Ancient – Back To The Land Of The Dead

Un ritorno al alto livello, per certi versi inatteso e quindi ancor più gradito da chi prova un pizzico di nostalgia per tutte quelle band che, negli anni ’90, rivoltarono come un calzino la storia del metal estremo.

Non è semplice l’avvicinamento a lavori che segnano il ritorno, dopo oltre un decennio di silenzio, di band capaci di legare il proprio nome alla nascita e allo sviluppo di un genere specifico.

Non sempre i risultati che ne conseguono sono eccellente come sarebbe lecito attendersi, perché sovente le motivazioni sono legate al solo marketing e non ad una ritrovata vena creativa.
Nei confronti di chi arriva da molto lontano, come gli Ancient, tra i precursori negli anni ’90 della dirompente esplosione del black metal in Norvegia, l’attenzione aumenta poi in maniera esponenziale, specialmente perché i nostri non sono mai stati annoverati tra i campionissimi, come avvenne invece ad Emperor, Mayehem o Darkthrone, e fondamentalmente il loro album migliore è sempre stato considerato unanimemente quello d’esordio, l’ottimo Svartalvheim, che risale ormai ad oltre un ventennio fa.
Da allora continui cambi di formazione, spostamenti logistici e vicissitudini assortite hanno visto quale trait d’union del gruppo lo storico vocalist Aphazel, con un’altra serie di album pubblicati nel decennio successivo, tutti di buon livello ma nessuno capace di raggiungere l’eccellenza.
Se provassimo a resettare tutto questo e a considera gli Ancient in base al presente e non al passato, cosa ne dedurremmo da questo ultimo full length intitolato Back To The Land Of The Dead? Semplicemente che si tratta di una bellissima prova, con la quale l’attuale trio impartisce una lezione su come il genere possa essere ancora oggi al contempo maligno e dal notevole impatto melodico.
Senza fare dello sciovinismo, va detto che il motore della band è italiano, nella persona del chitarrista e bassista Dhilorz (Danilo Di Lorenzo), autore di gran parte delle musiche, da solo o in compartecipazione con Zel (nuovo nickname adottato dal fondatore, che all’anagrafe fa Magnus Garvik), e del recente approdo, quale live session man, del chitarrista dei Bulldozer Giulio Borroni (denominato per l’occasione Ghiulz); in aggiunta, non è certo marginale l’approdo alla batteria di Nicholas Barker, uno che ha prestato le proprie bacchette a Cradle of Of Filth, Dimmu Borgir e Lock Up, tanto per citare solo alcune dell band che lo hanno visto all’opera.
Back To The Land Of The Dead, con tali premesse, scorre in maniera piacevolmente fluida, nonostante una lunghezza forse eccessiva per gli standard del genere: il black degli Ancient è melodico, epico, magniloquente ed anche sufficientemente aspro per mantenere comunque ben salde le coordinate del genere e si intuisce chiaramente che la sua manipolazione avviene da parte di musicisti che sanno perfettamente il fatto loro.
Come detto, non si riscontrano particolari debolezze in una tracklist che vede quale picco qualitativo la mini suite The Excruciating Journey (composta dalle tracce Part I – Defiance And Rage, Part II – The Prodigal Years Part III – The Awakening) e dall’evocativa Petrified By Their End, degna conclusione di un album che prevede, comunque, quale bonus track la cover di 13 Candles dei Bathory.
Un ritorno al alto livello, per certi versi inatteso e quindi ancor più gradito da chi prova un pizzico di nostalgia per tutte quelle band che, negli anni ’90, rivoltarono come un calzino la storia del metal estremo.

Tracklist:
1. Land Of The Dead
2. Beyond The Blood Moon
3. The Sempiternal Haze
4. The Empyrean Sword
5. The Ancient Disarray
6. Occlude The Gates
The Excruciating Journey
7. Part I – Defiance And Rage
8. Part II – The Prodigal Years
9. Part III – The Awakening
10. Death Will Die
11. The Spiral
12. Petrified By Their End
13. 13 Candles

Line-up:
Zel – Vocals, Guitars, Keyboards
Dhilorz – Guitars, Bass
Nick Barker – Drums

ANCIENT – Facebook

Lord Impaler / Dizziness / Hell Poemer – Carved by the Winds Eternal

Ottimo split album incentrato su sonorità black metal questo Carved By The Winds Eternal, che ci presenta un tris di gruppi ellenici, da non sottovalutare.

Due brani a testa bastano a chi non conosce le band in questione, già attive da diversi anni ed assolutamente in grado di soddisfare i palati estremi dei black metallers sparsi per il globo.
Si parte con i Dizziness, quartetto di Atene in marcia verso l’inferno dal 2008 e con un’abbondante discografia che consta di due full length ed un mare di split e demo.
Pescando dalla tradizione ellenica, e senza dimenticare la lezione impartita dai gruppi scandinavi, il loro sound è un intenso e quanto mai riuscito esempio di black vario, tra furiose accelerazioni, ritmiche marziali e momenti pregni di atmosfere mistiche.
Goddess of the Moon e Άρπυιες esplodono in un susseguirsi di colpi di scena, marciando nell’oscurità di caverne scavate da famelici orchi, le atmosfere cangianti (ora guerresche, ora mistiche, ora pregne di malata oscurità) esaltano l’ascolto, sicuramente un gruppo da approfondire.
Più canonico e brutale il sound dei Lord Impaler, fondati addirittura nel 1998, ma con un solo full length all’attivo (Admire the Cosmos Black del 2011).
Raw black metal che, se ad un primo ascolto può ricordare gli Immortal, ne prende subito le distanze conservando il mood tipico delle bands mediterranee, sound caldo, riff che nel loro consolidato estremismo si nutrono di melodia, oscura, evil, ma sempre perfettamente bilanciata con la tempesta di caos metallico del genere.
I cinque musicisti, pur discostandosi dalla proposta dei loro dirimpettai, non mancano di offrire una prova sopra la media, meno lavorata nelle atmosfere, ma convincente nell’impatto.
Ma il bello deve ancora arrivare e The Sacral Knot of Hierophant ci accompagna nel buio della caverna, dove in agguato ci aspettano i mostruosi abitanti degli oscuri anfratti dimenticati dal tempo.
Loro sono gli Hell Poemer, da poco più di dieci anni in attività e con un solo full length licenziato nel 2013 (Arcane Mysteries of Dead Ancestors): il loro black metal si impreziosisce di clamorose note pianistiche, creando un’atmosfera di oscura melanconia.
Il primo brano di cui sopra tiene alta la tensione metallica, ci si accorge subito che la musica è cambiata e My Dreams Will Stay Frozen on the Mountains ci rapisce definitivamente, con un black metal melodico sorretto da una base pianistica dai rimandi gothic, l’aura che si crea è di elevata epicità dark; il gruppo accompagna il tutto con una marziale danza elettrica, solitudine e misantropia escono prepotentemente dalle note dei tasti d’avorio, mentre lo screamer decanta storie immerso nell’oscurità.
Con tre band delle quali vale la pena approfondire la discografia, aspettando eventuali sviluppi futuri, Carved By The Winds Eternal risulta uno dei più riusciti split degli ultimi tempi.

TRACKLIST
1. Dizziness – Goddess of the Moon
2. Dizziness – Άρπυιες
3. Lord Impaler – A Fire That Burns
4. Lord Impaler – Call from the Grave
5. Hell Poemer – The Sacral Knot of Hierophant
6. Hell Poemer – My Dreams Will Stay Frozen on the Mountains

LINE-UP
Lord Impaler :
Lord Nebulah – Guitars
Tragon – Vocals
Phlegethon – Bass
Nodens- Drums
Aenaon – Guitars

Dizziness:
Pyriflegethon – Guitars
Moscho – Guitars
Ηalál – Bass
Ithonas – Vocals

Hell Poemer:
Dark Archon – Drums
Knafos – Guitars, Keyboards
Infernal Lord – Vocals, Keyboards, Guitars, Flute
Gragonith – Bass

HELL POEMER – Facebook

LORD IMPALER – Facebook

DIZZINESS – Facebook

Supremative- Servitude Of The Impurity

Qui pulsa un cuore morto ed immondo, che è la ragione per cui a noi teste malate di rumore ci piace così tanto.

Sette pollici in vinile, ristampa del demo uscito nel 2013 e ora praticamente impossibile da trovare.

I Supremative sono un gruppo che ha conquistato molti fans nell’underground del black death metal e il perché possiamo scoprirlo ascoltando questo disco.
Questo breve demo di quattro pezzi sarà amato da chi si crogiola nel metal marcio, veloce e lo fi. I Supremative fanno un attacco sonoro davvero notevole, dove possiamo ascoltare anche un forte retrogusto grind, quel grind che poi sta alla base anche del black. Il suono è lanciato a mille chilometri all’ora verso il baratro vizioso dei nostri sensi e la velocità si coniuga con un ottimo gusto per cambi e atrocità varie. Ci sono ancora gruppi come i Supremative che fanno un metal che non morirà mai, perché è l’essenza fortemente underground di una musica che solo con un’operazione alchemica contro natura si rende mainstream. Qui pulsa un cuore morto ed immondo, che è la ragione per cui a noi teste malate di rumore ci piace così tanto.
Questa edizione è limitata a 250 copie in vinile ed è il precursore dell’album dei Supremative che sarà pubblicato dalla Blood Harvest nel 2017.

TRACKLIST
1.Intro / Embrace the Endless War
2.Altars Of Sodomy
3.Campaign Of Execution
4.Servitude Of The Impure Messiah

BLOOD HARVEST – Facebook

Sarcófago – Rotting Reissue

Se hanno un senso le ristampe per album di gruppi sconosciuti ai più, figuriamoci quelle di lavori estremamente importanti come la discografia di questa storica band brasiliana.

L’importanza dei deathsters brasiliani Sarcofago nello sviluppo della musica estrema di stampo death/tharsh è inequivocabile: nato nel 1985 per volere Wagner ”Antichrist” Lamounier, cantante dei primissimi Sepultura, il gruppo di Belo Horizonte è citato tra le influenze di molte band che poi fecero sfracelli negli anni novanta.

Idolatrati e rispettati da tutti, i Sarcofago furono uno dei primi gruppi ad usare in maniera continua e devastante i blast beat, in un delirio di violenza death/thrash e tematiche sataniste e anticristiane che fanno del gruppo uno dei primi esempi del sound devoto al maligno per eccellenza, il famigerato black metal.
La Greyhaze Records pubblica la riedizione dell’ep Rotting, licenziato dalla band nel lontano 1989 via Cogumelo Records su vinile, con l’aggiunta di un bonus dvd ed un nuovo artwork.
Il dvd è senz’altro la parte più interessante perché immortala il gruppo sul palco nel 1991 di supporto ai Morbid Angel, in tour per supportare quel capolavoro estremo dal titolo Altar Of Madness.
Cinque brani più intro, Rotting fece parte di una discografia colma di perle estreme, e ci scaraventa al tempo in cui la band era una dei gruppi più estremi in circolazione: il loro sound equivale ad un’apocalisse di death/thrash sulla scia dei Venom, un sound che da lì a poco troverà lustro e nuova vita nelle lande innevate della Scandinavia e del famigerato unholy black metal della scena norvegese, che all’epoca muoveva i primi passi in quello che, in seguito, diventerà un movimento importantissimo per le vicende musicali (ed extra musicali) del metal estremo.
Rotting confermava la vena distruttrice del trio già sulla bocca di tutti per una manciata di demo, ma soprattutto per il primo devastante lavoro I.N.R.I, uscito due anni prima.
Wagner Antichrist, Gerald Incubus e M. Joker vomitavano tutto l’odio contro la religione e la chiesa in particolare su di un sound primordiale, estremo in tutte le sue componenti, arrivando a toccare vette di violenza ancora oggi irraggiungibili per molti dei gruppi odierni; il loro furore si scagliava contro i cristiani in maniera inequivocabile, con testi blasfemi e un sound che era pura e violentissima guerra in musica.
Scream/growl cattivissimo, riff assassini e furiose accelerazioni ritmiche facevano di Alcoholic Coma, Tracy e la title track (su tutte) un’apoteosi di violenza, distruzione e luciferine urla inneggianti la totale distruzione del sistema religioso e la glorificazione del regno di Satana.
Precursori nell’amalgamare death/thrash e black metal in un unico massacro sonoro, i Sarcofago sono la classica band che ogni amante del metal estremo deve sfoggiare nella propria discografia; se hanno un senso le ristampe per album di gruppi sconosciuti ai più, figuriamoci quelle di lavori estremamente importanti come la discografia di questa storica band brasiliana.

TRACKLIST
01. The Lust
02. Alcoholic Coma
03. Tracy
04. Rotting
05. Sex, Drinks & Metal
06. Nightmare

LINE-UP
Wagner Antichrist – Vocals, guitars
Gerald Incubus – Bass, voclas, guitars
M. Joker – Drums, vocals

Rotting Christ – Sleep Of The Angels

Riedizione quanto mai opportuna per l’album più “commerciale” mai pubblicato dai Rotting Christ.

Non sono poche le band di nome che, ad un certo punto della loro carriera, hanno inciso un disco che in qualche modo andava a rompere in maniera netta il loro stile stile consolidato.

Quasi sempre, al momento dell’uscita, le manifestazioni di dissenso superavano gli elogi, non tanto per il valore intrinseco dei lavori quanto per l’incapacità momentanea dei fan più accaniti (e anche di buona parte della critica) di accettare il fatto che per qualsiasi artista dovrebbe essere un fatto normale, ogni tanto, provare a sperimentare qualcosa di diverso.
Questo capitò in particolare a quattro nomi storici del metal, per tutti negli ultimi due anni dello scorso millennio, quasi che in quegli anni l’aria fosse permeata da un’urgenza creativa che spingeva i musicisti ad osare di più: i Moonspell (con Sin/Pecado), i My Dying Bride (con 34.788%… Complete), i Kreator (con Endorama) ed i Rotting Christ (con Sleep Of The Angels).
Ed è proprio di quest’ultimo album che ci viene data l’occasione di riparlare, grazie alla riedizione curata dall’etichetta ellenica Sleaszy Rider: diciamo subito che, rispetto agli esempi citati, Sleep Of The Angels appariva molto meno un azzardo, mostrando semmai una maggiore apertura verso un sound gothic che andava ad ammorbidire non poco le pulsioni black della band di Sakis, un processo che comunque aveva già mostrato dei segnali nel precedente A Dead Poem. Indubbiamente, rispetto alla svolta elettronica intrapresa sia dai Moonspell che dai My Dying Bride ed al brusco passaggio dal tetragono thrash di scuola teutonica ad un elegante sound gotico da parte dei Kreator, quello dei Rotting Christ appariva soprattutto l’approdo ad una maggiore orecchiabilità legata ad un ricorso maggiore a quelle progressioni melodiche di stampo chitarristico che sono sempre state, comunque, marchio di fabbrica della band greca.
Non a caso, mentre tutte gli altri gruppi citati, a partire dai dischi successivi invertirono la rotta per riapprodare a sonorità più in linea con la loro storia, i Rotting Christ, pur tornando ad inasprire il suono, con Khronos e Genesis non andarono del tutto ad abiurare quanto fatto con Sleep Of the Angels.
Non a caso tutti questi dischi, per così dire controversi, dopo quasi vent’anni sono stati unanimemente rivalutati e considerati dai fan come ottimi lavori, pur nella loro discontinuità stilistica: per i Rotting Christ il discorso è diverso, visto che il black dei nostri è sempre stato sui generis proprio perché molto personale e, quindi, l’apertura a sonorità più catchy corrispondente alla pubblicazione di Sleep Of The Angels non venne vissuta come un tradimento, bensì come una naturale progressione stilistica; non a caso, una traccia come After Dark I Feel è annoverata ancora oggi tra i cavali di battaglia di Sakis e soci.
Sleep Of The Angels è un album che andrebbe fatto ascoltare a chi non conosce i Rotting Christ, vuoi per la poca attitudine a sonorità estreme, vuoi per l’impatto innegabilmente esercitato da un monicker ”pesante”: in questo caso potrebbe rivelarsi l’ideale grimaldello per accedere alla discografia di uno dei migliori gruppi che abbiano veleggiato lungo gli ultimi tre decenni metallici.

Tracklist:
1.Cold Colours
2.After Dark I Feel
3.Victoriatus
4.Der Perfekte Traum
5.You My Flesh
6.The World Made End
7.Sleep the Sleep of Angels
8.Delusions
9.Imaginary Zone
10.Thine Is the Kingdom

Line-up:
Sakis Tolis – guitars and vocals
Andreas – bass
Kostas – guitars
George – keyboards
Themis Tolis – drums

ROTTING CHRIST – Facebook

Kerasphorus – Kerasphorus

Il loro suono è violento e cattivo, a cavallo tra il death ed il black, con una forte preponderanza del secondo.

Band proveniente dalla Florida con una travagliata storia di line up alle spalle.

Tutto comincia nel 2008 quando Pete Helmkamp e Gene Palubicki decidono di mettere in pausa a tempo indeterminato la loro band Angelcorpse.
Prende quindi vita la creatura chiamata Kerasphorus, composta da Helmkamp al basso e alla voce e da Wolaniuk alle chitarre, il tutto per essere ancora più aggressivi rispetto alla band precedente. Nel 2009, grazie anche alla presenza di un batterista turnista, viene pubblicato il mini cd Cloven Hands At The Holocust Dawn. Dopo due anni e in due giorni di prove e registrazioni vede la luce o meglio le tenebre il 12” Necronaut. Entrambi i dischi ricevono una buona accoglienza dal pubblico e dalla critica, ma batterista e bassista si rifiutano di suonare dal vivo. Dopo varie discussioni con Palubicki e Palmer, che ora sono due membri fissi del gruppo, viene deciso di far diventare i Kerapshorus un lato più oscuro e cattivo degli Angelcorpse. Il loro suono è violento e cattivo, a cavallo tra il death ed il black, con una forte preponderanza del secondo. Aggressività ed intensità sono i marchi di fabbrica di questo gruppo, che fa la sua figura nel roster della Hellsheadbangers, etichetta a cui piace molto questo suono ibrido diretto e cattivo. In questo disco è contenuta la discografia del gruppo fino a questo punto, e anche se sono solo sei pezzi la raccolta è molto buona. Un altro grande gruppo dalla Florida.

TRACKLIST
1.Locust Nexus
2.Through the Spiral Void
3.The Abyssal Sanhedrin
4.Aosoth Paradigm
5.Disturb the Furthest Stars
6.Swarm Intelligentsia

LINE-UP
P. Helmkamp
G. Palubicki
R. Parmer

KERASPHORUS – Facebook

Slaughtbbath / Grave Desecrator – Musica De Nuestra Muerte

Un ottimo split che ha lo scopo di promuovere due ottime realtà sudamericane di rumore e satanismo.

Sette pollici split fra due grandi band sudamericane, i cileni Slaughtbbath e i brasiliani Grave Descrator.

I primi usciranno preso sempre su Hellheadbangers, e i secondi sono già usciti per questa etichetta che tiene alto il nome delle vere produzioni metal. Gli Sl1aughtbbath fanno un black metal fortemente influenzato dal death, con molti richiami sia ai classici del black sia al death metal della Florida degli anni novanta. Cattiveria ed oscurità vi porteranno in catacombe lo fi da dove non ne uscirete più. Nelle note di questi cileni possiamo anche ascoltare gli echi di una fiera tradizione black metal sudamericana che non molla mai, ma che anzi continua. Se andate sul loro bandcamp troverete molti dei loro ottimi album in download libero, e ne vale davvero la pena. In questo split hanno una traccia sola ma che rende molto bene l’idea.
I brasiliani Grave Desecrator fanno invece un speed metal molto sporco e molto devoto agli anni ottanta, con della cattiveria in più. Hanno pubblicato da poco anche il nuovo disco Dust To Lust. Le loro composizioni sono stratificate e notevoli, e questo brano gli rende molta giustizia.
In definitiva un ottimo split che ha lo scopo di promuovere due ottime realtà sudamericane di rumore e satanismo.

TRACKLIST
1. SLAUGHTBBATH: Nefast Fireground / Tyranny From Sodom
2. GRAVE DESECRATOR: The Fallen (Intro)
3. GRAVE DESECRATOR: SxSxSx (Sex, Sin and Satanism)

Bloodred – Nemesis

Un sound roccioso che si nutre di death, black e thrash

Un lavoro autoprodotto dalla natura estrema, che esce cristallino e perfettamente godibile in tutte le sue parti, acquista valore anche per lo sforzo della band nel consegnare ai posteri un prodotto il più professionele possibile.

Nemesis è tutto questo e non solo, primo lavoro sulla lunga distanza dei Bloodred di Ron Merz, polistrumentista tedesco, in questo caso aiutato alle pelli da Joris Nijenhuis (Leaves´ Eyes, Atrocity, ex-DrDoom), una piovra dannatamente potente ed efficace, non per niente batterista di nomi altisonanti del metal europeo. Non
solo il batterista, la famiglia Leaves’Eyes/Atrocity è ben presente nella creazione di Nemesis con il mastermind Alexander Krull, dietro alla consolle per i lavori di produzione, mix e mastering avvenuti nei Mastersound Studio e con l’artwork curato da Stefan Heilemann, artista già al servizio per il gruppo di Krull e Liv Kristine e altre top band del genere come Nightwish, Epica e Lindemann.
Con queste premesse non poteva che uscire un album notevole, ed infatti al primo colpo (il primo vagito dei Bloodred risale all’ep di due anni fa con The Lost Ones) Ron Merz centra il bersaglio: la sua creatura vive di umori estremi devastanti, epici, battaglieri, in una tregenda portata dall’invasione della creatura Bloodred, mai doma, affamata di sangue, dominatrice e tremendamente oscura.
Un sound roccioso che si nutre di death, black e thrash, non in parti uguali ma a formare una macchina da guerra paurosa, con Joris Nijenhuis che nell’oscurità semina morte e distruzione con feroci blast beat ed una prova in generale sopra le righe, e Merz che vomita odio dalla bocca e tremendi riff dal taglio black con la sei corde che si trasforma in una rocciosa e devastante arma death/thrash.
Si passa con disinvoltura da violente scariche di metal estremo dal taglio nordico (la titletrack) a furiose tempeste di note che pescano dal metal estremo più in linea con le produzioni europee, la scuola tedesca è ben presente, sia per quanto riguarda l’anima thrash sia per quella più oscura del death metal e le chicche non mancano (Tragedien i Svenskehuset e The Lost Ones su tutte).
Discorso a parte per la conclusiva Im kalten Licht der Ewigkeit, un brano cantato in lingua madre, gelido come il vento del nord che spazza via le anime dai corpi putrefatti dei caduti sul campo di battaglia, una marcia verso l’inferno, cadenzata e straziante, atmosfericamente terrificante e colma di lugubri sfumature true Norwegian black metal.
Non mi resta che fare i complimenti al musicista tedesco ed obbligarvi a far vostro questo gran bel pezzo di metallo estremo.

TRACKLIST
1. Fell Voices on the Wind
2. Tragedien i Svenskehuset
3. Nemesis
4. The Hail-Storm
5. Collateral Murder
6. The Lost Ones
7. Spirits of the Dead
8. Im kalten Licht der Ewigkeit

LINE-UP
Ron Merz – Guitars, Bass & VocalsDrums
Joris Nijenhuis – Drums

BLOODRED – Facebook

DESCRIZIONE SEO / RIASSUNTO

Snorri – Putrid Fucking Black Metal

Come un’onda nera che ricopre il tutto e che ci avvolge tra le putrescenze gli Snorri fanno un black metal classicheggiante ed aggressivo

Tutto nero, tutto sta marcendo e stiamo cadendo sempre più in basso.

Dall’Australia arriva la colonna sonora di un’apocalisse fatta di squartamenti, di tagli dal basso verso l’alto, ad opera di una legione di demoni. Snorri è una creatura a due teste che viene dall’underground metallaro australiano, e il loro suono si avvicina a quello delle origini, ma c’è di più. Come un’onda nera che ricopre il tutto e che ci avvolge tra le putrescenze, gli Snorri fanno un black metal classicheggiante ed aggressivo, con riferimenti a varie scene, sia a quella europea che a quella americana. Questa cassetta è la prima uscita ufficiale del gruppo, e fa parte di un trittico di cassette veramente notevole lanciato questa estate dalla portoghese Signal Rex, una delle etichette migliori nel campo del black metal. Putrid Fucking Black Metal va sentito come un continuum o come un libro degli orrori, le chitarre si alzano furenti, mentre la batteria ed il basso scavano pentacoli sulla superficie terrestre, la furia va e viene, a seconda della volontà demoniaca di chi hanno evocato gli Snorri. Non c’è continuità ma bensì nera discontinuità. Forse non abbiamo bisogno di opere di bene, ma di marci fiori del male.

TRACKLIST
01. Exorcism Masturbation
02. Black Fucking Mass
03. Homo Homini Lupus
04. Abel De La Rue
05. Into The Endless Darkness

LINE-UP
Old
B.H.

SIGNAL REX – Facebook

Demonomancy / Witchcraft – Archaic Remnants of the Numinous / At the Diabolus Hour

La qualità è molto alta, con una capacita di muoversi lungo tutto il black metal per questi due gruppi che sono giovani e avranno una notevole carriera, se lo vorranno.

Grande split album per gli italiani Demonomancy e i finlandesi Witchcraft, per una delle uscite migliori dell’anno in campo primitive black metal.

I Demonomancy fanno un black metal molto vicino a quello delle origini, senza però cantare in growl, con un piglio a volte thrash, a volte doom, o addirittura vicino all’hardcore punk, e sono davvero bravi. Hanno esordito, dopo un demo, su Nuclear War Now nel 2013 con il disco Throne Of Demonic Proselytism. Il pezzo dei Demonomancy che apre il disco è la prima incisione ufficiale dopo l’esordio, ed è una nera cavalcata di quasi nove minuti, dove ogni secondo è estremamente ben composto e suonato con classe superiore, in una discesa verso il sud del paradiso. Il loro black metal è chiaro e ben delineato, a mio modesto avviso sono uno dei gruppi migliori  che ci sono in giro adesso. Il loro secondo pezzo dello split è una cover dei Goatlord, suonata più veloce, testimonianza del fatto che anche nel black metal il talento è molto importante.
Le altre tre tracce dello split sono dei Witchcraft, gruppo di black metal che si inserisce nella tradizione ortodossa finlandese del genere, dalle parti dei Beherit tanto per intenderci. Il loro black metal, è grezzo, potente e non vuole fare vittime, differiscono molto dai loro compagni di split, ma il loro è comunque un black metal molto forte, con una produzione che sembra di un altro mondo, senza essere troppo lo fi. I Withcraft dimostrano con l’ultima traccia dello split di essere capaci anche ad andare più lenti, quasi una sorta di black doom molto efficace.
Questo split album sarà forse il migliore dell’anno in ambito black metal, perché la qualità è molto alta, con una capacita di muoversi lungo tutto il black metal per questi due gruppi che sono giovani e avranno una notevole carriera, se lo vorranno.
Satana può dormire sonni tranquilli.

TRACKLIST
1. Demonomancy – Archaic Remnants of the Numinous
2. Demonomancy – Underground Church
3. Witchcraft – At the Diabolus Hour
4. Witchcraft – Grave Immolation
5. Witchcraft – Perverted Temple of Goatsodomy

LINE-UP
Demonomancy
Witches Whipping – Guitars, Vocals
Herald of the Outer Realm – Drums, Vocals (backing)
A. Cutthroat – Bass

Witchcraft
Goat Prayer of Black Baptism – Bass, Vocals
Grotesque Demon of Darkness & Bloodiabolus – Drums
Black Moon Necromancer of Funeral Fornication – Guitars, Vocals

NUCLEAR WAR NOW – Facebook

Old Graves – Long Shadows

Old Graves non tradisce quanto evocato dal monicker, regalando con Long Shadows un disco da ascoltare senza tentennamenti

Long Shadows è il primo full length per Old Graves, progetto solista del musicista canadese Colby Hink.

Chi apprezza quella variante atmosferica e struggente del black metal nella quale in molti si cimentano, spesso con ottimi risultati (in Italia ricordiamo Chiral, mentre a livello assoluto non si può non citare l’ultimo magnifico lavoro targato ColdWorld), non potrà che trovare soddisfazione in questa cinquantina di minuti in cui un sentore malinconico aleggia anche nei momenti apparentemente più aspri.
Niente di nuovo, certo, ma il tutto viene eseguito con competenza e soprattutto, una notevole ispirazione, in grado di rendere ogni passaggio del lavoro funzionale all’esito finale.
L’opener Sumas è sufficiente per farci innamorare di questa nuova realtà proveniente da oltreoceano, in particolare da un Canada che si rivela terra particolarmente fertile allorché si ricercano sonorità di questo tipo, forse anche in virtù della maestosità di una natura del tutto affine a quella che ha ispirato in passato i lavori dei musicisti scandinavi.
Escludendo una pecca piccola, quanto consueta in simili occasioni, a livello di produzione, ovvero una voce che nei momenti più convulsi viene fagocitata dagli altri strumenti, non c’è davvero nulla da eccepire sulla riuscita di Long Shadows: ogni brano possiede linee melodiche che si insinuano nella mente dell’ascoltatore rifuggendo la banalità; l’operato di Colby Hink si esalta soprattutto nel lavoro chitarristico, dove il nostro eccelle sia nelle fasi acustiche sia nei lineari ma efficaci assoli elettrici.
Da segnalare, oltre ad un altro brano bellissimo come To Die, or Bear the Burden of Death, il magnifico strumentale Walpurgisnacth, esempio perfetto di come, tutto sommato, in questo genere il ricorso a parti vocali si riveli meno necessario che in altri.
Old Graves non tradisce quanto evocato dal monicker, regalando con Long Shadows un disco da ascoltare senza tentennamenti, specie per chi ama una band come gli Agalloch, con la quale sono riscontrabili diverse affinità sia quando il sound si apre in senso atmosferico, sia nei passaggi che riconducono ad un folk dai tratti piuttosto cupi.

Tracklist:
1. Sumas
2. Aethernaut I
3. To Die, or Bear the Burden of Death
4. Slave to the Boiler That Heats the Baths
5. Walpurgisnacht
6. Teeth Pulled from Gnashing Jaws
7. Aethernaut II

Line-up:
Colby Hink Everything

https://www.facebook.com/oldgraves

Orobas – Arise In Impurity

Tre brani (se escludiamo intro e cover) sono pochi per dare un giudizio, ma l’ep può rivelarsi una partenza sufficiente se verrà seguito da lavori più personali.

Debuttano con l’Ep Arise In Impurity i death metallers Orobas , maligna creatura attiva da appena un anno e cresciuta nei meandri della scena di Dhaka, in Bangladesh.

Il quartetto capitanato dal batterista e fondatore Hephaestus, paga dazio al blackened death metal di scuola est europea, con le proprie influenze che non si scostano dalle solite band storiche (Behemoth).
Con impatto e discreta determinazione, la giovane band asiatica rilascia il suo primo lavoro, Arise In Impurity, un ep composto da quattro songs più intro, oscure e basate su testi occulti e mitologici.
Senza lasciare nulla per quanto riguarda cattiveria ed attitudine, il gruppo spara quattro cartucce devastanti, colme di blast beat e di tutti i cliché che il genere impone, inserendosi nelle nuovissime proposte del metal estremo underground provenienti dal continente asiatico in seconda fila rispetto ad altre realtà con più esperienza e più personalità.
Bad Blood Hunter risulta il migliore episodio, oscura e malvagia quanto basta per convincere, mentre nel finale troviamo la buona cover del classico dei Venom, Black Metal.
La strada per il gruppo è lunga e tortuosa, Arise In Impurity può diventare un sufficiente inizio di carriera, se seguito da lavori più personali, tre brani (se escludiamo intro e cover) sono pochi per dare un giudizio definitivo, ma per ora il rischio è che gli Orobas finiscano nel calderone dei gruppi dimenticati o addirittura ignorati, anche se un ascolto potrebbe rivelarsi gradito per chi è un fan accanito del genere.

TRACKLIST
1. Ode to Impurity (Intro)
2. The Ravana
3. Lord Ramesses
4. Bad Blood Hunter
5. Black Metal (Venom cover)

LINE-UP
Puppeteer – Bass
Hephaestus – Drums
Kraken – Guitars
Sammael – Vocals

OROBAS – Facebook

Celestial Grave – Burial Ground Trance

Il mondo dei Celestial Grave farà felici tutti coloro che amano il black metal più viscerale ma non per questo più semplice o facilone.

Duo finnico di black metal classico, suonato con vera passione e nero sudore.

Cassetta di debutto per questo gruppo che propone un black metal suonato all’antica, grezzo senza strafare, con un amore per l’analogico che salterà all’orecchio degli appassionati. Qui si viaggia veloci ma ci si sa anche fermare, perché sono notevoli anche le parti meno veloci del disco. L’energia è tanta e si accumula per essere poi sprigionata al momento giusto. I loro testi ricalcano il percorso della mano sinistra, e la possessione demoniaca. Il pathos di questo gruppo è notevole, questi tre pezzi scorrono via molto bene e la voglia di risentirli è forte. Il mondo dei Celestial Grave farà felici tutti coloro che amano il black metal più viscerale ma non per questo più semplice o facilone. Qui la sapienza metallica è tanta. Fatevi accompagnare all’inferno dal duo finnico, almeno vi divertirete.

TRACKLIST
1. The Heartbeats Drum
2. The Bearer of Death
3. Burial Ground Trance

IRON BONEHEAD – Facebook

Warpvomit – Barbaric Triumph Of Evil

Come quasi tutte le uscite targate Iron Bonehead questo disco ha una marcia in più in quanto a sporcizia e cattiveria rispetto alla media del death.

Il nome del gruppo ed il titolo del disco dicono già molto.

Questa uscita in vinile ha nel lato A l’inedito ep che hanno inciso prima di cambiare nome in Crurifragium, e nel lato B il demo Carnal Sacrifice sempre come Warpvomit, pubblicato originariamente nel 2013. I Warpvomit fanno un death metal fortemente contaminato dal black. La musica del quartetto americano è caotica pesante e vicina al rumore di uno stormo di api assassine. I Warpvomit fanno molto bene quello che sanno, e la violenza della loro musica è tangibile, sale di tono per abbattersi su chiunque gli capiti a tiro. Si possono ascoltare alcune differenze stilistiche dal demo contenuto nel lato B all’ep del lato A.
Questa musica è una minaccia di mutilazioni, una guerra sotterranea che va avanti senza mai sfociare in bagni di sangue. Come quasi tutte le uscite targate Iron Bonehead, questo disco ha una marcia in più in quanto a sporcizia e cattiveria rispetto alla media del death. Caos, violenza e blasfemia ci accompagnano in questo notevole disco, due lati della stessa bestia.

TRACKLIST
Side A
1. Consecration Through the Standard
2. Demogorgon
3. Abyss of Torment and Damnation
4. The Vultures Circling Megiddo
Side B
5. Carnal Sacrifice
6. Vomit Command
7. Splintered Cruczfix
8. Obsequies of Sodomancy
9. Void Before the Altar

IRON BONEHEAD – Facebook

In Cauda Venenum / Heir / Spectrale – In Cauda Venenum / Heir / Spectrale

Tre entità transalpine dalle sonorità oniriche, post metal e black.

Bellissimo ed affascinante split licenziato dalla label francese Emanations, in collaborazione con Les Acteurs De L’ombre, etichetta specializzata in sonorità estreme e d’avanguardia, che ci presenta queste tre entità transalpine dalle sonorità oniriche, post metal e black.

La prima band in scaletta sono gli Spectrale, duo di Bordeaux composto da Jeff Grimal e Jean-Baptiste Poujol che, armati di sole due chitarre acustiche, eseguono tre brani strumentali dalla forte impronta psichedelica, eterea e dai tenui colori sulle tonalità del grigio.
L’atmosfera creata da Sagittarius A, Al Ashfar e Crepuscole invita ad entrare nell’universo del duo, composto da musica ipnotica, trascendentale, le sei corde si intrecciano in trame acustiche oniriche, mentre in sottofondo richiami psichedelici creano un’aurea di viaggio, una liquida passeggiata dentro di noi accompagnati dai suoni acustici in un crescendo atmosferico tra sonorità pink floydiane e post metal alla Ulver.
Clamorosa la prova degli In Cauda Venenum, gruppo di Lione con un full length omonimo alle spalle uscito lo scorso anno, autore di un interessante post black metal e qui alle prese con un brano originariamente composto da Angelo Badalamenti per la colonna sonora di Twin Peaks.
Laura Palmer, Agonie à Twin Peaks è un brano di quindici minuti dove il gruppo descrive l’agonia della protagonista, una ragazzina votata all’autodistruzione, amalgamando disperate e drammatiche parti black con atmosferiche e quanto mai oscure sonorità post dark, valorizzate dal cello di Raphaël Verguin, in un’escalation di sofferenza e distruzione mentale e corporale.
Un piccolo capolavoro, angosciante e quanto mai terrorizzante, una discesa nel più profondo disagio accentuato dalle criptiche sonorità che la band con maestria fonde con il metal estremo, in un delirio di dolore che porta inevitabilmente alla morte.
La terza band chiamata in causa sono i black metallers Heir, giovane gruppo di Tolosa attivo dallo scorso anno con il debutto in formato ep dal titolo Asservi.
Tre brani per il quintetto che svariano tra il black metal old school e sonorità rock, atmosferico quanto basta per considerare il gruppo come parte del movimento post black e bravo nel saper condurre il songwriting tra i meandri del metal estremo, rallentando i ritmi e regalando ottime parti molto vicine al confine con lo sludge.
Delle tre songs, i nove minuti di Upon The Masses sono il perfetto sunto del sound degli Heir, in quanto racchiudono furia black, rallentamenti ed atmosfere post rock.
Ne esce uno split esaustivo sul lavoro di queste label transalpine, specializzate nei generi più vari della musica estrema e che ci presentano altre tre realtà del loro roster dall’alto tasso qualitativo.
Musica non per tutti ma tremendamente affascinante, specie per chi vuole sperimentare nuovi ascolti.

TRACKLIST
1. Spectrale – Sagitarrius A
2. Heir – Descent
3. In Cauda Venenum – Laura Palmer, agonie à Twin Peaks
4. Spectrale – Al Ashfar
5. Heir – Upon the Masses
6. Spectrale – Crépuscule
7. Heir – Sectarism

LINE-UP
Spectrale :
Jeff Grimal – Guitars
Jean-Baptiste Poujo – Guitars

In Cauda Venenum :
Ictus – Guitars, Vocals
N.K.L.S. – Drums, Guitars
Raphaël Verguin – Cello

Heir :
F.D – Bass
D.D – Drums
M.S – Guitars
M.D – Guitars
L.H – Vocals

IN CAUDA VENENUM – Facebook
HEIR – Facebook

Blood Chalice – Demo 2016

Se i Blood Chalice manterranno le aspettative nate dopo aver ascoltato questi cinque pezzi del demo, il disco che dovrà uscire l’anno prossimo sarà un bel sentire.

Terza parte del trittico in cassetta estivo della portoghese Signal Rex, questo Demo 2016 è il debutto per il quartetto finlandese formato da veterani della scena estrema.

I Blood Chalice fanno black metal senza compromessi e lo fanno per glorificare Satana.Il loro suono è un omaggio alla prima scena, registrato con la giusta dose di lo fi, per emozionare ancora di più chi vive in buie caverne mentali, dove soffia solo un gelido vento. Ascoltando i Blood Chalice si comprende come il metal anni ottanta e l’hardcore punk siano stati importanti per la nascita del black metal. Un certa costruzione musicale ottantiana e la furia iconoclasta e nichilista sono due profonde radici del metallo nero, e i Blood Chalice ce lo dimostrano in pieno. Se i Blood Chalice manterranno le aspettative nate dopo aver ascoltato questi cinque pezzi del demo, il disco che dovrà uscire l’anno prossimo sarà un bel sentire, anche perché il curriculum dei quattro componenti è importante, in una terra che è essa stessa già un calice di sangue.

TRACKLIST
01. Desecration Of The Inri
02.The Descent
03. Necromancy
04. Saint Fornicator
05.Unholy Glorification

BLOOD CHALICE – Facebook

Gloomy Grim – The Age of Aquarius

Un lavoro vario, dalle ottime idee e che non manca di soprendere

Negli anni novanta le storiche band che permisero al symphonic black metal di trovare la meritata notorietà furono seguite da una schiera di figliastri blasfemi tra cui i finlandesi Gloomy Grim, realtà oscura nata dalla mente di Agathon, cantante e tastierista nonché ex componente di Barathrum e Thy Serpent ed altri meno conosciuti gruppi estremi.

il 1996 è l’anno di nascita della band di Helsinki, vent’anni di metal estremo dai rimandi satanici, con l’esordio targato 1998 (Blood, Monsters, Darkness) ed una serie di album (quattro) che si interrompe otto anni fa, all’uscita di Under the Spell of the Unlight.
Tornano in pista,  dunque, dopo un lungo lasso di tempo i Gloomy Grim, e lo fanno con questo ottimo lavoro, The Age Of Aquarius, continuando la tradizione che vuole il sound del gruppo come un ottimo esempio di black metal sinfonico, squarciato da tempeste di raw black metal ed impreziosito da atmosfere dark/gotiche e spettacolari cambi di tempo tanto che non è azzardato avvicinarli al prog estremo.
Durata perfetta per assaporare per intero l’opera, The Age Of Aquarius riporta il gruppo nel regno oscuro delle band cardine del genere, il vento gelido che attraversa l’album si placa dove il quintetto di demoni estraggono dal cilindro note oscure pregne di umori gotici ed orrorifici in un delirio di musica estrema molto suggestiva.
Stiamo parlando di black metal, ed allora non mancano furiose accelerazioni ed epiche cavalcate, lenti ma potentissimi condensati di metallo nero, ed un’aura maligna che come nebbia ricopre le varie songs.
Un lavoro vario, dalle ottime idee e che non manca di sorprendere, il lavoro di Agathon sulle voci (scream e growl) è da applausi e la parte sinfonica risulta perfettamente inserita nelle trame estreme dei brani, con particolare attenzione per le parti oscure, gotiche ed inquietanti.
Non ci sono punti deboli in questo lavoro, sicuramente adatto anche a chi non ha grossa dimestichezza con il genere, per le reminiscenze classiche delle sei corde (The Shameful Kiss) e un’impronta dark/gothic ispiratissima.
Un’opera che nella sua interezza sbaraglia non pochi concorrenti ma che ha in A Lady In White, One Night I Heard A Scream, Time e Light of Lucifer Shine on Me le perle nere di questo gioiello estremo.

TRACKLIST
1. The Rise of the Great Beast
2. Germination
3. A Lady in White
4. Beyond the Hate
5. One Night I Heard a Scream
6. The Shameful Kiss
7. The Mist
8. Time
9. Light of Lucifer Shine on Me
10. Trapped in Eternal Darkness

LINE-UP
Agathon – Vocals
Suntio – Drums
Lord Heikkinen- Guitars
Nuklear Tormentörr- Bass
Micko Hell – Guitars

GLOOMY GRIM – Facebook

Somnium Nox – Apocrypha

Con coraggio e personalità i due musicisti di Sydney/Canberra incorporano in un’unica opera quello che è stata l’evoluzione del genere dagli ormai lontani primi anni novanta

Dalle terre australiane arriva questo nuovo duo di black metallers con il debutto fatto di una sola traccia di sedici lunghi minuti, che ripercorre la storia del black metal, dal più puro e raw, passando per il sinfonico fino a sfiorare lidi post black.

I Somnium Nox sono il chitarrista Nocturnal ed il vocalist Ashahalasin, e Apopcrypha è il primo vagito, un urlo che tocca vertici di geniale metallica, caratterizzata da una varietà stilistica sorprendente, colma di parti estreme, elementi sinfonici ed atmosfere post black che ne fanno un sunto degli ultimi venticinque anni.
Con coraggio e personalità i due musicisti di Sydney/Canberra incorporano in un’unica opera quello che è stata l’evoluzione del genere dagli ormai lontani primi anni novanta, e lo fanno con una facilità disarmante rendendo l’ascolto scorrevole per nulla forzato ed assolutamente affascinante.
Si parte in quarta ed i primi minuti sono estremismo black allo stato puro, poi i venti cambiano, delicate sinfonie fanno capolino fino all’arrivo di una parte atmosferica rock oriented e dai rimandi pinkfloydiani, a metà brano la furia si abbatte ancora una volta su di noi, estrema e cattivissima, per poi cadere in un abisso metallico che sfocia al centro della terra dove ad aspettarci ci sono note di liquido incedere black/psichedelico.
Il viaggio finisce qui, il ritorno sarà un’odissea, dispersi nei meandri di musica senza tempo che coglie elementi già usati in precedenza ma dona loro un’anima propria e li fa convivere in questo bellissimo brano.
Non perdeteli di vista ed aspettate con noi il prossimo passo di questa intrigante creatura estrema.

TRACKLIST
Apocrypha

LINE-UP
Nocturnal – Guitars
Ashahalasin – Vocals

SOMNIUM NOX – Facebook

Wildernessking – … And The Night Swept Us Away/The Devil Within

La label transalpina Les Acteurs De L’Ombre, dopo gli ottimi riscontri avuti dal primo full length, ristampa in un unico formato in vinile i primi due ep dei sudafricani Wildernessking.

Mystical Future aveva ben impressionato gli addetti ai lavori, un album sorprendente sotto tutti i punti di vista, a partire dal paese di provenienza del quartetto fuori dai soliti circuiti fino alla maturità artistica ed allo spessore dell’opera.
… And The Night Swept Us Away e The Devil Within risalgono rispettivamente nel 2012 e nel 2014 e rispecchiano in toto tutte le virtù riscontrate in seguito; il quartetto di Città del Capo conferma il proprio talento nel saper amalgamare il metal estremo dai rimandi black con atmosfere ricche di parti oniriche e malinconiche, risultando maturo già da questi splendidi primi passi.
La furia del black metal alternata a passaggi melodici ed atmosferici, chiamata superficialmente e più semplicemente post black, trova in questi brani una delle sue forme migliori, un’urgenza espressiva e rabbiosa che si scontra con delicate ed intimiste parti melodiche, tragiche e drammatiche nella loro perenne oscurità, ma in grado di trasmettere emozioni forti, con un talento non comune e riscontrabile con il contagocce anche nei paesi che hanno dato i natali a queste sonorità.
Improvvisi impulsi elettrici che si trasformano in tempeste di suoni estremi, si placano all’arrivo di atmosferici passaggi acustici, malinconici ed intimisti, ma assolutamente privi di forzature come se i Wildernessking avessero trovato lungo le strade della loro lontana ed affascinante terra il segreto per riuscire ad amalgamare sonorità così distanti tra loro, ma perfettamente inglobate nel loro songwriting, traducendolo in un susseguirsi di saliscendi emozionali, lungo il doloroso e sofferto spartito.
La titletrack del primo ep seguita, dalle trame acustiche di Morning, ne sono il perfetto esempio, passando dalle tempeste black della prima alle stupende melodie della seconda con una facilità disarmante, come la fine di una tempesta su Capo di Buona Speranza ed il ritorno naturale alla quiete, con il mare che piano ritorna ad addormentarsi.
L’album per intero si sviluppa su queste coordinate, passando dal capolavoro The Devil Within, title track del secondo ep, dove il black metal del gruppo non è mai stato così devastante e le parti atmosferiche così oscure e pregne di umori oscuri ed onirici.
Una band quella sudafricana alla quale, anche grazie a questa uscita, la definizione di cult band calza a pennello: un altro esempio di come la musica non abbia confini geografici, superateli, anche voi vi farete solo del bene.

TRACKLIST
… And The Night Swept Us Away:
1. 1. Adrift 03:33
2. 2. And The Night Swept Us Away 05:26
3. 3. Morning 06:01

The Devil Within:
4. 1. Lurker 04:22
5. 2. Flesh 04:27
6. 3. The Devil Within 10:05

Bonus Track:
Decay 02:56
And The Night Swept Us Away (live studio version) 05:11″

LINE-UP
Keenan Nathan Oakes – Vocals Bass
Dylan Viljoen – Guitars
Jesse Navarre Vos – Guitars
Jason Jardim – Drums

WILDERNESSKING – Facebook