Teramobil – Magnitude Of Thoughts

Una cascata arrembante di note su note, a tratti progressive o vicine al death, molte a sezionare rock per riproporlo in maniera dissonante, sempre con la velocità esecutiva che non scende praticamente mai dai limiti consentiti, ed una voglia di stupire che è pregio e difetto del gruppo canadese.

Difficile, quasi impossibile seguire gli intrecci musicali di questo trio canadese se non si è amanti del metal estremo ipertecnico e strumentale.

Già, perché i Teramobil suonano un metal estremo che definire death risulta superficiale, il loro sound a tratti destabilizzante vive di decine di varianti, di cui le più ordinarie sono quelle progressive, shred, rock, hard rock e groove, passando da sfumature moderne e jazzy ad altre, come nella title track che si avvicina al periodo settantiano, con tanto di organo sopra un tappeto di suoni tra i più disparati.
La band nasce nel 2010 e tre anni dopo licenzia l’esordio in formato ep (Multispectral Supercontinuum), ancora altri tre anni passano prima che Magnitude Of Thoughs arrivi negli stereo degli appassionati e, credetemi, per certi versi, questo lavoro è quanto di più estremo si possa trovare in circolazione.
Tale termine si usa non solo per descrivere la violenza tout court, ma pure per un modo di porsi fuori dagli schemi ed assolutamente per pochi: e di estremo in questo lavoro, partendo dall’opener Terahertz, non manca nulla: una cascata arrembante di note su note, a tratti progressive o vicine al death, molte a sezionare rock per riproporlo in maniera dissonante, sempre con la velocità esecutiva che non scende praticamente mai dai limiti consentiti, ed una voglia di stupire che è pregio e difetto del gruppo canadese.
A tratti, infatti, manca la forma canzone e per chi si pone in maniera superficiale all’ascolto molti passaggi rasentano la cacofonia, anche se per molti sarà follia compositiva alla John Zorn, tanto per fare un esempio su chi più deve aver influenzato i Teramobil.
Certo è che Mathieu Bérubé (chitarra), Dominic”Forest”Lapointe (basso) e Alexandre Dupras (batteria) sanno il fatto loro e viaggiano sullo spartito con una facilità di esecuzione straordinaria.
Album dal difficile ascolto se non si è amanti del metal estremo tecnico e strumentale.

TRACKLIST
1.Terahertz
2.Magnitude Of Thoughts
3.Thanatonaut
4.Deconstruct Metabolism
5.Synchrotron
6.Exoteric
7.The Armada

LINE-UP
Mathieu Bérubé – Guitar
Dominic”Forest”Lapointe – Bass
Alexandre Dupras – Drums

TERAMOBIL – Facebook

Morta Skuld – Wounds Deeper Than Time

La devastante e morbosa atmosfera di malignità e potenza, l’assoluta forza di questa raccolta di tracce, old school nell’animo ma fresche nel songwriting, non fanno che confermare la nomea dei Morta Skuld

Sembra davvero di essere tornati ai primi anni novanta, con una band storica come i Morta Skuld ed una label leggendaria come la Peaceville di nuovo insieme per regalarci ancora grande death metal old school.

Attiva dal 1990, la band proveniente dal Wisconsin fu molto attiva negli anni d’oro del death metal e, tra il 1993 (anno di uscita del primo full length Dying Remains) ed il 1997, furono quattro gli album di una carriera brillante, almeno nella scena estrema dell’epoca.
Poi, dopo l’uscita di Surface, il lungo silenzio durato quasi vent’anni ed interrotto dall’ep Serving Two Masters del 2014, antipasto di questo nuovo album che arriva come un treno in corsa ed impatta contro i crani dei deathsters mondiali.
Wounds Deeper Than Time è stato registrato ai Mercenary Studios da Scott Creekmore (Putrid Pile, Broken Hope, No Zodiac, Waco Jesus, Bloodline, Lividity), mentre la produzione è farina del sacco del gruppo di David Gregor chitarrista, cantante nonché fondatore dei Morta Skuld, oggi assieme aa Scott Willecke (chitarra), AJ Lewandowski (basso) ed Eric House (batteria).
Morta Skuld e Peaceville risultarono all’epoca una coppia vincente e il nuovo album, a distanza di così tanti anni, conferma questa brillante collaborazione.
Wounds Deeper Than Time è un album death metal come lo si faceva negli States negli anni novanta, ma con una verve ed un impatto che lo inseriscono senza problemi nella musica estrema di questo nuovo millennio.
La devastante e morbosa atmosfera di malignità e potenza, l’assoluta forza di questa raccolta di tracce, old school nell’animo ma fresche nel songwriting, non fanno che confermare la nomea dei Morta Skuld e del loro sound che, se non cambia di una virgola rispetto alle storiche opere, insegna death metal alle nuove generazioni.
Soffocante, potente e oscuro, il sound di brani come Breathe In The Black, Against The Origin e la title track fa parte della storia del metal estremo, seguendo i passi di Morbid Angel, Obituary e della splendida scena di quei gloriosi anni.

TRACKLIST
1.Breathe in the Black
2.Hating Life
3.My Weakness
4.Against the Origin
5.In Judgment
6.Wounds Deeper than Time
7.Scars Within
8.Devour the Chaos
9.Becoming One Flesh

LINE-UP
Scott Willecke – Guitars
Dave Gregor – Guitars, Vocals
Eric House – Drums
AJ – Bass

MORTA SKULD – Facebook

https://www.youtube.com/watch?v=aBsvNAs6ai4

Cremation – Retaliation

Per gli amanti del death metal che vogliano riscoprire piccoli gioielli dimenticati nel tempo, Retaliation risulta un lavoro di assoluto interesse, peccato solo per il fatto che quel lavoro resta l’ultima testimonianza dei Cremation.

In questi anni in cui le uscite quotidiane in ambito metallico sono pari alla quantità di persone che alle sette del mattino si riversano nelle strade per andare al lavoro, un’iniziativa come quella della Vic Records, cioè ristampare i lavori di quei gruppi che negli anni storici del metal estremo non trovarono grossa fortuna, sembrerebbe avventata, eppure per chi ama il death metal, la label olandese sta rispolverando degli autentici gioiellini come questo bellissimo primo ed unico album dei deathsters Cremation.

Il gruppo olandese si formò nel 1993 e per tutto il decennio sfornò opere minori in formato demo e split fino al 2002, anno in cui uscì Retaliation, un ottimo esempio di death metal tra tradizione europea e statunitense, impreziosito da una tecnica sopraffina, un esaltante lavoro ritmico e, scusate se è poco, ottime canzoni.
Nella nuova riedizione troviamo, oltre all’album, delle bonus track prese dai primi demo del gruppo ,quindi un lavoro completo e perfetto per fare una buona conoscenza del quartetto di Utrecht.
Capitanati da Paul Baayens, chitarrista e cantante con un passato in gruppi cardine della scena di quegli anni (Asphyx, Hail of Bullets, Thanatos) i Cremation con questo primo album uscito quasi dieci anni dopo la loro nascita si rifecero del tempo perduto: il lotto di brani raccolti in Retaliation non lascia scampo con un sound che ai Death si ispirava tecnicamente, ma non mancava di rimarcare la loro appartenenza alla scuola europea di quel periodo.
Retaliation risulta così un ottimo album, un macigno di oscuro death metal old school suonato benissimo ed ispirato in fase di songwriting; i brani vomitati dalle casse travolgono l’ascoltatore senza soluzione di continuità, un massacro che mantiene in evidenza l’ottima tecnica dei musicisti coinvolti.
Per gli amanti del death metal che vogliano riscoprire piccoli gioielli dimenticati nel tempo, Retaliation è un lavoro di assoluto interesse, peccato solo per il fatto che quel lavoro resta l’ultima testimonianza dei Cremation.

TRACKLIST
1.Vanished into Oblivion
2.The Void
3.Sempiternal Hatred
4.Intangible Malignancy
5.Veil of Secrecies
6.Futile Existence
7.Stain of Purity
8.The Prohibition of Light
9.Deceptive Felicity
10.Beyond the Edge of Insanity
11.Suffer in Obedience
12.Waiting for the Sun
13.Unjustified Judgements
14.Echeos of Mayhem
15.Valediction
16.Deceptive Felicity
17.Futile Existence

LINE-UP
Paul Baayens – Vocals, Guitars
Joost de Boer – Guitars
Michiel Stoop – Bass
Benito ‘Bono’ Grotenberg – Drums

Daemoniac – Spawn Of The Fallen

Fresco, estremo, cattivo e brutale, Spawn Of The Fallen è un’opera vecchia scuola con tutti i crismi per entrare nei cuori dei deathsters dai gusti classici.

Qui si fa death metal old school di matrice scandinava e lo si fa alla grandissima!

Licenziato dalla Xtreem Music, una potenza nell’underground estremo, arriva come un tornado a scoperchiare tombe in un cimitero il primo full length dei Daemoniac, trio milanese composto da vecchie conoscenze della scena estrema come Max (basso e voce, ex Horrid) e Dave (già con i Funest alle pelli), più il giovane chitarrista Nicko proveniente dagli Ekpyrosis.
Registrato in Svezia da Tomas Skogsberg negli storici Sunlight, Spawn Of The Fallen conferma l’ottimo momento per il death metal old school, con un gruppo italiano a spezzare schiene con una serie di brani violentissimi, dal songwriting di altissimo livello ed una predisposizione per il genere di un’altra categoria.
L’odore di morte proveniente dai cadaveri saltati fuori dai loculi è intenso e sembra arrivare davvero dalla terra scandinava dei primi anni novanta, le ritmiche forsennate attraversate da cambi repentini di tempo mantengono potenza e cattiveria, con il batterista che illumina la scena con un drumming da apocalisse zombie.
Il sound risulta fresco e la band ha personalità da vendere, mentre il growl di Max si avvicina terribilmente al brutal, e la valanga di riff che la sei corde di Nicko ci vomita addosso parla perfettamente la lingua musicale di primi Entombed, Dismember e Grave.
Il trio lombardo è una macchina da guerra estrema: senza nessuna concessione a facili melodie, Spawn Of The Fallen è composto da otto brani mediamente lunghi, e la bravura del gruppo sta anche nel non risultare prolisso, mantenendo un perfetto equilibrio nella la propria devastante proposta.
Fresco, estremo, cattivo e brutale, Spawn Of The Fallen è un’opera vecchia scuola con tutti i crismi per entrare nei cuori dei deathsters dai gusti classici.

TRACKLIST
01. Intro/Macabre Eucharist
02. Regurgitated From Hell
03. From Depths Of Hideous Chasms
04. Spawn Of The Fallen
05. Intro/Procreation Of Hatred
06. Cursed Hecatomb
07. Upon Golgotha
08. Cremation (Macrodex Cover)

LINE-UP
Max – voce, basso
Nicko – chitarra
Dave – batteria

DAEMONIAC – Facebook

False Reality – End Of Eternity

Un album d’altri tempi ma davvero riuscito, emozionale, dal piglio drammatico e melanconico, aggressivo quanto basta per piacere agli amanti del death metal classico

Melodic death metal, con uno sguardo alla scena dei primi anni novanta, dunque parti doom che a tratti lasciano in bocca quel gusto di evocativo, voce in growl profonda, il tutto amalgamato con ottimi spunti heavy prog: ecco cosa attendersi dal sound di End Of Eternity, prima prova sulla lunga distanza dei False Reality, sestetto rumeno, con il fiuto per melodie malinconiche e ispirazioni di scuola doom death.

La band di Braşov è attiva originariamente dal 1998 (ecco spiegato le molte similitudini con la scena novantiana), il suo primo demo infatti risale al 1999, seguito all’alba del nuovo millennio dall’ep Tales Of Eternity.
Poi una lunga pausa ne ha minato la carriera nella scena underground e, quando sembrava che la parola fine fosse ormai scritta sopra il nome della band, ecco che i musicisti rumeni tornano con un full length e l’ottimo lavoro svolto funge da nuovo inizio, questa volta sperando che sia più duraturo e costante.
Death metal melodico dicevamo, con un’attenzione particolare per il lavoro delle sei corde, dal piglio heavy, ritmiche che rallentano e accelerano passando da ritmiche di stampo doom, a mera potenza death, ed orchestrazioni che tornano prepotenti per regalare spettacolari brani orientaleggianti come il piccolo gioiellino Rih Al Khamsin, che al sottoscritto a ricordato gli Orphaned Land del primo, bellissimo, Sahara.
Un album d’altri tempi ma davvero riuscito, emozionale, dal piglio drammatico e melanconico, aggressivo quanto basta per piacere agli amanti del death metal classico, virtù riscontrabile appunto nei primi lavori dei Paradise Lost, ma anche e soprattutto degli Orphanage e della scena centro europea.
Sette brani per cinquanta minuti di ottimo metal estremo melodico non sono pochi, il gruppo come tutte le realtà provenienti dall’est sa il fatto suo e End Of Eternity risulta, grazie alle bellissime The Silence Within e Requiem Into Darkness (oltre alla citata Rih Al Khamsin), un’opera convincente e assolutamente consigliata.

TRACKLIST
1.Bewitched
2.The Silence Within
3.Rapture and Pain
4.Rih al Khamsin
5.Requiem into Darkness
6.End of Eternity
7.Dear Friend

LINE-UP
Ioan Alexandru Crișan – Vocals
Lucian Popa – Guitars, Vocals
Silviu Stan – Guitars
Vlad Amariei – Keyboards, Vocals
Marc Spedalska – Bass
Codrut Costea – Drums

FALSE REALITY – Facebook

Spectral – Arctic Sunrise

Spolverate gli scudi, lucidate le lame e tirate fuori la vostra pelliccia di orso migliore, perché si va a procurar battaglia accompagnati dalla colonna sonora creata dagli Spectral.

E’ indubbio che l’avvento del download e del formato digitale abbia portato all’inevitabile crisi del mercato musicale, specialmente se guardiamo al vecchio negozio di dischi e cd che, solo una quindicina di anni fa era ancora il punto di riferimento per gli appassionati di musica.

E’ altrettanto vero che a livello underground, oggi le band hanno più possibilità di far conoscere i propri lavori, a disposizione dei fans con un click, senza perdere niente di un mercato agguerrito come quello metallico.
Prendiamo per esempio i tedeschi Spectral, melodic epic death metal band, arrivati con questo Arctic Sunrise al sesto lavoro in più di vent’anni di attività, ma praticamente sconosciuti ai più: eppure non è da sottovalutare il loro battagliero esempio di death metal melodico di matrice scandinava attraversato da taglienti ventate thrash, con un’ epicità di fondo che li avvicina in qualche modo al viking e buone tracce di devastante metallo estremo melodico e d’impatto.
Fondati nel 1995, gli Spectral hanno vomitato dal Monte Fato cinque opere sulla lunga distanza in meno di una dozzina d’anni, per poi fermarsi e riprendere il cammino verso la gloria estrema in questo inizio d’anno con un lavoro onesto, gagliardo e fiero come le legioni nordiche in partenza per la conquista dei territori a sud!
Dunque, spolverate gli scudi, lucidate le lame e tirate fuori la vostra pelliccia di orso migliore , perché si va a procurar battaglia sulla scia del sound di Invaders, In Battle With Fire & Steel (death metal melodico pregno di spunti power sinfonici alla Rhapsody) , Vengeance In Blood e l’inno al dio del metallo Fuck Off and Die (Metal Is Forever), dichiarazione esplicita sulle intenzioni bellicose di questa orda metallara proveniente dalla Germania.
Loro definiscono il proprio sound black viking power e sinceramente non hanno tutti i torti, ma è indubbio che la componente melodic death risulti altrettanto importante nell’economia della musica del gruppo, perciò sia che siate amanti del melodic death metal o della parte più epica del metallo estremo, l’ascolto dell’album è assolutamente consigliato.

TRACKLIST
1. Intro
2. Arctic Sunrise
3. Evil Takes Control
4. Invaders
5. Nuclear Assault
6. In Battle With Fire & Stee
7. Path Of The Damned
8. Vengeance In Blood
9. Fuck Off And Die

LINE-UP
Vidar – Vocals
Teutonlord – Guitar
Demon – Guitar
Gabbelz – Drums
Mrs. Boobfire – Bass

SPECTRAL – Facebook

Demonic Resurrection – Dashavatar

I Demonic Resurrection non sono solo una delle migliori band provenienti dal continente asiatico, ma possono tranquillamente posizionarsi vicino alle più blasonate realtà occidentali.

In campo estremo, il nuovo lavoro della storica band indiana Demonic Resurrection rischia di diventare uno dei migliori album di questo 2017 appena iniziato.

Il gruppo di Mumbai ha creato un’opera estrema completa ed ambiziosa, un concept sui dieci avatar di Vishnu, dio della conservazione secondo la mitologia Indù, raccontati in ognuna delle dieci tracce che compongono Dashavatar.
Che i Demonic Resurrection non fossero un gruppo come tanti lo si era già capito dopo il precedente lavoro, The Demon King, album che aveva letteralmente folgorato il sottoscritto, grazie al loro death metal sinfonico che sfociava nel mare in tempesta del black metal capitanato dai norvegesi Dimmu Borgir.
Un gruppo capace di cambiare pelle da un album all’altro, rimanendo nei confini della musica estrema già dai primi lavori (il primo lavoro Demonstealer è targato 2000, mentre il successore A Darkness Descends uscì cinque anni dopo).
Ancora The Return To Darkness del 2010 ed appunto The Demon King confermarono il valore di questa splendida e devastante realtà asiatica che, con questo nuovo album, va oltre le più rosee aspettative, non solo per l’ambizioso concept ma per un songwriting che aggiunge al death/black sinfonico spettacolari ed intuitive parti progressive, in un tempestoso sound valorizzato dal voci pulite, interventi di muse dalla voce ipnotica , l’uso di strumenti e sfumature tradizionali e, come gli uragani che nella stagione delle piogge si abbattono sul loro paese, sfuriate di metal estremo spettacolare.
Accompagnato da una bellissima copertina raffigurante la divinità e le sue dieci diversificazioni, Dashavatar esplode in tutta la sua magniloquenza già dall’opener Matsya-The Fish, per poi non scendere più sotto l’eccellenza con una serie di piccole opere dove atmosfere prog, sfumature folk e magnifiche orchestrazioni si fondono in un sound unico (Kurma-The Tortoise), con la sensazione da parte di chi ascolta di essere al cospetto non solo di una bellissima opera estrema ma soprattutto di pura arte pregna di magia.
Vamana-The Dwarf, Rama-The Prince, l’ipnotizzante Buddha-The Teacher sono i brani che hanno maggiormente colpito l’anima del sottoscritto, ma sono sicuro che al prossimo ascolto saranno altri quelli che illumineranno la stanza, mentre Vishnu ed i suoi avatar sono magnificati dalla musica di questo straordinario gruppo asiatico.
Lo avevamo scritto in precedenza e lo ribadiamo, i Demonic Resurrection non sono solo una delle migliori band provenienti dal continente asiatico, ma possono tranquillamente posizionarsi vicino alle più blasonate realtà occidentali.

TRACKLIST
1.Matsya – The Fish
2.Kurma – The Tortoise
3.Varaha – The Boar
4.Vamana – The Dwarf
5.Narasimha – The Man-Lion
6.Parashurama – The Axe Wielder
7.Rama – The Prince
8.Krishna – The Cowherd
9.Buddha – The Teacher
10.Kalki – The Destroyer of Filth

LINE-UP
Demonstealer – Vocals, Guitars & Keys
Nishith Hegde – Lead Guitars
Ashwin Shriyan – Bass
Virendra Kaith – Drums

DEMONIC RESURRECTION – Facebook

Ekpyrosis – Asphyxiating Devotion

Gli Ekpyrosis sono un gruppo incredibile, hanno un suono ed una sicurezza che li fa sembrare posseduti, ma fortunatamente no, sono solo dei ragazzi con voglia e gran cultura metal che hanno sfornato un capolavoro.

Ad un certo punto arrivano dei ragazzini e pubblicano uno dei migliori dischi di death metal degli ultimi cinque anni più o meno.

Questo debutto vi lascerà senza fiato, perché se chiudete gli occhi, magari non per sempre, vi troverete a cavalcare nel death americano anni novanta, ma anche meglio. Asphyxiating Devotion è un continuum di death metal marcio e cattivo, suonato con potenza e freschezza che non deriva solo dalla giovane età ma soprattutto dalla precisione della visione musicale degli Ekpyrosis. Provenienti dalla Brianza, questi ragazzi annullano con un disco solo molti nomi ben più celebri ed idolatrati: ascoltandolo si viene folgorati dal loro suono, ed è una scintilla come quando ascoltavate certi dischi death che ti scavavano dentro, perché il death migliore genera un sentire difficilmente descrivibile a chi non ami il genere. Gli Ekpyrosis sono un gruppo incredibile, hanno un suono ed una sicurezza che li fa sembrare posseduti, ma fortunatamente no, sono dei ragazzi con voglia e gran cultura metal che hanno sfornato un capolavoro. La particolarità del disco è quella di avere un groove notevole, e tutte le tracce filano perfettamente. Avrei voluto vedere le facce alla Memento Mori quando hanno ascoltato il demo degli Ekpyrosis, perché si sono ritrovati tra le mani un gruppo eccezionale. E’ una gioia immensa ascoltare dei giovani fare un death così bello e potente, perché ovviamente hanno un grandissimo futuro davanti. Personalmente il disco l’ho conosciuto attraverso dei blog metal in rete, dove aveva creato un certo fermento con commenti entusiastici. Me ne sono interessato, poiché nell’underground in rete, quando alcune persone davvero competenti ne parlano, difficilmente sbagliano ed infatti… Ossa che saltano, gente che vola all’inferno.

TRACKLIST
1.Profound Death
2.Obsessive Christendom
3.God Grotesque
4.Immolate the Denied
5.Incarnation of Morbidity
6.Morticians of God
7.Depths of Tribulation
8.Blasphemous Doom
9.Unearthly Blindness

LINE-UP
Marco Teodoro – Vocals, Guitar
Nicolò Brambilla – Vocals, Guitar
Ilaria Casiraghi – Drums
Marco Cazzaniga – Bass

EKPYROSIS – Facebook

Mindful Of Pripyat/Stench Of Profit – New Doomsday Orchestration

Un ottimo split che ci presenta due valide realtà del panorama estremo nazionale

La Everlasting Spew Records ci presenta uno split album all’insegna del grindcore intitolato New Doomsday Orchestration con due ottime band italiane come i Mindful Of Pripyat e i Stench Of Profit.

I primi a scendere sul campo di battaglia sono i milanesi Mindful Of Pripyat, gruppo che vi avevamo presentato al tempo dell’uscita del primo lavoro … And Deeper, I Drown In Doom … risalente ad un paio di anni fa.
La band, composta da musicisti già da parecchi anni nella scena estrema nazionale (con ex membri di Corporal Raid e Antropofagus), conferma le ottime impressioni suscitate nella precedente occasione con un sound che, nel suo estremismo, è sempre animato da uno spirito death metal e valorizzato da una serie di brani che non superano mai o quasi i due minuti.
In pratica, in soli dieci minuti i Mindful Of Pripyat dimostrano il proprio talento nel suonare un genere per niente scontato, ma sempre in bilico tra musica estrema violentissima e caos.
La seconda band sono gli Stench Of Profit gruppo proveniente da una laguna veneziana bombardata dal grindcore del gruppo, attivo dal 2014 e con un demo rilasciato l’anno dopo; a livello di curiosità va segnalato che i due gruppi hanno in comune il batterista Giovanni, che negli Stench Of Profit è entrato solo lo scorso anno.
Anche per loro una decina di minuti all’insegna del grind, più feroce e brutale rispetto ai loro dirimpettai, ma anch’esso valorizzato da un ottimo songwriting.
I brani sono ancora più brevi e sono lacerati da una violenza efferata: il gruppo richiama non poco i primi passi discografici di Napalm Death e Terrorizer, così come i compagni d’avventura in questo lavoro ma, mentre i lombardi mostrano in qualche ritmica più pesante un accenno al death old school, i veneti sparano mitragliate grind veloci e brutali.
Nel complesso New Doomsday Orchestration è un ottimo split che ci presenta due valide realtà del panorama estremo nazionale: un prodotto ideale per i fans del grind.

TRACKLIST
Mindful Of Pripyat:
1. Resigned
2. Statement Of Dominion
3.Exposure
4. Shrapnel Rain
5. Behind The Judgement
6. Hostage
7. Specimen
8. Civilization Comes Civilization Goes
9. Mutant Genoma
Stench Of Profit:
1. Intro
2. Forced Control
3. Fuck You! You Are Nothing
4. Mental Depravation
5. Pathological Bastard
6. Daily Hatred
7 . Know your Shit Or Live In Ignorance
8. Calve Fast
9. Divine Education
10. The Small Minded
11. World’s Human Rudeness
12. No Sense
13. Torture Bliss
14. How Will You Talk After I Cut Your Tongue?
15. The dance Of Deceit
16. Regression Index
17. Passive State
18. Outro

LINE-UP
Mindful Of Pripyat:
Gio – Drums & Vocals
Tya – Lead Vocals & Noise
Gian – Bass & Vocals
Omar – Guitars

Stench Of Profit:
Maurizio – Vocals & Guttural Noises
Lory – Guitar & Vocals
Giovanni – Drums

MINDFUL OF PRIPYAT – Facebook

STENCH OF PROFIT – Facebook

5Rand – Sacred/Scared

Thrash melodic death metal piacevolmente alternativo e moderno il giusto per non deludere i fans delle due sponde opposte del fiume metallico, quella più ancorata alla tradizione e l’altra più moderna e groove.

La My Kingdom si aggiudica le prestazioni dei romani 5Rand che, per il loro debutto, hanno fatto le cose in grande per rendere Sacred/Scared una mazzata di devastante thrash melodic death metal piacevolmente alternativo e moderno il giusto per non deludere i fans delle due sponde opposte del fiume metallico, quella più ancorata alla tradizione e l’altra più moderna e groove.

I 5Rand nascono nel 2012 da un’idea del chitarrista Pierluigi Carocci, a cui si aggiungono Riccardo Zito al basso e Francesco Marroni alle pelli, ma soprattutto la cantante Julia Elenoir, ottima interprete dei deliri del gruppo sia con il growl che le clean vocals.
Sacred/Scared è stato registrato ai Kick Recording Studios di Roma da Marco Mastrobuono (Fleshgod Apocalypse, Hour of Penance) e poi lasciato nelle sapienti mani di Mika Jussila (Nightwish, Amorphis, Children of Bodom) per essere masterizzato ad Helsinki nei mitici Finnvox.
Inutile scrivere che, con queste credenziali, la curiosità era tanta e la band romana ha saputo soddisfare le aspettative con un lavoro intenso, aggressivo, molto ben bilanciato tra tradizione estrema ed appeal moderno, un album pensato ma elaborato con passione e un impatto notevole.
Il disco parte con una intro che prepara l’ascoltatore all’esplosione che di li a poco libererà la belva ormai da troppo tempo in gabbia: è uno scontro di titani tra la furia del thrash, le melodie che prendono ispirazione sia dal death metal melodico che dal più moderno metalcore, ed una neanche troppo velata passione per l’industrial/alternative, il tutto valorizzato da un’ interpretazione suggestiva della singer, una belva con le tonalità estreme, particolare con la voce pulita che (non me ne vogliate) ricorda a tratti quella di Dolores O’Riordan dei rockers irlandesi Cranberries.
In tutto questo ben di dio, risplende un songwriting ispirato che permette ai brani di non lasciare mai l’ascoltatore senza un dettaglio o un passaggio che valorizzi la traccia singola, passando agevolmente tra i vari generi, senza mai apparire fuori luogo.
Difficile trovare un brano che più di un altro sia esemplificativo del sound dei 5Rand, ma le prime quattro tracce (Erase, Fuck-Simile, Paint Of Pain, ed il singolo Cordyceps) risultano puro spettacolo estremo, vario, violento ed appassionante nel seguire questo viaggio intrapreso tra i vari generi della musica estrema.
Sacred/Scared è una partenza col botto per il gruppo proveniente dalla capitale ed un altra sfida vinta per la My Kingdom.

TRACKLIST
1. Behind The Doors Of Sin
2. Erase
3. Fuck – Simile
4. Paint Of Pain
5. Cordyceps
6. Blessed
7. Preacher Of Lies
8. Drowning Into Insanity
9. The True Death Show
10. Narcolepsycho (Silent Scream)

LINE-UP
Julia Elenoir – vocals
Pierluigi Carocci – guitars
Riccardo Zito – bass
Francesco Marroni – drums

5RAND – Facebook

Gurthang – Shattered Echoes

Shattered Echoes si rivela un album in grado di soddisfare ampiamente chi già apprezza le sonorità espresse dalla fertile scena estrema polacca.

I polacchi Gurthang, nonostante si siano formati all’inizio del decennio, hanno all’attivo più di venti uscite disseminate tra singoli, ep, split compilation e full length.

Di questi ultimi, Shattered Echoes è il quarto della serie, e ci presenta una band di buono spessore e sicuramente capace di maneggiare con competenza il genere proposto.
Il black doom del gruppo di Lublino è piuttosto tetragono nel suo incedere, affidando ad avvolgenti parti rallentate le variazioni su un tema scritto buttando sovente un occhio ai Behemoth, ma badando appunto ad inserire una componente doom con l’intento di rompere in parte il canovaccio consueto.
Un parziale elemento di discontinuità sono anche le clean vocals, non sempre a fuoco ma sufficientemente funzionali, e il tutto va così a comporre un quadro convincente, pur senza far sobbalzare sulla sedia chi ascolta.
Alla fine i brani migliori sono quelli che mantengono un’aura minacciosa senza premere eccessivamente sull’acceleratore, il cui emblema è la notevole accoppiata centrale My Salvation / Departed: in particolare la prima delle due si rivela il fulcro dell’album grazie al suo andamento relativamente catchy, che ne rende ben memorizzabili i passaggi salienti.
Per il resto i Gurthang svolgono al meglio il loro compito, grazie a un lavoro d’insieme pregevole che si attesta su un livello medio per quanto concerne il resto della tracklist.
Shattered Echoes si rivela, così, un album in grado di soddisfare ampiamente chi già apprezza le sonorità espresse dalla fertile scena estrema polacca.

Tracklist:
1.Closure
2.Denial
3.Advance the Disease
4.Paragon of Virtue
5.My Salvation
6.Departed
7.Inheritance – The Distress
8.Rebirth
9.Ignite
10.Pylon of Blaze
11.Inheritance II: Red Mourning

Line up:
A.Z.V. – throat, whispers, clean & distorted guitars, all music, lyrics
Stormalv – bass guitars
G.H. – ambience, effects
Vojfrost – keys, effects
Turenn – drums, percussion

GURTHANG – Facebook

Altar Of Betelgeuze – Among The Ruins

Doom metal classico, death metal e stoner rock, uniti per regalare emozioni che vanno aldilà del semplice ascolto.

Capita, fortunatamente più spesso di quanto crediate, che una proposta musicale, sconosciuta fino all’attimo prima di aver schiacciato il tasto play, si riveli un’autentica sorpresa.

Così ecco che, stordito ed ipnotizzato dalle pesanti e messianiche note che compongono l’opera, vi lascio il mio parere  (specialmente se siete amanti di queste sonorità) sul secondo lavoro di questo quartetto proveniente dalla Finlandia.
La band in questione si chiama Altar Of Betelgeuze, è stata fondata da Matias Nastolin (Decaying), Olli Suurmunne (Stream Of Sorrow, ex-Decaying) e Juho Kareoja nel 2010 ed è del 2014 l’esordio sulla lunga distanza Darkness Sustains the Silence.
Among The Ruins continua il percorso iniziato dal primo lavoro, un inesorabile e lento viaggio messianico tra death/doom e stoner, a comporre un affascinante e perfetto riassunto di questi tre generi assemblati in un unico mastodontico sound.
Doom metal classico, death metal e stoner rock si uniscono per regalare emozioni che vanno aldilà del semplice ascolto, in un’esperienza onirica tra i misteri di quelle terre indomite: i brani sono tutti splendidi ma sono No Return e la conclusiva title track a lasciare le impressioni migliori, le voci si danno il cambio tra cleans evocative e gorgoglianti parti doom/death, tradizione del metal estremo di queste terre già dai primi anni novanta; Among The Ruins ne esce come figlio legittimo di quel sound, con la parte stoner che rende l’atmosfera ancor più ipnotica e fumosa.
Se siete amanti di questi generi perdervi un album del genere sarebbe davvero un peccato, perché Among The Ruins è un lavoro di cui non farete più a meno.

TRACKLIST
1.The Offering
2.Sledge of Stones
3.No Return
4.New Dawn
5.Absence of Light
6.Advocates of Deception
7.Among the Ruins

LINE-UP
Juho Kareoja – Guitars
Matias Nastolin – Bass, Vocals (growling and spoken word)
Olli “Otu” Suurmunne – Guitars, Vocals (clean and throat singing)
Aleksi Olkkola – Drums

ALTAR OF BETELGEUZE – Facebook

Marianas Rest – Horror Vacui

Horror Vacui è l’ennesimo, stupefacente album di death doom partorito in Finlandia, terra nella quale il seme che dà quale frutto simili sonorità continua puntualmente a proliferare.

Dopo un demo d’assaggio risalente al 2014, i finlandesi Marianas Rest si presentano nuovamente al pubblico con questo ottimo primo full length intriso di umori malinconici.

Il death doom di una band finnica non può mai prescindere da quanto già fatto dai Swallow The Sun, ma da questa notevole base di partenza chi ha talento può muoversi con maggiore agio ricercando le soluzioni compositive ideali.
I Marianas Rest, rispetto ad altre band di settore, paiono propendere verso il death melodico più oscuro, almeno questa è l’impressione derivante dai brani più mossi, esprimendo il loro dolente sentire in alcuni brani chiave posizionati al centro della tracklist.
Inframmezzati da drammatici samples, i brani oscillano tra ritmi che, restando nella terra dei mille laghi, possono riportare agli Insomnium (non a caso in Nadir presta la sua voce il loro vocalist Niilo Sevänen) e, appunto, momenti definibili più propriamente death doom, i quali a mio avviso rappresentano i picchi dell’album, rispondenti a gemme di rilucente dolore quali For The Heartless e A Lonely Place To Die.
Indubbiamente quest’opera prima dei Marianas Rest colpisce per la maturità compositiva e, soprattutto, per il perseguimento privo di indugi di un obiettivo ben preciso, quello di proporre un sound malinconico, drammatico ma nel contempo ricco di aperture ariose e dotate di un certo brio; come detto il risultato è eccellente e, francamente, riesce difficile scovare un solo difetto ad un disco che coinvolge dalla prima all’ultima nota, grazie ad un approccio che mette sempre in primo piano uno spiccato senso melodico.
In una prova d’assieme notevole, una nota di merito va alla buona interpretazione vocale di Jaakko Mäntymaa e al lavoro tastieristico misurato ed elegante di Aapo Koivisto, il più conosciuto di questo manipolo di musicisti in virtù della sua militanza negli ottimi Omnium Gatherum.
Horror Vacui è l’ennesimo, stupefacente album di death doom partorito in Finlandia, terra nella quale il seme che dà quale frutto simili sonorità continua puntualmente a proliferare.

Tracklist:
1.The Millennialist
2.Nadir
3.For The Heartless
4.Hurts Like Hell
5.A Lonely Place To Die
6.Chokehold
7.Place Of Nothing
8.Vestigial

Line up:
Harri Sunila – Guitars
Nico Mänttäri – Guitars
Jaakko Mäntymaa – Vocals
Nico Heininen – Drums
Harri Vainio – Bass
Aapo Koivisto – Keyboards

MARIANAS REST – Facebook

Vomit Angel – Sadomatic Evil 12″

Dodici pollici di debutto per questo duo danese di furioso death metal primitivo, con attitudine black.

Dodici pollici di debutto per questo duo danese di furioso death metal primitivo, con attitudine black.

Alcol e metal degenerante sono una delle poche cose che riescono a rendere felici i Vomit Angel e noi con loro, deliziati da questo assalto sonoro di 8 pezzi in diciannove minuti. Il suono del duo è fortemente debitore della vecchia scuola sudamericana del black death, dove il suono grezzo e la voce tagliente e gorgogliante diventano un pregio importante. Per gli amanti delle cronache metal i due che rispondono al nome Vomit Angel sono stati membri fondatori dei Sadogoat, per poi confluire nei Sadomator, i quali hanno pubblicato tre importanti album proprio su Iron Bonehead, una delle etichette principali per il metal potente, distorto e degenere. Chi ama il genere rimarrà folgorato da questo dodici pollici, che risponde a tutti i crismi del genere. Ci sono più cose in questi diciannove minuti che in certi dischi da due ore. Riffoni, conversazioni in growl e batteria scalciante, questi sono i Vomit Angel e va benissimo così.

TRACKLIST
1. Sadomator
2. Time Travel
3. Cotard
4. Voices in the Wind
5. Host of Darkness
6. Time of the Moon
7. Blasting Black Goat Attack
8. Female Goat Perversion

LINE UP
Lord Titan – Drums, Vocals (backing)
Necrodevil – Guitars, Vocals

IRON BONEHEAD PRODUCTIONS – Facebook

Siege – Spirit of Agony Pt. 1: Nailed Torment

La band, quando trasforma l’agonia in musica, tocca territori brutali destabilizzanti e la violenza sprigionata è sempre supportata da un sound mai scontato

Brutal death metal, tecnico e progressivo che alterna momenti estremi velocissimi e devastanti ad altri più ragionati, quasi intimisti, come se la lunga agonia prima della morte lasciasse attimi in cui il dolore si attenua e faccia sembrare terminate le soferenze.

Queste sono le atmosfere racchiuse in Spirit of Agony Pt. 1: Nailed Torment, secondo full length dei Siege, band estrema lombarda:  trattasi della prima parte del concept composto da Rob (chitarra e voce), Angel (batteria) e Jesus (basso), con il secondo capitolo già preventivato per la seconda metà del nuovo anno, e l’argomento non può che essere incentrato sul dolore e l’agonia, descritti per mezzo di un death metal feroce e distruttivo, tecnicamente ineccepibile, progressivo nel suo andamento e assolutamente mai scontato, specialmente nelle ritmiche sempre in continua evoluzione.
La band quando trasforma l’agonia in musica tocca territori brutali destabilizzanti, la violenza sprigionata è sempre supportata da un sound mai scontato, così che la mezzora di death metal che ci propone non lascia dubbi sul valore del proprio songwriting.
Un album che va ascoltato come se fosse un lungo brano estremo ma che ha in Gone, Spirit Of Agony e la conclusiva The Neb i momenti più alti sia a livello musicale che di atmosfere.
Se volete dei riferimenti direi che il death metal americano è il genere più accreditato per spiegare la musica dei Siege, con i Death come ispiratori delle atmosfere progressive ed il brutal in generale nel saper descrivere il dolore e la sofferenza.
Non ci rimane che aspettare il secondo capitolo e fare i complimenti al trio nostrano.

TRACKLIST
1.Prelude To Agony
2.Evil Ride
3.Mr. Skortikon
4.Black Horizon
5.Gone
6.Spirit Of agony
7.As The Knife penetrated brain
8.The Neb

LINE-UP
Rob – Guitars & Vocals
Angel – Drums
Jesus – Bass

SIEGE – Facebook

Cryptic Realms – Enraptured by Horror

Se non siete fans accaniti del genere direi che potreste tranquillamente passare oltre, l’album non offre grossi spunti e si attesta sul compitino svolto in modo sufficiente dal gruppo ma nulla più.

Death metal old school per questa multinazionale congrega di zombie che, con il monicker Cryptic Realms, debutta con questo marcissimo full length dal titolo Enraptured By Horror.

Kostas Analytis (Grecia), Tersis Zonato (Brasile), Victor Varas (Mexico) e Uriel Aguillon (U.S.A./Mexico) compongono questa banda internazionale del metal estremo, tutti già al lavoro con gruppi più o meno famosi dell’underground estremo come Necrosis, Abyssus, Offal e Agnus Dei, e dallo scorso anni impegnati tutti insieme in questo progetto che ha già dato alle stampe un demo ed uno split.
Death metal vecchia scuola, si diceva, con gli Obituary a fare da padrini ai banchetti cannibali dei quattro deathsters, anche per il growl di Analytis, molto simile a quello del becchino John Tardy.
Il sound di conseguenza viaggia sui binari del death metal statunitense, alternando mid tempo ed accelerazioni, la produzione in linea con lo spirito vintage del progetto è scarna e diretta, mentre si respirano continuamente le esalazioni di putrida decomposizione, lasciata dai cadaveri sparsi per i vari brani che compongono Enraptured by Horror.
Se non siete fans accaniti del genere direi che potreste tranquillamente passare oltre, l’album non offre grossi spunti e si attesta sul compitino svolto in modo sufficiente dal gruppo ma nulla più.

TRACKLIST
1.Enraptured by Horror
2.Doomed Cathedrals
3.In Mortal Distress
4.Total Demise
5.Sinister Force Descends
6.Vulgar Exhumation
7.Begging to Be Dead
8.Act of Derangement

LINE-UP
Victor Varas – Bass
Tersis Zonato – Guitars (lead)
Uriel Aguillon – Guitars, Drums
Kostas Analytis – Vocals

http://www.facebook.com/thecrypticrealms

Nidingr – The High Heat Licks Against Heaven

Per i Nidingr un black death di sicuro spessore, piuttosto parco di aperture melodiche ma asciutto, essenziale e di pregevole fattura tecnica.

Dei norvegesi Nidingr si rinvengono le prime tracce circa vent’anni fa, quando Teloch (oggi chitarrista anche nei Mayhem) vi diede vita quale suo progetto solista, per poi assumere la forma di band vera e propria solo nel 2005, con la pubblicazione del primo full length Sorrow Infinite And Darkness.

The High Heat Licks Against Heaven, che segue Wolf-Dather del 2010 e Greatest Of Deceivers del 2012, è il nuovo lavoro di questo gruppo in grado di proporre un black death di sicuro spessore, piuttosto parco di aperture melodiche ma asciutto, essenziale e di pregevole fattura tecnica.
L’andamento del lavoro verte per lo più su ritmi sostenuti, avvolti da un mood algido, stemperati però da mid tempo caratterizzati da pulsioni industrial (Gleinir), da incursioni con clean vocals di gran pregio (Ash Yggdrasil, con Garm quale ospite) o cristallini vocalizzi femminili (la title track, qui con il contributo di Myrkur).
Proprio questi brani appaiono i più peculiari, forse perché vanno a spezzare una certa tetragonia che si rivela, di norma, funzionale alla causa grazie a tracce dalla feroce qualità quali Hangagud o Sol Taker; nel complesso l’intero album merita la dovuta attenzione perché, pur senza tentare voli pindarici, i Nidingr cercano di portare il loro black death su un piano più elevato, andando talvolta a lambire territori avanguardisti, dando una dimostrazione di competenza e conoscenza della materia da primi della classe.
The High Heat Licks Against Heaven non assurge però all’eccellenza perché, come detto, troppo spesso si rivela eccessivamente freddo, con i Nidingr che non sempre riescono sempre nell’intento di coinvolgere del tutto l’ascoltatore: questo particolare corrisponde al gap da colmare nella prossima occasione per raggiungere un tale obiettivo.

Tracklist:
1. Hangagud
2. Surtr
3. The Ballad Of Hamther
4. On Dead Body Shore
5. Gleipnir
6. Sol Taker
7. Ash Yggdrasil
8. Heimdalargaldr
9. Valkyries Assemble
10. Naglfar Is Loosed

Line-up:
Cpt. Estrella Grasa – Vocals
Teloch – Guitars
SIR – Bass
Myrvoll – Drums

NIDINGR – Facebook

Hour Of Penance – Cast The First Stone

Tornano a seviziarci con il loro death metal brutale i romani Hour Of Penance.

Tornano a seviziarci con il loro death metal brutale i romani Hour Of Penance, a distanza di tre anni dal precedente e bellissimo Regicide.

Il gruppo ha cambiato le carte in tavola tornando al sound più quadrato e diretto di Sedition, non un male, chiariamolo, anche perché il talento compositivo della band è alto e anche questo lavoro brilla per un’ approccio brutale e devastante ma valorizzato da ottimi inserimenti melodici.
Meno articolato dunque e più old school rispetto al predecessore, Cast The First Stone è un attacco estremo a suon di tellurici bombardamenti, mezz’ora abbondante nel genere di scuola americana, ma con ben impressa la firma Hour Of Penance.
Se in Regicide spiccava l’aspetto tecnico, con questo lavoro il gruppo punta sull’impatto, grazie ad una sezione ritmica micidiale ed il gran lavoro delle chitarre che non sbagliano un colpo, con inserti melodici perfetti e riff pesanti come carri armati.
Un album da fagocitare tutto d’un fiato, un muro estremo inviolabile che gli Hour Of Penance costruiscono con una facilità disarmante e in cui gli indistruttibili mattoni portano il nome di Cast The First Stone, Burning Bright e Horn Of Flies, ma si potrebbero nominare tutte le tracce visto l’enorme potenziale della tracklist nel suo insieme.
Da parte della band italiana un altro ottimo lavoro che non mancherà di soddisfare chi, in generale, predilige il brutal death di scuola americana.

TRACKLIST
1.XXI Century Imperial Crusade
2.Cast the First Stone
3.Burning Bright
4.Iron Fist
5.The Chains of Misdeed
6.Horn of Flies
7.Shroud of Ashes
8.Wall of Cohorts
9.Damnatio Memoriae

LINE-UP
Giulio Moschini – Guitars ,Backing Vocals
Marco Mastrobuono – Bass
Paolo Pieri – Vocals, Guitars
Davide “the Bomber” Billia – Drums

HOUR OF PENANCE – Facebook

Gothic – Demons

Un album d’altri tempi in cui le atmosfere gotiche fanno da ricamo all’aggressività death metal e ai rallentamenti doom.

Sicuramente non dimostrano molta fantasia nel nome scelto per la band, ma i rumeni Gothic sanno sicuramente come intrattenere gli amanti del genere.

Ovviamente si parla di death metal di matrice gotica e doom, magari poco elegante ma di sicura presa e pesante quel tanto per piacere ai vecchi fans del death/doom che imperversava nei primi anni novanta.
Il gruppo infatti, proprio nel 1993 mosse i primi passi con tre demo usciti tra il 1994 ed il 1996, prima che Touch of Eternity (1998) diede al gruppo la soddisfazione del primo lavoro sulla lunga distanza.
Una compilation nel 2005 e poi il lungo silenzio, spezzato dalla comparsa al Wacken come rappresentati del loro paese, il ritorno con Expect The Worst tre anni fa, seguito dalla firma per Loud Rage Music e questo nuovo lavoro intitolato Demons.
Sarà che non ci siamo più abituati ma Demons si distacca piacevolmente dai cliché delle gothic metal band odierne: nessuna voce femminile a duettare con l’orco al microfono, orchestrazioni usate con parsimonia, e soprattutto ritmiche potenti e aggressive che non si allontanano dal death/doom e lasciano alle sei corde il compito di sfoderare ottime linee melodiche, accompagnate dai tasti d’avorio mai invadenti, quasi timidi nell’approccio.
Un album d’altri tempi, dunque, dove le atmosfere gotiche fanno da ricamo all’aggressività death metal e ai rallentamenti doom, disegnando immagini di castelli transilvani dove i demoni hanno poco da trastullarsi con sirene dark, intenti ad impalare i loro nemici fatti prigionieri e torturati, mentre Disillusion, Catacombs e la devastante From Within fungono da colonna sonora alle loro efferate gesta.
Demons è un’opera riuscita perché torna a far respirare le atmosfere dei primi anni novanta: le ispirazioni le trovate tutte in quel periodo, ma se volete un mio personale aggancio, pensate ai primi Crematory con un uso più misurato delle tastiere e più velocità nelle ritmiche.

TRACKLIST
1.Shadow Man
2.Disillusion
3.Demons
4.Catacombs
5.Time
6.Destroying The Masses
7.From Within
8.A New End

LINE-UP
Alin Petrut – guitar/vocals
Taly – bass
Vlad Golgotiu – drums
George Lazar – vocals
Florian Lysy – keyboards

GOTHIC – Facebook

Crurifragium – Beasts Of The Temple Of Satan

Violenza, impeto death metal con intarsi di brutal e grindcore per un disco davvero violento eppur suonato molto bene, Satana approva.

Un disco di bestiale death metal incrociato carnalmente con un grindcore veloce e marcio.

Se volete ascoltare un disco di metal estremo suonato con passione e violenza, Beast Of The Temple Of Satan, il debutto di questo gruppo, è un disco che appagherà in pieno chi cerca emozioni forti dal metal, in questo caso davvero estremo. La voce è quella di un sacerdote satanico mentre squarta corpi inermi, mentre dietro c’è un inferno di ritmi infernali, dove la batteria incalza il suono grezzo della chitarra e del basso. I Crurifragium sono in tre, ma sono una legione demoniaca che si abbatte sulla terra, in una caccia fruttuosa e sanguinosa. Ossa, sangue, e teste aperte, ecco l’incedere della metallica marcia, e soprattutto nessun compromesso ne prigionieri. I Crurifragium sono gli ex Warpvomit, che avevano dato alle stampe un disco solo recensito qui sulle nostre pagine, che erano forse ancora più grezzi e brutali, anche se qui non si scherza. Si viene piacevolmente storditi da questo mortale effluvio di violenza ed estremismo musicale, che però mantiene una forte impronta di metal classico, perché nel loro substrato i classici numi ci sono.
Violenza, impeto death metal con intarsi di brutal e grindcore per un disco davvero violento eppur suonato molto bene. Satana approva.

TRACKLIST
01 Behold (Evangelation)
02 Stigmata Excruciation
03 Unfurl the Banners of Evil
04 Flayed Angels
05 Exalted Blasphemous Trinity
06 Vespers for the Massacred
07 Slaughterers of the Flocks
08 Utter Sadism
09 Crucified Bastard
10 Beasts of the Temple of Satan
11 The Horns of Power

INVICTUS PRODUCTIONS – Facebook