Solitude – Reach For The Sky

I Solitude riescono nell’intento di confezionare un prodotto metallico fresco, pur conservando la propria anima classica

La terra del sol levante ha una tradizione metal rock radicata fin dai primi anni settanta, e non è un caso se molti dei nomi storici della scena abbiano nella discografia almeno un album live registrato nel paese dei samurai.

Dal successo di Made in Japan dei Deep Purple in poi (ed era il 1972) ogni gruppo con un minimo di ambizione commerciale è dovuta passare per il Giappone, ma ovviamente non sono mancate le band indigene che si sono costruite una reputazione anche in occidente (su tutti i Loudness), mentre la scena regalava ottime realtà, magari ad uso e consumo dei fans accaniti come i Sacrifice, thrash metal band nata addirittura nella seconda metà degli anni ottanta: quella band venne lasciata da Akira Sugiuchi (voce) e Toru Nishida (basso) nel 1996 per formare i Solitude, con i quali licenziarono Virtual Image, ep di debutto uscito all’alba del nuovo millennio.
Nel 2009 è tempo per il debutto sulla lunga distanza (Brave The Storm ) seguito a distanza di sette anni da quest’ultimo lavoro, Reach For The Sky un buon esempio di metallo classico, puro acciaio musicale tra thrash, heavy e potenti ritmiche hard rock.
Raggiunti da Takamasa “Mad” Ohuchi alle pelli e Shingo Ida alla sei corde, che trancia il cielo del levante con una prestazione tutta fuoco e fiamme, i due storici musicisti riescono nell’intento di confezionare un prodotto metallico fresco, pur conservando la propria anima classica
L’album risulta così una versione più hard rock dei Primal Fear (l’aquila in copertina richiama non poco gli album del gruppo tedesco), o se preferite un compendio delle caratteristiche primarie di una manciata di gruppi storici, tra cui Saxon, Maiden e Judas Priest, potenziate da potenti dosi di power metal ed impreziosite a tratti da una vena hard rock.
Il risultato piace, Reach For The Sky si lascia ascoltare volentieri, la prestazione della vecchia volpe Sigiuchi al microfono è un concentrato di grinta e furore, con i brani che si stampano in testa al primo ascolto e le melodie che escono dalle corde della chitarra di Ida sono forgiate nel sacro fuoco dell’heavy metal.
Le migliori tracce aprono e chiudono il lavoro (Venoms Angel e December), nel mezzo una raccolta di brani da spararsi a volumi illegali per vendicarsi della vicina di casa e del suo amore per i talent show.

TRACKLIST
1.Venom’s Angel
2.Blow
3.Reach for the Sky
4.Don’t Need Mercy
5.Escape for the Crime
6.You Got My Mind
7.On the Edge of Sorrow
8.December

LINE-UP
Takamasa “Mad” Ohuchi – Drums
Toru Nishida – Bass
Akira Sugiuchi – Vocals
Shingo Ida – Guitars

A Sun Traverse – A Sun Traverse

Un’opera breve ma che fa presagire la prossima affermazione di una nuova realtà in grado di regalare emozioni agli estimatori del doom death melodico.

Guardando la formazione degli A Sun Traverse, band danese all’esordio con questo ep autointitolato, chi ama i Saturnus e ne conosce a menadito la storia avrà avuto senz’altro un sussulto: infatti, ad esclusione del vocalist Michael H. Andersen, tutti gli altri musicisti coinvolti nel progetto furono artefici dell’incisione di quel capolavoro intitolato Veronika DecidesTo Die (2006).

Quindi era lecito attendersi da questo gruppo un death doom melodico e dalle ampie aperture atmosferiche e così è, visto che in circa 25 minuti il sestetto di Copenhagen mette in scena quello che è naturalmente nelle loro corde.
Al netto dei due brani strumentali, è il caso di soffermarsi sulle altre tre tracce, tra le quali l’opener Still Shining ha un andamento più movimentato pur non lesinando le consuete malinconiche progressioni chitarristiche.
Molto più saturniana invece è Dance Darkness, Dance introdotta da The Meadow: qui si riconoscono alcune delle coordinate tipiche quali appunto il piano, che fa la sua apparizione sia nell’intro che in alcun parti del brano, sia il magnifico assolo di chitarra; anche The Autumn Of Fall si ammanta di magnifiche e dolenti melodie, spingendo maggiormente sul piano ritmico e trovando in qualche modo una sorta di trait d’union tra Saturnus e Swallow The Sun, complice anche lo screaming utilizzato talvolta dal bravo Andersen. Molto bella comunque anche la traccia finale, uno strumentale dai tratti davvero inquietanti, suggello di un’opera breve ma che fa presagire la prossima affermazione di una nuova realtà in grado di regalare emozioni agli estimatori del doom death melodico.

Tracklist:
1.Still Shining
2.The Meadow
3.Dance Darkness, Dance
4.The Autumn Of Fall
5.The Harvest

Line-up:
Lennart Jacobsen – bass
Nikolaj Borg – drums
Peter Erecius Poulsen – guitars
Tais Pedersen – guitars
Anders Ro Nielsen – keyboards
Michael H. Andersen – vocals

A SUN TRAVERSE – Facebook

Cynic – Uroboric Forms – The Complete Demo Recordings

Una compilation che aiuta, specialmente chi non conosce l’intera discografia del gruppo, a capire l’evoluzione di questa straordinaria band, che in seguito ha dato forse meno di quello che avrebbe potuto.

Paul Masvidal, Sean Reinert, Sean Malone e Jason Gobel sono entrati nella storia del metal per aver creato uno degli album che più hanno influenzato il corso della musica contemporanea, almeno se parliamo di metal estremo.

Era il 1993 quando il quartetto statunitense licenziò Focus, dopo aver dato alle stampe una serie di demo, ed il mondo metallico si inchinò al genio creativo e strumentale di questi viaggiatori dello spartito, non gli unici ai tempi a contaminare il death con altri generi (Atheist, Pestilence) ma mai il risultato fu così perfettamente bilanciato ed amalgamato, fondendo in un unico ed allora originalissimo sound death metal, fusion e progressive.
Focus si può considerare senza dubbio un album che ancora oggi crea figli legittimi, molto belli alcuni, nella norma altri, anche perché l’effetto sorpresa è svanito e le note progressive condite da sfumature fusion e jazz non sono più una novità.
Questa compilation vuole tributare il periodo antecedente l’uscita del primo album del gruppo, prima parte di una discografia che, come poi avremmo visto, regalerà solo due full length più qualche lavoro minore: qui sono racchiusi i demo incisi tra il 1988 ed il 1993, quando la band della Florida non aveva ancora sviluppato in toto il suo personalissimo sound, ed il death suonato ai tempi negli States era il signore e padrone del songwriting dei Cynic.
L’unico brano finito sul famoso esordio è quello che dà il titolo a questa raccolta, Uroboric Forms,  non a caso il più diretto e death della track list di Focus, mentre le altre tracce ci presentavano una band death metal devastante, dal sound veloce ed aggressivo, ma lontana dalle sontuose trame progressive che vedranno la luce più avanti, anche se più ci si avvicinava alla fatidica data d’uscita dell’album più la musica dei Cynic cominciava a cambiare sfumature (The Eagle Nature).
Una compilation che aiuta, specialmente chi non ne conosce l’intera discografia, a capire l’evoluzione di questa straordinaria band, che in seguito ha dato forse meno di quello che avrebbe potuto.
Uroboric Forms – The Complete Demo Recordings ha il valore di un documento storico che gli appassionati della musica estrema e dei Cynic non possono ignorare.

TRACKLIST
1.Uroboric Forms
2.The Eagle Nature
3.Pleading For Preservation
4.Lifeless Irony
5.Thinking Being
6.Cruel Gentility
7.Denaturalizing Leaders
8.Extremes
9.A Life Astray
10.Agitating Affliction
11.Once Misguided
12.Weak Reasoning
13.Dwellers Of The Threshold

LINE-UP
Jack Kelly – Vocals (lead)
Paul Masvidal – Guitars (lead)
Mark van Erp – Bass
Sean Reinert – Drums

Paul Masvidal – Guitars (lead), Vocals
Jason Gobel – Guitars (lead)
Mark van Erp – Bass –
Sean Reinert – Drums

Paul Masvidal – Guitars (lead), Vocals
Jason Gobel – Guitars (lead)
Tony Choy – Bass
Sean Reinert – Drums

CYNIC – Facebook

Ashenspire – Speak Not Of The Laudanum Quandary

Gli Ashenspire testimoniano nel migliore dei modi come il metal possa essere usato in maniera splendida e struggente per bilanciare narrazioni assai false.

L’Inghilterra ha sempre provato a tacere le proprie nefandezze e brutture, e dell’epoca vittoriana abbiamo un’immagine il più possibile romantica, mentre in realtà è stata un’epoca di progresso ma anche di un terribile tenore di vita per molti.

Prendiamo ad esempio Londra, che era una città divisa in due: nel West End la minoranza ricca, mentre nell’East End la massa di poveri e proletari, ammassati uno sull’altro, spesso costretti a pagare per vivere in luride case, vittime poi di inquinamento o di violenza. E qui tacciamo la vicenda di Jack Lo Squartatore, che ha anche avuto una valenza sociale non abbastanza indagata nella storiografia, perché ha fatto luce sulle condizioni di vita di una larga fetta di popolazione. Ora attraverso il metal gli scozzesi Ashenspire producono un sublime concept album sull’epoca vittoriana e più in particolare sul troppo taciuto imperialismo inglese. La maggior parte della popolazione mondiale quando si parla di imperialismo pensa agli Stati Uniti D’America, mentre i più grandi imperialisti della storia sono stati gli inglesi. Il loro impero si allungava sul mondo intero, e oltre ad esportare usi e costumi hanno anche regalato molta oppressione a tanti popoli. Gli Ashenspire con toni molto gotici e drammatici mettono l’accento anche sulla distruzione del popolo britannico attuata dai loto stessi governanti, perché attraverso l’imperialismo si provava anche a risolvere il problema dei poveri, sia mandandoli dall’altra parte del mondo sia facendoli morire in patria. Il gruppo di Glasgow concepisce un’opera fuori dal comune e bellissima, e sembra di essere a teatro mentre si ascolta Speak Not Of The Laudanum Quandary, un disco che va ben oltre la solita fruizione di musica popolare. I perfetti intarsi di piano e violino, la completa compenetrazione fra gli altri strumenti rende questo disco un autentico gioiello, con canzoni che diventano suite e ci trasportano nelle situazioni descritte. Il progetto è stato concepito da Alastair Dunn, batterista del gruppo, che militando nel gruppo black metal Enneract si era giustamente stufato del nazionalismo di bassa lega vigente nel black metal e si era dato l’obiettivo, completamente raggiunto con questo disco, di usare la musica per dare al pubblico una visione più oggettiva della storia, senza colorarla con falsi colori. Questo disco, che usa diversi toni del metal, dal prog al gothic, dal post all’heavy, tenendo fermo come modelli i misconosciuti Devil Doll, ha un tono drammatico notevolissimo, con passaggi immensamente belli, e anche momenti di musica ottocentesca rivista in chiave moderna. Speak Not Of The Laudanum Quandary è un disco che va in profondità in situazione ed argomenti poco piacevoli ma molto più reali della falsa visione che si vuole dare di un impero malvagio ed oscuro, impilato su sangue e ossa, ma anche composto da paura e miseria,e questo disco ce lo sbatte in faccia in una maniera elegantissima e bellissima. Gli Ashenspire testimoniano nel migliore dei modi come il metal possa essere usato in maniera splendida e struggente per bilanciare narrazioni assai false.

TRACKLIST
1.Restless Giants
2.The Wretched Mills
3.Mariners at Perdition’s Lighthouse
4.Grievous Bodily Harmonies
5.A Beggar’s Belief
6.Fever Sheds
7.Speak Not Of The Laudanum Quandary

LINE-UP
Alasdair Dunn – Drums, Sprechgesang
Fraser Gordon – Guitars
James Johnson – Violin, Percussion
Petri Simonen – Bass

ASHENSPIRE . Facebook

Artemisia – Rito Apotropaico

Un album molto bello ed intenso, un passo avanti importante per gli Artemisia ed uno dei migliori esempi di metal cantato in italiano degli ultimi tempi.

Tornano gli Artemisia con il quarto album della loro carriera, a conferma dello stato di grazia raggiunto dal precedente lavoro, Stati Alterati Di Coscienza, uscito tre anni fa ed applaudito da fans e addetti ai lavori.

La band della splendida interprete Anna Ballarin e del chitarrista Vito Flebus, ormai da dieci anni nella scena metal nazionale, propone il suo disco più oscuro e dark, potenziato da scariche metalliche classic doom ed una vena psichedelica che spunta tra i brani come ipnotici occhi di un serpente pronto a colpire.
Sempre valorizzato da testi d’autore, questa nuova quarta opera dal titolo Rito Apotropaico (termine riferito a oggetto, atto, animale o formula che allontana o annulla un’influenza maligna) porta con sé una voglia di cambiamento da parte del quartetto, che potenzia la vena sabbatica del proprio sound, lasciando le sfumature alternative dei precedenti lavori e proponendosi come band metal a tutti gli effetti.
Oscuro e potente dicevamo, proprio come un rito che deve allontanare le forze oscure, con una Ballarin espressiva e a tutti gli effetti sacerdotessa di questi trentacinque minuti di metal cantato in italiano.
Leggende, magia, l’aldilà ed il sempre aberrante lato oscuro dell’uomo sono i temi trattati in questi otto brani ,con l’opener Apotropaico che, senza indugi, ci invita al sabba creato dagli Artemisia e che continua ipnotico con Il Giardino Violato, traccia dedicata al tema scottante della pedofilia.
Stupenda Tavola Antica, con in evidenza il basso di Ivano Bello, mentre la tensione metallica rimane altissima, con la protagonista che tramite una tavola ouija cerca di evocare uno spirito guida.
Doom stoner di alta qualità nella rituale Iside e atmosfera che si rilassa con le ariose armonie acustiche di La Guida, prima che il gran finale venga assicurato dalle sfuriate metalliche del trittico La Preda, Regina Guerriera e Senza Scampo.
Un album molto bello ed intenso, un passo avanti importante per gli Artemisia ed uno dei migliori esempi di metal cantato in italiano degli ultimi tempi.

TRACKLIST
1.Apotropaico
2.Il giardino violato
3.Tavola antica
4.Iside
5.La guida
6.La preda
7.Regina guerriera
8.Senza scampo

LINE-UP
Anna Ballarin – Voce
Vito Flebus – Chitarra
Ivano Bello – Basso
Gabriele “Gus” Gustin – Batteria

ARTEMISIA – Facebook

Clouds Of Dementia – Seventh Seal

Black Sabbath, Pentagram e Candlemass, nè più ne meno il sound del gruppo è ispirato a queste icone del genere, perciò un ascolto è consigliato a chi ama le band citate ed i loro figli sparsi per il mondo musicale.

Nel doom di stampo classico non sono poche le buone realtà che ci arrivano da tutto il mondo, ed in questa sede vi presentiamo il quartetto transalpino dei Clouds Of Dementia, all’esordio autoprodotto e promosso dalla Solstice Promotions, con Seventh Seal, ep di cinque brani ricchi di atmosfere heavy/doom classiche.

Tempi medi, rallentamenti e riff di granitico heavy metal si scagliano su ritmiche e sfumature messianiche in orge temporali dove vengono chiamate in causa i migliori act della musica del destino.
Dagli anni settanta passando per i vari decenni, la scena del doom classico ha vissuto una vita parallela mentre piano piano passavano le mode, continuando a proporre  litanie e riti di questa magica variante della musica heavy: i Clouds Of Dementia tutto questo lo fanno assaporare agli amanti del genere, con brani forgiati nello spartito dei mostri sacri del genere, con tutti i tasselli al loro posto e forti di una manciata di brani che da Welcome, passando per la title track e la notevole My Friend, non ci fanno risparmiare i complimenti per Jujux (voce) e soci.
Black Sabbath, Pentagram e Candlemass, ne più ne meno il sound del gruppo è ispirato a queste icone del genere, perciò un ascolto è consigliato a chi ama le band citate ed i loro figli sparsi per il mondo musicale.

TRACKLIST
1.Welcome
2.All My Prayers
3.Seventh Seal
4.Love Song
5.My Friends

LINE-UP
Jujux – Vocals
Ben – Lead Guitar
Chérubin – Rhythm Guitar
Cécile – Bass
Azra – Drums

CLOUDS OF DEMENTIA – Facebook

Psychedelic Witchcraft – Magick Rites and Spells

Al di là del buon valore della musica contenuta, sfugge l’utilità di un’uscita retrospettiva per una band che all’attivo ha solo un Ep ed un full length.

Autori di due lavori già trattati all’epoca dal nostro Massimo Argo sulle pagine di In Your Eyes, i Psychedelic Witchcraft cercano di mantenere elevata l’attenzione nei loro confronti con l’uscita di questa raccolta che presenta, di fatto, la riedizione dell’intero Ep Black Magic Man (a sua volta già oggetto di una precedente riedizione), un brano inedito, due cover e due altre canzoni ri-registrate che erano già uscite come singolo.

In buona sostanza, i motivi di interesse reale non sono moltissimi, a meno che non si sia dei fan sfegatati della band, alla luce anche di una produzione ancora troppo scarna (oltre all’Ep, il full length The Vision del 2015) per condividere del tutto l’immissione di un simile prodotto su un mercato già abbastanza saturo.
Questo non perché la musica ivi contenuta non sia meritevole di attenzione, visto che il rock psichedelico dalle sfumature doom della band fiorentina è senz’altro avvincente, nonostante personalmente la voce di Virginia Monti non mi convinca sempre del tutto, specialmente nelle tracce iniziali. Non a caso, resta piuttosto marcata la differenza qualitativa tra la seconda metà della raccolta, ovvero quella corrispondente a Black Magic Man, e la prima composta, al netto delle cover, dall’inedito Come A Little Closer e dalle riproposizioni nella nuova veste di Wicked Dream e Set Me Free, nonostante la vena blues di quest’ultimo brano sia tutt’altro che disprezzabile.
La sensazione è che la Monti indulga troppo, in queste tracce, su toni alti che non le si addicono, al contrario di quanto avveniva in ottimi brani quali Angela, Lying On Iron, Black Magic Man e Slave Of Grief, dove l’interpretazione era talvolta più grintosa ma nel contempo maggiormente controllata.
Ma al di là di questo, che è un parere derivante da gusti personali che, come tali, possono essere del tutto opinabili, quella che non si riesce a rinvenire è la reale utilità di un’operazione che aggiunge davvero poco a quanto già si sapeva dei Psychedelic Witchcraft, una band che comunque prosegue meritoriamente la sua strada a ritroso rivolta verso un rock che sarà pure vintage ma non per questo meno affascinante.

Tracklist:
1. Come A Little Closer (exclusive to this release)
2. Godzilla (Blue Öyster Cult cover, exclusive to this release)
3. Set Me Free (Re-recording, exclusive to this release)
4. Wicked Dream (Re-recording, exclusive to this release)
5. The Dark Lord (originally performed by Sam Gopal with Lemmy)
6. Angela (taken from the Black Magic Man EP)
7. Lying On Iron (taken from the Black Magic Man EP)
8. Black Magic Man (taken from the Black Magic Man EP)
9. Slave Of Grief (taken from the Black Magic Man EP)

Line-up:
Virginia Monti – Singer
Riccardo Giuffrè – Bass
Jacopo Fallai – Guitar
Mirko Buia – Drums

PSYCHEDELIC WITCHCRAFT – >Facebook

Krokus – Big Rocks

Un album di sole cover lascia sempre qualche dubbio, ma se siete fans accaniti del gruppo o solo amanti delle compilation rock, l’album diverte, e probabilmente ha fatto divertire gli stessi Krokus nel registrarlo.

Anche per gli storici hard rockers svizzeri Krokus è arrivati il momento di licenziare un album di cover.

Certo è che da un gruppo attivo dalla metà degli anni settanta non si può certo parlare di un tributo ai grandi interpreti del rock, ma piuttosto un omaggio a dei colleghi, magari molti più famosi del gruppo di Marc Storace anche se vorrei ricordare che i Krokus rimangono la band più famosa proveniente dal suolo elvetico.
Big Rocks raccoglie tredici brani famosissimi per gli amanti del rock, più Backseat Rock’ n’ roll rifatta dal gruppo per l’occasione, un viaggio spazio temporale tra la storia della nostra musica preferita con la S maiuscola.
I nomi sono quelli di Led Zeppelin, Queen, The Who, Steppenwolf, Neil Young, Bob Dylan, The Rolling Stones e molti altri, con brani che non mancano di entusiasmare, altri dove le versioni originali ne escono vincitrici, ma in generale possiamo sicuramente affermare che l’operazione è riuscita.
D’altronde stiamo parlando di musicisti con un’esperienza che supera i quarant’anni nel mondo dell’hard rock, con uno Storace che non perde un colpo, con la sua voce cartavetrata, sanguigno come la sua band, che tanto ha dato all’hard rock, ma che non ha mai dimenticato suo padre il blues.
Un album da lasciare sull’auto a vita, adrenalinico il giusto per non addormentarsi nelle notti passate a correre sulle strade delle Highway To Hell europee, tra una Whole Lotta Love davvero riuscita, My Generation degli Who, quel piccolo capolavoro blues che risulta Summertime Blues di Eddie Cochran, il brano hard rock più coverizzato della storia nelle note di Born To Be Wild, inno biker dei Steppenwolf, e Jumpin’ Jack Flash scritta dalla premiata ditta Jagger/Richards.
In conclusione, Big Rocks non è affatto male, certo un album di sole cover lascia sempre qualche dubbio, ma se siete fans accaniti del gruppo o solo amanti delle compilation rock, l’album diverte, e probabilmente ha fatto divertire gli stessi Krokus nel registrarlo.
Niente di più, niente di meno, it’s only rock ‘n’roll.

TRACKLIST
1. N.I.B.(originally by Black Sabbath)
2. Tie Your Mother Down (originally by Queen)
3. My Generation (originally by The Who)
4. Wild Thing (originally by The Troggs)
5. The House Of The Rising Sun (originally by The Animals)
6. Rockin’ In The Free World (originally by Neil Young)
7. Gimme Some Lovin’(originally by Spencer Davis Group)
8. Whole Lotta Love (originally by Led Zeppelin)
9. Summertime Blues (originally by Eddie Cochran)
10. Born To Be Wild (originally by Steppenwolf)
11. Quinn The Eskimo (originally by Bob Dylan)
12. Jumpin’ Jack Flash (originally by The Rolling Stones)
13. Backseat Rock N’ Roll (KROKUS original recording 2017)

LINE-UP
Marc Storace – Lead Vocals
Chris von Rohr – Bass, Vocals
Fernando von Arb – Guitars,Vocals
Mark Kohler – Guitars
Mandy Meyer – Guitars
Flavio Mezzodi – Drums

KROKUS – Facebook

Midnight – Shox Of Violence

Questo disco di 25 canzoni è davvero divertente, regalerà molti bei momenti a chi apprezza lo speed metal più vicino al punk, perché non è per niente la solita raccolta di roba trita e ritrita.

I Midnight sono un gruppo speed punk metal di Cleveland, e dalla città dei Cavs fanno rumore dal 2003.

La loro produzione consiste di molti ep e di un disco su lunga distanza diventato un classico del metal punk underground, Satanic Royalty. Lo stile dei Midnight deriva dai Venom, dai classici metal dell’underground suonati sbronzi ai mille all’ora, con passione e sudore, riuscendo ad essere molto divertenti. In attesa di un nuovo disco la Hells Headbangers pubblica una raccolta di ep, Shox Of Violence, che non è la solita raccolta di ep giù usciti ed introvabili, poiché contiene quattro nuove canzoni che sono pubblicate in un 12” a parte, e nel resto troviamo i brani degli ep e molte cover davvero belle. Nei titoli coverizzati troviamo ovviamente due canzoni dei Venom che sono delle dichiarazioni di intenti e poi molti gruppi interessanti, come i Pagans, i The Spits e anche i Quiet Riot. Gli americani dimostrano di avere ampie vedute e di saper fare del gran metal, suonato con un incedere punk. Questo disco di 25 canzoni è davvero divertente, regalerà molti bei momenti a chi apprezza lo speed metal più vicino al punk, perché non è per niente la solita raccolta di roba trita e ritrita. Le canzoni più notevoli sono i quattro inediti che fanno attendere il nuovo disco con molta voglia. Velocità, alcool e satanismo.

TRACKLIST
1.Death Scream
2.Who Gives A Fuck
3.Ready For Destruction
4.Groin Gripper
5.Sadist Sodomystic Seducer
6.In League With Satan (Venom)
7.Too Loud For the Crowd (Venom)
8.The Witch
9.Breakout (Taipan)
10.Hels Fire (Mistreater)
11.TAP
12.When I Die (Pagans)
13.Unholy and Rotten (Live)
14….On the Wings of Satan (live)
15.Slick Black Cadillac (Quiet Riot)
16.Nuclear Bomb (The Spits)
17.Black Kar (The Spits)
18.Rat Face (The Spits)
19.Shitty World (The Spits)
20.Death Sentence (Crucifixion)
21.Wicked Women (Scarab)
22.Eyes of Satan (Pagans)
23.Watch Your Step (Girlschool)
24.Vomit Queens
25.Cross Held High

MIDNIGHT – Facebook

Errant Shadow – Errant Shadow

Prodotto in maniera impeccabile e suonato divinamente, Errant Shadow è un prodotto dal taglio internazionale cosi come lo sono i musicisti che ci hanno lavorato, creando momenti emozionanti e grande musica rock.

Altro bellissimo concept album tra progressive metal e gothic rock, questa volta creato dal musicista torinese Seren Rosso, aiutato da una manciata di ottimi musicisti come Nalle Påhlsson (Therion), Kevin Zwierzchaczewski (Lord Byron), Mattia Garimanno (Il Castello di Atlante), Emanuele Bodo (Madiem), Davide Cristofoli (Highlord) e Isa García Navas (ex-Therion).

Uno spiegamento di forze niente male per un’opera rock emozionante, licenziata dalla Ænima Recordings ed intitolata Errant Shadow.
La storia è un viaggio epico attraverso il tempo e lo spazio: in un mondo decadente post-moderno, due cavalieri erranti, un uomo e una donna, ripercorrono le tracce di episodi cruciali, fino alle origini dell’uomo e lungo questo avventuroso viaggio si innamorano l’uno dell’altra.
La band prende il nome dal titolo dell’opera e gli Errant Shadow, sotto la guida di Seren Rosso e del produttore, nonché patron della label, Mattia Garimanno, danno vita a questo straordinario viaggio all’insegna del prog metal elegante e raffinato, così come d’autore si sviluppano le trame dark gotiche.
Forse con troppa fretta l’opera è stata presentata dai protagonisti come una sorta di alleanza prog/gothic tra Dream Theater, Opeth e Nightwish perché, a ben sentire, qui si va oltre e l’album a mio parere trova la sua ideale collocazione tra il progressive elegante di Ayreon e quello finemente gotico dei primi Nightingale del genio svedese Dan Swano; insomma, un’accoppiata che sicuramente non svilisce i paragoni fatti nelle presentazioni anzi, valorizza l’album come opera di culto ed aggiunge arte su arte con spunti dark rock riconducibili agli ultimi Tiamat.
Prodotto in maniera impeccabile e suonato divinamente, Errant Shadow è un prodotto dal taglio internazionale cosi come lo sono i musicisti che ci hanno lavorato, creando momenti emozionanti e grande musica rock.
Un plauso ai due vocalist in grado, con le loro voci, di creare sfumature malinconiche e dark rock su un tappeto di musica totale che raccoglie in un unico sound progressive, metal e rock, sotto la bandiera delle emozioni: un turbinio di note ed atmosfere incredibilmente intense e che hanno la loro massima espressione nelle due tracce che concludono l’album, To The Cygnets Committee e Just In Heaven, ma ricordo che Errant Shadow va assolutamente ascoltato in tutta la sua durata, per godere al meglio della musica di cui è composto.
Un lavoro bellissimo, che non mancherà di sorprendere ed affascinare gli amanti dei suoni progressivi e delle melodie di stampo dark rock.

TRACKLIST
01. The Captain
02. The Dark Room
03. In a Cave
04. From the Abyss of My Heart
05. Such a Lot
06. Hiroshima
07. Crows in the Air
08. Broken Dreams
09. To the Cygnets Committee
10. Just in Heaven
11. To the Cygnets Committee (Bonus Track)

LINE-UP
Seren Rosso – Guitars
Kevin Zwierzchaczewsk – Vocals
Isa Garcia Navas – Vocals
Nalle Pahlsonn – Bass
Mattia Garimanno – Drums
Emanuele Bodo – Guitars
davide Cristofoli – Keyboards

ERRANT SHADOW – Facebook

Aggression – Fragmented Spirit Devils

Il concept riguardante il mondo ecclesiastico e le sue contraddizioni, non originale ma sempre fonte di forti denunce da parte del mondo metallico, è il perfetto accompagnamento alla musica del gruppo canadese.

Eccoci al cospetto di una band storica del panorama metallico internazionale e del loro paese d’origine (il Canada) a livello underground, i thrashers Aggression.

Nato addirittura a metà degli anni ottanta, il gruppo formato da vecchi lupi della scena metal d’oltreoceano ha avuto nel corso degli anni una serie di stop che li ha portati fino a quest’ultimo lavoro, avendo firmato solo due full length, The Full Treatment nel 1987 e Forgotten Skeleton nel 2004, dunque mancavano da una dozzina d’anni dal mercato, escludendo ovviamente la compilation uscita lo scorso anno (Fractured Psyche Demons).
La firma con Xtreem, che ne cura la distribuzione, ed una ritrovata ispirazione porta a Fragmented Spirit Devils, nuovo devastante lavoro che poggia la sua natura estrema su un thrash metal con non poche infiltrazioni death, per un risultato sicuramente improntato all’impatto senza soluzione di continuità.
Death/thrash tradizionale, con gli Slayer a fare da padrini e la scena americana dai richiami old school ad applaudire questi attempati mestieranti del genere, che con l’esperienza accumulata in anni di metal estremo sul groppone confezionano un album senza picchi ma pure senza cadute di tono, sempre con la massima tensione e attenti a non far scendere l’attenzione di chi si avvicina a Fragmented Spirit Devils.
Voce sempre in bilico tra il growl di stampo death ed il classico tono aggressivo del thrash più violento, velocità tenuta su buoni ritmi ed interessanti viaggi sui manici delle sei corde, sono le virtù del classico album per i fans del genere, con esplosioni metalliche che danneggiano i padiglioni auricolari in brani come Chapel Of Horrors,
Furnace Creek e Strangulation Ejaculation.
Il concept riguardante il mondo ecclesiastico e le sue contraddizioni, non originale ma sempre fonte di forti denunce da parte del mondo metallico, è il perfetto accompagnamento alla musica del gruppo canadese.

TRACKLIST
1.At Play in the Fields of Satan
2.Chapel of Horrors
3.Unleashing the Ghost
4.Insanity Without Indulgence
5.Halo of Maggots
6.Furnace Creek
7.Dark Shadow Crossing
8.Strangulation Ejaculation
9.Evil Pox 2016
10.Razamanaz (Nazareth cover)

LINE-UP
Denis “Sasquatch” Barthe – Guitars
Ryan Murray Idris – Drums
Dave Watson – Guitars
Brian Langley – Vocals
Martin Meyer – Bass

AGGRESSION – Facebook

Dread Sovereign – For Doom The Bell Tolls

Un ep convincente, a conferma del fatto che i Dread Sovereign non sono solo un diversivo per Alan Averill.

A quasi tre anni dall’ottimo All Hell’ Martyrs ritroviamo i Dread Sovereign, quella che pare essere diventata l’attuale priorità musicale di Alan Averill alias Nemtheanga, visto il prolungarsi del silenzio discografico dei Primordial.

For Doom The Bell Tolls esce in formato 12 pollici e di fatto consta di tre brani veri e propri, più due strumentali e la cover di Live Like An Angel, Die Like A Devil dei Venom.
Il contenuto del lavoro, per quanto possa avere un carattere estemporaneo vista la sua relativa brevità, parrebbe propendere verso forme di heavy doom più in linea con la tradizione, per quanto reso sempre inquieto dal timbro vocale non comune di Averill, senza farsi mancare accelerazioni che nel precedente full length non venivano esibite in maniera così convinta.
Ritengo però che, come spesso accade negli Ep, vi sia un brano portante con tutti gli altri che gli fanno da corollario, è non c’è dubbio che questo corrisponda a Twelve Bells Toll In Salem, lungo episodio che a mio avviso rappresenta al meglio la vera natura dei Dread Sovereign, con il suo pesante carico psichedelico che si fa spazio nella seconda parte rispetto ad una prima metà in cui, invece, spadroneggia la solita debordante interpretazione di Nemtheanga su un magnifico tappeto doom.
Sarebbe facile liquidare i Dread Sovereign come una sorta di versione a 16 giri dei Primordial, alla luce anche della presenza del drummer Sol Dubh che, con il vocalist, compone la rocciosa base ritmica: in realtà le cose non stanno così perché, come già ampiamente dimostrato in All Hell’s Martyrs, Bones si dimostra ancora una volta chitarrista versatile e capace di spostare il sound della band su piani stilistici differenti, passando dai toni classici del genere a sfumature gothic, che in questo caso si manifestano maggiormente in una traccia a tratti dai sentori nefiliani come The Spines Of Saturn.
Per il resto, buona anche This World Is Doomed, specie nella sua seconda parte, quando è il doom psichedelico a prendere la scena rispetto ad una più movimentata fase iniziale, mentre la cover dei Venom è il classico elemento che nulla aggiunge e nulla toglie al valore di un lavoro che offre almeno una mezzora di musica convincente, a conferma, soprattutto, del fatto che i Dread Sovereign non sono solo un diversivo per Alan Averill, il che fa presagire buone nuove anche per il futuro.

Tracklist:
1. For Doom The Bell Tolls
2. Twelve Bells Toll In Salem
3. This World Is Doomed
4. Draped In Sepulchral Fog
5. The Spines Of Saturn
6. Live Like An Angel, Die Like A Devil (Venom Cover)

Line-up:
Nemtheanga – vocals, bass
Dubh Sol – drums
Bones – guitar

DREAD SOVEREIGN – Facebook

Snake Bite Whisky – Dirty

Rock ‘n’ roll metallizzato, irriverente e senza compromessi, sex drugs & rock ‘n’ roll con annessi e connessi, completamente devoto al sound americano con i suoi difetti e le sue mille virtù.

Gli Snake Bite Whisky sono una delle più promettenti sleazy street bands australiane.

Attivi dal 2014 hanno dato alle stampe un singolo ed un ep, Two Steps To Oblivion, accolto molto bene negli States, tanto che il gruppo ci ha passato mesi a suonare in lungo e in largo. Tornano con Dirty, altro ep composto da cinque brani di hard rock ‘n’ roll, come lo si suonava nella città degli angeli negli anni ottanta.
Dunque rock’n’roll metallizzato, irriverente e senza compromessi, sex drugs & rock’n’roll con annessi e connessi, completamente devoto al sound americano con i suoi difetti e le sue mille virtù.
La biografia che accompagna l’opera parla di Guns’n’Roses e Motorhead, ma se per i primi se ne può parlare Lemmy lasciamolo dov’è, qui si fa rock emulando gruppi nati aldilà dell’oceano, perciò tra i solchi delle indiavolate Comes Around, Dirty Mouth e Shoot You Down troverete neanche troppo velati riferimenti a Motley Crue, Faster Pussycat, L.A Guns e teppaglie varie che dettavano legge sul Sunset Boulevard trent’anni fa.
Niente male, l’attitudine c’è ma il senso di copia incolla in certi frangenti supera la semplice ispirazione; in Italia ultimamente sappiamo fare sicuramente di meglio e come ho scritto molte volte la nostra scena pullula di realtà con molto più talento e personalità. Insomma qui c’è da lavorare ancora un po’.

TRACKLIST
1.Comes Around
2.Dirty Mouth
3.Let’s Fuck
4.Lost saints
5.Shoot You Down

LINE-UP
Jay R – Vocals
David Arens – Guitars
Stacii Blake – Bass
Nick Dysart – Drums

SNAKE BITE WHISKY – Facebook

Evil Reality – Winners And Losers

Gli Evil Reality producono un disco molto bello ed interessante, originale e con una grande anima gotica, anche se non disdegnano e possiedono molta sapienza pop.

Ep d’esordio per questo gruppo milanese di metal sperimentale e felicemente spiazzante.

Ascoltando l’ep si finisce infatti in diversi generi, quali il gothic, l’industrial più melodico e il groove metal. La melodia è molto forte e strutturata, e la bella voce femminile di Sorrow rende moltissimo. Le canzoni sono tutte ben costruite e le parti aggressive e più dolci sono ben bilanciate. L’influenza dei Rammstein in alcuni momenti è molto forte, ma l’originalità del gruppo non è ma in discussione. Winners And Losers è anche un disco orecchiabile e radiofonico, coniugando bene la ricerca musicale con una giusta accessibilità per tutti o quasi. Stupisce la maturità del gruppo, questa conoscenza del percorso da intraprendere e anche la capacità di essere duri e dolci anche nella stessa canzone, senza essere schizofrenici. Il metal di Winners And Losers è sicuramente un metal altro, moderno ma anche molto gotico nel gusto. Il concept dell’ep sono le emozioni che viviamo in questa vita, suddivisi tra vincenti e perdenti. Gli Evil Reality producono un disco molto bello ed interessante, originale e con una grande anima gotica, anche se non disdegnano e possiedono molta sapienza pop. Insomma un bel sentire, ed è solo l’inizio.

TRACKLIST
1- Will to Power
2- Frail
3- Excluded
4- Bittersweet Lullaby
5- Losers’ Kingdom

LINE-UP
Sorrow – voice
Envy – guitar and 2nd voice
Shame – bass guitar
Shy – keyboards
Aloof – drums

https://www.facebook.com/Evil-Reality-235272533479256/

Parris Hyde – Mors Tua Vita Mea

L’esordio sulla lunga distanza dei Parris Hyde è un lavoro riuscito, consigliato agli amanti dell’heavy metal classico.

Mors Tua Vita Mea è l’esordio di questa heavy metal band italiana che porta il nome del suo leader, Parris Hyde, compositore e musicista da trent’anni nella scena nazionale, prima con i thrashers Bonecrusher poi con gli hard rockers Waywarson.

Nel 2013 il musicista milanese decide di formare una band tutta sua con l’ aiuto di Roby Kant Cantafio, chitarra, Max Dean, basso, Karl Teskio, batteria e dopo un primo ep di rodaggio arriva finalmente l’esordio sulla lunga distanza.
Mors Tua Vita Mea si sviluppa su tredici brani che spaziano tra l’horror metal di scuola King Diamond – Lizzy Borden e lo speed thrash, toccando lidi hard rock, insomma tutte le influenze di Hyde si sono congiunte per dar vita ad un buon esempio di heavy metal che, al sottoscritto, ha ricordato in particolare le ultime prove di Lizzy Borden (Deal With The Devil / Appointment With Death) con qualche sconfinamento nell’horror metal classico di King Diamond e, rimanendo sul nostro territorio, un pizzico di Death SS, immancabili quando si parla di un certo tipo di metal.
Il bello di questo lavoro che la varietà del songwriting risulta un toccasana in fatto di ascolto, evidenziando una personalità che un musicista da oltre trent’anni sulla scena non può non possedere, emergendo soprattutto nei brani hard rock oriented come la bellissima Digital Dream Land o in Life On The Line, scelta come singolo.
Suonato molto bene ed attraversato da una vena melodica di stampo gotico in alcuni tratti molto suggestiva, con l’uso dell’ organo a riempire di atmosfere horror molti dei brani, Mors Tua Vita Mea si conclude con tre bonus track: la versione per organo e voce del brano I Killed My Wife with a Knife, la simpatica cover metal del brano natalizio Jingle Bells e la cover di Fear Of The Dark degli Iron Maiden, tracce che nulla aggiungono e nulla tolgono all’impressione di essere al cospetto di un lavoro riuscito, consigliato agli amanti dell’heavy metal classico e dei gruppi citati.

TRACKLIST
1. Mors Tua Vita Mea
2. 2ND2NO1
3. I Killed My Wife with a Knife
4. I Love Shopping (with Your Money)
5. Life on the Line
6. Digital Dream Land
7. Far Away
8. Alone
9. The Third Millennium Disillusion
10. Border of Mexico
11. I Killed My Wife with a Knife (Gothic Version) (Bonus track)
12. Metal Bells (Bonus Track)
13. Fear of the Dark (Remix) (Bonus Track)

LINE-UP
Parris Hyde – Vocals, Guitars, Keyboards
Roby Kant Cantafio – Guitars
Max Dean – Bass
Karl Teskio – Drums

PARRIS HYDE – Facebook

Impalers – Styx Demon: The Master of Death

Un quarto d’ora circa ma che vale come un full length, tanta è la qualità che, nel genere possono mettere sul piatto gli Impalers.

Questa giovane band danese attiva da una decina d’anni ha già una discreta discografia che comprende, oltre ai due full length Power Behind the Throne del 2013 e God from the Machine, uscito nel 2015, una manciata di lavori minori tra cui si va ad aggiungere questo ottimo ep di quattro tracce intitolato Styx Demons: The Master Of Death.

Quattro brani, quattro pugni in pieno volto, trascinanti e devastanti, thrash metal old school di matrice teutonica, due brani inediti più la cover (con video) di Death Comes Ripping dei Misfits e quella clamorosa di Prowler, brano che apriva il primo storico album degli Irom Maiden.
Un passo dunque nella new wave of british heavy metal da parte del quartetto danese, non prima di averci trascinato nel più puro suono tedesco speed/thrash anni ottanta, schizzato e veloce, con la sacra triade (Sodom, Kreator, Destruction) a benedire il sound degli Impalers, davvero bravi nel saper tornare agli anni d’oro del genere mantenendo i piedi ben saldi in questo millennio con una produzione all’altezza e suoni cristallini.
Un quarto d’ora circa ma che vale come un full length, tanta è la qualità che, nel genere, possono mettere sul piatto i musicisti danesi, mentre le prime note di Prowler aprono lo Stargate metallico e ci si ritrova a sbattere il capo con più di una lacrima che scende dal viso rugoso di chi ha troppo primavere sulle spalle.
Una band che per gli amanti del genere è un’autentica benedizione.

TRACKLIST
1.Megalodon
2.Styx Demon
3.Death Comes Ripping
4.Prowler

LINE-UP
Søren Crawack – Rhythm Guitar & Vocals
Kenneth Frandsen – Bass Guitar
Rasmus Kjær – Drums
Thomas Carnell – Lead Guitar

IMPALERS – Facebook

Faces Of The Bog – Ego Death

Ego Death scorre via intenso e soprattutto vario, ciò che, alla fine, si manifesta come il suo vero punto di forza assieme ad una scrittura che si tiene a costante distanza di sicurezza da soluzioni cervellotiche.

I Faces Of The Bog provengono da Chicago ed offrono, con questo loro esordio intitolato Ego Death, uno sludge doom dai tratti piuttosto orecchiabili, almeno se raffrontati alle uscite più frequenti nel genere.

Infatti, il quartetto immette nel proprio sound una buona dose di psichedelia e, inoltre, a tratti pare di ascoltare una sorta di grunge dai toni molto più minacciosi (Slow Burn) conferiti dalle chitarre ultra ribassate e da una voce aspra.
Tutto questo consente ai Faces Of The Bog di differenziarsi sufficientemente dai canoni del genere, proprio in virtù di un indole progressiva che porta l’album su piani differenti, e in tal senso risultano emblematiche le ultime due tracce: The Weaver, che dopo una sua prima metà tooliana fino al midollo si apre in un più tradizionale e coinvolgente doom, e Blue Lotus, lungo viaggio psichedelico in cui sono nuovamente le chitarre, come sul brano precedente, a condurre le danze nella part conclusiva.
In effetti lo sludge, nel complesso del lavoro, rappresenta più una solida base su cui edificare il sound che non la sua vera essenza, ma non bisogna neppure pensare che Ego Death risulti poco profondo od ancor peggio leggero: la differenza qui la fa la capacità dei ragazzi dell’Illinois nello scovare sempre e comunque degli efficaci sbocchi melodici anche quando i brani paiono avviati ineluttabilmente avvolgersi su stessi.
Se l’obiettivo dei Faces Of The Bog era quello di comporre un album brillante e non troppo ostico all’ascolto, pur senza rinunciare ad andarci giù pesante, direi che ci sono riusciti in pieno: dal magnifico strumentale d’apertura Precipice alla già citata chiusura affidata a Blue Lotus, Ego Death scorre via intenso e soprattutto vario, ciò che, alla fine, si manifesta come il suo vero punto di forza assieme ad una scrittura che si tiene a costante distanza di sicurezza da soluzioni cervellotiche.
Un primo passo decisamente brillante.

Tracklist:
1.Precipice
2.Drifter in the Abyss
3.Slow Burn
4.The Serpent & The Dagger
5.Ego Death
6.The Weaver
7.Blue Lotus

Line-up:
Paul Bradfield – Bass
DannyGarcia – Drums/Percussion
Mark Stephen Gizewski – Guitars/Vocals
Trey Wedgeworth – Guitars/Vocals

Additional Credits:
Sanford Parker – Synth/FX

FACES OF THE BOG – Facebook

The Downspiral To Hell – Unusual Methods to Dismember the Spiritual Halo

Metal estremo sperimentale con diverse buone idee (le parti brutal) e un impatto sufficiente per non passare inosservato.

I The Downspiral To Hell sono il progetto di due musicisti della scena estrema spagnola, José Luis Miranda Morales e Antonio Miranda, insieme pure nei Lagrimas Negras e nei Violet Moon Shining.

Di base a Saragozza, i due sono attivi con questo monicker da una dozzina d’anni e alle loro spalle hanno già due full length, Thorn uscito nel 2005 e The Advent of Neurosis licenziato nel 2008; tornano così dopo otto anni sotto le spoglie di questa creatura estrema che, partendo da una base black, esplora diverse anime del metal più brutale, con una neanche troppo celata vena progressiva che valorizza non poco il sound.
Le voci alternano screams maligni in puro stile black a profondi e gutturali growl, per poi lasciare il sound in mano a delicate voci pulite.
Il sound mescola nel torbido calderone del metal estremo, passando da sfuriate black che ricordano i Satyricon di Nemesis Divina, a devastanti parti death brutal, poi d’incanto la musica si trasforma e le parti atmosferiche dai rimandi progressivi prendono il sopravvento.
Non è facile riuscire in poco più di mezzora ad amalgamare in modo sagace i vari deliri metallici di cui si compone la musica del duo, ma senza far gridare al miracolo il tutto funziona discretamente, anche se una produzione leggermente piatta fa perdere qualche punto al lavoro; metal estremo sperimentale, dunque, con diverse buone idee (le parti brutal) e un impatto sufficiente per non passare inosservato.
Potrei parlarvi degli Arcturus in versione death brutal o dei Cannibal Corpse con mire avanguardiste, preferisco lasciarvi alla musica del gruppo consigliandovi di avvicinarvi senza paraocchi e con una buona dose di pazienza: quando il sound di Unusual Methods to Dismember the Spiritual Halo si farà spazio in voi potrà lasciarvi buone sensazioni.

TRACKLIST
1.Creatures and Threat
2.Snake Eyes in Euphoria
3.The Ochre Sky
4.The Old Script
5.Within the Oppression
6.The Canvas of Confusion
7.My Desolation
8.Thoughts Through Ethic
9.Icy Winds of Fire
10.Outside Emptiness
11.Not Alone
12.Rapture in Grey
13.Burning Winds of Ice

LINE-UP
José Luis Miranda Morales – Guitars, Vocals
Antonio Miranda – Keyboards, Vocals

THE DOWNSPIRAL TO HELL – Facebook

Warlord Uk – Maximum Carnage

Maximum Carnage è semplicemente uno dei migliori dischi di death metal inglese e non solo della storia.

Maximum Carnage è semplicemente uno dei migliori dischi di death metal inglese e non solo della storia.

Questa è la nuova ristampa a cura della Xtreem Music, in occasione del ventesimo compleanno di questo demone, con due ottimi brani dal vivo che danno l’idea di quale macchina di guerra fossero questi inglesi. Provenienti dalla fertile Birmingham i Warlord Uk nel 1996 hanno dato alle stampe questo autentico capolavoro del death metal underground. Certamente la metà degli anni novanta era un periodo molto prolifico per il death metal, ma qui dentro troverete l’essenza del genere, il connubio con il thrash e l’hardcore. Il passo dei Warlord Uk è quello dei fuoriclasse, e ascoltandolo rimasterizzato il disco è ancora più cattivo e compatto. Questo suono è immediatamente riconoscibile fra mille gruppi, con questo incedere fatto di mille stop and go, di flussi metallici inarrestabili e cronache di laghi di sangue ed ossa spezzate. Forse questo gruppo è arrivato quando il momento d’oro del death metal, specialmente di quello britannico, stava finendo, ma ora avete l’occasione per farvi l’idea di quanto sia bello e granitico. A giustificazione di quanto sopra, i loro concerti sono quasi sempre sold out ancora oggi, perché la band dopo vari scioglimenti e problemi è ancora in sella, ed è cattiva quanto il suo suono. Maximum Carnage sono due parole che descrivono alla perfezione questo disco fondamentale, che non può mancare nella collezione di ogni estimatore del death metal, ma anche in quella del metallaro. Dopo più di venti anni il massacro continua.

TRACKLIST
1. Maximum Carnage
2. Disintegration
3. Nowhere To Run
4. Change
5. Alien Dictator
6. Vivisection
7. Theatre of Destruction
8. Race War
9. Maximum Carnage (Live)
10. The Fucking System (Live)

LINE-UP
Mark White Bass & Vocals
Gaz Thomas Guitars
Mick Robbins Guitara
James Murphy Drums

WARLORD UK – Facebook

Fabiano Andreacchio And The Atomic Factory – Bass Guitar Hero

Fabiano Andreacchio si dimostra musicista dalla grande tecnica: aspettiamo ora un nuovo lavoro di inediti di questo suo progetto a suo modo originale e da seguire senza remore.

Torna, a pochi mesi di distanza dall’ottimo Living Dead Groove, Fabiano Andreacchio, attuale bassista dei Gory Blister e leader dei The Atomic Factory, band con cui ha registrato il lavoro precedente.

Bass Guitar Hero è una compilation di brani più datati a cui Fabiano Andreacchio And The Atomic Factory hanno dato una veste più attuale e conforme al sound del gruppo.
Invero, rispetto ai brani di Living Dead Groove, questa raccolta sottolinea in modo più marcato la tecnica individuale del bassista lombardo, davvero un eroe del basso, stupefacente nel disegnare arabeschi di intricate ritmiche metal progressive.
Le tracce si sviluppano quindi sul basso di Andreacchio, abbandonando la forma canzone più marcata nel disco uscito qualche mese fa e indirizzandosi maggiormente verso la tecnica strumentale.
Un album per musicisti e per chi apprezza le opere strumentali, con pochi punti di riferimento stilistici come ormai ci ha abituato il bassista e con qualche chicca che non manca di valorizzare l’album, come la bellissima e progressiva One Step Closer To Heaven e la cover di Transylvanya degli Iron Maiden.
Fabiano Andreacchio si dimostra musicista dalla grande tecnica: aspettiamo ora un nuovo lavoro di inediti di questo suo progetto a suo modo originale e da seguire senza remore.

TRACKLIST
1.HeartQuake
2.Hell Is Now NGA
3.Unforgivable (acoustic)
4.Sexonia NGA
5.One Step Closer To Heaven
6.Curious (acoustic)
7.Strange KInd NGA
8.The Gentle Hand 8acoustic)
9.Transylvanya NGA
10.Ascent (dub mix)

LINE-UP
Fabiano Andreacchio – Bass and Vocals
Mikahel Shen Raiden – Guitar and Backing Vocals
Nicola De Micheli – Drums

FABIANO ANDREACCHIO – Facebook