Tod Huetet Uebel – N.A.D.A.

Un’altra prova di grande efficienza da parte di rappresentanti della scena black metal lusitana.

Tod Huetet Uebel è una delle diverse band che contribuiscono a rendere sempre più fresca e stimolante la scena black metal lusitana.

Dopo il full length del 2015, il duo composto da Daniel C. e Marcos M. si ripropone con un ep di una ventina di minuti fatto di due soli brani dalla durata decisamente diversa tra loro, con il secondo di questi (Da) che da solo occupa in pratica tutto lo spazio del lavoro.
A differenza di altre band trattate di recente, i Tod Huetet Uebel appaiono molto più spostati verso una forma di black più esasperato, ai confini del depressive: ne consegue un ascolto molto più complesso, derivante da un modus operandi che bandisce del tutto o quasi la melodia, passando da ossessive sfuriate, contraddistinte dalle urla incessanti di Marcos, a rallentamenti improvvisi che riportano il tutto ad una matrice ambient.
Il primo e più breve brano, Nå, è soprattutto una furiosa espressione di urgenza compositiva, con un mood tra il disperato e l’apocalittico che poi verrà convogliato nella ben più lunga e frastagliata traccia conclusiva.
Non è affatto banale per una band black spingere un singolo brano su simili minutaggi, ma non è certo il coraggio a fare difetto ai Tod Huetet Uebel, ed e così che, tra campi di tempo dovuti a frenate alternate a parossistiche accelerazioni, sempre sovrastate dalle vocals straziate di chi non ha un domani, N.A.D.A. si rivela un altro consistente tassello posto a puntellare un movimento, sorprendente solo per chi è meno predisposto a cogliere i segnali di vitalità provenienti da realtà musicali considerate (a torto) ai margini della scena internazionale.

Tracklist:
1. Nå
2. Da

Line up:
Daniel C. – Guitars, Bass
Marcos M. – Vocals

TOD HUETET UEBEL – Facebook

Hot Cherry – Wrong Turn

Non così scontato come potrebbe sembrare ad un primo approccio, Wrong Turn si fa apprezzare per la sua energia e per quell’atmosfera sanguigna e vera che è alla base della riuscita di un album del genere.

Wrong Turn è il primo lavoro dei toscani Hot Cherry, uscito qualche mese fa autoprodotto ed arrivato a MetalEyes tramite l’etichetta napoletana Volcano Records, che si è aggiudicata le prestazioni del gruppo del cantante Jacopo Mascagni.

La band nasce nel 2009, ma purtroppo, dopo l’uscita del singolo Scar In The Brain, nel 2013 si scioglie, con il cantante che di fatto rimane l’unico componente e, non arrendendosi, comincia il reclutamento di nuovi componenti.
Nel corso degli anni gli sforzi per dare una nuova vita al gruppo vengono ripagati e con la formazione al completo vede la luce Wrong Turn, una mazzata di metal/rock, dal groove micidiale, potente e dall’anima thrash.
Jacopo Mascagni viene così raggiunto da Nik Capitini e Luca Ridolfi alle chitarre, Kenny Carbonetto al basso e Stefano Morandini alle pelli, e insieme danno vita a questa mezz’ora di muro sonoro che non lascia dubbi sull’impatto di questa nuova formazione e del suo sound, vario nel saper pescare da vari generi, senza mai abbandonare la strada del metal moderno ricco di groove e di un pizzico di pazzia rock ‘n’ roll.
Mascagni canta come se non ci fosse un domani, le frustrazioni passate vengono riversate su nove tracce che non lasciano respiro fin dall’opener Anonymous: una mazzata senza soluzione di continuità tra hard rock, groove, stoner rock, ed attitudine thrash ‘n’ roll che si evince dal singolo Scar In The Brain, dalla mastodontica Craven e dalla devastante Call To The Void.
Non così scontato come potrebbe sembrare ad un primo approccio, Wrong Turn si fa apprezzare per la sua energia e per quell’atmosfera sanguigna e vera che è alla base della riuscita di un album del genere.
Immaginatevi una jam tra i Pantera, gli Anthrax, i Corrosion Of Conformity e i Beautiful Creatures ed avrete un’idea della proposta degli Hot Cherry, non male davvero.

Tracklist:
1.Anonymous
2.8000 HP
3.Scar In The Brain
4.Narrow Escape
5.Craven
6.On Your Own
7.Call To The Void
8.Modern Vampire
9.Bloody Butterfly

Line-up:
Jacopo Mascagni – Vocals
Nik Capitini – R&L Guitars
Luca Ridolfi – R Guitars
Kenny Carbonetto – Bass
Stefano Morandini – Drums

HOT CHERRY – Facebook

Hesperia – Caesar. Roma Vol. I

Mai ovvio e sempre interessante, Caesar, primo disco di una serie dedicata a Roma, rappresenta una delle punte più alte del metallo italiano, che definire tale è molto riduttivo.

Sesto disco per questo progetto solista attivo da molti anni. Lo scopo di Hesperia è di fare metallvum italicvm come afferma lui stesso, cercando di concepire una via italica al pagan metal vicino al black.

Il suono di questo concept album sulla vita di Giulio Cesare è molto più sfaccettato, e partendo dal pagan si avvicina molto al metal nella sua accezione più folk, perché qui oltre alla musica c’è molto da dire e scoprire. Hesperia parte da lontano, a cominciare dal nome che è quello antico della nostra penisola, in un fulgido passato pagano che abbiamo dimenticato in fretta abbagliati dalle falsità cristiane. Il disco, dal punto si vista musicale, è una minuziosa ricerca di un suono che sia solennemente adatto a far risuonare questa storia, che è speciale e non può essere raccontata senza l’ausilio di un metal speciale. Hesperus è un musicista di talento e trova sempre un’adeguata impalcatura sonora a testi molto belli che mostrano la storia sotto il punto di vista dei protagonisti, facendo rivivere e sanguinare la storia di Giulio Cesare. Il disco potrebbe essere anche rappresentato sulle assi di un teatro, tanto è ricca la drammatizzazione; una continua meraviglia sonora, passando dal folk al metal, dal quasi black a rock progressivo o anni novanta, il tutto al servizio della storia narrata. Mai ovvio e sempre interessante, Caesar, primo disco di una serie dedicata a Roma, rappresenta una delle punte più alte del metallo italiano, che definire tale è molto riduttivo. La musica è ottima e le storie sono un nostro passato che è stato sepolto troppo presto, ma che rimane un paradigma.

TRACKLIST
1. Ivlia Gens (Incipit) / Svpremvs Dvx
2. Trivmviratvm
3. De Bello Gallico
4. Britannia Capta Erit / Alea Iacta Est
5. Roma
6. Aegyptvs (Tema di Cleopatra)
7. Caesar (Tema di Cesare)
8. Romana Conspiratio (Tema di Bruto)
9. Divini Praesagii (Romanorvm Deorvm)
10. Le idi di marzo (The Ides of March)
11. Ivlivs Caesar (Divvs et Mythvs)

LINE-UP
Hesperus: Everything

HESPERIA – Facebook

Critical Solution – Barbara The Witch

In Barbara The Witch si parla streghe, roghi ed inquisizione e il gruppo ci va a nozze, tra devastanti fughe thrash, atmosfere classicamente heavy e sfumature horror metal.

I thrashers norvegesi Critical Solution fecero innamorare il sottoscritto un paio d’anni fa, in occasione dell’uscita del bellissimo Sleepwalker.

Tornano oggi con Barbara The Witch, un concept album tratto da un’opera di Arthur Brown (The God Of Hellfire) e ci troviamo ancora una volta davanti ad un album esaltante, che mescola thrash metal e tematiche horror metal.
Per chi non conoscesse ancora i quattro stregoni norvegesi ricordo che la band è attiva da una dozzina d’anni, arriva con questo album al traguardo del terzo full length dopo aver dato alle stampe un paio di ep, il debutto sulla lunga distanza Evil Never Dies del 2013 ed il precedente Sleepwalker.
Dunque si parla di streghe, roghi ed inquisizione e il gruppo ci va a nozze, tra devastanti fughe thrash metal di ispirazione statunitense (Metallica, Testament), atmosfere classicamente heavy (Rainbow, Black Sabbath) e le sfumature horror metal prese in prestito dal King Diamond e valorizzate da un songwriting sopra la media.
Non ci si annoia con la musica dei Critical Solution, le loro ispirazioni danno vita ad un saliscendi di emozioni metalliche, tra ritmiche che corrono all’impazzata, arpeggi melodici che creano atmosfere oscure, chitarre come le fiamme che ricoprono i corpi delle streghe e segnano la pelle con frustate solistiche.
La splendida thrash horror metal The Burning Pyre risulta il cuore dell’album, un crescendo drammatico che parte con un recitato, mentre la furia prende il sopravvento per poi lasciare spazio ad una marcetta tragica, mentre il cielo si oscura, le fiamme toccano i nuvoloni grigi e la strega grida ai carnefici la sua maledizione: in due parole, brano fantastico.
Chiaramente Barbara The Witch non si ferma certo qui, regalando ancora almeno un paio di tracce spettacolari come The Village, Red Hooded Devils e The Headless Horsemen brano che i Metallica non scrivono da una vita.
Quando tutto sembra finito, il bonus cd incluso nell’album ci dona una manciata di cover di classici dell’hard & heavy suonati alla maniera dei Critical Solution, ed allora preparatevi alle esaltanti nuove versioni di Let It Die (Ozzy Osbourne) e, tra le altre, Speed King dei Deep Purple, e la straordinaria versione dell’indimenticabile Gypsy degli Uriah Heep.
Come scritto in occasione del precedente lavoro, siamo al cospetto di una grande band, imperdibile per gli amanti dell’horror metal e soprattutto del thrash old school.

TRACKLIST
1. Natas Fo Live
2. The Village
3. Barbara the Witch
4. Red Hooded Devils
5. Peter Crow
6. The Burning Pyre
7. End of the Beginning
8. The Headless Horsemen
9. Officer Green
10. A Lady in White
11. Return of the Witch
12. Into the Abyss

CD 2 – “Covers From Hell”
1. Locked up in Snow (King Diamond’s Black Rose cover)
2. Let it Die (Ozzy Osbourne cover)
3. Killed by Death (Motörhead cover feat. Whitfield Crane/LaRocque)
4. Iron Man (Black Sabbath cover)
5. Speed King (Deep Purple cover)
6. Gypsy (Uriah Heep cover feat. Snowy Shaw)

LINE-UP
Christer Slettebø – Vocals/Lead Guitar
Egil Mydland – Drums
Eimund Grøsfjell – Bass
Guitar Bjørnar Grøsfjell – Guitar

http://www.facebook.com/CriticalSolution

DECAPITATED

Il video di Never, dall’album Anticult, in uscita il 7 luglio (Nuclear Blast).

Il video di Never, dall’album Anticult, in uscita il 7 luglio (Nuclear Blast).

La band extreme metal polacca DECAPITATED ha svelato i dettagli sul nuovo settimo album “ANTICULT” che uscirà il 7 Luglio su Nuclear Blast.
La band ha anche fatto uscire il nuovo brano “Never” come Instant Grat track per chi preordina l’abum, e il relativo video.
“Anticult” è disponibile per preordini qui: http://nblast.de/DecapitatedAnticultNB

In digitale: http://nblast.de/DecapitatedDigital

“ANTICULT” sottolinea quanto i DECAPITATED siano ancora vitali dopo due decadi nel pieno della loro carriera. I DECAPITATED sono stati indubbiamente dei maestri nei loro lavori e con ANTICULT espandono sempre più i loro parametri, elevando il profilo della band oltre al regno del death metal che hanno dominato per anni.

“Anticult rappresenta l’eredità e il futuro dei Decapitated”, afferma il chitarrista Vogg, “Siamo estremamente orgogliosi del disco, sia per la composizione che per la produzione. Questa è la migliore rappresentazione della nostra musica, e siamo molto emozionati all’idea di far ascoltare il disco al mondo intero”.

Il passo avanti più evidente nell’album è rappresentato da “Never”. E’ una canzone con un incredibile mordente che mantiene la rabbia che contraddistingue i DECAPITATED. E’ innegabilmente catchy e rimane impressa subito nella mente.

“Never, il primo brano che presentiamo dell’album, è veloce, tecnico, e soprattutto pesante” commenta Vogg, “Per noi è ciò che i Decapitated sono, e sarà molto divertente suonarlo dal vivo.”

Il cantante Rasta interviene riguardo a “Never” offrendo una descrizione sul contenuto del testo: “Non c’è nessun destino avverso che ci attende. L’unico giudizio che pende su di noi è il nostro. La semplice relazione causa-effetto è ciò che determina il nostro futuro. Siamo testimoni di qualcosa che non sarebbe mai dovuto accadere – le nostre case sono diventate la tomba della nostra civiltà”.

“ANTICULT”, Track Listing:
“Impulse”
“Deathvaluation”
“Kill the Cult”
“One Eyed Nation”
“Anger Line”
“Earth Scar”
“Never”
“Amen”

www.decapitatedband.net
www.facebook.com/decapitated
www.nuclearblast.de/decapitated

My Own Ghost – Life On Stand By

Classico album da locale elettro/dark rock o semplicemente da autoradio, con chorus che per lo più sono facili da ricordare ed escursioni elettroniche che sanno di Depeche Mode ma anche di primi Lacuna Coil

I My Own Ghost sono una band lussemburghese di pop/rock con voce femminile, qualche schitarrata sconfinante nell’hard rock e note ruffiane che si susseguono per tutta la durata di questo melodicissimo lavoro dal titolo Life On Stand By.

Il quintetto, attivo dal 2013, e con un primo album archiviato tre anni fa (Love Kills), si ripresenta sul mercato tramite la Secret Entertainment e lo fa al meglio delle sue possibilità, con una mezz’ora abbondante di melodie tra rock, pop, sfumature dark e riff hard che permettono ai My Own Ghost di rimanere aggrappati al calderone metal/rock.
Julie Rodesch non manca di incantare con la sua voce personale ed interpretativa risultando il pezzo pregiato del gruppo, mentre melodia e grinta tenuta a freno compongono un lotto di brani piacevoli ma nulla più.
Classico album da locale elettro/dark rock o semplicemente da autoradio, con chorus che per lo più sono facili da ricordare ed escursioni elettroniche che sanno di Depeche Mode ma anche di primi Lacuna Coil, anche se chiaramente la band italiana possiede un’impronta molto più metal.
10 Week Of Summer è un piccolo passo verso il metal gotico, dove la Rodesch sfoggia una voce notevole anche quando i toni si fanno più alti, mentre la successiva If I Stay solca strade new wave e l’elettronica impazza anche in No Air, altro brano in evidenza, tra ritmiche che si induriscono nel refrain.
In conclusione un buon lavoro, melodico ed orecchiabile, che potrebbe regalare qualche gelido brivido pop/dark rock.

TRACKLIST
01. Life On Standby
02. Everytime I Break
03. Alive
04. 10 Weeks Of Summer
05. If I Stay
06. Don’t Say You Love Me
07. No Air
08. The Night Before I Die
09. When Love Is Not Enough
10. Hope

LINE-UP
Julie Rodesch – Vocals
Fred Brever – Guitars
David Soppelsa – Guitars
Joe May – Bass
Michael Stein – Drums

MY OWN GHOST – Facebook

Longhouse – II: Vanishing

I Longhouse, seppure nell’ambito di un territorio angusto come quello del doom, brillano proprio per la loro versatilità, evitando la reiterazione stilistica lungo tutti i brani e riuscendo anche con buon successo a districarsi lungo minutaggi importanti.

Il secondo full length dei Longhouse, doom metal band di Ottawa, è la fotografia più realistica di quello che è effettivamente lo scenario musicale dei giorni nostri.

Questo trio guidato da Josh Cayer propone un doom di ottimo livello, mai scontato e con diverse venature che vanno dallo sludge alla versione più tradizionale del genere, eppure non ha la notorietà che meriterebbe, probabilmente schiacciato dalle caterve di materiale di livello nettamente inferiore, ma con superiore visibilità, immesso quotidianamente su un mercato ipersaturo; del resto, con la musica del destino non ci si arriva a fine mese e, spesso, chi la suona le gratificazioni deve trovarle più dentro se stesso piuttosto che nella risposta del pubblico.
Questo è ciò che fa il buon Cayer che, essendo discendente di nativi americani, pensa bene di creare un inedito connubio tra il doom e testi intrisi della spiritualità e del rispetto per la natura di cui gli indiani d’America sono rimasti tra i pochi depositari sul pianeta.
Il sound dei Longhouse non presenta però alcuna sfumatura etnica e si snoda lungo cinque lunghe e bellissime tracce, andando a toccare diversi punti focali del genere, approfonditi con una tipica formazione a tre che, assieme al già citato bassista e cantante, annovera anche i bravi Marc Casey alla chitarra e Mike Hache alla batteria.
Si parte, così, dalla dissonante e pesantissima Hunter’s Moon, con la quale si bazzica anche dalle parti del post metal, e che ingannevolmente fa pensare ad un brano strumentale, visto che le harsh vocals di Cayer entrano in scena solo nella parte finale; proprio la voce potrebbe costituire un punto di controversia per gli amanti del doom tradizionale, abituati a voci più stentoreee e meno ringhiose: personalmente, tale scelta invece non mi dispiace affatto, né deve indurre in errore quanto avviene nel brano conclusivo The Vigil, dove il timbro vocale pulito viene esibito con successo in un contesto molto più adeguato, trattandosi dell’episodio senza dubbio più melodico, con sconfinamento conclusivo nella psichedelia, dell’intero lavoro.
Come si può intuire, i Longhouse, seppure nell’ambito di un territorio angusto come quello del doom, brillano proprio per la loro versatilità, evitando la reiterazione stilistica lungo tutti i brani e riuscendo anche con buon successo a districarsi lungo minutaggi importanti.
Devo fare un mea culpa per aver messo da parte, inizialmente, II:Vanishing pensando ad un’opera minore o comunque trascurabile, ma solo dopo qualche passaggio nel lettore ne è emerso appieno il valore e da questo se ne deducono due cose: la prima è che l’album necessita d’essere lavorato per bene prima della sua assimilazione, mentre la seconda è che i Longhouse sono un’ottima realtà, meritevole della massima attenzione da parte degli appassionati di doom.

Tracklist:
1. Hunter’s Moon
2. Vanishing
3. Blood and Stone
4. No Name, No Marker
5. The Vigil

Line up:
Josh Cayer – Bass, Vocals
Mike Hache – Drums
Marc Casey – Guitars

LONGHOUSE – Facebook

Voltax – No Retreat… You Surrender

La tradizione metallica del continente americano è una delle più importanti e gloriose, ma i Voltax devono ancora fare quel salto che permetta di entrare nella storia del metal classico d’oltreoceano.

Heavy metal old school dal lontano Messico, terra non certo ricettiva per i suoni tradizionali, dunque eccezione che conferma la regola con l’ultimo lavoro dei Voltax.

Attivo nella capitale da oltre dieci anni, il quintetto messicano non le manda certo a dire e sforna un buon lavoro di metal tradizionale, epico, melodico ed assolutamente legato all’heavy metal classico, diviso tra la tradizione europea e quella americana.
No Retreat… You Surrender è il quarto full length di una carriera che va a completare una discografia comprendente pure un live in quel di Wacken nel 2011, cosa non da poco per un gruppo underground sudamericano.
Chiariamo subito che l’album poteva essere prodotto meglio, che la copertina è bruttina e qualche brano ripete la stessa formula, ma è indubbio che la bravura del vocalist (Jerry) e le cavalcate maideniane che fanno capolino in molti dei brani, tengono l’opera ancorata ad un livello buono, anche se andrebbe maggiormente sviluppata la parte americana del sound (quella alla Metal Church, per intenderci), lasciando da parte certe soluzioni fin troppo abusate e prese in prestito dalla New Wave Of British Heavy Metal.
No Retreat… You Surrender si rivela così un lavoro tra alti e bassi, con qualche buon brano (This Void We Raid e The Hero su tutti) che ne avrebbero potuto dar vita ad un ottimo ep, ed alcune tracce che abbassano la media relegando l’album ad una sufficienza piena, ma non di più.
La tradizione metallica del continente americano è una delle più importanti e gloriose, ma i Voltax devono ancora fare quel salto che permetta di entrare nella storia del metal classico d’oltreoceano.

TRACKLIST
1.El fin
2.Broken World
3.This Void We Ride
4.Deadly Games
5.Go with Me
6.Starless Night
7.Night Lasts Forever
8.Explota
9.The Hero
10.25, 6 to 4 (Chicago cover)

LINE-UP
Ganso – Drums, Bass
Jerry – Vocals
Diego – Guitars
Mario “Boludo” – Drums
Ricardo Doval – Guitars

VOLTAX – Facebook

Furious Georgie – Sono Mama!

Si respira a pieni polmoni rock ispirato alla cultura hippy ed agli anni sessanta, con una mistica calata nel mondo Zen al quale il titolo riporta, mentre Trombino magistralmente regala musica da interpretare ognuno secondo la propria sensibilità.

Archiviato il bellissimo album dei deathsters Haemophagus pensavo che per questo 2017 non avrei più incontrato note musicali in arrivo dalla scena palermitana, ma non avevo fatto i conti con Giorgio Trombino, straordinario polistrumentista e compositore, qui nei panni di Furious Georgie, progetto solista di folk psichedelico, rock acustico e beatlesiano ed ennesima sorpresa che questo fantastico musicista riserva ad ogni passo.

Le giornate per Trombino hanno una durata superiore al normale, altrimenti come potrebbe avere il tempo per scrivere suonare e creare così tanta ottima musica?
Ma lasciando da parte complicate spiegazioni sul lavoro del musicista, presentiamo questa nuova veste, almeno per gli amanti dell’hard stoner rock (Sergeant Hamster, Elevators to the Grateful Sky), del funky/jazz ( The Smuggler Brothers) e del metal estremo (Haemophagus, Cavernicular) chiamata Furious Georgie.
Con Sono Mama! (che, in giapponese, significa “proprio così”), il secondo lavoro licenziato con questo monicker, il musicista siciliano dimostra, oltre ad una creatività musicale impressionante per qualità e varietà di stili, di saperci fare con qualsiasi strumento, suonando tutto quanto possa produrre note, magiche, intense, emozionanti.
Ora, non tutti quelli che leggono i miei deliri su MetalEyes sanno della passione che da sempre mi porto per i Beatles, così che da fan e tuttologo dei Fab Four mi viene sicuramente più facile parlarvi di opere come SGT Pepper’s… e Magical Mistery Tour per introdurvi alla musica di Sono Mama!, il tutto ovviamente riveduto e corretto da Furious Georgie, maestro nel saper confondere le idee, ora con accenni al jazz, ora con rintocchi di note progressive ed una solare predisposizione per il rock americano, dalle spiagge della California al deserto della Sky Valley.
Si respira a pieni polmoni rock ispirato alla cultura hippy ed agli anni sessanta, con una mistica calata nel mondo Zen al quale il titolo riporta, mentre Trombino magistralmente regala musica da interpretare ognuno secondo la propria sensibilità: magari ci avvicineremo allo spirito del musicista, magari saremo lontani da tutto ciò, rimane il fatto che come tutte le forme d’arte la musica regala sensazioni diverse ad ognuno di noi, libera di entrare nella nostra mente e nel nostro corpo per donarci emozioni e brividi.
E con Jubilee, Down To The Belice Valley (un passo nel country rock), Love You All The Time e gli altri brani che compongono questo bellissimo lavoro, Giorgio Trombino ci è riuscito ancora una volta.

Tracklist:
1. Jubilee
2. Strange Neighbour
3. Down to the Belice Valley
4. Let Me Sit You Down
5. Love You All the Time
6. Lascio spazio al vuoto
7. Nothing Special at All
8. Shouting in a Desert Street
9. Sono-Mama! 10. Lunar Baby
11. Strange Windy Day
12. What About that Buzz?
13. Dream Matter

Line-up:
Giorgio Trombino – voce, chitarra elettrica e acustica, basso, batteria, pianoforte verticale, synth, sassofono soprano e contralto, lap steel, flauto, mandolino, percussioni

FURIOUS GEORGIE – Facebook

CELLAR DARLING

Il lyric video di Challenge, dall’album This Is The Sound in uscita il 30 giugno (Nuclear Blast).

Il lyric video di Challenge, dall’album This Is The Sound in uscita il 30 giugno (Nuclear Blast).

I CELLAR DARLING, la nuova band formata dagli ex membri degli ELUVEITIE, Anna Murphy, Merlin Sutter e Ivo Henzi, pubblicheranno il loro primo album il 30 Giugno. Insieme vi guideranno nel loro mondo di apocalittici racconti e pesanti riff, per risvegliare la vostra immaginazione e aprire i vostri orizzonti musicali. L’atteso album debutto con 14 sorprendenti brani sarà intitolato “This Is The Sound”.

“In meno di un anno abbiamo formato una nuova band trovando quello che secondo noi è il nostro sound. Questo è ciò che siamo e non vediamo l’ora di vedere cosa succederà!” – Anna Murphy

“Questo è quanto: il risultato di un anno di un’incredibilmente intensa creatività, di alti e di bassi, di perdite e acquisti. Questo è il lavoro più personale della nostra vita. Questo è Il Suono.” – Merlin Sutter

“Perfetta armonia in questa trinità” – Metalinside.ch
“I Cellar Darling donano felicità a chiunque abbia partecipato alla serata.” – Metalnews.ch

Due settimane fa, a Lucerna, la band ha portato per la prima volta sul palco i brani appena registrati. E’ stata la prima performance dei CELLAR DARLING dopo la produzione dell’album ai New Sound Studio, seguita attentamente dal leggendario produttore e chitarrista Tommy Vetterli (CORONER, ELUVEITIE). Dopo questo incredibile primo show, la band porterà il nuovo materiale in esclusiva all’inizio di Maggio in alcuni selezionati club europei.

I CELLAR DARLING saranno in Italia per un’unica data il 6 Maggio al Milady Metal Festival di Mantova.

Dopo la loro separazione dagli ELUVEITIE, Anna Murphy, Ivo Henzi e Merlin Sutter sono pronti per vedere il mondo attraverso nuovi occhi con un sound unico e fresco che unisce grandi e potenti riff, un drumming energico e una voce unica che si fonde con i toni caldi e folk della ghironda creando qualcosa di completamente nuovo, che mantiene lo spirito di innovazione musicale che li contraddistingue.

I CELLAR DARLING hanno pubblicato un primo singolo, ‘Challenge’, e un secondo pezzo intitolato ‘Fire, Wind & Earth’ a Settembre 2016.

Maggiori info:
www.cellardarling.com
www.facebook.com/cellardarlingofficial
www.nuclearblast.de/cellardarling

Condor – Unstoppable Power

Un sound che rimane confinato nei meandri dell’underground, a sola esclusiva dei fans legati al thrash metal più rozzo, ignorante ed accecato dalla furia malefica del black metal.

Secondo album per i norvegesi Condor, attivi dal 2009, con il loro sound che esprime l’irruenza del thrash unita alla morbosa devastazione del black metal, tutto rigorosamente old school e sporcato da una cattiveria notevole.

Un sound che rimane confinato nei meandri dell’underground, a sola esclusiva dei fans legati al thrash metal più rozzo, ignorante ed accecato dalla furia malefica del black metal.
Unstoppable Power è tutto qui, un po’ poco per uscire dagli ascolti dei fanatici del genere, con il caos, che regna su brani senza compromessi come l’opener Embrace By Evil o Chained Victims, a ripetersi per tutti i trentasei minuti di durata, tra esplosioni ritmiche di scuola thrash metal, attitudine black e velocità fine a sé stessa.
Chris Sacrifice declama con rabbioso tono le malefatte delle truppe infernali, mentre davanti a noi passano i primi Slayer, i Venom ed i Darkthrone in un mulinello di suoni estremi che ci trascinano sotto e ci lasciano annegare nel sangue delle vittime, massacrati in una battaglia senza fine.
In 83 Days Of Radiation, spunti black’n’roll portano il sound dei Condor davanti all’anima di Lemmy, che arriccia il naso e boccia il gruppo norvegese, impegnato ad essere oltremodo cattivo ma poco incisivo e ripetitivo nelle soluzioni adottate per questo Unstoppable Power.
Sinceramente, qui non ho trovato che una serie di idee abusate fino allo sfinimento dai gruppi che bazzicano nell’underground da un po’ di anni, rendendo questo album perlomeno trascurabile: qualche spunto classico nei solos alza il livello dell’album fino ad una sufficienza risicata.

TRACKLIST
1. Embraced By Evil
2. Riders Of Violence
3. Chained Victims
4. You Can’t Escape The Fire
5. Unstoppable Power
6. 83 Days Of Radiation
7. Malevolent Curse
8. Horrifier

LINE-UP
Chris Sacrifice – vocals, bass, guitars
Maggressor – guitars
Obskurvind – drums

CONDOR – Facebook

Sincarnate – In Nomine Homini

Il death doom dei Sincarnate è pervaso da una costante tensione: la band si muove con grande consapevolezza su un terreno scivoloso, sul quale una minore competenza nel maneggiare la materia porterebbe inevitabilmente a tediare l’audience, cosa che non avviene mai grazie a spunti ora ritmici, ora melodici, esaltati da un produzione di qualità.

Ancora da un suolo rumeno che si sta rivelando sempre più fertile in tema di metal, giunge una proposta di grande interesse a base di death doom, dalla buona personalità ed altrettanta intensità, da parte dei Sincarnate.

In effetti, il genere citato non fotografa correttamente lo stile del gruppo di Bucarest, che immette anche nel proprio sound massicce dosi di black e death metal, con un’aura epica e liturgica che sposta le coordinate altrove rispetto all’interpretazione del genere delle band scandinave, per esempio.
In Nomine Homini, così come fanno presagire il titolo e la copertina, oltre che presentare molte parti corali cantate in latino, verte su tematiche religiose, ovviamente rivedute e corrette secondo la personale visione di questo gruppo di musicisti.
L’album, considerando anche le due bonus track, si spinge oltre l’ora complessiva di durata, mettendo comunque alla prova l’attenzione degli appassionati, visto che l’approccio stilistico proposto dai Sincarnate non è mai ammiccante o sbilanciato sul versante melodico, bensì mostra l’intento della band di trascinare l’ascoltatore nel proprio gorgo, rappresentando la religione come tutt’altro che un’estrema ancora di salvezza.
Una rilettura, quella contenuta in In Nomine Homini, che ridisegna a tinte fosche l’impatto del culto del divino sull’umanita, evidenziandone le discrasie e, di fatto, spiegandone attraverso diversi fermi immagine quanto le varie credenze abbiano frenato lo sviluppo dell’autoderminazione dell’uomo, cosa della quale ancora oggi finiamo per pagarne le conseguenze, per assurdo forse ancor più che in epoche definite oscurantiste.
Il death doom dei Sincarnate è pervaso da una costante tensione, che il frequente ricorsi a campionamenti di urla strazianti o di voci recitanti contribuisce a mantenere sempre elevata; la band si muove con grande consapevolezza su un terreno scivoloso, sul quale una minore competenza nel maneggiare la materia porterebbe inevitabilmente a tediare l’audience, cosa che non avviene mai grazie a spunti ora ritmici, ora melodici, esaltati da un produzione di qualità (alla quale ha contribuito anche un nume tutelare della scena estrema rumena come Edmond Karban).
Non serve più di tanto entrare nel dettaglio dei vari brani, visto che In Nomine Homini deve essere assimilato come un continuum che trova il suo termine con la magnifica Liwyatan, traccia che tra voci angeliche, canti gregoriani, ritmiche squadrate ed il growl impietoso di Marius Mujdei, si rivela quale autentica summa concettuale e musicale dei Sincarnate.
Infatti, i due pur ottimi brani finali sono altrettante bonus track che vanno considerate come a sé stanti nell’economia di un album decisamente bello, da lavorare però con dedizione e proprio per questo foriero di soddisfazione non appena si riesce a decrittarne l’essenza.

Tracklist:
1. Attende Domine
2. Agrat bat Mahlat
3. Curriculum Mortis
4. She-Of-The-Left-Hand (Sophia Pistis)
5. In Nomine Homini
6. The Grand Inquisitor
7. Lamentatio Christi
8. Dies Illa
9. Liwyatan
10. De Luctum Perpetuum
11. Atonement

Line up:
Andrei Jumuga – drums
Andrei Zala – bass
Marius Mujdei – vocals
Giani Stanescu – guitars
Cristian Stilpeanu – guitars

SINCARNATE – Facebook

Mythra – Still Burning

Still Burning è un album che vi riporterà indietro fino a farvi perdere tra i vicoli nebbiosi di cittadine inglesi all’inizio degli anni ottanta: fate un giro su questa macchina del tempo, non ve ne pentirete.

Ci tuffiamo nel metallo classico e nella New Wave Of British Heavy Metal con i britannici Mythra ed il loro nuovo album, Still Burning.

Il gruppo ha avuto i suoi natali nel Regno Unito addirittura nella seconda metà degli anni settanta, purtroppo però la costanza nel rilasciare nuovi lavori non è stata pari a quella delle band più prolifiche, arrivando solo ora al terzo full length.
Lo storico The Death and Destiny EP, del 1979, non ha mai avuto particolare seguito, a parte due demo usciti negli anni ottanta, con il gruppo britannico ad esordire sulla lunga distanza solo nel 1998 e, di conseguenza, passando quasi inosservato in tempi nei quali i suoni old school non erano presi neppure in considerazione.
Quindi una band poco conosciuta ai più ma, alla luce di questo lavoro, gli amanti della vecchia scuola metallica potranno porre rimedio a questa lacuna, vista la verve e la grinta di questi vecchietti dell’heavy metal.
Metal classico che più non si può, quindi, con un sound che passa dalle ritmiche alla Saxon, alle chitarre che giocano con Judas Priest e Maiden, mentre il tutto è ricamato da una valanga di melodia, assecondata dalla voce da singer di razza di Vince High, che non risparmia toni aggressivi quando i toni si fanno grintosi e taglienti.
Esempi lampanti della vecchia scuola britannica, i Mythra non si lasciano affascinare da sfumature moderne, ma suonano come se fosse il 1984, così da risultare puri, assolutamente legati a suoni metallici vintage che affascinano non poco.
Un album per vecchi metallari, questo Still Burning, magari riuniti in raduni da bikers attempati, dove questi suoni nel nuovo millennio trovano ancora interesse, mentre i minuti passano tra cavalcate heavy, chorus melodici e solos forgiati sul monte dove Dave Murray e Dennis Stratton posarono le tavole della legge del chitarrista heavy metal.
That Special Feeling, seguita da Ride The Storm e  la spettacolare serie di assoli su Victory Song sono i momenti più alti di Still Burning, un album che vi riporterà indietro fino a farvi perdere tra i vicoli nebbiosi di cittadine inglesi all’inizio degli anni ottanta: fate un giro su questa macchina del tempo, non ve ne pentirete.

TRACKLIST
1. Still Burning
2. A Call To All
3. That Special Feeling
4. Ride The Storm
5. Survival
6. Battle Cry
7. Silence In The Sirens
8. Sands Of Time
9. Victory Song
10. We Belong
11. Fundamental Extreme

LINE-UP
Vince High – Vocals
John Roach – Guitars
Alex Perry – Guitars
Maurice Bates – Bass
Phil Davies – Drums

MYTHRA – Facebook

Buttered Bacon Biscuits – From The Solitary Woods

From The Solitary Woods è una raccolta di umori ed ispirazioni che vanno dall’hard rock britannico al blues rock, dal progressive al southern, per cinquanta minuti di musica tra tradizione europea e statunitense.

Quando ascoltai per la prima volta Litanies From The Woods, bellissimo esordio degli Witchwood del mastermind Ricky Dal Pane, mi chiesi subito come dovesse suonare l’unico album dei Buttered Bacon Biscuits, prima incarnazione del gruppo di Faenza capitanato dal talentuoso rocker.

La Jolly Roger mi ha accontentato ed in tempi brevi ha ristampato From The Solitary Woods, stupendo e, appunto, unico lavoro di quella che è la prima incarnazione della band colpevole di avermi letteralmente folgorato con il suo hard rock retrò e progressivamente folk.
From The Solitary Woods uscì come autoproduzione nel 2010 e della line up attuale degli Witchwood troviamo, oltre a Dal Pane, Stefano Olivi alle tastiere e Antonio Perugini alla batteria, con Alessandro Aroni al basso e Alex Celli alla sei corde a completare la formazione protagonista di un grande album.
Il sound dei Buttered Bacon Biscuits non si discostava molto da quello che poi diventerà il marchio di fabbrica del nuovo gruppo, la differenza sostanziale era una vena southern che accompagnava i brani, anche quelli più psichedelici andando a comporre una serie di canzoni uniche nel riproporre i dettami settantiani con una forza espressiva devastante.
From The Solitary Woods è una raccolta di umori ed ispirazioni che vanno dall’hard rock britannico al blues rock, dal progressive al southern, per cinquanta minuti di musica tra tradizione europea e statunitense.
Infatti, l’album si chiude con Crosseyed Jesus, un southern blues che parla americano ma che lascia ad un Dal Pane, alias Glenn Hughes in trip per la frontiera, il compito di liberare mandrie di mustang a scorrazzare per le colline.
Uriah Heep e Deep Purple si danno il cambio per accompagnare il sound di cui è intrisa questa raccolta di brani: i tasti d’avorio risultano (come negli Witchwood) importantissimi nella struttura di brani che vivono di riff sanguigni e solos travolgenti, mentre i canti dei nativi americani avvolgono di misticismo tracce sul cui sound, a suo tempo, è stato eretto il totem al dio del rock.
State Of Mind, il blues intenso di Into The Wild ed il rock psichedelico di Essaouira (il brano più vicino alla nuova band di Dal Pane) e l’hard blues morso dal serpente bianco di Loosin’ My Pride fanno di From The Solitary Woods un lavoro imperdibile per chi ama l’hard rock classico ed i suoni vintage, e per chi vuole completare la discografia di un talento non comune come quello del cantante e chitarrista romagnolo.

TRACKLIST
1. Loosin’ My Pride
2. Another Secret In The Sun
3. Essaouira
4. Into The Wild
5. I Hope You’re Feeling Bad
6. No Man’s Land
7. State Of Mind
8. Cross-eyed Jesus

LINE-UP
Riccardo Dal Pane – lead vocals, acoustic guitar
Alex Celli – lead guitar, background vocals
Antonio Perugini – drums
Alessandro Aroni – bass, background vocals
Stefano Olivi – hammond, piano, sinth

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MISS MAY I

Il video di Lost In The Grey, dall’album Shadows Inside (Sharptone Records).

Il sesto nuovo album dei MISS MAY I, »Shadows Inside«, insieme al nuovo merch, sono ora disponibili per preordini: http://geni.us/MMIShadowsInside

»Shadows Inside« è stato coprodotto da Drew Fulk (MOTIONLESS IN WHITE, EMMURE, CROWN THE EMPIRE) e Nick Sampson (ASKING ALEXANDRIA, BORN OF OSIRIS). Andrew Wade (A DAY TO REMEMBER, THE WORD ALIVE, NECK DEEP) si è occupato del mixing. L’album sarà pubblicato il 2 Giugno su Sharptone Records.

La band ha recentemente pubblicato il primo singolo, ‘Lost In The Grey’.

Levi Benton (voce) commenta: “il nostro nuovo video di ‘Lost In The Grey’ è di sicuro il più estremo che abbiamo mai realizzato! Le riprese hanno richiesto la creazione di un set con un’ambientazione silvestre, effetti atmosferici e roditori in bocca. Non abbiamo mai avuto un video simile. Lo spirito della canzone è ben rappresentato e offre una perfetta immagine non solo del brano ma dell’intero disco. Shadows Inside è l’album più onesto da noi mai creato e questo grazie alla libertà e il tempo che abbiamo avuto di dedicarvici con tutti noi stessi.”

Questa è la traccia ideale da pubblicare per prima poichè sta a simboleggiare lo sforzo necessario a uscire da una vita piatta. La canzone parla di ritrovare quella speranza e quello sprone capace di spingerti verso una vita nuova e migliore. Il leone ha da sempre richiamato la speranza e l’ambizione e ora in questo video viene presentato sotto forma di quella maschera che necessitiamo per testimoniare che una vita migliore è possibile se lo si vuole.”

Il sound e la furia dei MISS MAY I risiede nel profondo del cuore e della mente di molti fan. »Shadows Inside« non è un album di sola apparenza, di finti sentimenti o di vacuità, ma dimostra come la band abbia sfidato se stessa uscendo dalla propria comfort zone per realizzare qualcosa di crudo e autentico.

I cinque, dalla fertile terra del metalcore americano, sono diventati parte integrante della community heavy mondiale, oltrepassando le barriere e i limiti, galvanizzando le masse, e infondendo energia in chiunque li incontri.

I MISS MAY I sono:
Levi Benton – Voce
BJ Stead – Chitarra
Justin Aufdemkampe – Chitarra
Ryan Neff – Basso
Jerod Boys – Batteria

www.facebook.com/missmayi
www.twitter.com/missmayiband
www.sharptonerecords.co/artist/miss-may-i

Hellcraft – Apotheosis Of War

Con Apotheosis Of War siamo nel death metal di matrice americana, suonato con un impatto davvero notevole, grazie a ritmiche efficaci, muri di chitarre alzati a difendere città e growl rabbioso a cantare di sofferenze ed atmosfere brutali.

Il rinnovato interesse per il death metal classico ha portato nuovo entusiasmo ai gruppi storici e fervore nella scena, dove i gruppi nati negli ultimi dieci anni tornano con nuovi e convincenti lavori, come per esempio gli ucraini Hellcraft ed il loro malefico ed estremo parto intitolato Apotheosis Of War.

Il gruppo è in guerra con il mondo da una decina d’anni, l’album in questione è il terzo full length di una discografia che vede altri due album (Антология ужаса del 2010 e Tyranny of Middle Ages licenziato nel 2012) intervallati da un ep, Голод.
Una battaglia combattuta con il supporto della Symbol of Domination Prod, un attacco frontale senza soluzione di continuità tra guerre, orrore e violenze, mentre impera la totale distruzione in un’atmosfera da armageddon.
A livello musicale siamo nel death metal di matrice americana, suonato con un impatto davvero notevole, grazie a ritmiche efficaci, muri di chitarre alzati a difendere città e growl rabbioso a cantare di sofferenze ed atmosfere brutali.
Se vogliamo trovare un difetto all’album, diciamo che i brani tendono ad assomigliarsi un po’ troppo lungo tutta la durata, come se Apotheosis Of War fosse composto da un’unica canzone, un dettaglio che non inficia la prova devastante del quartetto di Berdyansk, con il brano conclusivo When the Sun Goes Out a guadagnarsi la palma di migliore traccia del lotto grazie alle tastiere che rendono il brano ancora più oscuro ed apocalittico.
Un buon lavoro, dunque, per gli Hellcraft, raccomandato agli amanti del death di scuola floridiana.

TRACKLIST
1. Покаяние сквозь боль (The Repentance Through the Pain)
2. Апофеоз войны (Apotheosis of War)
3. Массовое захоронение (Mass Burial Place)
4. Вечная вражда (Eternal Enmity)
5. Под благословением смерти (Under Death Blessing)
6. Изоляция (Isolation)
7. Процесс вырождения (Degeneration Process)
8. Когда погаснет солнце (When the Sun Goes Out)

LINE-UP
Helg – Guitars
Rommel – Guitars
Ailing – Drums
Fill – Vocals

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Distillator – Summoning The Malicious

Secondo album per i thrashers olandesi Distillator, una delle band di spicco della scena underground del proprio paese, tornata con questo buon esempio di speed/thrash old school intitolato Summoning The Malicious.

Presentati come una delle band di maggior spicco della scena thrash metal olandese, i Distillator sono un trio dedito ad uno speed/thrash di matrice old school.

Il gruppo, con Summoning The Malicious, taglia il traguardo del secondo full length, successore del debutto sulla lunga distanza Revolutionary Cells, uscito un paio di anni fa, e dell’ep omonimo del 2013.
La band, senza compromessi e con una venerazione per i suoni tradizionali, si cimenta nel classico thrash metal ottantiano, più statunitense che europeo in verità, dunque aspettatevi l’alternanza tra selvagge ripartenze a velocità illegale, voce aggressiva ma pulita e tempi medi che variano il mood di un lavoro devastante sotto ogni aspetto.
Si torna davvero negli anni d’oro del metal, con i Distillator e la loro mezz’ora abbondante di fughe senza freni lungo lo spartito, buone parti strumentali che fanno onore all’heavy metal suonato a cento all’ora e che ha fatto la storia.
Mechanized Existence, Enter The Void, l’oscura ed atmosfericamente lontana dai soliti cliché del thrash The King Of Kings, che si avvicina, a tratti, al metal classico più epico, sono i brani che alzano la qualità di Summoning The Malicious e ne fanno un album dedicato agli amanti dello speed/thrash tradizionale: mentre le band storiche stanno tornando ai fasti dei tempi che furono, la voglia di headbanging si fa sempre più marcata nei thrashers sparsi per il mondo.

TRACKLIST
1. Blinded By Chauvinism
2. Mechanized Existence
3. Estates Of The Realm
4. Summoning The Malicious
5. Enter The Void
6. Algorithmic Citizenship
7. Stature Of Liberty
8. The King Of Kings
9. Megalomania

LINE-UP
Laurens H. – Vocals, Lead Guitars
Frank R. – Bass / Backing Vocals
Marco P. – Drums

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Exhume To Consume – Let The Slaughter Begin

Gianluca Lucarini, leader dei Degenerhate e mente dietro al progetto a tinte dark Rome In Monochrome, ci prende per mano e con l’inganno ci invita nella tana del serial killer, uno psicopatico e devastante mostro dal nome che richiama un brano degli storici Carcass: Exhume To Consume.

Gianluca Lucarini, leader dei Degenerhate e mente dietro al progetto a tinte dark Rome In Monochrome, ci prende per mano e con l’inganno ci invita nella tana del serial killer, uno psicopatico e devastante mostro dal nome che richiama un brano degli storici Carcass (da Symphonies of Sickness, album del 1989): Exhume To Consume.

Inutile ribellarsi, il covo della bestia ci appare come un rifugio antiatomico, asettico e abbellito da un lettino dove sopra dondolano ganci e catene, un tavolo in un angolo dove si poggiano una serie di ferri chirurgici, in bella mostra su Necroticism – Descanting the Insalubrious, e l’odore del sangue della precedente vittima che riempie le narici e soffoca ogni speranza.
Con una colonna sonora di brutal death metal, dove non manca (e questo è il bello) un lavoro melodico da applausi, la vita ci sfugge sotto le torture del mostro che non risparmia amputazioni ed ogni genere di devastazione corporale splatter /gore, mentre il gruppo intorno a Lucarini ci travolge di metal estremo avvalendosi delle prestazioni sadiche di Sergiu Mincescu (voce), Alessio Reggi (chitarra), Marco Paparella (basso) e Stefano Soprani (batteria).
Ci vuole talento anche ad uccidere, una forma d’arte estrema che si evince nelle sofferenze di chi è vittima, attimi di violenza che nella sua barbarie non mancano di un’eleganza nascosta dal sangue copioso che esce dalle membra lacerate, come le parti melodiche di Hole You Can Eat.
Ma è un attimo, perché il mostro, al minimo accenno di preghiera da parte vostra, torna a fare scempio del vostro corpo senza soluzione di continuità con Bon Appetit (un invito al macello) ed Happy Milf.
La devastante Violated After Death segna questo primo e velocissimo massacro, e l’alternanza tra velocità e rallentamenti sembra accompagnare il lavoro certosino del mostro cannibale.
Per gli amanti del brutal death metal un altro ottimo motivo per seguire la scena nostrana e attenzione … un nuovo mostro gira in città!

TRACKLIST
1.Bon Appetit
2.Violated After Death
3.Happy Milf
4.Hole you can eat

LINE-UP
Sergiu Mircescu – vocals
Alessio Reggi – lead guitar
Gianluca Lucarini – lead guitar/backing vocals
Marco Paparella – bass
Stefano Soprani – drums

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BRUJERIA

Il 25 aprile è partito il tour con i NAPALM DEATH!

BRUJERIA – il 25 aprile è partito il tour con i NAPALM DEATH!

I deathgrinders messicani BRUJERIA da domani saranno in tour in Europa con le leggende del grindcore NAPALM DEATH! In quattro settimane verranno visitati dodici Paesi e ben 24 città!

“Campaign For Musical Destruction” – Europe 2017

NAPALM DEATH, BRUJERIA, POWER TRIP, LOCK UP
25.04. DK Copenhagen – Amager Bio
26.04. S Gothenburg – Pustervik
27.04. S Stockholm – Kraken STHLM
28.04. D Flensburg – Roxy
29.04. D Magdeburg – Factory
30.04. NL Haarlem – Patronaat
01.05. D Cologne – Underground
02.05. D Berlin – SO36
04.05. PL Krakow – Kwadrat Klub
05.05. CZ Brno – Klub Fléda *SOLD OUT*
06.05. D Kassel – K19
07.05. D Saarbrücken – Garage
09.05. UK Birmingham – o2 Institute
10.05. UK Glasgow – Classic Grand
11.05. UK Manchester – Rebellion
12.05. UK London – The Electric Ballroom
13.05. F Paris – Le Glazart
14.05. B Antwerp – Zappa
16.05. F Six-Fours-Les-Plages – Espace André Malraux
17.05. CH Geneva – L’Usine
18.05. I Bologna – Zona Roveri
19.05. D Karlsruhe – NCO Club
20.05. D Munich – Backstage
21.05. NL Eindhoven – Effenaar

Altre date BRUJERIA:

23.06. E Madrid – Download Festival
30.06. FIN Helsinki – Tuska Open Air
03.08. D Wacken – Wacken Open Air
06.08. F Saint-Maurice-De-Gourdans – Sylak Open Air
10.08. CH Aarburg – Musigburg
12.08. D Alsfeld – Ehrlich & Laut Festival
13.08. UK Derby – Bloodstock Open Air
14./15.10. J Tokyo – Loud Park

I BRUJERIA hanno pubblicato il loro quarto full length “Pocho Aztlan” a settembre dell’anno scorso, dopo ben sedici anni di attesa! Il disco è disponibile in formato fisico (http://nblast.de/BrujeriaPochoAztlanNB) e digitale (http://nblast.de/BrujeriaDownloads).

Sul sito Nuclear Blast è altresì disponibile il vinile “Mexican” http://www.nuclearblast.de/de/produkte/tontraeger/vinyl/2lp/brujeria-pocho-aztlan-tri-colour-vinyl-vinyl-us-import.html
oltre al singolo in vinile tricolore ‘Viva Presidente Trump!’ (https://www.youtube.com/watch?v=iGJzMzW3kuY)
(http://www.nuclearblast.de/de/produkte/tontraeger/vinyl/7-ep/brujeria-viva-presidente-trump-tri-coloured-vinyl.html).

‘No Aceptan Imitaciones’ OFFICIAL LYRIC VIDEO:

‘Bruja-‘ OFFICIAL TRACK:

Che cosa sappiamo davvero di questo squadrone della morte mascherato? Il nome BRUJERIA deriva da una pratica di magia nera usata da alcuni trafficanti di droga messicani per impaurire le popolazioni locali, molto religiose. Si dice che questa squadra di banditos sia stata creata da signori della droga satanici per dare vita al “Brujerizmo”, un personalissimo e brutale ‘machete metal’.

Ma qual è la verità? A prescindere dalla loro identità o dal loro scopo, i BRUJERIA sono una forza della natura. Una natura davvero malvagia.

BRUJERIA sono:
Juan Brujo – voce
Fantasma – voce, basso
Hongo – chitarra, drums programming
El Cynico – basso, chitarra, voce
Hongo Jr. | batteria
Pinche Peach – voce, samples
Pititis – voce femminile
A Kuerno – chitarra
Sangron – cori
Guero III – cori

www.brujeria.com
www.facebook.com/brujeria
www.nuclearblast.de/brujeria