Rimfrost – Rimfrost

Un disco black metal ben prodotto, oscuro ed epico, vario nell’alternare furia black, accelerazioni, potenza thrash ed atmosfere dark

Gli svedesi Rimfrost non sono certo una band di primo pelo, visto che l’anno di inizio attività è il 2002 e con questo lavoro sono arrivati al terzo full length dopo A Frozen World Unknown datato 2006 e Veraldar Nagli del 2009.

Sono passati sette anni ed il trio licenzia finalmente un nuovo album omonimo, sotto l’ala della Non Serviam Records e, vista l’alta qualità della proposta, lo scorrere del tempo non è passato invano.
Un disco black metal ben prodotto, oscuro ed epico, vario nell’alternare furia black, accelerazioni, potenza thrash ed atmosfere dark, così da risultare un’opera completa sotto tutti i punti di vista.
Un approccio vicino agli Immortal era At the Heart of Winter, ma molto più progressivo (se mi si concede il termine), maturo, apparentemente leggero per i canoni del true black metal, ma solo all’apparenza, perché gli otto brani prodotti hanno in sé, ben tatuato, il male sotto forma musicale.
Suonato molto bene, l’album parte alla grande con As The Silver Curtain Closes, otto minuti di devastante black metal epico, ricco di cambi di ritmo ed atmosfere, mentre Saga North risulta più in linea con le produzioni classiche del genere.
Ottimo lo scream di Hravn, molto bravo pure con la sei corde, a tratti molto vicino al death metal melodico e prezioso il lavoro della sezione ritmica, ad opera dei due demoni Throllv alle pelli e B.C al basso.
La seconda parte dell’opera è composta da quattro piccoli capolavori di metal estremo epico oscuro e melodico, la gelida Ragnarök, una tempesta di freddo vento del nord, la corale Cold, la drammatica teatralità di Witches Hammer, arricchita da un tappeto di tastiere molto suggestivo e la conclusiva Frostlaid Skies, lunghissima suite estrema, un mid tempo che si trasforma in una cavalcata evil colma di cambi di tempo, cattiva e maligna, suggestiva ed epica, insomma, una degna conclusione per un lavoro veramente bello.
Consigliato a tutti gli amanti del black metal scandinavo, Rimfrost è un album che potrebbe stregare molti fans che fino ad ora hanno snobbato il genere, proprio per il suo innato appeal metal epico; una band da seguire e un album senza dubbi da far vostro il prima possibile.

TRACKLIST
1. As The Silver Curtain Closes
2. Saga North
3. Beyond The Mountains Of Rime
4. Dark Prophecies
5. Ragnarök
6. Cold
7. Witches Hammer
8. Frostlaid Skies

LINE-UP
Hravn – Vocals / Guitar
Throllv – Drums
B.C – Bass

RIMFROST – Facebook

Maieutiste – Maïeutiste

Questo album autointitolato non è certo di fruizione immediata ma, in ossequio al proprio concept, stimola la mente dell’ascoltatore, costretto ad assecondare le curve sonore che i Maieutiste inducono a percorrere.

Questo disco fa parte di una serie di lavori, degni d’essere rivangati, pubblicati lo scorso anno dalla piccola ma qualitativa label francese Les Acteurs de l’Ombre Productions, dal roster ancora ristretto e prevalentemente autoctono ma fatto di band poco convenzionali, come da recente tradizione transalpina.

I Maieutiste sono al full length d’esordio, anche se la loro storia è quasi decennale e, come il monicker fa presagire, sono le tematiche filosofiche a trovarsi al centro delle liriche.
Con tali premesse (incluso un artwork a mio avviso magnifico) attendersi una proposta musicale ben poco schematica è più che lecito, e cosi è: infatti, la band di Saint Etienne riempie quasi per intero lo spazio disponibile in un cd con un black doom sperimentale, ricco di ottimi spunti ed altrettanti momenti di non facile decrittazione.
Questo album autointitolato non è certo di fruizione immediata ma, in ossequio al proprio concept, stimola la mente dell’ascoltatore, costretto ad assecondare le curve sonore che i Maieutiste inducono a percorrere. Ogni tanto i nostri decidono di andare diritti al punto (Reflect / Disappear), anche se la strumentale Purgatoire arriva subito dopo a ricordare che non tutto è così come sembra … e ciò non si rivela affatto un male. Non va dimenticato neppure che la genesi dei diversi brani è piuttosto variegata, essendo frutto di un lavoro che si protrae da anni e lo testimonia il fatto che, opportunamente, sono stati fatti confluire nel full-length spunti già editi nel demo Socratic Black Metal, datato 2007.
Detto, infine, che un gran brano come Death To Free Thinkers si pone a tutti gli effetti come l’emblema dell’intero album, non si può fare a meno di notare che i Maieutiste talvolta abusano delle loro capacità, grazie alle quali esaltano senza dubbio le varie sfaccettature del loro sound ma finiscono per smarrire, a tratti, l’idea della forma canzone a favore di divagazioni che rendono l’ascolto frammentario e questo, piaccia o meno, costituisce pregio e difetto di tale fattispecie di lavori.
I Maieutiste comunque, rispetto ad altre realtà dall’animo avanguardistico, danno la sensazione di tenere maggiormente sotto controllo gli impulsi sperimentali anche se la quantità di carne messa al fuoco, alla lunga, fa rischiare l’indigestione; sicuramente in futuro una maggiore sintesi non potrà che giovare alla loro causa.

Tracklist:
1. Introductions…
2. …in the Mirror…
3. Reflect / Disappear
4. Purgatoire
5. The Fall
6. Absolution
7. The Eye of Maieutic Art
8. Lifeless Visions
9. Death to Free Thinkers
10. Annonciation
11. Death to Socrates

Line-up:
JF – Drums
Keithan – Guitars
Eheuje – Vocals
Grey – Guitars
Krameunière – Bass
Жертва – Guitars, Vocals

MAIEUTISTE – Facebook

True Black Dawn – Come The Colorless Dawn

Come The Colorless Dawn potrebbe suonare come il giusto seguito al primo disco, ed in una certa misura, lo è ma è anche molto di più, essendo soprattutto un gran disco di black metal

Tornano dopo uno hiatus di 15 anni i black metallers True Black Dawn, suono cattivissimo e storia tormentata.

Il loro debutto sulla lunga distanza del 1993 War Against Christians era stato uno dei demo più notevoli della scena finlandese, diventando immediatamente un classico del genere. Durante quegli anni il gruppo si chiamava Black Dawn, poi dovettero cambiare il nome in True Black Dawn, poiché un gruppo americano omonimo aveva minacciato una causa legale. Nel 2001 tornano con Blood For Satan, ottimo disco che li porta nuovamente alla ribalta ed in misura ancora maggiore rispetto al passato. Dopo questo disco, la totale scomparsa, niente fino ad un’esibizione nella loro Helsinki, al Black Flames of Balsphemy Festival nel 2014, ed il primo show all’estero in Olanda. E poi questo disco, che arde della fiamma del black metal originale, caotico, minimale eppure estremamente significativo, carico e distorto. Questo disco è un gran ritorno ed una ferma dimostrazione di quale posto spetta ai True Black Dawn. Lo spirito originale del black metal è qui migliorato, meditato e risputato fuori con violenza immutata, ma con molte migliorie rispetto al passato. I True Black Dawn hanno avuto un’evoluzione diversa, più lenta e più simile al whisky che al vino, ma sono arrivati ad un risultato sicuro e potente, Come The Colorless Dawn potrebbe suonare come il giusto seguito al primo disco, ed in una certa misura, lo è ma è anche molto di più, essendo soprattutto un gran disco di black metal, come pochi attualmente. Ottimo ritorno.

TRACKLIST
01. Intro
02. Come The Colorless Dawn
03. The Light Goes Out
04. Cinereous
05. The Ring – Pass -Not
06. Downward The Serpent Spiral
07. Strange Shaded Sky
08. The Sectile Shadow
09. Eyes Of The Cadaver
10. Into The Tomb Of Her Mirror
11. Outro

LINE-UP
Wrath – scream queen.
Syphon – guitar.
TG – guitar.
Cult – bass.
VnoM – drums.

TRUE BLACK DAWN – Facebook

Mightiest – Sinisterra

Un album che non deve scorrere tra l’indifferenza degli amanti dell’epicità in musica, assolutamente consigliato sia ai fans dei suoni estremi estremi che a quelli più orientati verso sonorità classiche ed old school.

Strana storia quella dei Mightiest, arrivati solo ora al debutto sulla lunga distanza, pur essendo una band considerata storica nel panorama estremo tedesco.

Il gruppo, nato nel 1994 e facente parte della seconda ondata delle truppe di blacksters che invasero l’Europa in quel periodo, non ha mai trovato la giusta stabilità di line up, o forse, le buone vibrazioni dei fans non andarono a braccetto con quelle degli addetti ai lavori, fatto sta che la discografia del gruppo non andò oltre ad un paio di demo, altrettanti ep ed uno split.
Arrivano così, dopo oltre vent’anni, al primo full length, licenziato dalla Cyclone Empire, ed il risultato non può che essere ottimo.
Sinisterra è una perfetta via di mezzo tra il black metal e l’heavy metal epico, ne esce un lavoro potente, permeato da atmosfere colme di epicità e fierezza, come se i Bathory più classici si alleassero con il melodic black metal di gruppi come i Naglfar, senza far mancare le atmosfere dei Secrets Of The Moon e dei Lunar Aurora ed una battagliera enfasi alla Manilla Road.
Sei brani medio lunghi, colonne sonore di epoche dove l’acciaio e gli dei comandavano sugli uomini, cavalcate di metallo votato all’oscura gloria, scritta con il sangue dei vinti e glorificata dalle urla vittoriose dei conquistatori.
La title track riassume il mood dell’album, magari lasciandosi andare ad una troppa prolissità, ma dall’indubbia presa, specialmente nel saper mantenere un’atmosfera epica mai doma.
I tasti d’avorio fanno da tappeto al sound che sprizza rabbia guerresca, gli strumenti sono armi in mano a musicisti/guerrieri, che formano un’orda barbarica, l’heavy metal epico valorizza a suon di solos classici ed atmosfere epiche songs come Soular Eclipse, mentre il mid tempo melodicissimo, che caratterizza l’inizio di Ocean Empires, travolge con la sua carica epica, prima che il crescendo si tramuti in una cavalcata di tremebondo black metal.
L’album si conclude con il brano più orientato verso il metal estremo (The Purifire), un vento ritmico che spazza via l’odore del sangue, anche se i solos si mantengono molto melodici e lo scream riecheggia di spirito epico, un lungo inno alla gloria della vittoria, tenendo ben salda tra le mani, avvolte nel metallo dell’armatura, la bandiera dell’heavy metal.
Un album che non deve scorrere tra l’indifferenza degli amanti dell’epicità in musica, assolutamente consigliato sia ai fans dei suoni estremi estremi che a quelli più orientati verso sonorità classiche ed old school.

TRACKLIST
1. Devour The Sun
2. Animalevolence
3. SinisTerra
4. Soular Eclipse
5. Oceanic Empires
6. The Purifire

LINE-UP
O. – throat
C. – battery
S. – guitars, bass
Ral – guitars, keys

MIGHTIEST – Facebook

Impurity / Sex Messiah – Vomiting Blasphemies Over The World

Primitivismo black metal, ma non solo, per un netto e felice revival di un certo suono norvegese che non smette mai di risuonare per cattiveria nel mondo tutto, come ben testimonia questo split.

Blasfemia per due ottimi gruppi black metal underground.

Gli Impurity vengono dal Brasile, e si inseriscono nel filone black metal classico, con chiari riferimenti ai Sarcofago, gloria nazional metal brasiliana.
I Sex Messiah vengono invece dal Giappone, hanno inciso demo, compilation e degli split, e fanno un black metal marcio e corrosivo. Tutto nasce da un tour in terra nipponica, dopo il quale la misteriosa etichetta High Society Satanic Records fece uscire questo split in cd in edizione limitata. Da qui questa edizione in vinile della Nuclear War Now !. Ascoltando lo split si capisce quanto siano simili le anime di questi simpaticoni, visto il simile approccio alla nera materia. Primitivismo black metal, ma non solo, per un netto e felice revival di un certo suono norvegese che non smette mai di risuonare per cattiveria nel mondo tutto, come ben testimonia questo split.

TRACKLIST
01. Cult Anti – Matutinal
02. Anti – Dominical
03. Preaching Mark Of The Beast
04. Maniac Lust
05. Holy Death
06. Vampire
07. Eternal Winter

SEX MESSIAH – Facebook

Darkend – The Canticle Of Shadows

Farvi trascinare in un mondo circondato dall’orrore e dalla deviata spiritualità di questo enorme caleidoscopio musicale di malvagità unica, è un’esperienza che dovete assolutamente vivere se siete amanti del metal più estremo e dalle reminiscenze sinfonico orchestrali.

Una band immensa, un sound apocalittico che, pur basandosi sulle estreme note del black metal, si contorna di sinfonie, cori monastici, il tutto con una spiccata predisposizione teatrale.

Un esempio concreto e quanto mai sublime di come la scena nostrana sia cresciuta in modo esponenziale, andando oltre le più rosee aspettative, regalando monumenti di musica concettualmente estrema e profonda.
I Darkend non sono una sorpresa, il loro precedente lavoro Grand Guignol-Book I aveva fatto gridare al miracolo, questa volta perpetuato dalle forze del male, più di un addetto ai lavori e questo fenomenale ultimo parto, conferma il talento estremo del gruppo emiliano.
Symphonic black metal, per lasciarvi un’ indicazione di massima, ma qui si va oltre il già sentito, per la ricchezza di clamorose partiture estreme per fermarsi ad inutili categorizzazioni o paragoni con altre realtà: d’altronde, quando il sax crimsoniano prende il comando di A Precipice Towards Abyssal Caves (Inmost Chasm, I), non potrete che inchinarvi a cotanta genialità.
Allora un passo indietro, tanto lo so che molti, occupati a svuotare il portafogli all’uscita dell’ultimo patetico album della solita band glorificata dalle riviste di settore più cool, non conosceranno questo eccezionale combo, che vede la sua nascita una decina di anni fa, nelle pianure padane di un’Emilia lontana da lambrusco e pop corn e più vicina al signore oscuro.
Due full length all’attivo, prima di questo capolavoro: Assassine del 2010 e, appunto, Grand Guignol-Book I, uscito quattro anni fa; il gruppo si compone di cinque elementi con a capo il singer Animae superbo cantore di questo devastante girone infernale tradotto in musica.
Musica demoniaca, sinfonica e sublime, perché il male è oltremodo affascinante, ipnotizza ed ammalia, senza lasciare scampo a chi vi si avvicina senza le dovute precauzioni.
Citare ogni capitolo di questa opera oscura e magniloquente è quanto meno un’impresa, mentre invitarvi a fare vostra la glaciale perfezione della terrificante Il Velo Delle Ombre è quantomeno un’obbligo da parte del sottoscritto.
Farvi trascinare in un mondo circondato dall’orrore e dalla deviata spiritualità di questo enorme caleidoscopio musicale di malvagità unica, è un’esperienza che dovete assolutamente vivere se siete amanti del metal più estremo e dalle reminiscenze sinfonico orchestrali.
Cosa hanno di diverso i Darkend rispetto ad una qualsiasi altra band straniera? Proprio quello che fa arricciare il naso a molti, il fatto di essere italiani e di esibire tematiche occulte profondamente radicate nel loro DNA.
Dimenticavo: al disco hanno collaborato Attila Csihar (Mayhem), Niklas Kvarforth (Shining), Sakis Tolis (Rotting Christ) e Labes C. Necrothytus (Abysmal Grief), serve altro?
Devo tornare indietro di un bel po’ di anni, fino all’uscita di In The Nightside Eclipse degli Emperor, per ricordare d’aver provato qualcosa di simile ascoltando black metal, non aggiungo altro.

TRACKLIST
1. Clavicula Salomonis
2. Of the Defunct
3. A Precipice Towards Abyssal Caves (Inmost Chasm, I)
4. Il velo delle ombre
5. A Passage Through Abysmal Caverns (Inmost Chasm, II)
6. Sealed in Black Moon and Saturn
7. Congressus cum Dæmone
8. Inno alla stagione dell’inverno

LINE-UP
Valentz – Drums
Animæ – Vocals
Specter – Bass
Ashes – Guitars
Nothingness – Guitars

DARKEND – Facebook

DESCRIZIONE SEO / RIASSUNTO

Depicting Abysm – Passage

Passage è un album che sicuramente comunica un senso di algida alienazione e, se questo era l’intento dei due ragazzi San Pietroburgo, l’obiettivo viene sicuramente raggiunto, permane però sullo sfondo una certa monotonia provocata da un incedere senza particolari strappi.

I russi Depicting Abysm, duo dedito ad un atmospheric depressive black, pubblicano il loro secondo full length intitolato Passage.

Al netto di una esecuzione pregevole e di una produzione buona per gli standard abituali del genere, va detto che nell’album latitano quegli spunti emotivi che sarebbe lecito attendersi con maggiore continuità in una proposta simile. I ritmi sono costanti, così come le melodie tenui ma non troppo incisive, che creano un sottofondo senza sobbalzi allo screaming disperato di matrice DSBM e a clean vocals per lo più recitate
Anche il doom entra nel novero delle influenze mostrate dai Depicting Abysm, specie nelle parti iniziali di alcuni brani, laddove l’incedere si fa più soffocante.
L’opener Shelter è sicuramente un buon brano, resta il fatto che la formula si ripete poi per oltre mezz’ora salvo le impennate finali di Gathering, in cui un violino fornisce quella variabile lungamente attesa, e di Unity, in cui un dolente chitarrismo di matrice doom, regala il picco di drammaticità dell’album.
Passage è un album che sicuramente comunica un senso di sottile afflizione e, se questo era l’intento dei due ragazzi di San Pietroburgo, l’obiettivo viene sicuramente raggiunto, permane però sullo sfondo una certa monotonia provocata da un incedere senza particolari strappi.

Tracklist:
1.Shelter
2.Shadow
3.Disbelief
4.Gathering
5.Unity

Line-up:
A. – All instruments, Programming
K. – Vocals

DEPICTING ABYSM – Facebook

Curse / Styggelse / WAN – Necroholic

Tre band per una quarantina di minuti non sono male per il fan che non si accontenta dei soliti nomi, per cui l’ascolto è consigliato, con un’attenzione particolare ai tre brani degli Styggelse, davvero molto bravi.

Buon split a cura della Satanath Records che, in un sol colpo, ci presenta tre band black metal, una proveniente dall’Islanda (Curse) e le altre due dalla Svezia ( Styggelse e Wan).

Si parte con i quattro brani degli islandesi Curse, duo nato sul finire degli anni ottanta e dalla nutrita discografia, composta da una manciata di lavori minori e tre full length; il loro sound risulta un marcissimo black metal, influenzato dal rock’n’roll di matrice motorheadiana, tra testi anticristiani e mitologia nordica.
Ritmiche velocissime e voce cartavetrata, che tanto devono alla band di Lemmy come ai Darkthrone, l’impatto è all’altezza e sui brani composti per l’occasione, spicca la cover di Ace Of Spades, storico pezzo del gruppo britannico.
Si vola in Svezia dove ci aspettano gli Styggelse, fondati all’inizio del nuovo millenni e anch’essi con un produzione già interessante, anche se il gruppo di Goteborg risulta ancor più compatto e devastante, grazie ad una produzione più consona, alla miglior amalgama tra il black metal e la musica del diavolo e tre asce che crivellano di colpi black le teste degli ascoltatori. Le ritmiche da armageddon formano un sound da tregenda che valorizza i tre brani presentati: Angel Bloodshed, Stay True To Satan For Eternity, No Team in I, pochi rispetto alla qualità della loro musica estrema, che risulta la migliore del lotto.
Le noti dolenti arrivano in parte con gli Wan, anch’essi svedesi, con alle spalle due lavori sulla lunga distanza ed un approccio più puro ed old school al genere.
Purtroppo la produzione è deficitaria e l’approccio è assolutamente obsoleto: satanici, oscuri e maligni, i Wan lasciano molto per strada, il loro sound è quanto di più scarno ed essenziale si possa concepire nel genere, ma anche atmosfericamente non alcun ricordo all’ascoltatore guastando non poco il clima di devastante divertimento che le due band, prima di loro, erano riuscite a creare con la loro musica.
Necroholic rimane una proposta interessante, e tre band per una quarantina di minuti non sono male per il fan che non si accontenta dei soliti nomi, per cui l’ascolto è consigliato, con un’attenzione particolare ai tre brani degli Styggelse, davvero molto bravi.

TRACKLIST
1. Curse – Exploding Head
2. Curse – The Observer
3. Curse – War of One
4. Curse – Ace of Spades (Motörhead cover)
5. Styggelse – Angel Bloodshed
6. Styggelse – Stay True To Satan For Eternity
7. Styggelse – No Team in I
8. WAN – In Your Face
9. WAN – Dirty Bastards
10. WAN – I brand
11. WAN – På korset vi kräks
12. WAN – Faun

LINE-UP
Curse
Einar “Eldur” Thorberg – Vocals, Guitars, Bass, Keyboards
D. Theobald – Drums

Styggelse
Skadeglade – Drums
Larsson – Guitars, Vocals
Kallbrand – Guitars, Vocals (backing)
Desekrator – Guitars
Kenneth Thunderbolt – Bass

Wan
Isengrim-Bass
Aganaroth – Guitars
Tsjud – Vocals
Draup – Drums

CURSE – Facebook

STYGGELSE – Facebook

WAN – Facebook

Altarage – Nihil

Nihil è un disco densissimo ed originale che tira le fila di un certo movimento blackened che sta crescendo molto negli ultimi tempi, ma che non sempre è di qualità come in questo caso.

Lp per questi baschi che suonano un death metal fortemente influenzato dal black e dall’hardcore maleficamente mutato.

Non si conoscono i nomi dei musicisti coinvolti in questo misfatto sonoro, si sa solo che sono veterani della scena underground. Fatto sta che riescono a creare un magma che sembra immoto ma che in realtà si muove molto velocemente verso di noi e non è prevista al salvezza. Ci sono anche elementi di hardcore e metalcore dentro questo maleficio messo in musica. La furia e la rabbia tipici di chiunque faccia metal qui raggiungono un nuovo livello, con un certo lo fi che è funzionale al conseguimento del risultato. Nihil è un disco densissimo ed originale che tira le fila di un certo movimento blackened che sta crescendo molto negli ultimi tempi, ma che non sempre è di qualità come in questo caso.
Ci sono momenti di saturazione e tensione estrema in questo disco, e proprio quei momenti vorresti non finissero mai. Un suono nuovo per vecchie oscurità. Notevole.

TRACKLIST
1.Drevicet
2.Womborous
3.Graehence
4.Baptism Nihl
5.Vortex Pyramid
6.Batherex
7.Altars
8.Cultus

ALTARAGE – Facebook

Voltumna – Disciplina Etrusca

Il mondo etrusco si presta benissimo ad essere rivisitato attraverso un linguaggio metal, e i Voltumna lo fanno con sensibilità e passione.

Secondo disco per questo gruppo nato in Toscana, alfiere della cultura etrusca trasposta nel linguaggio metal.

Dopo un primo demo di quattro pezzi, Chimera, uscito nel 2011, hanno pubblicato l’esordio sulla lunga distanza Damnatio Sacrorum nel 2012, disco che li ha portati a suonare in lungo ed in largo per l’Italia. Arrivati al secondo album, i Voltumna si dimostrano un gruppo molto sicuro dei propri mezzi, proponendo un death black metal classico molto ben bilanciato e ben suonato. Non ci sono pause per tutta la durata del disco e l’ascoltatore viene incalzato ed inseguito con veemenza. I Voltumna sono discendenti degli etruschi, forse il più meraviglioso e misterioso popolo che abbia visto il suolo italico. Disciplina Etrusca era l’insieme delle arti, dei rituali e delle dottrine, in pratica la summa di quella cultura. Il mondo etrusco si presta benissimo ad essere rivisitato attraverso un linguaggio metal, e i Voltumna lo fanno con sensibilità e passione, producendo un gran disco che invoglia a conoscere più da vicino quell’antica civiltà. Oltre a ciò Disciplina Etrusca conferma i Voltumna come una delle migliori realtà italiane in ambito metal, infatti stanno girando in Europa e persino in Sudafrica con i Behemoth.

TRACKLIST
1. Roma Delenda Est
2. Prophecy Of One Thousand Years
3. Disciplina Etrusca
4. The Alchemist
5. Bellerofonte
6. Bringer Of Light
7. Tages, Born From The Earth
8. Carnal Genesis
9. Measure The Divine
10. Teofagia
11. Black Metal (Venom Cover)
12. Tirreno

LINE-UP
Zilath Meklhum – Vocals
Haruspex – Guitar
Augur – Drums
Fulgurator – Bass

VOLTUMNA – Facebook

Malokarpatan – Stridzie Dni

Nel complesso un gran bel disco di black metal, che indica ancora una volta che la provincia dell’impero è in grado di essere avanguardia per tracciare il percorso nell’oscurità.

Originariamente pubblicato in digitale l’anno scorso, questo disco ha attirato fortemente l’attenzione della Invictus, che lo ristampato in formato fisico.

I Malokarpatan sono un gruppo slovacco di black metal grezzo e psichedelico, e vanno ben oltre i clichè del genere. Dentro la loro musica è veicolato il folklore e le tradizioni slovacche e più estesamente dell’est Europa. Molto influenzati dai maestri del genere degli anni ottanta e novanta, questi slovacchi portano una notevole ventata di esotismo e malvagità all’interno del calderone black metal. Bisogna ammettere che il folklore slovacco si presta molto bene, con le storie di demoni grotteschi e malvagi ubriachi. Tutti i testi sono in dialetto slovacco dell’ovest che rende molto bene. Nel complesso un gran bel disco di black metal, che indica ancora una volta che la provincia dell’impero è in grado di essere avanguardia per tracciare il percorso nell’oscurità.

TRACKLIST
1.Metelica a kúrnava sa žene nad krajem
2.Kýho besa mi to tá stará ohyzdná striga do pohára nalála
3.Na kríllach cemnoty do horských úbočí zostupuje posol moru a hniloby
4.O víne, kterak učený Hugolín Gavlovič z Horovec vyprával
5.Stridžie dni, kedy neradno po slnka západe vychádzat, ni perí drápat
6.Starý z hory, čo zver svoju budzogánem pobil
7.O jedném, čo pijatikou rozum si pomúcil a nakonec v chléve prenocovat musel
8.Z jazera ozruta, s volíma rohama a telom chlapiny
9.Popolvár najväčší na svete, šarkanobijca a bohatier

LINE-UP
Temnohor – throat.
As – 6 strings & backing throat.
HV – 4 strings & rhythmic beating.

MALOKARPATAN – Facebook

The Shiva Hypothesis – Promo 2015

Se questo promo è il loro biglietto da visita, allora gli Shiva Hypothesis si candidano come clamorosa rivelazione nel metal estremo dai rimandi death/black.

Se questo promo è il loro biglietto da visita, allora gli Shiva Hypothesis si candidano come clamorosa rivelazione nel metal estremo dai rimandi death/black.

Proveniente dai Paesi Bassi, il mefistofelico quartetto rilascia, sul finire dello scorso anno, questo ep, chiamato semplicemente Promo 2015, mentre il sound prodotto e le atmosfere che in esso sono racchiuse, semplici non sono di sicuro.
La band dichiara d’ispirarsi a band storiche del metal estremo, come Behemoth, Emperor, Immortal, Death e Mayhem e noi non possiamo che essere d’accordo anche se questi tre brani racchiudono in sé un impatto, una malvagità ed una tecnica che lascia a bocca aperta.
Death/black, che non si avvicina poi molto a chi del genere è maestro (scena polacca in primis), ma si alleano per creare un estremismo sonoro entusiasmante.
Ritmiche più vicine al death metal, scream personalissimo e malato, come se al microfono ci fosse davvero un demone, tasti d’avorio che formano un tappeto rosso sangue, su cui le chitarre lacrimano cianuro e l’armageddon è servito.
Prodotto benissimo, l’album parte alla grande con Ceduceus, brano devastante, meravigliosamente armonico, crudele e maligno, come le voci che dall’inferno giurano tutto il loro odio per il genere umano.
Un’invocazione al demonio, una cantilena agghiacciante apre Praedormitium, oscura, leggermente meno veloce, ma ricca di atmosfere cangianti, in un deliro chitarristico, spaccata da una marziale parte ritmica che scuote le fondamenta e apre voragini che si schiudono sull’inferno sotto di noi, mentre un solo di estrazione thrash, esplode in tutta la sua violenta natura.
Maze of Delusion chiude il cd, nove minuti di black metal straordinariamente vario, colmo di atmosfere, oscure, maligne e demoniache, ora metalliche, ora acustiche, un’anima maledettamente prog, che si unisce alle varie sfumature compresse in un brano efficace ed esaltante nella sua agghiacciante parte black metal.
Una delle migliori prove al microfono, almeno per quanto riguarda il genere, è solo una delle doti maggiori di questo clamoroso ep: il gruppo non credo farà fatica a trovare una label e aspettiamoci dunque (spero in tempi brevi) un primo full lenght che, se proposto a questi livelli, potrebbe sconvolgere le gerarchi del genere.
Da non perdere di vista.

TRACKLIST
1.Caduceus
2.Praedormitium
3.Maze of Delusion

LINE-UP
ML -Bass, Keys & Additional Vocals
JB – Guitars & Additional Vocals
MvS – Vocals
BN – Drums & Additional Vocals

THE SHIVA HYPOTHESIS – Facebook

Black Lakes – Sorrow

Sorrow è un lavoro valido e con suoni all’altezza, ma difficilmente i Black Lakes potranno trovare particolari sbocchi al di fuori dei confini patri.

I russi Black Lakes (conosciuti nella loro nazione come Чёрные Озёра , nel nostro alfabeto Chernye Ozera) sono una band piuttosto prolifica, essendo questo loro Sorrow (Горечь) il settimo full length in altrettanti anni di attività.

Il sound del trio di Balakovo pone come base ritmica il black metal, ma tutto sommato prevalgono pulsioni gotico-melodiche pervase anche da un’anima folk che, alla fine, danno vita ad un lotto di brani piuttosto orecchiabili; l’album infatti scorre via piuttosto fluido, visto che i Black Lakes hanno il pregio di non essere pretenziosi e non disdegnano l’utilizzo di soluzioni piuttosto immediate con esiti per lo più positivi.
In un coacervo in cui confluiscono Children of Bodom, Sentenced e tutta la compagni nordica dedita al black death dall’impronta più gotica e atmosferica, i brani si susseguono senza provocare particolari sussulti ma non facendo mai calare il livello sotto un’ampia e rassicurante sufficienza, finché il trittico finale arriva ad offrire una gradita impennata con il folk austero ed acustico di Ashes, la magniloquenza sinfonica dotata di un notevole chorus di Russian Land e la conclusione affidata agli introspettivi arpeggi di Time.
Abgott si dimostra un vocalist efficace e versatile ma l’utilizzo della lingua madre è pur sempre qualcosa al quale noi latini, per forza di cose, ci dobbiamo adattare; nonostante questo Sorrow è un lavoro valido e con suoni all’altezza (il mastering è a cura di Astaroth Merc dei Raventale), ma difficilmente i Black Lakes potranno trovare particolari sbocchi al di fuori dei confini patri.

Tracklist:
01. By the Malice of Hoary Wind (Foreword)
02. To the Place Where the Smoke! (Part II)
03. Carnations
04. The Broken Arrow
05. Straightening the Back
06. Fate is Just a Word!
07. Sigh
08. Ashes
09. Russian Land
10. Time (Loneliness)

Line-up:
Abgott – music, lyrics, vocal, guitars
Sfavor – music, bass, programming
Dez – music, keyboards

Nihilistinen Barbaarisuus – Madness Incarnate

Madness Incarnate si rivela un’uscita apprezzabile da parte di una band da tenere sott’occhio nella prospettiva di un prossimo lavoro su lunga distanza

Questa band, nonostante il complesso monicker in lingua finlandese, proviene da Philadelphia, anche se il ricorso a quella lingua è ampiamente giustificato dal fatto che Mika Mage, colui che regge le file dei Nihilistinen Barbaarisuus, è originario appunto del grande paese dei mille laghi.

Sotto l’egida della label russa Symbol of Domination, come l’etichetta madre Satanath Records specializzata nel recupero di realtà semisconosciute ma meritevoli di attenzione, i nostri propongono il loro black dai tratti atmosferici e, in ossequio alle origini di Mage, molto più orientato come sound alla scena nord europea piuttosto che a quella statunitense.
L’ep è breve ma, in questi pochi minuti, i Nihilistinen Barbaarisuus dimostrano di manipolare la materia in modo appropriato, conferendo al sound per lo più un’aura algida con puntate in territori depressive, ma sempre sorretto da buone linee melodiche; Mage si avvale nel corso del lavoro del contributo di tre diversi vocalist, tutti allineati comunque al tradizionale screaming di matrice back.
Molto bella e incisiva l’opener Traversing The Frozen North e non da meno si dimostrano la title track e la più robusta Immaculate Deconception (uscita in precedenza come singolo) mentre convince un po’ meno Virgin Essence per scelte ritmiche piuttosto opinabili; interessante anche la chiusura affidata al brano acustico Comte-Sponville, nel quale si può apprezzare la pregevole tecnica chitarristica di Mage.
Madness Incarnate si rivela un’uscita apprezzabile da parte di una band da tenere sott’occhio nella prospettiva di un prossimo lavoro su lunga distanza e, al riguardo, potrebbe essere utile riscoprire il relativamente recente full-length The Child Must Die, pubblicato circa un anno fa.

Tracklist:
01. Traversing The Frozen North
02. Madness Incarnate
03. Virgin Essence
04. Immaculate Deconception
05. Comte-Sponville

Line-up:
Mika Mage – Guitar, Synth, Composer

Guest Members:
Gary Hadden – Vocals “Traversing the Frozen North”, “Immaculate Deconception”
James Dorton – Vocals “Virgin Essence”
Joel Robert Thompson – Vocals “Madness Incarnate”
Joffre Videz – Drums
Manuel Rodriguez – Bass

NIHILISTINEN BARBAARISUUS – Facebook

www.youtube.com/watch?v=nuUorgRYXbo

Ashen Horde – Nine Plagues

L’ora delle nove piaghe è arrivata e queste si abbattono senza pietà, portando male, morte e distruzione dove prima c’era lusso e divertimento, in una devastante tempesta di suoni estremi che vanno dal death metal di scuola americana al black metal

Dopo i fasti degli anni ottanta, la Sunset Strip di Los Angeles ha lasciato ai posteri solo un manipolo di zombie armati di chiodo e spandex, che si aggirano senza meta aspettando che tutto si riaccenda come in un immenso luna park, fatto di code davanti ai locali, droga, sesso facile e tanto rock’n’roll.

Ma nella notte un’identità oscura e maligna si aggira per le vie della città degli angeli, fagocitando queste povere amebe nostalgiche di un mondo ormai finito: è Ashen Horde, mandata dall’inferno a cacciare anime dannate, perse nel vortice del vizio e pronte per bruciare nell’antro più buio nella casa del signore oscuro.
Trevor Portz, polistrumentista e mente di questo progetto diabolico, nato nelle fatiscenti vie dove tanti anni fa il via vai delle Cadillac davanti ai locali più cool era la normalità, arriva con Nine Plagues al secondo lavoro sulla lunga distanza.
L’ora delle nove piaghe è arrivata e queste si abbattono senza pietà, portando male, morte e distruzione dove prima c’era lusso e divertimento, in una devastante tempesta di suoni estremi che vanno dal death metal di scuola americana al black metal, il tutto ben congegnato ed unito da un collante progressivo che ne fa una proposta estrema molto interessante.
Assolutamente padrone di tutti gli strumenti, Trevor Portz lancia una maledizione in musica dall’effetto distruttivo, il sound di Ashen Horde non lascia molto spazio alle atmosfere e si viaggia in un clima da tregenda, come in un’invasione di cavallette il caos regna sovrano, inutile scappare, non ci si può difendere da questa martellante amalgama di death/black contaminato da belligerante e pazzoide thrash progressivo, che richiama le opere del geniale Devin Townsend.
Desecration of the Sanctuary mette subito le cose in chiaro, nove minuti di metal estremo che passa dal death metal di Covenant dell’angelo morboso, a devastanti sfuriate di black metal old school, scandinavo nel suo macabro sound e schizoide quando le ritmiche thrash, aggiungono violenza a violenza.
Bravissimo tecnicamente e sul pezzo con tutti gli strumenti, il musicista americano rifila cinquanta minuti di maligno e disturbante metal estremo, le fughe in blast beat, come le frenate sull’orlo del baratro, aggiungono monoliticità a brani che urlano dolore sconvolgendo con le oscure trame di Feral, The Stranger, il capolavoro black progressive doom Isolation e la conclusiva e terremotante A Reversal of Misfortune.
Al passaggio del demone, sulla strada rimane solo una putrida e soffocante puzza di zolfo, ora le vie sono in mano all’oscuro e feroce demone, statene alla larga, soprattutto di notte …

TRACKLIST
1. Desecration of the Sanctuary
2. Sans Apricity
3. Feral
4. Famine’s Feast
5. The Stranger
6. Atra Mors
7. Dissension
8. Isolation
9. A Reversal of Misfortune

LINE-UP
Trevor Portz – Everything

ASHEN HORDE – Facebook

Devilgroth – Morena

Morena è un buon disco perché non banale e coinvolgente a sufficienza, ma presenta qualche sbavatura di troppo per poter ambire all’eccellenza.

Duo siberiano dedito al black metal , i Devilgroth con Morena timbrano puntualmente il cartellino mantenendo il ritmo di un full length all’anno fin dal 2012.

Qui ci si trova di fronte ad un’esibizione che convince dal punto di vista del songwriting mentre, talvolta, qualcosa non quadra a livello di suoni (la batteria, che ogni tanto perde qualche colpo, è comunque sovrastata dalle chitarre che predominano il sound); avendo, per mia natura, sempre anteposto per importanza il primo dei due aspetti, non posso che confermare la bontà complessiva di un lavoro la cui produzione un po’ naif viene compensata da un’interpretazione del genere sufficientemente personale.
Il black dei Devilgroth possiede un che di epico che, nel contempo, viene sospinto dai gelidi venti della terra d’origine dei nostri. Morena si rivela pertanto un album gradevole, con diversi brani convincenti (in particolare, per potenziale evocativo, la conclusiva The Vedic Rus’) , anche se da una band dalla discografia già piuttosto cospicua diviene lecito attendersi qualcosa in più a livello di cura dei particolari.
Un buon disco, quindi, perché non banale e coinvolgente a sufficienza, ma che presenta qualche sbavatura di troppo per poter ambire all’eccellenza.

Tracklist:
1. Introduction
2. Nav’
3. Open the Eye
4. Space Suggests to Serve
5. Cradle of All Lifeless
6. Shine of the North
7. Stribog
8. The Vedic Rus’

Line-up:
Celestial – Drums
Aarsland – Guitars, Bass, Vocals

DEVILGROTH – Facebook

Xibalba (Xibalaba Itzaes) – Ah Tza ! 7″ Ep

Il loro black metal è immanente e cattivo, malvagità maya che non conosce pietà ne fa prigionieri.

Tornano i black metallers messicani Xibalba, con la loro notevole mistura di dei maya e black metal.

Gli Xibalba o meglio Xibalba Itzaes, non hanno avuto una carriera lineare, dato che pubblicano poche cose, ad esempio Demo 2010 vede la luce o meglio le tenebre quattrodici anni dopo i loro demo del 1992 e del 1994, seguiti dal debut album Ah Dazam Poop Ek del 1994. Il loro black metal è immanente e cattivo, malvagità maya che non conosce pietà ne fa prigionieri. Loro sono stati fondamentali nella nascita e nello sviluppo del black metal messicano, che ora rappresenta uno dei migliori movimenti dell’America di lingua latina. Gli Xibalba Itzaes sono stati il primo gruppo messicano a riportare la cultura maya al centro del discorso, facendo riguadagnare l’interesse dei giovani per il proprio patrimonio culturale, in chiave pagana ed anticristiana. In questi nove minuti di diluvio black metal su vinile i messicani toccano vette davvero alte di intensità, rifuggendo giustamente da una miope ottica lo fi, rendendo con una decente produzione un buon suono. Il loro black metal si discosta dalla media sia per l’esecuzione che la composizione, ma soprattutto per essere originale perché potente ma non cieco.
Furia pagana e classe balck metal per un ritorno molto gradito, che fa rimpiangere la loro scarsa prolificità.

TRACKLIST
01. Ah Tza !
02. Katun 1
03. Dawn of Endless Horrors.

LINE-UP
Marco Ek-Balam – Guitar & Vocals.
Vic EkXibChac – Bass Guitar.
Jorge Ah-Ektenel – Drums.

XIBALBA – Facebook

Mourning Soul – Ego Death – Ritual

Il sound dei Mourning Soul, nonostante provenga dalla calda Trinacria, è gelido quanto quello dei Behemoth o dei “confratelli” scadinavi, ma racchiude in sé una drammaticità di fondo tutta mediterranea, un’inquietudine che si esplicita tramite passaggi acustici, voci recitate, sampler, che di volta in volta vengono investiti da una colata lavica di note possenti.

Dopo una decina d’anni di attività, i siciliani Mourning Soul giungono al full length d’esordio sotto l’egida della Dolorem Records.

La prima cosa che emerge fin dall’ascolto delle prime note dell’album è che, sicuramente, tutto il tempo che il trio di Enna si è preso prima di arrivare questo appuntamento è stato ben speso: il black death che viene riversato in questo lavoro è, infatti, di un livello tecnico e compositivo inattaccabile, esaltato poi dalla scelta di affidare il lavoro di registrazione a Magnus Andersson (già all’opera sugli ultimi album di Marduk e Ragnarok, tra gli altri) presso gli Endarker Studio in quel di Norrköping.
Furia controllata, rallentamenti, inserti acustici, un growl di matrice tipicamente death, sono gli elementi che, perfettamente coesi, rendono l’album un prodotto di respiro internazionale, meritevole quindi di uscire dai nostri angusti confini “metallici”.
Il sound dei Mourning Soul, nonostante provenga dalla calda Trinacria, è gelido quanto quello dei Behemoth o dei “confratelli” scadinavi, ma racchiude in sé una drammaticità di fondo tutta mediterranea, un’inquietudine che si esplicita tramite passaggi acustici, voci recitate, sampler, che di volta in volta vengono investiti da una colata lavica di note possenti.
Ego Death – Ritual non mostra cedimenti, quindi, piuttosto che di punti deboli, bisogna necessariamente parlare di picchi compositivi, rinvenibili per esempio in una traccia formidabile come Weltschmerz, con la quale si viene sballottati tra il black più oscuro ed atmosferico, il depressive ed il doom, o nella conclusiva e drammatica The Judgement Of Gehenna, che si chiude rievocando momenti del massacro di Jonestown (o almeno è quanto mi pare di cogliere, in assenza di note più esplicite in tal senso).
Un sentimento fortemente antireligioso è, del resto, ciò che gronda in maniera copiosa da queste note, ma ciò non avviene mai in maniera becera bensì in una forma matura, compiuta e convincente; in sintesi, Ego Death – Ritual è uno dei migliori esempi di black/death metal sfornati in questo primo scorcio di 2016 (con buone chance di restare tale anche a fine anno), per cui chi ama il genere ha il dovere di farlo proprio.

Tracklist:
1. Salvation (To The Temple Of Knowledge)
2. Resurrection Through The Serpent’s Light
3. The Cold Embrace Calls Me
4. Weltschmerz (The Heavyness Of Sin)
5. Chamber Of Bones
6. Bleeding By Thorns
7. Moribunds
8. Ultima Solitudo
9. The Judgement Of Gehenna

Line-up:
Sacrifice – Vocals, Bass, Synths
Decrepit – Guitar, Synths
Nocturnal Fog – Drums, Synths

MOURNING SOUL – Facebook

Veneficium – Veneficium Tape

Tumultuosa e caotica eggregora di death e black metal, che cresce come una bestia senza controllo per lo spazio di tre canzoni che segnano più di album interi.

Tumultuosa e caotica eggregora di death e black metal, che cresce come una bestia senza controllo per lo spazio di tre canzoni che segnano più di album interi.

Dall’underground metallico neozelandese arriva questa bestia demoniaca che porta il nome di Veneficium, e che qui ci colpisce con il suo primo demo in cassetta. La proposta dei Veneficium porta il segno demoniaco, ed è fatta di metal in lo fi ma con gusto, ovvero l’analogico è al servizio dell’effetto finale, e non è esso stesso un fine. Tre pezzi pesanti e sporchissimi, che lasciano sperare in un’agonia finale su lunga distanza. Non si risparmiano i Veneficium e non lasciano tregua all’ascoltatore, che dovrà calarsi in tenebrosi abissi che lo faranno godere alquanto.
La saturazione sonora è quasi al limite ma ciò non infastidisce poiché i Veneficium trovano sempre qualcosa di valido e bestiale per andare avanti. Un demo che lascia basiti per quanta cattiveria e caos contiene, ma anche per la sagacia metallica con la quale è composto. Molto bestiale, molto bello.

TRACKLIST
01. Mefetic Exhumations
02. Aggregation Of Suffering Manifest
03. Mordant Photism Above Cathedrals

VENEFICIUM – Facebook