottimi lavori in questi ultimi anni e che viene alimentato da band come gli Avem, andando oltre ai soliti schemi e confezionando lavori di grande respiro, freschi, metallici e maturi.
Il piglio aggressivo e drammatico di Lost Cosmonaut si scontra con il rock progressivo attraversato da ritmiche sapientemente congegnate di Earth-Shaker o le sfumature tooliane di Sonder in un’alternanza di suoni ed atmosfere che rendono questa ora di musica un ascolto ampiamente soddisfacente per chi ama il genere.
Gli Avem risultano una band dalle potenzialità enormi, vedremo in futuro la direzione che prenderà la loro musica, aperta a qualsiasi tipo di evoluzione, per ora promossi senza riserve.

Tracklist
01.Sun Chaser
02.How I Got My Wings
03.Bermuda
04.Star Gazer
05.Lost Cosmonaut
06.Phantoms
07.Earth Shaker
08.Whispers On The Wind Feat. Andreas Gammauf
09.Chernobyl
10.Storm Facer Feat. Alexander Hirschmann
11.Sonder
12.LDV

Line-up
Reece Tyrrell – Guitars
Florian Uhl – Bass
Seppo Uhari – Drums
Nora Bendzko – Vocals
Manu Sharma – Keyboards

AVEM – Facebook

Beneath The Hollow – Nihilist

Nihilist è composto da sei brani che nulla aggiungono e nulla tolgono al metal moderno, un modo per spaccarsi il testone in headbanging sfrenati se si è fans del genere, da ignorare se questo modo di fare metal non raggiunge corde scaldate dai suoni classici e old school.

Quello che alcuni anni fa veniva descritto come alternative metal, definizione generica e non propriamente esatta per certe realtà, si è trasformato in groove metal, etichetta molto più modaiola ed ancora più astratta.

Alla fine anche i Beneath The Hollow, band in arrivo da Chicago, suonano metal moderno diviso tra un’anima thrash ed un altra core ed il loro ep, intitolato Nihilist, non fa altro che seguire i soliti cliché del genere, un metal estremo che non manca di melodie, sia in qualche passaggio strumentale che nell’alternanza tra scream/growl e voce pulita.
Nihilist è composto da sei brani che nulla aggiungono e nulla tolgono al metal moderno, un modo per spaccarsi il testone in headbanging sfrenati se si è fans del genere, da ignorare se questo modo di fare metal non raggiunge corde scaldate dai suoni classici e old school.
Il groove ovviamente non manca in brani come Killing Floor e Our Own Hell, con il quintetto statunitense che raggiunge lidi nu metal con Omens.
I Machine Head del controverso The Burning Red e i Pantera sono i gruppi che più ispirano i Beneath The Hollow, mentre le parti propriamente alternative ricordano note fuoriuscite nell’ultimo decennio del secolo scorso in quel di Seattle.

Tracklist
1.Killing Floor
2.Our Own Hell
3.Spineless
4.Nihilist
5.Omens
6.Doom

Line-up
Aaron Revels- Vocals
Jesse DeGroot- Guitar
Tyler Williams- Bass
Matt DeGroot- Drums
URL Facebook

BENEATH THE HOLLOW – Facebook

Polar – Nova

Un disco molto organico, potente, melodico e con esplosioni notevoli, per un gruppo che ha compiuto un passo molto importante nella propria evoluzione.

Nuovo album per i londinesi Polar, che propongono una miscela di post hardcore e metalcore, con una spruzzata di elettronica.

Dopo diversi episodi discografici i Polar hanno sentito il bisogno di cambiare rotta, essendo attivi dal 2009, e ovviamente invecchiando le cose si vedono in maniera diversa, le prospettive cambiano, la mutazione è prima nel nostro cervello poi seguono molte altre cose. Nei dischi precedenti il gruppo aveva affrontato anche temi politici, mentre qui le vicende narrate hanno un carattere maggiormente personale. Il loro suono è molto peculiare, parte dal post hardcore ma non ne possiede la melodia, bensì ne sottolinea la drammaticità e la capacità di creare tensione. Le melodie, che vengono create soprattutto grazie ai riff di chitarra che si combinano con la sezione ritmica, sono ottime ma non vengono messe al di sopra di tutto come fanno altri gruppi simili, bensì sono un elemento che concorre a creare esplosioni sonore. Ecco, questa è una delle caratteristiche migliori di questo gruppo, che in certi momenti offre passaggi molto belli e ritornelli che creano disordine dal vivo. I Polar sono sicuramente una band per giovani, il loro metal è moderno ma possiedono caratteristiche che li distinguono nettamente da quelli a loro affini. Ci sono certi passaggi, certi momenti che sono molto luminosi, infatti il loro proposito era quello di creare un disco che fosse come una nova appunto, che altro non è che un’esplosione che fa diventare la stella più lucente. Ogni passaggio è concatenato molto bene, e tutti gli elementi occupano il loro posto. Il risultato è un disco molto organico, potente, melodico e deflagrante, per una band che ha compiuto un passo molto importante nella sua evoluzione.

Tracklist
1- Mære
2- Devil
3- Cradle
4- Drive
5- Adore
6- Sonder
7- Amber
8- Breathe
9- Prey
10- Dusk
11- Midnight
12- Brother

Line-up
Adam Woodford – vocals
Tom Gree – guitars
Fabian Lomas – guitars
Jonny Bowman – bass
Nick Jones – drums

POLAR – Facebook

Alpha Wolf – Fault

Gli Alpha Wolf non inventano nulla, ma riescono a fondere fra loro in maniera molto originale degli elementi che sono esistenti ma che non sempre facili da legare.

Alpha Wolf sono un gruppo australiano che pone in maniera notevole la violenza in musica.

Fault è il titolo del loro ultimo ep, pubblicato dopo vari demo e dopo il debut album Mono del 2017 su Greyscale Records. Mettiamo subito una cosa in chiaro: questi australiani sono una delle cose più interessanti uscite negli ultimi anni in campo metalcore, il loro groove è devastante e hanno anche un pizzico di deathcore nel loro suono, e qualcosa anche del nu metal. Ogni canzone è una lama affilata che taglia chirurgicamente l’obiettivo, non scappa nulla, tutto è molto intenso e studiato per creare devastazione dal vivo. Gli Alpha Wolf non inventano nulla, ma riescono a fondere fra loro in maniera molto originale degli elementi che sono esistenti ma che non sempre facili da legare. Non manca la melodia nelle loro composizioni, tutto è funzionale ad una violenza sonora che si manifesta in forme e modi differenti a seconda del momento e delle cose che si vogliono esprimere. La tensione è sempre alta, succede sempre qualcosa nelle loro canzoni, la voce graffia e culla in maniera ossessiva, ci sono repentini cambi di tempo, la cadenza non è velocissima ma è devastante. Nell’affollato panorama attuale del metalcore gli Alpha Wolf sono uno dei gruppi dalle maggiori peculiarità e dalle molte possibilità che le mostrano in questo ep che dovrebbe essere quello che li farà notare nel mondo, anche grazie al fatto che esce per una sussidiaria della Nuclear Blast, la Sharptone Records. Come biglietto da visita non è per niente male anzi, finalmente un disco metalcore molto potente e con influenze diverse. Fault è un ep da gustare fino in fondo, magari andando anche a riscoprire il loro disco precedente.

Tracklist
1. No Name
2. Spirit Breaker
3. Russian Roulette
4. Fault
5. Sub Zero
6. The Lonely Bones

Line-up
lochie
scottie
john
sabian
mitch

ALPHA WOLF – Facebook

Svanzica – Red Reflection

Nel suo insieme Red Reflection si può senz’altro definire un album riuscito, le idee ci sono e diversi brani lasciano intravedere potenzialità ancora parzialmente inespresse dagli Svanzica.

Gli Svanzica sono un quartetto proveniente dalla provincia di Verona la cui storia musicale è iniziata nell’ormai lontano 2005 da un’idea della coppia di musicisti formata da Marco De Bianchi e Luca Modenese (rispettivamente chitarra e voce).

Passata da una serie di cambi in formazione, un demo, ed il primo full length intitolato Eos (2009), la band veneta si assesta con la formazione attuale che vede i due membri fondatori raggiunti da Alessandro Merlin alla batteria e Alessandro Pettene al basso.
Il sound si ispira ad un melodic death metal progressivo che vede tra le maggiori influenze la melanconica attitudine dei nostrani Novembre, qualche spunto estremo di matrice melodica scandinava e cenni al rock alternativo.
La doppia voce trova sicuramente i meritati apprezzamenti nei vocalizzi estremi, mentre la clean dal taglio alternative non incide, così come la produzione che non valorizza il pur buon lavoro offerto a livello strumentale dal gruppo.
Nel suo insieme Red Reflection si può senz’altro definire un album riuscito, le idee ci sono e brani come l’opener Through Oceans of Quiet, Spirit Of The Valley e Whisper Of Light, lasciano intravedere potenzialità ancora parzialmente inespresse dagli Svanzica.
Limando qualche difetto come l’uso delle clean e la produzione, il prossimo passo potrebbe regalare ancor più soddisfazioni al gruppo veronese.

Tracklist
1.Through Oceans of Quiet
2.First Step
3.Lunar Verbs
4.Spirit of the Valley
5.Brotherhood
6.Graffiti
7.Whisper of Light
8.Distortion
9.Eternal Noontrip
10.Jupiter

Line-up
Luca “Mayo” Modenese – Vocals
Marco “Debo” De Bianchi – Guitars
Alessandro “Merlo” Merlin – Drums
Alessandro “Ketchup” Pettene – Bass

SVANZICA – Facebook

Ferris Mc – Wahrscheinlich Nie Wieder Vielleicht

Ferris Mc confeziona un ottimo disco crossover, mischiando hip hop, punk, hardcore ed elettronica, il tutto in maniera orecchiabile ma con testi abrasivi, ironici e fuori dal comune.

Munitevi di traduttore, ancora meglio se sapete il tedesco, perché vale davvero la pena di capire i testi del disco di Ferris Mc, con un nuovo lavoro solista fuori dai Mongo Clikke, un collettivo hip hop che ha fatto scuola nella florida scena rap di lingua tedesca.

Ferris Mc confeziona un ottimo disco crossover, mischiando hip hop, punk, hardcore ed elettronica, il tutto in maniera orecchiabile ma con testi abrasivi, ironici e fuori dal comune. Per questo suo nuovo disco solista Ferris Mc è tornato alle origini, ripescando nella tradizione punk hc tedesca, con riferimenti ai Die Toten Hosen, Die Artze, e anche anglosassone come Exploited e Ramones. La decisione di fare cose diverse rispetto all’hip hop nasce dalla considerazione che con quel genere Ferris ha raggiunto la saturazione e quindi non riuscirebbe più a proporre cose interessanti come in questo disco in cui ripesca dal passato per proiettarsi nel futuro. Il lavoro è molto piacevole, con melodie gradevoli che sono alla base di ritornelli che rimangono impressi nella mente, tutto è al suo posto. Wahrscheinlich Nie Wieder Vielleicht è un disco che parla delle contraddizioni che sono nella nostra società, facendolo con una maturità assai rara, e soprattutto della Germania come in un pezzo come Fuer Deutschland Reicht’s, che analizza la pericolosa voglia di sovranismo in voga in Germania come altrove. Il disco è molto fresco, ben prodotto e ha la caratteristica molto importante di parlare ai giovani in maniera molto particolare, con una musica che piacerà a pubblici diversi, perché ha molte soluzioni sonore diverse. Molto importante è anche la questione del titolo, che significa Probabilmente Mai Più: anni fa si sarebbe detto solo “Mai Più”, e sappiamo tutti cosa non si vorrebbe accadesse mai più in Germania e non solo, ma visto come sta andando in tutto il mondo oggi si deve aggiungere il “probabilmente” e questo non è affatto una bel segnale. Un disco musicalmente molto potente e piacevole, con una marcia in più nei testi.

Tracklist
01. Allianz Der Außenseiter
02. Wahrscheinlich Nie Wieder Vielleicht
03. Was Ist Aus Mir Geworden
04. Die Normalen
05. Für Deutschland Reicht’s
06. Shitstorm
07. Der Teufel Tanzt weiter
08. Scherben Bringen Glück
09. Krank
10. Mein Herz Hat ‘Ne Knarre
11. Amok Amok Amok
12. Niemandsland
13. Friedhof Der Kuscheltiere
14. Fake News

FERRIS MC – Facebook

I Pazzi Del Riformatorio – About Life (In The Rubbish)

About Life (In The Rubbish) è un lavoro vario e formato da generi diversi, perciò entrare in sintonia con il sound del gruppo non è facilissimo, ma una volta trovatane la chiave di lettura si scoprirà un mondo di note liberate da confini e barriere.

I Pazzi Del Riformatorio sono un gruppo progressive/alternative metal siciliano nato nel 2011 e questo lavoro venne pubblicato la prima volta tre anni dopo.

La band, dopo qualche anno di pausa, ritorna con una line up rivoluzionata e di fatto a tre, con i due membri fondatori, Marco Blandini (voce e chitarra) e Lorenzo Giannì (chitarra e voci) raggiunti da Francesco Zanotti (batteria).
Il primo passo dei “nuovi” I Pazzi Del Riformatorio è la riedizione dell’album d’esordio con l’aggiunta di due brani inediti (Centro Nichilista, Inri) e da uno in versione live (Atracrar).
About Life (In The Rubbish) è un lavoro originale che amalgama in modo sorprendente, progressive rock, alternative metal, indie ed attitudine punk rock: la band si supera in quei momenti dove il tutto è perfettamente inglobato in brani che non lasciano letture precise sulla strada intrapresa ma giocano a sorprendere chi ascolta.
La cosa buona è che il tutto riesce in brani e attimi in cui il progressive metal di scuola Dream Theater viene violentato da scariche alternative/indie per poi tornare a trame progressive addirittura di stampo settantiano.
In tutto questo ben di dio musicale il metal è il collante che tiene i generi ben saldi tra loro nell’economia di brani come God Is A Woman, la suite Democracy’s Slave e la thrash/punk Escape The Grave.
About Life (In The Rubbish) è un lavoro vario e formato da generi diversi, perciò entrare in sintonia con il sound del gruppo non è facilissimo, ma una volta trovatane la chiave di lettura si scoprirà un mondo di note liberate da confini e barriere.

Tracklist
1.Frankenstein
2.God Is Woman
3.I Pazzi Del Riformatorio
4.Democracy’s Slave
5.Last Chance
6.Green
7.Unforgivable
8.Escape The Game
9.Centro Nichilista (Bonus Track 2019)
10.Inri (Bonus Track 2019)
11.Atracar (Bonus Track 2019 – Live)

Line-up
Marco Blandini – Voci, Chitarre
Lorenzo Giannì – Chitarre, Basso, Tastiere, Voci
Francesco Zanotti – Batteria

Line-up 2014:
Marco Blandini – Voci, Chitarre
Lorenzo Giannì – Chitarre, Voci
Salvo Ilacqua – Basso
Vincenzo Fiorilla – Tastiere
Francesco Zanotti – Batteria

Line-up 2012:
Marco Blandini – Voci, Chitarre
Lorenzo Giannì – Chitarre, Voci
Elena Giudice – Basso
Francesco Zanotti – Batteria
Roberto Ferrara – Tastiere

I PAZZI DEL RIFORMATORIO – Facebook

The Convalescence – This Is Hell

Il look ispirato dalla scena black metal accentua l’impressione di essere al cospetto di un gruppo che ha fatto dell’estremo la sua principale forma d’arte, mentre come scritto il sound si muove su coordinate deathcore, un’accoppiata interessante per un risultato sicuramente devastante.

Con un po’ di ritardo sull’uscita vi presentiamo l’ultimo album dei The Convalescence, sestetto statunitense fondato nel 2011 ed arrivato al quarto lavoro sulla lunga distanza.

This Is Hell si compone di dieci esplosioni di deathcore, animato da una potentissima carica estrema e valorizzato da alcuni passaggi in cui sinfonie canti femminei cercano di dare un tocco particolare al sound violentissimo e brutale creato dal gruppo.
Niente di originale, ma diciamo subito che la band si danna l’anima per risultare più estrema possibile e ci riesce grazie ad un approccio violento e senza compromessi.
La parte classica è meno invadente di quello che si può pensare, ricamando alcuni passaggi, timidi di fronte a cotanto impatto estremo, mentre la voce della tastierista Katie McCrimmon è una raffinata visione di morte nell’inferno di brani come Burn e There Will Be Blood.
Il look ispirato dalla scena black metal accentua l’impressione di essere al cospetto di un gruppo che ha fatto dell’estremo la sua principale forma d’arte, mentre come scritto il sound si muove su coordinate deathcore, un’accoppiata interessante per un risultato sicuramente devastante, provare per credere.

Tracklist
1. Scum
2. No Way Out
3. I Won’t Survive
4. Murder Machine
5. Burn
6. There Will Be Blood
7. Alone
8. This Is Hell
9. With No Hope
10. The World Infested

Line-up
Keith Wampler – Vocals
Brandon Davis – Guitar
Zac Lunsford – Guitar
Ron Buckley – Bass
Charles Webber – Drums
Katie McCrimmon – Keyboards, Vocals

THE CONVALESCENCE – Facebook

Almøst Human – XS2XTC

Gli Almøst Human cercano di giocare le loro carte proponendoci tanta musica, forse troppa, e risultando alla lunga prolissi; il materiale proposto risulta comunque un buon esempio di nu metal, anche se arriva con qualche anno di ritardo.

Attivi già dagli anni ma ritornati effettivamente in pista solo una decina d’anni fa, gli svizzeri Almøst Human debuttano sulla lunga distanza con questi ottanta minuti di metal moderno intitolati XS2XTC .

Potenza e melodie, metal e soluzioni rock fanno del sound del gruppo il classico esempio di quello che a cavallo dei due secoli veniva chiamato nu metal.
Con questo lavoro infatti entriamo nel mondo del metal moderno a stelle e strisce che fece sfracelli in quegli anni, quindi non aspettatevi soluzioni core tanto di moda oggigiorno e concentratevi sui suoni che fecero la fortuna dei gruppi americani in quel periodo.
Growl e clean vocals si dividono il compito di accompagnare una musica che poggia le sue basi sulle tastiere sempre presenti, chitarre potenti ma mai fuori rotta e melodie elettroniche, in una buona alchimia tra metal e rock.
Gli Almøst Human cercano di giocare le loro carte proponendoci tanta musica, forse troppa, e risultando alla lunga prolissi; il materiale proposto risulta comunque un buon esempio di nu metal, anche se arriva con qualche anno di ritardo.
XS2XTC parte alla grande con una manciata di brani che dall’opener System Of Beliefs mettono in mostra tanta grinta e buone melodie, poi, dopo ancora un paio di buone tracce (What Make You So Hard, Divine Comedy) perde qualche colpo, cosa abbastanza normale per un debutto che rimane comunque un ascolto piacevole per gli orfani del metal moderno di un ventennio fa.

Tracklist
1.System Of Beliefs
2.Warpigs
3.Naked Now
4.What Makes You So Hard?
5.Chemical Breakfast
6.Divine Comedy
7.Baby Glued
8.Clowned
9.Beloved Pet
10.Promised Paradies
11.In The Name(s) Of God(s)
12.Fucktory Of Illusions
13.From Womb 2 Tomb
14.Welcome 2 Neverland
Line-up

Ben Plüss – Vocals
Chris Matthey – Guitars, Vocals
Gilles Bonzon – Guitars
Jan Peyer – Bass
Olivier Perdrizat – Guitars, Vocals
Rosario Fullone – Drums

ALMOST HUMAN – Facebook

Mind Driller – Involution

Si balla al ritmo del cyber metal, ci si immerge nel silicio dei microchips che stanno dominando le nostre vite, e si va a cercare l’anima là dove è più difficile trovarla.

Da Alicante arrivano i Mind Driller, un gruppo composto da sei musicisti, che fondono il metal con l’elettronica e tanto altro.

Nati nel 2011, sono con questa ultima fatica al loro terzo disco, e hanno ricevuto buone critiche ed apprezzamento dal pubblico. La loro formula musicale è particolare, come la scelta di usare ben tre lingue differenti nei testi: l’inglese, il tedesco e il castigliano. Come numi tutelari siamo dalle parti dei Rammstein e di tutti quei gruppi che hanno scelto di unire l’elettronica più oscura al metal. I Mind Driller hanno un’innegabile carica metal, con esplosioni e repentine accelerazioni, melodie ed un’importante rimando di giochi fra voce maschile e voce femminile. In queste dodici canzoni ci sono molte cose, i temi trattati sono molteplici e ci sono varie evoluzioni fra generi musicali differenti. Il gusto del disco si avvicina molto a quelle uscite dei primi duemila che ricercavano punti di contatto fra elettronica e metal, usando alcuni stilemi dei due generi per produrre qualcosa di nuovo. Ai nostri giorni questo non è più una novità, ma i Mind Driller, fanno tutto ciò molto bene, usando gli elementi che li attraggono maggiormente per rendere un affresco coerente e coinvolgente. Unica pecca sono alcuni momenti di confusione, come se non si sapesse bene cosa scegliere fra metal ed elettronica, ma sono davvero pochi. Si balla al ritmo del cyber metal, ci si immerge nel silicio dei microchips che stanno dominando le nostre vite, e si va a cercare l’anima là dove è più difficile trovarla. Ci sono anche cose industrial e tracce di ebm, che contribuiscono a fare dei Mind Driller uno dei gruppi più interessanti di questa commistione fra metal ed elettronica. Il loro suono è fresco, non ristagna mai e si lancia sempre verso l’alto, a volte esagerando per ambizione, ma i numeri li hanno e possono farcela. In sostanza un disco piacevole e composto molto bene, con delle vette, e nel complesso una media alta.

Tracklist
Estefania Aledo – Voces
V – Voces
Daniel N.Q. – Voces
Javix (Guitarras y programaciones
Pharaoh – Bajo
Reimon – Batería

Line-up
Estefania Aledo – Vocals
V- Vocals
Daniel N.Q – Vocals
Javix – Guitars & Programming
Pharaoh – Bass
Ramón H Torregosa – Drums

MIND DRILLER – Facebook

Bleed Someone Dry – Unorthodox

Unorthodox torna a far parlare dei Bleed Someone Dry in modo assolutamente positivo grazie ad un deathcore di alta qualità offerto da una band che ha una sua ben chiara identità: per gli amanti del genere perdere un lavoro come sarebbe imperdonabile.

A rivalutare una scena core che, parafrasando termini sportivi, rischia di restare sulle ginocchia ci pensa la Wormholedeath, licenziando l’ultimo album dei Bleed Someone Dry, gruppo toscano con una reputazione da consolidare dopo le buone prove passate.

La label aveva già ristampato in precedenza il secondo lavoro del gruppo, quel Subjects uscito originariamente nel 2012 e reimmesso sul mercato un paio d’anni dopo.
Chris Donaldson (produttore e chitarrista dei Cryptopsy) si è preso cura dell’album come già accaduto in passato e Unorthodox non delude sicuramente le attese degli appassionati di un genere dall’equilibrio delicatissimo, specialmente per quanto riguarda il songwriting.
La band, infatti, se ne esce con una decina di brani freschi, estremi e progressivamente moderni, valorizzati da una tecnica in grado di permettere qualsivoglia spunto che possa rendere al meglio un sound che rimane fortemente legato al deathcore.
Attenzione, di deathcore appunto si tratta, perchè in Unorthodox i Bleed Someone Dry picchiano duro, lasciando ad altri facili soluzioni pulite, e ci maltrattano con una serie di detonazioni estreme, supportate da un istinto progressivo grazie al quale brani come la title track, l’opener Vexation, la violenta Plague Of Broken Dreams, il mid tempo Agoraphobia risultano appunto freschi e vari quanto basta per non far perdere l’attenzione di chi ascolta.
La parte elettronica è meno pressante rispetto al passato ma presente, così come l’atmosfera che pervade l’album è assolutamente moderna e slegata da possibili parentele con qualsivoglia genere tradizionale.
Unorthodox torna a far parlare dei Bleed Someone Dry in modo assolutamente positivo grazie ad un deathcore di alta qualità offerto da una band che ha una sua ben chiara identità: per gli amanti del genere perdere un lavoro come sarebbe imperdonabile.

Tracklist
1.Vexation
2.Deceiver
3.Unorthodox
4.The Worst Has Yet To Come
5.Plague Of Broken Dreams
6.All That We’ll Never Have
7.The Modern Dissident Movement
8.Agoraphobia
9.Elysium
10.Mephistophelian

Line-up
Alessio Bruni – Vocals
Jonathan Mazzeo – Guitars
Niccolò D’Alario – Guitars
Mattia Baldanzi – Bass
Alan Syo James – Drums

BLEED SOMEONE DRY – Facebook

Ewigkeit – DISClose

James Fogarty è un musicista in possesso di un grande talento che con il monicker Ewigkeit viene espresso in maniera compiuta e senza alcun filtro.

Ewigkeit è il progetto solista di James Fogarty, alias Mr. Fog, musicista attivo nella scena metal da oltre un ventennio nel corso del quale ha fatto parte di diverse band di spicco, tra le quali risalta di gran lunga l’ultima in ordine di tempo, i leggendari In The Woods.

La riuscita di un album come DISClose è motivata anche dal versatile lavoro vocale di Fogarty, uno di quei cantanti capaci di passare con disinvoltura da tonalità aspre ad evocative clean vocals senza lasciare spazio a perplessità di sorta.
Il primo full length a nome Ewigkeit risale addirittura al 1997 e quello in questione è il decimo della serie, considerando la riedizione nel 2017 dell’esordio Battle Furies in occasione del suo ventennale.
Il black metal che forniva la base stilistica dei primi lavori si è stemperato nel tempo in un metal decisamente melodico, pur se a tratti sempre doverosamente aspro, e così DISClose gode di una certa orecchiabilità che ne rende sicuramente l’ascolto non tropo arduo, a fronte comunque di una certa irrequietezza stilistica.
Questo se vogliamo rappresenta due facce della medaglia di un’opera valida in ogni sua fase, ma poco connotata in uno specifico genere per ritagliarsi magari un audience dedicata: il vantaggio, che va ben oltre ogni altra considerazione, è comunque rappresentato dal fatto che Fogarty in tal modo tiene ben lontano il rischio di annoiare gli ascoltatori con un sound eccessivamente ripetitivo. Le aperture verso sonorità più moderne ci sono ma avvengono in maniera molto fluida e senza snaturare un sound caleidoscopico che unisce melodia e note estreme in maniera esemplare.
DISClose offre grandi aperture melodiche inserite all’interno di strutture che, per lo più, di estremo hanno soprattutto lo screaming (anche se in questo caso avrei preferito per gusto personale un più frequente ricorso anche all’efficace growl che James ha sicuramente nelle sue corde), veleggiando tra progressive death, gothic doom, black avanguardistico e alternative rock/metal senza mai restituire il sound in una forma frammentata.
Ogni brano vive di squarci memorabili, sotto forma di chorus di grande impatto ed esaltati per lo più dall’evocativa voce pulita che Fogarty esibisce in maniera magistrale.
Disclosure e Resonance sono le due tracce del loto che preferisco, ma il bello di DISClose è che ognuno potrà trovare un proprio brano ideale che non deve necessariamente coincidere con quelli prediletti da altri: James Fogarty è un musicista in possesso di un grande talento che con il monicker Ewigkeit viene espresso in maniera compiuta e senza alcun filtro.

Tracklist:
1 – 1947
2 – Disclosure
3 – Oppenheimer’s Lament
4 – Guardians of the High Frontier
5 – Resonance
6 – KRLLL
7 – Moon Monolith

Line-up:
James Fogarty

EWIGKEIT – Facebook

He Comes Later – Cognizance

Gli He Comes Later riescono a raccontare cose non facili grazie ad un suono moderno, potente e fra i migliori possibili in ambito deathcore.

Mazzata deathcore dagli italiani He Comes Later.

Nati nel 2010 come gruppo metalcore i nostri con l’ingresso in formazione del cantante Andrea Piro nel 2013 si avvicinano a sonorità più pesanti e di qualità con il deathcore a rappresentare la cifra stilistica di questo lavoro, un piccolo compendio di come si possa fare questo sottogenere che ha attecchito principalmente nelle lande oltreoceano e nel nord Europa, codice ibrido per raccontare storie forti e potenti. Molti metallari lo snobbano poiché lo definiscono un metal annacquato, dove la potenza si perde in favore della modernità. Ascoltare Cognizance potrà far cambiare idea a molti, perché questo è un grande disco di metal, con tanti suoni notevoli ed influenze diverse. La storia qui narrata è quella di un ragazzo depresso, che vuole suicidarsi, mettendo fine alle proprie sofferenze. Arriva quindi il momento di fare il gesto fatale, ma il ragazzo non riesce a morire entrando in uno stato di pre-morte al quale sopravviverà diventando molto più forte: molto in breve questo è il succo della storia narrata in Cognizance. La musica del gruppo bolognese è quanto di meglio si possa trovare in campo deathcore, con voce in growl ma molto comprensibile, chitarre davvero incisive e sezione ritmica efficace. Poi il tocco in più lo dà un uso sapiente delle tastiere, che come il coro nelle tragedie greche arriva a puntualizzare molto bene i momenti più topici. Tanta potenza e una pesantezza notevole si abbattono sull’ascoltatore, ma una delle colonne portanti del lavoro rimane la melodia, che è declinata con successo in varie forme. In questo viaggio verso la morte e poi nel successivo allontanamento da essa, viviamo molti stati d’animo e siamo costretti a guardare a fondo dentro noi stessi, in quella continua esperienza pre-morte che è in fondo la vita quotidiana. Gli He Comes Later riescono a raccontare cose non facili grazie ad un suono moderno, potente e fra i migliori possibili in ambito deathcore. Anzi, nel suo genere è una delle migliori uscite di questi ultimi tempi, risultando duro, emozionante e vario proprio come dovrebbe essere un ottimo disco di metal moderno.

Tracklist
1.Despondency 1
2.Execution
3.Detachment
4.Torment
5.Healing
6.Guidance
7.Atonement
8.Quiescence
9.Resurgence
10.Cognizance

Line-up
Andrea Piro – Vocals
Daniele Ravaglia – Guitar
Vlady Yakovenko – Guitar
Alessandro Scarpetta – Bass,Vocals
Romeo Gigantino – Drums

HE COMES LATER – Facebook

Lecks Inc. – E.G.O. (Everybody Gets One)

E.G.O. possiede molti punti forti e quasi nessun difetto, riesce a divertire e a far pensare, il tutto condito da un talento e da una varietà compositiva molto importanti.

I Lecks Inc. sono una macchina per il metal totale: provenienti dal sud della Francia, sono attivi dal 2009 e si autodefiniscono un gruppo di metal industriale sperimentale, ma c’è di più.

Infatti, l’ascolto dell’ultima produzione intitolata E.G.O. fa spaziare in tantissimi sottogeneri del metal, dall’industrial al black più melodico, passando per il death e per il sympho metal e ovviamente l’industrial. Non ci si fossilizza in una zona di comfort, ma si sperimenta e si scommette, seguendo i dettami della scuola francese del metal, che fa dell’imprevedibilità e della ricerca le sue ragioni d’essere. Per dire quanto siano vari, nel brano The Blood Of The Innocents ci sono addirittura momenti di folk metal, e di ottima qualità per giunta. Non è facile mettere tutto assieme in maniera organica senza farsi sorprendere dalla confusione, ma i francesi ci riescono molto bene ed il risultato è un album devastante e molto potente, con validissime melodie al suo interno. Dentro al disco ci sono moltissimi momenti notevoli, e fin dalla prima canzone i Lecks Inc. riescono ad instaurare un buon feeling con l’ascoltatore. Per chi ama il metal, quello con un’inclinazione più moderna, E.G.O. è un disco che contiene molte gioie, dato che qui si fanno fare passi da gigante al metal, portandolo in territori pressoché inesplorati. In tutto ciò non si perde mai di vista l’aggressività ed il ritmo e, soprattutto, quella maniera francese di fare metal che riesce a dare molto spesso ottimi frutti. Ovviamente in una nazione non può esistere una maniera univoca di concepire una musica come il metal, ma molte band francesi condividono un senso di sperimentazione e di vocazione alla contaminazione davvero unica. Con questo disco i Lecks Inc. si pongono all’attenzione di tutti coloro che amano il metal che dà la scossa e che canta questi tempi difficili e cupi alla perfezione. E.G.O. possiede molti punti forti e quasi nessun difetto, riesce a divertire e a far pensare, il tutto condito da un talento e da una varietà compositiva molto importanti.

Tracklist
01. Of Men & Worms
02. As Weird As Me
03. Not A Sextoy
04. K.K.K. In Your Head – Feat Rachel Aspe [Eths]
05. Everybody Gets One
06. Dance With Death
07. The Blood Of The Innocents
08. My Best Donkey

Line-up
Alexandre “Lecks” Delagrande – Vocals
Bernie Plumat – Guitars
Sebastien Rossi – Guitars
Fanny Themlin – Drums

LECKS INC. – Facebook/