Ozaena – Necronaut

Necronaut è un susseguirsi di assalti sonori, di canzoni sempre interessanti per tutta la loro durata, di buone intuizioni sonore e di grande affiatamento, che si esprime in un disco di notevole cattiveria metallica e di ottime melodie.

Gli Ozaena sono un gruppo che va subito al sodo e, dopo un brano di introduzione, il gruppo romano ci mostra subito quali siano le sue intenzioni, proponendo un groove metal da primi anni duemila, potente e preciso, con belle linee sonore.

Gli Ozaena sono stati fondati nel 2015 dal chitarrista Stefano Bussadori, e dopo qualche cambio si sono assestati nella loro attuale formazione. Dopo un’intensa attività dal vivo hanno pubblicato per la L.A. Riot Survival Records il loro debutto sulla lunga distanza intitolato Beneath The Ocean. Questo secondo disco migliora ulteriormente il loro percorso musicale la cui colonna vertebrale è formata da un suono che ci riporta al primi anni del secolo se non addirittura più indietro, perché oltre al groove metal qui si possono trovare alcune reminiscenze di un tipo di nu metal che si è perso, ovvero quello più pesante e legato al metal, con timbriche vocali che godono comunque della giusta libertà, anche perché il nuovo cantante Valerio Cascone è molto valido. Il disco è di buona qualità e regala momenti eccellenti, di puro godimento metallico, tra cavalcate e saturazioni atmosferiche, perché gli Ozaena sono un gruppo che compone e suona cose al di sopra della media, soprattutto per la personalità che pervade la loro musica e li rende riconoscibili, con questo tiro un po’ vecchia scuola che non ha quasi nessuno al giorno d’oggi. Necronaut è un susseguirsi di assalti sonori, di canzoni sempre interessanti per tutta la loro durata, di buone intuizioni sonore e di grande affiatamento, che si esprime in un disco di notevole cattiveria metallica e di ottime melodie.

Tracklist
01. Phase One
02. From The Hollow
03. Ghost Inside
04. Pale Light
05. Necronaut
06. Second Sight
07. Highest Wall
08. Kneel Down
09. We Are One

Line-up
Valerio Cascone: vocals
Stefano Bussadori: guitars
Eugenio Carreri: bass
Shadi Al Amad: drums

OZAENA – Facebook

Skarlett Riot – Regenerate

Quaranta minuti nel vortice metallico creato dalla band, che non abbassa la guardia e spara proiettili di metallo moderno che aprono brecce nel cuore dei fans, portando a conclusione la propria rigenerazione e trasformandosi in una macchina da guerra moderna che non fa prigionieri.

L’apertura mentale nel fare proprie tutte le note dei generi che compongono l’universo musicale non è da tutti, e rimane per i più fortunati il piacere di passare con disinvoltura tra un genere all’altro per non farsi sfuggire album come questo bellissimo Regenerate del quartetto inglese chiamato Skarlett Riot.

Dal 2010 sul mercato con una manciata di lavori minori ed il full length Tear Me Down, uscito nel 2013, la band capitanata dalla singer Skarlett arriva a questo nuovo lavoro dopo il successo dell’ep Sentience e la firma con la label Despotz Records, che licenzia questa nuova raccolta di brani di moderno metal, duro come una roccia ma dall’appeal altissimo, grazie ad un tornado di melodie racchiuse in un songwriting davvero notevole.
Una raccolta di hit quindi, che il quartetto britannico interpreta con piglio metallico valorizzato dalla splendida voce della cantante e grazie ad un sound a tratti devastante nelle ritmiche.
In This Moment e Bullet for My Valentine sono le band di riferimento, dunque il genere è quello più odiato dai metallari duri e puri, ma che trova nuovi adepti tra gli amanti del metal alternativo e chi ama le atmosfere dark e drammatiche, all’ombra di cascate di riff e chorus, un tappeto di ritmiche a tratti forsennate e tanto talento per le melodie.
Quaranta minuti nel vortice metallico creato dalla band, che non abbassa la guardia e spara proiettili di metallo moderno che aprono brecce nel cuore dei fans, portando a conclusione la propria rigenerazione e trasformandosi in una macchina da guerra moderna che non fa prigionieri.
Album da ascoltare tutto d’un fiato, Regenerate vi colpirà a morte e vi renderete conto di esservene innamorati prima di esalare l’ultimo respiro.

Tracklist
1.Break
2.Closer
3.Stand Alone
4.What Lies Beneath
5.Calling
6.Affliction
7.Outcast
8.Paralyzed
9.The Storm
10.Warrior

Line-up
Skarlett – Vocals, Guitars
Danny – Guitars, Backing Vocals
Martin Shepherd – Bass, Backing Vocals
Luke – Drums

SKARLETT RIOT – Facebook

Mz.412 / Trepaneringsritualen – X Post Industriale / Rituals 2015 e.v.

Il disco cattura dal vivo i rituali al X Post Industriale, perché di concerto non si può proprio parlare, di questi due gruppi che eseguono un qualcosa che va oltre la musica.

Split live tra due fra le maggiori realtà attuali dell’industrial dark ambient rituale svedese, gli Mz.412 ed i Trepaneringsritualen.

Il disco è stato registrato a Bologna al Club Kindergarten nell’ottobre, in occasione dell’evento X Post Industriale organizzato dalla storica etichetta Old Europa Cafe. Il disco cattura dal vivo i rituali, perché di concerto non si può proprio parlare, di questi due gruppi che eseguono un qualcosa che va oltre la musica. Le tracce dello split sono quattro, due per ogni gruppo e sono di lunga durata, e sono dei veri e propri rituali per espandere la nostra coscienza. Questa musica, come si diceva prima, va ben oltre il canonico scambio di emozioni fra ascoltatore e musicista, e punta a creare porte per arrivare in altre dimensioni, cambiando di significato al rumore e alla musica stessa. Le due esperienze sonore che sono opera degli Mz.412 sono maggiormente cariche di rumori ed interferenze, infatti questo è sempre stato un prodotto industriale fatto con attitudine black metal, molto improntato a far scaturire reazioni nell’ascoltatore, e con un forte tocco di marzialità. Rumori, feedback e altro ancora disturbano l’ascoltatore, proiettandolo in una dimensione di assenza e morte, in un limbo dove la vita non possiede le inutili maschere che le diamo e si rivela per quello che è, una fastidiosa frequenza di fondo. In queste due tracce il rituale serve a rivelare ciò che non vediamo, svelando una terribile verità. Gli altri due pezzi di Trepaneringsritualen sono diversi rispetto ai precedenti, perché qui ci addentriamo maggiormente nel dark ambient, le atmosfere si fanno più rarefatte, al contempo sono venefiche e riescono a penetrare la nostra scatola cranica, arrivando dritte nel cervello. Ci sono mondi ed esseri di altre dimensioni che vengono fuori richiamati da questi suoni, che sono davvero profondi e continuano la grande tradizione della dark ambient legata all’industrial, che racchiude molte cose. Questo split dal vivo è un documento incredibile e forse irripetibile, nel senso che catturare in tempo reale queste due entità è cosa davvero notevole, che riporta al massimo la forza di questi rituali, un qualcosa che è legato al nostro ancestrale e che risveglia forze sopite. Un assaggio e una documentazione imperitura di ciò che è stato il X Post Industriale.

Tracklist
01 SIDE A Akt I
02 SIDE B Akt II
03 SIDE C Akt I
04 SIDE D Akt II

ANNAPURNA – Facebook

Deep As Ocean – Broken Dreams

La proposta dei Deep As Ocean è un metalcore molto melodico e curato rivolto al pubblico più giovane, con intarsi tecnici al di sopra della media, ma sono anche in grado ben altro se lo volessero.

I Deep As Ocean nascono a Milano nel 2016 per mano dei fratelli Buttò, già nei Generation Fuckstar, e vengono completati da Matteo Bonfanti alla voce (See You Inside), Matteo Acquati al basso (Diamond Breakers) e Manuel Panepinto alla chitarra.

La loro proposta sonora è un metalcore molto melodico e curato rivolto al pubblico più giovane, con intarsi tecnici al di sopra della media, ma sono anche in grado ben altro se lo volessero. Senza andare troppo nel campo dell’ipotetico, questo ep di esordio è veramente ben prodotto e suona molto meglio dei dischi di altri nomi molto più celebrati ed in voga. Il metal qui è più un linguaggio che un genere, e viene usato per fare da contrappeso alla melodia: il risultato è buono, radiofonico e piacerà molto. A mio modesto avviso le critiche a gruppi come questo sono futili, perché questi ragazzi fanno molto bene, con passione e competenza la loro cosa, quindi se non piacciono il mondo musicale è sterminato e ci si deve rivolgere altrove. Essendo un debutto colpisce la loro già ben definita identità musicale e la forza nel portarla avanti. In questo core melodico si affaccia, portato dalle tastiere, qualche elemento dark gotico che potrebbe essere uno sviluppo futuro della loro musica; Broken Dreams resta un lavoro rivolto ad un pubblico ben definito, ma senz’altro dai molti aspetti positivi.

Tracklist
1. FLY OR FALL
2. BROKEN DREAMS
3. WASTED
4. FIGHT FOR SOMETHING
5. DEAD MAN

Line-up
Matteo Bonfanti – Vocals
Alberto Buttò – Guitar
Manuel Panepinto – Guitar
Matteo Acquati – Bass
Riccardo Buttò – Drums

DEEP AS OCEAN – Facebook

We Came As Romans – Cold Like War

Un disco come Cold Like War è diretto ad una tipologia ben precisa di pubblico, e non si può disprezzare solo perché non è vero metal o per altri motivi, ma bisogna contestualizzarlo.

I We Came As Romans sono un gruppo americano fra i più famosi nella galassia metalcore/metal moderno.

Di metal in loro, a dire il vero, se ne può trovare molto poco, ci sono chitarre abbastanza potenti e distorte che contribuiscono a dare un suono al cento per cento a stelle e strisce, in maniera da coniugare una supposta durezza con una grande melodia, creando un suono molto caro agli adolescenti. Il gruppo proviene dal Michigan ed è attivo dal 2009, e tutti i suoi dischi sono stati venduti in maniera abbastanza cospicua anche in tempo di crisi, soprattutto perché rivolti ad un pubblico adolescenziale, che frequenta molto anche i loro concerti. Un disco come Cold Like War è diretto ad una tipologia ben precisa di pubblico, e non si può disprezzare solo perché non è vero metal o per altri motivi, ma bisogna contestualizzarlo. Gruppi di questo tipo sono qualcosa che non è metal, ma inteso nel senso strettamente sonoro. Tutto in questo gruppo è curato fin nel minimo dettaglio, dai momenti maggiormente melodici agli intarsi di elettronica, ai video che hanno un’eccellente regia, tutto sotto controllo insomma. Le canzoni hanno il medesimo schema sonoro, e come detto sopra sono tutte per un pubblico specifico. La Sharptone Records, sussidiaria della Nuclear Blast, continua nella sua opera di diffusione di tutto lo spettro del metalcore e post hardcore, anche se questa non è sicuramente la loro migliore opera nel catalogo, ma commercialmente sarà una vittoria, e magari qualche canzone finirà anche in una colonna sonora di un film per adolescenti.

Tracklist
1. Vultures With Clipped Wings
2. Cold Like War
3. Two Hands
4. Lost in the Moment
5. Foreign Fire
6. Wasted Age
7. Encoder
8. If There’s Something to See (Feat. Eric Vanlerberghe from I Prevail)
9. Promise Me
10. Learning to Survive

WE CAME AS ROMANS – Facebook

Auditory Armory – Dark Matter

Alternative metal e dark gothic rock si mescolano tra le trame di questo Dark Matter, album che prova a richiamare fans sia dal dark/gothic sound che dall’alternative più oscuro dalle reminiscenze statunitensi, senza impressionare granché.

Presentati al pubblico come una prog metal band moderna, gli Auditory Armory licenziano il loro secondo lavoro nel quale di musica progressiva non ce n’è neanche l’ombra.

Il gruppo proveniente dalla Florida si muove nel mondo del metal/rock alternativo, magari dalle tinte leggermente dark ma pur sempre moderne e in linea con il sound in auge nel nuovo millennio; poi d’incanto l’atmosfera si fa metallica, classica oserei dire, e un brano come A Path Unknown è sconvolto da una cavalcata maideniana per nulla scontata, non ci fosse la voce della singer ad appiattire il tutto.
April Rose non avrebbe neppure una brutta voce, ma sinceramente la sua prestazione in brani come la steeliana Love You To Death lascia alquanto a desiderare per la mancanza di pathos nell’interpretazione di un brano invece lascivo, sensuale e dark nella sua versione originale.
Alternative metal e dark gothic rock si mescolano tra le trame di questo Dark Matter, album che prova a richiamare fans sia dal dark/gothic sound che dall’alternative più oscuro dalle reminiscenze statunitensi, senza impressionare granché, se non per una certa convinzione esibita dalla band: un lavoro del genere probabilmente avrebbe reso maggiormente con un cantante dalle tonalità profonde e più espressive della pur volenterosa artista statunitense.
Oltre a A Path Unknown, brano di punta a livello qualitativo di Dark Matter, il resto del lotto si muove tra il metal ed il dark/rock alternativo senza lasciare particolari in chi, apprezzando tali sonorità, troverà sicuramente di meglio, per esempio, nel nostro paese.

Tracklist
01. Transcendence
02. Tyrant
03. The Light That Was Lost
04. Cry Little Sister
05. A Path Unknown
06. Love You to Death
07. Dark Matter

Line-up
April Rose – Vocals, Guitar
Oscar Garcia – Drums
Dennis Burns – Guitar
Justice Maynard – Bass

AUDITORY ARMORY – Facebook

No Self – Human​-​Cyborg Relations Episode 1

Aiutato dal mastermind della label Noah “Shark” Robertson (Motograter), il quartetto floridiano aggiunge una buona tacca sulla cintura del nu metal con questi sette brani duri, moderni e diretti, un concentrato di metal pesante, dalle ritmiche groove, con l’impatto di un carro armato e chitarroni che fanno male tra mid tempo e tappeti elettronici.

Nu metal che ormai si può definire classico, quindi nessuna deviazione core ma moderno come si usava a cavallo tra i due millenni, è quello che ci propongono i No Self, band in arrivo dalla Florida, in pista da quindici anni ma con solo due ep ed un album omonimo rilasciato nel 2014.

Molti problemi di line up ed un ritorno che si preannuncia in ritardo di un bel po’ di anni su rullino di marcia del genere, ma poco importa visto il buon risultato ottenuto, riscontrabile su Human​-​Cyborg Relations Episode 1, album licenziato dalla Zombie Shark Records e registrato da Matt Johnson ai Revelation Studios.
Aiutato dal mastermind della label Noah “Shark” Robertson (Motograter), il quartetto floridiano aggiunge una buona tacca sulla cintura del nu metal con questi sette brani duri, moderni e diretti, un concentrato di metal pesante, dalle ritmiche groove, con l’impatto di un carro armato e chitarroni che fanno male tra mid tempo e tappeti elettronici;
Human​-​Cyborg Relations Episode 1, dalle chiare ispirazioni sci-fi e una prossima seconda parte suggerita dal titolo, non fa prigionieri e nei suoi espliciti riferimenti a gruppi come Deftones, Spineshank, Adema e Nothingface farà solleticare i palati di più di un appassionato di metal moderno, ormai abituato a farsi sconvolgere i padiglioni auricolari dal metalcore e dall’alternative metal: sette brani, sette pugni nello stomaco guidati dal singolo Frisco e dall’opener Casting Stone per un ritorno ad un sound che a suo modo ha fatto epoca.

Tracklist
1.Casting Stones
2.Save Me
3.Nudisease
4.Through Your Eyes
5.Outatime
6.Frisco
7.Ctrl-Z

Line-up
Dylan Hart Kleinhans – Vocals
Justin Dabney – Guitars
Drew Miller – Drums
Joey Bivo – Bass

NO SELF – Facebook

Jupiter Zeus – Eyes On The Prize

Eyes On The Prize è un buon lavoro dal sound che unisce doom metal ed alternative in un unica proposta.

I Jupiter Zeus sono un’alternative metal band australiana e Eyes On The Prize è il loro terzo lavoro dopo l’ep di debutto Green Mosquito uscito nel 2011 ed il full length licenziato nel 2014 ed intitolato On Earth.

Tornano, quindi, dopo tre anni con questa raccolta di sei brani in formato ep a ribadire la bontà della propria proposta, un metal alternativo che spazia tra possenti mid tempo doom, schitarrate elettriche di matrice heavy ed una forte epicità che non tradisce il monicker.
Atmosfere dal piglio potente ed evocativo si scontrano dunque con un’anima moderna ed è per questo che la musica prodotta dal quartetto si può considerare alternativa, anche se rimane forte l’impressione di essere al cospetto di una medaglia con due facce distinte che alternano l’approccio a seconda del punto di vista dal quale la  si guarda.
Funziona tutto, è bene ribadirlo, i brani portano con loro tempeste metalliche, potenti tuoni doom metal e fulmini alternativi, il growl in alcuni casi estremizza l’atmosfera come se Zeus in persona intervenisse ad aiutare la band di Perth, ed il sound rimane potente ed evocativo fino alla fine.
La title track, Saviour With Destruction ed Arise sono i brani migliori di un album comunque tutto da ascoltare, specialmente se tra le vostre preferenze trovano posto allo stesso tavolo Black Sabbath e Soundgarden, Trouble ed Alice In Chains.

Tracklist
1.Eyes on the Prize
2.Saviour With Destruction
3.Read It and Weep
4.Midnight Renegade
5.Arise
6.Broken Plates

Line-up
Aaron Smith – Drums
Simon Staltari – Guitar/Vocals
Jeremy Graham – Bass
Michael Lawson – Lead Guitar

JUPITER ZEUS – Facebook

https://youtu.be/IHzYJaZeSak

Xenofaction – The Empyrean Vanquishment

I due brani offerti sono notevoli mazzate di death tecnico, ottimamente prodotto ed eseguito da un nucleo di musicisti  della scena metal tricolore di comprovata esperienza.

Primo assaggio per questo notevole progetto denominato Xenofaction, ideato da Flavio Cardozo (già bassista degli Hideous Divinity).

I due brani offerti sono notevoli mazzate di death tecnico, ottimamente prodotto ed eseguito da un nucleo di musicisti  della scena metal tricolore di comprovata esperienza ; le ritmiche geometriche ed asciutte riportano anche a certo industrial e, sicuramente, questo primo passo targato Xenofaction colpisce proprio per impatto e precisione.
In occasione di un futuro lavoro su lunga distanza potrebbero essere auspicabili, però, più frequenti variazioni sul tema, allo scopo di spezzare quella tetragonia che nel genere rappresenta anche una virtù, calzando alla perfezione alle tematiche cyber punk del progetto, ma che rischia di rendere il tutto, alla lunga, eccessivamente monolitico.
E-Ra e The Empyrean Vanquishment sono brani che comunque fanno decisamente ben sperare: nel frattempo Cardozo si è messo alla ricerca di membri stabili che possano dare agli Xenofaction una configurazione da band vera e propria più che da progetto di matrice solista, un passo questo che di solito è destinato ad avere solo benefici effetti, sia per quanto riguarda l’interazione tra i vari musicisti all’interno del processo compositivo, sia per la concreta possibilità di offrire la propria musica anche dal vivo.

Tracklist:
1.E-Ra
2. The Empyrean Vanquishment

Line-up
Marco Mastrobuono – Rhythm Guitar
Flavio M. Cardozo – Basso
Stefano Borciani – Vocals
Maurizio Montagna – Batteria
Edoardo Casini – Lead Guitars

XENOFACTION Facebook

Threat Signal – Disconnect

Un buon mix di generi diversi ma che, nella musica dei Threat Signal, si uniscono sotto la bandiera del tecnicismo, non esasperato come accade nelle frange più tecniche del metal estremo , ma ben in evidenza nei vari brani che compongono questo mastodontico lavoro.

Dopo sei anni dall’ultimo album omonimo tornano sul mercato tramite Agonia Records i Threat Signal, una delle band che più avevano impressionato gli addetti ai lavori una decina d’anni fa.

Il quartetto dell’Ontario arriva, con questa prova di forza intitolata Disconnect, al quarto lavoro di una discografia che vede il suo inizio nel 2006 con il debutto Under Reprisal, ed il cuore creativo dal 2009 al 2011 anni d’uscita del secondo album Vigilance e del già citato terzo lavoro omonimo.
Sei lunghi anni dunque, prima del ritorno in pompa magna con questo buon lavoro, un’ora di musica metal moderna, estrema ma piacevolmente melodica, tra metal core, death melodico e thrash moderno.
Un buon mix di generi diversi ma che, nella musica dei Threat Signal, si uniscono sotto la bandiera del tecnicismo, non esasperato come accade nelle frange più tecniche del metal estremo , ma ben in evidenza nei vari brani che compongono questo mastodontico lavoro.
Troppe volte si scrive metal moderno per definire lavori che, nei loro ormai abusati cliché, risultano freddini o troppo simili l’uno all’altro, mentre nel nuovo album del quartetto canadese tutto si incastra alla perfezione, così le tanto abusate voci pulite o i mid tempo core sono bilanciati da fughe metalliche dall’alto tasso tecnico compositivo che si veste, a tratti, di un’aurea progressiva.
Nostalgia, Exit The Matrix, la lunga e varia Aura, l’atmosferica Betrayal che svolge il compito di preludio alla seconda parte, valorizzata dai dieci minuti di progressive estremo e moderno della superba Terminal Madness, fanno da traino ad un lavoro che riconcilia con il metalcore, anche se per un album come Disconnect parlare solo di questo genere appare riduttivo.
Registrato e prodotto da Jon Howard e Travis Montgomery (cantante e chitarrista della band), mixato e masterizzato da Mark Lewis (DevilDriver, Whitechapel, Battlecross, Unearth, Coal Chamber), Disconnect è da considerarsi un bersaglio centrato per un gruppo che è tornato per dire la sua nel mondo del metal moderno.

Tracklist
1. Elimination Process
2. Nostalgia
3. Walking Alone
4. Exit The Matrix
5. Falling Apart
6. Aura
7. Betrayal
8. To Thine Own Self Be True
9.Dimensions
10. Terminal Madness

Line-up
Jon Howard – Vocals
Travis Montgomery – Guitars
Pat Kavanagh – Bass
Matt Perrin – Guitars

THREAT SIGNAL – Facebook

Blood Inc. – Blood Inc.

Blood Inc. è un album diretto, intenso e dall’appeal micidiale, con nove brani di alternative metal ricchi di soluzioni elettroniche, campionamenti e groove.

Un sound che prende spunto dagli eroi dell’alternative metal del nuovo millennio e lo tortura con dosi letali di industrial e groove di stampo americano, una serie di brani che nei testi prendono spunto dai più efferati serial killer del secolo, veri o di fantasia, ed avrete servito il vostro drink musicale rosso sangue.

Horror metal moderno, questo risulta in sintesi la proposta dei Blood Inc., band lombarda al debutto con questa mezzora che prende titolo dal monicker e vi maltratterà prima di lasciarvi in balia dell’assassino di turno, pronto a divertirsi con le vostre paure, prima di affondare la fredda lama nella carne.
Il quartetto si aggira tra i navigli dal 2015 e il suo debutto, pur peccando leggermente in originalità, centra il cuore dei fans del genere: Blood Inc. è un album diretto, intenso e dall’appeal micidiale, con nove brani alternative ricchi di soluzioni elettroniche, campionamenti e groove, in sintesi di quel metal moderno caro a Rob Zombie.
Infatti, ispiratore del sound dei Blood Inc. è il compositore e regista americano, quindi aspettatevi una mezzora di deliri horror industrial metal dai rimandi ad Astro Creep 2000 (White Zombie) e ad Hellbilly Deluxe (suo primo lavoro solista).
La copertina molto bella, una produzione perfetta per il genere ed una manciata di brani dall’alto tasso industriale e dall’appeal elevato e pericolosissimo come il singolo Wake Up Dead, Bleed Pray Die o Rhyme Of The Dead, fanno di Blood Inc. un lavoro riuscito, consigliato ai fans dell’horror metal moderno che cominceranno ad affilare i propri coltelli.

Tracklist
1. Lucky Number 13
2. The House
3. Wake Up Dead (Virus Contamination)
4. In The Darkest Night
5. Bleed Pray Die
6. Blood Inc.
7. When Blood Drips
8. Rhyme Of The Dead
9. Spit On Your Grave

Line-up
Black Jin – Lead Vocals
Animah – Rhythm and Lead Guitar
Rick Gringo Ninekiller – Bass Guitar
Jack – Drums

BLOOD INC. – Facebook

Fozzy – Judas

Judas è un album ideato per sfondare sul mercato, non solo americano ovviamente; l’appeal non manca, così come le caratteristiche peculiari per fare dei Fozzy la rock band del momento: se ci riusciranno si vedrà con il tempo, ma c’è da scommetterci.

Tornano i Fozzy, la band del wrestler Chris Jericho e del chitarrista dei metal rappers Stuck Mojo con il nuovo album Judas, licenziato dalla Century Media.

Chi l’avrebbe mai detto, all’alba del nuovo millennio e all’uscita del primo album omonimo che la band capitanata da Jericho sarebbe arrivata a quasi vent’anni di attività e vicino alla doppia cifra in quanto ad uscite discografiche; eppure il successo (dovuto anche all’attività del cantante/lottatore) è arrivato con un rock che ha sempre mostrato i suoi due volti (potenza e melodia) mantenendo un approccio ruffiano che negli States significa primi posti nelle classifiche, video in rotazione continua sui media, copertine dei magazines di settore e dischi venduti a vagonate.
Judas, a ben sentire, non si discosta da quello che il gruppo ha presentato ai propri fans in tutti questi anni: rock ad alto voltaggio, melodico e dal groove che esplode in chorus e riff scritti per accompagnare Jericho sul palco come sul ring, una buona dose di ispirazione che porta alla tradizione rock/metal americana (si parla di Kiss sulla presentazione dell’album, ma il sottoscritto opta per un Ozzy Osbourne vecchia maniera) e tanto moderno alternative metal, dagli Alter Bridge, agli Avenged Sevenfold.
Judas accende la miccia con la title track posta furbescamente in apertura e che risulta il sunto di questo lavoro; scorrendo poi la track list ci si imbatte in brani più potenti (Painless, Three Days In Jail), altri dal flavour moderno e che strizzano l’occhiolino all’elettronica (Burn Me Out) e le solite e più leccate song da sbancare classifiche.
L’album è ideato per sfondare sul mercato, non solo americano ovviamente; l’appeal non manca, così come le caratteristiche peculiari per fare dei Fozzy la rock band del momento: se ci riusciranno si vedrà con il tempo, ma c’è da scommetterci.

Tracklist
1. Judas
2. Drinkin With Jesus
3. Painless
4. Weight Of My World
5. Wordsworth Way
6. Burn Me Out
7. Three Days In Jail
8. Elevator
9. Running With The Bulls
10. Capsized
11. Wolves At Bay

Line-up
Chris Jericho – vocals
Rich Ward – guitars, vocals
Frank Fontsere – drums
Billy Grey – guitars
Paul DiLeo – bass

FOZZY – Facebook

Krepuskul – Hybrid

As Long As You See the Sky è puro godimento sonoro, grazie ad una band che martella con una precisione chirurgica toccando i nervi più sensibili con un base ritmica impressionante, per poi addolcire la pillola con magnifiche linee chitarristiche.

Davvero notevole questo ritorno dopo una pausa piuttosto lunga dei rumeni Krepuskul, band i cui esordi risalgono allo scorso decennio nel corso del quale hanno pubblicato due full length, Umbre De Vise e Game Over, riconducibili come genere, a quanto è dato sapere, dalle parti del black death melodico.

Niente a che vedere con tali coordinate , se non per il mantenimento solido di una componente estrema, è il contenuto di Hybrid, nuovo parto della band di Cluj Napoca, trattandosi di un’interpretazione di grande efficacia di quello che viene definito modern metal ma che, in questo caso, è fondamentalmente un feroce metalcore, nel quale si rifuggono lodevolmente i lassativi piagnistei melodici di buona parte delle band dedite al genere.
I Krepuskul non tradiscono le loro radici musicali, facendo proprie le ritmiche forsennate del black, l’articolazione più tecnica del death e la virulenza del thrash, e risputano fuori il tutto con sembianze del tutto al passo con i tempi, non disdegnando rallentamenti con i quali dimostrano d’essere una band di qualità anche dal punto di vista tecnico.
Chiaramente la melodia in quest’album non è affatto bandita, ma viene ricondotta nei giusti alvei di una proposta metal, senza mai rinunciare, per esempio, ad un’efferata interpretazione vocale, con la sola eccezione della conclusiva Awake 17, che in compenso è una traccia bomba davvero in grado di risvegliare anche gli spiriti più intorpiditi.
Hybrid non lascia scampo né respiro, è brutale ma nel contempo carico di groove, l’headbanging è garantito come lo è la soddisfazione dell’ascoltatore che ha bisogno di sfogare un po’ di rabbia repressa: As Long As You See the Sky è puro godimento sonoro, grazie ad una band che martella con una precisione chirurgica toccando i nervi più sensibili con un base ritmica impressionante, per poi addolcire la pillola con magnifiche linee chitarristiche, mentre con la folle Psychotherapy i nostri si permettono di scherzare col fuoco senza neppure scottarsi.
Notevole scoperta questi Krepuskul, autori di un album da sentire a volume illegale; peraltro i nostri sono molto attivi dal vivo in patria e non stento ad immaginare che ad un loro concerto sia ben difficile annoiarsi.

Tracklist:
1. OCD (Let’s Start a War)
2. Hybrid High Breed
3. As Long As You See the Sky
4. The Disciples
5. The Limits of Hate
6. Under the Black Flag
7. Psychotherapy
8. They Will Fall
9. Awake 17

Line up:
Andu Anches – Bass, Vocals
Alex Tarocco – Drums
Marcel Rusu – Guitar, Vocals
Mario Ioanici – Guitar

KREPUSKUL – Facebook

File Not Found – Firewall

Firewall è un album bello e vario, composto da una serie di brani maturi ed in gran parte emozionanti, virtù non così scontata nel genere.

Thrash ed alternative rock, potenti iniezioni di hard rock moderno su una struttura che rimane fortemente legata al metal tradizionale.

Potremmo anche archiviare Firewall, secondo lavoro dei romani File Not Found, con queste righe, ma la band ed la sua nuova opera meritano sicuramente di essere conosciute più a fondo; l’album è uscito da qualche mese e il gruppo ha già cambiato diverse volte il chitarrista e mentre dietro alla sei corde oggi troviamo Andrei Tanasa, sul disco il gran lavoro eseguito alla chitarra è di Christian Di Bartolomeo.
Firewall è un disco moderno, il metal di cui è composto si accompagna con i suoni rock del nuovo millennio e ne esce valorizzato, e l’alternanza tra thrash, alternative e rock contribuisce a rendere l’ascolto vario ed interessantissimo, seguendo le evoluzioni stilistiche del quartetto che non si accontenta di strofa-ritornello-strofa; con la personalità da band navigata i File Not Found sanno come trovare quel tocco originale per cui i brani sarebbero tutti da menzionare, dalla bomba thrash Legacy a Foreign Edge, alternative rock che avvicina il gruppo romano agli Alter Bridge.
Firewall continua a sciorinare ottimi brani, il groove lascia tracce di Black Label Society in qualche passaggio (Leave The Hit Behind) e i quaranta minuti abbondanti del disco passano veloci tra rock duro, solos metallici e brani dal forte appeal.
I sorprendenti File Not Found (monicker dedicato al mondo del web) picchiano sugli strumenti da par loro; The Song Of Concrete Leaves Tree si rivela una bordata di moderno thrash metal da capocciate contro il muro, Crisis è una drammatica ballad in crescendo, atmosfericamente perfetta e sempre in bilico tra modernità e tradizione, mentre la conclusiva Born ritorna su territori più consoni all’alternative rock.
Firewall è un album bello e vario, composto da una serie di brani maturi ed in gran parte emozionanti, virtù non così scontata nel genere.

Tracklist
1- Switch On
2- Legacy
3- My Agony
4- Words Bite
5- Foreign Edge
6- Leave The Shit Behind
7- The Song Of Concrete Leaves Tree
8- Crisis
9- Insomnia
10- Born

Line-up
Leonardo Meko – vocals/rhythm guitar
Andrei Tanasa – lead guitar
Claudio Buricchi – bass
Marco Cinti – drums/vocals

FILE NOT FOUND – Facebook

TarantisT – Not A Crime

Not A Crime è destinato a divenire a suo modo un cult così come i TarantisT, una band da seguire fregandosene del fatto che pochi ne capiranno la genialità.

Quella dei TarantisT, band dai natali fuori dai consueti circuiti rock (Teheran) ma trasferitasi in seguito a Los Angeles, è una proposta musicale che definire fuori dagli schemi è un eufemismo.

Attivo da ormai diciassette anni e arrivato al quarto album, il gruppo iraniano stravolge a modo suo il metal/rock alternativo, lo violenta con influenze industriali alla Rammstein e ce lo serve condito da ispirazioni che travalicano i consueti generi (almeno quelli in uso ad una band industrial), per trovare strade mai solcate o quasi.
Not A Crime risulta così un lavoro talmente originale da diventare di difficile catalogazione e ancora di più da recensire e questo è un bene, il male è che diventa ostico se non si appartiene a quella categoria di ascoltatori aperti a qualsiasi esperienza pur mantenendo i propri gusti.
Il carico da undici (come si dice dalle mie parti) il gruppo lo cala con la lingua madre, usata su un tappeto elettronico, dai rimandi metal industriali, valorizzati da sfumature musicali tra tradizione popolare e rock d’avanguardia, in un caleidoscopio di variopinte note estreme.
Unico problema di questo lavoro è la mancanza di un singolo, un brano che traini i deliri del gruppo iraniano, mentre un’anima psichedelica ci sfiora tra industrial e musica alternativa.
Not A Crime è destinato a divenire a suo modo un cult così come i TarantisT, una band da seguire fregandosene del fatto che pochi ne capiranno la genialità.

Tracklist
1.Silence Before Storm (Intro)
2.HeyYou
3.Not a Crime
4.Your Dance
5.Disappointment
6.Summer
7.I Become God
8.Reflection
9.Rain, Pour Down
10.Burnt City
11.You Were Not
12.Pills
13.Vaay Az to (Drunk Version)
14.Soldiers

Line-up
Arash – Bass, Vocals
Reza – Drums
Arsalan – Guitars
Bahman – Guitars

TARANTIST – Facebook

Prophets Of Rage – Prophets Of Rage

Qui ci sono appunti di viaggio, canzoni che scorrono bene, sicuramente il concerto sarà carino, viste le capacità istrioniche di tutti loro, ma sembra un’occasione sprecata per poter spostare gli equilibri ancora una volta, dando una nuova veste alla rabbia che monta quotidianamente.

I Prophets Of Rage sono il gruppo che gli amanti della congiunzione carnale fra rap e metal avrebbero sempre voluto ascoltare, essendo composti dai Rage Against The Machine con unico escluso Zack De La Rocha (lo potete incontrare di sicuro quando i Lakers giocano in casa), B–Real dei Cypress Hill e Dj Lord e Chuck D dei Public Enemy.

Viste le premesse di questo super gruppo ci si aspettava un super disco, anche se il precedente ep The Party’s Over aveva fatto capire che c’era ancora bisogno di calibrare le forze. Prophets Of Rage è un buon disco, regge bene l’impatto ed è stato composto e costruito per essere suonato dal vivo, anche perché il concerto è ormai l’unica fonte di introito per un musicista. La struttura musicale fondamentale è quella dei RATM, anche perché in pratica chi suona gli strumenti in questo gruppo viene da lì, con Tom Morello che conduce le danze, essendo il vero deus ex machina del gruppo. Quindi compare il funk nella costruzione della canzone, con quel saliscendi tipico della band; buono è anche l’apporto della parte hip hop, e una delle cose migliori del disco è la sapiente regia di Dj Lord dei Public Enemy, uno dei meno conosciuti ma maggiormente bilanciati dj del mondo. Tutto funziona al meglio, ma l’impressione è che ci sia limitati a fare un compitinom seppur buono e al di sopra della media, ma ci si sarebbe aspettato qualcosa di diverso dall’unione di tali titani. Prophets Of Rage sembra quasi un disco dei Rage Against The Machine, senza certe asperità e ruvidezze che li avevano resi famosi, con tutti gli altri come ospiti. Questa gente ha creato pietre miliari nei loro generi inventando stili e musiche che hanno influenzato moltissime band; qui ci sono appunti di viaggio, canzoni che scorrono bene, sicuramente il concerto sarà carino, viste le capacità istrioniche di tutti loro, ma sembra un’occasione sprecata di poter spostare gli equilibri ancora una volta, dando una nuova veste alla rabbia che monta quotidianamente. Bene, ma si poteva fare decisamente meglio.

Tracklist
1. Radical Eyes
2. Unf–k the World
3. Legalize Me
4. Living on the 110
5. The Counteroffensive
6. Hail to the Chief
7. Take Me Higher
8. Strength in Numbers
9. Fired a Shot
10. Who Owns Who
11. Hands Up
12. Smashit

Line-up
Tom Morello – Guitar
Tim Commerford – Bass
Brad Wilk – Drums
Chuck D – Voice
B-Real – Voice
DJ Lord – Turntables

PROPHETS OF RAGE – Facebook

Klogr – Keystone

Il gruppo mantiene un attitudine live anche su disco: Keystone così si rivela un album dall’impatto diretto e bisogna arrivare alla nona traccia prima che la tempesta alternative metal fatta sfogare dalla band trovi un minimo di pace.

Torna sul mercato il gruppo alternative metal/rock nazionale che meglio ha fatto in questi ultimi anni.

Sono passati ormai due anni da quando la band di Gabriele “Rusty” Rustichelli licenziava l’ep Make Your Stand, con incluso un dvd che immortalava il gruppo sul palco del Live Club Di Trezzo nel 2014 e confermava, specialmente a chi aveva solo sentito parlare dei Klogr, l’enorme potenziale che il quartetto si portava appresso.
Vero è che la band ha continuato a solcare palchi in giro per il mondo accompagnando nomi storici come i Prong di Tommy Victor, trovando comunque il tempo di registrare la chiave di volta, il viaggio musicale che il gruppo nostrano ci invita ad intraprendere per giungere alla comprensione di ciò che tiene insieme l’equilibrio del mondo.
Keystone si nobilita di questo difficile e serioso concept per espanderlo su un alternative metal altamente melodico, ma che non manca di una componente thrash e con la voce del leader ad alternare sapientemente un cantato dal piglio melodico e un altro più rabbioso ed in linea con l’anima metallica del gruppo.
Come ormai da tradizione i Klogr non risparmiano ritornelli accattivanti, molte volte in contrasto con la forza espressiva della musica che raggiunge lidi di potenza ben oltre le classiche ripartenze dei gruppi alternative, amalgamando thrash metal classico e moderno e inserendolo in un contesto che spinge la musica verso gli Alter Bridge.
Ecco in due parole la chiave di volta per comprendere la musica dei Klogr, che si rivelano degli Alter Bridge induriti e trasformati in una macchina metal da iniezioni metalliche e da qualche passaggio alla Prong.
Il gruppo mantiene un attitudine live anche su disco: Keystone così si rivela un album dall’impatto diretto e bisogna arrivare alla nona traccia (Dark Tides), prima che la tempesta alternative metal fatta sfogare dalla band trovi un minimo di pace.
Prison Of Light, la devastante Technocracy, Pride Before The Fall, l’inizio a tutta velocità thrash di Enigmatic Smile sono i momenti più intensi di Keystone, album riuscito che rappresenta une ottimo ritorno per i Klogr.

Tracklist
1.Sleeping Through The Seasons
2.Prison Of Light
3.Technocracy
4.The Echoes Of Sin
5.Pride Before The Fall
6.Something’s In The Air
7.Drag You Back
8.Sirens’ Song
9.Dark Tides
10.Silent Witness
11.Enigmatic Smile
12.The Wall Of Illusion

Line-up
Gabriele “Rusty” Rustichelli – Vocals, Guitar
Pietro Quilichini – Guitars
Maicol Morgotti – Drums
Roberto Galli – Bass

KLOGR – Facebook

E.G.O.C.I.D.E. – What Price For Freedom?

Un massacro di moshpit, hardcore metal e disagio che si sublima in rabbia e musica che segna.

Debutto discografico per gli E.g.o.c.i.d.e., fautori di un hardcore metal molto vicino alle bellissime cose degli anni novanta come Integrity e tutta la scena del Benelux, ovvero metal con un cuore hardcore, mid tempo esplosivi e tanta cattiveria.

Questo ep di sei tracce ci mostra un gruppo con le idee chiare, tanta rabbia e la giusta attitudine musicale. Ascoltare questo suono è un rituffarsi in sonorità che pensavo dimenticate ma che mi hanno accompagnato per gran parte della mia vita, come quella di altri miei coetanei e non solo. Il suono è l’hardcore metal, figlio degenere dell’hardcore delle generazioni precedenti, di quel suono che parte dall’Inghilterra, passa per l’Italia, con alcuni fondamentali gruppi come i Raw Power per intenderci, e poi arriva per la sua mutazione finale e necessaria negli States, dove assume la sua forma definitiva. Gli E.g.o.c.i.d.e. sono tutto ciò e ancora di più, perché seppur con una produzione molto casalinga, riescono a rielaborare il tutto personalmente e con un tiro davvero micidiale, che li porta al di sopra di molti altri gruppi. Le tracce migliori, ma questa è un’opinione totalmente personale che porto avanti da anni, sono quelle cantate in italiano, perché sono qui che gli E.g.o.c.i.d.e. spiccano particolarmente. Anche le tracce in inglese sono di buonissimo livello, per un giudizio complessivo sicuramente ben al di sopra della media, ma quelle in italiano sono spettacolari.
Un massacro di moshpit, hardcore metal e disagio che si sublima in rabbia e musica che segna.

Tracklist
1.No Cause For Concern
2.Declama
3.Gloria Riflessa
4.Prayer (Of A Cynic)
5.Three Crowns
6.Verba Manent

Line-up
Alex – Vocals/Lyrics
Gab – Guitar/Choruses
Matt – Bass/Choruses
Nico – Drums/Choruses