Raptor King – Dinocalypse

Secondo ep per il trio sludge/thrash transalpino dei Raptor King, per il ritorno del dinosauro più irriverente e destabilizzante del metal.

Un piccolo aereo sorvola un punto imprecisato dell’oceano pacifico, la tempesta che si abbatte fulminea e traditrice sul piccolo velivolo porta i suoi occupanti a lanciarsi nella nebbia prima che l’impatto con l’acqua sia fatale.

Il risveglio per i sopravvissuti è un incubo, mentre animali di un’altra era gironzolano voraci tra i resti di chi non ce l’ha fatta.
Un paradiso perduto, una terra dove comanda il re raptor, un dinosauro carnivoro che regna sulla città, capitale di questo mondo dove gli animali sono padroni incontrastati degli ultimi umani, vestiti come loro e come loro corrotti.
Dinocalypse, secondo mini cd del trio sludge/thrash dei Raptor King, ci porta in questa terra misteriosa dove comanda il lucertolone preistorico a colpi di metallo devastante e destabilizzante, un concentrato di musica estrema pesante come un T.Rex che ci sballonzola sui genitali.
Dinocracy ed ora Dinocalypse, a distanza di due anni torna il dinosauro più irriverente e destabilizzante del metal con cinque brani cattivissimi, ma che portano con loro un approccio leggermente più melodico e rock’n’roll (Fight ‘n’roll) nascosto tra le pieghe di un sound senza compromessi pesante e mastodontico, ignorante ed in your face, ma che funziona e a tratti strappa un sorriso maligno tra le note di Dinocalypse (il brano), The Witch e dello sludge contorto Lonesome Raptor.
E quando dovete prendere un volo, date un’occhiata alle previsioni … non si sa mai.

TRACKLIST
01. Dinocalypse
02. The Witch
03. The Long Way to Rock (Pom Pom Pom Pom Pom)
04. Fight’n’Roll
05. Lonesome Raptor

LINE-UP
Raptor V – Vocals
Nightsmoke – Guitars
Don Coco – Drums

RAPTOR KING – Facebook

Anticlockwise – Raise Your Head

Raise Your Head è un album a tratti esaltante, un ascolto imperdibile per chi ama il metal, lasciando da parte noiose sfumature e dibattiti su generi e sottogeneri.

Ecco una band che non si nasconde dietro un dito, ma ti sbatte in faccia la sua influenza primaria, poi la manipola, la personalizza e se ne esce con un album inattaccabile.

Gli Anticlockwise arrivano da Bergamo mossi da una passione per i Nevermore, quella magnifica creatura con la quale Warrel Dane, uno dei cantanti più sottovalutati dell’intero panorama metal, elargiva interpretazioni canore d’alta scuola dopo aver stupito tutti con gli altrettanto imperdibili Sanctuary.
Ma si parlava del quartetto nostrano, ed allora incominciamo col dire che questo bellissimo terzo album esce per la Revalve, ormai un marchio di qualità all’interno di una scena italiana che, a discapito di un’altissima qualità, fa fatica ad uscire da un anonimato che comincia davvero ad essere fastidioso.
Raise Your Head è dunque il terzo album di una discografia che si completa con Non Linear Dynamical Systems, licenziato nel 2009, ed il precedente Carry The Fire uscito tre anni fa.
Il gruppo torna quindi con una nuova raccolta di brani che dal thrash metal prendono forza ed aggressività ma, come faceva appunto la band statunitense, lo nobilita parti con intricate, atmosfere drammatiche ed oscure prese dall’US Metal (si parlava di Sanctuary), suggestive ma possenti sfumature progressive, ed un cantato che, come il miglior Dan,e fa il bello e cattivo tempo, ed artisticamente parlando risulta sfaccettato in tutte le sue sfumature che assecondano la musica composta.
Attenzione però, gli Anticlockwise non sono semplicemente dei bravissimi cloni, il loro sound si sposta, quando il concept (ispirato ai meccanismi di comunicazione e ad internet) lo richiede su lidi thrash metal classici, sempre di matrice statunitense, o si invola sulle ali del progressive metal.
Prodotto da Simone Mularoni, Raise Your Head è un album riuscito, a tratti esaltante, che non manca certo di rivestirsi dei fasti del gruppo americano, ma lo fa con la personalità dei grandi, risultando un ascolto imperdibile per chi ama il metal, lasciando perdere noiose sfumature e dibattiti su generi e sotto generi.
Into The R.A.M., varia, devastante e spettacolare nelle sue mille sfaccettature, The Blue Screen Of Death e The Broken Mirror, violente e progressive come l’urgenza thrash/power/prog metal di The Gutenberg Plague sono le perle nere di questo bellissimo esempio di metallo forgiato nella nostra bistrattata penisola.
Gli Anticlockwise sono autori di un album da portare ad esempio quando i soliti esterofili da bar fanno spallucce al solo nominare il metal nazionale, mai come oggi al di sopra delle più rosee aspettative.

Tracklist
01. Slave
02. Raise Your Head
03. The Gutenberg Plague
04. Mothertongue
05. The Wire
06. The Broken Mirror
07. The Blue Screen of Death
08. Into the R.A.M.
09. Dystopia MMXVI

Line-up
Claudio Brembati – vocals
Pietro “Pacio” Baggi – guitars
Michele Locatelli – bass
Daniele “Bubu” Gotti – drums

ANTICLOCKWISE – Facebook

Insania.11 – Di Sangue E Di Luce

Cinque brani da maneggiare con cura, spiazzati da questa mezzora di musica glaciale e dall’animo intriso di una male freddo, siderale, vero.

Una proposta affascinante come solo la musica fuori dai soliti schemi sa essere, ed un sound che potrà piacere a molti e magari non essere digerito da altri, anche abituali ascoltatori di metal estremo, ma che indubbiamente tiene incollati alle cuffie come un film o un libro dei quali si aspetta con curiosità il loro evolversi verso la soluzione finale.

Questo gioiellino estremo dal titolo Di Sangue e Di Luce è opera degli Insania.11, gruppo che ha i suoi natali addirittura alla fine degli anni ottanta, ma che con il monicker Insania risulta attivo dal 2008 come studio project di musicisti appartenenti ai Res (heavy/speed) e agli Incubo (hardcore grind).
Una line up che negli anni ha visto più di un accorgimento, specialmente per quanto riguarda la batteria, prima suonata da Max, ora in forza agli heavy epic metallers Holy Shir,e ed in seguito con Luca Sigfrido Percich.
Di Sangue E Di Luce vede i soli Ethrum (chitarra) e Samaang (voce e chitarra) alle prese con un death/thrash campionato nella fase ritmica, ovviamente improntato sulle chitarre, progressivo e violento, originale ed insolito.
Partendo da una struttura che può ricordare le cose più violente di Devin Townsend, il duo spara mitragliate di thrash moderno alla Meshuggah, in un’atmosfera industriale, asettica e fredda come l’acciaio al contatto della pelle, mentre si  viene torturati dal growl cattivissimo che si trasforma in un cantato schizoide ed aggressivo, in due parole, inumano.
Una proposta estrema ma curatissima, dalla copertina al booklet fino alla produzione, perfettamente in linea con quanto proposto dagli Insania.11.
Cinque brani, dall’opener Uroboros alla conclusiva B Naural (I Figli Del Quinto Sole), da maneggiare con cura, spiazzati da questa mezzora di musica glaciale e dall’animo intriso di una male freddo, siderale, vero.

Tracklist
01. Uroboros
02. Metamorfosi
03. Nosferat (Aspettando L’Alba)
04. I Morti
05. B Naural (I Figli Del Quinto Sole)

Line-up
Samaang – Vocals, Guitars
Ethrum – Guitars

INSANIA.11 – Facebook

Municipal Waste – Slime And Punishment

La produzione perfetta e la cura nei dettagli fanno di Slime And Punishment un gioiellino di genere offerto da parte dell’ormai storica band americana, su cui si può contare quando il bisogno di headbanging diventa impellente.

Sesto full length licenziati, una valanga di lavori minori, ed un’attitudine che non accenna a diminuire la sua carica tra furia thrash ed impatto hardcore.

I Municipal Waste da Richmond (Virginia) sono diventati uno dei gruppi cult della scena, trovandosi dal 2001 ad incendiare palchi in giro per il mondo: il quintetto statunitense torna dunque tramite Nuclear Blast con questa mitragliata senza compromessi dal titolo Slime And Punishment, un tornado che spazza via e distrugge, velocissimo, ironico, rabbioso ed assolutamente devastante.
Tony Foresta e compagnia non si smentiscono e fin dall’opener di questo dirompente lavoro ci travolgono con il loro sound sguaiato come la voce del singer che urla testi ricchi di sano umorismo sarcastico, ad esorcizzare verità scomode dai margini di una società allo sbando.
Cantati dunque con la solita grinta in un delirio di ritmiche a razzo e chitarre sacrificate sull’altare del massacro sonoro di matrice thrash old school, i brani che compongono Slime And Punishment ci invitano sotto il palco in un’orgia di sudore e alcool, ancora una volta a consumare il rito Municipal Waste.
La componente hardcore (importantissima nella struttura del sound) accentua l’assalto sonoro perpetrato con l’aiuto di autentiche bombe sonore come Breathe Grease, Shrednecks, l’Anthrax song Bourbon Discipline e in generale tutta la mezzora scarsa di questa disumana corsa sui binari del pendolino Municipal Waste.
La produzione perfetta e la cura nei dettagli fanno di Slime And Punishment un gioiellino di genere offerto da parte dell’ormai storica band americana, su cui si può contare quando il bisogno di headbanging diventa impellente.

Tracklist
1.Breathe Grease
2.Enjoy the Night
3.Dingy Situations
4.Shrednecks
5.Poison the Preacher
6.Bourbon Discipline
7.Parole Violators
8.Slime and Punishment
9.Amateur Sketch
10.Excessive Celebration
11.Low Tolerance
12.Under the Waste Command
13.Death Proof
14.Think Fast

Line-up
Ryan Waste – Guitars, Vocals (backing)
Tony Foresta – Vocals
Land Phil – Bass, Vocals (backing)
Dave Witte – Drums
Nick Poulos – Guitar

MUNICIPAL WASTE – Facebook

Disharmony – The Abyss Noir

Il sound dei Disharmony parla americano e The Abyss Noir ne è l’esempio perfetto, con i suoi umori oscuri ed una verve progressiva che spicca da un impatto thrash metal a tratti devastante.

La Grecia, pur con tutti i suoi problemi politico/sociali, vive un momento di grande spessore musicalmente parlando e riguardo ai generi che trattiamo su MetalEyes.

Hard rock, doom metal, alternative hard & heavy, suoni classici e moderni: nella terra degli dei dell’olimpo si fa rock e metal con buona qualità.
Parliamo di metal e di una band (i Disharmony) attiva da vent’anni, anche se per un lungo periodo ha sonnecchiato per debuttare nel 2014 sulla lunga distanza con Shades Of Insanity, album che segnava il vero ritorno del gruppo dopo il demo che, con lo stesso titolo, era apparso cinque anni prima.
Il nuovo lavoro si intitola The Abyss Noir, trentacinque minuti di sonorità heavy thrash metal progressive, drammatiche e teatrali in linea con il power metal americano.
Il sound dei Disharmony parla americano dunque e The Abyss Noir ne è l’esempio perfetto, con i suoi umori oscuri ed una verve progressiva che spicca da un impatto thrash metal a tratti devastantei.
Chris Kounelis viaggia su tonalità care al grande Warrel Dane, quindi avrete già capito che tra i solchi della title track e della seguente Vain Messiah troverete ad aspettarvi i Nevermore, ispirazione primaria del gruppo di Atene ma non l’unica.
Ma dove la band di Dane raggiungeva attimi estremi al limite del death/thrash, il suono dei Disharmony rimane ancorato al metal classico, duro, dall’enorme impatto ma pur sempre più vicino al thrash Bay Area (non è un caso la cover di Disposable Heroes dei Metallica).
Un buon lavoro, e se siete amanti dei Nevermore e dei Sanctuary, così come delle atmosfere oscure dell’U.S, metal classico, The Abyss Noir ve ne farà sentire meno la mancanza, con gioiellini di tragico metallo come Delirium e This Caravan.

TRACKLIST
01. The Abyss Noir
02. Vain Messiah
03. Delirium
04. This Caravan
05. Disposable Heroes (Metallica cover)
06. A Song For A Friend

LINE-UP
Chris Kounelis – Vocals
J. Karousiotis – Guitars
Stefanos Georgitsopoulos – Guitars
Panagiotis Gatsopoulos – Bass Guitar
Thanos Pappas – Drums

DISHARMONY – Facebook

Irdorath – Denial Of Creation

Un album che entusiasma, probabilmente il migliore nel suo genere di questo 2017 che ha visto il ritorno in pompa magna del metal estremo e dei suoi mille modi di suonarlo: quello del gruppo austriaco è sicuramente uno dei più riusciti.

Il black metal che si fonde con il thrash non è certo una novità, il problema è che molte volte questa dissacrante alleanza finisce con l’essere sconfitta da album tutti uguali, prodotti malissimo e senza lasciare traccia del proprio passaggio, con tanto fumo ma poco arrosto in quanto a songwriting e belligeranza musicale.

Ovviamente un album targato Wormholedeath è sempre da tenere in considerazione, vista la qualità dei gruppi proposti dalla label nostrana, ed infatti questo devastante ultimo lavoro degli austriaci Irdorath non delude le attese, confermandosi come uno dei lavori più belli del genere capitati sotto le grinfie del sottoscritto.
Il quartetto proveniente dalla Carinzia licenzia quindi il proprio quarto album, questo bellissimo esempio di metal estremo dal titolo Denial Of Creation.
Più di dieci anni di attività ed una manciata di lavori bastano per arrivare al culmine della propria discografia in questa estate dove le notti nelle foreste alpine verranno invase dalle truppe del male, massacri e barbarie verranno commessi al suono di Devoured by Greed e degli altri dannati inni che compongono quest’ora scarsa di metallo nero, furioso ma impreziosito da sfumature melodiche che portano il disco su un altro livello.
Rabbia, devozione al male, dannazione eterna, ma con in bella mostra un approccio melodico straordinario e dove non arriva la melodia ci pensano ritmiche perfette, da far impallidire i migliori Kreator, fulminati sulla via del black metal e omaggianti i Dissection.
La furia ritmica spazza via l’odore di morte, come il vento gelido che da nord soffia dopo l’imbrunire, mentre da lontano gli echi di Sacred Deception, Purification e la title track accompagnano la discesa a valle di Markus e compari,  in un delirio di accelerazioni e mid tempo (Blessing From Above).
Un album che entusiasma, probabilmente il migliore nel suo genere di questo 2017 che ha visto il ritorno in pompa magna del metal estremo e dei suoi mille modi di suonarlo: quello del gruppo austriaco è sicuramente uno dei più riusciti.

Tracklist
1.Devoured by Greed
2.Trail of Redemption
3.Sacred Deception
4.The Curse that Haunts the Earth
5.Purification
6.Covenant of the Unbounded
7.Blessings from Above
8.In the Name of Decay
9.Denial of Creation

Line-up
Markus – Guitar, Vocals
Craig – Guitar
Mario – Bass Guitar
Thomas – Drums

IRDORATH – Facebook

Malet Grace – Malsanity

Siamo nei meandri del metal più maturo ed evoluto, quindi lascerei perdere influenze ed ispirazioni e, per una volta, è meglio concentrarsi solo sulla musica dei Malet Grace, ne vale la pena.

Questa interessantissima proposta arriva da Latina, la band in questione si chiama Malet Grace, un quartetto di thrashers dalla notevole tecnica attivo dal 2014 e qui alla sua prima opera su lunga distanza, Malsanity.

Sviluppata l’idea di un concept album basato sulla disgregazione dell’io e la propria apertura agli schemi apocrifi dell’intelletto umano, e sulla conseguente immoralità del dibattito contrastante tra il bene e il male, la band composta da Giampaolo Polidoro (chitarra e voce), Alessandro Toselli (chitarra), Andrea Paglierini (basso e chitarra acustica) e Andrea Giovanetti alle pelli offre un nobile esempio di metal progressivo, che dal thrash prende tutta la sua dirompente carica e dal prog metal i raffinati passaggi, che non inficiano assolutamente la natura estrema del sound.
Accompagnato da un bellissimo artwork, curato da Matteo Spirito, che riassume proprio il contrasto tra bene e male, Malsanity irrompe con la sua estrema personalità e maturità sulla scena metal nazionale, un lavoro curato nei minimi dettagli ed assolutamente in grado di mettere d’accordo una buona fetta di consumatori del nostro amato metallo.
Thrash, prog metal, heavy si rincorrono tra le trame di brani valorizzati da un lavoro strumentale eccellente  ed un cantato che sforna attimi interpretativi di elevata difficoltà, mentre le atmosfere di drammatico conflitto tengono alta la tensione fino alla fine delle ostilità.
Non c’è un brano che non sia perfettamente in grado di tenere il passo degli altri, in una tempesta di suoni tra potenti midtempo, furiose cavalcate ed azzeccati rallentamenti in cui l’atmosfera si quieta prima di esplodere e ripartire, tra chitarre saettanti e ritmiche che si avvicinano alla perfezione.
Citare i brani più convincenti è un’impresa, visto l’enorme potenziale proposto e le sorprese che riserva ognuna delle tracce presenti, anche se The Human Side Of Schizophrenia e l’accoppiata Egopathy/ Ambiguity Of Extinction sono, ad un primo approccio, il cuore pulsante di questo bellissimo lavoro.
Siamo nei meandri del metal più maturo ed evoluto, quindi lascerei perdere influenze ed ispirazioni e, per una volta, è meglio concentrarsi solo sulla musica dei Malet Grace, ne vale la pena.

Tracklist
1.Commotion of Frailty
2.Empathy for Silence
3.The Human Side of Schizophrenia
4.Angel of Chaos
5.Subconsciousness of Misery
6.The Pleasant Charm of Memories
7.Egopathy
8.Ambiguity of Extinction
9.Chaos Is My Order
10.Malet Grace
11.Where False Idols Pray

Line-up
A. Paglierini – Bass, Guitars (acoustic)
A. Toselli – Guitars
G. Polidoro – Vocals, Guitars
A. Giovanetti – Percussion, Drums

MALET GRACE – Facebook

https://www.youtube.com/watch?v=n9jEm5J3dxk

Decapitated – Anticult

Anticult si può leggere come un ulteriore passo verso una camaleontica trasformazione iniziata con il precedente Blood Mantra, riuscita in parte, ancora da registrare ma che lascia buone sensazioni per il prosieguo della carriera del gruppo polacco.

Evoluzione, involuzione, tradimento o solo voglia di suonare qualcosa di diverso (anche perché non credo che con il metal estremo si possa parlare di soldi), fatto sta che quando una band storica lascia l’ormai abituale via per seguire altre strade, porta sempre malumore tra i fans e gli addetti ai lavori, poche volte bilanciato da commenti entusiastici.

E’ il caso dei polacchi Decapitated, una vita a suonare death metal tecnico e brutale, ora trasformatisi in una groove metal band, rabbiosa e melodica.
Potrà anche non piacere la svolta, ma rimane indubbio che Anticult sia un lavoro pesante e melodico, sicuramente rivolto ad un altro tipo di ascoltatori e non ai soliti fruitori della musica del gruppo di Vogg e compagni.
Ovviamente potete pure mettere la classica pietra sopra al vecchio sound proposto dai Decapitated, perché questo nuovo lavoro non è neppure avvicinabile ai deliri tecnici ed estremi dei passati album del gruppo, qui si fa death metal melodico e cool, con il groove ben in evidenza ed una spiccata propensione alla melodia che si evidenzia in molti passaggi, anche se manca ai brani quel quid per essere ricordati.
Anticult si può leggere come un ulteriore passo verso una camaleontica trasformazione iniziata con il precedente Blood Mantra, riuscita in parte, ancora da registrare ma che lascia buone sensazioni per il prosieguo della carriera del gruppo polacco.
In breve, i Decapitated non esistono più, o meglio stanno lasciando la vecchia pelle in una lenta mutazione che li sta portando, attraverso brani come la devastante opener Impulse, o la pesantissima Kill The Cult, verso lidi groove melodic death più vicini a gruppi come Arch Enemy, The Haunted e Darkane.
Se ne parlerà e tanto di questo lavoro, il sottoscritto consiglia l’ascolto prima di giudicare la scelta del gruppo che, a conti fatti, non risulta così male.

Tracklist
1. Impulse
2. Deathvaluation
3. Kill The Cult
4. One Eyed Nation
5. Anger Line
6. Earth Scar
7. Never
8. Amen

Line-up
Vogg – Guitars
Rafał Piotrowski – Vocals
Młody – Drums
Hubert Więcek – Bass

DECAPITATED – Facebook

Onryō – Oni

Di Oni rimane la voglia di ascoltarlo ancora per essere nuovamente catturati e tritati dentro la potenza e la follia di chitarre affilatissime e velocissime, di un batteria che insegue il caos, di una voce bellissima e di un basso che ammazza i gaijin.

Ep di quattro pezzi devastanti, quattro killer di silicio incandescente, tra Dillinger Escape Plan, Meshuggah e un massacro giapponese di samurai.

Onryō nel folclore giapponese è uno spirito solitamente di sesso femminile, che dopo aver sofferto in vita o essere stata uccisa dal proprio uomo o da un uomo in generale, torna dall’aldilà per perseguitare il carnefice. Ecco, questa descrizione copre in parte l’assalto sonoro di questo gruppo romano, demone inquieto tra John Zorn, futurismo sonoro e immane potenza controllata attraverso la matematica. La lunghezza dell’ep è perfetta per poter godere appieno della bellezza perversa di questo disco, dove non c’è mai un ritornello, o una cosa scontata in un continuo rimescolamento di carte, in un vortice di vera potenza, per potere scoprire fino a che punto si possa spingere il nostro orecchio. Oni è la testimonianza di come sia davvero alta la qualità del nostro sottobosco estremo, perché questo disco non è un’eccezione ma un’altra perla in una strada disseminata di ottimi dischi, che magari non sono sotto gli occhi di tutti ma dobbiamo giusto guardare più a fondo nell’occhio del male. Di Oni rimane la voglia di ascoltarlo ancora per essere nuovamente catturati e tritati dentro la potenza e la follia di chitarre affilatissime e velocissime, di un batteria che insegue il caos, di una voce bellissima e di un basso che ammazza i gaijin.

Tracklist :
1 Oni
2 The Pyromaniac -Anarchogrind
3 Humanphobia
4 Sickness And Aluminium Foil Helmets

ONRYO – Facebook

A Total Wall – Delivery

In un’epoca di notevole appiattimento musicale e non solo, anche e soprattutto in ambito metal, dischi come questo dei milanesi A Total Wall sono come una birra fresca in mezzo al deserto d’asfalto.

In un’epoca di notevole appiattimento musicale e non solo, anche e soprattutto in ambito metal, dischi come questo dei milanesi A Total Wall sono come una birra fresca in mezzo al deserto d’asfalto.

Nati nel 2009 hanno avuto una lenta e costante maturazione, dovendo gestire al loro interno molte e notevoli forze. Il suono degli A Total Wall è un prog metal potente, molto vicino al djent e con un grande groove. Per orientarsi meglio si potrebbe dire Meshuggah con più melodie e anche più idee differenti. In questo disco, il primo su lunga distanza, il gruppo milanese fa tutto bene, facendo risaltare la sua meticolosità compositiva e la particolare idea di potenza, ovvero di sfogo di energia con un controllo notevole, in maniera da trasformarsi dentro le orecchie dell’ascoltatore. La loro padronanza tecnica è notevole, viene supportata anche da una grande capacità compositiva e tutte le canzoni sono costruite in maniera da non annoiare mai l’ascoltatore. Come detto sopra si spazia in vari generi, e si arriva a costruire un qualcosa che può essere definito new progressive metal, sia per un potenza notevole, sia perché figli di gruppi che vanno oltre il prog metal classico. Le chitarre qui hanno molte più corde del normale, si esprimono in una dimensione difficilmente definibile ma che suona benissimo, e colpisce la tenacia e la coerenza del disegno musicale che hanno tracciato gli A Total Wall, per un disco che è molto strutturato e potente, un moderno labirinto dal quale uscire migliori.

Tracklist :
1. Reproaching methodologies
2. Evolve
3. Sudden
4. Maintenance
5. Lossy
6. The right question
7. Delivery
8. Pure band

Line Up :
Davide Bertolini – drums
Umberto Chiroli – guitars
Riccardo Maffioli – bass
Gabriele Giacosa – vocals

A TOTAL WALL – Facebook

Jumpscare – Sowing Storm

EP di debutto per i napoletani Jumpscare, gruppo modern metal che si muove tra furia thrash e muri sonori di stampo metalcore.

I modern thrashers napoletani Jumpscare debuttano per Volcano Records & Promotions con Sowing Storm, ep di tre brani che mette in luce il buon impatto del quintetto.

Attiva da un paio d’anni ma con una buona presenza live, la band dimostra la sua notevole carica metallica, a tratti estrema ma talvolta tenuta al guinzaglio da un approccio alternative metalcore con cui  prova a rendere più cool la proposta, riuscendoci solo in parte.
Infatti i Jumpscare offrono il meglio quando la parte selvaggia del vecchio e mai domo thrash metal prende il sopravvento, risultando invece leggermente forzati nelle parti in cui i ritmi si fanno più marziali e di tendenza.
The Climb è un brano che colpisce nel segno, riuscito nelle melodie senza perdere la carica estrema, segue il brano più thrash dei tre, l’opener My Purifyng Day, mentre con la title track le caratteristiche del sound utilizzato dal gruppo sono ben bilanciate tra furia metallica thrash oriented ed atmosfere core.
Si viaggia nei territori del metal moderno, i brani sono aggressivi e dall’impatto prevalentemente live, un muro sonoro che troverà la sua dimensione sopra un palco ma che ancora deve essere meglio focalizzato in fase di registrazione.
Aspettiamo buone nuove da un eventuale full length, consigliando l’ascolto ai fans accaniti del genere.

TRACKLIST
1.My Purifying Day
2.The Climb
3.Sowing Storm (The day of your dark decay)

LINE UP
Lorenzo Gallo  – Vocals
Salvatore Andrea Ciccarelli – Bass Guitar
Vincenzo Mussolino- Guitar
Graziano Ciccarelli – Drums

JUMPSCARE – Facebook

Vetriolica – Dichiarazione D’Odio

Ci mettono tanto impatto ed attitudine i Vetriolica, il loro lavoro risulta caratterizzato da una forza che vi travolgerà in tutta la sua insana potenza nella sua dimensione più consona, quella dal vivo.

E’ dagli inizi degli anni novanta che i Vetriolica da Verona hanno fatto la loro comparsa sulla scena estrema nazionale, prima con una formazione a tre che li ha visti protagonisti di infuocati live per supportare i due demo (Vetriolica e Bambini Epilettici) ed il primo full length Ferocia, prodotto da Paul Chain.

Nel 2013 il ritorno con una formazione a quattro ed una sezione ritmica nuova di zecca (Jack Tusk al basso e Hubert Fast alle pelli) che si aggiunge ai due musicisti storici, Henry Ford (chitarra e voce) e Marious Kalash (voce e chitarra).
Per Andromeda Relix esce questo nuovo lavoro intitolato Dichiarazione D’Odio, un belligerante esempio di metal estremo di matrice moderna, groovy e che unisce thrash, metalcore e qualche spunto hardcore per un devastante e quanto mai esplosivo risultato d’insieme.
Testi in italiano, urlati ma non sguaiati, una potenza senza freni e una devozione per i fratelli Cavalera fanno di Dichiarazione D’Odio il classico lavoro diretto e senza filtri, un muro sonoro violento che si avvale di qualche spunto melodico, ma non perde un grammo di pesantezza per tutta la sua durata.
La sensazione è di essere al cospetto di una band vera, lontana da certa aggressività di facciata o da ruffianerie volte a fare breccia nei giovani utenti di canali satellitari: con i Vetriolica ci si fa male, molto male, presi a pugni dall’immane violenza di Impatto Zero, Vuoto a Perdere o Psicotropazione.
Ci mettono tanto impatto ed attitudine i Vetriolica, il loro lavoro risulta caratterizzato da una forza che vi travolgerà in tutta la sua insana potenza nella sua dimensione più consona, quella dal vivo.
Un buon ritorno, consigliato agli amanti dei suoni estremi di matrice thrash core.

TRACKLIST
1.      Melma
2.      Vetriolica
3.      Impatto Zero
4.      Malata
5.      Exxon Valdez
6.      Vuoto a Perdere
7.      Senza Appello
8.      2473
9.      Psicotropazione
10.  Discesa agli Inferi

LINE UP
Marious Kalashnikov – Vocals, guitars
Henry Ford – Guitars, vocals
Jack Tusk – Bass
Hubert Taba – Drums

VETRIOLICA – Facebook

Druknroll – Bad Math

Se questi quindici minuti di musica racchiusi in Bad Math fungono da apripista ad un prossimo full length, state pronti perché ci sarà da divertirsi.

Thrash metal progressivo e moderno, attraversato da umori death ed elettronici per una proposta molto interessante, peccato solo che questo Bad Math sia un ep di tre brani.

I Drunknroll sono attivi dal 2006 come one man band del polistrumentista Druknroll e hanno all’attivo una manciata di full length e due ep.
Col tempo il musicista russo ha poi trasformato la sua creatura in una band a tutti gli effetti e questo nuovo lavoro vede i Druknroll esibirsi come quartetto, con Maks Perepelkin alla sei corde, il cantante Horror al microfono, Knip alle prese con effetti, chitarre e tastiere, ed ovviamente Drunknroll che si danna con chitarre, batteria, basso e tasti d’avorio.
Mekong Delta e Voivod aleggiano in un sound moderno ed estremo, qualche richiamo agli Strapping Young Lad ed una predisposizione per il death melodico sono le componenti che vanno a formare la musica del musicista russo.
Thrash metal che ha nell’anima progressiva il suo punto di forza, con le tastiere che creano ricami eleganti in un contesto violento, colmo di cambi di tempo e sei corde trattate con una perizia tecnica invidiabile.
Horror inveisce sul microfono con la rabbia di un singer melodic death e le tre tracce risultano un ottima presentazione del gruppo agli ascoltatori occidentali.
Se questi quindici minuti di musica racchiusi in Bad Math fungono da apripista ad un prossimo full length, state pronti perché ci sarà da divertirsi.

TRACKLIST

1. Bad Math
2. On the Hook
3. The Heroes of the War

LINE-UP

Maks Perepelkin – lead guitar
Horror – vocals
Knip – guitars, sound effects, keys
Druknroll – guitars, bass, keys, drums

VOTO
7.20

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Agresiva – Decibel Ritual

Speed/thrash metal old school, veloce e potente, dieci brani dai rimandi heavy ed efficacissimi, sparati a velocità della luce, un lavoro ritmico da applausi e chitarre che come micidiali corna che si abbattono sul vostro corpo inerme.

Una bestia enorme ed arrabbiata vi travolge senza darvi un attimo di tregua, fin che le vostre carni non saranno che poltiglia sotto i colpi degli zoccoli e delle corna.

Più o meno quello che vi succederà all’ascolto di questo travolgente gruppo madrileno, al secolo Agresiva, foriero di forti mal di testa causati dall’headbanging sfrenato a cui non potrete sottrarvi all’ascolto del nuovo Decibel Ritual.
Gli Agresiva sono un quartetto attivo da una decina d’anni, la loro discografia è composta da altri due lavori sulla lunga distanza ed un ep; questo nuovo lavoro arriva dopo tre anni dal precedente The Crime Of Our Time e offre speed/thrash metal old school, veloce e potente, dieci brani dai rimandi heavy ed efficacissimi, sparati a velocità della luce, un lavoro ritmico da applausi e chitarre che come micidiali corna che si abbattono sul vostro corpo inerme.
Intro recitata e si parte con Run Like The Wind, heavy thrash song spavalda e assolutamente old school, così come la seguente Rodents In A Wheel, uno tsunami metallico che vi scaraventa a decine di metri di distanza.
Ritmi serrati, voce pulita ed efficace, solos e riff che sanno di heavy metal, mentre lo speed adrenalinico fa macelli, in coppia con il thrash dai rimandi statunitensi in un delirio da cui non si sfugge.
Il gruppo madrileno ha davvero una marcia in più e risulta nel genere un’autentica sorpresa, Decibel Ritual non ha un momento di stanca: Void, We Stand continuano a maciullare come un toro infuriato, senza soluzione di continuità ed assolutamente nel più puro spirito old school.
Album travolgente e band da seguire, specialmente se siete amanti dello speed/thrash vecchia scuola.

TRACKLIST
01. Warning (Intro)
02. Run Like The Wind
03. Rodents In A Wheel
04. Heading For Midnight
05. Cleansing / The Aftermath
06. Void
07. Grateful
08. Under Silver Selene
09. We Stand
10. The Pantomime

LINE-UP
Samuel San Jose – Vocals
Miguel Coello – Guitars
Bastian Guarda Rozas – Drums
Miguel Martín – Bass

AGRESIVA – Facebook

Iced Earth – Incorruptible

Gli Iced Earth sono tornati con uno dei lavori più intensi e riusciti degli ultimi anni, un album imperdibile per chi ama il power/thrash americano.

I continui saliscendi tra le preferenze dei fans (anche per colpa di album non completamente riusciti), i cambi di line up, specialmente dietro al microfono e i problemi di salute del leader indiscusso Jon Schaffer (operato ultimamente e per la seconda volta al collo), avrebbero disintegrato la stabilità artistica di qualsiasi band, non degli incorruttibili (come suggerisce il titolo) Iced Earth, autentico patrimonio metallico per chi li ha seguiti fin dagli esordi.

Burnt Offerings, The Dark Saga, Something Wicked This Way Comes rimane un trittico di lavori che sono e rimarranno nella storia del metal classico mondiale, uno dei picchi qualitativi più alti del power/thrash americano, nel loro essere devastanti, melodici ed oscuri come vuole la tradizione a stelle e strisce, almeno quando si parla di heavy metal.
Jon Schaffer si è guadagnato in veste di songwriter, prima ancora che in quella di chitarrista, un posto tra i grandi interpreti della nostra musica preferita, anche se in tanti anni di onorata ed “incorruttibile” carriera non sono mancate le battute d’arresto, specialmente negli ultimi anni.
Destino ha voluto che da Dystopia, album del 2011, dietro al microfono si sia posizionato Stu Block, ex singer dei notevoli Into Eternity, unico ed autorevole erede di quel Matt Barlow che fece risplendere con la sua drammatica, teatrale e personalissima voce gli album storici del gruppo americano, richiamato più volte nel regno della terra ghiacciata ma non più convincente e convinto come in passato.
Incorruptible può iniziare ad essere descritto da questa verità, Block è posseduto dal demone che tanti anni fa fece fuoco e fiamme dentro al corpo di Barlow e l’opera, oscura, spettacolare, drammatica e devastante se ne giova non poco.
Jon Schaffer ne ha passate di tutti i colori, nel frattempo ha quasi finito di costruire il suo studio personale dove è stato registrato l’album e la sua musica ne ha risentito, questa volta positivamente: non siamo ai livelli dei capolavori che incendiarono gli anni novanta, ma è indubbio che la band sia tornata a suonare grande power/thrash.
E allora fatevi travolgere dalle atmosfere dannatamente oscure e teatrali di questo ancora una volta emozionante lavoro: il marchio di fabbrica stampato in evidenza su queste nuove dieci composizioni è Iced Earth in tutto e per tutto, trattandosi di una delle poche band che al giorno d’oggi possano vantarsi d’aver creato e portato avanti negli anni uno stile inconfondibile, rimanendo sempre legati ad una ifedeltà metallica che ha del commovente.
Basta menzionare la splendida The Relic (part 1), con un Block su livelli emozionali che toccano le vette del suo storico predecessore, o lo strumentale Ghost Dance (Awaken The Ancestors) e l’immancabile ed epico brano dedicato ad un fatto storico, questa volta riguardante l’Irish Brigade e la battaglia di Fredericksburg con la clamorosa Clear The Way (December 13th, 1862).
Non mi dilungherò oltre, se non per ribadire che gli Iced Earth sono tornati con uno dei loro lavori più intensi e riusciti degli ultimi anni, imperdibile per chi ama il power/thrash americano.

TRACKLIST
1. Great Heathen Army
2. Black Flag
3. Raven Wing
4. The Veil
5. Seven Headed Whore
6. The Relic (Part 1)
7. Ghost Dance (Awaken The Ancestors)
8. Brothers
9. Defiance
10. Clear The Way (December 13th, 1862)

LINE-UP
Jon Schaffer – Rhythm, lead and acoustic guitars, Keyboards/MIDI, Vocals
Stu Block – Lead Vocals
Brent Smedley – Drums
Luke Appleton – Bass Guitar, Vocals
Jake Dreyer – Lead Guitar

ICED EARTH – Facebook

Black Wings Of Destiny – The Storyteller Part Two

La musica è uno scattante e groovoso metal con molte influenze, dal southern al groove, da accenti stoner a parti metal tout court.

I Black Wings Of Destiny sono di Torino e mettono storie in musica, donandogli la vita con una buona dose di metal, declinato in vari sottogeneri, dallo stoner al southern, dal grove a qualche momento metal più ortodosso.

Il disco è la seconda parte di The Storyteller Part One uscito nel 2014, e che ha avuto una buona accoglienza di pubblico e critica. Il concetto che sta dietro questi lavori è quello di narrare storie usando il metal, o più largamente la musica per portare l’ascoltatore dentro le vicende raccontate. Lo stile è uno scattante e groovoso metal con molte influenze, dal southern al groove, da accenti stoner a parti metal tout court. Nessun sottogenere predomina sull’altro, ma tutti contribuiscono a fare un suono bene definito e abbastanza riconoscibile. La forza del gruppo risiede nel far scorrere piacevolmente il disco, tendendo sempre alto il livello del piacere per l’ascoltatore. Il groove è la spina dorsale del lavoro, ed è quello che porta avanti il tutto, rendendolo assai interessante. Una pecca è che la produzione è forse troppo edulcorata, e sarebbe bello sentire il gruppo a briglie maggiormente sciolte, perché le potenzialità ci sono. La melodia è un’altra protagonista del disco, ed è presente in un modo intelligente, accompagnandosi bene con questo concetto di metal moderno che hanno i Black Wings Of Destiny.
Un disco che ha dentro di sé ottime potenzialità che a volte sono portate a compimento, mentre in altri momenti rimangono solo nelle intenzioni.

TRACKLIST
1. Black Knife
2. Jane the Hunter
3. Venom
4. Dillinger Is Dead
5. Dust
6. From Day One
7. Masquerade

LINE-UP
Luca Catapano – guitars/vocals
Marco Mallamo – guitars
Emanuele Cacchioni – drums
Daniele Cogo – bass

BLACK WINGS OF DESTINY – Facebook

Tankard – One Foot In The Grave

Potete amarli alla follia o odiarli con pari foga, ma è indubbio che i Tankard siano parte importante del nostro mondo e della nostra cultura metal.

Noi siamo i Tankard, suoniamo thrash metal da trentacinque lunghi anni condito da irriverenza, humor, ed un’alta gradazione alcolica, siamo il quarto incomodo nella sacra triade del thrash metal teutonico (Sodom-Kreator-Destruction), idolatrati dai thrashers tutti metal birra e pogo ed ignorati da chi ci considera fautori della frangia più ignorante del metal.

Il diciassettesimo album del gruppo di Gerre, è un ottimo lavoro incentrato sulla parte più tradizionale del genere, registrato e prodotto ai Gerhard Studios di Troisdorf da Martin Buchwalter ed accompagnato ancora una volta dalla copertina originalissima e divertente di Patrick Strogulski.
Chi ha sempre ritenuto i Tankard come band emblematica di un approccio al genere scanzonato e diretto ma da prendere poco sul serio, anche questa volta si dovrà ricredere, perché One Foot In The Grave risulta uno schiaffo metallico di inumana violenza, portato al volto di chi non ha mai creduto in uno dei gruppi più veri e diretti della scena thrash metal e non solo.
Un sound fresco, veloce e senza compromessi fa da colonna sonora a testi che da allegri e scanzonati si fanno cupi e di inaspettata denuncia, mentre l’irruenza della sei corde si azzuffa con una sezione ritmica che continua a far scapocciare thrashers in tutto il mondo.
One Foot In The Grave è bello che descritto, d’altronde una band che ha dichiarato guerra nel lontano 1984 e continua la sua battaglia a colpi di metallo incendiario, chorus da inveire contro tutti, boccale in una mano e dito medio alzato nell’altra, non ha nulla da far scoprire se non un lavoro curato nei minimi dettagli, valorizzato da un songwriting che non ha nulla di divertente, ma distrugge, massacra, devasta, dall’opener Pay To Pray, all’attacco ai social network portato da Arena Of The True Lies, all’inno alcolico della title track e via fino alla conclusiva Soul Grinder.
Potete amarli alla follia o odiarli con pari foga, ma è indubbio che i Tankard siano parte importante del nostro mondo e della nostra cultura metal: in alto le pinte e sguardo irriverente e fiero, sfidando il mondo falso e ipocrita dei benpensanti.

TRACKLIST
1. Pay To Pray
2. Arena Of The True Lies
3. Don’t Bullshit Us!
4. One Foot In The Grave
5. Syrian Nightmare
6. Northern Crown (Lament Of The Undead King)
7. Lock’Em Up
8. The Evil That Men Display
9. Secret Order 1516
10. Solo Grinder

LINE-UP
Gerre – Vocals
Andy Gutjahr – Guitars
Frank Thorwarth – Bass
Olaf Zissel – Drums

TANKARD – Facebook

Chaos – All Against All

Un gruppo che si conferma, nel suo genere, come ottima alternativa ai soliti nomi, e diffidate del paese di provenienza, in India si suona grande metal.

Tornano più irruenti e veloci che mai i Chaos, band proveniente da Trivandrum (India) e di cui il sottoscritto si era già occupato tre anni fa in seguito all’uscita del notevole Violent Redemption, primo full length dei thrashers asiatici.

Licenziato (e non potrebbe essere altrimenti) dalla Transcending Obscurity, il nuovo album continua l’opera di distruzione iniziata con il precedente lavoro, una ruspa che abbatte senza pietà su tutto e tutti a colpi di thrash metal made in Bay Area.
Il quartetto non le manda di certo a dire ai colleghi americani ed europei e All Against All risulta un altro assalto ai padiglioni auricolari dei kids dai gusti metallici di estrazione thrash.
Un sound old school duro come l’acciaio, veloce e violento come nella migliore tradizione, ma che non risparmia una valanga di melodie, riffoni che smuovono montagne, solos che accendono il cielo, lampi di metal estremo che una sezione ritmica da infarto ( Vishnu, Basso e Manu alle pelli) e la chitarra di Nikhil che incendia pentagrammi, contribuiscono a rendere anche questo nuovo album una notevole mazzata metallica.
La rabbia vomitata del singer JK e i dieci brani sparati alla velocità della luce ci investono per un’altra quarantina di minuti scarsi firmata dai Chaos, ottimi alfieri di quello che è il thrash metal di Exodus e Death Angel, con brani violentissimi ma sempre confinati nell’old school come The Inevitable Genocide, Patros Of Pain e la conclusiva The Escape!
Un gruppo che si conferma, nel suo genere, come ottima alternativa ai soliti nomi, e diffidate del paese di provenienza, in India si suona grande metal.

TRACKLIST
1.The Great Divide
2.The Inevitable Genocide
3.All Against All
4.Indoctrination
5.Death to the Elite
6.The Enemy
7.Patrons of Pain
8.Asylum
9.Portrait in Blood
10.The Escape

LINE-UP
Vishnu – Bass
Manu Krishnan – Drums
JK – Vocals
Nikhil N R – Guitars

CHAOS – Facebook

Primal Attack – Heartless Oppressor

Se vi piace il thrash metal classico ma potenziato da una potente dose di groove, cercate questo piccolo oggetto dinamitardo e fatelo vostro.

Thrash metal tra tradizione e modernità, tradotta in una dose massiccia di groove che non inficia la riuscita di ritmiche veloci come il vento.

Tornano a quattro anni dall’esordio (Humans) i thrashers portoghesi Primal Attack, una macchina da guerra proveniente da Lisbona potente come un carro armato, veloce e devastante come una raffica di mitra.
Il quintetto portoghese non guarda in faccia a nessuno e parte per questi quaranta minuti scarsi di metal estremo impressionante per impatto ed ottima conoscenza della materia: l’alternanza tra groove moderno e thrash old school risulta l’arma vincente di brani come Halfborn e le dichiarazioni di guerra Truth And Consequence, Hypersonic Generation, delle bombe atomiche con la scritta thrash sulla fiancata che la band lancia senza pietà.
Il brano più sperimentale del gruppo (Heart And Bones) è quello che più si avvicina ai Voivod, nei passaggi dalle reminiscenze progressive, mentre il mood dell’album mantiene l’approccio diretto e molto americano, tra Exodus, ultimi Slayer e Pantera.
Buona la prova dei musicisti, su tutti una sezione ritmica debordante (Miranda al basso e Mike alle pelli), ben coadiuvate da una coppia d’asce tellurica (Miguel e Tiago) ed una fiera indomabile dietro al microfono (Pica).
Heartless Oppressor è una bomba, e se vi piace il thrash metal classico ma potenziato da una potente dose di groove, cercate questo piccolo oggetto dinamitardo e fatelo vostro.

TRACKLIST
1.Red Silence
2.Halfborn
3.The Prodigal One
4.Truth and Consequence
5.Strike Back
6.Heart and Bones
7.Hypersonic Generation
8.Above the Live
9.XXI Century Curse

LINE-UP
Miranda – Bass
Mike – Drums
Miguel – Guitars
Tiago – Guitars
Pica – Vocals

PRIMAL ATTACK – Facebook

Voice Of Ruin – Purge And Purify

Un lavoro potentissimo, un buon esempio di come anche il metal estremo moderno, quando decide di far male, non è secondo a nessuno.

Death/thrash dal groove potentissimo, una meteora di metal estremo moderno lanciate a folle velocità sul pianeta, pronta a portare la terra all’anno zero.

Purge And Purify senza tanti mezzi termini è tutto questo, una devastazione biblica di metal estremo, un assalto senza soluzione di continuità, irruento ed indomabile come l’acqua che travolge tutto dopo il cedimento di una diga.
Questo monolite di metal estremo moderno arriva dalla Svizzera per mano dei Voice Of Ruin, quintetto attivo da una decina d’anni e con due demo, un full length (Morning Wood) ed un ep, alle spalle.
Per la Tenacity Music esce Purge And Purity, un album diretto e devastante, ben saldo nel death/thrash di ultima generazione, con un lotto di brani che sono frustate metalliche, dove il groove e la potenza sono ben bilanciate da solos melodici, ed il growl è cattivo, rabbioso, animalesco.
Disgust comincia a disegnare crepe sulla parete della diga, Horns è colpevole delle prime scosse, che si fanno più forti e telluriche con il passare dei minuti sotto i riff delle roboanti Blood of Religions e della micidiale Snakes in My Head.
Lamb Of God, Machine Head e Devil Driver sono i riferimenti tra i solchi di queste dieci detonazioni metalliche, mentre le prime infiltrazioni si avvertono dopo il passaggio di I Confess.
Un boato, ed una immensa valanga d’acqua si abbatte su tutto quello che si trova nel raggio di molti chilometri, un muro devastante che si fa spazio tra foreste e paesi sotto i colpi delle inumane Voices From The Ruins e Time For The Revenge.
Quando l’infernale massa d’acqua si stende sul territorio circostante la devastazione è completa, ma i Voice Of Ruin hanno ancora Piracy, colpo da sparare a bruciapelo quando tutto sembra finito.
Un lavoro potentissimo, un buon esempio di come, anche il metal estremo moderno quando decide di far male non è secondo a nessuno.

TRACKLIST
1.Disgust
2.Horns
3.Blood of Religions
4.Snakes in My Head
5.All Hail the King
6.I Confess
7.Voices from the Ruins
8.Animal Kingdom
9.Time for Revenge
10.Piracy

LINE-UP
Randy Schaller – Vocals
Erwin Bertschi – Bass
Dario Biner – Drums
Nicolas Haerri – Guitars
Darryl – Guitars

VOICE OF RUIN – Facebook