Khrophus – Presages / Eyes of Madness

Gli ultimi due album dei Khrophus vengono ripresi in questa interessante uscita.

Presages/Eyes Of Madness racchiude le ultime due uscite discografiche dei devastanti deathsters brasiliani Khrophus e si rivela molto utile per tastare il polso alla scena estrema sudamericana.

La band infatti è attiva dai primi anni novanta, periodo d’oro del genere un po’ in tutto il mondo, ed ovviamente anche nel paese verde oro, da sempre molto ricettivo per i suoni metallici con particolare attenzione per quelli estremi di stampo death.
Erano anno che impazzavano i Sepultura, senza dubbio la band metal più famosa e longeva proveniente dal Brasile, mentre negli Stati Uniti la scena floridiana risplendeva dei suoni brutali della Bay Area, quindi i Khrophus si identificano in quelle band che seguirono la strada tracciata dai gruppi più famosi, creandosi il loro seguito nella scena underground.
Gli ultimi due album, datati 2009 (Presages) e 2013 (Eyes Of Madness), sono ripresi in questa uscita che risulta interessante, specialmente per gli amanti del genere dai gusti assolutamente old school: due opere dal mood abissale, soffocanti come il miglior death metal di scuola Morbid Angel, pesantissimo nelle ritmiche spesso rallentate per poi ripartire in un armageddon di suoni violentissimi.
Un growl animalesco ed uno scream che compare come un demone dall’oscurità accompagnano il death metal dei Khrophus, band che senza apparire irrinunciabile non mancherà di soddisfare gli appassionati del genere.

TRACKLIST
1.Dominated
2.Symbols or Not?
3.Of the Elders
4.Statues
5.Returning to Apollo… Resurrecting from the Darkness
6.Fisher of Souls
7.Slaves of Hunger
8.Spirits
9.Smoke Screen
10.Dead Face
11.By the Sun
12.Interposition
13.Forbidden Melodies
14.The Book of the Dead
15.Lost Initiations
16.Master of Shadows
17.Harvest (Eyes of Madness)
18.Chimeras

LINE-UP
Adriano Ribeiro – Guitars
Alex Pazetto – Vocals, Bass
Carlos Fernandes – Drums

KHROPHUS – Facebook

Sabbath Assembly – Rites Of Passage

Un disco dolcissimo e tremendo, un metal pop liberty che è concepito e suonato in maniera straordinaria, per un gruppo che continua a stupire facendo musica di qualità altissima.

I Sabbath Assembly sono da anni uno dei gruppi più interessanti nel panorama del metal occulto, e sono ovviamente molto altro.

Dopo qualche cambio di formazione, sempre sotto il comando illuminato della cantante Jamie Myers, ex Hammer of Misfortune, i Sabbath Assembly tornano con un disco molto interessante e differente rispetto alle loro altre opere. Ad ogni lavoro il gruppo progredisce e ci offre musica diversa, impreziosita dal fatto di essere scritta e suonata benissimo. Rites Of Passage è un disco maestoso, bellissimo e costruito per essere apprezzato su diversi livelli di lettura, come tutte le grandi opere. La loro magnificenza rituale e simbolistica è davvero grande, il disco ha un incedere epico e magnificente, scava dentro il nostro passato per provare a mettere a fuoco il nostro presente. La loro musica si può definire in molti modi, ma forse barocca è quello che le calza meglio. In questo caso, barocco non è un inclinazione verso gli orpelli, ma un istinto a leggere la storia umana e a rigettarla sotto forma di musica e di piacere. Gli album dei Sabbath Assembly sono sempre stati strutturati come rituali, sacrifici in forma di musica, e questo disco rappresenta vari riti di passaggio che possiamo incontrare nella nostra vita. La musica è un doom rock per l’ appunto barocco, con forti momenti di heavy pop anni settanta. I Sabbath Assembly, semplificando notevolmente sono simili ai Ghost, solo molto più interessanti, e poi vari musicalmente ed esteticamente più aderenti. In sede di scrittura è forte l’ impronta di King Diamond nei suoi dischi solisti, con quel timbro sontuoso e aperto ad influenze liberty. Rites Of Passage, come per i loro dischi precedenti, va poi oltre un significato meramente musicale. Qui c’è il dolore dei riti di passaggio che sigla ogni nostro cambiamento, ogni perdita o cambiamento importante, poiché in questa epoca di finto progresso abbiamo dato per scontato che il dolore possa essere escluso dalle nostre vite, invece è esso stesso un rito di passaggio. Un disco dolcissimo e tremendo, un metal pop liberty che è concepito e suonato in maniera straordinaria, per un gruppo che continua a stupire facendo musica di qualità altissima.

TRACKLIST
1. Shadows Revenge
2. Angels Trumpets
3. I Must Be Gone
4. Does Love Die
5. Twilight of God
6. Seven Sermons to the Dead
7. The Bride of Darkness

LINE-UP
Johnny DeBlase – Bass
Kevin Hufnagel – Guitars
Dave Nuss – Drums
Jamie Myers – Vocals
Ron Varod – Guitars

SABBATH ASSEMBLY – Facebook

Assaulter – Meat Grinder

Un album che sprizza metal devastante e tripallico da tutti i pori, un altro lavoro convincente dalla sempre meno provinciale scena italiana.

Un altro gradito ritorno sulla scena metallica nostrana è quello dei pugliesi Assaulter, thrashers di Taranto che avevano rotto non poche teste con il primo ep, Crushed by Raging Mosh, uscito ormai sei anni fa.

Thrash metal dirompente, bilanciato tra tradizione americana ed europea, suonato e prodotto molto bene e, per questo, esplosivo il giusto per non fare prigionieri ma solo macerie.
Riff veloci e taglienti, tanta grinta che a tratti si trasforma in pura rabbia, ed una dose molto alta di adrenalina continuano ad essere le maggiori qualità del gruppo di Taranto, in guerra contro tutto e tutti con un approccio speed che ne rende appetibile il sound ai thrashers dai gusti classici ed old school.
Meat Grinder non lascia scampo, le tracce più veloci vengono rallentate e si trasformano in muri sonori, mentre il gruppo viene impossessato da uno spirito hardcore/punk nei quarantadue secondi della violentissima L.M.T., oppure quando il gioco al massacro è condotto dallo speed/thrash old school di Assaulter o Mind Control.
L’alternanza tra velocità e mid tempo risulta più marcato nelle tracce in cui il minutaggio si allunga, come in Terror World ed After The Countdown, anche se l’approccio al genere, per il gruppo è da guerra totale per tutta la durata dell’opera.
Meat Grinder è un album che i thrashers duri e puri troveranno perfetto, perché la band usa a suo piacimento tutti i cliché del genere con personalità e tecnica, affidandosi ad un suono esplosivo che trasporta l’ascoltatore, affascinato dal tagli di un lavoro curato nei minimi dettagli.
Un album che sprizza metal devastante e tripallico da tutti i pori, un altro lavoro convincente dalla sempre meno provinciale scena italiana.

TRACKLIST
1.Assaulter
2.Meat Grinder
3.Dead End Siding
4.Terror World
5.L.M.T.
6.Liesocracy
7.Mind Control
8.Pay to Play
9.After the Countdown
10.Bestial Vomit

LINE-UP
Paolo Iori – Guitars
Enzo – Vocals, Bass
Rodolfo – Drums
Gigi – Guitars

ASSAULTER – Facebook

APOCALYPSE ORCHESTRA

Il video di “The Garden Of Earthly Delights”, primo singolo tratto dall’album di debutto “The End Is Nig”, in uscita a maggio (Despotz Records)

Gli APOCALYPSE ORCHESTRA hanno appena pubblicato il video di “The Garden Of Earthly Delights”, primo singolo tratto dall’album di debutto “The End Is Nig”, in uscita il 12 maggio su DESPOTZ records.

Ispirati dall’amore per la musica folk e il metal lento, hanno deciso di combinare le due cose. Partendo da musica e testi originali, incorporano anche melodie dell’XI secolo, per omaggiare un’epoca lontana.

Con un piede nel Medioevo e l’altro nel metal moderno, gli Apocalypse Orchestra tessono il proprio speciale arazzo di musica. I toni della ghironda e la cornamusa s’intrecciano con le chitarre e la musica pesanti, separati da oltre 800 anni.

Le canzoni parlano di flagellanti, medici della peste, racconti infernali, del non senso della guerra e della sofferenza. Sono tutti i capitoli che fanno parte del grimorio della band. Non mancano poi temi legati all’arte medievale, alla scienza e all’illuminazione.

Fanno parte del gruppo anche Jonas, Rikard e Andreas. I The Orchestra hanno suonato dal vivo in diverse occasioni sia in club che festival, esibendosi addirittura con la Gävle Symphonic Orchestra. Sono famosi per le loro performance teatrali, in cui a volte troviamo attori, spettacoli pirotecnici e proiezioni.

Il debut album “The End Is Nigh” è stato registrato nella seconda metà del 2016: le parti di batteria sono state catturate allo Studio Overlook da William Blackmon (Gadget, Beardfish, Isole e altri), mentre tutti gli altri strumenti sono stati registrati da Erik e Mikael allo Studio Bordun. Del mixaggio si è occupato Per Nilsson (Scar Symmetry/Kaipa) allo Studio Kabyss e la masterizzazione è opera di Fredrik Groth allo Studio Flåklypa.

L’album contiene composizioni originali con testi dalle tematiche medievali e melodie che arrivano direttamente dal XII secolo.
Ghironda, cornamusa, cetra, liuto, mandora e altri strumenti tradizionali rendono l’atmosfera magica.

A dispetto del titolo, “The End Is Nigh” è solo l’inizio…

https://www.facebook.com/apocalypseorchestra/

Heavy Temple – Chassit

La musica racchiusa in Chassit, secondo ep degli Heavy Temple, trio nato da un sabba in qualche locale di Philadelphia cinque anni fa, la si può senz’altro descrivere come un trip di rock vintage alla massima potenza.

Doom metal e psichedelia: un connubio pericolosissimo se non viene usato con estrema cautela, se poi ci si aggiunge un pizzico di stoner ed una vena leggermente progressiva si ottiene un cocktail micidiale di musica rock dalle reminiscenze settantiane, fatte amoreggiare con sonorità pescate dai decenni successivi.

La musica racchiusa in Chassit, secondo ep delle Heavy Temple, trio nato da un sabba in qualche locale di Philadelphia cinque anni fa la si può senz’altro descrivere in questo modo, un trip di rock vintage alla massima potenza.
Siamo giunti quindi al secondo album (il primo ep omonimo è datato 2014) e la band formata da Saint Columbidae alle pelli, Arch Bishop Barghest alla sei corde e la sacerdotessa High Priestess NightHawk al basso e voce, continua la sua immersione nella musica dal puzzo di zolfo e la potenza di uno schiaccia sassi, ornata da ricami lisergici e cadenzate parti stonerizzate, mentre il rituale prende vita tra teschi ornati di serpi e pentoloni a bollire su fuochi che emanano esalazioni infernali.
Un accenno al prog con In The Court Of The Bastard King, titolo dallo spunto crimsoniano, e lente agonie liturgiche (Pink Glass), mentre il sole sorge ma noi si rimane imprigionati nel vortice di colori innaturali che sguazzano nella nostra mente, ormai in balia delle tre sacerdotesse americane.
Per chi i piace il genere le Heavy Temple possono rivelarsi un’autentica e gradita sorpresa.

TRACKLIST
1.Key and Bone
2.Ursa Machina
3.Pink Glass
4.In the Court of the Bastard King

LINE-UP
Saint Columbidae – Drums
Arch Bishop Barghest – Guitars
High Priestess NightHawk – Bass, Vocals

HEAVY TEMPLE – Facebook

Graveyard Of Souls – Pequeños Fragmentos De Tiempo Congelado

Il duo iberico mostra il suo volto migliore quando approccia il genere con ritmi più ragionati e una maggiore ricerca dell’emotività, mentre convince meno il tentativo di rendere il sound più catchy nei passaggi prossimi al death melodico o al gothic.

Degli spagnoli Graveyard Of Souls ci eravamo già occupati qualche anno fa, in occasione del loro primo full length Shadows Of Lifes.

Autori di un buon gothic death doom, all’epoca i nostri non erano apparsi in grado di elevarsi oltre un livello medio, comunque apprezzabile, e non è che l’impressione vada a modificarsi più di tanto con questo nuovo Pequeños Fragmentos De Tiempo Congelado, album che arriva dopo altre due opere su lunga distanza, Infinitum Nihil e Todos los caminos llevan a ninguna parte.
L’interpretazione del genere da parte di Raul e Angel non lascia spazio a particolari critiche né dal punto di vista esecutivo né da quello della produzione (anche se quest’ultimo aspetto è senz’altro migliorabile), perché in questo genere li ritengo elementi marginali rispetto al potenziale emotivo di un’opera: il problema è che, in buona sostanza, vengono meno quei guizzi capaci di rendere identificabile il sound.
Va detto, ad onore dei Graveyard Of Souls, che alcuni brani si dimostrano senz’altro all’altezza della situazione, specie quando questi possiedono un maggiore respiro atmosferico: non mancano così spunti melodici di buona fattura, come nelle buone Entre fragmentos de locura, Cementerio de ilusiones e Al atardecer, che contribuiscono a mantenere l’album al di sopra della linea di galleggiamento senza però che l’attenzione dell’ascoltatore venga catturata con la necessaria continuità.
Sicuramente il duo iberico mostra il suo volto migliore quando approccia il death doom con ritmi più ragionati e una maggiore ricerca dell’emotività, mentre le fasi contraddistinte dal tentativo di rendere il sound più catchy, nei passaggi prossimi al death melodico o al gothic, non convincono anche per l’apparente discrasia stilistica che si manifesta in alcuni momenti dell’album (piuttosto superfluo, per esempio, lo strumentale Across the Cygnus Loop).
Come per l’album d’esordio, non resta così che derubricare l’operato dei Graveyard Of Souls ad un’interpretazione gradevolmente retrò di queste sonorità, senza però che lo scorrere del tempo abbia portato all’auspicato salto di qualità.

Tracklist:
1. Todo se desvanece lentamente
2. Entre fragmentos de locura
3. Beyond the Black Rainbow
4. Cementerio de ilusiones
5. As Lightday Yields (Lake of Tears cover)
6. Al atardecer
7. Across the Cygnus Loop
8. Kristallnacht

Line-up:
Angel Chicote: Music & Lyrics
Raúl Weaver: Vocals

GRAVEYARD OF SOULS – Facebook

Pestilence – Presence of the Pest (Live at Dynamo Open Air 1992)

La Vic Records ci presenta i Pestilence in un concerto al Dynamo Open Air Festival nel 1992, una chicca per i fans del gruppo olandese e per i cultori del death metal old school.

Si continua a parlare di chicche del metal estremo degli anni novanta, riesumati e messi sul mercato per la gioia dei collezionisti e amanti del genere, con la label olandese Vic Records che, negli ultimi tempi, è salita alle cronache metalliche proprio per le sue ristampe atte a lustrare vecchi gioielli death metal.

I Pestilence erano già stati toccati dalla mano della label in seguito alla raccolta di demo e rarità Reflections Of The Mind, uscita qualche mese fa e che riguardava brani in fase embrionale che andarono poi a comporre i tre album della prima fase del gruppo proveniente dal paese dei tulipani: Consuming Impulse, Testimony of the Ancients e, appunto, il capolavoro Spheres.
Si torna dunque al 1992 ed al live che la band tenne al Dynamo Open Air Festival, allora uno dei Festival più in voga e già palcoscenico di live album importanti per band del calibro di Testament e Death.
Presence Of The Pest è un documento affascinante e che non presenta grossi aggiustamenti in studio da parte di Tom Palms (Phlebotomized) che ha rimasterizzato il tutto.
Il gruppo all’epoca viaggiava a mille, perciò aspettatevi una concerto intenso dove, almeno per una volta, le imperfezioni non inficiano il risultato finale, così che chiudendo gli occhi sembra di tornare a venticinque anni fa, sotto il palco dove Patrick Mameli e gli altri componenti del gruppo scrivevano un pezzo di storia del death metal con brani del calibro di Presence Of The Dead, Testimony e Stigmatized.
L’album si arricchisce di tre bonus registrate nello stesso periodo a Rotterdam, quindi ci troviamo davanti ad un’opera esaustiva rispetto alla carica e all’energia che il gruppo olandese sapeva tirare fuori in sede live.
La scelta di non ritoccare troppo il suono da parte della label va a mio parere elogiata, proprio perché non viene snaturato lo spirito old school ed assolutamente estremo dell’opera.

TRACKLIST
1.Dehydrated
2.Chemo Therapy
3.Presence of the Dead
4.The Process of Suffocation
5.Lost Souls
6.Twisted Truth
7.Testimony
8.Chronic Infection
9.Stigmatized
10.Out of the Body
11.Darkening
12.Presence of the Dead
13.Prophetic Revelations
14.Suspended Animation
15.The Secrecies of Horror
16.The Trauma
17.Land of Tears

LINE-UP
Patrick Mameli – Lead guitar/Vocals
Santiago Dobles – Lead guitar
Alan Goldstein – Bass
Septimiu Hărşan – Drums

PESTILENCE – Facebook

Dustrider – Event Horizon

Le canzoni di Event Horizon superano di gran lunga la forma canzone e sono jam spirituali e spaziali, fumosamente particolari e molto godibili.

Viste le premesse e soprattutto i componenti questo debutto non poteva suonare diversamente.

I Dustrider vengono da Roma e fanno uno strumentale space stoner e molto più in là ancora. Il loro suono è un viaggio psichedelicamente distorto, un addentrarsi tra asteroidi e galassie immaginarie, per mezzo di potenti cavalcate sonore fatte di stoner metal pesante e fluttuante. I Dustrider sono il batterista Francesco “Krundaal” Romano (Riti Occulti and Jarman), il bassista Andrea “Keoma” Romano e il chitarrista Bruno “Brüno” Bellisario. Vorrei porre l’attenzione sui gruppi dove milita il batterista Francesco Romano, perché nei loro distinti campi sono due realtà eccellenti, e anche gli altri due componenti non sono da meno. Il disco è quindi nato sotto ottimi auspici, per poi venire fuori anche meglio. L’ ipnosi strumentale che ci regalano i Dustrider è molto ampia e ci offre una gamma pressoché infinita di generi, dallo space al desert, a momenti maggiormente psichedelici e sognanti, però sempre con la distorsione inserita e, cosa ancora più importante, volendo sempre esprimere canzoni e momenti in uno stile molto ben definito. Le canzoni di Event Horizon superano di gran lunga la forma canzone e sono jam spirituali e spaziali, fumosamente particolari e molto godibili. Un gruppo molto al di sopra della media .

TRACKLIST
1. Warped
2. Cosmo
3. They Live!
4. Fallout Criminal
5. Agartha
6. Stratosphere
7. Event Horizon
8. Ultima IV
9. Dust Devil

LINE-UP
Bruno ‘Brüno’ Bellisario – Guitar
Andrea ‘Keoma’ Romano – Bass
Francesco ‘Krundaal’ Romano – Drums

DUSTRIDER – Facebook

Running Death – Dressage

Un sound che, se si può senz’altro considerare classico, risulta comunque fresco, potente e melodico, grazie ad un songwriting sopra la media, ad un tocco di speed power di tradizione europea e a tanto thrash metal statunitense.

Le buone impressioni suscitate dallo scorso full length (Overdrive, uscito un paio di anni fa) sono state confermate e i tedeschi Running Death, con il nuovo lavoro Dressage, faranno la gioia degli amanti del metal in generale.

Questo avviene grazie ad un sound che, se si può senz’altro considerare classico, risulta ugualmente fresco, potente e melodico, grazie ad un songwriting sopra la media, ad un tocco di speed power di tradizione europea e a tanto thrash metal statunitense, tra Testament e Forbidden.
Dressage si avvale di un gran lavoro melodico, punto di forza del sound del gruppo bavarese, con il bravissimo cantante Simon Bihlmayer che, oltre a suonare la sei corde, possiede una voce che ricorda il giovane Chuck Billy.
Non cede un attimo questo album, i brani si susseguono potenti, veloci e melodici, senza mai avvicinarsi al groove, tanto di moda di questi tempi, mantenendo un approccio heavy/power che con l’irruenza e l’impatto del thrash fa fuoco e fiamme su tracce ritmicamente colme di cambi di tempo e impreziosite da una tecnica notevole.
Velocità e mid tempo si danno il cambio tra i solchi di brani che a tratti entusiasmano, entrando a forza nella testa dell’ascoltatore.
Si decolla senza indugi con l’opener Courageous Minds e si punta dritti alla zona da bombardare con una serie di tracce notevoli (la title track, Duty Of Beauty, Beneath The Surface) thrash metal tecnico ed heavy power fanno la voce grossa e chiedono a gran voce lo scettro di sovrani dei generi metal classici, mentre Andrej Ramich al basso e
Jakob Weikmann alle pelli sorprendono con una prova gagliarda e Daniel Baar lavora la sua sei corde con perizia melodica sopra le righe.
Dressage è metal con la M maiuscola, ha tutto per fare breccia nei cuori non solo dei thrashers ma di chiunque ami il metal dal taglio classico.

TRACKLIST
01. Courageous Minds
02. Dressage
03. Delusive Silence
04. Heroes Of The Hour
05. Duty of Beauty
06. Numbers
07. Beneath the Surface
08. Anthem of Madness (instrumental)
09. Safety Second
10. Refuse to Kill

LINE-UP
Simon Bihlmayer – Vocals, Guitars
Daniel Baar – Guitars
Andrej Ramich – Bass
Jakob Weikmann – Drums

RUNNING DEATH – Facebook
URL YouTube, Soundcloud, Bandcamp

FAKE IDOLS

I Fake Idols presentano il video di «I’M A FAKE»: nuovo singolo tratto da «Witness»

I Fake Idols presentano il video di «I’M A FAKE»: nuovo singolo tratto da «Witness»

I FAKE IDOLS sono orgogliosi di annunciare l’uscita del video di «I’M A FAKE», nuovo singolo tratto dal loro ultimo album «Witness».

Per la realizzazione di questo clip, i Fake Idols si sono affidati ancora una volta al team creativo di 4Frame.
Nel video, i versi di «I’M A FAKE» diventano un filo conduttore tra storie diverse, destinate però a rivelarsi inaspettatamente legate tra loro.

I Fake Idols sono attualmente impegnati nella promozione del loro secondo album «Witness», uscito nel settembre 2016 per Scarlet Records e accolto con entusiasmo dalla critica internazionale. La release vede la partecipazione del leggendario chitarrista dei Motörhead Phil Campbell e di Damna, carismatico frontman di Elvenking ed Hell In The Club.
Phil Campbell compare anche nel video del primo singolo, «Mad Fall».

Sinlust – Sea Black

Sono mari oscuri e pericolosissimi quelli su cui navigano i Sinlust, gruppo black metal transalpino al secondo album dopo il debutto di ormai sei anni fa (Snow Black).

Il nuovo Sea Black è, di fatto la seconda parte di un concept sviluppato con il primo disco, una storia dark/fantasy scritta dal cantante Firefrost con lo pseudonimo di Nicolas Skinner, diventato un romanzo (Noire Neige) che ha ottenuto un discreto successo.
La musica che accompagna la storia è un metal estremo dai rimandi black metal, con molte parti atmosferiche tra soluzioni progressive ed ovviamente dark, seguendo lo sviluppo della trama.
Sea Black è un’opera davvero riuscita ed affascinante, l’album è curato e prodotto bene così da poter godere dei passaggi a tratti più intricati che il combo usa a suo piacimento, non mancando di travolgere l’ascoltatore con la furia, come in una tempesta al largo delle coste dove, le onde altissime prendono la forma di demoni prima di scagliarsi violentemente sulla prua straziata dagli elementi.
Un’ora esatta di metal estremo ben eseguito dove non manca la melodia: il lavoro delle sei corde ha spunti classici nei solos, lo scream declama epico e cattivo la trama, mentre la sezione ritmica si accanisce senza pietà sui navigli dal timone spezzato.
Black metal epico e dark travolgente (Dawning Of The Volcano God è splendidamente epica e terrificante) con un uso perfetto delle atmosfere: poche, quasi nulle le tastiere, ma tanta musica oscura pregna di epicità progressiva.
Echi dei primi Opeth in un contesto black metal che ricorda la cattiveria di Gorgoroth e primi Satyricon, otto perle nere che non scendono sotto i cinque minuti e regalano intense emozioni estreme come in Cannibal Beast, Sea Of Trees e nella conclusiva e spettacolare Forgotten’s Master, progressive black metal in un crescendo di straordinario trasporto emotivo.
I Sinlust suonano musica estrema spettacolare: una grande band ed un album bellissimo, ovviamente consigliato.

TRACKLIST
01. Red Priestess
02. Sea Conquerors
03. Dawning Of The Volcano God
04. Cannibal Beast
05. Streams Attractions
06. Sea Of Trees
07. Trilateral Conflict
08. Forgotten’s Master

LINE-UP
Firefrost – Vocals
Infernh – Drums
Chris in lust – Guitars
Rain Wolf – Bass

SINLUST – Facebook

Necromutilator – Ripping Blasphemy

Dalla fredda e nebbiosa pianura mantovana arrivano i Necromutilator, trio diabolico al servizio dell’oscuro signore attivo dal 2009 e con un paio di lavori alle spalle: il demo The Devil Arisen del 2011 ed il full length Eucharistic Mutilations, uscito tre anni fa.

Tornano con Ripping Blasphemy, ep di quattro brani licenziato dalla Terror From Hell, quindici minuti di metal estremo oscuro e malato, tra death, black e thrash old school.
Un’atmosfera malsana accompagna tracce malefiche come la title track, brano dall’impronta death metal con una forte anima black, mentre Exhorted Sacrifice si avvicina al mood del thrash vecchia scuola.
Un sound senza compromessi, che vuole rappresentare il puro male in musica, è quello che accompagna i tre diabolici musicisti (P. voce e chitarra, R. batteria e E. al basso) nel loro glorificare la morte e la malvagità a colpi di death/thrash/black ispirato da Morbid Angel, Venom e primi Darkthrone.
I Necromutilator si confermano una band da seguire per i fans del metal estremo più nero ed abissale .

TRACKLIST
1.Ripping Blasphemy
2.Exhorted Sacrifice
3.Unholy Semen of Doom
4.Gate to Eternal Possession

LINE-UP
P – Vocals, Guitars
R – Drums
E – Bass

NECROMUTILATOR – Facebook

King Woman – Created in the Image of Suffering

Una buona prima opera da una band che “condensa” doom emozionale con shoegaze e post rock.

Bastano poco meno di quaranta minuti ai King Woman per presentarci la loro arte!

A chi segue il doom, come me, il trovarsi di fronte un disco con un minutaggio “ristretto” può infastidire; il suono doom ha bisogno di tempi dilatati per esprimere al meglio la propria dolente spiritualità; in questo caso però la proposta musicale del gruppo guidato dalla vocalist Kristina Esfandiari, nel miscelare doom, post rock, shoegaze e aromi psych crea un flusso continuo, avvolgente come una liturgia ammantata da chitarre ora decise, ora morbide che fanno da cangiante tappeto alle liriche di sofferta introspezione scritte dalla stessa vocalist, segnata da un’infanzia imprigionata nel fanatismo religioso della famiglia. La voce della Esfandiari rappresenta il valore aggiunto con i suoi toni drammatici, carichi, capaci di ammaliare creando un’atmosfera mistica, sussurrata (Hierophant), un ipnotico viaggio che non presenta picchi qualitativi ma si fa, forse, preferire negli ultimi quattro brani dove le note di un suggestivo violino e gocce di psichedelia d’annata inondano i brani di una profonda disperazione.
Anche questa volta la Relapse ha visto giusto, andando un po’ oltre le sue normali coordinate sonore, dando lo spazio per esordire ai King Woman (finora avevano soltanto un EP al loro attivo) che attendiamo fiduciosi ad altre prove, sperando in uno sviluppo maggiore dei brani (lo spirito doom è duro a morire); opera interessante che merita …

TRACKLIST
1. Utopia
2. Deny
3. Shame
4. Hierophant
5. Worn
6. Manna
7. Hem

LINE-UP
Kristina Esfandiari – Vocals, Lyrics
Colin Gallagher – Guitars
Peter Arensdorf – Bass
Joey Raygoza – Drums

KING WOMAN – Facebook

Sunroad – Wing Seven

Un album onesto di musica dura come si faceva una volta, con un cantante in palla, buone trame chitarristiche ed almeno due o tre brani meritevoli d’attenzione.

La tradizione metallica del Brasile si concretizza in tutti i generi e sotto generi dell’universo musicale che più ci piace, con il death metal ed i suoni hard’n’heavy che si giocano il ruolo di traino per tutto il movimento.

I Sunroad suonano hard & heavy da quando il secolo scorso ha lasciato il passo al nuovo millennio, un ventennio circa di suoni tradizionali ora marchiati a fuoco da un nuovo cantante (Andre Adonis), novità di non poco conto nell’economia del sound del gruppo.
Unico membro originale rimasto è il batterista Fred Mika, da sempre in sella al gruppo di Goiania che arriva, con questo Wing Seven, al sesto lavoro sulla lunga distanza di una carriera discografica che si completa con un ep ed una raccolta di brani dei primi tre album.
Hard ed heavy metal che si uniscono come nella migliore tradizione in un sound a tratti esplosivo, pescando tra Europa e Stati Uniti, rigorosamente in ambiti ottantiani: ne esce un buon album, forse appesantito da un che di già sentito, ma è comunque un ascolto rivolto agli amanti dei suoni che hanno fatto la storia dell’ hard & heavy mondiale.
Si passa così da brani chiaramente hard rock e che richiamano lo stile losangelino, a composizioni più in linea con l’heavy metal europeo, con le tastiere che prendono il comando delle operazioni ed i Rainbow che diventano principale fonte di ispirazione per la band brasiliana.
Un album onesto di musica dura come si faceva una volta, con un cantante in palla, buone trame chitarristiche ed almeno due o tre brani meritevoli d’attenzione (In The Sand, Day By Day e Brighty Breakdown): da ascoltare, visto che potrebbe piacere a più di un appassionato.

TRACKLIST
1.Destiny Shadows
2.White Eclipse
3.In the Sand
4.Misspent Youth
5.Tempo (What Is Ever)
6.Whatever
7.Skies Eyes
8.Day by Day
9.Craft of Whirlwinds
10.Drifting Ships
11.Brighty Breakdown
12.Pilot of Your Heart
13.Last Sunray in the Road

LINE-UP
Akasio Angels – Bass, Vocals
Netto Mello – Guitars, Backing Vocals
Fred Mika – Drums, Vocals
Andre Adonis – Vocals (lead)

SUNROAD – Facebook

Funeralium – Of Throes And Blight

Un disco magnifico, ma da maneggiare con estrema cura anche da parte di chi frequenta lidi sonori contigui al funeral doom.

Nati da una costola degli Ataraxie, i Funeralium perseguono con buon successo da oltre un decennio una forma di estremizzazione del funeral doom.

La band francese fa di un approccio del tutto negativo il proprio punto di forza, rinunciando a spunti melodici o atmosferici per calcare la mano sul senso di ineluttabile che ci attanaglia .
La voce utilizzata più spesso, non a caso, è uno screaming di matrice quasi depressive piuttosto che il consueto growl, a rimarcare un inquietudine più rabbiosa o ancor meglio intrisa di un rancore non circoscrivibile. Quando termina la prima discesa negli inferi dell’umana psiche, Slowly We Crawl Towards Crumb, è trascorsa quasi mezz’ora di funeral soffocante all’ennesima potenza, solo un po’ inasprito da tracce di black, e ci attende ancora un’altra ora di sonorità che lacerano, ora lasciandoci in uno stato di angosciosa sospensione, ora evocando il pianto e stridore di denti di apocalittica memoria.
Of Throes And Blight è un’agonia resa interminabile da una durata complessiva che nessuna persona sana di mente potrebbe ritenere ragionevole, ma alla categoria certo non appartengono né i Funeralium né chi decide di abbandonarsi al deliquio provocato da questi quattro monoliti eretti alla follia.
Un disco magnifico, ma da maneggiare con estrema cura anche da parte di chi frequenta lidi sonori contigui al funeral doom.

Tracklist:
1.Slowly We Crawl Towards Crumb
2.Spit At My Face, I Will Pluck Your Tongue Out
3.Vermin
4.Vanishing Once And For All

Line-up:
Berserk – Guitars
Marquis – Vocals, Guitars
Asmael LeBouc – Bass, Vocals
A.D. K’shon – Drums
Charles Ward – Bass

FUNERALIUM – Facebook

Argonauta Fest III Mixtape

Terza edizione dell’Argonauta Fest, la vetrina dell’omonima etichetta, che quest’anno cresce ulteriormente e che vedrà quest’anno otto gruppi esibirsi dal vivo alle Officine Sonore di via Caduti Del Lavoro 13 a Vercelli. In questo mixtape esclusivo per MetalEyes troverete un piccolo assaggio di quello che vi aspetta. Alzate il volume.

Argonauta Fest III Mixtape

Terza edizione dell’Argonauta Fest, la vetrina dell’omonima etichetta, che quest’anno cresce ulteriormente e che vedrà quest’anno otto gruppi esibirsi dal vivo alle Officine Sonore di via Caduti Del Lavoro 13 a Vercelli. In questo mixtape esclusivo per MetalEyes troverete un piccolo assaggio di quello che vi aspetta. Alzate il volume.

https://www.facebook.com/events/2212180805674214/

1. Dustrider – Cosmo
2. No Good Advice – Mother Of Void
3. Nudist – Bloddy Waters
4. Eyes From North – Huit Heures Seize
5. The Buckle – Sixty – Two Feat. Xabier Iriondo
6. Naat – Dancalia
7. Otus – Echoes And Evocation
8. Varego – The Cosmic Dome

EPICA

Il video dal vivo di ‘Dancing In A Hurricane’

EPICA – pubblicano il video dal vivo di ‘Dancing In A Hurricane’!

I giganti olandesi del symphonic metal EPICA sono orgogliosi di annunciare il lancio del loro nuovo video dal vivo ‘Dancing In A Hurricane’! La canzone è tratta dall’ultimo album in studio “The Holographic Principle”, pubblicato da Nuclear Blast a settembre 2016 ed entrato nelle classifiche di tutto il mondo. Il video è stato girato al concerto SOLD OUT che gli EPICA hanno tenuto davanti a 5000 fan entusiasti al The Zenith di Parigi nello scorso febbraio, ultima data del tour europeo. Il video mostra come la band punti continuamente sull’innovazione, migliorando le proprie performance live. ‘Dancing In A Hurricane, Live at The Zenith’ mostra come l’esperienza degli EPICA dal vivo abbia raggiunto ancora una volta una nuova dimensione!

Coen Janssen dichiara: “Quando sei nel mezzo del tour, tendi a dimenticare quanto sia speciale e quanto tu sia privilegiato ad esibirti ogni sera. Lo spettacolo allo Zenith di Parigi è uno dei punti più alti della nostra carriera e quindi sono davvero felice che abbiamo deciso di girare alcuni video dal vivo durante quello show. Questo primo video con una delle mie canzoni preferite di ‘The Holographic Principle’ mi riporta immediatamente a quella sera, e posso ripercorrere quei momenti ancora e ancora. Il video mi mostra in retrospettiva che tour fantastico sia stato quello! Grazie ancora per esservi uniti a noi quella notte e per avere reso i nostri giorni più luminosi!”.

Delle riprese e dell’editing si è occupata la squadra di produzione “Panda Productions”.

Gli EPICA saranno in concerto all’Alcatraz di Milano con i RHAPSODY (reunion): appuntamento a mercoledì 7 giugno!

Malkavian – Annihilating the Shades

Le influenze sono riscontrabili nei gruppi estremi thrash/death metal statunitensi, ma i Malkavian ci mettono del loro, d’altronde l’ esperienza è secolare e la fame di sangue inesauribile…

Una bomba sonora questo ultimo lavoro dei vampiri di Nantes che, sotto il monicker Malkavian, ci aggrediscono con il loro thrash/groove metal assolutamente devastante.

Difficile trovare un gruppo che, con un nome e un concept vampiresco, distrugga tutto con la forza del thrash moderno, invece di ipnotizzarci con languide melodie gotiche, ma si sa, la cattiveria dei vampiri dipende dal ceppo e dagli anni in cui la loro stirpe comanda e il 2017 è l’anno dei Malkavian.
Annihilating the Shades è dunque un devastante e violentissimo esempio di metal moderno dai rimandi thrash e dal groove che sprizza come sangue dalle vene e dalle arterie: qui i vampiri sono quelli di Underworld e non del classico Dracula (tanto per intenderci), guerrieri della notte in lattice ed automatiche, un esercito di super uomini in una battaglia che dura dalla notte dei tempi e dalla colonna sonora estrema ed esaltante, pura follia omicida rappresentata da inni al male come Alter Of The Damned, Ruins, l’annichilente, oscura e maligna The Great Overset e il muro di creature della notte pronti a colpire al segnale di Encryption Process.
Romaric “Riko” Lamare è un non morto che sputa odio dal microfono, la sezione ritmica un massacro di innocenti (Florian Pesset al basso ed Alex Jadi alle pelli), le chitarre armi micidiali tra ventate di morte e melodie allucinate che, invece di smorzare la tensione, rendono ancora più terrificante e violento il sound (Nicolas Bell e Mathieu Deicke).
Le influenze sono riscontrabili nei gruppi estremi thrash/death metal statunitensi, ma i Malkavian ci mettono del loro, d’altronde l’ esperienza è secolare e la fame di sangue inesauribile…

TRACKLIST
1.Resurgence
2.Altar of the Damned
3.Spit Away
4.Ruins
5.Annihilating the Shades
6.The Great Overset
7.Encryption Process
8.Kba
9.Void of a Thousand Eyes

LINE-UP
Florian Pesset – Bass
Nicolas Bel – Guitars & Backing Vocals
Romaric Lamare – Vocals
Alex Jadi – Drums
Mathieu Deicke – Guitars

MALKAVIAN – Facebook

Tod Huetet Uebel – N.A.D.A.

Un’altra prova di grande efficienza da parte di rappresentanti della scena black metal lusitana.

Tod Huetet Uebel è una delle diverse band che contribuiscono a rendere sempre più fresca e stimolante la scena black metal lusitana.

Dopo il full length del 2015, il duo composto da Daniel C. e Marcos M. si ripropone con un ep di una ventina di minuti fatto di due soli brani dalla durata decisamente diversa tra loro, con il secondo di questi (Da) che da solo occupa in pratica tutto lo spazio del lavoro.
A differenza di altre band trattate di recente, i Tod Huetet Uebel appaiono molto più spostati verso una forma di black più esasperato, ai confini del depressive: ne consegue un ascolto molto più complesso, derivante da un modus operandi che bandisce del tutto o quasi la melodia, passando da ossessive sfuriate, contraddistinte dalle urla incessanti di Marcos, a rallentamenti improvvisi che riportano il tutto ad una matrice ambient.
Il primo e più breve brano, Nå, è soprattutto una furiosa espressione di urgenza compositiva, con un mood tra il disperato e l’apocalittico che poi verrà convogliato nella ben più lunga e frastagliata traccia conclusiva.
Non è affatto banale per una band black spingere un singolo brano su simili minutaggi, ma non è certo il coraggio a fare difetto ai Tod Huetet Uebel, ed e così che, tra campi di tempo dovuti a frenate alternate a parossistiche accelerazioni, sempre sovrastate dalle vocals straziate di chi non ha un domani, N.A.D.A. si rivela un altro consistente tassello posto a puntellare un movimento, sorprendente solo per chi è meno predisposto a cogliere i segnali di vitalità provenienti da realtà musicali considerate (a torto) ai margini della scena internazionale.

Tracklist:
1. Nå
2. Da

Line up:
Daniel C. – Guitars, Bass
Marcos M. – Vocals

TOD HUETET UEBEL – Facebook

Hot Cherry – Wrong Turn

Non così scontato come potrebbe sembrare ad un primo approccio, Wrong Turn si fa apprezzare per la sua energia e per quell’atmosfera sanguigna e vera che è alla base della riuscita di un album del genere.

Wrong Turn è il primo lavoro dei toscani Hot Cherry, uscito qualche mese fa autoprodotto ed arrivato a MetalEyes tramite l’etichetta napoletana Volcano Records, che si è aggiudicata le prestazioni del gruppo del cantante Jacopo Mascagni.

La band nasce nel 2009, ma purtroppo, dopo l’uscita del singolo Scar In The Brain, nel 2013 si scioglie, con il cantante che di fatto rimane l’unico componente e, non arrendendosi, comincia il reclutamento di nuovi componenti.
Nel corso degli anni gli sforzi per dare una nuova vita al gruppo vengono ripagati e con la formazione al completo vede la luce Wrong Turn, una mazzata di metal/rock, dal groove micidiale, potente e dall’anima thrash.
Jacopo Mascagni viene così raggiunto da Nik Capitini e Luca Ridolfi alle chitarre, Kenny Carbonetto al basso e Stefano Morandini alle pelli, e insieme danno vita a questa mezz’ora di muro sonoro che non lascia dubbi sull’impatto di questa nuova formazione e del suo sound, vario nel saper pescare da vari generi, senza mai abbandonare la strada del metal moderno ricco di groove e di un pizzico di pazzia rock ‘n’ roll.
Mascagni canta come se non ci fosse un domani, le frustrazioni passate vengono riversate su nove tracce che non lasciano respiro fin dall’opener Anonymous: una mazzata senza soluzione di continuità tra hard rock, groove, stoner rock, ed attitudine thrash ‘n’ roll che si evince dal singolo Scar In The Brain, dalla mastodontica Craven e dalla devastante Call To The Void.
Non così scontato come potrebbe sembrare ad un primo approccio, Wrong Turn si fa apprezzare per la sua energia e per quell’atmosfera sanguigna e vera che è alla base della riuscita di un album del genere.
Immaginatevi una jam tra i Pantera, gli Anthrax, i Corrosion Of Conformity e i Beautiful Creatures ed avrete un’idea della proposta degli Hot Cherry, non male davvero.

Tracklist:
1.Anonymous
2.8000 HP
3.Scar In The Brain
4.Narrow Escape
5.Craven
6.On Your Own
7.Call To The Void
8.Modern Vampire
9.Bloody Butterfly

Line-up:
Jacopo Mascagni – Vocals
Nik Capitini – R&L Guitars
Luca Ridolfi – R Guitars
Kenny Carbonetto – Bass
Stefano Morandini – Drums

HOT CHERRY – Facebook

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