TENEBRAE

Black Tears label è orgogliosa di annunciare di aver raggiunto un accordo con i genovesi Tenebrae per la realizzazione dell’album “My Next Dawn”.

Black Tears label è orgogliosa di annunciare di aver raggiunto un accordo con i TENEBRAE, atmospheric metal band di Genova, per realizzazione dell’album “My Next Dawn” in formato CD. Uscita prevista dicembre 2016. In attesa del full lenght, il primo singolo “The fallen ones” è già disponibile. A breve altre news e dettagli! Stay tuned!

Primo estratto da My Next Dawn, terzo disco dei Tenebrae!!! Musica by Tenebrae Testi e storia Antonella Bruzzone Registrato e mixato da Rossano Villa

PLATEAU SIGMA

Intervista ai liguri Plateau Sigma, una delle migliori espressioni odierne del doom metal italiano.

Intervista ai liguri Plateau Sigma, una delle migliori espressioni odierne del doom metal italiano. Ha risposto alle nostre domande il bassista Maurizio Avena.

iye Cominciamo dalla fine: qualche settimana fa ci siamo visti in occasione del vostro concerto al Pinelli ed io, per assurdo, sembravo più incazzato di voi per la carenza di pubblico. Non essendo un musicista, mi sono sempre chiesto cosa si prova a suonare per pochi intimi, specialmente quando si ha consapevolezza del valore della propria proposta, certificata per di più da pareri unanimemente positivi. In questo casi cosa passa per la testa a chi sta sul palco ?

Beh, direi che alla fine ci si fa l’abitudine, peccato per la serata perché era organizzata bene, comunque la Liguria in generale è “ahimè” da scartare per la scena live, vuoi per lo scarso interesse a generi più estremi e vuoi anche al nullo legame che collega le band “Metal” liguri (e italiane).
Comunque non è la prima volta che succede, ovvio che magari rimani un po’ imbarazzato a suonare davanti a pochi eletti, qualcuno si scoccia pure, però si tira avanti perché sai che vale la pena fare un bel live anche davanti a “quattro gatti”.

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iye Mi riallaccio alla domanda precedente chiedendovi, in base alle esperienze maturate in questi anni, se la relativa ricettività del pubblico è un problema circoscritto alla “tipica accoglienza ligure”, oppure se anche altrove la risposta è più meno la stessa.

No beh ahaha! La “tipica accoglienza ligure” è un mito che a volte espatria dalla regione.
Parlerei però di “pigrizia musicale” e di altre robe per cui potrei esser tacciato per “Trve”.
Le date coi Novembre sono state contraddistinte da un pubblico caldissimo, soprattutto a Bologna dove abbiamo trovato un riscontro che ci ha lasciati spiazzati in positivo, e poi a Pescara all’Orange e in altre realtà!
Ci sono ancora vari barlumi di speranza!

iye Indubbiamente, suonare un genere complesso e sicuramente non “divertente”, nell’accezione più banale del termine, fa il resto, specie in una nazione dove la cultura musicale sembra essere ormai uno sbiadito ricordo. Ecco, quando e come nasce, in voi, la passione per il doom ?

Il doom ci ha sempre accompagnati, diciamo che nasce grazie al filo conduttore dei Katatonia/Paradise Lost per arrivare al funeral doom degli Ahab/Evoken.
Certo non possiamo dimenticare il doom più classico (Black Sabbath/Saint Vitus), alcuni di noi si sono avventurati poi in generi diversi tralasciando un po’ il filone centrale e conduttore.
Comunque è indiscutibile che il doom in ogni sua forma sia il sottogenere più variopinto ed espressivo.

iye La genesi dei Plateau Sigma risale all’inizio del decennio e da allora ne sono scaturite tre opere (un ep e due album su lunga distanza) segnate da un continuo crescendo artistico e compositivo. Come ho già sostenuto in altre sedi, la vostra collocazione all’interno di un genere non è poi così definita oggi, anche se le sonorità pesanti e sovente rallentate riconducono per forza di cose al doom. Un percorso evolutivo di questo tipo avviene sempre in maniera naturale o è in qualche modo condizionato dalla “musica che gira intorno” ?

Direi che la “musica che gira intorno” condiziona eccome le nostre sonorità e penso sia un bene. Come collocazione ci sentiamo “doom e qualcosa”, ma alla fine le etichettature sono molto soggettive, o forse no?

iye Anche se non siete attivi da moltissimi anni, non si può fare a meno di notare che la vostra line-up fino ad oggi è rimasta immutata: siete davvero così affiatati oppure ogni tanto capita anche a voi di mandarvi reciprocamente al diavolo ? E come vi suddividete i ruoli a livello compositivo ed organizzativo

La line-up rimarrà questa finché gli dei ci propizieranno, ahahah.
A parte gli scherzi direi che si è creato un forte legame e ognuno di noi ha dei ruoli chiave in tutto.
Chi si getta più sulla composizione (in primis Manuel che è il nostro motore compositivo principale) e chi nell’organizzare live, suoni, merchandising e a propagare il nostro verbo sul web (e non).
Ogni tanto ci si manda al diavolo ma con quell’amore fraterno da sorrisi e schiaffoni!

iye E’ sicuramente intrigante lo scambio di ruoli, sia alla voce che allo strumento, che vede protagonisti Francesco e Manuel. E’ un’intesa che è sgorgata in maniera naturale oppure ha avuto bisogno di diversi aggiustamenti nel tempo?

Nacque durante delle prove, serviva una voce “sporca” e Manuel non riusciva a interpretare entrambi i ruoli vocali: Francesco allora provò a cimentarsi da zero e da lì nacque il suo soprannome “Holy Growl” perché difatti fu una manna dal cielo.

iye Non siete i soli, tra le band italiane, ad essere affascinati dalla mitologia e dalla cultura latina; nel vostro caso il connubio tra il genere musicale ed i testi è piuttosto inusuale, visto che di solito certe tematiche sono più frequenti nella band che suonano black o epic/folk metal. Da dove nasce questa vostra passione ?

La storia sempre ha legato il nostro interesse, soprattutto per me e Manuel.
Da qui nasce la voglia di tramandare le gesta e la cultura della nostra storia. I testi sono comunque sognanti e ritualistici e metafisici, non saranno mai diretti come quelli dei sopracitati generi.

iye Si può parlare dell’esistenza di una scena doom, a livello nazionale, oppure tra le varie band i rapporti sono occasionali e legati solo alle occasioni live ?

Esiste eccome una scena doom a livello nazionale, i rapporti sono occasionali e non molto scontati: come sempre alcune band tengono a tirare il naso all’insù o forse a ignorare la presenza di altre realtà.

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iye In questi anni di intensa attività avete avuto l’occasione di dividere il palco con band di riconosciuta levatura (ultimi in ordine di tempo i redivivi Novembre): qual è stato il concerto che vi ha dato le maggiori soddisfazioni e chi, tra i vostri occasionali compagni di avventura, vi ha più impressionato per qualità artistiche ed umane ?

Sicuramente uno dei concerti più belli è stato quello di Bologna coi nostri amici Novembre!! Un riscontro così caloroso e un pubblico fomentato ci hanno ripagati della strada, sono nate anche varie amicizie, è stata una bellissima esperienza. Come compagni di avventure non possiamo dimenticare i nostri amici (EchO) con cui abbiamo stretto legami che vanno anche al di fuori della musica.

iye L’approdo alla Avantgarde Music per una band costituisce una sorta di imprimatur qualitativo: per un musicista quanto è importante avere alle spalle un’etichetta strutturata ad un livello più professionale ?

E’ estremamente importante, è una sicurezza, con Roberto abbiamo un ottimo rapporto e abbiamo trovato una grande professionalità.

iye In assoluto, nel panorama musicale mondiale, quale è stata la band emersa negli ultimi anni che vi ha maggiormente impressionato per impatto e potenziale innovativo ? Mentre, per quanto riguarda il solo ambito doom, quali sono state le principali fonti di ispirazione ?

Ultimamente non mi viene in mente nulla di rilevante e impressionante … sarà la memoria lenta del mio database. In ambito doom, le maggiori influenze derivano dalla scena di Albione (ovvero Anathema, Paradise Lost, My Dying Bride), dagli svedesi Katatonia e da classici come Black Sabbath.
Ovviamente anche il funeral degli Evoken, Ahab, Mournful Congregation, diSEMBOWELMENT e Thergothon e altro.

iye Per curiosità, quando avete deciso di intitolare Rituals il vostro ultimo album, eravate a conoscenza che un mese prima sarebbe uscito con lo stesso titolo anche il nuovo lavoro deii Rotting Christ, oppure lo avete scoperto solo a giochi fatti?

No, non ne eravamo a conoscenza (ahah) però la coincidenza ci lasciò sorpresi e divertiti.

iye Prossimi impegni ? So che suonerete il 27 novembre a Misano con Ahab e The Foreshadowing e poi, come mi ha anticipato Manuel, comincerete a pensare al nuovo disco. Cosa ci dobbiamo aspettare ?

Stiamo organizzando un paio di date e siamo in cerca di live! Dal nuovo lavoro ci si può attendere un disco ulteriormente migliorato nella compattezza, nelle atmosfere e nel songwriting, rispettando sempre le nostre influenze.

Lotus Thief – Gramarye

Gramarye è la manifestazione definitiva del talento musicale cristallino esibito dai californiani Lotus Thief.

L’ascolto di dischi di questa portata, composti da gruppi semi sconosciuti, non è solo una bella sorpresa ma costituisce, semmai, uno dei tanti buoni motivi per continuare tentare di scrivere di musica, visto che in caso contrario ben difficilmente avrei potuto imbattermici.

Qualcuno potrà obiettare con ragione che i Lotus Thief sono stati autori di un buonissimo album prima di Gramarye e che, per questo motivo, è strano che fino ad oggi io ne ignorassi l’esistenza, ma non ho alcuna remora ad ammetterlo e faccio, anzi, i complimenti più sinceri a chi li aveva già intercettati in occasione di Rervm; del resto, ciò che importa è quanto contenuto all’interno del disco oggetto della recensione, e parlare del passato di una band (facilmente reperibile in rete anche se ignota fino a quel momento) per lo più rappresenta un modo facile e indolore per allungare il brodo, quando gli argomenti da trattare scarseggiano.
Non è questo il caso, ovviamente, pertanto veniamo al dunque: Gramarye è la manifestazione definitiva del talento musicale cristallino esibito dai californiani Otrebor e Bezaelith, duo rodato ed integrato in quest’occasione dall’apporto di una Iva Toric che arricchisce ancor più i contenuti del lavoro, ridefinendo ancora un volta i confini del metal, un galassia in costante movimento ed espansione alla faccia dei detrattori e dei media italiani più importanti, i quali continuano a contrabbandarlo come una sorta di sub cultura appannaggio di drogati e disadattati.
Se costoro avessero orecchie per sentire forse cambierebbero radicalmente idea nello scoprire la bellezza e la profondità che i Lotus Thief riversano nel loro ultimo disco: Gramarye è un termine che in inglese arcaico stava ad indicare una forma di conoscenza occulta, ed infatti i cinque brani si ricollegano ad altrettante opere letterarie intrise di questa materia, in un viaggio millenario che parte dal Libro dei Morti dell’Antico Egitto per giungere fino all’era contemporanea, con The Book Of Lies di Aleister Crowley.
Un percorso magico ed affascinante, nel corso del quale la musa Bezaelith, sostenuta in più di un passaggio dal controcanto della Toric, ci guida supportata da un tappeto sonoro di inestimabile bellezza, per il quale è decisivo il contributo ritmico e compositivo offerto dal drummer Otrebor. Post black metal, space rock, ambient, dark, molte sono le etichette e le sfumature che si è tentati di affibbiare a queste sonorità: la verità è che nessuna di queste vi aderisce in maniera perfetta: se The Book Of Dead appare l’episodio più robusto e metallico, quindi definibile con più di una buona ragione post black, la più rarefatta Circe (qui il libro in questione è ovviamente l’Odissea) cambia il volto e l’umore del lavoro, mantenendo ugualmente elevata la tensione emotiva e lo spessore melodico.
Non viene meno tutto ciò neppure nelle successive The Book Of Lies, in una più ambientale Salem, dotata di una fase iniziale che crea la giusta attesa nei confronti di apertura graduale, ma sempre in qualche modo trattenuta, fino a giungere alla meravigliosa Idisi, brano memorabile per forza evocativa che, di fatto, arriva a finalizzare quanto preparato dalla canzone precedente.
Gramarye, seppure sia collocabile nello stesso segmento stilistico con una certa approssimazione, rischia seriamente di oscurare per valore un altro bellissimo lavoro come Kodama degli Alcest, anch’essi facenti parte di quella fabbrica inesauribile di tesori musicali meglio conosciuta come Prophecy Productions.

Tracklist:
1.The Book Of The Dead
2.Circe
3.The Book Of Lies
4.Salem
5.Idisi

Line-up:
Bezaelith – bass, synth, guitar, vox
Iva Toric – synth, backing vox
Otrebor – drums

LOTUS THIEF – Facebook

Escarnium – Interitus

Un album da sentire in tutta la sua ferocia mentre i brani scivolano via, in caduta libera negli abissi più profondi

L’evoluzione del death metal old school per molti si incarna nel blackened death metal, sottogenere che ha raggiunto il suo massimo splendore nei territori dell’est europeo e che da un po’ di anni trova terreno fertile in tutto il globo.

Specialmente a livello underground i gruppi che estremizzano il death metal classico, velocizzandolo e soffocandolo sotto una coltre di nebbia oscura ed ancor più maligna, non si contano più, fortunatamente mantenendo un buona qualità generale nelle uscite sempre più numerose.
Questa volta si vola in Brasile, appena lasciato in balia di sé stesso da media e tv dopo che le luci olimpiche si sono spente su Rio de Janeiro, e a Bahia incontriamo gli Escarnium, al secondo full length della carriera, ma con una manciata di lavori minori che vanno a completare la loro discografia iniziata nel 2009.
Il gruppo non mancherà di soddisfare i palati cannibali degli amanti del genere: il suo death metal, infatti, alquanto brutale, si allea con una forte componente black per viaggiare a forte velocità sulle strade di un estremismo a tratti nichilista, oscuro e maligno e devastante, creando una tregenda di suoni che vanno dalla tradizione statunitense a quella europea in un caos primordiale, diabolico e distruttivo.
Quasi quaranta minuti di musica feroce e spaccaossa, con Deicide e Behemoth a fare da padrini ai brani di Interitus.
Il quartetto brasiliano, oltre ad un growl mostruoso e sei corde seviziate, può contare su di una sezione ritmica da infarto, capitanata dal mostro a sei braccia nascosto dietro al drumkit, Nestor Carrera, aiutato in questo massacro dal basso di Vitor Giovanni.
Le chitarre come detto sanguinano, torturate dai due axeman, Victor Elian (anche dietro al microfono) e Mauricio Sousa, e ne esce un quadro perfetto di quello che risulta uno dei sound estremi più coinvolgenti degli ultimi anni.
Un album da sentire in tutta la sua potenza, mentre i brani scivolano via in caduta libera negli abissi più profondi, dove il volo dura un’eternità; in poche parole un ottimo lavoro.

TRACKLIST
1. The Horror
2. While The Furnace Burns
3. Starvation Death Process
4. Radioactive Doom
5. Omnis Mortuus Est – Interitus
6. Macabre Rites
7. Genocide Ritual
8. The Gray Kingdom
9. 100 Days Of Bloodbath
10. Human Waste

LINE-UP
Victor Elian – Vocals / Guitar
Mauricio Sousa – Guitar
Vitor Giovanni – Bass / Vocal
Nestor Carrera – Drums

ESCARNIUM – Facebook

Kuadra – Non Avrai Altro Dio All’infuori Di Te

I Kuadra sono uno dei gruppi di musica pesante meno banali del nostro paese.

I Kuadra sono uno dei gruppi di musica pesante meno banali del nostro paese.

E non essere banali in questo paese è impresa titanica, quasi impossibil. Ma questi ragazzi al terzo album in dieci anni ci riescono benissimo. Questo disco lacera l’anima, e parla al sangue che ci scorre nelle vene. I testi sono di una sincerità disarmante, figli di un dolore vero, senza filtri o pose. La musica è un hard rock tendente al nu metal, con tastiere ed un timbro molto personale. Non Avrai Altro Dio All’Infuori Di Te è una testimonianza con musica pesante di ciò che siamo noi, e più per esteso la nostra società. Non è un grido di dolore, ma un’amarissima constatazione di come ci siamo ridotti anche a causa nostra. Ma come in tutte le opere frutto di un intenso ragionamento uno spiraglio, seppur piccolo lo si può vedere. Questo spiraglio è l’umana pietà, certamente un concetto inglobato dalla cristianità e fatto suo, ma è un qualcosa di molto forte ed antico e il suo sinonimo è solidarietà, quel sentimento che ci insegnano a non usare. Invece i Kuadra lo usano e ci fanno anche vedere come, poiché questi ragazzi hanno fatto un tour di tre date in centri per richiedenti asilo, e ci torneranno. La solidarietà è quello che ci può tirare fuori da questo oceano di merda che chiamiamo società civile. Ascoltate e fate.

TRACKLIST
01. La Grande Crocifissione
02. La Larva
03. Per Un Mondo Minore
04. Abdul
05. Il Male
06. Con Una pistola
07. Questo E’ Un Morto
08. Godzilla A Milano
09. In Memoria Del Nostro Futuro
10. Mettersi In Salvo

LINE-UP
Yuri La Cava – voce, synth
Emanuele Savino – guitar, synth
Van Minh Nguyen – drums, drum machine
Simone Matteo Tiraboschi – bass

KUADRA – Facebook

Badmotorfinger – Heroes

Un buon lavoro, suonato con il cuore che pulsa come i pistoni di una motocicletta

Nuovo lavoro in formato ep per i bolognesi Badmotorfinger, tornati sul mercato tramite logic(il)logic Records a scaldare l’autunno dei rockers di lungo corso.

Il gruppo ha all’attivo un primo album sulla lunga distanza uscito nel 2013 (It’s Not the End) dopo il ritorno nel gruppo di uno dei fondatori, il chitarrista Federico Mengoli, successivamente all’esperienza con i Tarchon Fist.
Il mini cd si compone di tre brani inediti, più due versioni acustiche di tracce inserite a suo tempo nel primo album, ed una in una versione riveduta e corretta, dunque siamo al cospetto delle due anime del gruppo: la prima ruvida, grintosa ed diretta, la seconda intimista (Afterlife) e dai rimandi southern rock (Rebel).
Nei brani inediti il gruppo emiliano continua imperterrito il suo viaggio nell’hard & heavy più grezzo, dai rimandi classici, mai troppo veloce ma dalle ispirazioni che si piazzano tra i metallica ed i Motorhead.
Il sound richiama queste due band, senza alzare troppo il ritmo, ma imprigionandolo tra le briglie di un groove potente e massiccio, quattro tracce rocciose di fiero metal/hard rock, dal mood live, senza fronzoli e con il rock’n’roll a fare da diavoletto sulla spalla dei musicisti bolognesi.
Musica per rockers da motoraduni duri e puri, una forza sprigionata dalla passione per il genere, che non cerca novità ed originalità a tutti i costi, ma il consenso di chi il rock lo vive o lo ha vissuto sulla propria pelle.
I primi due brani inediti (Hidden Heroes e Needle in My Vein) sono mid tempo rocciosi, con buoni interventi chitarristici di scuola heavy, cantato robusto e ritmi sostenuti da un buon groove.
No Second Chance, rifatta per l’occasione, lascia spazio al rock’n’roll ipervitaminizzato di Badmotorfinger,  canzone che più si avvicina al sound motorheadiano, mentre i due brani acustici lasciano intravedere una voglia di frontiera e specialmente Rebel risulta, come detto, un piacevole brano dal gustoso mood southern rock.
Un buon lavoro, suonato con il cuore che pulsa come i pistoni di una motocicletta, roba da fottuti rockers, prendere o lasciare … io prendo!

TRACKLIST
01. Hidden Heroes
02. Needle In My Vein
03. No Second Chance (new version)
04. Badmotorfinger
05. Afterlife (acoustic version)
06. Rebel (acoustic version)

LINE-UP
Luigi Sange Sangermano – VOCALS
Alessandro Alex Mengoli – GUITAR
Federico Heavyrico Mengoli – GUITAR
Massimiliano Tommi Tommesani – BASS
Fabio Barra Bussolari- DRUMS

BADMOTORFINGER – Facebook

VV.AA. – Imperative Music Compilation Vol.12

Un ottima occasione per fare un bel giretto per il mondo e conoscere nuovi adepti al sacro fuoco del metal, che sia classico o estremo non importa, le vie del metallo sono moltissime, provatele tutte.

Ottima e abbondante questa raccolta, giunta addirittura al dodicesimo volume, da parte della Imperative Music Agency, agenzia brasiliana a supporto di molte band metal/rock in giro per il mondo.

Incentrata su suoni che vanno dal thrash, al death ed ovviamente al metal più classico, la panoramica offerta spazia per il mondo alla caccia di talenti ed offre un quadro esaustivo sulla salute della nostra musica preferita, dal paese sudamericano, passando per gli Stati Uniti, il Giappone ed il vecchio continente, con una scappata nel nostro paese per conoscere i Wild Child ed il loro heavy metal epico.
Dicevamo, un’iniziativa lodevole e molto esauriente (anche per la buona qualità dei gruppi presenti) per tastare lo stato di salute della musica metal che ormai ha raggiunto tutti i paesi del mondo e regala sorprese ogni giorno, almeno per chi ne segue con interesse lo sviluppo nell’unico ambiente possibile, l’underground.
Varia la proposta, che passa dall’heavy metal classico dei nostri paladini Wild Child, alle sinfonie rock/metal degli olandesi Armed Cloud, dal thrash metal dei giapponesi Alice In Hell, all’hard rock dei brasiliani Basttardos e al death metal dei Nihilo, per tornare in Europa con il gothic robusto dei portoghesi Godvlad e volare in Canada per farci violentare dal death metal tecnico e colmo di groove dei devastanti Statue Of Demur.
Insomma, un ottima occasione per fare un bel giretto per il mondo e conoscere nuovi adepti al sacro fuoco del metal, che sia classico o estremo non importa, le vie del metallo sono moltissime, provatele tutte.

TRACKLIST
01 – Alice In Hell – Time To Die (Japan)
02 – Infact – Change My Name (Luxembourg)
03 – Cavera – Controlled By The Hands (Brazil)
04 – As Do They Fall – Burn (Brazil)
05 – Nihilo – On the Brink (Switzerland)
06 – Statue of Demur – Hot to Rot (Canada)
07 – Darcry – Cry of Despair (Japan)
08 – Death Chaos – Atrocity On Peaceful Fields (Brazil)
09 – The Holy Pariah – No Forever (USA)
10 – Tribal – Broken (Brazil)
11 – Hide Bound – Eden Kew (Japan)
12 – Phantasmal – Specter of Death (USA)
13 – Basttardos – Exilados (Brazil)
14 – Metanium – Resistiendo (USA)
15 – The Wild Child – You and The Snow (Italy)
16 – Armed Cloud – Jealousy With A Halo (The Netherlands)
17 – Eduardo Lira – The Edge (Brazil)
18 – Godvlad – Game of Shades (Portugal)

IMPERATIVE MUSIC – Facebook

Seputus – Man Does Not Give

Per chi ha voglia di spingersi oltre la brutalità di facciata di certo metal estremo.

Primo album per gli statunitensi Seputus, la cui line-up è composta da tre quarti dei Pyrrhon, band piuttosto quotata e dedita ad un notevole technical death.

Con i Seputus, Stephen Schwegler, Doug Moore ed Erik Malave accentuano ancor più il lato estremo della loro proposta, finendo per offrire una mix frutto della sanguinolenta macinatura di death, grind, black e hardcore: l’esito finale non può che essere una devastante mattanza, che si regge saldamente in piedi grazie alla perizia dei musicisti ed un approccio alla materia che, se si va a guardare oltre alle apparenze, è tutt’altro che scontato.
L’alternanza in stile Brutal Truth di un growl catacombale e di uno screaming acido, morbosi rallentamenti che si avvicendano ad accelerazioni furibonde, il tutto attraversato e disturbato da dissonanze che rendono sicuramente più complessa ma altrettanto interessante la fruizione dei brani, è ciò che viene offerto dai quaranta minuti scarsi di Man Does Not Give, album che non riscrive la storia del metal estremo ma ne offre senza dubbio una visione brutalmente distorta e mai banale.
E’ evidente che tali sfumature sono percepibili e conseguentemente apprezzabili da chi frequenta abitualmente tali territori musicali, perché già per gli adepti del death classico la ricetta dei Seputus potrebbe risultare indigesta. Per quanto mi riguarda, ritengo che l’operato del trio newyorchese sia di assoluto valore e meritevole d’esser tenuto in considerazione da chi ha voglia di spingersi oltre la brutalità di facciata di certo metal estremo.

Tracklist:
1.The Fist That Makes Flesh
2.Downhill Battle
3.Soft Palates Rasp
4.Desperate Reach
5.Top Of The Food Chain
6.Two Great Pale Zeroes
7.Vestigial Tail
8.Attrition Tactics
9.Haruspex Retirement Speech
10.A erfect Gentleman
11.Wetwork Hangover
12.No Mind Will Enshrine Your Name

Line-up:
Stephen Schwegler – Guitars/Drums/Programming
Doug Moore – Lyrics/Vocals
Erik Malave – Bass

SEPUTUS – Facebook

Scarlet Aura – Falling Sky

Hard rock melodico di gran classe tra tradizione ed appeal moderno, con tanto di voce femminile da applausi.

Se questi ragazzi apriranno i prossimi concerti della divina Tarja Turunen un motivo ci sarà.

Grosso colpo della Pure Rock Records che si aggiudica le prestazioni musicali degli Scarlet Aura, band rumena che fa dell’hard rock melodico di gran classe tra tradizione ed appeal moderno, con tanto di voce femminile da applausi.
La band di Bucarest, al secondo lavoro dopo The Rock Chick uscito nel 2014 e molte presenze live nell’est Europa in compagnia di grossi nomi del metal e dell’hard rock, mette la quinta e svernicia una buona fetta di realtà del genere con un lavoro perfetto sotto tutti i punti di vista.
Hanno le carte in regola per sfondare i ragazzi rumeni; grandi canzoni, una singer bella ma, soprattutto, bravissima nel donare feeling a profusione ai brani, ed un sound che bilancia potenza e melodie accattivanti, insomma Falling Sky potrebbe davvero affermare il gruppo nella scena del vecchio continente, così arida nei confronti dell’hard rock melodico.
Sostenuto dal gran lavoro alla sei corde dell’axeman Mihai Danciulescu, da una sezione ritmica senza freni quando si tratta di picchiare duro (Catalin Ungureanu al basso e Matthias Klaus) e valorizzata dall’affascinante voce della singer Aura Danciulescu, Falling Sky strappa applausi dalla prima all’ultima nota con il suo mix letale di hard rock elegante e melodico e la sua neanche troppo velata vena metallica dal mood moderno, pronto per essere accolto dai rockers attenti alla musica melodica e dall’appeal radiofonico.
Una raccolta di brani che non temono cedimenti e mantengono altissima l’attenzione, un susseguirsi di emozioni che dall’opener Immortal In Your Eyes, passando per My Own Nightmare, le melodie orientaleggianti di Fortune Teller, la title track e la ballad Silent Tears, conquistano l’ascoltatore, senza difese contro l’ipnotica e notevole voce della singer.
Prodotto da Roy Z, Falling Sky è nel suo genere un piccolo gioiello, e per i fans dell’hard rock melodico un acquisto obbligato.

TRACKLIST
1. Immortal In Your Eyes
2. Colour Blind
3. You’re Not Alone
4. My Own Nightmare
5. Chasing White Horses
6. Falling Sky
7. Silent Tears
8. Shamanic Eye
9. Fortune Teller
10. Riding like The Wind
11. Silent Tears (Radio Edit)

LINE-UP
Aura Danciulescu – vocals
Mihai Danciulescu – guitars, vocals
Catalin Ungureanu – bass, vocals
Matthias Klaus – drums

SCARLET AURA – Facebook

King Crimson – Radical Action (To Unseat The Hold of Monkey Mind)

Un cadeau gradito ma forse non imprescindibile, per via di alcune scelte non del tutto convincenti.

Pensare di recensire (inteso nel senso meno nobile di fargli le pulci) un disco dei King Crimson, a pensarci bene, rischia di sembrare un atto di presunzione: chi siamo noi (direbbe qualcuno) per poter giudicare uno dei più grandi musicisti che abbiano solcato il pianeta negli ultimi cinquant’anni ? Nessuno, appunto, però allo stesso modo si ha il diritto di discuterne l’operato, sotto forma di scelte commerciali, un terreno scivoloso dove l’arte lascia spazio al marketing.

Uno dei pregi della creatura inventata alla fine degli anni ’60 da Robert Fripp è sempre stata quella di non cedere in maniera spudorata alla tentazione del revival, cioè alla tanto vituperata trasformazione in cover band di sé stessi, badando a mettere in moto la macchina live per lo più solo dopo aver dato alle stampe un album di inediti, e spesso ignorando perfidamente in tale sede i brani di più vecchia data, i cosiddetti classici.
La tendenza pare esser cambiata negli ultimi anni, visto che Fripp ha messo in piedi questa strana formazione a sette, dotata di ben 3 batteristi (!), con la quale alla soglia delle sue settanta primavere se ne sta andando da un po’ in giro per il mondo a riportare il verbo crimsoniano.
La band di culto per eccellenza del progressive toccherà anche il suolo italico (il biglietto per il concerto del 5 novembre a Milano è già stato accaparrato …) e sarà l’occasione per chi, come me, nonostante la non più verde età, è riuscito a vederla una sola volta in concerto, a Genova nel 2003.
In quell’occasione il repertorio più datato si spingeva indietro per lo più fino ai dischi degli anni ’80, gli stessi che sono stati letteralmente “banditi” nella scelta della scaletta per questo triplo cd intitolato Radical Action (To Unseat The Hold of Monkey Mind); non è difficile immaginare che il tutto possa essere dovuto all’assenza nella line-up di Adrian Belew, estromesso da Fripp in questa sua ennesima incarnazione del re cremisi.
Non so neppure se possano esserci anche aspetti legati ai diritti dei brani composti in compartecipazione con il cantante-chitarrista americano, fatto sta che in questa uscita si passa a piè pari dalla storica produzione settantiana a quella degli anni novanta, bypassando un capolavoro come Discipline a favore di album ben più opachi.
Va detto anche che la voce “lakeiana” di Jakko Jakszyk mal si sarebbe prestata all’interpretazione di Elephant Talk piuttosto che di Frame By Frame o Thela Hun Ginjeet, pertanto prendiamoci quanto di buono (ed è molto) ha da offrire questo live, suddiviso come detto in 3 cd denominati, rispettivamente, Mainly Metal, Easy Money Shots e Crimson Classics.
Nel primo cd, che si apre e si chiude con le (magnifiche) due parti di Larks’ Tongues In Aspic, sono proposti alcuni dei brani composti dall’attuale formazione e mai confluiti su alcun disco, benché siano stati presentati più volte dal vivo: va detto che alcune di queste sono tracce davvero interessanti e di gran lunga superiori a quelle che facevano parte di A Scarcity Of Miracles, ultimo lavoro in studio attribuibile di fatto ai King Crimson, pur se uscito a nome di Jakszyk, Fripp e Collins.
Il secondo cd, come da manifestazione d’intenti, vede Easy Money quale suo fulcro, assieme ad estratti da In The Wake Of Poseidon (Peace e Pictures Of A City) ed Islands (The Letters e Sailor’s Tale) mentre il terzo è, alla fine, quello che farà maggiormente la gioia dei fan di vecchia data, contenendo, al netto dell’assolo di batteria di Devil Dogs Of Tessellation Row, solo pietre miliari della produzione crimsoniana quali Red, One More Red Nightmare, Epitaph, Starless, The Court Of The Crimson King e 21st Century Schizoid Man.
Fatto l’appello e constatato che, almeno, per quanto riguarda gli anni ’70, a prima vista non si segnalerebbero particolari errori od omissioni nella compilazione della scaletta se non si scoprisse, a posteriori, che anche un disco “discreto” come Starless And Bible Black è scomparso dai radar, veniamo al modus operandi, ovvero come tali brani sono stati reinterpretati da questa formazione.
Dato per certo che in sede live i King Crimson, per indole del loro creatore, non sono mai stata band da riproposizione in fotocopia dei brani rispetto alle versioni in studio, la presenza di Mel Collins in qualche modo condiziona la scelta degli arrangiamenti perché, è evidente, se hai un fior di sassofonista/flautista sul palco bisogna pure sfruttarlo. E’ per questo probabilmente che un brano metal ante litteram come Red viene appesantito da un sax che centra come i cavoli a merenda, e lo stesso succede anche in The Talking Drum; al contrario il flauto in The Court Of The Crimson King ed il sax in Starless sono elementi fondanti dei brani anche nella loro stesura originale e quindi la loro presenza si rivela essenziale per la resa finale.
Altri dubbi permangono sull’utilità del triplo batterista, all’apparenza più una bizzarria frippiana che non un’effettiva necessità, tanto più che i brani in cui tale soluzione avrebbe trovato la sua massima esaltazione  sono proprio quelli dei King Crimson ottantiani; infine, l’interpretazione vocale di Jakszyk non brilla per personalità, né nei brani cantati originariamente dal suo modello Greg Lake, né soprattutto in quelli che venivano contraddistinti dalla voce ben più calda di John Wetton.
Insomma, Radical Action (To Unseat The Hold of Monkey Mind) è un comunque gradito “malloppone” in cui alle molte luci si alternano diverse ombre, ovviamente il tutto riferito non all’impeccabile esecuzione di musicisti inattaccabili su ogni fronte, ma a scelte talvolta non condivisibili, inclusa quella di incidere un live cancellando di fatto la presenza del pubblico.
A tale proposito, rispetto alla versione audio, dovrebbe risultare senza’altro più accattivante ed appetibile quella in DVD, dove invece il pubblico (forse perché si vede ..) non è stato ammutolito.
Detto questo, non vedo l’ora di ascoltare dal vivo per la prima (e presumibilmente anche l’ultima) volta, una serie di canzoni che hanno segnato indelebilmente la mia adolescenza (se i ragazzini oggi sentono Andiamo a Comandare con l’i-pod ed io quarant’anni fa avevo Starless nel mangianastri, sarà il caso di chiedersi se il progresso culturale sia andato di pari passo con quello tecnologico); mi recherò al concerto con la coscienza a posto di chi spende il giusto per andare a vedere a teatro i cosiddetti “dinosauri”, senza dimenticare (mai) di supportare, spesso assieme a pochi intimi, le esibizioni di ottime band contemporanee che il 90% di quelli che saranno assisi agli Arcimboldi, invece, continueranno bellamente ad ignorare per partito preso. C’est la vie …

Tracklist:
DISC 1 – Mainly Metal:
01. Larks’ Tongues In Aspic Part One
02. Radical Action (to Unseat The Hold Of Monkey Mind)
03. Meltdown
04. Radical Action II
05. Level Five
06. The Light Of Day
07. The Hell Hounds Of Krim
08. The ConstruKction Of Light
09. The Talking Drum
10. Larks’ Tongues In Aspic Part Two

DISC 2 – Easy Money Shots:
01. Peace
02. Pictures Of A City
03. Banshee Legs Bell Hassle
04. Easy Money
05. VROOOM
06. Suitable Grounds For The Blues
07. Interlude
08. The Letters
09. Sailor’s Tale
10. A Scarcity Of Miracles

DISC 3 – Crimson Classics:
01. Red
02. One More Red Nightmare
03. Epitaph
04. Starless
05. Devil Dogs Of Tessellation Row
06. The Court Of The Crimson King
07. 21st Century Schizoid Man

Line-up:
Mel Collins sax, flauto
Robert Fripp chitarra, tastiere
Gavin Harrison batteria
Jakko Jakszyk – chitarra, voce
Tony Levin – basso, stick
Pat Mastelotto – batteria
Bill Rieflin – batteria, tastiere

Fake Idols – Witness

Un pezzo di granito hard & heavy, sempre in bilico tra il rock’n’roll ed il metal moderno, dotato di un feeling ed un appeal da boom radiofonico praticamente in tutti i brani

Un’altra new sensation dell’hard & heavy tricolore, i Fake Idols, tornano con un nuovo album tramite Scarlet Records.

La band , nata all’alba del 2013, unisce musicisti provenienti da svariati gruppi della scena come Raintime, Slowmotion Apocalypse e Jar of Bones, due anni fa ha dato alle stampe il debutto omonimo, ora è giunto il momento di tornare a suonare hard & heavy tripallico con questo secondo lavoro intitolato Witness e che sfonderà molti crani tra i rockers di nuova generazione innamorati delle sonorità stradaiole di matrice ottantiana.
Un mix di sonorità classiche ed attitudine moderna risulta infatti il sound del gruppo, che si avvicina ai compagni di etichetta Hell In The Club, autori del mastodontico Shadow Of The Monster.
E proprio Damna, frontman del gruppo alessandrino, fa la sua comparsa nella scandinava The City’s Burning, splendida song vicina al sound dei Backyard Babies, ma le sorprese non finiscono qui ed in questo adrenalinico lavoro mette la sua firma pure Phil Campbell dei Motorhead, sul singolo Mad Fall.
Un pezzo di granito hard & heavy, questo è Witness, sempre in bilico tra il rock’n’roll ed il metal moderno, dotato di un feeling ed un appeal da boom radiofonico in praticamente tutti i brani, un album che, se fosse uscito dalle coste statunitensi, sarebbe glorificato come l’ultima frontiera del rock duro dalle atmosfere street.
Non c’è scampo, è bene chiarirlo, Witness entra nell’ascoltatore senza bussare, forte di chorus che si cantano dal primo ascolto, ritmiche che non disdegnano modernità e chitarre taglienti come sciabole, ficcanti e tremendamente heavy.
Potrei nominarvele tutte le tracce presenti, ma l’alto tasso qualitativo mi impedisce pure di sceglierne un paio: mi limito, per la cronaca, a farvi partecipi della geniale cover di Go, brano dei The Chemical Brothers ed invitarvi a far vostra questa ennesima prova di forza del metal/rock nazionale.
I Fake Idols sarebbero anche pronti a conquistare il mondo, vogliamo aiutarli?
Non mancate allora all’appuntamento con Witness, in barba a chi vi vuol far credere che ormai il rock si limita a grassi e vegliardi frontman, avidi di denaro e che salgono sui palchi di mezzo mondo con tanto di comoda …

TRACKLIST
1.Mad Fall (feat. Phil Campbell)
2.So Now…
3.Sail
4.The City’s Burning feat. Damna)
5.Silence
6.I’m a Fake
7.Go (Chemical Brother’s cover)
8.Could You Bid Me Farewell
9.Prayers On Fire
10.Witness

LINE-UP
Claudio Coassin – lead vocals
Ivan Odorico – guitars
Cristian Tavano – guitars
Ivo Boscariol – bass
Enrico Fabris – drums

FAKE IDOLS – Facebook

ATLANTIC TIDES

Il video di ‘Dust’, primo singolo estratto dall’imminente album di debutto omonimo

Gli Atlantic Tides hanno pubblicato il video di ‘Dust’, primo singolo estratto dall’imminente album di debutto omonimo, in uscita in Europa il prossimo 28 ottobre per Scarlet Records e il 18 novembre in USA.
Lo stesso giorno sarà la data zero del ‘New Seed’ Tour, con la presentazione del disco @ Circolo Magnolia di Milano, in compagnia di Destrage e Vodun.

Il disco, omonimo, mette radici in un suono più maturo, definibile come rock moderno, plasmando sonorità sempre più originali e riconoscibili.
Il video di DUST, primo singolo dell’album, svela alcune tematiche del disco.
La natura mostra più di quello che vogliamo vedere e dietro ogni tramonto si nasconde una menzogna.

Atlantic Tides nasce dal rock, dal r’n’b, dal punk e dal blues. Vive a Milano, ma
sogna l’ Oceano. Suona concreto come la terra e vero come il mare.

Questo il calendario con i primi appuntamenti ‘New Seed’ Tour, in continuo aggiornamento:

ven 28.10 RELEASE PARTY – MILANO, Circolo Magnolia w/ Destrage facebook.com/events/308684422834492

sab. 05.11 TREZZO SULL’ADDA (MI), KM 33

gio. 17.11 TBA

sab. 19.11 MOLFETTA (BA), Tesla

sab. 26.11 VERCELLI, Officine Sonore facebook.com/events/1616566648640685

ven. 13.01 VERONA, Il Blocco Music Hall facebook.com/events/1710945422564453

sab. 28.01 SEREGNO (MB), Honky Tonky

sab. 18.02 MILANO, Rock n Roll

ARKONA

Da oggi in Italia per quattro date, tutti i dettagli

ARKONA – Da oggi in Italia per quattro date, tutti i dettagli

arkonabig

Gli Arkona stanno per arrivare. La band capitanata da Masha Arkhipova è pronta per iniziare il mini tour italiano con ben quattro date, poche settimane prima dell’uscita della nuova versione di “Vozrozhdenie” primo storico album della band completamente risuonato. Un concentrato di Folk Metal direttamente dalla Russia, impregnato di folklore russo e mitologia slava. Insieme a loro ci saranno i Darktribe, power metal band francese di rilievo nel panorama europeo usciti nel 2015 con il recente “The Modern Age”.

ARKONA – Italian Mini Tour

Giovedì 13/10 @ Druso Circus, Ranica (BG)
Evento FB: https://www.facebook.com/events/838928496239220/
Prevendite: http://www.mailticket.it/evento/8935

Venerdì 14/10 @ Revolver, San Donà di Piave (VE)
Evento FB: https://www.facebook.com/events/1165608060139772/
Prevendite: http://www.mailticket.it/evento/8869

Sabato 15/10 @ Alchemica, Bologna
Evento FB: https://www.facebook.com/events/226077157777492/
Prevendite: info@alchemicaclub.com

Domenica 16/10 @ Dagda Club, Borgo Priolo (PV)
Evento FB: https://www.facebook.com/events/1620334354873889/
Prevendite: http://www.mailticket.it/evento/8212

Gli show sono presentati da Bagana Rock Agency in collaborazione con Hellfire Booking Agency

www.baganarock.com | www.hellfirebooking.com

Watchtower – Concepts of Math: Book One

EP più lineare, ma siamo sempre su livelli eccelsi. Coraggio e determinazione vanno premiati.

Quanto abbiano dato i Watchtower all’heavy metal forse lo sanno in pochi, ma si può chiedere a gente come Dream Theater, Death, Atheist, Sieges Even, Spiral Architect, Twisted Into Form.

Questi extraterrestri del pentagramma, prima nel 1985 con Energetic Disassembly e poi nel 1989 con il capolavoro Control and Resistance, hanno dato l’input a tutta una serie di band hi-tech metal, nonché extreme-prog.
Perciò per chi come me adora questi texani, l’attesa di un nuovo album è stata veramente lunga, e queste 5 tracce (4 già pubblicate in digitale nel corso negli ultimi 5 anni) sono già un piccolo tesoro musicale.
In attesa del full-length Mathematics (spero presto!) immergiamoci in questo primo libro di matematica metallica. La strumentale M-Theory Overture apre alla Spastic Ink e la macchina perfetta dei texani ci trascina sulla giostra schizofrenica diretta dal maestro Jarzombek. L’estro creativo e i tecnicismi della successiva Arguments Against Design spezzano l’ascoltatore meno avvezzo a tali sonorità. Il basso di Keyser è in primo piano, ossessivo, e con l’entusiasmante drumming di Colaluca è come essere intrappolati tra le rapide di un fiume impetuoso.
Non c’è tregua nelle composizioni dei Watchtower e la densità di idee all’interno delle composizioni è notevole. Le vocals di Alan Tecchio sono ora più aspre, ora melodiche, meno acute di un tempo e la schizzata Technology Inaction ne è un esempio lampante. Le parti soliste di Ron hanno la capacità di estraniare la mente dal contesto e allo stesso tempo deliziare con soluzioni sempre brillanti. The Size of Matter è quasi orecchiabile con il suo incedere spezzato e martellante puntualmente infiorettato dalla solista di Jarzo.
Chiude l’inedita Mathematica Calculis che con i suoi quasi 10 minuti ritorna parzialmente agli antichi fasti, con una band matura che non vuole a tutti i costi ripetersi e che è ancora capace di gustosi colpi di scena sincopati, inseriti con moderna freschezza.
In …Book One le contorsioni e il parossismo tecnico sono affievoliti, così pure la chimica fenomenale che riesca a sorprendere ad ogni cambio di tempo o d’atmosfera, così anche lo stupore di un arrangiamento mai uguale a quello precedente.
EP più lineare dunque, ma siamo sempre su livelli eccelsi. Coraggio e determinazione vanno premiati.

TRACKLIST
1. M-Theory Overture
2. Arguments Against Design
3. Technology Inaction
4. The Size of Matter
5. Mathematica Calculis

LINE-UP
Alan Tecchio – vocals
Ron Jarzombek – guitar
Doug Keyser – bass
Rick Colaluca – drums

WATCHTOWER – Facebook

Simulacro – Echi Dall’Abisso

Gli otto Echi vanno ascoltati come un flusso costante di suoni e parole che, alla fine, non può lasciare indifferenti

Ennesimo parto di una scena underground sarda afferente al black metal più misantropico ed introspettivo, i Simulacro costituiscono una parziale novità a livello di modus operandi, in quanto trattasi di una band vera e propria e non di un progetto solista come nella maggior parte dei casi trattati nel recente passato.

Echi Dall’Abisso è il loro secondo lavoro su lunga distanza ed è il primo interamente cantato in lingua italiana: un’ottima scelta, anche perché qui i testi rivestono un ruolo fondamentale nella comprensione dell’opera nel suo insieme.
La ricerca di sé stessi, tramite un travagliato percorso interiore, è l’argomento che viene trattato con un approccio lirico di grande spessore (ne è autore Thaniey, uno dei fondatori della band, che ora riveste un ruolo comunque fondamentale pur occupandosi solo dei testi); l’abisso in cui l’ascoltatore viene catapultato è reso tangibile da un sound costantemente pervaso da una spessa coltre di tensione emotiva, ben assecondata dalle vocals, aspre ma perfettamente intelligibili, di Xul.
Il black dei Simulacro è peculiare, intenso ed essenziale, privo come è di infiocchettature atmosferico-tastieristiche, e questo in fondo costituisce un altro dei punti di forza di un lavoro che avvince ed avvolge, con una negatività di fondo che lascia però aperto più di uno spiraglio di speranza, riferito alla possibilità di approdare alla meta dopo un lungo e tormentato tragitto introspettivo.
Gli otto Echi vanno ascoltati come un flusso costante di suoni e parole che, alla fine, non può lasciare indifferenti: se l’album è ricco di contenuti e di spunti di riflessioni dal punto vista lirico, si manifesta nella sua ruvida bellezza musicale in più di una traccia, tra le quali Eco IV e Eco VII (dove l’inserimento in un simile contesto della voce dell’ospite Gionata “Thorns “ Potenti fa balenare tracce dei mai dimenticati Cultus Sanguine) contengono gli spunti melodici che meglio si imprimono nella mente, mentre Echo VI, scelta come trama sonora per un video di prossima uscita, si avvale di una maggiore complessità e completezza compositiva.
I Simulacro sono l’ennesima testimonianza di un approccio differente alla materia black che, nel nostro paese, sta fornendo con grande continuità frutti prelibati quanto inusuali.

Tracklist:
1.Eco I
2.Eco II
3.Eco III
4.Eco IV
5.Eco V
6.Eco VI
7.Eco VII
8.Eco VIII

Line-up:
Xul – Lead Vocals, Guitars, Programming
Ombra – Bass
Anamnesi – Drums, Backing Vocals

Guests:
Thorns – Lead Vocals on “Eco VII”
Satya Lux Aeterna – Female Choirs

SIMULACRO – Facebook

Ichabod Krane – Beyond Eternity

Quando le sonorità vecchia scuola sono glorificate in tale maniera, album come questi sono da usare come esempio per le nuove leve metalliche, cresciute ai ritmi sincopati del metal odierno.

E’ ancora una volta la Pure Steel a regalarci un piccolo gioiellino di metallo incendiario direttamente dagli States.

La band in questione si chiama Ichabod Krane, vede tra le proprie fila musicisti provenienti dagli storici Halloween, band ottantiana con una discografia alle spalle di tutto rispetto e Beyond Eternity è il secondo lavoro dopo l’esordio Day of Reckoning, licenziato un paio di anni fa.
Il gruppo chiaramente poggia le proprie basi musicali nell’U.S. Metal e lo fa ottimamente aiutato dall’esperienza accumulata dai protagonisti, un ottimo cantante, ed una raccolta di belle canzoni, elegantemente oscure, epiche e con una buona alternanza tra potenza e melodia.
Siamo in territori cari ai primi Queensryche e Crimson Glory, potenziati da una dose massiccia di soluzioni priestiane, valorizzate da un talento melodico non da poco che riesce nella non facile impresa di rendere accattivanti anche gli episodi più duri (la title track in questo senso è un piccolo capolavoro).
Ottima la prova di Jeff Schlinz al microfono, un cantante di razza, potente e melodico, interpretativo il giusto per dare un’anima alle tracce che compongono il cd, anche se la parte del leone la fa la sei corde di Rick Graig che impazza in tutto l’album tra riff classic metal e solos taglienti come rasoi.
L’album funziona alla grande in brani come Metal Messiah, When The Stars Fall (dove Schlinz raggiunge vette interpretative del Tate degli anni migliori) e Bitter Romance (semi ballad che mantiene comunque inalterata tutta la potenza espressa sull’album), ma è nell’insieme che il disco ha qualcosa in più, aiutato da un lavoro in consolle da elogiare.
Beyond Eternity è il classico album metal dai rimandi old school perfettamente inserito nel nuovo millennio, fiero nel suo essere classico, suonato ottimamente e a tratti trascinante, uno spasso per gli amanti dell’heavy metal suonato nel nuovo continente.
Quando le sonorità vecchia scuola sono glorificate in tale maniera, album come questo sono da usare come esempio per le nuove leve metalliche, cresciute ai ritmi sincopati del metal odierno.

TRACKLIST
1. Black World
2. Metal Messiah
3. Pandora’s Box
4. Beyond Eternity
5. When the Stars Fall
6. Bring It Down
7. Why So Sad
8. Whiskey Angel
9. Bitter Romance

LINE-UP
George Neal – bass
Rick Graig – guitars
Jeff Schlinz – vocals
Rob Brug – drums
Lisa Hurt – keyboards, backing vocals

ICHABOD KRANE – Facebook

Recitations – The First Of The Listeners

Partendo da un death black metal molto scandinavo, si dilatano i tempi e la composizione acquisisce un ampio respiro, fondendosi con l’elettronica più malata, fatta di neri droni e di oscuri loop.

The First Of The Listeners è un disco di sperimentazione metallica e non solo. Partendo da un death black metal molto scandinavo, si dilatano i tempi e la composizione acquisisce un ampio respiro, fondendosi con l’elettronica più malata, fatta di neri droni e di oscuri loop.

Pensate al seminale Perdition City degli Ulver, un disco davvero innovatore che ha rotto diversi muri, ecco, siamo in quella direzione, ma con molta più pazzia ed attitudine black metal. Il suono è malato e completo, possente e paranoico, con un’ottima produzione. Questo disco è la dimostrazione che l’elettronica può implementare molto il metal, diventando un altro codice per gridare il disagio. Quattro pezzi sono una giusta durata per questo disco sperimentale che porta il death black ad un altro livello. I componenti di questo gruppo sono tutti noti cospiratori della scena death black underground, che hanno voluto riunirsi in questo progetto per mette a fuoco territori musicali parzialmente inesplorati. Un grande lavoro è dietro questo disco, che è composto molto bene, con una scelta di strumentazione assai adeguata, e conferma che molti musicisti estremi hanno una capacità compositiva eccezionale. A suo modo questo disco è un rito moderno per richiamare antiche divinità, perché vi è un qualcosa di tribale qui dentro, ed questa è la sua essenza più vera. Un gran bel disco di avanguardia.

TRACKLIST
01 The First of the Listeners
02 Tongueskull Sacrament
03 Godspeak Halilu Lija
04 To Voice the Unutterable

SIGNAL REX – Facebook

Heller Schein – Sonic Clash Warning

Gli Heller Schein sanno alternare furia thrash/death e tecniche parti prog, atmosferici attimi di quiete intimista e mitragliate estreme violentissime

Eccolo un altro esempio di come nel nostro paese la musica metal abbia trovato terreno fertile nell’underground, colmo di talenti che sotto l’aspetto compositivo (soprattutto) non sono secondi a nessuno.

Sonic Clash Warning è un disco fresco, energico, dosato e bilanciato tra irruenza estrema e metallo che sposa sia l’anima classica che quella prog, in un variopinto quadro di note a tratti surreali, ma sbalorditivo nel non perdere mai il filo del discorso, che si interrompe solo al minuto trentanove, ultimo spazio temporale a disposizione del gruppo.
Loro sono gli Heller Schein, quartetto di Bologna nato nel 2002 per volere del cantante e chitarrista Francesco ‘Franz’ Massimiliani e che nel corso di questi anni ha più volte limato la line up per giungere a quella attuale formata, oltre che dal Massimiliani, da suo fratello Paolo alle pelli, da Nicola Deodato (chitarra) e da Davide Laugelli al basso (in sostituzione di Davide Salvatore Nicolais, dimissionario dopo le registrazioni di Sonic Clash Warning).
L’album parte da un concetto progressive metal che si evince dai molti cambi di tempo, uno spartito cangiante e tecnica notevole, ma non si ferma qui, abbatte molte barriere e libero si allea con il death metal, il thrash più evoluto ed il metal classico.
La prima sorpresa è l’uso che fa Massimiliani della voce, tra growl estremi, urla metalliche vicine al falsetto e toni teatrali, interpretando a modo suo le varie composizioni musicali che, come detto,  risultano una sorpresa dietro l’altra.
C’è di tutto e di più in questo lavoro, le diverse anime che vivono all’ interno del songwriting, si prendono a spallate per il comando del sound, ma inutilmente, gli Heller Schein sanno alternare furia thrash/death e tecniche parti prog, atmosferici attimi di quiete intimista e mitragliate estreme violentissime, sempre supportate da un lavoro agli strumenti di un’altra categoria.
Sonic Clash Warning stupisce non poco per una maturità compositiva notevole, supportata da brani intricati, ultra tecnici, ma dall’appeal enorme.
La parte del leone la fa il singer, davvero bravo in tutte le forme prese dalla sua voce, ma sono sicuramente da elogiare anche gli altri musicisti, che vanno a formare un combo da seguire con molto interesse.
Farvi nomi per elencare le ispirazioni del gruppo, non è facile, vista comunque l’originalità insita nella musica della band, vi invito perciò ad ascoltare brani come Karma, Twisted Jocker e Sonic Clash Warning per farvi un’idea delle enormi potenzialità del gruppo bolognese.

TRACKLIST
1.Ascension
2.Karma
3.GrandFatherSong
4.Twisted Jocker
5.Sonic Clash Warning
6.Watching Through My Head A Baby
7.Viky’s Legacy

LINE-UP
Francesco Massimiliani – Voices & Screams
Paolo Massimiliani – Drums
Nicola Deodato – Guitar
Davide Laugelli – Bass

HELLER SCHEIN – Facebook

STAGEWAR

Il video del singolo “No Place To Go”, tratto dall’album di prossima uscita “Killing Fast”.

Il video del singolo “No Place To Go”, tratto dall’album di prossima uscita “Killing Fast”.

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