HoneyBombs – Wet Girls and Other Funny Tales

Siamo nel mondo dello sleaze hard rock, dunque via tutte le inibizioni, al diavolo i tabù e peccate alla grande con Wet Girls and Other Funny Tales, lassù qualcuno vi perdonerà!

Il ritorno delle sonorità sleaze hard rock, almeno per quanto riguarda la scena underground, si può senz’altro considerare ormai un dato di fatto, con il nostro stivale che, dalle Alpi fino al profondo Sud, regala nuove band ed ottimi album.

Il trend è quello di amalgamare la tradizione con sonorità più moderne e cool, ma fortunatamente c’è chi non ha dimenticato il glam rock suonato sul Sunset Boulevard negli anni ottanta e lo potenzia e modernizza con l’hard & roll della scena scandinava, di questi tempi leggermente in affanno dopo il periodo di vacche grasse all’inizio di questo millennio.
A Roma c’è chi questo sound lo suona davvero bene ed arriva al debutto per la Sliptrick con Wet Girls and Other Funny Tales, undici adrenaliniche tracce che riprendono la tradizione losangelina e la sparano nel 2017, rinforzandola con lo sfrontato rock’n’roll suonato dai gruppi scandinavi (Hardcore Superstar e Backyard Babies in testa).
Loro sono gli HoneyBombs, suonano insieme da cinque anni e con l’aiuto di Riccardo Studer e Alessio Cattaneo, che ai Time Collapse Studio di Roma hanno prodotto, masterizzato e registrato l’album, sono pronti a conquistare i cuori degli amanti dell’hard rock stradaiolo.
Niente di nuovo nelle notti di una Roma che si rifugia nei locali del Lungotevere, trasformato nelle vie luccicanti dell’America ottantiana dal rock del gruppo, mentre il freddo che scende dalla penisola scandinava viene trasformato in energia rock’n’roll dagli HoneyBombs, bravissimi a mantenere sempre ben bilanciata la componente tradizionale con dosi massicce di Bad Sneakers and a Piña Colada.
Energie a palate, tensione sempre tenuta alta da brani grintosi e nessun indugio fanno dell’album una fiala di nitroglicerina rock’n’roll, una miscela esplosiva che non concede passi falsi sotto le esplosioni causate dall’ opener Radical Shit, Fat Girl Are Goin’ Mad e We Are Gonna Kick Your Ass.
Siamo nel mondo dello sleaze hard rock, dunque via tutte le inibizioni, al diavolo i tabù e peccate alla grande con Wet Girls and Other Funny Tales, lassù qualcuno vi perdonerà!

TRACKLIST
1. Radical Shit
2. Brazzersdotcom
3. Fat Girls Are Goin’ Mad
4. G.R.A.B. (Ghetto Ratchet Ass Bitch)
5. Don’t Wanna Be Like Johnny
6. Till The Night Is Over
7. We Are Gonna Kick Your Ass
8. Oh My God!
9. Sweet Little Dummy
10. Six Pack On Your Back
11. Maniac (Bonus Track)

LINE-UP
Andrew “The Eagle” Skid – Lead Vocals
Alex Rotten – Guitars & Screamin’ Vocals
Helias Marson – Lead Guitars & Backing Vocals
SteelBlade – Bass Guitar & Backing Vocals
Fabulous Fab – Drums

HONEY BOMBS – Facebook

Body Count – Bloodlust

La maggior parte dei gruppi rapcore o nu metal si sono dissolti, mentre i Body Count sono sempre qui a spargere terrore.

Torna una delle crew più pericolose delle strade americane, i Body Count capitanati da Ice-T.

I ragazzi sono arrivati al sesto album e quello che doveva essere un progetto estemporaneo o quantomeno temporaneo è diventato un pilastro del rapcore, uno dei più riusciti esempi di incontro tra rap e metal. Tra l’ altro, prima di una riuscita rielaborazione di Raining Blood, Ice-T spiega brevemente la genesi del gruppo, ovvero il tentativo di fondare un gruppo metal a South Central Los Angeles, una cosa non esattamente facile, ma l’esperimento è pienamente riuscito essendo giunti al sesto disco. La maggior parte dei gruppi rapcore o nu metal si sono dissolti, mentre i Body Count sono sempre qui a spargere terrore. Tornati dopo tre anni dall’ottimo Manslaughter, i Body Count sformano il loro disco più oscuro, più metal e più sanguinoso di tutti. Bloodlust è la cartina tornasole della bruttissima aria che tira in America. Nella terra del libero e del coraggioso tira una bruttissima aria, e si è quasi alla resa dei conti, si è forse sull’orlo di una guerra civile tra bianchi e neri, oppure tra poveri e ricchi e c’è voglia di sangue, come ben testimonia l’ ennesimo atto militare unilaterale americano. L’America dei Body Count è violenta, cupa e senza speranza, dovete solo trovare un riparo adeguato. Questo disco contiene molto metal, che si va a fondere a volte con il flow del rap, ma più che rapcore qui c’ è un metal deformato da una cattiveria diversa. Ice-T è il padrone di casa, una magione dove il sangue scorre dentro e fuori da gole assetate. Bloodlust è forse la prova migliore di questo gruppo che centra quasi sempre il bersaglio, ma mai bene come in questo caso. Parte del merito va anche agli ospiti presenti come Deve Mustaine in Civil Eat, un ottimo Randy Blithe dei Lamb of God su Walk With Me e il Cavalera maggiore sottotono in All Love Is Lost. Un album che colpisce duro e che non lascerà dormire sonni tranquilli, ma che è una fotografia precisa della merda che abbiamo fuori dalla porta. Momento migliore del disco è No Lives Matter, perché Ice-T ha ragione, a loro non gli importa dei neri, e nemmeno dei bianchi, a chi comanda non importa nessuna vita.

TRACKLIST
1. Civil War (featuring Dave Mustaine)
2. The Ski Mask Way
3. This Is Why We Ride
4. All Love Is Lost (featuring Max Cavalera)
5. Raining In Blood / Postmortem 2017 (Slayer cover)
6. God, Please Believe Me
7. Walk With Me… (featuring Randy Blythe)
8. Here I Go Again
9. No Lives Matter
10. Bloodlust
11. Black Hoodie

LINE-UP
Ice-T – Vocals
Ernie C – Guitar, backing vocals
Juan Garcia – Guitar, backing vocals
Vincent Price – Bass, backing vocals
Ill Will – Drums
SeanE Sean – Samples, backing vocals

BODY COUNT – Facebook

THEBUCKLE

Il video della canzone Hey You, tratta dal loro nuovo album Labbrador.

Gli Stoner Hard Rockers italiani THEBUCKLE svelano oggi il loro nuovo video ufficiale. La canzone “Hey You” è tratta dal loro nuovo album “Labbrador”.

“Labbrador” è stato pubblicato da Argonauta Records ed è disponibile qui

ITCHY

Il video del nuovo singolo ‘Nothing’

ITCHY firmano per Arising Empire e pubblicano il nuovo singolo ‘Nothing’!

Il loro vecchio nome Itchy Poopzkid abbreviato in ITCHY, un nuovo album in arrivo e tanti piani per il 2017: Sibbi, Panzer, e Max sottolineano che – anche dopo 15 anni di storia della band, sei album e più di 900 show in oltre 20 paesi differenti – c’è ancora molto da dire. Ora!

Con il nuovo singolo ‘Nothing’, la band offre un primo assaggio del nuovo disco. Per enfatizzare i testi di critica sociale delle canzoni, gli ITCHY hanno realizzato un video forte e decisamente arrabbiato. Se c’è un modo per i vecchi musicisti della scena punk rock di “passare alla maggiore età” è sicuramente questo.

Acquista la traccia in digitale: https://Itchy.lnk.to/Nothing

Gli ITCHY sono:
Sibbi – voce, chitarra
Panzer – voce, basso
Max – batteria

Homepage: www.itchyofficial.de
Facebook: www.facebook.com/itchyofficial1
Instagram: https://www.instagram.com/itchyofficial1/
Twitter: https://twitter.com/itchyofficial1

Space Witch – Arcanum

Un sound che è più di quanto disturbato si possa trovare in giro se si parla di doom metal, una musica che rispecchia jam drogate e pesantissime, un labirinto sonoro dove ragione e pazzia vivono divise da una linea sottile.

Gli Space Witch, realtà doom psichedelica nata Stoke On Trent, in Gran Bretagna, sono attivi da circa un decennio.

Una manciata di lavori minori ed un debutto omonimo compongono la discografia del quartetto, che con questo nuovo album attacca direttamente la labile mente di chi, ignaro, si avvicina senza le dovute precauzioni alla sua musica.
Un sound che è più di quanto disturbato si possa trovare in giro se si parla di doom metal, una musica che rispecchia jam drogate e pesantissime, un labirinto sonoro dove ragione e pazzia vivono divise da una linea sottile, mentre il viaggio intrapreso dalla mente si fa subito irto di insidie già dalle prime note dell’opener Astro Genocide.
Quattro brani per quaranta minuti di musica assuefatta da allucinate parti psych rock, doom ancestrale e dosi micidiali di stoner desertico, ma non di questa terra.
Su Battle Hag ci si perde in deserti spaziali, mentre il lungo incedere della nociva Cosmonoid si ripercuote sull’integrità mentale di chi ascolta, tratteggiata da armonie orientaleggianti che si affacciano sul vuoto cosmico, in un black hole di luci e ombre, claustrofobici giochi nel nero eterno dell spazio profondo.
Hex conclude l’album, si rifà vivo il canto declamatorio di chi ci mette in guardia sul perdersi in questo viaggio mentale che richiama Ufomammut, Electric Wizard, Hawkwind e Sleep, drogati e persi nel sound degli Space Witch.
Album da maneggiare con molta cura, le controindicazioni sono  fatali, così che Arcanum è consigliato ai soli fans di questo micidiale genere.

TRACKLIST
1.Astro Genocide
2.Battle Hag
3.Cosmonoid
4.Hex

LINE-UP
Daz Rowlands – Guitar/FX
Dan Mansfield – Drums
Peter Callaghan – Electronics
Tomas Cairn – Bass

SPACE WITCH – Facebook

None – None

Al di là del ridotto potenziale innovativo, un album di questo tipo lo si ascolta sempre volentieri, specialmente quando viene suonato e composto con tutti i crismi e con la dovuta intensità, e senza che ci si perda in troppi passaggi interlocutori.

Interessante lavoro da parte di questa band americana dedita ad un black metal atmosferico e dalle forti sfumature depressive.

Tre brani per circa una mezz’ora di buona musica sono il fatturato di quest’album autointitolato, pubblicato dalla Hypnotic Dirge: anche se il monicker None non è certo di quelli che si ricordano in maniera imperitura ed il genere suonato è discretamente inflazionato, il lavoro regala con buona continuità quelle sonorità oscillanti tra malinconia e disperazione, pescando con un certo equilibrio tra le due anime che confluiscono nelle composizioni.
Il depressive black prende campo specialmente quando è lo screaming straziante ad occupare la scena, mentre la componente atmosferica prevale nei momenti prettamente strumentali; peraltro, la copertina è piuttosto indicativa di quanto ci si possa attendere dalla musica della misteriosa band di Portland, per cui gli scenari esibiti corrispondono al senso di freddo e desolazione che prima o poi ognuno percepisce provando a scavare in profondità dentro sé stesso.
Al di là del ridotto potenziale innovativo, un album di questo tipo lo si ascolta sempre volentieri, specialmente quando viene suonato e composto con tutti i crismi e con la dovuta intensità, e senza che ci si perda in troppi passaggi interlocutori.
None non rappresenta nulla che possa stravolgere le gerarchie del metal underground ma è sicuramente un ascolto che non deluderà chi ama questo tipo di sonorità.

Tracklist:
1 – Cold
2 – Wither
3- Suffer

Revenge – Metal Is: Addiction and Obsession

Più tradizionalmente speed rispetto all’ultimo album, Metal Is: Addiction And Obsession ci travolge con il suo tsunami di note suonate a velocità improbabili: le ritmiche funzionano, i brani si fanno apprezzare coinvolgendo e i Revenge ne escono benissimo.

Imperdibile ristampa a cura della EBM records dedicata agli amanti dello speed/thrash old school.

Dalla Colombia tornano i Revenge con uno dei loro lavori più riusciti, il devastante Metal Is: Addiction and Obsession, album uscito originariamente nel 2011.
La storica band di Medellin, può vantare una discografia infinita composta da sei album ed una marea di ep e lavori minori.
A suo tempo il sottoscritto si era occupato dell’ultimo full length del gruppo, uscito ormai tre anni fa ed intitolato Harder Than Steel, un vulcano di suoni heavy metal tra speed e thrash, una velocissima discesa senza freni nel mondo del metal più puro e tradizionale.
Harder Than Steel risultava una gran bella mazzata così come questo precedente lavoro, ancora più violento e velocissimo, fatto di otto brani più quattro bonus track che presentano il gruppo in sede live.
Si va sparati verso l’inferno con questo manifesto metallico composto da mitragliate senza tregua, a partire dall’inno Steel Metal To The Bone, passando per i vati titoli che sono delle dichiarazioni d’intenti come Metal Rules My Life (esagerata), No Speed Limit For Destruction e Fire Attack.
Potrà piacere o meno, ma il genere, oltre ad essere uno dei più puri e storici tra quelli metallici, lo si deve anche saper suonare ed i Revenge non mancano certo di tecnica, conquistando con ritmiche al limite dell’umano e solos che lasciano a terra striature infuocate come il passaggio del Ghost Rider.
Più tradizionalmente speed rispetto all’ultimo album, Metal Is: Addiction And Obsession ci travolge con il suo tsunami di note suonate a velocità improbabili: le ritmiche funzionano, i brani si fanno apprezzare coinvolgendo e la band ne esce benissimo.
Aspettiamo il nuovo lavoro di questi re dello speed metal sudamericano, le premesse sono ottime … stay (speed) metal!

TRACKLIST
1.Intro – Hell Avenger (Let’s Go to Hell and There Hail to Satan)
2.Speed Metal to the Bone
3.Plague of Death
4.Metal Rules My Life
5.No Speed Limit for Destruction
6.Addiction and Obsession
7.Satan’s Warriors
8.Fire Attack
9.Motorider
10.Fire Attack
11.Hell Avenger
12.Metal Warriors

LINE-UP
Jorge “Seth” Rojas – Bass
Esteban “Hellfire” Mejía – Vocals, Guitars
Daniel “Hell Avenger” Hernandez – Drums
Night Crawler – Guitars (lead)

REVENGE – Facebook

Frailty – Ways Of The Dead

Questo ritorno dei Frailty mostra una decisa sterzata verso un indurimento sonoro che, comunque, non snatura l’indole doom della band, ma ne sposta con più decisione le coordinate sonore verso il death.

Terzo full lenght per il lettoni Frailty, band che in oltre un decennio decennio di attività non ha certo brillato per prolificità, contrariamente alla qualità sonora esibita, sempre all’insegna di un death doom di prima qualità.

Melpomene, uscito nel 2012, era un album che in parte risentiva di una tracklist nella quale convergevano brani composti in fasi diverse della storia del gruppo, per cui a tratti affiorava una certa discontinuità che veniva comunque compensata al meglio dalla bontà complessiva di ogni singolo episodio.
Ways Of The Dead si nutre di tematiche lovecraftiane e la band di Riga inasprisce non poco il proprio approccio, ripartendo in qualche modo dal brano che apriva il precedente lavoro, Wendigo: i riferimenti naturali cessano così d’essere i maestri del death doom melodico nordeuropeo, lasciando invece che l’ispirazione veleggi oltreoceano, assimilando e rielaborando spunti prossimi ai Novembers Doom .
Tale scelta, se inizialmente spiazza, in corso d’opera si rivela convincente anche se le atmosfere dolenti e malinoniche del passato divengono un ricordo e senz’altro mancheranno a chi predilige maggiormente questo aspetto nel death doom: i nostri scaricano così’ una bella gragnuola di colpi, senza perdere del tutto di vista le proprie radici doom ma rendendole davvero granitiche e aspre in diversi passaggi.
Un impatto più fisico che emotivo, di matrice essenzialmente death, pare essere quindi il filo conduttore di un lavoro che, tutto sommato, va in senso contrario alle abitudini consolidate, che vedono le band semmai ammorbidire il proprio sound con il passare del tempo.
Anche quando il doom, nella sua forma più consueta, prende finalmente campo nel finale con la notevole Alhazred (nome ben noto ai lovecraftiani incalliti), ciò avviene comunque in maniera molto più densa ed oscura che non cristallina ed emotiva.
Un inquietante ronzare di insetti (meglio non sapere attorno a cosa, ma è facile immaginarlo) chiude un album che potrà lasciare qualche perplessità ai primi ascolti, per poi risultare sempre più incisivo man mano che si familiarizza con mazzate quali l’opener And The Desert Calls My Name, Cthulhu, Ia Shub Niggurrath e Scorpion’s Gift, anche se il finale, come detto, riporta ad un approccio più vicino allo stile del passato con la traccia di chiusura. Fa abbastanza storia a sé la a tratti orientaleggiante The House In The Lane Of Scholars, con accenni che si spingono fino ai migliori Iced Earth.
In definitiva, questo ritorno dei Frailty mostra una decisa sterzata verso un indurimento sonoro che, comunque, non snatura l’indole doom della band, ma ne sposta con più decisione le coordinate sonore verso il death, perdendo qualcosa in fascino ed acquistando altrettanto in concretezza: tra il dare e l’avere preferisco sempre tenermi Melpomene, ma Ways Of The Dead resta comunque una buonissima prova.

Tracklist:
1. And The Desert Calls My Name
2. Daemon Sultan
3. Cthulhu
4. Whit The Deep Ones I Descend
5. Tombs Of Wizards
6. Ia Shub Niggurrath
7. The Beast Of Baylon
8. Scoropion’s Gift
9. The House In The Lane Of Scholars
10. Alhazred

Line up:
Mārtiņš Lazdāns – Vocals
Edmunds Vizla – Guitars & Vocals
Jēkabs Vilkārsis – Guitars
Andris Začs – Bass
Lauris Polinskis – Drums & Percussions

FRAILTY – Facebook

Rainbow Bridge – Dirty Sunday

I Rainbow Bridge sono un trio di bluesmen pugliesi che, per anni, ha portato in giro la musica del grande Jimi Hendrix e oggi sono pronti a conquistarvi con il loro rock strumentale.

Un giorno tre musicisti si persero tra le strade arse dal sole nel bel mezzo della loro terra natia, la Puglia.

Il caldo soffocante, la terra che bruciava sotto i piedi e la loro predisposizione per l’immaginario rock blues li fece fermare davanti ad un crocicchio, che agli occhi dei tre apparve come uno dei famosi incroci nelle terre del sud del nuovo continente ,dove i bluesman incontrano il loro signore, un omino diabolico che in cambio dell’anima offre le chiavi del successo per molti, ma per altri il segreto di suonare la sua musica.
Davanti ai loro occhi, Robert Johnson, Jimi Hendrix ed Alvin Lee, come i fantasmi dei cavalieri Jedi nella famosa saga di Star Wars, si presentarono e posarono le loro mani sui tre musicisti che si risvegliarono al tramonto con nella testa le note che compongono Dirty Sunday il loro nuovo lavoro, una fantastica jam strumentale, divisa in cinque capitoli di blues rock, stonerizzato, ipnotico e coinvolgente.
Loro sono i Rainbow Bridge, un trio di bluesmen pugliesi che, per anni, ha portato in giro la musica del grande Jimi Hendrix e oggi sono pronti a conquistarvi con il loro rock strumentale.
Attenzione però, perché in Dirty Sunday troverete sicuramente un po’ di ispirazioni dal musicista di Seattle, ma non solo, perché appunto, Giuseppe Jimi Ray Piazzolla (chitarra), Fabio Chiarazzo (basso) e Paolo Ormas (batteria), in quel crocicchio vennero effettivamente toccati dalla sacra triade e cosi la loro jam di trasforma in un notevole tributo ad un pezzo importantissimo della storia della musica moderna tra hard rock, blues e stoner della Sky Valley, che tra una trentina d’anni, quando ormai il sottoscritto lo troverete a fumarsi qualcosa con Jimi, sarà considerato il genere più influente dei decenni tra il 1990 ed i primi sussulti del nuovo millennio, ovviamente parlando di rock.
L’opener Dusty, la stupenda Hot Wheels e la zeppeliniana Rainbow Bridge ( ah, ci sono anche loro ovviamente) le componi solo se i tuoi angeli custodi rappresentano la storia dei chitarristi blues rock.
Bellissimo

TRACKLIST
1. Dusty
2. Dirty Sunday
3. Maharishi suite
4. Hot Wheels
5. Rainbow Bridge

LINE-UP
Giuseppe Jimi Ray Piazzolla – guitar
Fabio Chiarazzo – bass, guitar
Paolo Ormas – drums

RAINBOW BRIDGE -Facebook

BLACK STAR RIDERS

Il video di ‘Dancing With The Wrong Girl’

Gli hard rockers BLACK STAR RIDERS hanno pubblicato il loro terzo album “Heavy Fire” il 3 febbraio su Nuclear Blast Entertainment.

Dopo avere appena concluso il tour nel Regno Unito e in Irlanda, la band torna con il nuovo singolo ‘Dancing With The Wrong Girl’.

Il video è stato girato al Gods Own Junkyard di East London ed è stato diretto da Louis Catlett.

Il disco è disponibile in CD e vinile e in digitale.

www.blackstarriders.com
www.facebook.com/blackstarridersofficial
www.nuclearblast.de/blackstarriders

DRIVE BY WIRE

Il video ufficiale dei DRIVE BY WIRE “Kerosine Dreams”

DRIVE BY WIRE – annunciano la data di uscita della ristampa di “The Whole Shebang”.
Gli olandesi Psych Stoner Rockers DRIVE BY WIRE annunciano la data di uscita della ristampa del terzo acclamato album “The Whole Shebang”.

La band sta lavorando al nuovo disco la cui uscita è prevista per l’autunno 2017.
Maggiori dettagli arriveranno a breve.

“The Whole Shebang – 2017 Edition” uscirà su ARGONAUTA Records e sarà disponibile dal 19 Maggio 2017.

Preordina una copia qui: http://bit.ly/2n6rsAB

DRIVE BY WIRE “The Whole Shebang – 2017 Edition” TRACKLIST
Kerosine Dreams
Woodlands
The Whole Shebang
Five ft. High
Rituals
In This Moment
River Run
Rotor Motor
All Around
Voodoo You Do
Static

Info: www.argonautarecords.comwww.facebook.com/drivebywireband

Sunless Sky – Doppelgänger

Un album di power metal americano su cui svetta il talento della coppia formata dal cantante Juan Ricardo e dal chitarrista Curren Murphy.

Prendete un singer talentuoso come Juan Ricardo (Wretch, Dark Arena) ed un chitarrista come Curren Murphy dei magnifici Shatter Messiah, ed ex nientemeno che di Nevermore ed Annihilator, ed avrete un massiccio, aggressivo e melodico esempio di metal americano tripallico come il nuovo lavoro dei Sunless Sky, realtà proveniente da Cleveland all’arrembaggio con Doppelgänger, secondo album che ognuno che si professi amante del metal classico d’oltreoceano è obbligato ad amare.

Brani aggressivi, tra thrash e power in puro american style, un cantante che, già sentito sull’ultimo Wretch conferma il suo valore, e trame chitarristiche da guitar hero, supportate da una sezione ritmica potente come quella composta da Kevin Czarnecki al basso e Coltin Rady, fanno dell’album un capolavoro a livello underground.
La ricetta è semplice e già dall’opener Starfall si capisce che qui c’è da divertirsi, d’altronde la band non fa altro che prendere il thrash power metal dei Vicious Rumors, amalgamarlo con atmosfere oscure di chiara ispirazione Metal Church e la sciare che i due top player facciano il resto così che da semplice album di metal a stelle e strisce, Doppelgänger diventi un piccolo gioiello tutto potenza ed attitudine.
Ancora una volta è la Pure Steel a farsi da portavoce di quello che succede in campo metal classico aldilà dell’oceano, una scena quella statunitense che non è solo composta da vecchie glorie, ma si fa vedere con band dall’alto valore qualitativo come appunto i Sunless Sky o gli stessi Wretch, tanto per non andare oltre a quello che gravita intorno a questo gruppo di musicisti che ancora una volta regalano perle di power metal come Kingdom Of Sky, Lake Of Lost Soul, Inside The Monster e la conclusiva Black Symphony.
Album da avere senza se e senza ma , fosse solo per ascoltare ancora una volta uno dei cantanti più bravi della nuova generazione nata aldilà dell’oceano.

TRACKLIST
1. Starfall
2. Doppelgänger
3. Kingdom Of Sky
4. Stone Gods
5. Lake Of Lost Souls
6. Netherworld
7. Adrenaline Junkie
8. Inside The Monster
9. Heroin
10. Black Symphony

LINE-UP
Juan Ricardo-Vocals
Curran Murphy-Guitars
Kevin Czarnecki-Bass
Coltin Rady-Drums

SUNLESS SKY – Facebook

Struttura e Forma – One Of Us

One Of Us è un album elegante, raffinato e dall’ascolto piacevole, nel quale la tecnica dei musicisti è messa al servizio delle composizioni, lasciando che la musica scorra come acqua in un cristallino torrente di note,

Genova ed il progressive rock, un amore che dura da oltre quarant’anni e che può sicuramente essere considerata una tradizione per la Superba, città dalle mille contraddizioni e che, come una bellissima donna, ti ammalia per poi lasciarti solo con al tuo desiderio.

Gruppi storici più o meno famosi, cantautori e poeti divenuti leggenda, etichette importanti e divenute di riferimento nell’ambiente, vanno di pari passo con una svogliata attitudine a lasciare che le cose accadano, mentre il brusio del mugugno non accenna a smettere da tempo immemore.
Gli Struttura e Forma sono un progetto progressivo nato addirittura nei primi anni settanta, tempi di grande musica rock, quando la città era testimone di una scena rock forse irripetibile.
Tra i vicoli della città vecchia Franco Frassinetti e Giacomo Caliolo decidono di formare il gruppo che vede, oltre alle loro sei corde, Toni Pomara alla batteria e il cantante-chitarrista Alex Diambrini.
Tra molte vicissitudini fatte di reunion e split, gli anni passano ed arriviamo ad oggi, quando finalmente il primo album, One Of Us, vede la luce  con una formazione che comprende, oltre ai due membri storici, Claudio Sisto al microfono, Marco Porritiello alla batteria e Stefano Gatti al basso.
Beppe Crovella, membro originale degli Arti & Mestieri, è il gradito ospite che dà il suo contributo con il mellotron, mentre fa ben mostra di sé la bellissima cover di Lucky Man, brano tributo al grande Greg Lake e classico fuori dal tempo degli ELP.
Il resto del lavoro alterna brani originariamente concepiti negli anni settanta a nuove composizioni: il progressive rock del gruppo si sviluppa così tra brani ariosi ed altri più articolati, alcuni più legati al progressive nostrano, altri invece dal taglio internazionale.
One Of Us rimane comunque un album elegante, raffinato e dall’ascolto piacevole, nel quale la tecnica dei musicisti è messa al servizio delle composizioni, lasciando che la musica scorra come acqua in un cristallino torrente di note, spaziando per un ventennio di musica progressiva venata da un leggero tocco cantautorale tutto ligure.
In conclusione, un lavoro consigliato agli ascoltatori del genere e dai gusti (se mi si passa il termine molto di moda oggigiorno) “old school”.

TRACKLIST
1.Worms
2.Symphony
3.Lucky Man
4.Kepler
5.One Of Us
6.Kyoko’s Groove
7.Indios Dream
8.Fasting Soul
9.Amsterdam
10.Acoustic Waves
11.Il Digiuno Dell’anima

LINE-UP
Franco Frassinetti – Guitars
Giacomo Caliolo – Guitars
Marco Porritiello – Drums
Stefano Gatti – Bass
Klaudio Sisto – Vocals

STRUTTURA E FORMA – Facebook

Invidia – As The Sun Sleeps

Un lavoro curato nei minimi dettagli, duro ma dall’appeal elevato e che, senza abbassare la guardia, convince in ogni passaggio.

Come giudicare un album creato, strutturato e scritto per sfondare, con una nuova band al debutto, che tra le sue fila annovera musicisti che vannoa formare il classico super gruppo?

Intanto la firma per SPV sembra che abbia soddisfatto non poco gli Invidia che. con una formazione che andrò a presentare, ed un sound che risulta una serie di dritti e ganci metalcore da infarto. si candida come band autrice dell’album sorpresa dell’anno, almeno per chi del genere è abituale fruitore.
Matt Snell (Five Fnger Death Punch) al basso, Darren Badorine alle pelli, Travis Johnson (In This Moment) al microfono e poi le due chitarre dei devastanti Skinlab ( se non li conoscete siete da radiazione immediata da lettori della nostra ‘zine), ala estrema di questa combriccola di talenti, Brian Jackson e Marcos Medina.
Dimenticatevi gli Skinlab e concentratevi sul metalcore dal taglio melodico tanto di moda di questi tempi, aggiungete una parte molto importante di elettronica, una voce che insegna come si canta il genere senza diventare dei patetici interpreti melodici da Festivalbar, una componente dark industrial che regala i momenti migliori (Rotten) ed avrete un lavoro dalle potenzialità enormi, melodico quanto basta per piacere ai giovani fans del genere, ma aggressivo il giusto per raccogliere pareri lusinghieri anche dai nu metallers con il death davanti al core come prima scelta nel metal estremo moderno.
Aggiungiamo che As The Sun Sleeps è stato prodotto e scritto in collaborazione con Logan Mader (Once Human, Machine Head), ed avrete un’idea dell’ aspettativa creata dall’ingresso sulla scena di band e album.
Un lavoro curato nei minimi dettagli, duro ma dall’appeal elevato (Smell The Kill, il singolo Feed The Fire, Step Up) e che senza abbassare la guardia convince in ogni passaggio, da quello più vicino al metal a quello che fa il verso al dark industrial.
A tratti ci avviciniamo al Marylin Manson più estremo, mentre gli ultimi anni non sono passati invano e i musicisti, con tutta l’esperienza accumulata, hanno saputo dove prendere ispirazioni e spunti, mentre il loro talento ha fatto il resto.
Se vi piace il genere, As The Sun Sleeps lo troverete irresistibile … punto.

TRACKLIST
1.Now Or Never
2. Making My Amends
3. Feed The Fire
4. Rotten
5. Marching Dead
6. Smell The Kill
7. Till Death
8. Step Up
9. Truth In The Sky
10. The Other Side
11. As The Sun Sleeps

LINE-UP
Matt Snell – Bass
Travis Johnson – Vocals
Brian Jackson – Guitars
Darren Badorine – Drums
Marcos Medina – Guitars

https://www.youtube.com/watch?v=VznqwYGRk34″ target=”_blank”

Deez Nuts – Binge & Purgatory

Le canzoni in questo disco sono tutte valide e sono un ulteriore passo in avanti per questo gruppo che produce un altro disco notevole, da ascoltare a fondo e più volte, poiché è più profondo e meno immediato dei precedenti.

Altra puntata della saga hardcore metal australiana, sempre con un flow rap.

I Deez Nuts rappresentano uno sviluppo di un certo hardcore, quello maggiormente legato al lato festaiolo e tamarro della scena. Ma se credete che non ci sia introspezione vi sbagliate, ci sono più descrizioni accurate di cosa sia la vita che in tanti altri posti in apparenza più adeguati. La formula musicale è quasi sempre la stessa, hardcore sporco e veloce, continuando la tendenza che si era già manifestata nei dischi precedenti, e qui crescono i mid tempo, dando al disco meno impeto ma più struttura. Chi ama i Deez Nuts sa che in qualche modo non rimarrà mai deluso e Binge & Purgatory ne è la conferma. Andando avanti con gli anni l’ oscurità sta crescendo nelle canzoni dei Deez Nuts e l’ attitudine casinara rimane ma divide il palcoscenico con un’ inquietudine sempre maggiore, con ragione. Il divertimento è grande parte di questo tipo di musica ma fortunatamente i Deez Nuts non sono rassicuranti e non prospettano un luminoso futuro, ma anzi offrono un nel viaggio tra asfalto, pugni ed alcool, senza avere però il machismo di certi gruppi hardcore. Le canzoni in questo disco sono tutte valide e sono un ulteriore passo in avanti per questo gruppo che produce un altro lavoro notevole, da ascoltare a fondo e più volte, poiché è più profondo e meno immediato dei precedenti. I tempi fanno schifo ma la lotta continua.

TRACKLIST
01. Binge
02. Purgatory
03. Antidote
04. Commas & Zeros
05. Break Out
06. Discord
07. Lessons Learned
08. Carried By Six
09. Cakewalk
10. For What It’s Worth
11. Hedonistic Wasteland
12. Remedy
13. Do Not As I Do

DEEZ NUTS – Facebook

Steve Hackett – The Night Siren

The Night Siren si va a collocare molto vicino ai picchi solisti di Hackett, trattandosi di un album davvero ricco di intuizioni brillanti e rivelandosi vario ma non dispersivo, tra pulsioni etniche e rimandi al rock e al pop più colto.

Per chi è cresciuto con le musicassette dei Genesis, prezioso cimelio che all’inizio degli anni ’70 costituivano una sorta di Sacro Graal per noi adolescenti folgorati dall’epopea progressive, non è facile ritrovarsi a dover scrivere, dopo una quarantina d’anni, dell’ennesimo (il venticinquesimo) album solista di uno dei propri miti, con il rischio di apparire obiettivo come un qualsiasi genitore che assiste alle gesta sportive della propria prole …

Del resto un simile status non pare certo usurpato da Steve Hackett, uno tra i pochi reduci di quei bei tempi andati (assieme a lui mi viene in mente il solo Peter Hammill) che abbiano continuato a produrre instancabilmente musica inedita, senza tralasciare comunque di rinverdirla e riproporre sui palchi di mezzo modo le note che hanno reso immortale il nome dei Genesis.
Se è vero che, dell’Hackett solista, gli album che hanno lasciato davvero il segno sono i primi tre, con un capolavoro assoluto come Voyage Of The Acolyte e gli ottimi Please Don’t Touch e Spectral Mornings, ciò non significa che tutto il resto della produzione sia da trascurare, anche perché ogni disco del chitarrista inglese, anche il meno brillante, è ammantato da tale e tanta classe da renderlo comunque meritevole di attenzione.
The Night Siren si va a collocare però molto vicino ai picchi solisti di Hackett, trattandosi di un album davvero ricco di intuizioni brillanti e rivelandosi vario ma non dispersivo, tra pulsioni etniche e rimandi al rock e al pop più colto e, nel contempo, immediato; in tutto questo balenano lampi che fanno riferimento alle diverse culture musicali ben rappresentate da ospiti provenienti da diverse parti del pianeta, ognuno portatore del proprio background artistico-musicale.
A partire dalla magnifica Behind the Smoke, traccia che fa capire anche quanto stavolta Steve abbia deciso di non lesinare riguardo ai suo leggendari ed unici assoli chitarristici, il disco si dipana senza fornire punti di riferimento precisi, tenendo fede in senso letterale a quella che dovrebbe essere realmente la musica progressive, ovvero non una serie interminabile di cambi di tempo fine a sé stessi, bensì il naturale sfogo della curiosità musicale di un artista di livello superiore.
Prendiamo ad esempio due brani differenti ma resi contigui dalla sola idea di collocarli sullo stesso album: El Nino è uno strumentale che porta a scuola intere generazioni di musicisti prog, con le sue orchestrazioni che vanno ad esaltare un sound nervoso sul quale si stagliano tonalità che riportano ai migliori momenti di Spectral Mornings, e Anything But Love, traccia solare con coralità in stile Kansas che, nella seconda metà, lasciano spazio a quasi due minuti di maestria chitarristica offerta ai posteri.
Insomma, non c’è un solo brano che annoi o che non sorprenda con soluzioni sempre brillanti, ovviamente esaltati da un consesso di musicisti del quale appare superfluo decantare le doti.
West To East, oltre ad essere un brano magnifico, dai tratti sognanti e suadenti che riportano ai passaggi più soft di Wind And Wuthering e comprendente uno stacco orientaleggiante da far impallidire gli stessi Myrath, è soprattutto anche il manifesto concettuale di un lavoro composto all’insegna di sentimenti positivi, con l’idea tutt’altro che peregrina che la musica sia forse ancora l’unico collante capace di unire i popoli racchiudendo nel suo abbraccio l’intero pianeta.
The Gift, struggente strumentale che chiude il lavoro, è appunto il dono che Steve Hackett fa a tutti gli amanti della buona musica: The Night Siren è l’ennesima prova maiuscola di chi ha messo classe, talento e umanità al servizio di tutti gli appassionati di musica, nessuno escluso …

Tracklist:
1. Behind the Smoke
2. Martian Sea
3. Fifty Miles from the North Pole
4. El Niño
5. Other Side of the Wall
6. Anything but Love
7. Inca Terra
8. In Another Life
9. In the Skeleton Gallery
10. West to East
11. The Gift

Line-up:
Steve Hackett – electric & acoustic guitars, oud, charango, sitar guitar, harmonica, vocals (1 – 11)

Roger King – keyboards and programming (1 – 10)
Amanda Lehmann – vocals (1,2,3,6,7,8,9,10)
Christine Townsend – violin, viola (3, 4, 5, 7, 9, 10)
Rob Townsend – baritone & soprano sax, flute, flageolet, quena, duduk, bass clarinet (1, 4, 7, 9)
Gary O’Toole – drums (3, 4, 10)
Nick D’Virgilio – drums (2)
Gulli Briem – drums, cajon, percussion (7,9)
Mira Awad – vocals (10)
Leslie-Miriam Bennett – keyboards (11)
Troy Donockley – Uilleann pipes (8)
Dick Driver – Double bass (3,4,5,7)
Nad Sylvan – vocals (7)
Kobi Farhi – vocals (10)
Benedict Fenner – keyboards and programming (11)
Jo Hackett – vocals (10)
John Hackett – flute (2,10)
Ferenc Kovács – trumpet (3)
Sara Kovács – didgeridoo (3)
Malik Mansurov – tar (1)

STEVE HACKETT – Facebook

HATEBREED

Il video di Looking Down the Barrel of Today

Il video di Looking Down the Barrel of Today

HATEBREED annunciano il loro tour europeo
I giganti dell’hardcore di New Haven, CT, HATEBREED, hanno annunciato il primo tour da headliner in supporto al loro album »The Concrete Confessional«.

Il cantante Jamey Jasta commenta: “Finalmente torniamo in Europa per un tour da headliner in supporto a »The Concrete Confessional«! Sarà bellissimo condividere il palco con i nostri amici Dying Fetus per la prima parte del tour! Ci vediamo nel pit!”

The Concrete Confessional è entrato nelle chart mondiali subito dopo la sua pubblicazione nel 2016 e sarà disponibile a breve su www.nuclearblast.de anche come picture disc in versione limitata!

Worldwide chart entries:

#2 Canada (Hard Charts)
#3 UK (Rock Charts)
#6 UK (Indie Charts)
#17 Germania
#17 Svezia (Rock/Metal Charts)
#22 Belgio
#23 Austria
#25 USA
#33 Australia
#43 Canada
#43 Finlandia
#78 UK
#85 Belgio (Wallonia)
#92 Olanda
#138 Francia
#145 Belgio (Flanders)

Il tour toccherà l’Italia per un’unica data il 21 Aprile a Bologna.

SOLDIERS OF A WRONG WAR

Il video del singolo “Yeah!”

SOLDIERS OF A WRONG WAR
Tutte le date del “Countdowns Italian Tour 2017”

Annunciate oggi tutte le date del “Countdowns Italian Tour 2017” dei SOLDIERS OF A WRONG WAR. Alle porte dell’uscita del nuovo album “Countdowns”, il quartetto alternative rock piemontese ha pubblicato il singolo “Yeah!” venerdì 31 marzo scorso, in premiere su purevolume.com.

Il brano rappresenta un’interessante anteprima del secondo lavoro in studio in uscita il 18 aprile:
Link “Yeah!” (Official Video)

I Soldiers Of A Wrong War saranno impegnati in un fitto calendario live, che partirà da Modena il prossimo 22 aprile fino a tutta la prossima stagione. Le altre città protagoniste saranno Torino, Bologna, Milano, Trieste, Piacenza, Brescia, Vercelli e Catanzaro. Non mancheranno di certo ulteriori novità e sorprese.

Queste le date, location e venues del “Countdowns Italian Tour 2017”

22.04 LA TENDA – MODENA > https://goo.gl/BOjR2l
24.04 LAVANDERIE RAMONE – TORINO > https://goo.gl/N3SVrd
12.05 BEER FESTIVAL – CASTEL MAGGIORE (BO) > https://goo.gl/yre774
13.05 LEGEND CLUB – MILANO > https://goo.gl/cWjZe9
20.05 FALLOUT MUSIC BAR – TRIESTE > https://goo.gl/ImgwO3
02.06 DANNY SAYS – PIACENZA > https://goo.gl/evZoJO
03.06 VECCHIA SCUOLA – PALAZZOLO (BS) > https://goo.gl/qq2f1X
07.07 OFFICINE SONORE – VERCELLI > https://goo.gl/EaZDYD
28.07 MOON BEACH – CATANZARO LIDO (CZ) > https://goo.gl/scfxT0
29.07 TIRABUSCIO’ – SOVERIA MANNELLI (CZ) > https://goo.gl/kwmIq7

Presto ulteriori su
www.soldiersofawrongwar.com
www.facebook.com/soldiersofawrongwar

BIO
2009 – La band registra un EP di tre tracce. Due i video estratti: “The Fall Of Your Beauty” e “Shape Of Our Lives” che permettono alla band di vincere il premio MTV Best New Generation dell’anno, riuscendo inoltre a suonare in esclusiva tv agli MTV Days.

Dopo aver suonato nei più prestigiosi stage della penisola la band torna in studio per la registrazione del primo full-length “Lights & Karma” pubblicato nel 2011. Due singoli e video sono stati rilasciati “Save Me” e “Dreamers” che ottengono ottenendo più di 300.000 visualizzazioni su Youtube. Entrambi i brani entrano in heavy rotation sulla più grande radio nazionale italiana, Virgin Radio.
Il singolo “Dreamers” è stato inserito in due compilation Virgin Radio: “Stile rock vol.5” e “Virgin Radio Revolver”, entrambi pubblicati da EMI Music.
La stessa “Save Me” e il brano “Believe This” fanno parte della colonna sonora del videogioco globale Starcraft II.
L’album “Lights & Karma” è stato pubblicato anche in Giappone nel maggio 2012 da Bullion Records, una delle più grosse etichette discografiche giapponesi. La band suona in un numero incredibile di eventi nel corso del 2011 e del 2012, da menzionare gli show come opening act per alcuni gruppi internazionali come Panic At The Disco e The Get Up Kids.

Nell’ottobre 2014, la band rinnova la line-up e pubblica un nuovo EP “Slow” composto da tre tracce. Nel giugno 2016 esce un nuovo singolo “We Will Never Fall”, un’anteprima del secondo album in studio.
Nel marzo 2017 esce “Yeah!” in premiere su Purevolume.com e la band rivela che il prossimo album ”Countdowns” vedrà luce il prossimo 18 Aprile 2017.

Soldiers Of A Wrong War sono al momento seguiti da Jordan Washam (Manager di spessore internazionale di band come Architects, Escape The Fate etc), che seguirà la parte promozionale del nuovo lavoro in uscita.

Dethonator – Dethonator

Dethonator è un lavoro che troverà qualche orecchio ben disposto ma anche tanto ostracismo da parte dei fans del metal classico ed estremo, difficili da convincere per una band che deve ancora decidere da quale parte stare.

La Killer Metal ci fa partecipi della proposta di questa band proveniente da Londra, attiva per qualche anno sotto il monicker Kaleb e dal 2009, dopo il cambio di nome in Dethonator , autrice di due full length ed un ep.

Questo album omonimo uscì come debutto del quartetto nel 2010 e viene rimasterizzato ed in parte nuovamente registrato a sei anni dalla sua pubblicazione.
Il sound del gruppo londinese è un heavy metal che accoglie nel proprio spartito elementi all’apparenza lontani tra loro, come qualche spunto estremo di taglio death (a tratti spunta un controcanto in growl), ritmiche thrash metal e clean vocals melodiche e molto moderne, troppo per una proposta che, di fatto, mantiene una sua forte connotazione classica.
Così succede che, tra solos maideniani, atmosfere old school di matrice NWOBHM e veloci ripartenze estreme, i cori alternative metal made in U.S.A. spezzano il cordone ombelicale che tiene legato il sound del gruppo al metal duro e puro.
Non che dispiacciano, ma se non si ha l’orecchio abituato a più di un genere si finisce con arricciare il naso al cospetto di chorus patinati in contrasto con l’energia che i Dethonator non risparmiano, per un impatto ritmico che rimane aggressivo e di matrice thrash per tutto il lavoro.
I Am Thunder God, uscito come singolo, e Shadows sono i brani più diretti e riusciti di un album che troverà qualche orecchio ben disposto ma anche tanto ostracismo da parte dei fans del metal classico ed estremo, difficili da convincere per una band che deve ancora decidere da che parte stare.

TRACKLIST
1. Wreckers
2. Harbringer
3. I Am Thunder God
4. Many Have Fallen
5. Shadows
6. Dethonator
7. Morbid Skies
8. Massive Demonic Killing Spree
9. In the Place of the Skull

LINE-UP
Tris Lineker – Vocals, Guitars
Henry Brooks – Guitars
Adz Lineker – Bass, Vocals
Johnny Mo – Drums

DETHONATOR

Kaunis Kuolematon – Vapaus

Quello che fino a qualche anno fa era una gruppo in chiara ascesa può essere considerato, fin da oggi, una realtà tangibile ed affermata, perché comporre due album di siffatto valore è prerogativa solo delle band di levatura superiore alla media.

I Kaunis Kuolematon nel 2014 erano stati autori dell’ottimo Kylmä kaunis maailma, mirabile esempio di death doom melodico, cantato interamente in finlandese.

Dopo circa tre anni, la band di Hamina, cittadina sul Golfo di Finlandia ad est della capitale, ritorna con Vapaus (libertà) con la fondata ambizione di dare la scalata alle vette del genere, in patria e di conseguenza anche in Europa.
Il risultato non poteva essere migliore: i Kaunis Kuolematon affinano il sound proposto nel precedente album senza perdere nulla in carica emotiva e ricerca melodica.
Come in Kylmä kaunis maailma, l’uso della doppia voce è esemplare, e l’arcigno growl di Olli Suvanto è il contraltare perfetto delle evocative clean vocals del chitarrista Mikko Heikkilä: proprio questa alternanza, unita ad un sound molto più malinconico che drammatico, rende l’ascolto coinvolgente ed accattivante dalla prima all’ultima nota.
La stupenda intro Alkunasat è già sufficiente per dimostrare lo doti tecniche e compositive della band fininica, che poi con Eloton si lanciano in un brano di intensità spasmodica arricchito da appropriati innesti di voce femminile; complessivamente più d’impatto che d’atmosfera è invece Hurskas, ideale preparazione del terreno al capolavoro dell’album, Yksin.
In questi cinque minuti e mezzo esplode letteralmente il talento tecnico e compositivo del quintetto, capace di andare a sfidare con argomenti importanti le massime band del settore: la voce pulita racconta di quella solitudine evocata dal titolo, prima che uno dei chorus più struggenti ascoltati negli ultimi anni si schiuda in tutta la sua fragorosa bellezza.
Il livello non scende, se non impercettibilmente, con la più robusta Tuhottu elämä, uscita come singolo a febbraio e per la quale è stato girato un video che è l’ideale seguito di quello toccante che accompagnava En Ole Mitään nel precedente full length; Ikuinen ikävä e Ikaros forse risentono più del confronto, pur essendo ottime canzoni che riescono a non far scemare la tensione dell’album, prima che Arvet ne riporti nuovamente i toni ai massimi livelli, mantenuti dalla chiusura più rarefatta ed intimista di Sanat jotka jäivät sanomatta.
Se per l’album precedente avevo scomodato quale ovvio riferimento i connazionali Swallow The Sun, in Vapaus la band alla quale i Kaunis Kuolematon maggiormente si avvicinano sono gli Hamferð, sia per l’abbinamento vocale (che però nei faroeriani è tutta opera di un solo cantante, lo stupefacente Jón Aldará), sia per l’uso di un idioma peculiare che forse fa perdere nell’immediato la comprensione dei testi ma che, nel contempo, ammanta di ulteriore fascino la proposta della band.
Comunque sia, quella dei Kaunis Kuolematon è una cifra stilistica piuttosto personale e, soprattutto, pregevole e matura in ogni suo frangente: quello che fino a qualche anno fa era una gruppo in chiara ascesa può essere considerato, fin da oggi, una realtà tangibile ed affermata, perché comporre due album di siffatto valore è prerogativa solo delle band di levatura superiore alla media.

Tracklist:
1. Alkusanat
2. Eloton
3. Hurskas
4. Yksin
5. Tuhottu elämä
6. Ikuinen ikävä
7. Ikaros
8. Arvet
9. Sanat jotka jäivät sanomatta

Line up:
Jarno Uski – Bass
Miika Hostikka – Drums
Ville Mussalo – Guitars
Olli Suvanto – Vocals (lead)
Mikko Heikkilä – Guitars, Vocals (clean)

KAUNIS KUOLEMATON – Facebook