Entropia Invictus – Human Pantocrator (Opus Humani)

Tra Septic Flesh, Bal Sagoth e melodic death metal, Human Pantocrator ha le virtù per porsi all’attenzione non solo dei fans del metal sinfonico, ma anche di quello estremo in generale.

Metal estremo di ottima fattura, sinfonico e gotico, oscuro, a tratti magniloquente e vario nel proporre sfuriate di stampo black al più melodico death metal dai rimandi scandinavi.

I protagonisti di questa opera oscura e melodica sono i francesi Entropia Invictus, quartetto attivo da soli due anni ma con le idee chiare sul proprio sound.
Human Pantocrator (Opus Humani) risulta un’opera oscura dove le melodie hanno in mano il sound, anche se growl teatrale e ritmiche violente e veloci irrobustiscono un metal gotico che vive di orchestrazioni cinematografiche, repentini cambi di tempo ed umori, in un contesto che varia tra il black metal sinfonico ed il death metal melodico.
Prodotto benissimo, così da poter godere appieno sia della parte metallica che delle sinfonie classiche, l’album a tratti prende davvero il volo, con sfumature epiche che avvicinano il sound a quanto proposto dai Bal Sagoth (Cosmogenic Pandemonium) con una forte connotazione battagliera che si scontra con quella oscura e gotica dei brani precedenti.
Album curato nei minimi dettagli e che farà la gioia degli amanti del metal estremo sinfonico, Human Pantocrator si fa ascoltare che è un piacere, tra lievi accordi pianistici a smorzare la mastodontica pienezza della musica orchestrale che, con il metal estremo, forma oscure trame epiche ed atmosferici intermezzi dark gotici, dove cori lirici aumentano l’aura di sacrale epicità del sound (Singularity).
In conclusione un album riuscito: tra Septic Flesh, Bal Sagoth e melodic death metal, Human Pantocrator ha le virtù per porsi all’attenzione non solo dei fans del metal sinfonico, ma anche di quello estremo in generale.

TRACKLIST
01. I Will Overcome
02. Euphoria’s End
03. The Builder / The Destroyer
04. In the Attic
05. Cosmogenic Pandemonium
06. Kurzweil’s Dream
07. Singularity
08. Tree of Creation
09. Reflection
10. Imperfect God
11. Among Us

LINE-UP
Jérome Bougaret – Guitars
Jordan Chevreton – Guitars
Laurent Tort: bass
Pierjan Vadeboin – Drums

ENTROPIA INVICTUS – Facebook

Andrea Salini – Lampo Gamma

Terzo album per il chitarrista romano Andrea Salini, il cui Lampo Gamma risulta un lavoro curato e dal buon tiro rock.

Terzo album per il chitarrista romano Andrea Salini, rocker che regala un lavoro intenso, con la sei corde in evidenza ed una voce che lascia trasparire passione e attitudine: un musicista e compositore completo che non affida solo alla sua sei corde il compito di descrivere il proprio mondo musicale, ma attribuisce la dovuta importanza alla forma canzone.

Una voce alla Mark Knopfler ci accompagna lungo questo ottimo lavoro che sa tanto di rock settantiano, mentre la chitarra di Salini ci racconta di musica ribelle e di una passione per Jimi Hendrix che sfocia nella funky rock Hendrix Funk (The Comet), mentre l’opener Strange Days ci aveva già dato il benvenuto con il suo hard rock lineare e dal buon refrain.
Bad Moon Rising è la bellissima cover del classico dei Creedence Clearwater Revival, ma il piccolo capolavoro Salini lo compone con The Moon, una semi ballad rock, introspettiva e dal retrogusto pinkfloydiano, che ci prende per mano e ci porta al cospetto dei ritmi hard rock della conclusiva The Martian, strumentale che accompagna i titoli di coda di un lavoro ben fatto e molto curato.
Poche informazioni su chi ha abbia fornito il suo contributo alla riuscita del disco del chitarrista capitolino, non inficiano un giudizio più che positivo per un lavoro che merita sicuramente un ascolto.

TRACKLIST
1.Strange Days
2.Distant Planets
3.Hendrix Funk (The Comet)
4.Space anthem
5.Bad Moon Rising
6.The Moon
7.The martian

LINE-UP
Andrea Salini – Guitars Vocals

ANDREA SALINI – Facebook

SIKTH

Il lyric video di “Vivid”

I SIKTH PRESENTANO I DETTAGLI DEL LORO NUOVO ALBUM THE FUTURE IN WHOSE EYES?

I Re sono tornati! I Sikth, sestetto di Watford che ha portato alla creazione del djent metal, e che ha ispirato band come i Protest The Hero, TesseracT, Animals As Leaders e Periphery, è tornato con quello che sarà uno dei migliori album del 2017 – The Future In Whose Eyes?

L’uscita del disco è prevista per il 2 Giugno 2017 su Millennium Night, la nuova etichetta di proprietà di Snapper Music, già creatrice di Peaceville Records & Kscope, distribuita in Italia da Audioglobe.

Le voci sono state registrate nello studio del cantante Mikee W Goodman e nei R&R Studios (www.rnrstudios.co.uk) di Adrian Smith (Iron Maiden). Il disco segna anche il debutto del nuovo co-vocalist Joe Rosser, “Joe ha fatto un grande lavoro sul disco, ha una voce davvero potente e versatile” dice di lui Mikee. Chitarre e batteria sono stati registrati ai Monkey Puzzle House studios (www.monkeypuzzlehouse.com ). Dan Weller ha prodotto il disco e Adam “Nolly” Getgood (Periphery) lo ha mixato.

La copertina è spettacolare ed è stata creata da Meats Meier (www.3dartspace.com ), che conosce la band da molti anni, ed è considerato un genio assoluto e un visionario. Meats Meier racconta che “Questa immagine rappresenta il futuro e la dannazione della razza umana, che viene rovinata nella sua perfezione dalla sua necessità di continue innovazioni. Ma un piccolo errore rompe il macchinario e veniamo rispediti agli inizi.”

Il primo singolo “Vivid” è ora in vendita in digitale e in Instant download al pre-ordine dell’album. Guarda qui il lyric video di “Vivid”

L’album sarà disponibile in differenti versioni:

Deluxe 12” hardbook:
Libro di di 44 pagine, e contiene altri lavori di Meats Meier e i testi di Mikee Goodman
CD The Future In Whose Eyes? 12 Canzoni originali
CD The Future In Whose Eyes? 5 rivisitazioni delle canzoni realizzate da Dan Weller – “Ride The Illusion”, “Golden Cufflinks”, “Cracks Of Light”, “Century Of The Narcissist” e “Vivid”
CD The Future In Whose Eyes? 12 canzoni versioni strumentali.
10 copie della edizione deluxe scelte a caso che conterranno una canzone scritta a mano e firmata da Mikee W Goodman

CD:
The Future In Whose Eyes? 12 Canzoni originali

Gatefold LP di 180g
The Future In Whose Eyes? 12 Canzoni originali su vinile nero (con MP3 download code)
Edizione limitata su vinile color Viola Splatter e Arancione Splatter (con MP3 download code)

Digital download featuring:
The Future In Whose Eyes? 12 canzoni originali e download code di “Vivid” e “No Wishbones” scaricabili immediatamente per chi effettua il pre-ordine.
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(Photo credit: Gobinder Jhitta www.gobinderjhitta.co.uk )

SikTh are:
Mikee W Goodman – Voci
Dan Weller – Chitarra
Dan Foord – Batteria
James Leach – Bassi
Pin – Chitarra
Joe Rosser – Voci

www.sikth.band

WORDS THAT BURN

Il secondo video ufficiale degli irlandesi Words That Burn!

Il secondo video ufficiale degli irlandesi Words That Burn!

Il video ufficiale dei Words That Burn per la canzone “Mirror Perfect Mannequin”, tratta dall’album “Regret is for the Dead”, esce oggi sul canale Youtube/Vevo della band.

Choreography By: Amy Ford
Performed By: Amy Ford & Emma Larney
Director: Andrew Browne

WORDS THAT BURN
www.facebook.com/wordsthatburn
twitter.com/words_that_burn

Infernäl Mäjesty – No God

No God si presenta a noi come un mastodontico lavoro dalla durata di un’ora in cui il gruppo di Toronto ci travolge con il suo thrash/death violentissimo.

Qui si ripercorre la storia del thrash più estremo e senza compromessi sviluppatosi nella scena underground Canadese.

Gli Infernäl Mäjesty possono essere sicuramente considerati un gruppo storico nella fredda terra a nord degli Stati Uniti, il loro metal estremo distruttivo e maligno porta morte e pestilenze dalla metà degli anni ottanta, dunque la band si porta dietro un’aura leggendaria, ha attraversato trent’anni di musica metallica ed arriva più in forma che mai al traguardo del quarto album di una discografia che ha visto lunghe pause ma anche molti lavori minori.
No God si presenta a noi come un mastodontico lavoro dalla durata di un’ora dove senza compromessi il gruppo di Toronto ci travolge con il suo thrash/death violentissimo, pregno di attitudine evil e valorizzato da un lotto di brani dall’impatto devastante.
Il thrash metal degli Infernäl Mäjesty strizza l’occhio alla scena europea (Kreator), arricchito da molti elementi death e qualche spunto black, tra ritmiche furiose e cattiveria dispensata senza freni.
Licenziato dalla High Roller, l’album è curato nei minimi dettagli, prodotto e registrato benissimo, deflagrando in tutta la sua carica sin dall’opener Enter The World Of The Undead.
La produzione secca e metallica gli conferisce un tocco moderno, così pur vivendo di attitudine old school, il sound risulta una bomba nera scagliata sul mondo, mentre la violenza tout court di In God You Trust ci investe micidiale e senza pietà.
La title track ci ricorda di un mondo senza Dio, mentre la band di Mille Petrozza danza sui cadaveri con gli Slayer, e i fratelli death e black metal intonano canti di morte.
Questo ricorda la musica contenuta in un album in cui Nation Of Assassins é un inferno ritmico, e la coppia conclusiva formata da Systematical Extermination e Extinction Level Event produce una devastante propulsione atta alla più fantomatica distruzione.
Ottime le prove dei musicisti e perfetto l’inserimento di importantissimi elementi melodici che offrono riusciti spunti classici con l’egregio lavoro negli assoli e nei rari momenti atmosferici.
Uun lavoro curatissimo e sorprendete da un gruppo magari poco conosciuto dalle nostre parti ma che, nell’underground, può vantare un prezioso curriculum.

TRACKLIST
1.Enter The World Of The Undead
2. In God You Trust
3. Signs Of Evil
4. Another Day In Hell
5. Kingdom Of Heaven
6. No God
7. False Flag
8. Nation Of Assassins
9. House Of War
10. Systematical Extermination
11. Extinction Level Event

LINE-UP
Christopher Bailey – vocals
Kenny Hallman – guitar
Steve Terror – guitar
Daniel Nargang – bass
Kiel Wilson – drums

INFERNAL MAJESTY – Facebook

AlNamrood – Enkar

Enkar si mantiene sulla linea dei lavori precedenti degli AlNamrood, lasciando pressoché immutate le coordinate e, conseguentemente, le buone impressioni che ne derivano.

A chi è convinto (un gran numero di persone, purtroppo) che tutti gli arabi, indistintamente, siano dei fanatici devoti ad Allah e pronti a farsi saltare per aria accecati dalla fede per il proprio dio, consiglierei, se non di ascoltare questo disco, quanto meno di prendere atto che esiste chi alla tirannia religiosa prova a ribellarsi anche nei paesi più strettamente connessi con la jihad islamica, quale è appunto l’Arabia Saudita.

Uno strumento di dissenso magari non consueto, e forse anche per questo più efficace, può essere suonare musica metal, un genere che sappiamo non essere visto di buon occhio neppure in paesi teoricamente a minore rischio di integralismo; se poi il tutto si trasforma in un black death dai testi chiaramente antireligiosi, si può ben capire come mai degli AlNamrood si conoscano solo gli pseudonimi, vista la necessità di mantenere l’anonimato per salvare essenzialmente la pelle (pur avendo base i nostri, probabilmente, nel ben più accogliente Canada).
Non si creda peraltro che questo sia un problema esclusivamente islamico: in India, per esempio, gli Heathen Beast, con la loro feroce critica nei confronti della tirannia di matrice induista, corrono esattamente gli stessi rischi. Alla fine il messaggio di tutti questi musicisti coraggiosi è finalizzato a far capire, anche a chi segue culti oggi un po’ più “annacquati” e di convenienza, quanto la religione sia in assoluto il vero cancro del pianeta, il male capace di obnubilare le menti costituendo una delle leve principali manovrate dai dai potenti per controllare le masse.
Venendo all’aspetto prettamente musicale, degli AlNamrood avevamo già parlato in occasione del loro precedente lavoro, apprezzandone il tentativo di fondere le sonorità estreme con quelle tradizionali della propria terra; Enkar si mantiene su questa linea lasciando pressoché immutate le coordinate e, conseguentemente, le impressioni derivanti dall’ascolto: la musica degli AlNamrood gode di una notevole intensità, è suonata e prodotta in maniera soddisfacente e risulta coinvolgente il giusto, anche se proprio per come è strutturata non sempre scorre in maniera fluida come dovrebbe.
In effetti, il black proposto dal trio arabo ha un andamento piuttosto simile per tutta la durata del lavoro, con rade accelerazioni rispetto alle quali viene privilegiato un mid tempo la cui ritmica si adegua, necessariamente alla particolare metrica della lingua araba: in definitiva, la condizione essenziale per apprezzare Enkar e tutta la precedente produzione degli AlNamrood è quella d’essere appassionati non solo di metal estremo ma anche di sonorità etniche, e mediorientali in particolare.
Non so quante persone rispondano effettivamente a tali requisiti, per cui l’album potrebbe essere anche un buon pretesto, da parte di chi predilige uno dei due aspetti, per fare un full immersion nell’altro. Per quanto mi riguarda, ascolto sempre con piacere soluzioni sonore di questo genere, provando a non farmi influenzare dalla naturale empatia nei confronti di questi ragazzi, anche se mi rendo conto di quanto questi quaranta minuti possano rivelarsi di complessa digestione per molti.
A tutti consiglio di ascoltare una traccia come Ensaf, quella in cui la commistione tra gli strumenti tradizionali ed il metal estremo funziona decisamente meglio: fatto questo passo e presa familiarità con il sound degli AlNamrood, Enkar  potrebbe rivelarsi molto più di una semplice anomalia geo-musicale.

Tracklist:
1. Nabth
2. Halak
3. Xenophobia
4. Estibdad
5. Efsad
6. Estinzaf
7. Ensaf
8. Egwaa
9. Ezdraa
10. Entiqam

Line-up:
Mephisto: Guitars/Bass
Ostron: Middle Eastern Instruments
Humbaba: Vocal

ALNAMROOD – Facebook

Valgrind – Seal Of Phobos

Un ep che riprende la storia del death e la trasporta nel nuovo millennio, un modo per conoscere questa ennesima ottima realtà nostrana ed andarsi a cercare i due precedenti lavori sulla lunga distanza.

All’interno del death metal dalle sembianze più pure ed old school, i Valgrind li possiamo sicuramente definire una band storica, visto che l’anno di inizio delle ostilità segna il 1993; dopo una lunga serie di demo ed un silenzio di una decina d’anni tra il 2002 ed il 2012, il gruppo ha sfornato due full length, Morning Will Come No More e Speech of the Flame, uscito lo scorso anno.

La band emiliana torna a distanza di pochissimo tempo con questo nuovo ep di cinque brani, intitolato Seal Of Phobos, che ribadisce la totale radice old school del sound del gruppo dell’ex Raw Power Gianmarco Agosti e la sua devozione per i Morbid Angel e il death metal floridiano.
Un terremoto sonoro di soffocante bellezza estrema lo sono anche questi cinque brani, che riportano al death suonato nei primi anni novanta, un’infernale parentesi musicale dove lo storico gruppo floridiano viene tributato, non andando oltre all’era Altar Of Madness/Blessed Are The Sick.
In questi tempi di rivalutazione delle sonorità del passato, i Valgrind non mancheranno di stupire chi ancora non li conoscesse, e fin dall’opener The Endless Circle ci investono con la loro diabolica furia estrema senza compromessi.
Seal Of Phobos è un ep che riprende la storia del genere e la trasporta nel nuovo millennio, un modo per conoscere questa ennesima ottima realtà nostrana ed andarsi a cercare i due precedenti lavori sulla lunga distanza, almeno per chi si ritiene amante del genere.

TRACKLIST
01. The Endless Circle
02. New Born Deceit
03. Prelude To Downfall (Interlude)
04. Traitors Will Bleed
05. Ekphora’s Day

LINE-UP
Daniele Lupidi – Vocals, bass
Massimiliano Elia – Guitas, keys
Umberto Poncina – Guitars, keys
Gianmarco Agosti – Drums

VALGRIND – Facebook

Jesters Of Destiny – The Sorrows That Refuse to Drown

I Jester Of Destiny hanno preso un contenitore e lo hanno riempito della musica rock a cavallo tra gli anni ’60 e ’70, agitandolo per bene e creando un mix delle scene musicali che sono diventate storia.

Se si parla di rock vintage penso che un album come The Sorrows That Refuse to Drown sia un manifesto più che esauriente del ritorno dei suoni old school, anche se in questo lavoro non si può certamente parlare di hard rock o heavy metal, ma appunto rock come si faceva tra gli anni sessanta e settanta.

I Jesters Of Destiny sono un gruppo nato a Los Angeles nella prima metà degli anni ottanta, anche se dell’air metal suonato nel Sunset Boulevard nella loro musica non se ne trova neanche un po’.
Il loro sound si è sviluppato (purtroppo) in soli due lavori; il primo album uscito nel 1986, intitolato Fun At The Funeral e l’ep dell’anno dopo, In A Nostalgic Mood, poi un silenzio lungo trent’anni, ed il ritorno assolutamente inaspettato, tramite Ektro Records, con The Sorrows That Refuse to Drown, ovvero un album di rock psichedelico, glam, punk e progressive nato sul finire degli anni sessanta ed uscito nel 2017.
Ovviamente la loro proposta non mancherà di far storcere il naso a più di un purista, vista l’alternanza di atmosfere e sfumature che vanno dal glam patinato dei T.Rex e David Bowie a quello proto punk di Iggy Pop, dagli MC5 alla psichedelia dei Beatles, dal blues sporco e drogato degli Stones ad accenni progressivi dove un sax allucinato porta il sound verso corti dove regnano i King Crimson, mentre un sentore di Rocky Horror Picture Show si fa spazio tra lo spartito dell’opera.
Tra i brani, Sunset Boulevard, dedicata alla famosa strada del rock’ n’ roll, inaspettatamente risulta un brano elettro glam, mentre si continua a viaggiare nel tempo, salti anche rischiosi tra un genere e l’altro che potrebbero portare molte critiche alla proposta del gruppo, specialmente se non si ha dimestichezza con la musica rock di qualche decennio fa.
I Jesters Of Destiny hanno preso un contenitore e lo hanno riempito della musica rock a cavallo tra gli anni ’60 e ’70, agitandolo per bene e creando un mix delle scene musicali che sono diventate storia, così che l’album risulta un oldies but goldies, ed ogni brano è una sorpresa.

TRACKLIST
1.Fire in the Six Foot Hole
2.The Flesh Parade
3.Ladies of Runyon Canyon
4.My Card, Sir
5.Chalk Outline
6.The Misunderstood
7.’Til the Following Night
8.Sunset Boulevard
9.Peace, Blood and Charlie Cocaine
10.Another Fire Six Feet Deep
11.Happy Ending

LINE-UP
Bruce Duff ~ Bass, Vocals
Dave Kuzma ~ Drums
Michael Montano ~ Guitars
Ray Violet ~ Guitars, Keyboards

JESTERS OF DESTINY – Facebook

Diĝir Gidim – I Thought There Was the Sun Awaiting My Awakening

Da un luogo “sconosciuto” notevole esordio di incompromissorio e magmatico black metal.

Entità aliene provenienti da lontani mondi, demoni sputati fuori da innominabili profondità, questo il quesito che mi sono posto ascoltando i Diĝir Gidim, duo proveniente da un luogo ignoto, che esordisce dal nulla con un opus misterioso, affascinante, per nulla di facile ascolto.

L’unica notizia è che uno dei due musicisti, Lalartu, ha esordito nel 2016 con il suo progetto black ambient Titaan, mentre Utanapistim Ziusudra, che suona tutti gli strumenti, è del tutto sconosciuto. La label italiana ATMF, sempre attenta nella ricerca di nuove emozioni black metal, li fa esordire con un full di quattro lunghe composizioni all’insegna di un black metal intenso, magmatico, cangiante, ritualistico, devoto al fascino di antichi mondi, in questo caso la Mesopotamia; il Diĝir è un simbolo cuneiforme che rappresenta la suprema divinità Anu deus otiosus, mentre Gidim rappresenta l’ombra o lo spirito della persone morte; già altre band hanno subito il fascino delle Civiltà Egizie, vedi Nile e Melechesch, ma con i Diĝir Gidim il tutto, sia a livello concettuale che a livello musicale, si spinge maggiormente in profondità scavando a fondo e generando gelide emozioni in chi si vorrà far trasportare in questo flusso infinito di note e vocals straziate.
I quattro lunghi brani costituiscono un flusso costante e continuo in cui ritualistici cori, scream feroci e incompromissori, note dissonanti di chitarre si inseguono, si confondono per creare un massa incandescente dove alcune linee melodiche sono talmente oscure da atterrire l’ascoltatore; il termine estremo in questo caso assume, per chi vi si avventura, un effetto assolutamente catartico. Le spire gelide di vortici impazziti nell’oscurità infernale del primo magnifico brano si collegano, si amalgamano con cori di dei ancestrali, adorati ma non capiti, in un continuum senza luce né speranza, in abissi infiniti dove non vi è alcun filtro ma solo nichilismo assoluto: la presenza di un dio autoritario e vendicativo nega a menti schiave qualunque forma di ribellione e affrancamento. Il sound, che trova la sua genesi nei Deathspell Omega, nei Blut Aus Nord, è ribollente, non conosce pause liberatorie, tutto si stratifica, si attorciglia, si fonde e lascia alla fine dell’ascolto una sensazione di spossante purificazione. Da assimilare a piccole dosi, ma assolutamente da sentire!

TRACKLIST
1. The Revelation of the Wandering
2. Conversing with the Ethereal
3. The Glow Inside the Shell
4. The Eye Looks Through the Veils of Unconsciousness

LINE-UP
Utanapištim Ziusudra – All instruments and Music
Lalartu – Vocals and lyrics

DIGIR GIDIM – Facebook

src=”https://bandcamp.com/EmbeddedPlayer/album=2322564852/size=small/bgcol=ffffff/linkcol=0687f5/transparent=true/” seamless>I Thought There Was the Sun Awaiting My Awakening by DIGIR GIDIM

LANCER

Esce il live video di ‘Dead Raising Towers’!

Esce il live video di ‘Dead Raising Towers’!

Gli heavy metallers LANCER hanno pubblicato il loro album “Mastery”, il 13 Gennaio su Nuclear Blast. Dopo la sua uscita, gli Svedesi hanno portato i loro nuovi pezzi sui palchi di tutta Europa con un lungo tour insieme a HAMMERFALL e GLORYHAMMER. Un team di videomakers della Ward Records Japan ha filmato lo show della band al Große Freiheit 36 di Amburgo, Germania il 7 Febbraio. Da quelle riprese, i LANCER sono orgogliosi di presentare oggi il live clip di ‘Dead Raising Towers’. Guardalo subito qui:

Il chitarrista Fredrik Kelemen commenta:

“Dal concerto di Amburgo, ultima data in Germania del tour europeo di inizio anno, arrivano le riprese di questo clip di ‘Dead Raising Towers’, la opening track tratta dal nostro ultimo album »Mastery«. Non perdetevela!”

Ordina »Mastery« ora: http://nblast.de/LancerMasteryNB
Ordina »Mastery« in versione digitale o in streaming: http://nblast.de/LancerDownloads

Altro su »Mastery«:
‘Follow Azrael’ OFFICIAL MUSIC VIDEO:
https://www.youtube.com/watch?v=2Hm7mN7NPjM
‘Mastery’ OFFICIAL MUSIC VIDEO:
https://www.youtube.com/watch?v=k9B_SS8WNDw
‘Future Millenia’ OFFICIAL TRACK:
https://www.youtube.com/watch?v=KXdqzWfb4P8
‘Iscariot’ OFFICIAL TRACK & LYRICS:
https://www.youtube.com/watch?v=waQweOfrv8Y

LANCER live:

19.08. S Falun – Sabaton Open Air

I LANCER sono:
Isak Stenvall | voce
Ewo Solvelius | chitarra
Fredrik Kelemen | chitarra
Emil Öberg | basso
Sebastian Pedernera | batteria


Maggiori info:
www.lancermetal.com
www.facebook.com/lancermetal
www.nuclearblast.de/lancer

Devil – To The Gallows

Riffoni pesanti, ritmiche che si mantengono robuste e regolate su mid tempo grondanti lava vulcanica ed almeno la metà dei brani di altissima qualità, fanno di To The Gallows un lavoro imperdibile per i fans dell’heavy doom tradizionale.

Chi ama l’heavy doom difficilmente potrà privarsi di un album come To The Gallows, monumento hard rock/heavy metal dalle influenze doom settantiane.

Certo, la proposta dei norvegesi Devil abbraccia un genere che di questi tempi sta tornando ad infiammare cuori e spiattellare cervelli, sotto il bombardamento di watts con gli strumenti che, ribassati, intonano danze e rituali forieri di magia occulta.
Non solo, quindi, musica per rockers nostalgici e magari avanti con gli anni, ma giovani kids con la mania per i jeans a zampa di elefante e sacchetti di pelle a tracolla dove si costudiscono i pochi averi sotto forma di tabacco ed erbe medicinali.
Il quintetto scandinavo, attivo dal 2009, arriva al terzo album sotto l’ala della Soulseller e riporta gli amanti del genere indietro nel tempo partendo come già fatto nei precedenti (Time To Repent, debutto sulla lunga distanza del 2011 e Gather The Sinner, precedente opera targata 2013), dai primi anni del periodo settantiano con l’imronta dei Black Sabbath, per avvicinarsi al nuovo millennio con influenze che vanno dai Pentagram ai Trouble, passando per gli anni ottanta e facendosi stregare dalla New Wave Of British Heavy Metal.
Un gruppo di nicchia, né più né meno, quindi da amare incondizionatamente e a prescindere dall’anno in cui lo si ascolta: per i Devil, come per molte band del genere, non credo possa valere un giudizio condizionato dal tipo di musica suonata che, ricordo, è assolutamente old school.
Ed il bello sta proprio nel loro talento per un genere che, come dovrebbe essere per tutta la musica metal, si trova al di fuori del tempo e dello spazio, una rito metallico che prende vita dalle note della title track, posta all’inizio dell’album, mettendo subito le cose in chiaro sulla qualità della musica prodotta dal gruppo.
Riffoni pesanti, ma solo a tratti ciondolanti, ritmiche che si mantengono robuste e regolate su mid tempo grondanti lava vulcanica ed almeno la metà dei brani di altissima qualità (Trenches, Reaper’s Shadows e David & Golitah, oltre alla già citata title track), fanno di To The Gallows un lavoro imperdibile per i fans dell’heavy doom tradizionale.

TRACKLIST
1. To The Gallows
2. Trenches
3. Dead Body Arise
4. Regulators
5. Reaper’s Shadow
6. Peasants & Pitchforks
7. Jumping Off The Edge Of Time
8. David & Goliath
9. Cemetary Still

LINE-UP
Stian Fossum – guitar
Ronny Østli – drums
Thomas Ljosaak – bass
Kai Wanderås – guitar
Joakim Trangsrud – vocals

DEVIL – Facebook

http://www.facebook.com/Devilband

Morast – Ancestral Void

Ancestral Void conferma quanto di buono esibito precedentemente dai Morast, senza che però avvenga il salto di qualità sensibile che forse era lecito attendersi.

Come preannunciato in occasione dell’articolo scritto per commentare la riedizione in vinile del primo demo dei Morast, è arrivato il momento dell’uscita del primo full length per la band tedesca.

Ancestral Void conferma le sensazioni avute qualche mese fa, ovvero quelle di trovarci al cospetto di una band dal sound solido e compatto, con il solo neo d’essere poco vario, pur nel suo apparire ugualmente incisivo.
Il death doom sporcato di sludge del gruppo teutonico è l’emblema di un approccio molto lineare, che non si perde in preamboli e non disperde energie nella ricerca di particolari divagazioni, puntando essenzialmente su un impatto granitico.
Crescent, brano d’apertura del lavoro, è il manifesto ideale delle caratteristiche sopra descritte, con il suo riffing oscuro, dai ritmi non eccessivamente rallentati ed una voce aspra che rifugge ogni tentazione melodica: è la rabbia, per lo più, a prevalere sulla tristezza, rappresentando una forma di reazione al passivo ripiegarsi su stesso di chi è schiacciato dal peso dell’esistenza.
Così, mentre in Sakkryfyced appaiono parvenze melodiche che rendono il brano quello relativamente più accessibile del lotto, Loss spinge maggiormente sul versante dell’incomunicabilità, con un andamento dalla lentezza molto più accentuata.
Ancestral Void è un’opera breve che si dimostra efficace per quasi tutta la sua durata, con Compulsion e la citata Loss forse meno incisive e dirette rispetto alle altre quattro tracce, e l’ossessiva title track a suggellare una prova di buon spessore ma dall’aspetto monotematico, specie per chi ha meno familiarità con il genere: viene confermato, pertanto, quanto di buono esibito precedentemente dai Morast, senza che però avvenga il salto di qualità sensibile che forse era lecito attendersi. Detto ciò, Ancestral Void è un album il cui monolitico incedere esprime ugualmente un suo certo fascino.

Tracklist:
1. Crescent
2. Forlorn
3. Sakkryfyced
4. Compulsion
5. Loss
6. Ancestral Void

Line-up:
L. – drums
F. – vocals
R. – bass
J. – guitar

MORAST – Facebook

Vitja – Digital Love

Digital Love si compone di undici brani per soli quaranta minuti di musica diretta, melodica, potentissima e sapientemente elettronica

La domanda è: cosa hanno i Vitja che le altre band che suonano metalcore non hanno?

Beh, intanto incidono per Century Media e se la potentissima label ha deciso di puntare sul gruppo di Colonia un motivo ci sarà.
E allora andiamo a scoprire il segreto di questo quartetto tedesco, nato nel 2013, anno in cui esce il primo full length (Echoes), tornato nel 2015 con l’ep Your Kingdom, ed ora pronto per fare sfracelli nei locali del centro Europa con il nuovo Digital Love, in uscita appunto per Century Media.
L’album si compone di undici brani per soli quaranta minuti di musica diretta, melodica, potentissima e sapientemente elettronica, il giusto per entrare nella track list dei dj sparsi nelle metropoli in giro per il vecchio continente, anche se giurerei che un pensierino anche agli Stati Uniti band ed etichetta lo hanno fatto.
Un metal che ha nell’urgenza del core, nelle atmosfere nu metal conferite dalla parte elettronica e l’appeal fornito da melodie sempre azzeccate, la ricetta per sfondare e davanti a mazzate violentissime come l’opener Scum o la seguente D(e)ad non si può che ripararsi da tanto fervore aspettando che melodie dal piglio dark e note di tappeti elettronici invitino l’ascoltatore a far sue le molteplici sfumature di questo lavoro, dove ha la sua importanza il cantato, vario e per niente scontato di David Beule, che non risparmia toni cangianti, dallo scream al rabbioso urlo hardcore, per finire con una clean che spalanca cuori femminei come farebbe una tempesta con le porte di un cascinale.
Roses, la devastante title track, la potenza melodica e l’appeal di Six Six Sick, l’ enorme lavoro sulla darkcore Heavy Rain sono mattoni di un muro sonoro difficile da scalfire ma clamorosamente pregno di melodie tragiche, mature al confronto con le facili altalene atmosferiche di tanti gruppi del genere.
Le ritmiche solo a tratti si contraggono parti sincopate, la parte nu metal della musica dei Vitja esce allo scoperto e fa male (Find What You Love And Kill It), mentre la sei corde mantiene un atteggiamento metallico alla Disturbed ,se mi si lascia passare il paragone scomodo.
Album che farà parlare, gruppo pronto per il salto che da promessa lo porterà ad una sufficiente notorietà per regalare ancora buone soddisfazioni.

TRACKLIST
1. SCUM
2. D(e)ad
3. No One As Master No One As Slave
4. Roses
5. Digital Love
6. Six Six Sick
7. The Golden Shot
8. Heavy Rain
9. Find What You Love And Kill It
10. In Pieces
11. The Flood
Additional tracks on Special Edition CD Digipak, LP+CD, Digital Album:
12. I’m Sorry
13. New Breed

LINE-UP
David Beule – vocals
Mario Metzler – bass
Vladimir Dontschenko – guitar
Daniel Pampuch – drums

VITJA – Facebook

Alessio Secondini Morelli’s – Hyper-Urania

Se con questo lavoro il chitarrista voleva ribadire l’immortalità della musica heavy metal e la sua ottima salute anche nel nuovo millennio, direi che la missione è andata decisamente a buon fine.

Nuovo progetto per il chitarrista Alessio Secondini Morelli (Anno Mundi, Freddy & The Kruegers) volto a reinterpretare a suo modo le sonorità classiche dell’heavy metal.

Hyper-Urania è un ep di sei brani dove il chitarrista nostrano, aiutato da numerosi ospiti tra cui Francesco Lattes (New Disorder), Freddy Rising (Acting Out, Martiria, Bible Black) e Federica Garenna (Sailing To Nowhere, She Devil) alla voce, Daniele Zangara alla batteria, Emiliano Laglia (Aibhill Striga, Invaders, Blackened, Youthanasia) al basso, rivisita il metal classico e lo consegna ai giovani ascoltatori del nuovo millennio.
Sonorità ottantiane dunque, prendendo ispirazione sia dalla corrente britannica dei primissimi anni del decennio d’oro per la musica hard & heavy, sia da quella statunitense, con i primi Savatage, ad irrobustire un sound che pesca tanto dai Saxon quanto dai Judas Priest, lasciando in disparte, almeno per una volta, gli Iron Maiden.
Ottima prova dei cantanti, a loro agio anche con brani sicuramente più classici di quelli proposti con le loro band, e grande apertura con il riff di Arkam, notevole brano dove, oltre ad un’ottima performance di Federica Garenna al microfono, si evince la bravura tecnica di Alessio Secondini Morelli e la sanguigna passione che trabocca dall’assolo graffiante a metà brano.
Da segnalare anche la bellissima cover dal taglio progressivo di Veteran Of The Psychic Wars dei Blue Blue Öyster Cult; se con questo lavoro il chitarrista voleva ribadire l’immortalità della musica heavy metal e la sua ottima salute anche nel nuovo millennio, direi che la missione è andata a buon fine.

TRACKLIST
1.Arkam
2.Lord Of The Flies
3.Fuga In Mi Minore “Del Canto Delle Valchirie”
4.Scarlet Queen
5.Veteran Of The Psychic Wars
6.Steven Shark

LINE-UP
Alessio Secondini Morelli – Guitars
Daniele Zangara – Drums
Emiliano Laglia – Bass
Freddy Rising – Vocals
Federica Garenna – Vocals
Francesco Lattes – Vocals

ALESSIO SECONDINI MORELLI – Facebook

Pallbearer – Heartless

Ascoltare Heartless è un’esperienza che ti fa essere grato di non essere morto prima di poter sentire un disco così.

Heartless è talmente bello che a volte fa paura ascoltarlo, si rimane intimoriti da cotanta grazia.

Il terzo disco dei Pallberear è qualcosa di magnifico e stordente. Questo disco contiene tutto, dal post metal al rock, dall’heavy metal più illuminato alla canzone epica, dal dark al non cosa, ma qui dentro c’è. Probabilmente i Pallbearer sono un medium attraverso i quali chissà quale entità fa scorrere la propria musica da un altro punto dell’universo. Ascoltare Lie Of Survival è un’esperienza che ti fa essere grato di non essere morto prima di poter sentire una canzone così. Heartless è ciò che è illustrato in copertina, una montagna antropomorfa che riposa inquieta. I Pallbearer prima di questa prova erano un gran gruppo, molto promettente e fautore di un’ottima musica pesante virata al doom, e di grande efficacia dal vivo. Dimenticatevi di tutto ciò. Certamente qualcosa è rimasto, sicuramente i pregi di quanto fatto prima, ma qui è un altro piano cosmico, è l’iperuranio. Questo disco lo sentirete con le orecchie ma va dritto verso i ventuno grammi che forse compongono la nostra anima. Il tempo si dilata, e i Pallbearer ci sussurrano all’orecchio di incredibili mondi che sono dentro e fuori di noi, e mentre lo fanno scorrono le vite di quello che siamo stati prima e di quello che saremo dopo, in una maliconia fatta del contrario di ciò di cui è fatta la carne. Heartless è forse un sogno, forse non esiste, ma almeno lo avremo sentito. Gli oltre undici minuti di Dancing In Madness si vorrebbe che non finissero mai, tanta è la dolcezza. Si potrebbero nominare molti riferimenti, ma non avrebbe senso, bisogna tornare a sentire la musica per amarla senza etichette, Questo disco non ha confini, si espande come l’aria fresca, dolcezza e durezza, chitarre che completano l’etere e confini abbattuti. Tra Cure, Pink Floyd, qualcosa dei Black Sabbath, e tantissimo Pallberear. Cambi di melodia, superamento di mondi lontani, abbracci fra demoni diversamente divini, tutto.
Uno dei miei dischi preferiti di sempre, immenso.

TRACKLIST
1. I Saw The End
2. Thorns
3. Lie Of Survival
4. Dancing In Madness
5. Cruel Road
6. Heartless
7. A Plea For Understanding

LINE-UP
Joseph D. Rowland – Bass
Devin Holt – Guitars
Brett Campbell – Guitars, Vocals
Mark Lierly – Drums

PALLBEARER -Facebook

MANTAR

Il lyric video di The Spell, tratto dall’ep omonimo (Nuclear Blast).

Il lyric video di The Spell, tratto dall’ep omonimo (Nuclear Blast).

I MANTAR, la mostruosa chimera black/doom/punk, pubblica oggi il nuovo EP 10” intitolato »The Spell«! La band ha inoltre iniziato ieri da Bielefeld, Germania, il nuovo tour Europeo da headliner.

»The Spell« include 3 nuovi brani. La title track vede la partecipazione alla voce di Okoi Jones del duo extreme metal svizzero BÖLZER. Creatore dell’inquietante copertina è il famoso artista Aaron Wiesenfeld (www.aronwiesenfeld.com) che ha curato anche l’artwork dell’album debutto dei MANTAR.

Clicca qui per dare uno sguardo a ‘Age Of The Vril’: https://youtu.be/MDT0NFVJfdM

Guarda un estratto di ‘Pest Crusade’ qui: https://youtu.be/tn9P89AFGsw

»The Spell« viene pubblicato come 10” (nero e argento -quest’ultimo già sold out, sono rimaste pochissime copie solo della versione black! – in versione limitata 500 copie) e in digitale. L’EP in versione limitata è disponibile qui: http://nblast.de/MantarTheSpellNB

Il cantante e chitarrista Hanno dei MANTAR commenta: “Dopo aver registrato »Ode To The Flame« abbiamo avuto difficoltà a decidere quali delle 12 canzoni scegliere per il disco finale. Siccome entrambi non amiamo gli album troppo lunghi, dopo esserci completamente persi in questo processo decisionale, abbiamo alla fine concordato quali 10 pezzi pubblicare. Sono così rimasti due brani e abbiamo pensato fosse arrivato il momento giusto di farli uscire prima di dimenticarcene. Due tracce vecchio stile, aggressive e groovy. ‘The Spell’ in realtà è una prima registrazione avvenuta nel 2013 durante le sessioni del nostro debutto »Death By Burning«. Ascoltandola si può infatti notare come il sound si avvicini più a quello di una jam; suonando non avevamo idea di dove la canzone ci avrebbe portato. Ma ci sono sempre piaciute queste grezze ma eleganti atmosfere, così in pochi mesi abbiamo deciso di chiedere al nostro amico Okoi Jones dei BÖLZER di aggiungere la sua voce e trasformare il pezzo in una sorta di duetto tra me e lui. Le parti vocali sono state registrate in Svizzera e a Tampa, Florida: il mondo è piccolo oggigiorno…”

Ghost Season – Like Stars In The Neon Sky

Debutto per i greci Ghost Season, band alternative sulla scia degli dei americani Alter Bridge, con Like Stars In The Neon Sky che risulta un buon ascolto in grado di ritagliarsi uno spazio nei cuori dei fans dell’hard rock moderno.

I Ghost Season sono un quartetto greco nato solo tre anni fa, autore del classico ep di rodaggio che ha portato il gruppo alla firma con Pavement Entertainment ed alla realizzazione di Like Stars In The Neon Sky, full length che darà sicuramente ottimi riscontri al gruppo ateniese, vista l’ottimo amalgama tra alternative metal e rock, un buon uso di groove nelle ritmiche e tanta ispirazione presa dagli dei del genere, gli Alter Bridge.

Da qui si parte con la consapevolezza che la band non ha nulla di originale, il loro rock/metal americano è figlio del post grunge con le chitarre che tagliano l’aria intorno a noi a colpi di solos metallici, le voci che non si spostano di un millimetro dallo stile di Myles Kennedy e, in generale, l’atmosfera che rimane melanconicamente ribelle, triste ed intimista come il grunge ha insegnato per tutti gli anni novanta.
Detto questo, l’album ha dalla sua una serie di buone canzoni, che poi è quello che a noi interessa, e la band sa dove andare a parare per piacere, facendolo con una buona dose di furbizia.
Il singolo Fade Away, Break My Chains e Vampire, brano che sembra uscito dalla colonna sonora di Twilight (la famosa trilogia sui vampiri adolescenti tratta dai romanzi di Stephenie Meyer) entrano nella testa al primo passaggio, tutto è perfettamente studiato per provare a mettere un piede più avanti rispetto alla scena underground e non è detto che il gruppo di Atene non ci riesca, con queste premesse.

TRACKLIST
1. The Reckoning
2. Sons Of Yesterday
3. Fade Away
4. Break My Chains
5. War Of Voices
6. The Highway Part I
7. The Highway Part II
8. Just A Lie
9. The Vampire
10. The Mirror
11. Of Hearts And Shadows
12. Break Me Shake Me (Bonus Track)

LINE-UP
Hercules Zotos – Vocals
Nick Christolis – Guitars/vocals
Dorian Gates – Bass/vocals
Helen Nota – Drums

GHOST SEASON – Facebook