Darkrypt – Delirious Excursion

Un manifesto più che esauriente del livello raggiunto ormai dai gruppi asiatici ed in particolare da quelli indiani

Kunal Choksi ne sa una più del diavolo in fatto di metal ed al timone della sempre più titolata ed importante label Transcending Obscurity centra un altro bersaglio pieno con l’esordio su lunga distanza dei Darkrypt, combo di Mumbai dedito a far risplendere il buon vecchio death metal con Delirious Excursion.

Certo è che si sono fatte le cose in grande per valorizzare al meglio questo lavoro, ed i personaggi che hanno dato il loro contributo per la riuscita del disco sono di valore assoluto.
Inutile dire che prima dell’ascolto dell’album le aspettative per il sottoscritto si sono alzate notevolmente alla lettura dei dettagli forniti dalla label indiana.
Mixato da Greg Chandler ai Priory Recording Studios e masterizzato dal sempre più inimitabile Dan Swano (tornato a lavorare dietro alla consolle dopo aver dato alle stampe un nuovo capolavoro con il secondo album dei Witherscape) agli Unisound Studios, Delirious Excursion vede la partecipazione in veste di special guest di un altro monumento del death metal, Rogga Johansson in pista con una decina di lavori all’anno e fresco di stampa con l’ultimo album dei Paganizer, e Nitin Rajan, singer dei connazionali Primitiv e compagno di Riju Dasgupta (Primitiv e Albatross) qui alle prese con le liriche.
Con queste premesse l’album non poteva certamente deludere, ed infatti Delirious Excursion è una valanga oscura di death metal old school, praticamente perfetto per quanto riguarda l’impatto, travolgente nel suo impeto animalesco e cangiante nel sound, dove l’irruenza lascia molte volte spazio al lento incedere, potente e macabro del doom death di matrice Asphyx.
Un album influenzato dalla scena dei primi anni novanta, classico nel suo genere, con un lavoro certosino in sede di produzione e tecnicamente ben suonato e valorizzato da ospiti di riguardo, non può che diventare un botto per band e label e così è.
L’aurea estrema dalle tinte oscure, l’ottimo uso delle melodie chitarristiche, un sound che spazia tra la storica scena scandinava e quella centro europea fanno di brani come Dark Crypt, la brutale e magniloquente Chasm Of Death, le ritmiche jazzate e l’atmosfera destabilizzante creata da Folie a Deux, attimo di calma dopo l’uragano Cryptic Illusions, brano devastato dall’orco Johansson, e la conclusiva The Acceptor, un manifesto più che esauriente del livello raggiunto ormai dai gruppi asiatici ed in particolare da quelli indiani, una culla di realtà metalliche sopra la media, presente e futuro della scena metal estrema underground.
Con tutti i limiti (ma solo per qualcuno) di un sound classico dove le influenze non possono che venire a galla in ogni passaggio (Asphyx, Entombed, primissimi Amorphis e Hypocrisy), Delirious Excursion è un ottimo esempio di come il death metal sia un genere tutt’altro che obsoleto, e vanno fatti solo complimenti a questi musicisti.

TRACKLIST
1. The Becoming Alteration
2. Dark Crypt
3. Chasm of Death
4. Abstract Submission
5. Cryptic Illusions (ft. Rogga Johansson)
6. Folie a Deux
7. Limbic Dichotomy
8. The Inducer (ft. Nitin Rajan of Primitiv)
9. The Acceptor

LINE-UP
Amey Bhole – Vocals,Bass Guitar
Aumkar lele – Drums
Rishabh Ravi – Guitars
Mihir Gaikwad – Guitars

DARKRYPT – Facebook

Supremative- Servitude Of The Impurity

Qui pulsa un cuore morto ed immondo, che è la ragione per cui a noi teste malate di rumore ci piace così tanto.

Sette pollici in vinile, ristampa del demo uscito nel 2013 e ora praticamente impossibile da trovare.

I Supremative sono un gruppo che ha conquistato molti fans nell’underground del black death metal e il perché possiamo scoprirlo ascoltando questo disco.
Questo breve demo di quattro pezzi sarà amato da chi si crogiola nel metal marcio, veloce e lo fi. I Supremative fanno un attacco sonoro davvero notevole, dove possiamo ascoltare anche un forte retrogusto grind, quel grind che poi sta alla base anche del black. Il suono è lanciato a mille chilometri all’ora verso il baratro vizioso dei nostri sensi e la velocità si coniuga con un ottimo gusto per cambi e atrocità varie. Ci sono ancora gruppi come i Supremative che fanno un metal che non morirà mai, perché è l’essenza fortemente underground di una musica che solo con un’operazione alchemica contro natura si rende mainstream. Qui pulsa un cuore morto ed immondo, che è la ragione per cui a noi teste malate di rumore ci piace così tanto.
Questa edizione è limitata a 250 copie in vinile ed è il precursore dell’album dei Supremative che sarà pubblicato dalla Blood Harvest nel 2017.

TRACKLIST
1.Intro / Embrace the Endless War
2.Altars Of Sodomy
3.Campaign Of Execution
4.Servitude Of The Impure Messiah

BLOOD HARVEST – Facebook

Sarcófago – Rotting Reissue

Se hanno un senso le ristampe per album di gruppi sconosciuti ai più, figuriamoci quelle di lavori estremamente importanti come la discografia di questa storica band brasiliana.

L’importanza dei deathsters brasiliani Sarcofago nello sviluppo della musica estrema di stampo death/tharsh è inequivocabile: nato nel 1985 per volere Wagner ”Antichrist” Lamounier, cantante dei primissimi Sepultura, il gruppo di Belo Horizonte è citato tra le influenze di molte band che poi fecero sfracelli negli anni novanta.

Idolatrati e rispettati da tutti, i Sarcofago furono uno dei primi gruppi ad usare in maniera continua e devastante i blast beat, in un delirio di violenza death/thrash e tematiche sataniste e anticristiane che fanno del gruppo uno dei primi esempi del sound devoto al maligno per eccellenza, il famigerato black metal.
La Greyhaze Records pubblica la riedizione dell’ep Rotting, licenziato dalla band nel lontano 1989 via Cogumelo Records su vinile, con l’aggiunta di un bonus dvd ed un nuovo artwork.
Il dvd è senz’altro la parte più interessante perché immortala il gruppo sul palco nel 1991 di supporto ai Morbid Angel, in tour per supportare quel capolavoro estremo dal titolo Altar Of Madness.
Cinque brani più intro, Rotting fece parte di una discografia colma di perle estreme, e ci scaraventa al tempo in cui la band era una dei gruppi più estremi in circolazione: il loro sound equivale ad un’apocalisse di death/thrash sulla scia dei Venom, un sound che da lì a poco troverà lustro e nuova vita nelle lande innevate della Scandinavia e del famigerato unholy black metal della scena norvegese, che all’epoca muoveva i primi passi in quello che, in seguito, diventerà un movimento importantissimo per le vicende musicali (ed extra musicali) del metal estremo.
Rotting confermava la vena distruttrice del trio già sulla bocca di tutti per una manciata di demo, ma soprattutto per il primo devastante lavoro I.N.R.I, uscito due anni prima.
Wagner Antichrist, Gerald Incubus e M. Joker vomitavano tutto l’odio contro la religione e la chiesa in particolare su di un sound primordiale, estremo in tutte le sue componenti, arrivando a toccare vette di violenza ancora oggi irraggiungibili per molti dei gruppi odierni; il loro furore si scagliava contro i cristiani in maniera inequivocabile, con testi blasfemi e un sound che era pura e violentissima guerra in musica.
Scream/growl cattivissimo, riff assassini e furiose accelerazioni ritmiche facevano di Alcoholic Coma, Tracy e la title track (su tutte) un’apoteosi di violenza, distruzione e luciferine urla inneggianti la totale distruzione del sistema religioso e la glorificazione del regno di Satana.
Precursori nell’amalgamare death/thrash e black metal in un unico massacro sonoro, i Sarcofago sono la classica band che ogni amante del metal estremo deve sfoggiare nella propria discografia; se hanno un senso le ristampe per album di gruppi sconosciuti ai più, figuriamoci quelle di lavori estremamente importanti come la discografia di questa storica band brasiliana.

TRACKLIST
01. The Lust
02. Alcoholic Coma
03. Tracy
04. Rotting
05. Sex, Drinks & Metal
06. Nightmare

LINE-UP
Wagner Antichrist – Vocals, guitars
Gerald Incubus – Bass, voclas, guitars
M. Joker – Drums, vocals

Martyrion – Our Dystopia

Quasi settanta minuti di musica sono tanti per un album che vive di alti e bassi: comprimendo il tutto, la resa sarebbe stata certamente migliore.

Death metal moderno e melodico, a tratti apocalittico, quello suonato dai Martyrion, band tedesca attiva da una decina d’anni e con alle spalle due precedenti full length e due ep.

Successore di Refugium: Exile, uscito anch’esso quest’anno, il nuovo lavoro del gruppo continua a dispensare metal estremo dai connotati moderni, melodico in molte sue parti e frenato da un mood marziale.
La caratteristica peculiare del sound è composta da una sequenza di riff melodici su di una base ritmica dal buon groove, il growl profondo e brutale infonde la giusta tensione, scontrandosi atmosfericamente con i solos ipermelodici delle chitarre.
Nulla di clamoroso ma sicuramente ben fatto, Our Dystopia ha la sua pecca nella prolissità; quasi settanta minuti di musica sono tanti e la band tende a replicare più volte la stessa formula.
Per molti è un male, ma se siete amanti del death metal melodico, la cosa non disturba troppo, anche se l’album vive di alti e bassi e riassumendo il tutto, avrebbe certamente reso di più.
Alcune parti ritmiche che sconfinano nel thrash, danno quella varietà sufficiente per non scadere nella noia, e diverse tracce meritano di essere menzionate (In the End, la thrashy The Calm After the Storm, il picco qualitativo We Are Only Human) mentre nella seconda parte l’attenzione scema leggermente per tornare ancora una volta alle prime note pianistiche dell’ottima No Fear No Obedience, oscura, melodica e dall’anima dark.
Siamo nel mondo del death metal melodico, la band non dimentica la sua provenienza ed aggiunge quel tocco dark/gothic apocalittico di cui i tedeschi sono maestri e l’album strappa un voto buono proprio per l’uso di atmosfere oscure e solos drammaticamente melanconici; se siete amanti del genere Our Dystopia è senz’altro un buon ascolto, i riferimenti sono da annoverare tra le fila del metal estremo nord europeo e dalla ombrosa scena dark/gothic tedesca.

TRACKLIST
1. Our Dystopia
2. In the End
3. Genozenith
4. The Calm After the Storm
5. What We Leave Behind
6. We Are Only Human
7. From Reality into Fear
8. The End of Eternity
9. The Uncertain Future Dies
10. When the World Watches
11. No Fear No Obedience
12. The Storm
13. With My Eyes Unaffected

LINE-UP
Jannik Baur- Drums
Felix Lüpke – Guitars
Hendrik Franke – Bass
See also: Transgression
Marian Freye – Guitars
David Schäfer – Vocals

MARTYRION – Facebook

Kerasphorus – Kerasphorus

Il loro suono è violento e cattivo, a cavallo tra il death ed il black, con una forte preponderanza del secondo.

Band proveniente dalla Florida con una travagliata storia di line up alle spalle.

Tutto comincia nel 2008 quando Pete Helmkamp e Gene Palubicki decidono di mettere in pausa a tempo indeterminato la loro band Angelcorpse.
Prende quindi vita la creatura chiamata Kerasphorus, composta da Helmkamp al basso e alla voce e da Wolaniuk alle chitarre, il tutto per essere ancora più aggressivi rispetto alla band precedente. Nel 2009, grazie anche alla presenza di un batterista turnista, viene pubblicato il mini cd Cloven Hands At The Holocust Dawn. Dopo due anni e in due giorni di prove e registrazioni vede la luce o meglio le tenebre il 12” Necronaut. Entrambi i dischi ricevono una buona accoglienza dal pubblico e dalla critica, ma batterista e bassista si rifiutano di suonare dal vivo. Dopo varie discussioni con Palubicki e Palmer, che ora sono due membri fissi del gruppo, viene deciso di far diventare i Kerapshorus un lato più oscuro e cattivo degli Angelcorpse. Il loro suono è violento e cattivo, a cavallo tra il death ed il black, con una forte preponderanza del secondo. Aggressività ed intensità sono i marchi di fabbrica di questo gruppo, che fa la sua figura nel roster della Hellsheadbangers, etichetta a cui piace molto questo suono ibrido diretto e cattivo. In questo disco è contenuta la discografia del gruppo fino a questo punto, e anche se sono solo sei pezzi la raccolta è molto buona. Un altro grande gruppo dalla Florida.

TRACKLIST
1.Locust Nexus
2.Through the Spiral Void
3.The Abyssal Sanhedrin
4.Aosoth Paradigm
5.Disturb the Furthest Stars
6.Swarm Intelligentsia

LINE-UP
P. Helmkamp
G. Palubicki
R. Parmer

KERASPHORUS – Facebook

Carnal Tomb – Rotten Remains

Non è sicuramente a lavori come Rotten Remains che si chiedono originalità e personalità, ma i Carnal Tomb fanno pienamente il loro dovere.

Il death metal old school non accenna a diminuire i suoi putridi e malefici parti e i fans del genere, pur non cevdendo più i loro beniamini sulle copertine delle riviste di settore, se rivolgono lo sguardo leggermente più in basso troveranno di che sfamarsi, nutriti dal mondo dell’underground metallico.

Tra le strade buie di Berlino, zombie affamati aspettano di mutilare irrimediabilmente i vostri corpi, sempre in caccia di cibo e risvegliati dai deathsters Carnal Tomb, al debutto sulla lunga distanza con Rotten Remains, licenziato dalla Memento Mori.
In due anni di attività il gruppo tedesco ha dato alle stampe un demo ed un ep, raccolti poi nella compilation Revived dello scorso anno, ora però è il momento di Rotten Remains, devastante lavoro di death metal old school che richiama in modo particolare le storiche band scandinave e gli album usciti nei primi anni novanta.
Basta guardare la foto sul profilo facebook della band per capire che gli Entombed (l’immagine richiama una foto storica del gruppo svedese) sono tra le principali influenze del combo berlinese, così come i Dismember e compagnia di deathsters nordici che, ormai quasi trentanni fa,scrissero le tavole della legge del genere.
Rotten Remains dunque è un album che raccoglie l’eredità dei gruppi citati e, senza cambiare una virgola, ripropone quel tipo di sound in modo maniacale.
Non male l’impatto che i Carnal Tomb hanno sull’ascoltatore, l’album fila via che è un piacere, rallentamenti e furiose accelerazioni, solos che sanguinano come un arto staccato da un morso, un growl animalesco ed una montagna di riff giganteschi ed oscuri, sono le armi con cui il gruppo convince, rimanendo ancorato a soluzioni che più old school di così non si può.
Non è sicuramente a lavori come Rotten Remains che si chiedono originalità e personalità: Beneath The Coffins, Cycle Of Horror e la titletrack fanno il loro dovere, cioè massacrare l’ascoltatore con mazzate di death metal vecchia scuola, confrontandosi con le loro illustri influenze con rispetto e devozione.
Per gli amanti del genere un buon ritorno alle origini.

TRACKLIST
1. Undead Dread
2. Beneath the Coffins
3. Funeral
4. Cycle of Horror
5. Rotten Remains
6. Cemetery Inversion
7. Repository
8. Waking in a Casket
9. Repulsive Mutilation

LINE-UP
Corpse Ripper – Bass, Vocals
Cryptic Tormentor – Vocals, Guitars, Programming
Vomitchrist – Drums
Lobotomizer – Guitars

CARNAL TOMB – Facebook

Slaughtbbath / Grave Desecrator – Musica De Nuestra Muerte

Un ottimo split che ha lo scopo di promuovere due ottime realtà sudamericane di rumore e satanismo.

Sette pollici split fra due grandi band sudamericane, i cileni Slaughtbbath e i brasiliani Grave Descrator.

I primi usciranno preso sempre su Hellheadbangers, e i secondi sono già usciti per questa etichetta che tiene alto il nome delle vere produzioni metal. Gli Sl1aughtbbath fanno un black metal fortemente influenzato dal death, con molti richiami sia ai classici del black sia al death metal della Florida degli anni novanta. Cattiveria ed oscurità vi porteranno in catacombe lo fi da dove non ne uscirete più. Nelle note di questi cileni possiamo anche ascoltare gli echi di una fiera tradizione black metal sudamericana che non molla mai, ma che anzi continua. Se andate sul loro bandcamp troverete molti dei loro ottimi album in download libero, e ne vale davvero la pena. In questo split hanno una traccia sola ma che rende molto bene l’idea.
I brasiliani Grave Desecrator fanno invece un speed metal molto sporco e molto devoto agli anni ottanta, con della cattiveria in più. Hanno pubblicato da poco anche il nuovo disco Dust To Lust. Le loro composizioni sono stratificate e notevoli, e questo brano gli rende molta giustizia.
In definitiva un ottimo split che ha lo scopo di promuovere due ottime realtà sudamericane di rumore e satanismo.

TRACKLIST
1. SLAUGHTBBATH: Nefast Fireground / Tyranny From Sodom
2. GRAVE DESECRATOR: The Fallen (Intro)
3. GRAVE DESECRATOR: SxSxSx (Sex, Sin and Satanism)

Bloodred – Nemesis

Un sound roccioso che si nutre di death, black e thrash

Un lavoro autoprodotto dalla natura estrema, che esce cristallino e perfettamente godibile in tutte le sue parti, acquista valore anche per lo sforzo della band nel consegnare ai posteri un prodotto il più professionele possibile.

Nemesis è tutto questo e non solo, primo lavoro sulla lunga distanza dei Bloodred di Ron Merz, polistrumentista tedesco, in questo caso aiutato alle pelli da Joris Nijenhuis (Leaves´ Eyes, Atrocity, ex-DrDoom), una piovra dannatamente potente ed efficace, non per niente batterista di nomi altisonanti del metal europeo. Non
solo il batterista, la famiglia Leaves’Eyes/Atrocity è ben presente nella creazione di Nemesis con il mastermind Alexander Krull, dietro alla consolle per i lavori di produzione, mix e mastering avvenuti nei Mastersound Studio e con l’artwork curato da Stefan Heilemann, artista già al servizio per il gruppo di Krull e Liv Kristine e altre top band del genere come Nightwish, Epica e Lindemann.
Con queste premesse non poteva che uscire un album notevole, ed infatti al primo colpo (il primo vagito dei Bloodred risale all’ep di due anni fa con The Lost Ones) Ron Merz centra il bersaglio: la sua creatura vive di umori estremi devastanti, epici, battaglieri, in una tregenda portata dall’invasione della creatura Bloodred, mai doma, affamata di sangue, dominatrice e tremendamente oscura.
Un sound roccioso che si nutre di death, black e thrash, non in parti uguali ma a formare una macchina da guerra paurosa, con Joris Nijenhuis che nell’oscurità semina morte e distruzione con feroci blast beat ed una prova in generale sopra le righe, e Merz che vomita odio dalla bocca e tremendi riff dal taglio black con la sei corde che si trasforma in una rocciosa e devastante arma death/thrash.
Si passa con disinvoltura da violente scariche di metal estremo dal taglio nordico (la titletrack) a furiose tempeste di note che pescano dal metal estremo più in linea con le produzioni europee, la scuola tedesca è ben presente, sia per quanto riguarda l’anima thrash sia per quella più oscura del death metal e le chicche non mancano (Tragedien i Svenskehuset e The Lost Ones su tutte).
Discorso a parte per la conclusiva Im kalten Licht der Ewigkeit, un brano cantato in lingua madre, gelido come il vento del nord che spazza via le anime dai corpi putrefatti dei caduti sul campo di battaglia, una marcia verso l’inferno, cadenzata e straziante, atmosfericamente terrificante e colma di lugubri sfumature true Norwegian black metal.
Non mi resta che fare i complimenti al musicista tedesco ed obbligarvi a far vostro questo gran bel pezzo di metallo estremo.

TRACKLIST
1. Fell Voices on the Wind
2. Tragedien i Svenskehuset
3. Nemesis
4. The Hail-Storm
5. Collateral Murder
6. The Lost Ones
7. Spirits of the Dead
8. Im kalten Licht der Ewigkeit

LINE-UP
Ron Merz – Guitars, Bass & VocalsDrums
Joris Nijenhuis – Drums

BLOODRED – Facebook

DESCRIZIONE SEO / RIASSUNTO

Demonic Obedience – Nocturnal Hymns to the Fallen

Nocturnal Hymns to the Fallen è un buon esempio di death metal alla Morbid Angel sfumato di black

Tra le componenti maggiori per la riuscita di un buon disco death metal, l’impatto molte volte è l’arma essenziale, tralasciando la mera tecnica strumentale, quella in più per le innumerevoli band che si affacciano sul desolato ed oscuro mondo del metal estremo.

E i Demonic Obedience, creatura malvagia del polistrumentista greco trapiantato in Scozia George Ntavelas, di impatto ne hanno da vendere, sia per quanto riguarda la furia death/black con cui sparano queste otto cartucce imbevute di veleno, sia per la predominanza di atmosfere nere, una palude di note che affogano nella melma infernale di cui questo secondo lavoro è pregno.
La componente black è più concettuale che musicale, nei solchi di Nocturnal Hymns to the Fallen si respira l’aria imputridita e umida del death metal a sfondo satanico, occulto e misantropico, convogliato in mezz’ora abbondante di blasfemie ed invocazioni al signore oscuro.
Old school nell’approccio, violento e sadico nel vedere resti umani galleggiare nell’acqua intorbidita dal sangue e dagli escrementi con gelido distacco, l’album conta sull’aura evil che il buon Ntavelas ha creato, non senza strapparci un sorriso per la buona padronanza dei ferri di un mestiere che all’inferno qualcuno deve pur fare.
Un Caronte che ci prende per mano e a colpi di pesantissime tracce (Portal of the Sacred Kan e Godmade Beast le migliori) ci accompagna nel mondo pastoso, oscuro e blasfemo dell’album, un buon esempio di death metal alla Morbid Angel , sfumato di black di ispirazione polacca e ,come scritto in prima battuta, dall’ottimo impatto evil … non male.

TRACKLIST
1. Create the Shapeless
2. Portal of the Sacred Kan
3. Forced Obscenity
4. Impermissible Irreverence Pt. 1
5. Nocturnal Imagery
6. Godmade Beast
7. Impermissible Irreverence Pt. 2
8. Gehenna

LINE-UP
George Ntavelas – Vocals, Guitars, Bass

DEMONIC OBEDIENCE – Facebook

Deprive – Temple of the Lost Wisdom

Chi vuole ascoltare del death doom nella sua forma più oscura e meno ammiccante deve seguire la strada percorsa dai Deprive

Eccoci alle prese con l’ennesimo “workaholic” del metal, uno della genia di personaggi come Déhà, per intenderci, capaci di tenere in piedi un numero di progetti in doppia cifra facendo ragionevolmente ritenere che alcuni mortali siano realmente dotati del dono dell’ubiquità.

La cosa rimarchevole è però che, il più delle volte, tale iperattività non va a discapito della qualità e, addirittura, per il citato musicista di origine belga la tendenza pare essere paradossalmente all’opposto.
Erun-Dagoth, al secolo lo spagnolo Javier Sixto, è un produttore e musicista coinvolto, tra passato e presente, in oltre una ventina di band e progetti tra i quali questo denominato Deprive, con il quale il nostro ci fa ripiombare senza misericordia in atmosfere piacevolmente novantiane.
Chi ha amato gli album pubblicati in quel decennio da Morbid Angel ed Incantation, tanto per citare i due nomi più pesanti che vengono in mente, troverà pane per i propri denti in questo Temple of the Lost Wisdom, lavoro che al detah dei primordi unisce mirabilmente quei mortiferi rallentamenti di matrice doom che fecero la fortune di molti in quel periodo.
La bontà dell’operato del musicista di Santander risiede principalmente nella sua capacità di rendere relativamente vari i diversi brani, rinunciando ad un approccio annichilente e optando, invece, per l’inserimento di parti in cui il sound si fa morbosamente melodico; se a tutto questo aggiungiamo una prestazione rimarchevole sotto tutti gli aspetti, in considerazione della natura rigorosamente solista del progetto, il giudizio finale per quest’opera non può che essere decisamente positivo.
I tre quarti d’ora di musica estrema di prima classe trovano il loro picco in una traccia magistrale come Gospel of the Black Sun, nella quale un appassionato di musica del destino come il sottoscritto non può fare a meno di godere di quello che è, a tutti gli effetti, un’esibizione emblematica del migliore death doom, con le furiose accelerazioni inframmezzate da bruschi rallentamenti nei quali la chitarra disegna armonie tutt’altro che banali, il tutto sovrastato da un growl magari un pizzico monocorde ma perfetto per il contesto.
Ecco, chi vuole ascoltare del death doom nella sua forma più oscura e meno ammiccante deve seguire la strada percorsa dai Deprive, perchè in Temple of the Lost Wisdom si trova lo stato dell’arte del sottogenere, rappresentato da un songwriting ispirato e da una produzione, finalmente, coerente con le sonorità proposte.

Tracklist:
1. Other Earth
2. A Mournful Prophecy
3. Vortex of Repulsion
4. Doomed Tears of Humanity
5. Hyperborean Serenades – The Elder Race Mystery
6. Gospel of the Black Sun
7. Temple of the Lost Wisdom
8. Fall of Atlantis
9. A Desperate Praise
10. Incarnation of the Macabre

Line-up:
Erun-Dagoth – All instruments, Vocals

DEPRIVE – Facebook

Assailant / Ubiquitous Realities – Bringers of Delusion

Uno dei migliori split album usciti negli ultimi tempi in campo estremo

Symbol of Domination Prod. ci presenta, con questo split album, due gruppi provenienti dal Costarica, lembo di terra che divide il continente americano e che si affaccia sul mercato metallico con sempre più convinzione.

La prima band in questione sono i prog/thrashers Assailant, quartetto che arriva con Bringers Of Delusion alla seconda uscita sul mercato, che segue di ben quattro anni il primo demo, licenziato nel 2012.
Tanto tempo è passato, un peccato perché il gruppo merita oltremodo con il suo thrash metal ultra tecnico e progressivo che non lascia sicuramente indifferente chi ha modo di ascoltarne la proposta.
Amalgamando la vecchia scuola nata nella Bay Area con quella europea dai rimandi progressivi, i quattro musicisti centro americani stupiscono per l’alta qualità tecnica ed un’arguzia compositiva sopra le righe, lasciando un’ottima impressione e molta aspettativa (almeno nel sottoscritto).
I quattro brani presentati oltre ad esssre suonati molto bene, fanno rizzare le orecchie ai fans del thrash più evoluto, presentandosi come una perfetta amalgama tra Voivod, Death Angel ed i tedeschi Mekong Delta, peccando solo per una produzione che, con maggiore cura, avrebbe ancor più valorizzato le traccie proposte.
Una band da seguire, così come gli Ubiquitous Realities, duo che fa del technical death metal dai rimandi brutal il suo credo e che con lo split in questione da il via alla sua carriera nel mondo del metal estremo.
Prodotte meglio rispetto ai brani dei loro connazionali, le quattro canzoni presentate convincono presentandoci una band pronta per un eventuale full lenght, specialmente se manterrà le caratteristiche qui riscontrate: buona tecnica, ed un talento per miscelare a dovere metal estremo e sfumature progressive con maturità e freschezza compositiva.
Bringers Of Delusion risulta uno dei migliori split usciti negli ultimi tempi in campo estremo, poiché dà spazio a due realtà che, pur provenendo da un paese fuori dai circuiti abituali, hanno le carte in regola per crearsi il proprio spazio nel vasto mondo del metal underground.

TRACKLIST
1. Assailant – The Leading Spectre
2. Assailant – Hands of the Saints
3. Assailant – Suspension of Disbelief
4. Assailant – Delusions
5. Ubiquitous Realities – Bringers of Malevolence
6. Ubiquitous Realities – Biological Demise
7. Ubiquitous Realities – Alterated Perception I
8. Ubiquitous Realities – Alterated Perception II

LINE-UP
Assailant:
Daniel Murillo – Bass, Vocals (backing)
José Del Valle – Guitars, Vocals
Ricardo Arce – Guitars, Vocals (backing)
Andrés Guillén – Drums

Ubiquitous Realities :
Sebastian Sanchez – Drums
Hamid Rojas – Guitars, Vocals

 

UBIQUITOUS REALITIES – Facebook

Orobas – Arise In Impurity

Tre brani (se escludiamo intro e cover) sono pochi per dare un giudizio, ma l’ep può rivelarsi una partenza sufficiente se verrà seguito da lavori più personali.

Debuttano con l’Ep Arise In Impurity i death metallers Orobas , maligna creatura attiva da appena un anno e cresciuta nei meandri della scena di Dhaka, in Bangladesh.

Il quartetto capitanato dal batterista e fondatore Hephaestus, paga dazio al blackened death metal di scuola est europea, con le proprie influenze che non si scostano dalle solite band storiche (Behemoth).
Con impatto e discreta determinazione, la giovane band asiatica rilascia il suo primo lavoro, Arise In Impurity, un ep composto da quattro songs più intro, oscure e basate su testi occulti e mitologici.
Senza lasciare nulla per quanto riguarda cattiveria ed attitudine, il gruppo spara quattro cartucce devastanti, colme di blast beat e di tutti i cliché che il genere impone, inserendosi nelle nuovissime proposte del metal estremo underground provenienti dal continente asiatico in seconda fila rispetto ad altre realtà con più esperienza e più personalità.
Bad Blood Hunter risulta il migliore episodio, oscura e malvagia quanto basta per convincere, mentre nel finale troviamo la buona cover del classico dei Venom, Black Metal.
La strada per il gruppo è lunga e tortuosa, Arise In Impurity può diventare un sufficiente inizio di carriera, se seguito da lavori più personali, tre brani (se escludiamo intro e cover) sono pochi per dare un giudizio definitivo, ma per ora il rischio è che gli Orobas finiscano nel calderone dei gruppi dimenticati o addirittura ignorati, anche se un ascolto potrebbe rivelarsi gradito per chi è un fan accanito del genere.

TRACKLIST
1. Ode to Impurity (Intro)
2. The Ravana
3. Lord Ramesses
4. Bad Blood Hunter
5. Black Metal (Venom cover)

LINE-UP
Puppeteer – Bass
Hephaestus – Drums
Kraken – Guitars
Sammael – Vocals

OROBAS – Facebook

Grotesque Ceremonium – Demonic Inquisition

L’impatto è da tregenda, l’attitudine evil non manca, ma l’ascolto è consigliato solo ai fans del genere.

Death metal old school oscuro e brutale , una cascata grondante riff malefici, un muro sonoro violento e monolitico senza soluzione di continuità: questo troverete tra i solchi di Demonic Inquisition, primo lavoro sulla lunga distanza dei Grotesque Ceremonium, one man band proveniente da Ankara fondata da Batu Çetin, polistrumentista e membro di un’altra manciata di gruppi della scena turca (Cenotaph, Drain of Impurity, Phosgendöd, Womb of Decay, Decimation).

Accompagnato da una copertina rigorosamente old school, a richiamare la musica prodotta, l’album si dipana su nove brani estremi per oltre quaranta minuti di oscuro e pesantissimo death metal, reso evil e d’impatto da un growl brutale e profondo (ma leggermente monocorde) ad appannaggio dello stesso Batu Çetin.
L’album risulta un devastante omaggio al sound storico, metal estremo senza compromessi, un massacro sonoro terribile e che non lascia spazio a nulla che non sia potenza, oscurità e violenza, un sound creato nell’abisso senza speranza, o la minima apertura melodica.
Si parte scendendo le scale che portano all’inferno senza guardarsi indietro, l’oscurità si fa spessa come una coltre di catrame putrefatto, riff su riff, growl belluino e demoniaco, una violenza che si tramuta in velocità ragionata mantenendo la velocità di crociera come se a regolare il flusso di note ci fosse un pilota automatico.
Ed è questo il maggior difetto di questo lavoro, i brani formano una lunga suite di feroce metal estremo con la stessa foga dall’inizio alla fine, non ci sono fermate in questo lungo discendere nei meandri nascosti dove cresce il male: non concedono tregua, ma si fatica a riconoscerli, così che diventa difficile trovarne qualcuno che spicchi su una tracklist che risulta un ammasso di lava nera che scorre migliaia di metri nel sottosuolo.
L’impatto è da tregenda, l’attitudine evil non manca, ma l’ascolto è consigliato solo ai fans del genere: se non siete amanti di gruppi come gli Incantation (dei quali viene proposta la cover di Profanation) il consiglio è di passare oltre.

TRACKLIST
1. Defiled Spirits of Unholy Torments
2. Demonic Inquisition
3. Burned at the Stake
4. Malefizhaus & Hexengefangnis
5. Barbaric Apostasy
6. Agonized Screams of the Damned
7. In the Cauldrons of Hell
8. Crushing Morbid Death
9. Profanation (Incantation cover)

LINE-UP
Batu Çetin – Vocals, All instruments

GROTESQUE CEREMONIUM – Facebook

Warpvomit – Barbaric Triumph Of Evil

Come quasi tutte le uscite targate Iron Bonehead questo disco ha una marcia in più in quanto a sporcizia e cattiveria rispetto alla media del death.

Il nome del gruppo ed il titolo del disco dicono già molto.

Questa uscita in vinile ha nel lato A l’inedito ep che hanno inciso prima di cambiare nome in Crurifragium, e nel lato B il demo Carnal Sacrifice sempre come Warpvomit, pubblicato originariamente nel 2013. I Warpvomit fanno un death metal fortemente contaminato dal black. La musica del quartetto americano è caotica pesante e vicina al rumore di uno stormo di api assassine. I Warpvomit fanno molto bene quello che sanno, e la violenza della loro musica è tangibile, sale di tono per abbattersi su chiunque gli capiti a tiro. Si possono ascoltare alcune differenze stilistiche dal demo contenuto nel lato B all’ep del lato A.
Questa musica è una minaccia di mutilazioni, una guerra sotterranea che va avanti senza mai sfociare in bagni di sangue. Come quasi tutte le uscite targate Iron Bonehead, questo disco ha una marcia in più in quanto a sporcizia e cattiveria rispetto alla media del death. Caos, violenza e blasfemia ci accompagnano in questo notevole disco, due lati della stessa bestia.

TRACKLIST
Side A
1. Consecration Through the Standard
2. Demogorgon
3. Abyss of Torment and Damnation
4. The Vultures Circling Megiddo
Side B
5. Carnal Sacrifice
6. Vomit Command
7. Splintered Cruczfix
8. Obsequies of Sodomancy
9. Void Before the Altar

IRON BONEHEAD – Facebook

Blood Incantation – Starspawn

Il gruppo americano riesce a coniugare tecnica ed atmosfere con una facilità straordinaria.

L’atmosfera che si respira su questo ultimo lavoro degli statunitensi Blood Incantation è quanto di più soffocante, maligno ed assolutamente old school si possa trovare in giro per l’underground estremo, rimanendo in campo death metal.

La band di Denver, devota in toto al sound reso famoso dai maestri Morbid Angel, giunge con Starspawn al primo full length dopo una serie di lavori minori tra cui spicca l’ep Interdimensional Extinction dello scorso anno.
Il gruppo nato nel 2011 e composto da musicisti gravitanti nell’underground estremo, centra il bersaglio al primo colpo, Starspawn segue la strada maestra indicata dall’angelo morboso e lo fa aggiungendovi un po’ di farina del suo sacco, tradotta in aperture melodiche dal sapore progressivo, atmosfere che chiamare oscure è un eufemismo, lenti passaggi doom e cavalcate death metal infernali, il tutto accompagnato da un growl brutale e demoniaco.
Si presentano al meglio i Blood Incantation mettendo come opener la lunghissima Vitrification of Blood (Part 1), tredici minuti di rituale estremo, nero come la pece, un lento trascinarsi tra i geyser delle melmose pozze dell’inferno, dove la temperatura sale man mano che si scende verso il baratro; la violenta Chaoplasm è molto più diretta, ma con Hidden Species (Vitrification of Blood Part 2) si torna a scendere spinti da vorticose scale tecniche di assoluto valore, camei atmosferici progressivamente efficaci ed una malsana e monolitica predisposizione alla sofferenza, tipica del doom/death più onirico ed estremo.
I quattro minuti acustici di una bellezza disarmante dal titolo Meticulous Soul Devourment, ci introducono alla devastante title track che chiude il lavoro, superba nella sua brutalità, sorprendente nella maestria con cui il quartetto la suona.
Starspawn risulta così un gran bel disco, assolutamente imperdibile per i fans dei Morbid Angel:22 il gruppo americano riesce a coniugare tecnica ed atmosfere con una facilità straordinaria, grande band non lasciatevela sfuggire.

TRACKLIST
1. Vitrification of Blood (Part 1)
2. Chaoplasm
3. Hidden Species (Vitrification of Blood Part 2)
4. Meticulous Soul Devourment
5. Starspawn

LINE-UP
Jeff Barrett – Fretless Bass
Isaac Faulk – Drums
Paul Riedl – Guitars/Vocals
Morris Kolontyrsky – Guitars

Evoked – Lifeless Allurement

I brani proposti non mancheranno di far felici i fans del death metal senza compromessi

Questa creatura che si aggira nell’underground estremo proviene dalla Germania, è un duo chiamato Evoked e per la Go Fuck Yourself Productions immette sul mercato questo ep di cinque brani.

La band si compone di due musicisti, il chitarrista e cantante Bonesaw ed il batterista Artilleratör, con alle spalle altre esperienze in ambito estremo ed ora insieme per far vivere questa oscura entità che dal death metal old school trae forza.
Un ep che non aggiunge niente al percorso artistico del gruppo, il cui sound è quanto di più vecchia scuola si possa trovare spulciando tra le centinaia di uscite in ambito estremo; l’attacco frontale dei brano rimane confinato nel più profondo spirito underground, messo in risalto dalla copertina in bianco e nero e da una produzione che si poteva riscontrare nelle opere nate nei primi anni novanta.
Oscuro e soffocante, il sound del gruppo respira attraverso le ragnatele che col tempo si sono impossessate del genere; nulla di male, il death metal classico rimane l’arte estrema per antonomasia (almeno per il sottoscritto) e le opere uscite negli ultimi tempi confermano l’immortalità di questo genere, ma il gruppo pecca nel voler mantenere un approccio old school troppo stereotipato, soprattutto nei dettagli (produzione, strumenti ribassati e songwriting leggermente monocorde), non andando oltre la piena sufficienza.
I brani proposti non mancheranno di far felici i fans del death metal senza compromessi e brani come l’opener Mangled Torn & Eaten, Disintegrated Mind e la title track giustificheranno l’acquisto, almeno per chi di queste sonorità continua ingordo a nutrirsi, aspettiamo l’eventuale full length per un giudizio più completo ed esauriente.

TRACKLIST
1. Mangled, Torn & Eaten
2. Swallowed by the Void
3. Disintegrated Mind
4. Tremendous Existence
5. Lifeless Allurement

LINE-UP
Bonesaw – Guitars, Vocals
Artilleratör – Drums

EVOKED – Facebook

Black Crown Initiate – Selves We Cannot Forgive

Una band, nata appena tre anni fa, che elabora a suo modo il metal estremo, si spolvera di dosso ogni accostamento possibile ed immette sul mercato il suo secondo lavoro, arrivando in poco tempo ad una maturazione compositiva completa.

Una band, nata appena tre anni fa, che elabora a suo modo il metal estremo, si spolvera di dosso ogni accostamento possibile ed immette sul mercato il suo secondo lavoro, arrivando in poco tempo ad una maturazione compositiva completa.

Gli statunitensi Black Crown Initiate, in soli tre anni hanno dato alle stampe un ep e due full lenght, Selves We Cannot Forgive infatti è il successore del debutto The Wreckage of Stars, uscito un paio di anni fa e che aveva dato al gruppo una già buona popolarità.
Il nuovo lavoro fa compiere un altro importantissimo passo avanti prendendo a spallate i soliti cliché del genere e cercando una via personale alla materia fatta di sfumature e generi che si susseguono nei vari brani, diversi uno dall’altro tanto da sorprendere ad ogni passaggio.
Un bel contenitore di sorprese Selves We Cannot Forgive, dal songwriting elastico e fresco e che passa in modo naturale da roboanti sferzate brutal, a reminiscenze core, passando per brani dalla forte connotazione rock (Again), magari violentati da sfuriate death ma pur sempre strutturate su un esplosivo e moderno prog rock.
Tralasciando un’ottima preparazione strumentale ed una produzione al top (gli americani in questo sono una sicurezza), l’album è talmente vario che si rischia ad un ascolto superficiale di credere d’essere al cospetto di band diverse, ed invece il gruppo cerca nuove soluzioni ad ogni passaggio, continuando a viaggiare tra brutalità e melodia, death metal e parti malinconiche, aperture ariose ed imprevedibili, blast beat e delicati passaggi prog rock.
La componente moderna o core è presente in piccole dosi, e si respira in qualche passaggio tra il growl (assolutamente brutal) e le clean vocals, con qualche ritmica più marziale ma costantemente estrema ed intricata.
Belie the Machine, Transmit To Disconnet, l’ottima Sorrowpsalm (forse il brano che raccoglie tutte le sfumature del sound in un unico caleidoscopio musicale), confermano la bravura di questo combo statunitense, pronto per finire sulla bocca di fans e addetti ai lavori in questa calda estate 2016.
Scommetto che in poco tempo diventeranno la new sensation del metal estremo proveniente dal nuovo continente, noi ve ne abbiamo parlato ora, qualcuno come sempre se ne prenderà i meriti magari più in là, a giochi fatti: è già successo, ma non importa, fatevi sotto perché il gruppo se lo merita …

TRACKLIST
1. For Red Clouds
2. Sorrowpsalm
3. Again
4. Belie the Machine
5. Selves We Cannot Forgive
6. Transmit to Disconnect
7. Matriarch
8. Vicious Lives

LINE-UP
Nick “Bass” Shaw – Bass
Jesse Beahler – Drums
Andy Thomas – Guitars, Vocals (clean)
James Dorton – Vocals

BLACK CROWN INITIATE – Facebook

Ribspreader – Suicide Gate – A Bridge to Death

Death metal old school, sempre e comunque di matrice scandinava, ma valorizzato da quel tocco statunitense che fa dell’album un ulteriore esempio di grande musica estrema.

Ormai con il buon Rogga Johansson ci incontriamo almeno tre, quattro volte l’anno: lui stakanovista del metal estremo con i suoi innumerevoli progetti, io a raccontarvi delle devastanti opere che del virus mortale del death metal sono portatrici.

Non un album sotto la media, collaborazioni con i più svariati musicisti da ogni parte del mondo, Johansson porta avanti la sua missione: tenere alta la bandiera del death metal old school , ed anche questa volta il musicista svedese centra il bersaglio con l’ultimo lavoro dei Ribspreader.
Questo ennesimo progetto è attivo da più di dieci anni, è datato 2004 infatti l’esordio del gruppo con l’album Bolted to the Cross, seguito da Congregating the Sick dell’anno dopo, una manciata di ep e compilation e poi il trittico Opus Ribcage MMVI (2009), The Van Murders (2011) e l’ultimo Meathymns uscito un paio di anni fa.
Un’alleanza Svezia/Stati Uniti, con Rogga seguito da due musicisti americani, Jeramie Kling alle pelli e Taylor Nordberg alla solista, entrati nel gruppo per registrare Suicide Gate – A Bridge to Death e tanto death metal old school, sempre e comunque di matrice scandinava, ma valorizzato da quel tocco statunitense che fa dell’album un ulteriore esempio di grande musica estrema.
La bravura dei due nuovi arrivati alza il livello dell’opera, impreziosita da un enorme lavoro alle pelli e dalla classe dell’axeman che macina solos melodici senza soluzione di continuità, rendendo i brani del disco una raccolta di brani irresistibili, almeno per chi ama il death metal vecchia scuola ed in particolare la scuola nordeuropea.
Molto più Edge Of Sanity che Grave, le canzoni vivono di stop and go, solos accattivanti nella loro natura estrema, ritmiche che grondano sanguinolento groove e tanta melodia: il growl di Johansson ripercorre le strade che furono di re Swano in Unorthodox e The Spectral Sorrows, avvicinandosi pericolosamente al capolavoro Purgatory Afterglow (Under Ash-Filled Skies risulta la Blood-Colored di questo lavoro).
Qualità altissima nel songwriting ed appeal estremo: Suicide Gate – A Bridge to Death vive per poco più di mezzora tra una traccia più bella dell’altra ed una tecnica superiore, e bene ha fatto la Xtreem Music nel prendersi cura dell’album.
Ancora una volta Johansson regala agli appassionati un altro ottimo motivo per continuare ad amare il genere, a quando l’inizio dei lavori per il meritato monumento?

TRACKLIST
1. Descent of the Morbid
2. Centuries of Filth
3. Eligi
4. The Suffering Earth
5. A Worthless Breed
6. World Dismemberment
7. In Mankind’s Rotting Grip
8. The Remains in the Wall
9. Under Ash-Filled Skies

LINE-UP
Rogga Johansson – Guitars, Bass, Vocals
Jeramie Kling – Drums
Taylor Nordberg – Guitars (lead)

RIBSPREADER – Facebook

The Dead Goats – All Them Witches

La furia estrema non perde di intensità neppure quando armonie gotiche di tastiere ricamano nenie orrorifiche che durano lo spazio di un attimo, ma che sono la carta vincente di All Them Witches.

Un’altra realtà estrema proveniente da quel nido di entità malefiche che risulta la Polonia, terra che ha visto negli ultimi anni un proliferare di gruppi dediti al metal estremo di matrice death/black.

Il trio dei The Dead Goats invero è molto più vicino alle sonorità death di stampo classico provenienti dalla Scandinavia con la predisposizione alle tematiche horror ed ottimi inserti atmosferici che valorizzano il sound devastante del gruppo.
All’esordio quattro anni fa con il full length Path of the Goat, la band ha rifilato una serie di ep e split che li ha visti nel 2014 in coppia con i grandi Revel In Flesh, deathsters tedeschi autori del magnifico Death Kult Legions, uscito quell’anno.
All Them Witches è un ottimo esempio di death metal carico di furia iconoclasta, ma come detto attraversato da atmosferiche parti horror, che creano un’aura oscura, pregna di attitudine dark, così che il sound risulti vario e ricco si piccole sorprese.
Il death metal del gruppo risulta un attacco frontale, la furia estrema non perde di intensità neppure quando armonie gotiche di tastiere ricamano nenie orrorifiche che durano lo spazio di un attimo, ma che sono la carta vincente di All Them Witches.
Il resto è death metal old school, senza compromessi, con tutti i canoni del genere ben in evidenza e con la denominazione di origine controllata made in Scandinavia.
Un sound, quello delle varie All Them Witches, Darkness and Decay, The Curse of Gallows Hill e la conclusiva The Gloom That Came to Salem, che pesca a piene mani dal periodo storico del death metal svedese, poco male, anzi, l’album trova nelle sue trame devastanti ed oscure un modo per convincere l’ascoltatore, travolgendolo con un fiume in piena di note oscure e pesantissime, riff e ritmiche consolidati nel tempo e nella storia del genere e tanto blasfemo ed intrigante horror/gore.
In conclusione un lavoro riuscito ed assolutamente consigliato ai deathsters amanti dei suoni creati dalla scuola nordeuropea.

TRACKLIST
1. Coven
2. All Of Them Witches
3. Darkness And Decay
4. Broodmother
5. Conquering The Worm
6. The Curse Of Gallows Hill
7. Dwarves In My Coffin
8. Into The Fiery Grave
9. The Gloom That Came To Salem

LINE-UP
Bartulewicz – guitar, vocals
Jaworski – bass, backing vocals
Pierściński – drums, vocals

THE DAED GOATS – Facebook

https://www.youtube.com/watch?v=fnrQJmsEY60

Grond – Worship The Kraken

Ogni brano è un piccolo gioiellino di genere, niente novità o sperimentazioni, solo grande musica estrema conosciuta come death metal

Gli oceani nacondono nei profondi abissi avvolti da un’oscurità millenaria mostri abominevoli, creature che vivono in luoghi impossibili da raggiungere per l’uomo, ma che, quando decidono di tornare in superficie, portano con sé morte e distruzione ed il mare diventa una trappola mortale, un inferno d’acqua che si chiude sopra i resti del massacro perpetrato dal Kraken, la leggendaria piovra gigante.

La colonna sonora di questo abominio si intitola Worship The Kraken, secondo lavoro sulla lunga distanza per deathsters russi Grond, macchina di morte in musica proveniente dalla Russia, attiva dall’alba del nuovo millennio e con un primo lavoro alle spalle (Howling from the Deep del 2013) più un paio di lavori minori in formato ep.
Il quartetto composto da Kist (batteria, voce), Dust e Raze (chitarre) e Daemorph al basso, pesca dal cilindro un bellissimo lavoro di death metal old school, devastante in tutte le sue parti, una perla nera che dal fondo dell’oceano viene in aiuto ai marinai per rispedire il Kraken nel profondo degli abissi a colpi di metal estremo con le carte in regola per deliziare gli amanti del death metal classico.
Prodotto benissimo, Worship The Kraken deflagra in tutta la sua potenza, blast beat, rallentamenti, riff potentissimi ed un growl d’antologia imprimono al lavoro una marcia in più e tutto funziona a dovere, devastante e letale come la morsa dei tentacoli del mostro marino.
Siamo perfettamente in bilico tra la tradizione europea ed il death metal Bay Area, una blasfema alleanza che produce devastazione in musica, la varietà nel songwriting, i continui cambi di ritmo ed atmosfere, tra roboanti e distruttive cavalcate e la marzialità del doom/death di scuola Asphyx (Below the Thunders… apice dell’opera ) fanno del nuovo lavoro dei Grond un esempio di perfetto di metal estremo vecchia scuola, arrembante, oscuro, guerresco e devastante.
Ogni brano è un piccolo gioiellino di genere, niente novità o sperimentazioni solo grande musica estrema conosciuta come death metal e questo basta per fare di Worship The Kraken uno dei lavori migliori di quest’anno nel genere.
Asphyx, Entombed, Immolation, Dismember, Bolt Thrower, Obituary, la storia del death metal sta tutta in questi quaranta minuti di musica estrema creata dai Grond, perdersela è peccato mortale.

TRACKLIST
1. Invocation
2. Kronos the Devourer
3. Steel Coffins
4. White Waters of South
5. Blood Monk (Goatlord cover)
6. Worship the Kraken
7. Below the Thunders…
8. Devonian Tyrant
9. Japetus the Ice Gate
10. Typhoon is Coming

LINE-UP
Kist – drums / vocal
Dust- guitar
Raze – guitar
Daemorph – bass

GROND – Facebook