Ninjaspy – Spüken

La fusione tra metal estremo e note provenienti da generi come reggae, jazz o fusion non è certo una novità appunto, ma Spüken non lascerà sicuramente indifferenti gli amanti di questo ibrido musicale.

Che fonte inesauribile di grande musica è l’underground rock/metal mondiale: non passa settimana (e mi sono tenuto largo) senza imbattersi in realtà straordinariamente affascinanti, non encessiaramente originali a tutti i costi (anche se in questo album l’inventiva non manca di certo), ma coraggiose nel modellare ed unire suoni apparentemente lontani tra loro.

La fusione tra metal estremo e note provenienti da generi come reggae, jazz o fusion non è certo una novità, appunto, ma Spüken esordio sulla lunga distanza dei tre Parent, canadesi di nascita uniti sotto il monicker Ninjaspy, non lascerà sicuramente indifferenti gli amanti di questo ibrido musicale.
Rock alternativo, deathcore ed appunto atmosfere jazz e fusion, qualche reminiscenza reggae ed il gioco è fatto, direte voi.
Beh, in teoria sembrerebbe più facile di quanto il tutto risulti effettivamente, infatti è un attimo perdere la fluidità tra le esplosioni estreme (e qui i Ninjaspy ci vanno davvero pesante) e le ariose parti strumentali dove, come in un torrente di montagna la musica scorre limpida e frizzante, ma il trio riesce incredibilmente a non perdere la bussola e regalarci momenti di musica a 360°, selvaggia, rabbiosa, piacevolmente rilassante per un attimo, per trasformarsi in un’aggressione spaventosa in quello dopo.
Sentire per credere, partendo dall’opener e singolo Speak, inizio di un viaggio pericoloso, pieno di soprese, tra momenti di tecnica strumentale di altissimo livello e brani che di scontato non hanno nulla, passando da parti estreme furiose, rock alternativo e tanta musica fuori dagli schemi.
Difficile trovare una traccia da portare ad esempio, ognuno montato e rimontato più volte senza lasciare un punto di riferimento (Dead Dock Duck, la splendida Jump Ya Bones) mentre System Of a Down, Nirvana, Meshuggah ed i generi descritti si uniscono in questo arcobaleno di musica dal titolo Spüken, consigliato agli amanti della musica rock/metal moderna e senza barriere.

TRACKLIST
1.Speak
2.Shuriken Dance
3.Brother Man
4.Dead Duck Dock
5.Become Nothing
6.What!
7.Jump Ya Bones!
8.Grip The Cage
9.Azaria
10.Slave Vehemence

LINE-UP
Joel Parent
Tim Parent
Adam Parent

NINJASPY – Facebook

Somnium Nox – Terra Inanis

I Somnium Nox non si limitano a proporre un black tradizionale ma lo arricchiscono di parti più rarefatte e dal buon carico melodico, funzionali nel preparare il terreno ad accelerazioni che sono comunque piuttosto ragionate.

I Somnium Nox sono una band australiana che, con Terra Inanis, fa il primo passo su lunga distanza (almeno dichiarata, in quanto in realtà il lavoro non supera la mezz’ora di durata.

Trattandosi di una band alle prime uscite, visto che all’attivo fino ad oggi aveva solo il singolo Apocrypha dello scorso anno, non c’è molto su cui parametrarne l’operato, per cui Terra Inanis va valutato per quello che è ovvero un buon esempio di black metal atmosferico e dagli spunti pregevoli.
Infatti, pur non potendolo considerare innovativo nel senso letterale del termine, l’album offre tre tacce di circa dieci minuti ciascuna in gradi di farsi apprezzare dagli amanti delle sonorità oscure ma non asfissianti: i Somnium Nox non si limitano a proporre un black tradizionale ma lo arricchiscono di parti più rarefatte e dal buon carico melodico, funzionali nel preparare il terreno ad accelerazioni che sono comunque piuttosto ragionate.
I tre brani esibiscono comunque sfumature differenti: Soliloquy of Lament è black nella sua accezione più classica e beneficia di un bel crescendo conclusivo, The Alnwick Apotheosis è la traccia migliore ed anche la più anomala, visto che per una metà si snoda su velocità consistenti per poi sfumare in liquide sonorità ambient, mentre la conclusiva Transcendental Dysphoria è un black doom cupo e dai toni inquietanti e drammatici.
Indubbiamente l’uso di uno strumento tradizionale come il didgeridoo fornisce al lavoro una propria peculiarità, fornendo al sound talvolta un tocco solenne ed ancestrale, proprio quello che serve per provare ad emergere e mettere la testa fuori dal gruppone.
In Australia, negli ultimi anni, è emersa senz’altro una scena capace di interpretare la materia estrema in maniera efficace e i Somniun Nox ne sono un nuovo e fulgido esempio.

Tracklist:
1. Soliloquy of Lament
2. The Alnwick Apotheosis
3. Transcendental Dysphoria

Line-up:
Nocturnal – Guitars, Bass, Didgeridoo
Ashahalasin – Vocals
Forge – Drums
Olkoth – Keys
J.A.H – Guitars

SOMNIUM NOX – Facebook

Art Of Anarchy – The Madness

Robusti, graffianti e straordinariamente melodici, gli Art Of Anarchy sono pronti per conquistare i cuori degli alternative rockers sparsi per il mondo con questo ottimo lavoro.

Quello che sembrava il classico super gruppo autore di un album estemporaneo e dimenticato poi nel tempo, trova la strada per continuare a fare musica ed esce con un altro lavoro di alternative rock davvero bello.

I fratelli Votta, Jon alla chitarra e Vince alla batteria, in compagnia di Ron “Bumblefoot” Thal (ex Gunners) alla chitarra e John Moyer dei Disturbed al basso, dopo la perdita di Scott Weiland, che nel 2015 prestò la sua voce al debutto omonimo hanno acquisito i servigi di Scott Stapp, voce dei Creed, band sulla quale si possono ricamare facili paragoni con il gruppo ma che, a ben sentire, su The Madness sono evidenti ma non gli unici.
Per chiarire, la voce di Stapp richiama a più riprese la band d’origine (Won’t Let You Down), ma il sound dell’album è molto più aggressivo e ricco di groove rispetto all’esordio, in quei brani dove l’alternative metal con una spallata ritmica scaraventa all’angolo il post grunge, genere da cui gli Art Of Anarchy fanno di tutto per allontanarsi, a tratti riuscendoci, ma non sempre (per fortuna).
Sì, perché quando il gruppo si lascia portare dalla voce del singer, l’album prende il volo con una serie di canzoni intense e dallo spirito creediano (No Surrender, la splendida Changed Man, Somber), mentre la parte metallica di matrice heavy alternativa sconquassa lo spartito con la doppietta iniziale Echo Of A Scream/1000 Degrees e l’incalzante street rock di Dancing With The Devil.
La title track, scritta per far male (commercialmente parlando) è creata su di una melodia dall’appeal infallibile, classico singolo/video da far girare senza sosta sui media, anche se di fatto è tutto l’album che funziona.
Robusti e graffianti, straordinariamente melodici, gli Art Of Anarchy si possono ormai considerare un gruppo a tutti gli effetti: trovata la quadratura del cerchio con il bravissimo Stapp (senza nulla togliere al povero Weiland), la band è pronta per conquistare i cuori degli alternative rockers sparsi per il mondo con questo ottimo lavoro.

TRACKLIST
01. Echo Of A Scream
02. 1000 Degrees
03. No Surrender
04. The Madness
05. Won’t Let You Down
06. Changed Man
07. A Light in Me
08. Somber
09. Dancing With The Devil
10. Afterburn

LINE-UP
Scott Stapp – vocals
Bumblefoot – guitar
John Moyer – bass
Jon Votta – guitar
Vince Votta – drums

ART OF ANARCHY – Facebook

Opprobre – Le Naufrage

Un plauso alla scena transalpina che continua a far nascere band che conoscono l’arte di emozionare.

Sembra un anno significativo per il black metal miscelato con il post black! Alla conferma dei The Great Old Ones si aggiunge l’esordio di questa giovane band, Opprobre, francese di Montpellier composta da quattro musicisti, derivanti da band come Mysticisme e Antropofago, che hanno esordito nel 2016 con il singolo Abysses in digital download e ora sulla label francese Endless Decrepitude Productions, fanno uscire Le Naufrage interamente cantato in francese, con copertina suggestiva e splendida raffigurante il dipinto del 1842, Snow Storm, dell’artista William Turner.

La proposta musicale appare già matura nell’elaborare un black metal sia raw che melodico, impastandolo con suoni post black/ dark per creare un profondo mood atmosferico ricco di pathos decadente e oscuro; l’assenza di soli, un suono di bass guitar ben presente e intarsi di piano e keyboard fanno risaltare l’arte della band transalpina. Fin dall’opening track Discerner, introdotta da rumori di vento e onde perigliose, ci si inabissa in un viaggio “ignoto” su dolenti note di keyboard, mentre in Abysses il veliero beccheggia e mostri marini gonfiano l’oceano mai sazio di tributi umani. La prima delicata parte di Inconnue, punteggiata da impressionistiche note di piano, ci conduce verso sferzanti note black cariche di primitivi istinti dove dei vendicativi pretendono continui sacrifici umani: qui lo scream esibito è particolarmente acido e ficcante, mentre il guitar sound è realmente evocativo. La title track, uno dei brani migliori, distilla puro black metal in mid tempo, creando paesaggi sonori in cui la mente è incatenata in assurdi e liquidi incubi. Ulteriore menzione per il brano finale Danse Catatonique, che con i suoi dieci minuti porta a definitivo compimento l’opera dove un io immobile agli eventi attende inerme una fine nel nulla, poiché nulla é sempre stato. In definitiva, un plauso alla band francese autrice di un buon lavoro che non entrerà nelle classifiche di merito di fine anno, ma che rappresenta una delle tante piccole pepite rinvenute durante le nostre ricerche musicali.

TRACKLIST
1. Discerner
2. Abysses
3. L’Inconnue,
4. L’Inconnue, Pt. 2
5. Opprobre
6. Sensitive
7. Danse catatonique

LINE-UP
Cyril – Bass
Clément – Drums, Guitars, Synth
Vincent – Guitars, Vocals (lead)
Olivier – Guitars, Synth, Vocals

OPPROBRE – Facebook

Avelion – Illusion of Transparency

Un lavoro da avere e consumare, orgoglioso esempio del valore altissimo della scena italiana, da un po’ di anni sulla corsia di sorpasso rispetto alle realtà d’oltreconfine.

Ancora una volta la Revalve conferma il proprio gran fiuto per i talenti metallici nostrani e ci consegna un gioiellino prog power metal targato Avelion.
Il gruppo nasce a Parma una decina d’anni fa, in questo lasso di tempo licenzia due ep e due singoli ed arriva oggi al debutto sulla lunga distanza; prodotto mixato e masterizzato da Simone Mularoni e registrato con l’aiuto di Simone Bertocchi ai Domination Studio, Illusion of Transparency è un altro ottimo esempio di power prog metal moderno, nel quale la tecnica dei musicisti è messa al servizio di un lotto di brani dall’appeal straordinario, senza dimenticare una componente elettronica, usata dal gruppo per valorizzare un sound che porta il marchio di fabbrica made in Italy in bella mostra sullo spartito.
Si naviga tra le onde elettriche e le note dei gruppi che hanno fatto grande il genere, dagli ultimi DGM, ai Labyrinth e gli Astra, con una cura maniacale per la forma canzone ed un notevole impatto, anche se la parte del leone in questo lavoro la fanno le melodie, avvincenti e perfettamente incastonate nel raffinato metallo suonato dagli Avelion.
Come ormai d’abitudine, anche la band parmense lascia le intricate parti ultra tecniche fine a sé stesse dei gruppi del passato e ci porta a sognare, tra spunti che si avvicinano ad un AOR venato di elettro/rock e potenziato da una magniloquenza d’insieme che travolge in una valanga di note melodiche.
Un cantante hard rock dall’interpretazione personale e moderna, un’ottima intesa tra tastiere e programming e le sei corde, si abbinano ad una sezione ritmica presente ma non invadente, tecnicamente perfetta senza essere troppo cervellotica, così da riservare tutta l’importanza del caso ai vari brani che compongono un album bellissimo.
Il singolo Fading Out, l’hard rock progressivo e modernissimo di Echoes And Fragrance, le melodie della ultra tecnica e varia nei tempi Falling Down, la new wave travestita da prog metal di Open Your Eyes sono i picchi di un lavoro da avere e consumare, orgoglioso esempio del valore altissimo della scena italiana, da un po’ di anni sulla corsia di sorpasso rispetto alle realtà d’oltreconfine.

TRACKLIST
1.Fading Out
2.Echoes And Fragrance
3.Burst Inside
4.Derailed Trails Of Life
5.Falling Down
6.Innocence Dies
7.Waste My Time
8.Open Your Eyes
9.Ain’t No Dawn
10.Never Wanted
11.Echoes and Fragments (The Algorithm Remix) – bonus track

LINE-UP
William Verderi – Vocals
Oreste Giacomini – Keyboards and Programming
Leonardo Freggi – Guitars
Danilo Arisi – Bass
Alessandro Ponzi – Drums

AVELION – Facebook

MaG METAL FESTIVAL 2017

MaG METAL FESTIVAL 2017

Un FESTIVAL METAL a GENOVA non è una cosa da tutti i giorni e dobbiamo dare merito alla associazione PRESENTE FUTURO, con la collaborazione della Cornucopia Agency e della BLACK WIDOW RECORDS, se questo evento è oggi una realtà che speriamo vada avanti nel tempo.
Dunque il 13 MAGGIO al TEATRO CARIGNANO suoneranno alcune band di eccellente levatura tecnica e spettacolare, oltre che di livello internazionale come i mitici THE BLACK, con il loro Metal Mentis unico nel suo genere ed i rinnovati savonesi VANEXA, che tanto bene stanno facendo parlare nel mondo con l’ ultimo bellissimo album “Too Heavy to Fly”, assieme agli ARCANA 13 una delle più belle rivelazioni in ambiti dark metal con i loro riferimenti gotici, BELLATHRIX,  band di Genova dal sound tipicamente heavy anni 80 formata da tre ragazzacce e due ragazzi, tutti elementi ben conosciuti in questi ambiti ed i DAMNATION GALLERY, una nuova realtà dell’heavy metal genovese con la vocalista Scarlet capace di dominare il palco come una vampira.
Proprio l’associazione PRESENTE FUTURO ha voluto offrire questo spettacolo a tutti i metallari e fans della musica heavy, ad un prezzo favorevolissimo di soli 10 € sperando che la proposta sia gradita a riscuota un buon successo.
La qualità della band è notevole, lo spettacolo è assicurato quindi non mancate di partecipare a questo evento che potrebbe segnare l’inizio di una serie di festival nella nostra città che ha voglia e bisogno di buona musica e di divertimento.

Inizio previsto per le ore 18.
Prezzo 10 €

Teatro Carignano
Viale Villa Glori – 16128 – Genova
+39 010 5702348

Black Widow Records
Tel.010 2461708
Tel.010 2544500

LIV SIN

Il video di Let me Out, tratto dall’album Follow Me, in uscita a fine aprile (Despotz Records).

Il video di Let me Out, tratto dall’album Follow Me, in uscita a fine aprile (Despotz Records).

L’ex cantante dei SISTER SIN Liv “Sin” Jagrell pubblicherà il suo debutto solista “Follow Me” il 28 aprile su Despotz Records. Il disco è stato prodotto dal bassista di U.D.O. Fitty Wienhold e da Stefan Kaufmann (ex ACCEPT, U.D.O.).

“Follow Me” contiene anche una cover del classico dei FIGHT “Immortal Sin”, presente sul debutto del 1993 della band di Rob Halford, “War Of Words”. Nella versione di Liv troviamo, in qualità di ospite, il frontman dei THE 69 EYES’ Jyrki 69 (https://youtu.be/8bUBDA_xlR8).

La canzone “Killing Ourselves To Live” (https://youtu.be/ch3-LzWbVOg) vede invece la partecipazione del frontman dei Destruction, Schmier.

In tredici anni di carriera i SISTER SIN hanno venduto migliaia di album e suonato in tutto il mondo con band come SLAYER e KING DIAMOND nel Rockstar Energy Drink Mayhem Festival, e hanno partecipato al tour di Revolver magazine “Hottest Chicks In Metal”. I SISTER SIN si sono guadagnati una solida fan base grazie al loro hard rock aggressivo ma al tempo stesso melodico. Quando i SISTER SIN si sono sciolti alla fine del 2015, Liv sapeva di avere ancora molto da dare ai suoi fan. La sua nuova musica mette in luce quanto Liv sappia essere potente, sexy e carica d’attitudine.

“Follow Me” tracklist:

01. The Fall
02. Hypocrite
03. Let Me Out
04. Black Souls
05. Godless Utopia
06. Endless Roads
07. Killing Ourself To Live
08. I’m Your Sin
09. Emperor Of Chaos
10. Immortal Sin (FIGHT cover)
11. The Beast Inside

Conjonctive – In The Mouth Of The Devil

Una sorpresa questi ragazzi svizzeri, il loro album è davvero una bordata estrema come pochi nel genere e vale la pena dargli un ascolto.

Tra le montagne di una Svizzera cupa e grigia, fuori dalle stagioni turistiche, vi è una casa che il demonio ha ordinato alle sue truppe di conquistare, attraverso l’anima di chi la abita.

In un giorno uggioso e deprimente il vecchio sacerdote si avvicina all’uscio di quella che ormai è la dimora di Satana, armato della sua borsa e di una fede messa continuamente alla prova da un mondo dove gli eserciti del maligno dominano sulle forze del bene.
Nel momento in cui la vecchia nonna, segnata dagli ultimi terribili avvenimenti, lo accoglie nella casa, quello che succede è descritto in musica dal death/black core dei Conjonctive e del loro devastante secondo lavoro, In The Mouth Of The Devil.
Un esorcismo, una battaglia contro il demonio a colpi di un metal estremo terribilmente coinvolgente, al limite del brutal death, dall’attitudine black e dalle mazzate core di una potenza fuori controllo.
In The Mouth Of The Devil segue di quattro anni il primo album e per chi immagina un disco core, pregno di quei cliché commercialmente utili, ma qualitativamente sterili, ha sbagliato gruppo e disco.
Qui siamo al cospetto del maligno, dunque non c’è la minima apertura melodica, solo un’aggressione senza limiti, una barbarie in musica che si evince dal devastante uso della doppia voce di Sonia e Randy, demoni possessori della giovane donzella abitante nella vecchia casa, che sollecitati dai riti dell’esorcista, sputano blasfemie e rabbia, in un’orgia di violenza che si fa soffocante e pressante ed ogni istante.
Non è detto sapere chi la spunterà, sappiate solo che lo scontro è violentissimo e le forze del male non mollano di un centimetro sotto le benedizioni del prete, ormai allo stremo, attaccato senza tregua da belligeranti e potentissime bordate come Falling In The Mouth Of The Devil, The Cult Of The Shining Planet e Hills Of Abomination.
Una sorpresa questi ragazzi svizzeri, il loro album è davvero una bordata estrema come pochi nel genere e vale la pena dargli un ascolto.

TRACKLIST
01. Purgatory
02. You’re Next
03. Falling in the Mouth of the Devil
04. Down into the Abyss
05. Let Blow the Grim Wind
06. The Cult of the Shining Planet
07. Burn Your Eyes
08. Hills of Abomination
09. Defeat the Red Sun
10. Constellations & Black Holes

LINE-UP
Sonia – Vocals
Randy – Vocals
Raph – Guitars
Yannick – Guitars
Erwin – Bass
Manu – Drums

CONJONCTIVE – Facebook

Anèma – After The Sea

Piace l’importanza che gli Anèma danno all’insieme piuttosto che alla tecnica individuale: After The Sea convince e ci consegna una band che di certo non mancherà di regalare ulteriori soddisfazioni.

Progressive rock e metal dagli anni settanta ai giorni nostri: in After The Sea troviamo gli elementi che caratterizzano i due generi figli della stessa madre, una dea progressiva che aggiunge a tratti altri elementi per cercare di nobilitare il più possibile la musica di questi suoi giovani adepti, i siciliani Anèma .

Nato un paio di anni fa come cover band dei gruppi storici degli anni settanta, ma con un ampio raggio di ispirazioni ed influenze che arrivano fino ai nostri giorni, il quartetto siracusano debutta su Sliptrick con After The Sea, un viaggio tra le coste bagnate dal Mar Mediterraneo dove, ogni giorno, sbarcano centinaia di uomini in fuga dal loro paese con la chimera di un futuro migliore, sogno che svanisce all’arrivo sulle coste italiche, oppure tra le onde di un mare che non fa sconti.
Da qui il viaggio musicale della band ha inizio, tra sonorità che si rifanno al periodo settantiano, attimi di grinta metal progressiva ed atmosfere di ariose armonie di musica mediterranea.
After The Sea ha il pregio di non osare troppo, sia per durata (che risulta ridotta per le abitudini del genere) che per tecnica, andando subito al cuore dei brani che rimangono molto vari e mai banali nel loro approfondire una materia difficile come il progressive.
Personalmente trovo la musica del gruppo splendida quando non forza sulla parte metal, trovando sfogo piuttosto in parti ariose, al limite della fusion in alcuni attimi, ma legate al progressive rock degli ultimi anni.
Ed infatti ritengo brani come She o Some Fires molto vicini alla musica di Umberto Pagnini e dei suoi Active Heed, mentre quando il suono si indurisce la musica del gruppo acquista in energia ma perde in magia, tornando a livelli più normali ed in linea con il classico prog metal (This Place Needs Revolution).
Piace l’importanza che gli Anèma danno all’insieme piuttosto che alla tecnica individuale: After The Sea convince e ci consegna una band che di certo non mancherà di regalare ulteriori soddisfazioni. Buona la prima, dunque.

TRACKLIST
1.Intro
2.After The Sea
3.She
4.Free Forever
5.Some Fires
6.Let The Sky In The Mainland
7.Song For Nothing
8.This Place Needs Revolution
9.Outro

LINE-UP
Salvo Crucitti – Drums
Dario Giannì – Bass
Lorenzo Giannì – Guitars
Baco Dì Silenzio – Vocals

ANEMA – Facebook

Heading West – What We’re Made Of …

Gli Heading West riescono a creare un giusto connubio fra la melodia, la velocità e le dinamiche del metal moderno.

Gli Heading West sono un giovane gruppo diviso in ordine sparso in Emilia Romagna, che riesce a fare un’ottima miscela di metalcore, hardcore melodico e metal moderno. Il tutto è molto orecchiabile e melodico, prodotto bene e piace.

Ai tempi della mia gioventù mi ci sarei perso in un disco così, e la cosa bella è che ora c’è un disco così. O meglio, un ep così, perché questo esordio è sulla corta distanza, ma è molto incisivo e colpisce dritto al bersaglio. I ragazzi viaggiano bene, hanno ben chiaro dove andare e lo dimostrano con un disco che è una chiara dichiarazione di intenti. Gli Heading West hanno voglia di esportare un suono che è certamente molto legato alle sonorità a stelle e strisce, ma lo fanno in una maniera molto personale e con melodie difficilmente rintracciabili oltreoceano, o meglio riescono a creare un giusto connubio fra la melodia, la velocità e le dinamiche del metal moderno. Questo ep mostra che, credendo nella propria musica, si possa fare un bel disco, piacevole e anche commerciale ma al punto giusto. Soprattutto questi ragazzi non fanno proprie tutte le mie elucubrazioni. Gli Heading West vanno veloci e belli compatti, passano sopra le nostre casse lasciando un odore molto piacevole di gioventù e belle speranze, ed è bello anche il momento in sé, senza tanti se e tanti ma.

TRACKLIST
1.Payback
2.Deep Waters (feat. Nicola Roccati of The End At The Beginning)
3.Struck
4.Purple Teeth
5.S.O.Y.F.A.S.H.

LINE-UP
Davide Guberti – vocals
Alessandro Frank Cotti – guitar / back vocals
Riccardo Savani – guitar
Francesco Gariboldi – bass / back vocals
Francesco Neri – drums

HEADING WEST – Facebook

Axel Rudi Pell – The Ballads V

Si può discutere all’infinito sull’utilità di opere del genere, ma è indubbio che la qualità altissima della musica prodotta mette in secondo piano le critiche di chi pretende l’originalità a tutti i costi.

Per molti sono sempre state un riempitivo, per altri uno scotto da pagare in album dove smorzavano la tensione metallica, ma in tanti continuano ad amarle perché, in fondo, anche i metallari hanno un cuore e lacrime da spendere.

Stiamo parlando delle ballads, croce e delizia dei gruppi metal, da sempre suonate nei generi classici, dall’heavy, al power, fino al thrash.
Le luci si accendono ancora una volta per la band di Axel Rudi Pell, uno dei massimi esponenti delle super ballatone, arrivato con The Ballads V alla quinta raccolta di lenti dalle epiche o drammatiche atmosfere, pregne di quell’orgoglio metallico su cui si sono costruiti successi, ma anche rovinose cadute.
A prescindere da quanto possa piacere un’opera di questo tipo, bisogna dare a Cesare quel che è di Cesare, ed allora è innegabile come anche questa ennesima collezione si avvalga di di brani bellissimi, dalle melodie che conquistano anime e spaccano cuori, suonate da un gruppo di musicisti che, nel genere, non sono certo secondi a nessuno.
Come d’abitudine Pell ci regala due inediti, la prima una perla di canzone (l’opener Love’s Holding On) con Bonnie Tayler splendida ospite a duettare con un Gioeli stratosferico e, ad anticipare la magnifica cover di Hey Hey My My di Neil Young, On The Edge Of Our Time vede la chitarra duettare con un Gioeli che sprizza epicità da tutti i pori, mentre il resto del gruppo asseconda la vena dei due protagonisti.
Circle Of The Oath, full length uscito nel 2012, è ottimamente rappresentato dalla superba Lived Our Lives Before, mentre When Truth Hurts, dal buon Into The Storm licenziato dal gruppo un paio di anni dopo, continua a dispensare emozionanti armonie chitarristiche su un tappeto di eroico ed elegante metal.
Certo, il trend di un lavoro come questo non cambia per tutta la sua durata, e le due tracce live lasciate a conclusione di un’opera mastodontica (si va oltre i settanta minuti) sono da considerare altre due chicche.
Si parla infatti di The Line, dal capolavoro The Masquerade Ball, e la sempre spettacolare Mistreated, enorme brano di casa Deep Purple era Coverdale con al microfono Doogie White, tratto dal concerto per il 25° anniversario della band in quel di Balingen nel 2014.
Si può discutere all’infinito sull’utilità di opere del genere, ma è indubbio che la qualità altissima della musica prodotta mette in secondo piano le critiche di chi pretende l’originalità a tutti i costi.

TRACKLIST
01. Love’s Holding On (new song feat. Bonnie Tyler)
02. I See Fire (new cover version, Ed Sheeran song)
03. On The Edge Of Our Time (new song)
04. Hey Hey My My
05. Lived Our Lives Before
06. When Truth Hurts
07. Forever Free
08. Lost In Love
09. The Line (live)
10. Mistreated (live)

LINE-UP
Johnny Gioeli – Lead and Backing Vocals
Axel Rudi Pell – Lead, Rhythm and Acoustic Guitars
Ferdy Doernberg – Keyboards
Volker Krawczak – Bass
Bobby Rondinelli – Drums

AXEL RUDI PELL – Facebook

CORRODED

Il video di Fall Of A Nation, tratto dall’album Defcon Zero, in uscita ad aprile (Despotz Records).

Il video di Fall Of A Nation, tratto dall’album Defcon Zero, in uscita ad aprile (Despotz Records).

I Corroded sono tornati! La band hard rock svedese, famosa in patria per aver prestato la propria musica al programma tivù “Survivor (Expedition Robinson in Sweden)” e al videogame “Battlefield”, torna con il nuovo album “Defcon Zero”, in uscita il 14 aprile su Despotz Records.

“Defcon Zero” non è soltanto il nuovo album dei Corroded in cinque anni, ma segna anche il debutto su Despotz Records. Il disco è più pesante, ma non perde di vista la melodia. Parte da dove si era fermato il precedente “State Of Disgrace”, ma al tempo stesso suona completamente nuovo.

Tracklist:

Carry Me My Bones
Gun And A Bullet
Retract and Disconnect
Fall Of A Nation
Vessels Of Hate
Day Of Judgement
A Note To Me
Burn It To The Ground
DRF
Feel Fine
Rust and Nail

Discografia
Eleven Shades of Black (2009)
Exit to Transfer (2010)
State of Disgrace (2012)
Defcon Zero (2017)

Gutted – Martyr Creation

Nel genere l’album risulta uno dei migliori sentiti in questo inizio anno: se siete fans del brutal death metal di scuola statunitense, buttatevi senza esitazione su questo delirio estremo partorito dagli ungheresi Gutted.

Un intro orchestrale ci accompagna davanti alle porte della casa del mostro che si spalanca alle prime note della devastante Cosmos Of Humans, opener del nuovo massacro sonoro targato Gutted.

Il gruppo ungherese, nato da poco più di dieci anni, torna dunque con un nuovo disfacimento sonoro a base di brutal death metal: il quarto album di questa premiata ditta di serial killer provenienti dall’est.
Licenziato dalla Xtreem Music il lavoro di questa band, che prende il nome da un brano storico dei Cannibal Corpse, segue proprio gli insegnamenti del gruppo americano, e lo fa alla perfezione, vista l’ottima qualità di questo cattivissimo lavoro intitolato Martyr Creation:
mezz’ora di distruzione totale, un armageddon di suoni estremi sviluppati su ritmiche che non scendono sotto velocità inumane, mentre le poche varianti atmosferiche sono raggelanti attimi di puro orrore (le voci di bambini su Deeper Than Hell, da cui il gruppo ha tratti un video).
In stato di grazia il songwriting, tanto che Martyr Creation riesce ad avere un appeal che sorprende nel genere, risultando un ascolto gradito anche per i deathsters dai gusti più pacati.
Fades Away è un vortice infernale da cui uscire diventa un’ impresa ardua, mentre l’atmosfera rimane perennemente in balia delle torture ed efferatezze raccontate dal vocione di Sándor Hajnali.
Nel genere, l’album risulta uno dei migliori sentiti in questo inizio anno: se siete fans del brutal death metal di scuola statunitense, buttatevi senza esitazione su questo delirio estremo partorito dagli ungheresi Gutted.

TRACKLIST
1.Chaos of the Beginning (Intro)
2.Cosmos of Humans
3.False Happiness
4.Consuming Life
5.Deeper than Hell
6.Fades Away
7.Kings of Emptiness
8.Hell Dwells Inside
9.Into Oblivion
10.Atrophied Existence (Outro)

LINE-UP
Sándor Hajnali – Vocals, all lyrics
Gábor Drótos – Guitars, song writing
Sándor Tamás – Drums
András Horváth – Guitars (Live Musician)
Péter Lipák – Bass (Live Musician)

GUTTED – Facebook

Svart Crown – Abreaction

Un uso molto originale delle ritmiche per una band death/black (tra groove e percussioni tribali), la pesantezza sonora che si spinge fino a toccare lidi doom ed un songwriting vario e per nulla ripetitivo, spostano sicuramente la ragione dalla parte del gruppo nizzardo

Gli Svart Crown arrivano con Abreaction a quello che, di fatto, è l’album più importante della loro carriera e se la missione era quella di confermare il fiuto della Century Media, l’obiettivo è stato raggiunto.

Un uso molto originale delle ritmiche per una band death/black (tra groove e percussioni tribali), la pesantezza sonora che si spinge fino a toccare lidi doom ed un songwriting vario e per nulla ripetitivo, spostano sicuramente la ragione dalla parte del gruppo nizzardo, realtà oscura e perversa, occulta e blasfema, protagonista di un album estremo, maligno ed affascinate.
Non solo furia death/black dunque, ma atmosfere che variano, malatissime e contorte (The Pact: To the Devil His Due) così da non peccare di immobilismo come alcuni gruppi, magari più famosi ma dal compitino eseguito perfettamente da anni, variando l’estremismo tipico del metal estremo alla Behemoth con rallentamenti fusi in lava nera come la pece; il sangue spesso cola dalle fauci del demone, tra liturgie dannate e doom/death d’alta scuola, mentre le varianti tribali di ritmiche infernali conducono alla pazzia e alla danza prima della dannazione eterna.
JB Le Bail e compagni non lesinano sperimentazioni, cori monastici ed atmosfere da chiese sconsacrate, mentre gli episodi migliori sono proprio i più originali ed imprevedibili, nei quali la pesantezza delle atmosfere si scontra con una serie di spunti non così comuni nei gruppi del genere.
Khimba Rites, Transsubstantiation e Nganda sono gli episodi migliori, a cui si aggiunge Tentacion, un dark western alla Fields Of The Nephilim attraversato da un’oscura aura black che lo rende un brano strumentale atipico e da brividi.
In conclusione, un album riuscito ed una band che troverà la giusta attenzione da parte degli amanti dei suoni estremi, ai quali è consigliato l’ascolto di questa opera oscura, sinistra ed atmosferica.

TRACKLIST
1.Golden Sacrament
2.Carcosa
3.The Pact: To the Devil His Due
4.Upon This Intimate Madness
5.Khimba Rites
6.Tentacion
7.Orgasmic Spiritual Ecstasy
8.Transsubstantiation
9.Emphatic Illusion
10.Lwas
11.Nganda

LINE-UP
JB Le Bail – Vocals/Guitar
Ludovic Veyssière – Bass guitar
Kévin Paradis – Drums
Kevin Verlay – Guitar

SVART CROWN – Facebook

https://www.youtube.com/watch?v=hRaSi1IFaaM

Dead & Breakfast – Rebirth

Una versione più hard rock oriented dei classici Misfits con qualche spunto più moderno alla Murderdolls, per gli amanti del genere una vera ed insana goduria.

I Dead & Breakfast sono un trio di Lodi e suonano hard rock/ horror punk, sono arrivati al quarto album e quest’anno festeggiano il decimo anniversario della nascita (o della morte, fate voi).

Il loro sound si sviluppa lungo un hard rock dall’urgenza punk, di fatto ispirato dalle band horror punk americane, dunque maltrattato da uno spirito rock’n’roll che non manca certo al gruppo nostrano.
Pachu (basso e voce), Gigio (chitarra e voce) e Piffy (batteria) formano questo gruppo di cacciatori di zombie e anime della notte, in un continuo e potente Helloween party che accompagna le atmosfere di questo ultimo lavoro intitolato Rebirth.
Non si arriva alla mezz’ora, ma il tutto viene sintetizzato con una grinta ed una carica notevoli, e già dall’iniziale The Devil Inside la tensione comincia a salire, mentre brani più orientati all’hard rock come Nightmare si danno il cambio con sferzate punk rock, come Dead & Breakfast.
Timmy è il brano più ispirato di Rebirth, un mid tempo solcato dal groove, atmosfericamente dark rock e con un solo che spezza in due tombe e lapidi con forza metallica.
Il finale è lasciato alla coppia di brani ispirati al rock più moderno, il groove diventa protagonista nelle ritmiche di Inch By Inch e della title track, concludendo l’album con una passeggiata nell’hard rock più sanguigno.
Una botta di adrenalina niente male questo Dead & Breakfast, con il gruppo che risulta una versione più hard rock oriented dei classici Misfits con qualche spunto più moderno alla Murderdolls: per gli amanti del genere una vera ed insana goduria.

TRACKLIST
1. The Devil Inside
2. Nightmare
3. Tarantula
4. Timmy
5. Dead & Breakfast
6. Inch By Inch
7. Rebirth

LINE-UP
Pachu – Vocals / Bass
Gigio – Guitar / Vocals
Piffy – Drums

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