La Tredicesima Luna – Il sentiero degli Dei

Una bellissima prova, ovviamente di fruizione meno immediata rispetto alle opere prodotte da Brusa con il monicker Medhelan, ma con una profondità anche concettuale che sarebbe un vero peccato non cogliere nella sua interezza.

Proprio qualche giorno fa ho avuto occasione di parlare della riedizione dei due seminali lavori che Mortiis pubblicò ad inizio carriera sotto l’egida della Cold Meat Industry.

Infatti, Ånden som Gjorde Opprør e Keiser av en Dimensjon Ukjent sono considerati unanimemente tra le opere che hanno favorito lo sviluppo della forma di ambient definita dungeon synth, che vede tra i suoi più brillanti esponenti in terra italiana il milanese Matteo Brusa.
Con questo suo nuovo progetto denominato La Tredicesima Luna, Brusa sposta il tiro su una forma di ambient che prende le mosse dai precursori del genere (su tutti Brian Eno, con puntate anche sulla Kosmische Musik degli anni ‘70) ma ammantandola di un’aura oscura che, rispetto alla produzione del genio inglese, rimanda soprattutto a un lavoro come Apollo.
In effetti, il tutto viene anche suffragato da un afflato cosmico che pervade la mezz’ora di musica di cui si compone Il Sentiero degli Dei; i due lunghi brani si rivelano così avvolgenti e senz’altro riusciti nella loro funzione evocatrice di scenari probabilmente solo immaginati dai migliori scrittori di fantascienza o da registi visionari come Kubrick: va detto che il senso di pace e di apparente armonia con l’universo viene contrastato da uno sgomento latente, derivante  dall’incapacità della mente umana di circoscrivere ciò che di fatto è illimitato.
Una bellissima prova, ovviamente di fruizione meno immediata rispetto alle opere prodotte da Brusa con il monicker Medhelan, ma con una profondità anche concettuale che sarebbe un vero peccato non cogliere nella sua interezza.

Tracklist:
1.Parte I – Fuochi sotto le stelle / Tra due mondi
2.Parte II – Energie ancestrali / La luce dorata dell’aurora

Line-up:
Matteo Brusa

LA TREDICESIMA LUNA – Facebook

KAYLETH

Il video di “Forgive”, dall’album “Colossus”, in uscita a gennaio (Argonauta Records).

Il video di “Forgive”, dall’album “Colossus”, in uscita a gennaio (Argonauta Records).

Minas Morgul – Kult

Un prepotente nuovo ritorno di questa duttile ma sopraffina band tedesca. Nuovi canoni,forse, ma sicuramente vecchia maestria: il loro valore è nuovamente assicurato.

Aspettavamo i Minas Morgul, a 5 anni dall’ultimo album di discreto successo Ära.

L’indomita band tedesca, direttamente dal lato oscuro dell’immaginario di Tolkien, non può far altro che riportarci alla mente uno scenario energico, esplosivo, condito di disprezzo continuo che ha il suo apice nell’album Eisengott, del 2009, forse il loro lavoro più riuscito nonché di grande fortuna presso i fans.
In questo nuovo album, dal titolo Kult, trascorre davvero poco tempo prima di renderci conto di cosa è cambiato nei progetti sonori dei tedeschi. E allora schiacciamo il tasto play ed apriamo la porta alla prima traccia Einleitung , che funge anche da intro per il disco, nella quale sembra di camminare in un corridoio buio che si fa poco a poco meno rassicurante fino a diventare pressante.
Sensazione che sembra essere alleggerita in certi frangenti, come nell’intro di Ein teil von mir , ma l’universo fantasy dei Minas Morgul, pur puntando meno sull’aggressività devastante, stavolta ha più aderenza con la realtà. Questo album trasuda sentimenti di dissacrazione pura al 100%, che spesso sfocia nell’amarezza. Ne scaturisce un sound che raggiunge i suoi scopi senza danneggiare o ammorbidire (anzi, forse rafforzandola) l’immagine che sempre ha contraddistinto questa band.
La frenesia rimane, e così la batteria a tratti sempre infernale, ma l’atmosfera è più sottile e richiede più sensibilità anche al metallaro più apatico e pesante. Il tratto malinconico è aggiunto ad arte dai Minas Morgul, che anche stavolta ci hanno deliziato.

Tracklist
1. Einleitung
2. Kult
3. Ein Tell von mir
4. Abschied
5. Leere
6. Bevor ich gehe
7. Nur eine Kugel
8. Scherben
9. Was bleibt
10. XX

Line-up
13R13: singing
Saule: guitar
Herr Ewald: guitar
Bobby B.: Bass
Berserk: drums
Jen: Keyboards

MINAS MORGUL – Facebook

MONOLITHE

Il video di Coil Shaped Evolutions, dall’album Nebula Septem, in uscita a gennaio (Les Acteurs de L’Ombre Production).

Il video di Coil Shaped Evolutions, dall’album Nebula Septem, in uscita a gennaio (Les Acteurs de L’Ombre Production).

Mortiis – Ånden som Gjorde Opprør / Keiser av en Dimensjon Ukjent

Funeral Industries e Plastichead, a poco più di vent’anni dalla prima pubblicazione, offrono la riedizione di Ånden som Gjorde Opprør e Keiser av en Dimensjon Ukjent, due lavori, usciti all’epoca per la leggendaria Cold Meat Industry, che portarono all’attenzione di una più vasta fascia di pubblico il nome di Mortiis.

Funeral Industries e Plastichead, a poco più di vent’anni dalla prima pubblicazione, offrono la riedizione di Ånden som Gjorde Opprør e Keiser av en Dimensjon Ukjent, due lavori, usciti all’epoca per la leggendaria Cold Meat Industry, che portarono all’attenzione di una più vasta fascia di pubblico il nome di Mortiis.

Per chi non ne conoscesse la storia la riassumiamo in breve: il musicista norvegese è stato uno dei protagonisti dei primi vagiti della scena black metal rivestendo il ruolo di bassista negli Emperor e partecipando ad un album seminale come Into The Nightside Eclipse.
Dopo la successiva uscita dalla band, Håvard Ellefsen (questo è il suo vero nome) ha iniziato una carriera solista dedicata all’esplorazione di sonorità di matrice ambient, innestandovi però le proprie radici black sotto forma di un’aura fortemente epica e glacialmente solenne, divenendo di fatto un precursore di quel filone che oggi viene definito Dungeon Synth.
Va detto che, all’epoca, la scelta di Mortiis fece discutere (cosa che sarà un po’ il leit motiv di tutto il suo percorso musicale, a ben vedere) un po’ perché alcuni lo consideravano una copia edulcorata di Burzum o ancora a causa del suo presentarsi truccato da troll, un qualcosa di sicuramente originale ma dall’impatto altrettanto grottesco.
Al di là di questo, e riascoltandole con piacere dopo che molta acqua è passata sotto i ponti, è innegabile il valore intrinseco di queste due opere, piuttosto omologhe per contenuti essendo uscite a distanza di qualche mese l’una dall’altra, in quanto risultano ancora oggi portatrici di un fascino ancestrale senza apparire irrimediabilmente datate, anche perché il loro minimalismo indotto dal confronto con i mezzi a disposizione oggi, finisce per aumentarne in ogni caso il fascino.
Il percorso del folletto norvegese si sposterà in seguito verso un approccio ben più modernista, andando a lambire forme di industrial dai risultati altalenanti e comunque ben lontane anche per attitudine dai lavori dei primi anni novanta.
Ben venga quindi la riedizione diÅnden som Gjorde Opprør e Keiser av en Dimensjon Ukjent, opere che lo stesso Mortiis ha deciso di riproporre dal vivo in diverse occasioni in questa fine del 2017, cosa che sicuramente farà piacere a molti ma che, sotto certi aspetti, ha l’effetto di una parziale retromarcia rispetto a quanto fatto nella fase più recente della sua carriera.
Detto ciò, ritengo che la riedizione di questi album sia quanto mai opportuna anche in veste di ideale istantanea del fermento creativo che si viveva all’epoca in Norvegia, sicuramente legato all’esplosione della scena black metal ma anche ai diversi rivoli stilistici che ne sarebbero susseguiti.

Tracklist:
Ånden som Gjorde Opprør
1.En mørk horisont
2.Visjoner av en eldgammel fremtid

Keiser av en Dimensjon Ukjent
1.Reisene til grotter og ødemarker
2.Keiser av en dimensjon ukjent

Line-up
Maks Molodtsov

MORTIIS – Facebook

Deinonychus – Ode To Acts Of Murder, Dystopia And Suicide

Il black doom dalle forti venature depressive dei Deinonychus torna ad inquietarci, sempre sotto l’egida della My Kingdom Music.

Dopo dieci anni di silenzio ritornano i Deinonychus , band che è di fatto il progetto solista del musicista olandese Marco Kehren, giunto con Ode To Acts Of Murder, Dystopia And Suicide all’ottavo full length in un quarto di secolo di attività.

Il black doom dalle forti venature depressive torna ad inquietarci, sempre sotto l’egida della My Kingdom: nell’occasione Kehren chiama a coadiuvarlo il batterista Steve Wolz (con il quale ha in comune la passata militanza nei Bethlehem) e Markus Stock che, oltre a contribuire con le proprie tastiere, ha curato anche la la registrazione dell’album.
Con la tavola apparecchiata per l’ottenimento di un risultato importante, Ode To Acts Of Murder, Dystopia And Suicide non delude le attese: le vocals disperate su stagliano su una forma di black ragionata, spesso caratterizzata da momenti più rarefatti ed evocativi nei quali lo screamjng di Kehren diviene quasi un recitato dai toni laceranti (Dead Horse).
La differenza tra l’essere impattante emotivamente e lo scadere nel grottesco sta tutta nella credibilità del nome Deinonychus e, conseguentemente, dei musicisti che hanno lavorato alla realizzazione dell’album; Ode To Acts Of Murder, Dystopia And Suicide non cala mai in intensità, piaccia o meno l’enfasi con la quale il malessere esistenziale viene veicolato, e francamente non resta nulla di diverso da chiedere a questo ritorno se non quello di rammentarci con forza quanto sia caduca la nostra vita e fragile la nostra psiche.
In copertina, la figura stilizzata in un’oscurità quasi totale cammina sui binari in attesa, forse, di un’inevitabile fine, ma può anche rappresentare una strada obbligata della quale non si conosce né la meta né il tempo necessario per raggiungerla.
Quest’ultimo lavoro segna il ritorno di un musicista ispirato e, se qualcuno dicesse nutrisse dei dubbi, ascolti con attenzione e predisposizione questi tre quarti d’ora di musica, sui quali si staglia il drammatico doom black di For This I Silence You, traccia che spinge ai massimi livelli il senso di alienazione dalla realtà e picco di una tracklist, comunque, complessivamente inattaccabile sotto ogni aspetto.

Tracklist:
1. Life Taker
2. For This I Silence You
3. The Weak Have Taken The Earth
4. Buried Under The Frangipanis
5. Dead Horse
6. Dusk
7. There Is No Eden
8. Silhouette

Line-up:
Marco Kehren – guitars, bass and vocals

Steve Wolz – drums
Markus Stock – keyboards

DEINONYCHUS – Facebook

MINDFEELS

Il lyric video di “Skyline”, dall’album “XXenty” (Art Of Melody Music / Burning Minds Music Group).

Il lyric video di “Skyline”, dall’album “XXenty” (Art Of Melody Music / Burning Minds Music Group).

Satanath – Your Personal Copy

L’approccio all’ambient di Aleksey Korolyov non prevede lunghe reiterazioni di uno stesso tema. bensì è caratterizzata da un continuo cambio di scenario, e più che la colonna sonora di missioni spaziali o di documentari naturalistici, Your Personal Copy potrebbe essere l’ideale accompagnamento di qualche strambo cartone animato.

Prima di questo lavoro conoscevo Aleksey Korolyov solo come mente della Satanath Records (e delle sub label Symbol Of Domination e GrimmDistribution), per cui ragionando in maniera fin troppo lineare era lecito aspettarsi che un suo progetto solista potesse fare riferimento ai generi normalmente trattati dalla sua etichetta (black, death, thrash, in particolare).

Nulla di tutto questo: a confermare l’acutezza e l’imprevedibilità di questo progetto che porta lo stesso nome della label, Your Personal Copy è un qualcosa che sta a metà strada tra ambient e elettronica, ma con un approccio a suo modo unico nell’affrontare la materia.
L’album consta di una ventina di brani la cui gran parte è di durata convenzionale (2-3 minuti) ma con alcune eccezioni come Vigtio e la conclusiva Univraris che si spingono oltre gli 8-9 minuti; anche per questo l’ambient di Satanath è nervosa, cangiante e soprattutto fuori dagli schemi, saltabeccando da passaggi atmosferici a bizzarri inserti elettronici da video game del secolo scorso. Pertanto, a differenza dell’ambient più canonica e carezzevole, l’approccio di Aleksey non prevede lunghe reiterazioni di uno stesso tema bensì è caratterizzata da un continuo cambio di scenario, e più che la colonna sonora di missioni spaziali o di documentari naturalistici, Your Personal Copy potrebbe essere l’ideale accompagnamento di qualche strambo cartone animato.
La creatività del musicista russo è indubbia, e in fondo sembra che il tutto nasca in maniera più spontanea che calcolata, lasciando immaginare che il nostro forse abbia fatto per assurdo più fatica ad inventarsi i venti improbabili titoli rinvenibili nella tracklist.
Ma, aldilà della battute, Satanath in questo caso si fa portavoce di un linguaggio musicale differente, all’interno del quale possiamo dedurre una cultura musicale molto ampia che, attingendo dal krautrock e dall’elettronica (un background che è insito molto più spesso di quanto si pensi in chi si dedica poi alle forme di metal estremo), offre un risultato senz’altro anomalo, di ascolto oggettivamente complesso, ma dannatamente intrigante dalla prima all’ultima nota.

Tracklist:
01. Peitefuv
02. Masfois
03. Inratit
04. Nodaser
05. Movsak
06. Kiomlu
07. Gegnuz
08. Invotod
09. Erimop
10. Vigtio
11. Hegtaras
12. Briloam
13. Lartagik
14. Hetatro
15. Kehtatos
16. Opkito
17. Knurat
18. Farzmit
19. Onihmas
20. Univraris

Line-up:
Aleksey Korolyov – music and concept

SATANATH – Facebook

ANGRA

Il video di “Travelers In Time”, dall’album “ØMNI”, in uscita a febbraio (earMUSIC).

Il video di “Travelers In Time”, dall’album “ØMNI”, in uscita a febbraio (earMUSIC).

Funeral Baptism – The Venom Of God

The Venom Of God è un lavoro senz’altro apprezzabile e riuscito nel proprio intento primario, che è quello di offrire un’interpretazione del genere onesta e coinvolgente, il che basta e avanza per renderlo un ascolto consigliato senza alcuna riserva.

I Funeral Baptism sono una nuova interessante realtà sbucata dalle brumose lande rumene.

Per essere precisi però, va detto i primi passi della band sono avvenuti in Argentina, patria del chitarrista e compositore Damian Batista, ma è solo dopo il suo trasferimento l’anno scorso a Bucarest che il progetto ha preso corpo trasformandosi in qualcosa di più vicino ad una band vera e propria.
Per questo primo full length, che arriva dopo due ep, il musicista sudamericano si avvale del vocalist Liviu Ustinescu, già noto nella scena nazionale per la sua militanza nei DinUmbră: il duo dà cosi vita ad un buon lavoro di black metal piuttosto diretto, ruvido il giusto ma ricco di belle melodie e sufficientemente vario nel suo attingere anche alle altre forme di metal estremo.
The Venom Of God di fatto dura poco più di un ep, regalando comunque mezz’ora scarsa di black convincente che vede il proprio apice nella parte centrale con due brani davvero di grande spessore come la trascinante Pale Rider, che brilla per una linea chitarristica dal grande senso melodico, e la title track, che dopo un inizio più ragionato si trasforma nella seconda metà in un’inarrestabile cavalcata.
La dote primaria dei Funeral Baptism è sostanzialmente la linearità che non va a discapito, però, dell’intensità e dell’impatto e questo fa di The Venom Of God un lavoro senz’altro apprezzabile e riuscito nel proprio intento primario, che è quello di offrire un’interpretazione del genere onesta e coinvolgente, il che basta e avanza per renderlo un ascolto consigliato senza alcuna riserva.

Tracklist:
1.Aleph
2.The Seething Spirit
3.The Gift
4.Pale Rider
5.The Venom of God
6.Return to the Void
7.My Last Whisper

Line-up
Damian – guitar/bass
Liviu – Vocals/lyrics

FUNERAL BAPTISM – Facebook

ICED EARTH

Il video di “Black Flag”, dall’album “Incorruptible” (Century Media Records).

Il video di “Black Flag”, dall’album “Incorruptible” (Century Media Records).

Warcrab – Scars of Aeons

Gli Warcrab hanno il merito di riportare alla natia casa britannica un certo tipo di death metal, con il valore aggiunto di una componente sludge doom che lo rende parzialmente più attuale ma, al di là di tutto, Scars of Aeons è il segno tangibile di una maturazione avvenuta in tempi lunghi ma decisamente importante da parte di questa ottima band.

Riprendiamo con un po’ di ritardo rispetto alla sua uscita Scars of Aeons, che a sua volta è la riedizione in formato cd, a cura dell’Indiana Transcending Obscurity Records, del secondo full length degli inglesi Warcrab, edito solo in digitale nel 2016 dalla Black Bow Records.

Detto così può sembrare tutto molto complicato, ma in realtà si tratta soltanto di intercettare la musica quando è lei che ti si viene a proporre e non viceversa, con il grande vantaggio che, come tutte le forme d’arte, dopo che si è compiuta può tranquillamente restare in attesa per un periodo indeterminato prima che qualcuno sollevi il velo e la porti alla luce.
L’etichetta di Mumbai è una tra quelle che maggiormente spicca nella sua opera di meritoria rilucidatura di opere che, altrimenti, rischierebbero di restare confinate a pochi intimi e questo è appunto il caso di Scars of Aeons, esempio mirabile di death sludge che prende in misura piuttosto equa sia dalla più guerresca tradizione death albionica (quindi Bolt Thrower), sia dal fangoso ma ritmato sludge d’oltreoceano (con gentaglia come i Crowbar a guidarne le fila).
Il risultato è decisamente gustoso, perché gli ottimi Warcrab in poco più di mezzora scaraventano nelle nostre orecchie cinque macigni che hanno il grande pregio di non farsi notare solo per la loro pesantezza ma, anche e soprattutto, per la capacità della band di variare sul tema scovando riff memorabili, oltre a regalare anche ottime parti di chitarra solista che non è cosi scontato ascoltare in certi ambiti.
Ecco perché questa terza uscita targata Warcrab (dopo l’omonimo full length d’esordio del 2012 e l’ep Ashes Of Carnage del 2014) possiede tutti i crismi per soddisfare gli amanti del death così come quelli del doom, con attimi di feroce piacere derivante dall’ascolto di un traccia killer come Destroyer of Worlds.

Gli Warcrab hanno il merito di riportare alla natia casa britannica un certo tipo di death metal, con il valore aggiunto di una componente sludge doom che lo rende parzialmente più attuale ma, al di là di tutto, Scars of Aeons è il segno tangibile di una maturazione avvenuta in tempi lunghi ma decisamente importante da parte di questa ottima band.

Tracklist:
1.Conquest
2.Destroyer of Worlds
3.In the Shadow of Grief
4.Bury Me Before I’m Born
5.Scars of Aeons

Line-up:
Vocals – Martyn Grant
Guitar – Paul “Budgie” Garbett
Guitar – Leigh Jones
Lead Guitar – Geoff Holmes
Bass – Dave “Guppy” Simmonds
Drums – Rich Parker

WARCRAB – Facebook

Ah Ciliz / Chiral – Origins

Uno split album che merita di finire stabilmente tra gli ascolti di chi ama le forme di black metal più oblique e meno scontate.

Devo ammettere che c’è stato un momento, in passato, in cui ritenevo che gli split album fossero uno spreco di risorse, soprattutto per le band già attive da tempo, ritenendoli eventualmente un mezzo utile per far conoscere realtà emergenti.

La qualità crescente di questo tipo di uscite, la frequente cura immessa nei formati e l’abilità delle label coinvolte nell’abbinare le band, mi ha fatto da diverso tempo ricredere ed è quindi con enorme piacere che mi ritrovo a parlare di questo Origins.
Lo split in oggetto vede all’opera Ah Ciliz e Chiral, due realtà simili per approccio al black metal ma differenti a livello di approdo.
Ah Ciliz è un progetto dell’omonimo musicista di Seattle che ha già alle spalle diversi lavori su lunga distanza di grande spessore, in virtù di una proposta che mette in mostra un black metal atmosferico e dalle naturali venature cascadiane, non solo per il titolo del primo brano. La novità in quest’occasione è la consegna del ruolo di lead vocalist ad un altra persona, nello specifico Boris Iolis, che gli appassionati di doom conoscono quale bassista degli ottimi Marche Funebre.
Il musicista belga si rivela un bel valore aggiunto con il suo buonissimo screaming lasciando al mastermind il solo compito di tessere le proprie trame,  prima incalzanti in Cascadia, poi quasi carezzevoli nello splendido strumentale Moonlight in Night Season e infine melodicamente irresistibile (il lavoro chitarristico nel finale è davvero notevole) in People of The Stars, brano che più di tante parole riesce a descrivere pienamente quali siano le qualità compositive di Ah Ciliz.
Di Chiral abbiamo già parlato diverse volte in passato, trattandosi di un progetto italiano con il quale l’omonimo musicista piacentino sta dimostrando ormai da diversi anni il proprio spessore artistico, confermandolo con questi due brani, il breve ma intenso A Feeble Glare of Autumn ed il lungo (oltre un quarto d’ora di durata) Queen of The Setting Sun, che prende le mosse da un liquido post black per incresparsi con forza nella fase centrale, lasciando che la seconda meta ritorni a quelle atmosfere evocative che sappiamo essere naturalmente nelle corde di questa sempre più convincente realtà.
Ecco spiegato perché questo split album, dietro al quale c’è un’etichetta che propone lavori sempre di grande qualità come la Hypnotic Dirge (qui in collaborazione con la Throats Productions), merita di finire stabilmente tra gli ascolti di chi ama le forme di black metal più oblique e meno scontate.

Tracklist:
Ah Ciliz
1. Cascadia
2. Moonlight in Night Season
3. People of The Stars
Chiral:
4. A Feeble Glare of Autumn
5. Queen of The Setting Sun

Line-up
AH CILIZ
Ah Ciliz – Guitars, Bass, Vocals, Lyrics
Boris Iolis – Lead Vocals

CHIRAL
Chiral – Everything

AH CILIZ – Facebook

CHIRAL – Facebook