Mindfeels – XXenty

XXenty continua la missione intrapresa dai Mindfeels e ci regala quasi un’ora di musica delicatamente rock, raffinata ed elegante, mai sopra le righe sotto l’aspetto della grinta e tenuta a freno da una melodia che rifugge la banalità, perfettamente incanalata in un genere che dona emozioni ad ogni passaggio.

I Mindfeels sono un’altra notevole realtà nostrana che si affaccia sulla scena melodica grazie alla Art Of Melody/Burning Minds ed XXenty è il loro secondo lavoro, successore del debutto autoprodotto licenziato sotto il monicker Dejanira e che vedeva al microfono la cantante Raffaella Miani.

Dopo alcuni anni ed alcune importanti novità come un contratto discografico, un nuovo protagonista dietro al microfono, con Davide Gilardino a prendere il posto della Miani, e il cambio di monicker in Mindfeels, la band biellese taglia il traguardo del secondo album, sempre all’insegna di un rock melodico dal sound debitore degli storici Toto e pregno di sfumature West Coast, la principale fonte d’ispirazione.
XXenty continua la missione intrapresa dal gruppo e ci regala quasi un’ora di musica delicatamente rock, raffinata ed elegante, mai sopra le righe sotto l’aspetto della grinta e tenuta a freno da una melodia che rifugge la banalità, perfettamente incanalata in un genere che dona emozioni ad ogni passaggio.
Quando il genere si fa adulto riesce a far sognare e l’ascoltatore si ritrova a viaggiare sullo spartito di brani dall’appeal straordinario come l’opener Don’t Leave Behind, il primo singolo e video Soul Has Gone Away, la superba ed ipnotica Speed, la delicata These Words e Fear, brano da arena rock sorretto da chitarre più arrembanti e un andamento leggermente più ombroso.
La prova dei musicisti è del giusto livello per rendere l’album un’opera imperdibile per gli amanti del rock melodico influenzato dalla scena West Coast e, a conferma di ciò, nella versione in cd compare una nota introduttiva di Kenneth Bremer, caporedattore del noto portale internazionale Blue Desert.

Tracklist
01. Don’t Leave Me Behind
02. Soul Has Gone Away
03. Hidden Treasures
04. The Joker
05. Skyline
06. Speed
07. These Words
08. Fear
09. It’s Not Like Dying
10. Touch The Stone
11. The Number One

Line-up
Davide Gilardino – Lead & Backing Vocals
Luca Carlomagno – Guitars, Keyboards & Violin
Roberto Barazzotto – Bass
Italo Graziana – Drums
Special Guest :
Christian Rossetti – Keyboards

MINDFEELS – Facebook

Resistance – Metal Machine

La cover del classico Blackout degli Scorpions chiude in bellezza Metal Machine, album da spararsi senza ritegno o da usare come arma di disturbo per il vicino troppo attento ai rumori provenienti dallo stereo piazzato nella vostra stanza.

Una bomba metallica sta per esplodere sulla scena heavy/power metal mondiale, sulla fiancata porta la scritta Resistance ed è partita da Glendora, California.

La devastante portata dell’esplosione travolgerà una buona fetta dei paesi dove si suona e si ascolta heavy metal classico, forgiato nell’acciaio, duro come un incudine e travolgente come un tornado.
Judas Priest, Primal Fear e Vicious Rumors sono i padrini di questa miscela di otto brani arrembanti e taglienti, dalle ritmiche che alternano il tradizionale impatto priestiano di Painkiller con dosi mortali di power/thrash statunitense, arma in più del sound del gruppo californiano.
La carriera dei Resistance parte all’alba del nuovo millennio, anche se i protagonisti si aggirano nella scena metallica dalla seconda metà degli anni ottanta, con questo terzo full length licenziato dopo un paio di ep ed altre due prove sulla lunga distanza, uscite tra il 2004 ed il 2006 (Lies In Black e Patents Of Control) ed un altro ep uscito un paio di anni fa a rompere un silenzio di undici anni.
Poco male i Res,istance ritornano più grintosi che mai con questo Metal Machine, con guru del calibro di Bill Metoyer e Neil Kernon a dividersi produzione, masterizzazione e mix, ed otto brani incendiari che si alternano nel rimembrare ai metallari della vecchia guardia le scudisciate a suon di heavy metal dei gruppi di un tempo e con un accenno al metal stradaiolo alla W.A.S.P., che esce prepotentemente verso la fine e valorizza brani come Dirty Side Down e Heroes.
La cover del classico Blackout degli Scorpions chiude in bellezza Metal Machine, album da spararsi senza ritegno o da usare come arma di disturbo per il vicino troppo attento ai rumori provenienti dallo stereo piazzato nella vostra stanza.

Tracklist
1. Metal Machine
2. Hail to the Horns
3. Rise and Defend
4. Some Gave All
5. Time Machine
6. Dirty Side Down
7. Heroes
8. Blackout (Scorpions Cover)

Line-up
Robbie Hett – Vocals
Dan Luna – Guitars
Burke Morris – Guitars
Paul Shigo – Bass
Matt Ohnemus – Drums

RESISTANCE – Facebook

Coraxo – Sol

I Coraxo licenziano un piccolo gioiellino metallico, un raccolta di sensazioni e sfumature che portano inevitabilmente verso la perfetta simbiosi tra generi sfiorando i capolavori progressivi di Dan Swanö e dei suoi innumerevoli progetti.

Il metal e le decine di modi in cui si può esprimere si avvia verso il 2018 lasciando in eredità grandi album come questo spettacolare Sol, secondo lavoro sulla lunga distanza dei Coraxo, duo finlandese attivo da qualche anno e con due ep ed il full length Neptune a completare la discografia.

Un sound molto particolare, che unisce svariati generi, in un clima estremo e progressivo, è quello che sentirete dopo aver premuto il tasto play del vostro lettore, entrando in un mondo in cui melodic death metal, progressive ed elettronica vivono in perfetta simbiosi.
Sol è composto da undici tracce che variano per umori ed atmosfere, estremo nel suo mantenere un impatto metallico potente, progressivo nei suoni tastieristici che ricordano il new prog britannico (quindi per rimanere nella penisola scandinava gli immensi Nightingale) e pregno di atmosfere elettroniche che rendono la musica del duo moderna e catchy.
Tomi Toivonen e Ville Vistbacka da Tampere licenziano un piccolo gioiellino metallico, un raccolta di sensazioni e sfumature che portano inevitabilmente verso la perfetta simbiosi tra i generi descritti, sfiorando i capolavori progressivi di Dan Swanö e dei suoi innumerevoli progetti.
I tasti d’avorio sono assolutamente protagonisti, le ritmiche si fanno estreme come il growl che accompagna la voce pulita e a tratti teatrale e declamatoria (Arcturus), mentre tra le note delle splendide Satellite, Retrograde, Revenants, tanto per nominarvene alcune, riecheggiano trent’anni di musica nata e sviluppata soprattutto nelle fredde terre del nord.
Il progressive incontra il death metal melodico e la new wave, e tra i solchi di Sol avrete il piacere di incontrare vecchi amici come Hypocrisy, Arcturus, Edge Of Sanity e Nightingale, con l’elettronica ed un pizzico di sci-fi a trasformare il tutto in un turbinio di spettacolare musica senza confini né tempo.

Tracklist
1.Your Life. Our Future
2.Of Stars Reborn
3.Satellite
4.Helios
5.Retrograde
6.Revenants
7.Ascension
8.Sunlight
9.Sacrifices Made
10.The Chase – In Hiding pt. 1
11.Spearhead

Line-up
Tomi Toivonen – Vocals, Guitars, Keyboards
Ville Vistbacka – Drums

CORAXO – Facebook

Granada – Sincronizado

Un carro armato che sputa rabbia, i Granada targati Sincronizado sono questo, prendere o lasciare, con la lingua madre che rientra nell’attitudine underground del gruppo ed uno sguardo al thrash metal statunitense inebriato dal crossover, in uso a cavallo dei due millenni.

Si torna in Argentina per parlarvi dell’ultima uscita targata Granada, thrash metal band di Buenos Aires già protagonista sulle pagine della nostra webzine un anno fa in occasione dell’uscita del precedente Prisionego.

Licenziato dalla Symbol of Domination Prod., quest’ultimo lavoro non cambia di una virgola la proposta del gruppo, che si aggira per i meandri metallici tra thrash metal e hardcore, con testi di denuncia politica e sociale e un sound che non lascia scampo, offrendo un rabbioso metallo cantato in lingua madre con  qualche passo nel groove, così da rendere ancora più potente l’impatto .
Un carro armato che sputa rabbia, i Granada targati Sincronizado sono questo, prendere o lasciare, con la lingua madre che rientra nell’attitudine underground del gruppo ed uno sguardo al thrash metal statunitense inebriato dal crossover, in uso a cavallo dei due millenni.
Meno panteriano del predecessore, Sincronizado è un terremotante album di thrash metal moderno, dalle ispirazioni punk/hardcore, quindi immaginatevi Nailbomb, Pro Pain e i Machine Head del sottovalutato The Burning Red, miscelati con attitudine e spirito preso in prestito dalla scena hardcore.
Dieci brani ed  altrettante prese di posizione sulle barricate, dieci cariche contro il sistema, atti di denuncia e mitragliate nel fondo schiena, mentre il fumo degli incendi si fa più spesso e le vetrine si infrangono sotto i colpi delle varie Poseso, Sincronizado o La Cosecha.
Per gli amanti del genere i Granada sono una garanzia di sfogo, si schiaccia il tasto play e si parte all’assalto senza se e senza ma.

Tracklist
1.Poseso
2.Sincronizado
3.Mensaje oculto
4.Provocación
5.Solve et Coagula
6.La cosecha
7.La serpiente
8.Almas vendidas
9.Prohibido por la luz
10.Más allá de la muerte

Line-up
Manuel “Manolo” Mauriño – Guitars
Guillermo “Guille” Estevez – Vocals, Guitars
Marcos Edwards – Drums
Matias Brandauer – Bass

GRANADA – Facebook

Stairs Of Life – The Man In A Glass

Un rock che spazia tra vari generi, a tratti sfiorando la musica d’autore, sempre velato di melanconia dark e per questo vicino alle nuove leve della musica progressiva, meno legate al tecnicismo e più aperte a soluzioni emozionali ed intimiste.

Progressive rock moderno e alternativo, ormai non più così originale come qualche anno fa, ma molto suggestivo e drammaticamente dark.

The Man In A Glass è il debutto in formato ep dei nostrani Stairs Of Life, gruppo attivo nella capitale da qualche anno e ora sul mercato grazie alla Sliptrick Records.
Un rock che spazia, dunque, tra vari generi, a tratti sfiorando la musica d’autore, sempre velato di melanconia dark e per questo vicino alle nuove leve della musica progressiva, meno legate al tecnicismo e più aperte a soluzioni emozionali ed intimiste.
Meno metal di quello che ci si poteva aspettare, il sound del gruppo romano si incupisce e, dolcemente intriso di disperata malinconia, porta con sé quel male di vivere e storie al limite raccontate con buona padronanza della materia che nella musica degli Stars Of Life si traduce in atmosfere e sfumature progressivamente tinte di grigio, colore dell’anima di chi usa l’alcol (The Man in the Glass) per sfuggire alla realtà, di chi perde una persona amata (You Are Gone) o chi è costretto ad interpretare un ruolo non suo per affrontare la vita di tutti giorni (The Mask).
La musica della band segue quindi il mood oscuro e melanconico del progressive moderno e dai rimandi alternativi, quindi le ispirazioni del gruppo vanno dai Porcupine Tree agli ultimi Anathema, passando per le classiche influenze pinkfloydiane.
The Man In A Glass è un buon esordio e se il genere è presente nelle vostre corde, vi saprà regalare una ventina di minuti di musica raffinata ed emozionante.

Tracklist
01. Mask
02. The Man In A Glass
03. You Are Gone
04. Our Lady Of Grace

Line-up
Luca Aldisio – Vocals, Acoustic Guitar, Flute
Alessio Erriu – Electric Guitar
Giordano Maselli – Bass, Keyboards, Synth
Fabio Vitiello – Drums

STAIRS OF LIFE – Facebook

Exarsis – New War Order

Una serie di mitragliate senza soluzione di continuità, a tratti davvero notevoli nel loro viaggiare a velocità proibitive senza perdere la bussola di un songwriting sicuramente derivativo, ma assolutamente perfetto se guardiamo solo al genere suonato.

Per i fans del thrash metal old school, unito da una non troppo sottile linea con lo speed, l’ultimo lavoro della thrash metal band greca degli Exarsis è un calcio nel deretano di dimensioni apocalittiche, un massacro metallico veloce come il vento e pesante come un incudine.

Detto questo chiariamo subito che l’opera è il classico album che sarà tanto apprezzato da chi ama il genere, quanto avversato da chi il thrash ignorantissimo della band lo odia come il campanello di casa che suona il giorno della benedizione delle case da parte del parroco del quartiere.
Doppia voce, con quella in falsetto a rimembrare i classici vocalist di una volta che tormentavano i padiglioni auricolari di noi giovani marmotte dell’heavy metal, ritmiche che vanno talmente veloci da uscire di giri come il motorino nelle lunghe discese prima di affrontare la lentissima salita con un minimo di spinta e chitarre che tagliano l’aria come le lamette del rasoio di papà il giorno del taglio del primo pelo sul mento.
New War Order è già il quarto album in sette anni di attività, quasi un records di questi tempi, segno che l’entusiasmo è ai massimi livelli e le idee tante, con la qualità che si assesta sulla sufficienza abbondante, merito di un impatto che scaraventa al muro ed un’attitudine old school che farà la gioia dei metallari con chiodo, jeans e scarpe ginniche d’ordinanza.
Qui il thrash metal è alimentato dall’anima metallica dei gruppi americani, Overkill in testa, con una serie di mitragliate senza soluzione di continuità a tratti davvero notevoli nel loro viaggiare a velocità proibitive senza perdere la bussola di un songwriting sicuramente derivativo, ma assolutamente perfetto se guardiamo solo al genere suonato.
Inutile a mio parere elencare i brani che, come detto, escono a raffica dagli altoparlanti, uno più veloce dell’altro in uno tsunami di note metalliche … thrash rules!

Tracklist
1.Zionism (The Reaping)
2.Twisted Logic
3.The Underground
4.General Guidance
5.Just Buried
6.Chaos Creation
7.Prophet for Profit
8.Combined Disasters
9.HAARP Weapon
10.Human Project

Line-up
Chris Poulos – Bass
Achilleas Kamzolas – Drums
Kostis Foukarakis – Guitars
Nick J. Tragakis – Vocals
Antonis Lambrakis – Guitars

EXARSIS – Facebook

Ypnos – Beholder

Beholder è un’opera brillante, la cui fluidità ne rende appetibili i contenuti anche per chi non è un abituale fruitore del progmetal.

Gli Ypnos  ci propongono musica progressiva di alto livello con il loro debut album, prodotto con l’aiuto della sempre più utilizzata campagna di crowdfunding e poi licenziato dalla Sliptrick Records.

La band nasce a Bologna intorno al 2010, è composta da cinque ottimi musicisti che sfogano la loro voglia suonare in un metal progressivo che sa tanto di Dream Theater, ma che mantiene una sua personalità, lasciata libera in questi cinquanta minuti abbondanti che vedono nelle varie parti della suite Tyranny il suo cuore pulsante.
Le briglie sono tenute ben salde per non lasciare che le ritmiche dal piglio power possano rompere gli argini di un songwriting che alterna momenti aggressivi e metallici ad altri più atmosfericamente rock; la tecnica esibita è adeguata ai continui cambi di tempo che caratterizzano gran parte del sound dell’album, un concept che ci racconta di quanto le emozioni condizionino le vite degli uomini, argomento che viene sviluppato appunto nella lunga suite centrale formata da sette movimenti.
Tasti d’avorio che ricordano i maestri settantiani in molto passaggi, un grande lavoro ritmico e chitarre sfacciatamente heavy metal: in sintesi la ricetta di Beholder starebbe tutta qua ad un primo ascolto e parrebbe facile da realizzarsi, ma in realtà il tutto per funzionare deve essere reso in maniera perfetta, cosa che avviene fin dall’opener Arachnophobia, e con Tyranny Suite che inizia il suo lungo percorso da The Beginning (Birth of a New Slave), passando per la splendida State Of Grace, la pesante March Of The Tyrants, la semi ballad Reality (e qui sfido chiunque a non riconoscere nel canto del bravissimo Christian Peretto il miglior La Brie) e la conclusiva The Ending, finale in bellezza della lungo concept che però non chiude l’album, lasciando a Northern Star ed alla più intimista e drammatica The Circle, Pt. 1: Grey il compito di scrivere la parola fine su questo ottimo lavoro.
Beholder è un’opera brillante, la cui fluidità ne rende appetibili i contenuti anche per chi non è un abituale fruitore del progmetal.

Tracklist
01. Arachnophobia
02. Tyranny Suite: I. The Beginning (Birth of a New Slave)
03. Tyranny Suite: II. State of Grace
04. Tyranny Suite: III. March of the Tyrants (The Tempest, Pt. 1)
05. Tyranny Suite: IV. Building an Empire (The Tempest, Pt. 2)
06. Tyranny Suite: V. Reality (State of Conscience, Pt. 1)
07. Tyranny Suite: VI. Diary of a Slave (State of Conscience, Pt. 2)
08. Tyranny Suite: VII. The Ending
09. Northern Star
10. The Circle, Pt. 1: Grey

Line-up
Christian Peretto – Vocals
Davide Morisi – Guitars
Valentino Bosi – Keyboards
Marco Govoni – Bass
Giacomo Calabria – Drums

YPNOS – Facebook

Atrium Noctis – Aeterni

Aeterni non è un brutto lavoro e i fans del genere troveranno tra le trame sinfoniche, le accelerazioni estreme e le sfumature gothic/folk, più di uno spunto sufficiente per non spegnere il lettore dopo un paio di brani, ma è indubbio che dopo quindici anni di attività e al quarto lavoro, era sicuramente legittimo aspettarsi un album meno derivativo, prodotto meglio e con qualche idea in più.

Credevo di trovarmi al cospetto di un debutto ascoltando Aeterni, ultimo lavoro degli Atrium Noctis: songwriting scolastico, atmosfere alla Dimmu Borgir/Cradle Of Filth senza la violenta blasfemia insita nel sound delle due icone del genere, e un tocco gothic death che ricorda i connazionali Crematory, il tutto già sentito centinaia di volte.

Aeterni non è un brutto lavoro e i fans del genere troveranno tra le trame sinfoniche, le accelerazioni estreme e le sfumature gothic/folk, più di uno spunto sufficiente per non spegnere il lettore dopo un paio di brani, ma è indubbio che dopo quindici anni di attività e al quarto lavoro, era sicuramente legittimo aspettarsi un album meno derivativo, prodotto meglio e con qualche idea in più.
Invece il gruppo tedesco si presenta con un lavoro ispirato dalla nona sinfonia del compositore Antonin Dvorak e ad altre opere classiche, un concept ambizioso ma non sfruttato a dovere.
Le tastiere, ovviamente, svolgono un ruolo da protagonista nel sound del gruppo, il problema è che la produzione non valorizza il suono bombastico dei tasti d’avorio, le ritmiche furiose del black non incidono e la voce in screaming, pur cercando di risultare il più malvagia possibile, non rende giustizia alle atmosfere horror diaboliche classiche del genere; meglio allora quando, a seguire le evoluzioni strumentali è la voce femminile, operistica e capace di creare la giusta atmosfera.
La parte folk varia leggermente il sound del gruppo e sembra di entrare nel classico villaggio della Foresta Nera dove gli abitanti sono tenuti in ostaggio da streghe e folletti, che dal margine del bosco attendono il passaggio di anime da rubare e corpi per banchettare (se vi viene in mente il film Hansel & Gretel Cacciatori di Streghe, avete centrato il bersaglio).
Tra le tracce dell’album segnalo Leviathan, symphonic black metal song alla Dimmu Borgir, e Die Nacht Des Falken, dalle buone trame folk, il resto raggiunge la sufficienza con le unghie e con i denti.

Tracklist
1.Datura Noir
2.Zerberons Erwachen
3.AD
4.Leviathan
5.AD II
6.Die Nacht des Falken
7.ADE

Line-up
Hein – Vocals
Hydra Gorgonia – Keyboards
Sturm – Guitars
Thyratus – Guitars
Rhadamanthys – Guitars
Kalliope – Vocals

ATRIUM NOCTIS – Facebook

https://youtu.be/kbgWeA4_2O4

Diraxy – The Great Escape

The Great Escape non è assolutamente un album facile, la carne al fuoco è tanta e i brani hanno bisogno di tempo per essere compresi a fondo, quindi il consiglio è di dedicargli un po’ di tempo: gli amanti del progressive metal dal taglio moderno avranno di che sfamarsi con il ricco piatto musicale preparato dai Diraxy.

I Diraxy sono una band milanese nata nel 2013 , con un primo lavoro all’attivo autoprodotto dal titolo The Vagrant che li porta all’attenzione di FIL1933 Group, label per la quale esce  questo nuovo album intitolato The Great Escape.

Il sestetto lombardo propone un progressive metal moderno, anche se non mancano parti che strizzano l’occhio al prog tradizionale, ed altre che si avvicinano ad un approccio estremo: buona tecnica, cantato femminile che viene accompagnato in alcuni casi da un rabbioso growl, il tutto per quasi un’ora di musica dall’impatto sufficiente per garantirsi un posto nel panorama del metallo progressivo.
The Great Escape è un concept ispirato dalla vera storia di Jinan Badel, raccontata nel libro “Jinan, esclave de Daech” di Thierry Oberlé, reporter per Le Figaro, e dalla stessa Jinan Badel, che la band a sua volta racconta tra sfuriate metalliche, atmosfere più intimiste e suggestivi cambi di atmosfera.
Overture è l’intro che accompagna l’ascoltatore all’entrata del mondo musicale dei Diraxy e lo fa con uno strumentale dai rimandi settantiani, per poi lasciare a Hideout il compito di inoltrarsi nel bel mezzo delle atmosfere create dal gruppo, che alterna rock progressivo, post metal ed accelerazioni di stampo power/heavy.
Esempio di questo alternarsi sono Melek Taus , le ottime trame di Shelter ed i ricami progressivi di Monsters, con la singer Fede che si destreggia con autorevolezza tra questa ragnatela di note.
The Great Escape non è assolutamente un album facile, la carne al fuoco è tanta e i brani hanno bisogno di tempo per essere compresi a fondo, quindi il consiglio è di dedicargli un po’ di tempo: gli amanti del progressive metal dal taglio moderno avranno di che sfamarsi con il ricco piatto musicale preparato dai Diraxy.

Tracklist
1.Overture
2.Naschi
3.Hideout
4.Fooling Gravity
5.Melek Taus
6.Shelter
7.Shamal
8.Monsters
9.The Great Escape
10.Lie To Me
11.The Way Out

Line-up
Dario – Keyboards/Vocals
Fede – Vocals
Marco – Guitars
Dani – Guitars
Arro – Bass
Paolo – Drums

DIRAXY – Facebook

Fading Azalea – Maze Of Melancholy

Maze of Melancholy è un esordio discografico autoprodotto che, anche per una produzione deficitaria, non rende giustizia alla musica scritta dalla musicista di Goteborg.

I Fading Azalea sono un duo svedese capitanato dalla polistrumentista Olivia (voci, synth e chitarre), aiutata dal batterista Kristoffer Surtr Jonassen e da Rafael Basso, special guest al microfono in due brani, In the Name of Justice e Where I Belong.

Maze of Melancholy è un esordio discografico autoprodotto che, anche per una produzione deficitaria, non rende giustizia alla musica scritta dalla musicista di Goteborg.
L’album, in generale, è un discreto lavoro di symphonic metal come non ne mancano sicuro sul mercato, specialmente underground, ma diciamo che probabilmente la proposta dei Fading Azalea è ancora troppo legata ad una dimensione amatoriale per cercare di trovare consensi fuori dalla loro nicchia di fans, specialmente in una scena mondiale piena fino al collasso di proposte del genere.
Inutile negarlo, per il genere suonato un lavoro più curato in studio diventa importantissimo per valorizzare le parti classiche unite al metal dai rimandi melodic death, caratteristica che manca completamente a questo lavoro che ha in qualche episodio qua e là delle impennate che, con gli artigli, scavalcano il muro della sufficienza in un giudizio globale che inevitabilmente non può non tenere conto dei difetti esposti.
La durata che supera l’ora non gioca a mio avviso alla resa di Maze Of Melancholy, che si trascina fino al termine tra le pur buone trame di Surface, Dying Paradise e Burning To Ashes, mentre si pecca di inesperienza lasciando l’ottima Where I Belong a chiudere un lavoro alquanto faticoso nell’ascolto totale.
Peccato perché alcune idee, pur evidenziando un legame strettissimo con i soliti nomi di punta del genere, potevano essere sviluppate meglio ed aiutate con un lavoro più curato in sala d’incisione.

Tracklist
1.Rêverie funeste
2.In the Name of Justice
3.Heart of Darkness
4.Flames of Death
5.Surface
6.Time to Realize
7.Dying Paradise
8.Fall of the Mask
9.Here I Am Again
10.I Lost My Way
11.Burning to Ashes
12.L’ombre derrière l’âme
13.Where I Belong

Line-up
Olivia – Vocals, Synths, Guitars
Kristoffer Surtr Jonassen – Drums

FADING AZALEA – Facebook

Tarja – From Spirits and Ghosts (Score for a Dark Christmas)

Torna Tarja con un album di cover dedicato ad alcuni canti natalizi in una versione dark e malinconica che rispecchia il lato più triste delle festività natalizie, quello delle persone sole e sfortunate.

Torna Tarja Turunen, la divina tra le cantanti dal taglio operistico che si sono affacciate ormai da un po’ di anni sul panorama metal internazionale.

La splendida vocalist finlandese è sicuramente la più famosa e probabilmente la più brava almeno, quando la sua voce intona note classiche ed il suo fascino riempie di sfumature raffinate ed eleganti il mondo che le gira intorno, dalla musica all’aspetto visivo.
L’avevamo lasciata lo scorso anno con il metallico The Shadow Self, lavoro sulla lunga distanza che metteva in primo piano l’anima più grintosa della musica prodotta da quando, nel lontano 2005, lasciò i Nightwish al loro destino.
Tanto successo continua ad avere il gruppo di Tuomas Holopainen, ma altrettante soddisfazioni regala la carriera solista alla Turunen, con un contratto ben saldo con la major earMusic, ottimi musicisti che gravitano intorno alla cantante, compositrice ed autrice ed il suo entourage.
Questa volta, con il solo aiuto dell’orchestra, la cantante finlandese coverizza undici brani a sfondo natalizio, sottoponendo queste canzoni ad una trasformazione in oscure ballate orchestrali con le quali la Turunen esplora il lato nostalgico e melanconico delle festività natalizie, quello delle persone sole, ancora più disperate nel mezzo dell’atmosfera gioiosa del periodo.
Ne esce un album dall’approccio dark ed intimista, che la musica prodotta dall’orchestra accentua nella sua vena tristemente romantica e molto simile per impatto ad una colonna sonora.
Ed infatti l’album è stato prodotto dalla stessa Tarja assieme al compositore di colonne sonore e vincitore di Emmy Jim Dooley ed il produttore inglese Tim Palmer, già al lavoro con Pearl Jam, U2 e David Bowie: questo spiegamento di talenti ha prodotto un’opera suggestiva, perfettamente in grado di regalare emozioni anche se gli ascolti di chi si approccia all’album sono sicuramente più duri.
Oltre all’inedito Together, sono proprio i brani più conosciuti come Amazing Grace, O Tannenbaum, What Child Is This e la conclusiva We Wish You A Merry Christmas che ne escono stravolti dall’atmosfera dark/melanconica ad essi conferita, con la Turunen calata perfettamente in un angelo dark dalla splendida ugola.
Un’opera che risulta imperdibile per i fans della soprano finlandese, ormai non solo protagonista nella scena metal internazionale, ma artista completa e conosciuta anche a chi non ascolta abitualmente musica metal.

Tracklist
01. O Come, O Come, Emmanuel
02. Together
03. We Three Kings
04. Deck The Halls
05. Pie Jesu
06. Amazing Grace
07. O Tannenbaum
08. Have Yourself A Merry Little Christmas
09. God Rest Ye
10. Feliz Navidad
11. What Child Is This
12. We Wish You A Merry Christmas

Line-up
Tarja – Vocals

TARJA – Facebook

Fecalizer – Back From The Dead: The Wonder (S)hits

Un gruppo di culto, impegnato in un massacro senza soluzione di continuità, con le influenze che appaiono talmente ovvie da rendere superfluo menzionarle ed un approccio al genere davvero bestiale e selvaggio.

Amanti del metal estremo e del grind/brutal in particolare sedetevi comodi, e fatevi travolgere da questo album che racconta i primi quattordici anni di danni ai padiglioni auricolari che il trio messicano dei Fecalizer ha provocato nei fans di tutto il mondo.

I Fecalizer sono una realtà ormai consolidata di una scena estrema messicana che tramuta in musica l’ambiente selvaggio e violento delle metropoli del Centro America continuando la tradizione nel genere iniziata con gli storici Brujeria e Disgorge.
Magari meno conosciutoi ai fans più distratti, il trio di estremisti metallici ha una già lunga discografia composta da ep e split (come in uso nel genere) e soli due full length, Zombie Mankind Extermination, licenziato nel 2014, e l’ultimo Gore Galore dello scorso anno.
Back From The Dead: The Wonder (S)hits, raccoglie il meglio della discografia del gruppo, ventitré brani di brutal death metal unito da una sottile cordicella con il grind, che formano un’ora in compagnia di zombie famelici, atmosfere gore e tanto sano cannibalismo in un delirio da film splatter di serie z, assolutamente imperdibile per gli amanti del genere.
Ariel Blaster (batteria), Mr. Bogdan Nowak (chitarra) e Necro Cannibal (basso, voce) ci invitano al banchetto, un gustoso pasto composto da carne umana, mentre loro picchiano sugli strumenti come forsennati contribuendo non poco a questa orgia cannibale chiamata Fecalizer.
Un gruppo di culto, impegnato in un massacro senza soluzione di continuità, con le influenze che appaiono talmente ovvie da rendere superfluo menzionarle ed un approccio al genere davvero bestiale e selvaggio; una raccolta che diventa irrinunciabile per chi non conosce ancora il gruppo messicano, aspettando che il nuovo album di inediti prosegua nella carneficina che i Fecalizer hanno attuato in questi anni nella scena brutal death metal.

Tracklist
1. The Night He Came Home (Intro)
2. Anal Massacre
3. Fecalizer
4. Empire State Of Grind
5. Mortal Cumbath
6. Eat My Shit Mother Fucker
7. We Are Going To Eat You
8. Gore Galore
9. Let The Zombies Rule The World
10. Walking Cadavers Catastrophy
11. The Walking Dead Invasion
12. Living Dead Domination
13. Gangbang In Fecal City
14. Fuck Humanity
15. Morturom Demonto
16. Brutal Revenge
17. Dr. Cannibal
18. The House Of The Dead
19. BxRxAxIxNxSx
20. Born In Shit
21. Stench Coprophagy
22. When The Zombies Takes The Earth
23. Apocalyptic Friday

Line-up
Ariel Blaster – Drums
Mr. Bogdan Nowak – Guitars
Necro Cannibal – Vocals & Bass

FECALIZER – Facebook

Blues Pills – Lady In Gold Live In Paris

Live CD e DVD per i Blues Pills, immortalati sul palco del Le Trianon di Parigi a supporto dell’acclamato Lady In Gold uscito lo scorso anno.

I Blues Pills non sono certamente nuovi ad uscite live e la loro carriera, che vede all’attivo solo due lavori sulla lunga distanza( il debutto omonimo uscito nel 2014 e l’ottimo Lady In Gold dello scorso anno), viene ora arricchita da questa nuova uscita , la quarta dopo Live At Rockpalast (2014), Live At The Freak Valley Festival e Blues Pills Live (2015).

La novità sta nel supporto DVD che per Lady In Gold Live In Paris accompagna l’uscita in CD e LP dell’ennesima opera live del gruppo capitanato dall’affascinante musa Elin Larsson.
Registrato il 30 ottobre 2016 a Le Trianon di Parigi, il concerto immortala la band nel momento più importante della sua ancora breve apparizione nel mondo della musica rock con la seconda uscita per il colosso Nuclear Blast, un album che ha avuto ottimi consensi conquistandosi le preferenze dei fans dell’hard rock.
Sempre di rock vintage si tratta, psichedelico, pregno di blues che dal vivo risulta ovviamente più ruvido e selvaggio, e quel tocco soul che ricama qualche brano dell’ultimo lavoro.
La tracklist ha nelle tracce dell’ultimo lavoro il suo punto di forza, anche se non sfigurano certo quelle del primo album, più hard rock rispetto al suo fortunato successore, come High Class Woman e Devil Man due delle canzoni più belle scritte dalla band fino ad oggi.
I musicisti assecondano la straordinaria voce della Larsson (dal vivo più ruvida e convincente) con una buona prova d’insieme creando, come a tratti si evince in studio, un’atmosfera da jam settantiana e psichedelica che risulta il punto di forza dei Blues Pills.
Il supporto video conferma le ottime impressioni lasciate dall’ascolto del CD con un dettaglio che, a mio parere, va evidenziato: scordatevi le sirene hard blues perdenti e tossiche alla Janis Joplin, perché la cantante svedese ci regala un’interpretazione tra lustrini e paillettes e, bravissima e bellissima, si rivela l’opposto dei suoi compagni, calati, anche nel look, nell’atmosfera freak dell’opera.
Lady In Gold Live In Paris è per i fans dei Blues Pills un acquisto obbligato proprio perché, come già scritto, immortala la band nel suo momento migliore.

Tracklist
1. Lady In Gold
2. Little Boy Preacher
3. Bad Talkers
4. Won’t Go Back
5. Black Smoke
6. Bliss
7. Little Sun
8. Elements And Things
9. You Gotta Try
10. High Class Woman
11. Ain’t No Change
12. Devil Man
13. I Felt a Change
14. Rejection
15. Gone So Long

Line-up
André Kvarnström – Drums
Zack Anderson – Bass
Elin Larsson – Vocals
Dorian Sorriaux – Guitar

BLUES PILLS – Facebook

Auditory Armory – Dark Matter

Alternative metal e dark gothic rock si mescolano tra le trame di questo Dark Matter, album che prova a richiamare fans sia dal dark/gothic sound che dall’alternative più oscuro dalle reminiscenze statunitensi, senza impressionare granché.

Presentati al pubblico come una prog metal band moderna, gli Auditory Armory licenziano il loro secondo lavoro nel quale di musica progressiva non ce n’è neanche l’ombra.

Il gruppo proveniente dalla Florida si muove nel mondo del metal/rock alternativo, magari dalle tinte leggermente dark ma pur sempre moderne e in linea con il sound in auge nel nuovo millennio; poi d’incanto l’atmosfera si fa metallica, classica oserei dire, e un brano come A Path Unknown è sconvolto da una cavalcata maideniana per nulla scontata, non ci fosse la voce della singer ad appiattire il tutto.
April Rose non avrebbe neppure una brutta voce, ma sinceramente la sua prestazione in brani come la steeliana Love You To Death lascia alquanto a desiderare per la mancanza di pathos nell’interpretazione di un brano invece lascivo, sensuale e dark nella sua versione originale.
Alternative metal e dark gothic rock si mescolano tra le trame di questo Dark Matter, album che prova a richiamare fans sia dal dark/gothic sound che dall’alternative più oscuro dalle reminiscenze statunitensi, senza impressionare granché, se non per una certa convinzione esibita dalla band: un lavoro del genere probabilmente avrebbe reso maggiormente con un cantante dalle tonalità profonde e più espressive della pur volenterosa artista statunitense.
Oltre a A Path Unknown, brano di punta a livello qualitativo di Dark Matter, il resto del lotto si muove tra il metal ed il dark/rock alternativo senza lasciare particolari in chi, apprezzando tali sonorità, troverà sicuramente di meglio, per esempio, nel nostro paese.

Tracklist
01. Transcendence
02. Tyrant
03. The Light That Was Lost
04. Cry Little Sister
05. A Path Unknown
06. Love You to Death
07. Dark Matter

Line-up
April Rose – Vocals, Guitar
Oscar Garcia – Drums
Dennis Burns – Guitar
Justice Maynard – Bass

AUDITORY ARMORY – Facebook

Helslave – Divination

Aspettando il nuovo album, godetevi questi quattro brani che confermano la band romana come una delle più convincenti realtà nel suonare il death metal come lo hanno inventato in Scandinavia.

Tornano gli Helslave con un nuovo ep di quattro brani per ribadire che, se si parla di death metal come lo si suonava in Scandinavia nella prima metà degli anni novanta, il gruppo romano non è secondo a nessuno.

Ovviamente la proposta del quintetto si ispira in toto al sound estremo nord europeo, quindi lasciate perdere inutili disquisizioni sull’originalità del sound e fatevi del male al ritmo assolutamente travolgente di Summoning the Eternal Eclipse , primo delle quattro mazzate che compongono Divination.
Gli Helslave giungono al secondo ep, preceduto dall’uscita del full length An Endless Path, e continuano il loro personale massacro a base di death metal a nomi quali Entombed e Dimember, ma anche Eucharist e primi Edge Of Sanity, specialmente per il growl del nuovo arrivato Diego Laino, che mi ha ricordato il Dan Swanö più feroce ed estremo dei bellissimi Unorthodox e The Spectral Sorrow.
Lord Of Lies, The Spawn Of Astaroth e Desecration continuano il bombardamento sonoro con una ferocia esecutiva che ha del clamoroso: riff chirurgici, sezione ritmica da inferno nordico e tanto impatto vecchia scuola fanno di questo nuovo ep un piccolo gioiello estremo da non perdere assolutamente, almeno se il sangue che sgorga ogni giorno dalle vostre orecchie è dovuto all’ascolto del genere.
Aspettando il nuovo album, godetevi questi quattro brani che confermano gli Helslave come una delle più convincenti realtà nel suonare il death metal come lo hanno inventato nel Nord Europa e il voto non è più alto solo per la breve durata del lavoro, risultato delle doti di una band da sostenere e conservare con estrema cura.

Tracklist
1. Summoning the Eternal Eclipse
2. Lord of Lies
3. The Spawn of Astaroth
4. Desecration

Line-up
Jari – Guitars (lead)
Francesco Comerci – Drums
Lorenzo Fabiani – Guitars
See also: ex-Fallen to Extinction, ex-Liar Angels
Luca Riccardelli – Bass
Diego Laino – Vocals

HELSLAVE – Facebook

Eternal Silence – Mastemind Tyranny

Terzo album e definitiva consacrazione a livello qualitativo degli Eternal Silence che, con Mastermind Tyranny, confermano la bontà del loro symphonic power metal.

Il terzo album per un gruppo dovrebbe risultare quello della consacrazione artistica che, il più delle volte, non va a braccetto con quella commerciale portando però una band o un artista in uno stato più consolidato nella scena in cui si muove, diventandone uno dei punti di riferimento.

I lombardi Eternal Silence arrivano quindi a questa fondamentale prova dopo due bellissimi lavori che ne avevano fatto una delle band più promettenti del panorama power sinfonico dello stivale.
L’esordio Raw Poetry , uscito quattro anni fa, seguito dall’ottimo Chasing Chimera licenziato nel 2015, avevano lasciato con più di un sorriso gli addetti ai lavori, mentre fiumi di inchiostro tessevano le lodi del gruppo capitanato dalla singer Marika Vanni e dal chitarrista cantante Alberto Cassina.
La firma con la SliptrickRecords, la line up invariata, con i bravissimi Davide Rigamonti (chitarra), Alessio Sessa (basso) e Davide Massironi (batteria), il lavoro in studio lasciato come sempre nelle mani di Giulio Capone che, con l’aiuto di Alberto Cassina, ha prodotto il nuovo lavoro, sono i principali dettagli di Mastermind Tyranny.
L’album non delude chi si era innamorato del precedente lavoro, in quanto non abbandona le principali coordinate stilistiche del gruppo, ma continua una progressione che porta questo lavoro su un gradino più alto dei sui predecessori, consegnando appunto la band allo status di cui si diceva in precedenza.
Una sezione ritmica a tratti di una potenza devastante, suoni sinfonici mai troppo banali ma sempre in funzione del power metal, che nell’economia del gruppo è parte assolutamente importante, atmosferici momenti che fungono da camei gotici e tanto talento, fanno del nuovo album del gruppo un’altra perla sinfonica tutta da ascoltare.
Mastermind Tyranny non lascia neanche un minuto di musica all’approssimazione, tutto è in funzione dei brani che escono fluidi, splendidamente sinfonici, tra duetti vocali (con più spazio alla voce maschile rispetto al passato) e ritmiche incalzanti, esponendo tematiche importanti come la manipolazione delle menti, accenni ad opere letterarie immortali come Il Nome Della Rosa e altre molto più attuali, con riferimenti all’estremismo religioso.
Insomma un album a cui non manca nulla per risultare il best seller degli Eternal Silence: non mi soffermo sui brani in particolare ma vi invito a non perdervi Mastermind Tyranny, colpo di coda in questo 2017 per quanto riguarda il power metal sinfonico.

Tracklist
1.Lucifer’s Lair
2.Fighter
3.Mashed
4.Adagio
5.Game of the Beasts
6.Mystic Vision
7.The First Winter Night
8.Foreign Land
9.Icy Spell
10.Ashes of Knowledge

Line-up
Marika Vanni – Vocals
Alberto Cassina – Guitar and Vocals
Davide Rigamonti – Guitar
Alessio Sessa – Bass
Davide Massironi – Drums

ETERNAL SILENCE – Facebook

Deus Ex Machina – A New World To Come

Se lasciate da parte l’originalità e puntate sull’impatto, questi giovani musicisti svizzeri sapranno lacerarvi i padiglioni auricolari con un album riuscito e devastante.

A suo modo è una sorpresa A New World To Come, debutto di questi giovani deathsters svizzeri provenienti dalla splendida Ginevra e dal monicker impegnativo come Deus Ex Machina.

I cinque musicisti, pur non brillando per originalità puntando ad un impatto estremo diretto, lasciano che le melodie trovino il giusto spazio tra lo spartito, portando il proprio sound là dove riposano i più famosi interpreti del melodic death metal scandinavo.
La vocalist Stephany non può che far pensare alle diaboliche colleghe che si sono date il cambio negli Arch Enemy, una delle influenze primarie del gruppo, ma non la sola, visto il continuo passaggio nella mente dell’ascoltatore di band dalla carta d’identità nord europea.
Il sound non lascia grosso spazio a momenti atmosferici, la parte melodica si evince soprattutto nei solos ed un’anima oscura pervade l’atmosfera di brani indubbiamente diretti, dal buon groove che in alcuni casi appesantisce ancora di più le ritmiche, qualche spazzo rappresentato da devastanti scorribande nel thrash metal; così, A New World To Come si può certo ritagliare un suo spazio, mentre scorrono una dietro l’altra tracce potenti e melodiche come la title track, Unfaithful Wisphers, la violentissima Human Savior, che fa da preludio al crescendo emozionale di Chrysalis, picco dell’album e brano intenso ed oscuro che con Dualism forma il cuore pulsante di questo ottimo lavoro che inesorabilmente cresce alla distanza.
Se lasciate da parte l’originalità e puntate sull’impatto, questi giovani musicisti svizzeri sapranno lacerarvi i padiglioni auricolari con un album riuscito e devastante.

Tracklist
1.A New World To Come
2.Home
3.Unfaithful Whispers
4.Human Savior
5.Chrysalis
6.Dualism
7.My Lament (Before The Disaster)
8.Shadows From The Past
9.Born

Line-up
Stephany – Vocals
Morty – Guitar & Backing vocals
François – Guitar
Sam – Drums
Joseph – Bass

DEUS EX MACHINA – Facebook

https://www.youtube.com/watch?v=kctDXRTwLM4

Right To The Void – Lūnātĭo

Sempre furiosi nelle ritmiche, che in certi casi rasentano la frangia melodica del black metal, i Right To The Void mettono sul tavolo un gustoso antipasto di quello che potrebbe essere il prossimo lavoro su lunga distanza.

E’ tempo per nuova musica targata Right To The Void, la band francese che avevamo lasciato all’indomani dell’uscita del secondo lavoro, Light Of The Fallen Gods, esattamente tre anni fa.

Qualche assestamento nella line up, la collaborazione con la nostrana Wormholedeath ben salda e questi nuovi tre brani che vanno a formare l’ep in questione dal titolo Lūnātĭo, composto da una tempesta di suoni metallici con le melodie sempre in primo piano ed ancora una volta un buon songwriting che valorizza queste nuove bordate melodic death metal.
Perché ci si può girare attorno quanto si vuole, ma il sound prodotto dal gruppo transalpino è da annoverare nell’immensa famiglia del death melodico mondiale, sicuramente irrobustito da sferzate thrash, da un uso moderno delle clean vocals, ma pur sempre debitore nei confronti della scena nord europea.
Rispetto ai lavori precedenti (il primo album, Kingdom Of Vanity uscì nel 2013) la band francese si è spostata leggermente verso un sound che, pur conservando la sua natura nordica, risulta più in linea con le uscite che invadono il mercato degli States lasciando quell’aura old school per un approccio moderno.
Sempre furiosi nelle ritmiche, che in certi casi rasentano la frangia melodica del black metal, i Right To The Void mettono sul tavolo un gustoso antipasto di quello che potrebbe essere il prossimo lavoro su lunga distanza, con tre brani che dall’opener Lines, passando per 3.747 e Let The Ruins Fall, confermano la furiosa battaglia a colpi di metal estremo insita nel proprio sound, tra il classico swedish death ed il moderno thrash metal melodico di scuola statunitense.

Tracklist
1. Lines
2. 3.474
3. Let The Ruins Fall

Line-up
Guillaume – Vocals
Paul – Guitars
Romain – Bass
Alex – Drums

RIGHT TO THE VOID – Facebook

No Self – Human​-​Cyborg Relations Episode 1

Aiutato dal mastermind della label Noah “Shark” Robertson (Motograter), il quartetto floridiano aggiunge una buona tacca sulla cintura del nu metal con questi sette brani duri, moderni e diretti, un concentrato di metal pesante, dalle ritmiche groove, con l’impatto di un carro armato e chitarroni che fanno male tra mid tempo e tappeti elettronici.

Nu metal che ormai si può definire classico, quindi nessuna deviazione core ma moderno come si usava a cavallo tra i due millenni, è quello che ci propongono i No Self, band in arrivo dalla Florida, in pista da quindici anni ma con solo due ep ed un album omonimo rilasciato nel 2014.

Molti problemi di line up ed un ritorno che si preannuncia in ritardo di un bel po’ di anni su rullino di marcia del genere, ma poco importa visto il buon risultato ottenuto, riscontrabile su Human​-​Cyborg Relations Episode 1, album licenziato dalla Zombie Shark Records e registrato da Matt Johnson ai Revelation Studios.
Aiutato dal mastermind della label Noah “Shark” Robertson (Motograter), il quartetto floridiano aggiunge una buona tacca sulla cintura del nu metal con questi sette brani duri, moderni e diretti, un concentrato di metal pesante, dalle ritmiche groove, con l’impatto di un carro armato e chitarroni che fanno male tra mid tempo e tappeti elettronici;
Human​-​Cyborg Relations Episode 1, dalle chiare ispirazioni sci-fi e una prossima seconda parte suggerita dal titolo, non fa prigionieri e nei suoi espliciti riferimenti a gruppi come Deftones, Spineshank, Adema e Nothingface farà solleticare i palati di più di un appassionato di metal moderno, ormai abituato a farsi sconvolgere i padiglioni auricolari dal metalcore e dall’alternative metal: sette brani, sette pugni nello stomaco guidati dal singolo Frisco e dall’opener Casting Stone per un ritorno ad un sound che a suo modo ha fatto epoca.

Tracklist
1.Casting Stones
2.Save Me
3.Nudisease
4.Through Your Eyes
5.Outatime
6.Frisco
7.Ctrl-Z

Line-up
Dylan Hart Kleinhans – Vocals
Justin Dabney – Guitars
Drew Miller – Drums
Joey Bivo – Bass

NO SELF – Facebook

Blood – Mental Conflict

Grind e death metal sono le armi con cui i Blood portano l’assalto al genere umano, uno sconquassante sound estremo ed oscuro che amalgama Napalm Death, Bolt Thrower e hardcore in uno tsunami di note violentissime.

Tornano con la riedizione del classico Mental Conflict (uscito originariamente nel 1994) gli storici grinders tedeschi Blood, nati nella seconda metà degli anni ottanta e con una discografia che arriva al non full length e che in tutti questi anni tramite demo, live, split ed ep non si è mai arrestata.

Solo qualche pausa ad inframezzare le uscite, specialmente nel nuovo millennio, ma anche tante carne al fuoco per i fans del gruppo, da sempre portatori del verbo satanico con l’ausilio del grind core.
Grind e death metal sono appunto le armi con cui i Blood portano l’assalto al genere umano, un sconquassante sound estremo ed oscuro che amalgama Napalm Death, Bolt Thrower e hardcore in uno tsunami di note violentissime: growl efferato, attitudine da vendere e brani che non superano i tre minuti, esplosioni di metallo terremotante con l’inserimento di camei musicali presi da musichette natalizie, colonne sonore e pubblicità.
Avranno anche molte primavere sulle spalle ma i Blood attaccano al muro e stringono la manona intorno alla gola, penetranti e profondi come un abisso infernale, animaleschi come i migliori act grindcore e dall’impatto disumano come la più efferata delle band brutal.

Tracklist
1. Intro (Tentacles)
2. Insomnia
3. Toothache
4. Master’s Clemency
5. Secrets Of Blood
6. Mental Conflict
7. Bleed For Me
8. Spreading The Thoughts
9. Blood
10. Stretched
11. Away Is Away
12. For Auld Lang Syne
13. Crown Court
14. Inflame
15. Texas Chainsaw Massacre
16. Naked Frozen
17. Blood Price
18. The Favour Of Ecstasy
19. Morpheus
20. I Dream Dead

Line-up
Taki – Bass
Eisen – Guitars
Ventilator – Drums
Clausi – Vocals

BLOOD – Facebook