Axel Rudi Pell – The Ballads V

Si può discutere all’infinito sull’utilità di opere del genere, ma è indubbio che la qualità altissima della musica prodotta mette in secondo piano le critiche di chi pretende l’originalità a tutti i costi.

Per molti sono sempre state un riempitivo, per altri uno scotto da pagare in album dove smorzavano la tensione metallica, ma in tanti continuano ad amarle perché, in fondo, anche i metallari hanno un cuore e lacrime da spendere.

Stiamo parlando delle ballads, croce e delizia dei gruppi metal, da sempre suonate nei generi classici, dall’heavy, al power, fino al thrash.
Le luci si accendono ancora una volta per la band di Axel Rudi Pell, uno dei massimi esponenti delle super ballatone, arrivato con The Ballads V alla quinta raccolta di lenti dalle epiche o drammatiche atmosfere, pregne di quell’orgoglio metallico su cui si sono costruiti successi, ma anche rovinose cadute.
A prescindere da quanto possa piacere un’opera di questo tipo, bisogna dare a Cesare quel che è di Cesare, ed allora è innegabile come anche questa ennesima collezione si avvalga di di brani bellissimi, dalle melodie che conquistano anime e spaccano cuori, suonate da un gruppo di musicisti che, nel genere, non sono certo secondi a nessuno.
Come d’abitudine Pell ci regala due inediti, la prima una perla di canzone (l’opener Love’s Holding On) con Bonnie Tayler splendida ospite a duettare con un Gioeli stratosferico e, ad anticipare la magnifica cover di Hey Hey My My di Neil Young, On The Edge Of Our Time vede la chitarra duettare con un Gioeli che sprizza epicità da tutti i pori, mentre il resto del gruppo asseconda la vena dei due protagonisti.
Circle Of The Oath, full length uscito nel 2012, è ottimamente rappresentato dalla superba Lived Our Lives Before, mentre When Truth Hurts, dal buon Into The Storm licenziato dal gruppo un paio di anni dopo, continua a dispensare emozionanti armonie chitarristiche su un tappeto di eroico ed elegante metal.
Certo, il trend di un lavoro come questo non cambia per tutta la sua durata, e le due tracce live lasciate a conclusione di un’opera mastodontica (si va oltre i settanta minuti) sono da considerare altre due chicche.
Si parla infatti di The Line, dal capolavoro The Masquerade Ball, e la sempre spettacolare Mistreated, enorme brano di casa Deep Purple era Coverdale con al microfono Doogie White, tratto dal concerto per il 25° anniversario della band in quel di Balingen nel 2014.
Si può discutere all’infinito sull’utilità di opere del genere, ma è indubbio che la qualità altissima della musica prodotta mette in secondo piano le critiche di chi pretende l’originalità a tutti i costi.

TRACKLIST
01. Love’s Holding On (new song feat. Bonnie Tyler)
02. I See Fire (new cover version, Ed Sheeran song)
03. On The Edge Of Our Time (new song)
04. Hey Hey My My
05. Lived Our Lives Before
06. When Truth Hurts
07. Forever Free
08. Lost In Love
09. The Line (live)
10. Mistreated (live)

LINE-UP
Johnny Gioeli – Lead and Backing Vocals
Axel Rudi Pell – Lead, Rhythm and Acoustic Guitars
Ferdy Doernberg – Keyboards
Volker Krawczak – Bass
Bobby Rondinelli – Drums

AXEL RUDI PELL – Facebook

CORRODED

Il video di Fall Of A Nation, tratto dall’album Defcon Zero, in uscita ad aprile (Despotz Records).

Il video di Fall Of A Nation, tratto dall’album Defcon Zero, in uscita ad aprile (Despotz Records).

I Corroded sono tornati! La band hard rock svedese, famosa in patria per aver prestato la propria musica al programma tivù “Survivor (Expedition Robinson in Sweden)” e al videogame “Battlefield”, torna con il nuovo album “Defcon Zero”, in uscita il 14 aprile su Despotz Records.

“Defcon Zero” non è soltanto il nuovo album dei Corroded in cinque anni, ma segna anche il debutto su Despotz Records. Il disco è più pesante, ma non perde di vista la melodia. Parte da dove si era fermato il precedente “State Of Disgrace”, ma al tempo stesso suona completamente nuovo.

Tracklist:

Carry Me My Bones
Gun And A Bullet
Retract and Disconnect
Fall Of A Nation
Vessels Of Hate
Day Of Judgement
A Note To Me
Burn It To The Ground
DRF
Feel Fine
Rust and Nail

Discografia
Eleven Shades of Black (2009)
Exit to Transfer (2010)
State of Disgrace (2012)
Defcon Zero (2017)

Gutted – Martyr Creation

Nel genere l’album risulta uno dei migliori sentiti in questo inizio anno: se siete fans del brutal death metal di scuola statunitense, buttatevi senza esitazione su questo delirio estremo partorito dagli ungheresi Gutted.

Un intro orchestrale ci accompagna davanti alle porte della casa del mostro che si spalanca alle prime note della devastante Cosmos Of Humans, opener del nuovo massacro sonoro targato Gutted.

Il gruppo ungherese, nato da poco più di dieci anni, torna dunque con un nuovo disfacimento sonoro a base di brutal death metal: il quarto album di questa premiata ditta di serial killer provenienti dall’est.
Licenziato dalla Xtreem Music il lavoro di questa band, che prende il nome da un brano storico dei Cannibal Corpse, segue proprio gli insegnamenti del gruppo americano, e lo fa alla perfezione, vista l’ottima qualità di questo cattivissimo lavoro intitolato Martyr Creation:
mezz’ora di distruzione totale, un armageddon di suoni estremi sviluppati su ritmiche che non scendono sotto velocità inumane, mentre le poche varianti atmosferiche sono raggelanti attimi di puro orrore (le voci di bambini su Deeper Than Hell, da cui il gruppo ha tratti un video).
In stato di grazia il songwriting, tanto che Martyr Creation riesce ad avere un appeal che sorprende nel genere, risultando un ascolto gradito anche per i deathsters dai gusti più pacati.
Fades Away è un vortice infernale da cui uscire diventa un’ impresa ardua, mentre l’atmosfera rimane perennemente in balia delle torture ed efferatezze raccontate dal vocione di Sándor Hajnali.
Nel genere, l’album risulta uno dei migliori sentiti in questo inizio anno: se siete fans del brutal death metal di scuola statunitense, buttatevi senza esitazione su questo delirio estremo partorito dagli ungheresi Gutted.

TRACKLIST
1.Chaos of the Beginning (Intro)
2.Cosmos of Humans
3.False Happiness
4.Consuming Life
5.Deeper than Hell
6.Fades Away
7.Kings of Emptiness
8.Hell Dwells Inside
9.Into Oblivion
10.Atrophied Existence (Outro)

LINE-UP
Sándor Hajnali – Vocals, all lyrics
Gábor Drótos – Guitars, song writing
Sándor Tamás – Drums
András Horváth – Guitars (Live Musician)
Péter Lipák – Bass (Live Musician)

GUTTED – Facebook

Svart Crown – Abreaction

Un uso molto originale delle ritmiche per una band death/black (tra groove e percussioni tribali), la pesantezza sonora che si spinge fino a toccare lidi doom ed un songwriting vario e per nulla ripetitivo, spostano sicuramente la ragione dalla parte del gruppo nizzardo

Gli Svart Crown arrivano con Abreaction a quello che, di fatto, è l’album più importante della loro carriera e se la missione era quella di confermare il fiuto della Century Media, l’obiettivo è stato raggiunto.

Un uso molto originale delle ritmiche per una band death/black (tra groove e percussioni tribali), la pesantezza sonora che si spinge fino a toccare lidi doom ed un songwriting vario e per nulla ripetitivo, spostano sicuramente la ragione dalla parte del gruppo nizzardo, realtà oscura e perversa, occulta e blasfema, protagonista di un album estremo, maligno ed affascinate.
Non solo furia death/black dunque, ma atmosfere che variano, malatissime e contorte (The Pact: To the Devil His Due) così da non peccare di immobilismo come alcuni gruppi, magari più famosi ma dal compitino eseguito perfettamente da anni, variando l’estremismo tipico del metal estremo alla Behemoth con rallentamenti fusi in lava nera come la pece; il sangue spesso cola dalle fauci del demone, tra liturgie dannate e doom/death d’alta scuola, mentre le varianti tribali di ritmiche infernali conducono alla pazzia e alla danza prima della dannazione eterna.
JB Le Bail e compagni non lesinano sperimentazioni, cori monastici ed atmosfere da chiese sconsacrate, mentre gli episodi migliori sono proprio i più originali ed imprevedibili, nei quali la pesantezza delle atmosfere si scontra con una serie di spunti non così comuni nei gruppi del genere.
Khimba Rites, Transsubstantiation e Nganda sono gli episodi migliori, a cui si aggiunge Tentacion, un dark western alla Fields Of The Nephilim attraversato da un’oscura aura black che lo rende un brano strumentale atipico e da brividi.
In conclusione, un album riuscito ed una band che troverà la giusta attenzione da parte degli amanti dei suoni estremi, ai quali è consigliato l’ascolto di questa opera oscura, sinistra ed atmosferica.

TRACKLIST
1.Golden Sacrament
2.Carcosa
3.The Pact: To the Devil His Due
4.Upon This Intimate Madness
5.Khimba Rites
6.Tentacion
7.Orgasmic Spiritual Ecstasy
8.Transsubstantiation
9.Emphatic Illusion
10.Lwas
11.Nganda

LINE-UP
JB Le Bail – Vocals/Guitar
Ludovic Veyssière – Bass guitar
Kévin Paradis – Drums
Kevin Verlay – Guitar

SVART CROWN – Facebook

https://www.youtube.com/watch?v=hRaSi1IFaaM

Dead & Breakfast – Rebirth

Una versione più hard rock oriented dei classici Misfits con qualche spunto più moderno alla Murderdolls, per gli amanti del genere una vera ed insana goduria.

I Dead & Breakfast sono un trio di Lodi e suonano hard rock/ horror punk, sono arrivati al quarto album e quest’anno festeggiano il decimo anniversario della nascita (o della morte, fate voi).

Il loro sound si sviluppa lungo un hard rock dall’urgenza punk, di fatto ispirato dalle band horror punk americane, dunque maltrattato da uno spirito rock’n’roll che non manca certo al gruppo nostrano.
Pachu (basso e voce), Gigio (chitarra e voce) e Piffy (batteria) formano questo gruppo di cacciatori di zombie e anime della notte, in un continuo e potente Helloween party che accompagna le atmosfere di questo ultimo lavoro intitolato Rebirth.
Non si arriva alla mezz’ora, ma il tutto viene sintetizzato con una grinta ed una carica notevoli, e già dall’iniziale The Devil Inside la tensione comincia a salire, mentre brani più orientati all’hard rock come Nightmare si danno il cambio con sferzate punk rock, come Dead & Breakfast.
Timmy è il brano più ispirato di Rebirth, un mid tempo solcato dal groove, atmosfericamente dark rock e con un solo che spezza in due tombe e lapidi con forza metallica.
Il finale è lasciato alla coppia di brani ispirati al rock più moderno, il groove diventa protagonista nelle ritmiche di Inch By Inch e della title track, concludendo l’album con una passeggiata nell’hard rock più sanguigno.
Una botta di adrenalina niente male questo Dead & Breakfast, con il gruppo che risulta una versione più hard rock oriented dei classici Misfits con qualche spunto più moderno alla Murderdolls: per gli amanti del genere una vera ed insana goduria.

TRACKLIST
1. The Devil Inside
2. Nightmare
3. Tarantula
4. Timmy
5. Dead & Breakfast
6. Inch By Inch
7. Rebirth

LINE-UP
Pachu – Vocals / Bass
Gigio – Guitar / Vocals
Piffy – Drums

DEAD AND BREAKFAST – Facebook

Murkocet – Digging Mercy’s Grave

Phoenix, Arizona. Quando ormai ci eravamo arresi alla vittoria sulla scena metallica americana del metalcore, ecco che come cavalieri indomiti del new groove metal, arrivano a mettere tutto ancora una volta in discussione i Murkocet, giovane band che assalta il fortino core con un sound violentissimo, moderno ma dall’attitudine new thrash, un treno in corsa che sbaraglia la concorrenza a colpi di metal estremo di una violenza disumana.

Si può essere brutali anche suonando generi più in voga, la lezione i Murkocet l’hanno imparata dagli Slipknot, con la differenza che gli spunti chiaramente death del gruppo di Des Moines nel sound del quartetto si trasformano in ventate atomiche di thrash/groove metal.
Basta poco più di mezzora e l’inferno è servito da bordate ritmiche supportate da una carica estrema debordante, ottime e finalmente valorizzate soluzioni nu metal, rese penetranti da un songwriting notevole, una produzione adeguata ed un’attitudine brutale che si evince dall’uso vario ed a tratti animalesco della voce da parte del singer Richie Jano.
L’album parte con l’intro The Definition ed il massacro viene perpetrato dal gruppo fino a metà album, diviso in due dall’acustica Tranquil, un minuto e mezzo di accordi che ci preparano alla seconda parte, un’altra overdose di violenza che ha nel new thrash metal di California Smile l’ apice distruttivo, in Repo Man la furia iconoclasta e nella conclusiva The Beginning la potenza devastante del groove.
Nella prima parte ci avevano pensato Strip Club Massacre e Dead World a rendere la vita dei nostri padiglioni auricolari un inferno, confermando l’alta qualità della musica prodotta dai Murkocet, che si confermano una notevole macchina da guerra.
Sarà moderno, neanche troppo originale, ma il sound di Digging Mercy’s Grave è pura violenza in musica: non è poco.

TRACKLIST

1.The Definition
2.Strip Club Massacre
3.Dust Cloud
4.Tombstones
5.Dead World
6.Tranquil
7.California Smile
8.Repo Man
9.Overdose
10.Lights Out
11.The Beginning

LINE-UP

Brandon Raeburn – Bass
Mike Mays – Drums
Nate Garrett – Guitars
Richie Jano – Vocals

VOTO
7.80

URL Facebook
http://www.facebook.com/murkocetmetal/

URL YouTube, Soundcloud, Bandcamp

DESCRIZIONE SEO / RIASSUNTO
Sarà moderno, neanche troppo originale, ma il sound di Digging Mercy’s Grave è pura violenza in musica, non perdetelo.

Skeletoon – Ticking Clock

Siamo arrivati in fondo in un battito di ciglia e resta un piacevole senso di soddisfazione nell’ascoltare un album del genere firmato da una band italiana.

Che lo vogliate chiamare happy metal o nerd metal (termine forgiato dalla band) il sound dei nostrani Skeletoon è un notevole esempio di power metal teutonico, tra Helloween, Freedom Call ed Edguy, niente di più e niente di meno.

Il bello è che la band il suo mestiere lo sa fare alla grande ed anche questo Ticking Clock, secondo lavoro dopo il pur ottimo The Curse Of The Avenger, risulta un piacevole tuffo nelle melodie metalliche di estrazione power e dallo straordinario appeal.
Il gruppo del bravissimo singer Tomi Fooler (talento della scuola Sammet) continua per la sua strada e se il primo lavoro era una raccolta di brani power solari e divertenti, in Ticking Clock il tiro viene leggermente ritoccato per spostarsi verso un sound che, pur mantenendo le caratteristiche dell’album precedente, sprizza maturità e consapevolezza.
Tradotto, si scherza ma fino ad un certo punto, gli Skeletoon hanno indurito i suoni, fanno sempre divertire, ma sanno regalare sprazzi di musica più ragionata ed a tratti epica, proprio come il gruppo di Chris Bay (Chasing Time da questo lato è una bomba power devastante).
Curato nei minimi dettagli, l’album è molto vario nelle atmosfere che attraversano le diverse tracce, come se la solarità del power metal melodico fosse attraversata da nuvole oscure ed in alcuni casi, come nella splendida The Awakening, da venti progressivi.
Ottime le performance dei musicisti della band, con un accento sulle prove soliste dei due chitarristi (Andy “K” Cappellari e Davide Piletto) e di una coppia ritmica che non dà tregua quando la musica del gruppo parte come una formula allo spegnimento del semaforo rosso (Charlie Dho al basso ed Henry Sidoti alle pelli), tanto per ribadire che per suonare il genere è indispensabile il talento anche sotto l’aspetto tecnico.
Non mancano, come nel primo lavoro, ospiti che nobilitano e valorizzano alcuni dei brani presenti come Jonne Jarvela (Korpiklaani), Piet Sielck (Iron Savior) e Jens Ludwig (Edguy), mentre Guido Benedetti dei Trick Or Treat, oltre a suonare la sei corde, ha aiutato il gruppo nella fase compositiva.
Siamo arrivati in fondo in un battito di ciglia e resta un piacevole senso di soddisfazione nell’ascoltare un album del genere firmato da una band italiana.

TRACKLIST
1.Dreamland
2.Drowning Sleep
3.Night Ain’t Over
4.Watch over Me
5.Chasing Time
6.Ticking Clock
7.Mooncry
8.Falling into Darkness
9.Awakening

LINE-UP
Tomi Fooler – Vocals
Andy “K” Cappellari – Rhytm/Lead Guitar
Davide Piletto – Rhytm/Lead Guitar
Charlie Dho – Bass Guitar
Henry Sidoti – Drums

Featuring: GUIDO BENEDETTI from TRICK OR TREAT: Composer and guitars
JONNE JÄRVELÄ from KORPIKLAANI as “The Nightmare”
PIET SIELCK from IRON SAVIOR as “THE FATHER”
JENS LUDWIG from EDGUY as “THE TIME” T
OMIKA FULIDA from LUNAMANTIS as “THE LAST STAR SHINING”

SKELETOON – Facebook

Damnation Plan – Reality Illusion

Progressive death metal che si contorna di ritornelli melodici che ricordano a più riprese quelli in uso nell’abusato metalcore, anche se qui non siamo negli Stati Uniti ma in Scandinavia, ed il sound dei Damnation Plan si rivolge ai gusti degli amanti del death metal melodico.

Progressive death metal che si contorna di ritornelli melodici che ricordano a più riprese quelli in uso nell’abusato metalcore, anche se qui non siamo negli Stati Uniti ma in Scandinavia, ed il sound dei Damnation Plan si rivolge ai gusti degli amanti del death metal melodico.

In breve la descrizione di questo lavoro potrebbe concludersi così, ma fortunatamente Reality Illusion non si ferma alle apparenze e risulta nel suo complesso un buon lavoro.
Partiamo dal primo ed importantissimo tassello: il mixing dell’album è stato affidato al sapiente Dan Swanö, una garanzia di qualità per i fans del genere, l’album non si perde in facili ed abusate atmosfere alla Opeth (tanto per levare ogni dubbio) ma è caricato a pallettoni estremi con la scritta At The Gates in bella evidenza sul calcio della mitragliatrice, mentre l’uso metodico della doppia voce (scream e pulita) lascia come detto un sapore amaro di metalcore.
Il sound di brani come Beyond These Walls e Rules Of Truth è un death melodico dalle ritmiche frenetiche, tra At The Gates e Soilwork, le sfumature progressive si fanno largo tra chorus moderni, l’alternanza tra lo scream e le cleans ispira note che arrivano dalle coste statunitensi più che perse nelle nostalgiche valli innevate della Finlandia, creando un sound perennemente in bilico tra le due tradizioni che ispirano la musica del gruppo.
The Empowerment e Maze Of Despair, oltre ad essere il cuore dell’album sono le prime avvisaglie di una sterzata verso il death melodico progressivo e qui i Damnation Plan inseriscono una marcia in più, confermato dall’epico incedere di Iron Curtain Falls, mentre la title track torna a parlare americano e manda Reality Illusion verso la conclusione viaggiando su strade già percorse con le prime tracce.
Per la cronaca Don’t Talk To Strangers, cover dello storico brano di Dio, conclude un album che vive dei contrasti tra le due correnti principali che ispirano il sound del gruppo, se sia pregio o difetto giudicate voi, a mio parere una decisa sterzata verso il death metal progressivo sarebbe più consono alla musica dei Damnation Plan.

TRACKLIST
1. Intro
2. Beyond These Walls
3. Rulers Of Truth
4. Rise Of The Messenger
5. Blinded Faith
6. The Empowerment
7. Maze Of Despair
8. Iron Curtain Falls
9. Reality Illusion
10. A Chapter In Greed
11. The Final Destination
12. Don’t Talk To Strangers (Dio Cover)

LINE-UP
Tommy Tuovinen – Vocals
Asim Searah – Vocals
Kalle Niininen – Guitars
Annti Lauri – Guitars
Jukka Vehkamaa – Bass
Jarkko Lunnas – Drums

DAMNATION PLAN – Facebook

Cry Excess – Vision

Il disco è molto ben bilanciato fra pesantezza e melodia, fra accelerazioni e parti mid tempo, ed il tutto è molto intenso e coinvolgente, cosa non è facile da trovare oggi.

Il metalcore potrà essere un genere con gruppi con poche idee, o forse in fase calante, ma ascoltando il nuovo disco dei Cry Excess non lo si direbbe proprio.

Questo gruppo di Torino confezione un disco molto potente, ben prodotto e con le cose giuste al posto giusto. Vision possiede un groove possente e marcato, poiché i Cry Excess sanno usare molti mezzi per arrivare allo scopo. Cattiveria, melodia e anche il sapiente uso di inserti elettronici al momento giusto, senza sbracare come altri gruppi. Tutto è molto naturale e si svolge senza forzature, perché il gruppo mette a proprio agio l’ascoltatore che qui troverà ciò che vuole. Questo è il terzo disco dei Cry Excess, che sono un gruppo italiano che gira molto, avendo suonato con Korn, Papa Roach, Walls Of Jericho e molti altri. Ciò lo si comprende bene ascoltandoli, Vision dà la perfetta idea di cosa siano, uno dei gruppi italiani più internazionali soprattutto nella maniera di fare le cose, senza provincialismi, in un genere molto affollato. Il disco è molto ben bilanciato fra pesantezza e melodia, fra accelerazioni e parti mid tempo, ed il tutto è molto intenso e coinvolgente, cosa non è facile da trovare oggi. Ennesimo gran disco della Bleeding Nose che si conferma etichetta di riferimento per un certo tipo di metal moderno. Non pensate al metalcore, pensate ai Cry Excess che è meglio.

TRACKLIST
Vocals : Jaxon V.
Guitar : Mark Agostini
Guitar : Andrew V.
Drum/vocals : Brian N.
Bass : Angie S.

LINE-UP
Jaxon V. : Vocals
Mark Agostini : Guitar
Andrew V. : Guitar
Brian N. : Drums, Vocals
Angie S. : Bass

CRY EXCESS – Facebook

DIMMU BORGIR

Il video di Gateways, tratto dal DVD/Blue Ray Forces Of The Northern Night, in nsucita a fine aprile (Nuclear Blast).

Il video di Gateways, tratto dal DVD/Blue Ray Forces Of The Northern Night, in nsucita a fine aprile (Nuclear Blast).

Il 28 aprile i sovrani norvegesi del symphonic black metal DIMMU BORGIR pubblicheranno il doppio DVD / BluRay “Forces Of The Northern Night”.
Oggi, la band svela il secondo live clip del loro memorabile show tenutosi a Oslo.

Con »Forces Of The Northern Night«, una vera e propria colonna sonora dell’apocalisse, puoi essere testimone di due differenti live show: il concerto tenutosi a Oslo, che mostra i DIMMU BORGIR sul palco con la Norwegian Radio Orchestra e un coro, e l’intera performance al Wacken Open Air con oltre 100 musicisti. Questi grandiosi rituali segnano l’inizio dell’epico ritorno della band previsto per il 2017.

In caso ti fossi perso gli ultimi clip dei DIMMU BORGIR, puoi trovarli ai seguenti link:

‘Mourning Palace (live at Wacken)’: https://youtu.be/Cg6n3ZhKwt4
Trailer 1: https://www.youtube.com/watch?v=Dflre4AOhAU&feature=youtu.be
Trailer 2: https://www.youtube.com/watch?v=JA3zNBNPZsA&feature=youtu.be

Ordina la copia fisica di »Forces Of The Northern Night« qui:
http://nblast.de/DimmuBorgirFOTNNNB

Chi pre-ordina in digitale riceverà immediatamente il download di ‘Mourning Palace (live in Oslo)’:

http://nblast.de/DIMMUBORGIRDigital

Quest’autentica combinazione di eleganza e stravaganza ha rappresentato per i fan una naturale evoluzione, ma sono stati necessari tempo, arrangiamenti e impegno per trasformare in realtà questa gigantesca produzione e offrire ogni sera 90 strabilianti minuti di set.

I concerti ripercorrono i classici della discografia del gruppo, da ‘Mourning Palace’ a ‘Puritania’, passando per ‘Gateways’… I norvegesi DIMMU BORGIR sanno come lasciarsi alle spalle nient’altro che le ceneri.

Thunder and Lightning – The Ages Will Turn

The Ages Will Turn è un ottimo lavoro, assolutamente consigliato in particolare ai fans di Iced Earth e Blind Guardian, da parte di una band da rivalutare e conoscere più a fondo.

Superata la decina d’anni di attività, tornano sul mercato i berlinesi Thunder And Lightning con il quarto full length della loro carriera, iniziata nel 2004 e che vede, oltre ai primi due demo ed un ep, tre album usciti tra il 2008 e il 2013 (Purity, Dimension e In Charge of the Scythe).

Il genere proposto è un power metal melodico con qualche ottimo spunto heavy, oscuro e drammatico e pregno di mid tempo e cavalcate che nel loro già sentito rivelano una buona attitudine da parte di un gruppo che, pur se nato nel cuore dell’Europa, non mancano di inserire nel sound atmosfere metalliche statunitensi.
Prodotto dal chitarrista Marc Wüstenhagen, The Ages Will Turn vive di questo connubio tra le due scuole classiche e ne esce un buon lavoro che unisce l’aggressività tutta europea con le atmosfere e le sfumature del classico metal americano.
Così, dopo l’intro The Ravaging Overture, l’album entra subito nel vivo con Welcome To The Darkside, ottimo inizio e classica power metal song, anche se l’impronta melanconica e tragica si sente già dalle prime note.
Silent Watcher e Black Eyed Child continuano a dispensare power metal di ottima fattura e si comincia a sentire la forte ispirazione Iced Earth che il gruppo si porta dietro, sia nelle soluzioni melodiche che nei chorus.
E Columbia conferma le influenze della band berlinese, con un brano perfettamente in bilico tra la band di Jon Schaffer ed i Blind Guardian, mentre nella più potente One Blood compare come ospite alla sei corde Máté Bodor (Alestorm, Wisdom).
La title track continua a dispensare metallo oscuro e si arriva alla conclusiva Mary Celeste, brano dove troviamo il secondo ospite, Der Schulz degli Unzucht, ad accompagnare l’ottimo singer Norman Dittmar, per il brano top dell’album, splendidamente teatrale, sorretto da un chorus oscuro ed epico ed attraversato da una vena statunitense tra Iced Earth, Savatage e Metal Church.
The Ages Will Turn è un ottimo lavoro, assolutamente consigliato in particolare ai fans di Iced Earth e Blind Guardian, da parte di una band da rivalutare e conoscere più a fondo.

TRACKLIST

1.The Ravaging Overture
2.Welcome to the Darkside
3.Silent Watcher
4.Black Eyed Child
5.Eternally Awake
6.Columbia
7.One Blood
8.The Ages Will Turn
9.Hysteria
10.Mary Celeste

LINE-UP

Robert Rath – Bass
Steve Mittag – Drums
Benjamin Dämmrich – Guitars
Marc Wüstenhagen – Guitars, Vocals
Norman Dittmar – Vocals

THUNDER AND LIGHTNING – Facebook

childthemewp.com