George Tsalikis – The Sacrifice

Esordio solista per il frontman dei Zandelle, George Tsalikis, con un concept incentrato su una storia di vampiri, dalle buone idee poco valorizzate da una produzione deficitaria.

George Tsalikis è il frontman dei power metallers americani Zandelle, nonchè ex Gothic Knights, e torna sulle nostre pagine un anno dopo l’uscita dell’ottimo Perseverance, che vedeva il ritorno sul mercato del gruppo newyorkese dopo sei anni dall’ultimo lavoro.

Il frontman debutta con il primo lavoro solista, autoprodotto ma distribuito dalla label tedesca Pure Steeel, con un’opera ambiziosa dal concept vampiresco.
Una storia di vampiri dunque, moderna magari ma pur sempre di “succhiasangue” si tratta, un argomento abusato in tutte le forme d’arte dal cinema alla musica e tornato in auge negli ultimi anni.
Il singer si contorna di un manipolo di musicisti della scena metal statunitense e da vita ad un album di U.S. metal old school nella sostanza così come nella forma, senza grossi picchi qualitativi ma che non mancherà di piacere, specialmente a chi apprezza l’heavy metal americano, oscuro ed in gran parte strutturato su ritmi cadenzati su cui Tsalikis ed i vari ospiti narrano le vicende delle creature della notte.
Il nostro si destreggia tra chitarre, basso, piano e tastiere, le pelli sono lasciate al drummer Mike Paradine, mentre molti dei solos sono ad appannaggio del chitarrista Richie Blackwood e le vocals che fanno la loro apparizione lungo il corso della storia sono di Alanna Dachille, Ryan Taylor, Caitlin Rose Scarpa, Don Manzo e Kristen Keim.
Heavy metal robusto ma alquanto melodico, pregno di atmosfere oscure, vissuto tra i vicoli di una New York alle prese con romantici vampirelli, strade bagnate da pioggia sporcata dallo smog della grande mela, un via vai di canzoni che vivono su cavalcate vecchia scuola, valorizzate da buoni interventi chitarristici ma poco esplosive, complice una produzione appena sufficiente che non imprime la giusta forza alle canzoni.
L’idea non è male, qualche canzone riesce ad uscire dall’anonimato, ma la batteria è poco incisiva e le performance dei vari cantanti lasciano pochi ricordi, appiattendosi sul compitino e nulla più.
Peccato, perché il metallo classico di cui si fregia il sound di The Sacrifice è di quello d.o.c., puntando sulle buie trame degli storici Metal Church, le ritmiche robuste degli Zandelle e l’atmosfera da opera metal che però, purtroppo, si respira solo a tratti tra i solchi di Declaration e Inner Struggle.
Un album che con un opportuno lavoro di rimasterizzazione potrebbe acquisire quel tanto che basta per valorizzare il sound, mentre per ora è circoscritto al mondo degli appassionati del genere.

TRACKLIST
1. Chapter 1: World of Darkness
2. Chapter 2: Of My Dreams
3. Chapter 3: The Vixen
4. Chapter 4: The Vampire’s Promise
5. Chapter 5: Taken
6. Chapter 6: Declaration
7. Chapter 7: The Confrontation
8. Chapter 8 (part 1): Inner Struggle
9. Chapter 8 (part 2): With Friends Like These
10. Chapter 9: Victimized
11. Chapter 10: The Hero’s Lamen

LINE-UP
George Tsalikis – lead vocals, rhythm guitar, accoustic guitar, bass, keyboards, piano

special guests:
Mike Paradine – drums
Richie Blackwood – lead guitars
Alanna Dachille – vocals
Ryan Taylor – vocals
Caitlin Rose Scarpa – vocals
Don Manzo – vocals
Kristen Keim – vocals

GEORGE TSALIKIS – Facebook

NATIONAL SUICIDE

Il video di ‘No Shot No Dead’, nuovo singolo tratto dall’ultimo album della band ‘Anotheround’

I thrashers National Suicide hanno pubblicato il video di ‘No Shot No Dead’, nuovo singolo tratto dall’ultimo album della band ‘Anotheround’, disponibile su Scarlet Records.

I National Suicide sono una Old School Thrash Metal band formatasi a Trento nel 2005. Grazie al loro primo Album ‘The Old Family Is Still Alive’ diventano gli alfieri dell’Underground più oltranzista e calcano i palchi del Revenge Of True Metal Festival, del Play It Loud e del Rock Hard Festival in Italia, del Metal Cova e del Keep It Thrash in Spagna, del Thrash Assault in Germania e di altre realtà non meno importanti. Napalm Death, Assassin, Onslaught, Artillery, Exciter, Jag Panzer, Jaguar, Raven, Whiplash, Fueled By Fire, Satan, Sodom, Tankard, Omen, Savage Grace, Legion Of The Damned e Attacker sono solo alcune delle band di calibro internazionale con cui i National Suicide hanno avuto il privilegio di esibirsi. Il sound della band rimane tagliente e d’impatto, estremamente adrenalinico, impreziosito da due chitarristi eccezionali e da un cantato fra i più acidi e taglienti in circolazione.

GANDALF’S OWL

Listen to the whole EP “Winterfell” by GANDALF’S OWL

GANDALF’S OWL, HEIMDALL’s singer Gandolfo Ferro project, in collaboration with Club Inferno Ent. present his debut EP titled “Winterfell”.
Listen to it in streaming here:

Are you ready to enter the glacial atmospheres, arcane melodies and dimensionless sounds of his mental trips?
Well, you’re welcome!!!

Order it now:
– iTunes: http://smarturl.it/GANDALFSOWL-iTunes
– Digital: http://smarturl.it/GANDALFSOWL-ONErpm
– Spotify: http://smarturl.it/GANDALFSOWL-Spotify

Official sites:
– CLUB INFERNO ENT.: http://www.facebook.com/clubinfernoent
– GANDALF’S OWL: http://www.facebook.com/GaldalfsOwl

Throes Of Dawn – Our Voices Shall Remain

Non resta che raccomandare questo splendido ritorno dei Throes Of Dawn a chi vuole farsi cullare da emozioni che traggono linfa dal passato ma vivono e si sublimano nel presente.

Anche se non lo si dovrebbe fare, viene spontaneo associare le diverse etichette discografiche ad un genere musicale piuttosto che ad altri: nello specifico, dalla Argonauta Records, che annovera nel proprio roster, tra gli altri, autentici “agitatori” musicali quali Nibiru o Sepvlcrvm, ci si aspettano di norma album collocabili in qualche luogo che stia a metà strada tra doom, sludge post metal e sperimentalismi mai fini a sé stessi.

Sorprende non poco, quindi, ritrovare tra le competenti grinfie di Gero, boss della label genovese, la storica band finlandese Throes Of Dawn, visto che nei suoi anni migliori (parliamo dello scorso decennio), aveva dato alle stampe degli splendidi lavori (su tutti Quicksilver Clouds) aventi quale comune denominatore melodie malinconiche inserite all’interno di un tessuto gothic doom/dark. Sorprende ancor di più constatare come, sei anni dopo il leggermente opaco The Great Fleet of Echoes, il gruppo fondato nel 1994 dal vocalist Henri Koivula (oggi anche nella line-up dei magistrali Shape Of Despair) e dal chitarrista tastierista Jani Heinola sia infine approdato ad una forma di progressive dai tratti certamente oscuri, riconducibile in parte agli ultimi Anathema ma dai robusti richiami a sonorità pinkfloydiane.
Lo schema compositivo lo si potrebbe liquidare come semplice e lineare: i brani si aprono in maniera soffusa, spesso rarefatta, lasciando spazio ad arpeggi acustici, tocchi pianistici ed una voce scevra di ogni asprezza, per poi aprirsi irresistibilmente in assoli di matrice gilmouriana, tutti, nessuno escluso, capaci di strappare più di una lacrima a chi ha vissuto in tempo quasi reale le gesta del musicista inglese e della sua ineguagliabile band.
Facile o, ancor peggio, derivativo? No, perché intanto certe sfumature bisogna saperle maneggiare con cura e competenza, ma ciò che più interessa, qui, è l’intensità emotiva che l’album riesce a sprigionare in ogni brano e, a fare la differenza, è soprattutto la predisposizione con la quale l’ascoltatore si avvicina a Our Voices Shall Remain: se si cerca qualcosa che urti, disturbi e ribalti con forza le nostre (poche) certezze consolidate, allora si è decisamente sbagliato indirizzo, mentre non sarà così per chi nella musica ricerca una forma d’arte che sappia commuovere, elevando lo spirito tramite un doloroso processo catartico.
Qui manca, ovviamente, il senso di tragedia evocato dal migliore funeral melodico, ma il turbamento che la chitarra di Jani Heinola riesce a produrre con magistrale continuità porta ad un risultato finale non troppo lontano, lasciando quale eredità tangibile la commozione che prende il sopravvento all’ascolto di brani quali Lifelines, The Understanding e, soprattutto, la conclusiva The Black Wreath of Mind, che chiude magnificamente il lavoro grazie al magico connubio tra le sei corde ed il pianoforte.
Sperando, probabilmente invano, che qualcuno tra gli onanisti del progressive dei bei tempi andati riponga per un attimo la sua copia di Wish You Were Here ingiallita dal tempo e provi a dare un ascolto a Our Voices Shall Remain, non resta invece che raccomandare questo splendido ritorno dei Throes Of Dawn a chi vuole farsi cullare da emozioni che traggono linfa dal passato ma vivono e si sublimano nel presente.

Tracklist:
1. Mesmerized
2. We Used to Speak in Colours
3. Lifelines
4. The Understanding
5. Our Voices Shall Remain
6. One of Us Is Missing
7. The Black Wreath of Mind

Line-up:
Jani Heinola – Guitars, Keyboards
Henri Koivula – Vocals
Harri Huhtala – Bass
Juha Ylikoski – Guitars
Henri Andersson – Keyboards
Juuso Backman – Drums

THROES OF DAWN – Facebook

https://soundcloud.com/argonautarecords/we-used-to-speak-in-colours

Evergrey – The Storm Within

“The Storm Within” è decisamente il miglior album degli Evergrey, accessibile, profondo, con una produzione centrata e potente, 100% Metal.

Avevo apprezzato discretamente i prog-metallers svedesi Evergrey con “In Search of Truth” e “Recreation Day”, li avevo “allontanati” dopo il non esaltante “The Inner Circle” del 2004.

Al decimo lavoro in studio mantengono il loro inconfondibile lato oscuro e quella malinconia che da sempre li contraddistingue, qui stemperata da melodie decisamente catchy.
Apre Distance, con una intro di piano luttuosa, desolante, per il quale è stato realizzato un bel video promozionale (anche per The Paradox of the Flame), poi il ritmo incalza con basso e chitarra sugli scudi, guidati dal poderoso e metronomico drummer. Il groove è notevole, caratterizzato da accordature “detuned” e un riff portante molto coinvolgente.
La voce di Tom Englund in questo lavoro è decisamente espressiva, matura e con la successiva Passing Through il respiro si fa decisamente più ampio. Il brano è mirabile, con una interpretazione molto sentita e assoli incastonati alla perfezione.
Someday col suo incedere quasi epico e cadenzato ci conduce nel cuore del disco, avvalendosi di chitarre ispirate e coinvolgenti.
La più classica Astray innalza ulteriormente il tasso energico-dinamico e chiude con un bel finale adrenalinico di stampo modern thrash.
La breve ballata per voce e tastiera The Impossible inietta malinconia e desolazione prima di My Allied Ocean che pesta duro con la sezione ritmica trainata dalla doppia cassa di Jonas M. Ekdahl, e il metallo trasuda che è un vero piacere.
La melodiosa e ragionata In Orbit è impreziosita dalla vocalist Floor Jansen che duetta all’unisono con Englund, e d’altronde in tutto l’album le melodie vocali sono molto curate e godibili. Attacco deciso per The Lonely Monarch, dove melodia e potenza sono amalgamate con oculatezza e infiorettate da coinvolgenti guitar-solos, sapienti keyboards e vocals incisive.
La meravigliosa e intimistica The Paradox Of The Flame propone ancora una volta Carina Englund al fianco del marito, accompagnandoci in un altro luogo misterioso e maggiormente rarefatto, e si ritorna in corsa con Disconnect e The Storm Within, i brani più lunghi del lotto, nei quali si alternano con gusto parti cadenzate e maggiormente dilatate con un utilizzo delle tastiere che conferiscono ulteriore enfasi e atmosfera in chiusura dell’album.
The Storm Within è decisamente il miglior album degli Evergrey, accessibile, profondo, con una produzione centrata e potente, 100% metal. Consigliato ai fan della band e non!

TRACKLIST
01. Distance
02. Passing Trough
03. Someday
04. Astray
05. The Impossible
06. My Allied Ocean
07. In Orbit (feat. Floor Jansen)
08. The Lonely Monarch
09. The Paradox Of The Flame
10. Disconnect
11. The Storm Within

LINE-UP
Tom S. Englund – vocals, guitar
Henrik Danhage – guitar, backing vocals
Rikard Zander – keyboard, backing vocals
Jonas Ekdahl – drums
Johan Niemann – bass, backing vocals

EVERGREY – Facebook

Saturna – Saturna

Un gran bel disco per un gruppo che raramente sbaglia, ma che con questo disco omonimo si supera.

I Saturna sono un gruppo di Barcellona che sono stati toccati dalla mano degli dei del rock pesante.

Formati nel 2010 dal bassista Rod per sviluppare insieme a degli amici delle idee musicali, i Saturna sono presto diventati uno dei migliori gruppi musicali di psichedelia rock pesante sulla piazza. La loro musica è un misto di doom, heavy rock e psichedelia, molto suadente e fisica, si sente la musica che occupa un volume, e come dice il loro nome, qui ci sono i dettami dei riti dionisiaci, ci si volge verso Saturno con tutto ciò che comporta. Questo loro terzo disco è forse quello più completo, il suono è sempre sulle stesse coordinate, ma si sente che il loro modo di comporre è cambiato, migliorando ulteriormente. Ascoltando i Saturna ci si immerge in una modernità che certo deve molto alle cose passate, ma che innova con una sapiente personalizzazione del verbo pesante. Le loro canzono sono riti musicali, costruiti con il sentimento della California anni settanta, anzi i Saturna suonano molto meglio di tante band di quel periodo o dei loro epigoni attuali. Le atmosfere sono molteplici e diverse, dal pezzo duro e lungo alla trasmigrazione psichedelica delle anime, ad un certo retrogusto grunge che fa davvero piacere ascoltare. In certi frangenti le tastiere disegnano figure davvero belle, come in Leave It All, canzone davvero notevole e forse la migliore di tutto il disco.
Un gran bel disco per un gruppo che raramente sbaglia, ma che con questo disco omonimo si supera.

TRACKLIST
1.Tired to fight
2.All has been great
3.Birds in cages
4.Five fools
5.Routine
6.Leave it all
7.Unsolved
8.Disease
9.A place for our soul

LINE-UP
Rod: Bass
Oscar: Guitar
Jimi: Vocals / Guitar.
Enric: Drums

SATURNA – Facebook

Demonic Obedience – Nocturnal Hymns to the Fallen

Nocturnal Hymns to the Fallen è un buon esempio di death metal alla Morbid Angel sfumato di black

Tra le componenti maggiori per la riuscita di un buon disco death metal, l’impatto molte volte è l’arma essenziale, tralasciando la mera tecnica strumentale, quella in più per le innumerevoli band che si affacciano sul desolato ed oscuro mondo del metal estremo.

E i Demonic Obedience, creatura malvagia del polistrumentista greco trapiantato in Scozia George Ntavelas, di impatto ne hanno da vendere, sia per quanto riguarda la furia death/black con cui sparano queste otto cartucce imbevute di veleno, sia per la predominanza di atmosfere nere, una palude di note che affogano nella melma infernale di cui questo secondo lavoro è pregno.
La componente black è più concettuale che musicale, nei solchi di Nocturnal Hymns to the Fallen si respira l’aria imputridita e umida del death metal a sfondo satanico, occulto e misantropico, convogliato in mezz’ora abbondante di blasfemie ed invocazioni al signore oscuro.
Old school nell’approccio, violento e sadico nel vedere resti umani galleggiare nell’acqua intorbidita dal sangue e dagli escrementi con gelido distacco, l’album conta sull’aura evil che il buon Ntavelas ha creato, non senza strapparci un sorriso per la buona padronanza dei ferri di un mestiere che all’inferno qualcuno deve pur fare.
Un Caronte che ci prende per mano e a colpi di pesantissime tracce (Portal of the Sacred Kan e Godmade Beast le migliori) ci accompagna nel mondo pastoso, oscuro e blasfemo dell’album, un buon esempio di death metal alla Morbid Angel , sfumato di black di ispirazione polacca e ,come scritto in prima battuta, dall’ottimo impatto evil … non male.

TRACKLIST
1. Create the Shapeless
2. Portal of the Sacred Kan
3. Forced Obscenity
4. Impermissible Irreverence Pt. 1
5. Nocturnal Imagery
6. Godmade Beast
7. Impermissible Irreverence Pt. 2
8. Gehenna

LINE-UP
George Ntavelas – Vocals, Guitars, Bass

DEMONIC OBEDIENCE – Facebook

Dark Forest – Beyond The Veil

Beyond The Veil paga dazio alla sua prolissità: un’ora e tredici minuti di musica sfiancano, se non sono supportate per intero da ottime idee in fase di songwriting

Quarto lavoro sulla lunga distanza per i britannici Dark Forest, da una dozzina d’anni in pista con il loro heavy metal classico ispirato ad ambientazioni folk e medievali.

Lo scorso album The Awakening uscito un paio di anni fa aveva visto l’entrata in line up del singer Josh Winnard al posto di Will Lowry-Scott, un cambio che aveva portato i suoi frutti, confermati dal nuovo Beyond The Veil.
Copertina non a caso affidata a Duncan Storr, artista che ha creato opere grafiche anche per gli Skyclad e proposta che sicuramente si discosta dai primi lavori per sposare definitivamente la causa dell’heavy metal dalle tinte folk.
Diciamo che a livello di sound gli Skyclad sono messi nell’ombra da una forte componente maideniana o comunque riconducibile alla new wave of british heavy metal, mentre concettualmente il gruppo per qualche atmosfera e le tematiche narrate si avvicina al metal di ispirazione folk.
Attenzione, non si parla del folk metal di uso e consumo in questi anni, perché l’elemento progressivo del sound permette alla band di inserire melodie, specialmente nei solos, che richiamano sfumature epic ma sempre inserite in un contesto metallico old school.
Ottimo il lavoro delle due asce che si scambiano il palcoscenico con intrecci chitarristici di scuola ottantiana, buona la prova del singer, abbastanza personale per donare alle canzoni un minimo di interpretazione, gradevoli le cavalcate dal taglio epic così come qualche intervento acustico che ci scaraventa tra i boschi e le foreste delle lande britanniche (Lunantishee).
L’album si potrebbe riassumere nella conclusiva The Lore Of The Land, traccia di tredici minuti, dove il buon Winnard si appropria del timbro dickinsoniano, ed il gruppo parte per una cavalcata in crescendo di buona fattura.
Per il resto siamo nella piena sufficienza, ma nulla più: Beyond The Veil paga dazio alla sua prolissità: un’ora e tredici minuti di musica sfiancano, se non sono supportate per intero da ottime idee in fase di songwriting, ed infatti una mezz’ora in meno avrebbe sicuramente giovato all’ascolto di un album che, alla fine, racchiude il meglio proprio nell’ultimo ottimo brano.
Lavoro assolutamente riservato agli amanti del metal classico di ispirazione old school, Beyond The Veil mantiene la band ben salda nell’underground e nel mondo delle realtà appannaggio dei fan più accaniti del genere.

TRACKLIST
1. On the Edge of Twilight
2. Where the Arrow Falls
3. Autumn’s Crown
4. Blackthorn
5. Lunantishee
6. The Wild Hunt
7. Earthbound
8. The Undying Flame
9. Mên-an-Tol
10. Beyond the Veil
11. Ellylldan
12. The Lore of the Land

LINE-UP
Josh Winnard – Vocals
Christian Horton – Guitar
Pat Jenkins – Guitar
Paul Thompson – Bass
Adam Sidaway – Drums

DARK FOREST – Facebopok

TWIN ATLANTIC

TWIN ATLANTIC annunciano il tour Europeo e un’unica data italiana

TWIN ATLANTIC annunciano il tour Europeo e un’unica data italiana!!!!

I TWIN ATLANTIC sono lieti di annunciare che inizieranno il tour Europeo di supporto al nuovo album “GLA” l’1 Novembre in Belgio e lo termineranno il 19 Novembre in Spagna toccando l’Italia con un’unica data live al Tunnel di Milano il 6 Novembre. La prevendita dei biglietti parte oggi sul sito www.twinatlantic.com.

A ben 8 anni dal loro esordio, i TWIN ATLANTIC pubblicheranno il quarto studio album “GLA” – codice aeroportuale della loro città natia, Glasgow – il prossimo 9 Settembre su Red Bull Records.
L’album è stato scritto a Glasgow e registrato nel Topanga Canyon a Los Angeles da Jacknife Lee (U2, Snow Patrol, Two Door Cinema Club), alla vecchia maniera, tutto analogico, editing compreso, mentre Alan Moulder (Arctic Monkeys, Foals, Foo Fighters e My Bloody Valentine) si è occupato del mixaggio.

I Twin Atlantic sono Sam McTrusty, il carismatico frontman e cantante, Barry McKenna (chitarra), Ross McNae (basso) e Craig Kneale (batteria). Il quartetto si è fatto notare nel 2011 con l’album ‘Free’ grazie all’omonimo singolo, che fu usato come Colonna Sonora del salto dallo spazio di Felix Baumgartner.

‘Free’ ha catapultato la band in cima alle classifiche UK ed è stato seguito da ‘Great Divide’ nell’Agosto 2014 che ha debuttato al numero 6 della classifica. I singoli ‘Heart and Soul’, ‘Brothers and Sisters’ e ‘Hold On’, hanno permesso alla band di esibirsi alla Brixton Academy di Londra e di suonare uno show da headliner di fronte a 10,000 persone al SSE Hydro nella loro citta natale di Glasgow.

2016 European tour dates:
1st November BELGIUM: Antwerp – Kavka
2nd November NETHERLANDS: Utrecht – EKKO
3rd November GERMANY: Wiesbaden – Kesselhaus
5th November AUSTRIA: Vienna – Flex
6th November ITALY: Milan – Tunnel
7th November GERMANY: Munich – Hansa 39
9th November GERMANY: Hamburg – Knust
10th November DENMARK: Copenhagen – BETA
11th November NORWAY: Oslo – Blaa
12th November SWEDEN: Stockholm – Kagelbanan
14th November GERMANY: Cologne – Luxor
15th November FRANCE: Paris – La Maroquinerie
16th November FRANCE: Lyon – La Marquise
18th November SPAIN: Madrid – Sala Arena
19th November SPAIN: Barcelona – Razzmatazz (Razz Club)

THE FORESHADOWING

Il video di Nimrod (I – The Eerie Tower), prima parte della suite che conclude ‘Seven Heads Ten Horns’

Brand new video clip by THE FORESHADOWING!!!

…and let the introducing be done by the band themselves:

“We are glad to introduce you to the music video for the song ‘Nimrod (I – The Eerie Tower)’, the first part of our suite from the new album ‘Seven Heads Ten Horns’. This music video pictures THE FORESHADOQING´s imagery and features all the elements that create the concept of our music and lyrics (apocalypse, misery and corruption of humanity, death and rebirth). Enjoy this voyage where the modern era is redeemed by the dawn of mankind.”

Taken from the album “Seven Heads Ten Horns” that was released on CD/digital on the 22nd of April 2016 via Cyclone Empire worldwide, except for the USA, where it got released via Metal Blade on the 29th of July 2016.

Deprive – Temple of the Lost Wisdom

Chi vuole ascoltare del death doom nella sua forma più oscura e meno ammiccante deve seguire la strada percorsa dai Deprive

Eccoci alle prese con l’ennesimo “workaholic” del metal, uno della genia di personaggi come Déhà, per intenderci, capaci di tenere in piedi un numero di progetti in doppia cifra facendo ragionevolmente ritenere che alcuni mortali siano realmente dotati del dono dell’ubiquità.

La cosa rimarchevole è però che, il più delle volte, tale iperattività non va a discapito della qualità e, addirittura, per il citato musicista di origine belga la tendenza pare essere paradossalmente all’opposto.
Erun-Dagoth, al secolo lo spagnolo Javier Sixto, è un produttore e musicista coinvolto, tra passato e presente, in oltre una ventina di band e progetti tra i quali questo denominato Deprive, con il quale il nostro ci fa ripiombare senza misericordia in atmosfere piacevolmente novantiane.
Chi ha amato gli album pubblicati in quel decennio da Morbid Angel ed Incantation, tanto per citare i due nomi più pesanti che vengono in mente, troverà pane per i propri denti in questo Temple of the Lost Wisdom, lavoro che al detah dei primordi unisce mirabilmente quei mortiferi rallentamenti di matrice doom che fecero la fortune di molti in quel periodo.
La bontà dell’operato del musicista di Santander risiede principalmente nella sua capacità di rendere relativamente vari i diversi brani, rinunciando ad un approccio annichilente e optando, invece, per l’inserimento di parti in cui il sound si fa morbosamente melodico; se a tutto questo aggiungiamo una prestazione rimarchevole sotto tutti gli aspetti, in considerazione della natura rigorosamente solista del progetto, il giudizio finale per quest’opera non può che essere decisamente positivo.
I tre quarti d’ora di musica estrema di prima classe trovano il loro picco in una traccia magistrale come Gospel of the Black Sun, nella quale un appassionato di musica del destino come il sottoscritto non può fare a meno di godere di quello che è, a tutti gli effetti, un’esibizione emblematica del migliore death doom, con le furiose accelerazioni inframmezzate da bruschi rallentamenti nei quali la chitarra disegna armonie tutt’altro che banali, il tutto sovrastato da un growl magari un pizzico monocorde ma perfetto per il contesto.
Ecco, chi vuole ascoltare del death doom nella sua forma più oscura e meno ammiccante deve seguire la strada percorsa dai Deprive, perchè in Temple of the Lost Wisdom si trova lo stato dell’arte del sottogenere, rappresentato da un songwriting ispirato e da una produzione, finalmente, coerente con le sonorità proposte.

Tracklist:
1. Other Earth
2. A Mournful Prophecy
3. Vortex of Repulsion
4. Doomed Tears of Humanity
5. Hyperborean Serenades – The Elder Race Mystery
6. Gospel of the Black Sun
7. Temple of the Lost Wisdom
8. Fall of Atlantis
9. A Desperate Praise
10. Incarnation of the Macabre

Line-up:
Erun-Dagoth – All instruments, Vocals

DEPRIVE – Facebook

Necrodeath / Cadaveria – Mondoscuro

Cosa può scaturire dall’unione di due realtà storiche del metal italiano come i Necrodeath e la strega Cadaveria se non grande musica estrema?

Cosa può scaturire dall’unione di due realtà storiche del metal italiano come i Necrodeath e la strega Cadaveria se non grande musica estrema?

Finalmente Mondoscuro, atteso lavoro dove le due band si sono ritrovate ad interagire in sala d’incisione, vede la luce in questa ultima parte d’estate 2016, creando un album atipico, che farà molto parlare di sé, sperando che non rimanga un caso unico come fu nel 1989 Mondocane, progetto che vedeva l’unione delle forze espresse da Necrodeath e Schizo e a cui il titolo fa chiaramente richiamo, oltre ai documentari degli anni ’60 diventati famosi per le loro scene cruente e chiamati Mondo Movie.
Dimenticatevi il classico split, Mondoscuro vede le anime dei due gruppi amoreggiare come serpenti infernali, lascivi e mortali per creare metal orrorifico, macabro e brutale, o rivedere a modo loro classici presi dalle loro discografie per arrivare a brani che vanno dalla gotica Christian Woman dei Type O Negative alla clamorosa versione di Helter Skelter di beatlesiana memoria.
Si parte alla grande con Cadaveria che dà nuovo lustro a Mater Tenebrarum, brano tratto da Into The Macabre, album che è diventato un classico della discografia dei Necrodeath. Il gruppo mantiene la struttura death/thrash della song, fornendole però quell’elemento dark gotico tipico del proprio sound e al minuto 4.46 spettacolarizza il tutto con l’organo di Ignis Forasdomine che riprende il tema dalla colonna sonora di Inferno, creata dal compianto Keith Emerson, ed i cori operistici con in testa la soprano Lindsay Schoolcraft dei Cradle Of Filth, aiutata da Tiziana Ravetti e dal tenore Cristiano Caldera, per un risultato entusiasmante.
Spell, da The Shadows Madame, opera nera creata da Cadaveria nel 2002 e lasciata in mano ai Necrodeath risulta una traccia che alterna atmosfere horror, con Flegias mai così teatrale, a sfuriate thrash addomesticate dai solos ultra melodici del mostruoso Pier Gonella e dal lavoro ritmico del buon Peso aiutato da GL.
Il cuore dell’album è lasciato ai due pezzi inediti: Dominion Of Pain, un brano scritto da Cadaveria e che vede la partecipazione di Flegias e di Gonellaesaltato da una prestazione sugli scudi della singer e valorizzato da chorus evocativi e dallo spiccato flavour gotico,  con una bellissima seconda parte dalle ritmiche quasi doom ed un solo che trancia l’atmosfera dark/gotica del brano; Rise Above, in mano ai death/thrashers liguri, è aperta da un recitato in lingua madre di Cadaveria che introduce una cavalcata metallica dove Gonella emoziona con la sua sei corde in un delirio metallico thrash/gothic.
Il vampiro newyorkese che tormentò le notti di dolci donzelle dagli inizi degli anni novanta ai primi anni del nuovo millennio, è omaggiato dai Cadaveria con la cover di Christian Woman, dal capolavoro gotico Bloody Kisses, resa molto simile all’originale non fosse per un’interpretazione sentita della singer nostrana, che usa tutti i toni della sua voce per rendere il più possibile teatrale e vario il brano cardine della discografia della band di Peter Steele.
Mondoscuro si conclude con la geniale cover di Helter Skelter dei fab four, probabilmente il primo brano heavy metal della storia, pescato dal White Album, aperto da un giro di basso ripreso da Come Together, altro masterpiece dei Beatles, reso devastante dalla furia estrema del combo ligure e con una genialata di Gonella che, a metà brano, riprende l’arpeggio di Ticket To Ride, terzo omaggio alla coppia Lennon/Mccartney.
In conclusione, Mondoscuro è un progetto assolutamente riuscito e, se avrà un futuro, magari con un album di inediti, potrebbe regalare grosse soddisfazioni ai protagonisti e grande musica estrema agli amanti del genere, non perdetevelo.

TRACKLIST
1. Cadaveria – Mater Tenebrarum (Necrodeath cover)
2. Necrodeath – Spell (Cadaveria cover)
3. Cadaveria – Dominion of Pain (feat. Flegias)
4. Necrodeath – Rise Above (feat. Cadaveria)
5. Cadaveria – Christian Woman (Type O Negative cover)
6. Necrodeath – Helter Skelter (The Beatles cover)

LINE-UP
Necrodeath:
Peso – Drums
Flegias – Vocals
Pier Gonella – Guitars
GL – Bass

Cadaveria:
Marçelo Santos – Drums
Cadaveria – Vocals
Dick Laurent – Guitars
Peter Dayton – Bass

NECRODEATH – Facebook

CADAVERIA – Facebook

Darrel Treece-Birch – No More Time

Lasciate per una volta i facili lidi della musica usa e getta e fatevi una passeggiata in riva al mare accompagnati dalle note di No More Time, le emozioni saliranno piano, come la marea.

Darrel Treece-Birch, tastierista dei Nth Ascension e dal 2011 alla corte dei Ten di Gary Hughes, con cui ha inciso gli ultimi tre full length e l’ep The Dragon And Saint George uscito pochi mesi fa, continua la sua carriera solista arrivando con quest’ultimo album alla quinta opera, tutte licenziate nel nuovo millennio.

Il musicista, compositore e produttore britannico si è circondato di ottimi professionisti gravitanti nel mondo del rock melodico e progressivo, dando alle stampe un lavoro senza tempo, che pur mantenendo i crismi di un’opera progressiva, svaria tra le sonorità del rock melodico di classe con picchi emozionali altissimi, qualche pausa dal sapore ambient e tanto gusto pinkfloydiano nelle atmosfere.
In gran parte strumentale, l’album, che sfiora i settanta minuti di musica, richiede non poca concentrazione per essere assimilato, il songwriting di ottima qualità concede pochi momenti facili e tanti punti di introspezione musicale; la copertina che accompagna l’album spiega molto della musica in esso contenuta, lasciando il tempo al suo scorrere o fermandolo per assaporare la pace che le note create da Darrel Treece-Birch sanno donare.
Prodotto dallo stesso musicista nel Regno Unito, No More Time come detto si avvale di numerosi ospiti tra cui Steve Grocott e Dann RosIngana (Ten) e Dan Mitchell alla chitarra, Karen Fell, singer della Gary Hughes Band,  e tre musicisti dei Nth Ascension, Alan Taylor (voce e chitarre), Gavin Walker (basso) e Martin Walker alla sei corde.
Si potrebbe pensare ad un disco improntato su suoni chitarristici, ed in parte le sei corde si danno il cambio tra i brani per colmare il suono di solos che come detto, lasciano sul campo sfumature pinkfloydiane, ma è molto importante nel sound del musicista britannico la componente elettronica, una liquida ed elegante base tastieristica sulla quale i cantanti si danno il cambio, con la splendida Music Of The Spheres (cantata da Karen Fell) a prendersi la scena e salire sul gradino più alto del podio come traccia maggiormente emozionante dell’intero album.
Non ci sono sbavature o imperfezioni in questo lavoro, anche se rimane confinato in un genere di difficile assimilazione, specialmente per gli ascoltatori di oggi, fagocitatori di musica virtuale e poco inclini a dare il giusto tempo alla musica di far breccia nella propria anima.
Poco male, lasciate per una volta i facili lidi della musica usa e getta e fatevi una passeggiata in riva al mare accompagnati dalle note di No More Time, le emozioni saliranno piano, come la marea.

TRACKLIST
1. Nexus Pt1
2. Earthbound
3. Riding the Waves
4. Hold On
5. Requiem Pro Caris
6. Nexus Pt2
7. Twilight
8. Mother (Olive’s Song)
9. Freedom Paradigm
10. Nexus Pt3
11. The River Dream
12. No More Time
13. Legacy
14. Music of the Spheres
15. Return to the Nexus

LINE-UP
Darrel Treece-Birch: Keyboards, Vocals, Bass Guitars, Mandolin, Drums.

Special Guests:
Phil Brown: (Counterparts UK) Acoustic Guitar, Electric Guitar
Steve Grocott (Ten) Electric Guitar
Karen Fell: (Gary Hughes Band) Vocals
Dan Mitchell: (Formerly of Ten) Electric Guitar
John Power: (Counterparts UK) Bass and Fretless Bass Guitar, Acoustic Guitar, Electric Guitar, & Violin
Dann RosIngana: Electric Guitar
Alan Taylor: (Nth Ascension) Vocals, Acoustic Guitar, Electric Guitar
Gavin Walker: (Nth Ascension) Bass Guitar
Martin Walker: (Nth Ascension) Electric Guitar

DARREL TREECE-BIRCH – Facebook

Demonomancy / Witchcraft – Archaic Remnants of the Numinous / At the Diabolus Hour

La qualità è molto alta, con una capacita di muoversi lungo tutto il black metal per questi due gruppi che sono giovani e avranno una notevole carriera, se lo vorranno.

Grande split album per gli italiani Demonomancy e i finlandesi Witchcraft, per una delle uscite migliori dell’anno in campo primitive black metal.

I Demonomancy fanno un black metal molto vicino a quello delle origini, senza però cantare in growl, con un piglio a volte thrash, a volte doom, o addirittura vicino all’hardcore punk, e sono davvero bravi. Hanno esordito, dopo un demo, su Nuclear War Now nel 2013 con il disco Throne Of Demonic Proselytism. Il pezzo dei Demonomancy che apre il disco è la prima incisione ufficiale dopo l’esordio, ed è una nera cavalcata di quasi nove minuti, dove ogni secondo è estremamente ben composto e suonato con classe superiore, in una discesa verso il sud del paradiso. Il loro black metal è chiaro e ben delineato, a mio modesto avviso sono uno dei gruppi migliori  che ci sono in giro adesso. Il loro secondo pezzo dello split è una cover dei Goatlord, suonata più veloce, testimonianza del fatto che anche nel black metal il talento è molto importante.
Le altre tre tracce dello split sono dei Witchcraft, gruppo di black metal che si inserisce nella tradizione ortodossa finlandese del genere, dalle parti dei Beherit tanto per intenderci. Il loro black metal, è grezzo, potente e non vuole fare vittime, differiscono molto dai loro compagni di split, ma il loro è comunque un black metal molto forte, con una produzione che sembra di un altro mondo, senza essere troppo lo fi. I Withcraft dimostrano con l’ultima traccia dello split di essere capaci anche ad andare più lenti, quasi una sorta di black doom molto efficace.
Questo split album sarà forse il migliore dell’anno in ambito black metal, perché la qualità è molto alta, con una capacita di muoversi lungo tutto il black metal per questi due gruppi che sono giovani e avranno una notevole carriera, se lo vorranno.
Satana può dormire sonni tranquilli.

TRACKLIST
1. Demonomancy – Archaic Remnants of the Numinous
2. Demonomancy – Underground Church
3. Witchcraft – At the Diabolus Hour
4. Witchcraft – Grave Immolation
5. Witchcraft – Perverted Temple of Goatsodomy

LINE-UP
Demonomancy
Witches Whipping – Guitars, Vocals
Herald of the Outer Realm – Drums, Vocals (backing)
A. Cutthroat – Bass

Witchcraft
Goat Prayer of Black Baptism – Bass, Vocals
Grotesque Demon of Darkness & Bloodiabolus – Drums
Black Moon Necromancer of Funeral Fornication – Guitars, Vocals

NUCLEAR WAR NOW – Facebook

Assailant / Ubiquitous Realities – Bringers of Delusion

Uno dei migliori split album usciti negli ultimi tempi in campo estremo

Symbol of Domination Prod. ci presenta, con questo split album, due gruppi provenienti dal Costarica, lembo di terra che divide il continente americano e che si affaccia sul mercato metallico con sempre più convinzione.

La prima band in questione sono i prog/thrashers Assailant, quartetto che arriva con Bringers Of Delusion alla seconda uscita sul mercato, che segue di ben quattro anni il primo demo, licenziato nel 2012.
Tanto tempo è passato, un peccato perché il gruppo merita oltremodo con il suo thrash metal ultra tecnico e progressivo che non lascia sicuramente indifferente chi ha modo di ascoltarne la proposta.
Amalgamando la vecchia scuola nata nella Bay Area con quella europea dai rimandi progressivi, i quattro musicisti centro americani stupiscono per l’alta qualità tecnica ed un’arguzia compositiva sopra le righe, lasciando un’ottima impressione e molta aspettativa (almeno nel sottoscritto).
I quattro brani presentati oltre ad esssre suonati molto bene, fanno rizzare le orecchie ai fans del thrash più evoluto, presentandosi come una perfetta amalgama tra Voivod, Death Angel ed i tedeschi Mekong Delta, peccando solo per una produzione che, con maggiore cura, avrebbe ancor più valorizzato le traccie proposte.
Una band da seguire, così come gli Ubiquitous Realities, duo che fa del technical death metal dai rimandi brutal il suo credo e che con lo split in questione da il via alla sua carriera nel mondo del metal estremo.
Prodotte meglio rispetto ai brani dei loro connazionali, le quattro canzoni presentate convincono presentandoci una band pronta per un eventuale full lenght, specialmente se manterrà le caratteristiche qui riscontrate: buona tecnica, ed un talento per miscelare a dovere metal estremo e sfumature progressive con maturità e freschezza compositiva.
Bringers Of Delusion risulta uno dei migliori split usciti negli ultimi tempi in campo estremo, poiché dà spazio a due realtà che, pur provenendo da un paese fuori dai circuiti abituali, hanno le carte in regola per crearsi il proprio spazio nel vasto mondo del metal underground.

TRACKLIST
1. Assailant – The Leading Spectre
2. Assailant – Hands of the Saints
3. Assailant – Suspension of Disbelief
4. Assailant – Delusions
5. Ubiquitous Realities – Bringers of Malevolence
6. Ubiquitous Realities – Biological Demise
7. Ubiquitous Realities – Alterated Perception I
8. Ubiquitous Realities – Alterated Perception II

LINE-UP
Assailant:
Daniel Murillo – Bass, Vocals (backing)
José Del Valle – Guitars, Vocals
Ricardo Arce – Guitars, Vocals (backing)
Andrés Guillén – Drums

Ubiquitous Realities :
Sebastian Sanchez – Drums
Hamid Rojas – Guitars, Vocals

 

UBIQUITOUS REALITIES – Facebook

REAPTER

Il lyric video di “Repeat” primo singolo estratto dal nuovo album “Cymatics”

Il lyric video di “Repeat”

La Revalve Records rilascia il Lyric video di “Repeat” primo singolo estratto dal nuovo album “Cymatics” in uscita il 23 settembre 2016.

BLACKRAIN

Blackrain: tre date in Italia a Settembre

School of Rock è lieta di presentare il ritorno in Italia dei francesi Blackrain. Il quartetto d’oltralpe, uno dei pochi glam act europei in grado di allontanare l’attenzione dall’epicentro scandinavo mantenendo un alto livello qualitativo, terrà tre concerti nel nostro Paese a supporto della recente uscita discografica targata UDR/Warner, “Released”. Ecco le date:

22/09 Parma @ Titty Twister
23/09 Padova @ Grind House
24/09 Rozzano (MI) @ Elyon “Glam Sleaze Fest con Open Bar”

FlyerBlackRainItaly2016

Old Graves – Long Shadows

Old Graves non tradisce quanto evocato dal monicker, regalando con Long Shadows un disco da ascoltare senza tentennamenti

Long Shadows è il primo full length per Old Graves, progetto solista del musicista canadese Colby Hink.

Chi apprezza quella variante atmosferica e struggente del black metal nella quale in molti si cimentano, spesso con ottimi risultati (in Italia ricordiamo Chiral, mentre a livello assoluto non si può non citare l’ultimo magnifico lavoro targato ColdWorld), non potrà che trovare soddisfazione in questa cinquantina di minuti in cui un sentore malinconico aleggia anche nei momenti apparentemente più aspri.
Niente di nuovo, certo, ma il tutto viene eseguito con competenza e soprattutto, una notevole ispirazione, in grado di rendere ogni passaggio del lavoro funzionale all’esito finale.
L’opener Sumas è sufficiente per farci innamorare di questa nuova realtà proveniente da oltreoceano, in particolare da un Canada che si rivela terra particolarmente fertile allorché si ricercano sonorità di questo tipo, forse anche in virtù della maestosità di una natura del tutto affine a quella che ha ispirato in passato i lavori dei musicisti scandinavi.
Escludendo una pecca piccola, quanto consueta in simili occasioni, a livello di produzione, ovvero una voce che nei momenti più convulsi viene fagocitata dagli altri strumenti, non c’è davvero nulla da eccepire sulla riuscita di Long Shadows: ogni brano possiede linee melodiche che si insinuano nella mente dell’ascoltatore rifuggendo la banalità; l’operato di Colby Hink si esalta soprattutto nel lavoro chitarristico, dove il nostro eccelle sia nelle fasi acustiche sia nei lineari ma efficaci assoli elettrici.
Da segnalare, oltre ad un altro brano bellissimo come To Die, or Bear the Burden of Death, il magnifico strumentale Walpurgisnacth, esempio perfetto di come, tutto sommato, in questo genere il ricorso a parti vocali si riveli meno necessario che in altri.
Old Graves non tradisce quanto evocato dal monicker, regalando con Long Shadows un disco da ascoltare senza tentennamenti, specie per chi ama una band come gli Agalloch, con la quale sono riscontrabili diverse affinità sia quando il sound si apre in senso atmosferico, sia nei passaggi che riconducono ad un folk dai tratti piuttosto cupi.

Tracklist:
1. Sumas
2. Aethernaut I
3. To Die, or Bear the Burden of Death
4. Slave to the Boiler That Heats the Baths
5. Walpurgisnacht
6. Teeth Pulled from Gnashing Jaws
7. Aethernaut II

Line-up:
Colby Hink Everything

https://www.facebook.com/oldgraves

Dejected Mass – Dirge

Lentezza, pesantezza, ed un’incredibile linea melodica, sono fra le principali caratteristiche di questo gruppo, che produce un disco semplicemente clamoroso

I Dejected Mass fanno uno sludge molto pesante, calibrato con pesi massimi, tra una sessione di droga e musica degli Eyehategod e un acido preso al concerto degli Iron Monkey.

Ultimamente il termine sludge è abusato, nel senso che lo si usa un po’ a sproposito, assegnandolo a dischi che hanno poco o niente di sludge. Forse il motivo è che si prova a dare allo sludge caratteristiche che esso non ha. Lo sludge, a maggior ragione se mischiato con il doom, deve essere una musica disturbante, lenta, urticante come il napalm al mattino. Se cercate queste cose allora Dirge è il disco che fa per voi, è una lenta cavalcata tra corpi sgozzati e miasmi, e andrete tanto più avanti quanto più vorrete tornare indietro. Lentezza, pesantezza, ed un’incredibile linea melodica, sono fra le principali caratteristiche di questo gruppo, che produce un disco semplicemente clamoroso, per estremità e chiarezza del disegno generale. Le chiavi delle porte in questo delirio ce le hanno questi. ragazzi tedeschi, che hanno fondato il gruppo ad Heidelberg nel 2012, e che attualmente hanno avuto defezioni nella formazione, ma si spera vivamente possano continuare, visto il livello di questo disco. Vi cadranno addosso tonnellate cubiche di chitarre lentamente lancinanti, di un basso che vi scava nello stomaco, e la batteria che pulsa come un cuore malato.
Un disco sia disturbante che affascinante, come se ne conviene alle grandi opere, che non devono dare solo piacere, ma anzi dare anche paura a chi piace, e qui di paura ce n’è in abbondanza. Lo stile generale è quello dell’ottimo underground pesante degli anni novanta, quando gruppi con groove pesantissimi sguazzavano liberi nelle nostre orecchie come gli Antichi di Lovecraft nel cielo dell’ultimo giorno, con un taglio difficilmente riproducibile in questi anni forse a causa di produzioni troppo pulite, ma i Dejected Mass ci riescono in pieno.

TRACKLIST
1. Bonds of Sadness
2. Crave
3. Branch of Freedom
4. Methanol Death
5. Desensitized
6. Worthless Life

LINE-UP
Jan Bletsch – Bass
Frank Kron – Drums
Christian Nann – Vocals, Guitars

DEJECTED MASS – Facebook

Orobas – Arise In Impurity

Tre brani (se escludiamo intro e cover) sono pochi per dare un giudizio, ma l’ep può rivelarsi una partenza sufficiente se verrà seguito da lavori più personali.

Debuttano con l’Ep Arise In Impurity i death metallers Orobas , maligna creatura attiva da appena un anno e cresciuta nei meandri della scena di Dhaka, in Bangladesh.

Il quartetto capitanato dal batterista e fondatore Hephaestus, paga dazio al blackened death metal di scuola est europea, con le proprie influenze che non si scostano dalle solite band storiche (Behemoth).
Con impatto e discreta determinazione, la giovane band asiatica rilascia il suo primo lavoro, Arise In Impurity, un ep composto da quattro songs più intro, oscure e basate su testi occulti e mitologici.
Senza lasciare nulla per quanto riguarda cattiveria ed attitudine, il gruppo spara quattro cartucce devastanti, colme di blast beat e di tutti i cliché che il genere impone, inserendosi nelle nuovissime proposte del metal estremo underground provenienti dal continente asiatico in seconda fila rispetto ad altre realtà con più esperienza e più personalità.
Bad Blood Hunter risulta il migliore episodio, oscura e malvagia quanto basta per convincere, mentre nel finale troviamo la buona cover del classico dei Venom, Black Metal.
La strada per il gruppo è lunga e tortuosa, Arise In Impurity può diventare un sufficiente inizio di carriera, se seguito da lavori più personali, tre brani (se escludiamo intro e cover) sono pochi per dare un giudizio definitivo, ma per ora il rischio è che gli Orobas finiscano nel calderone dei gruppi dimenticati o addirittura ignorati, anche se un ascolto potrebbe rivelarsi gradito per chi è un fan accanito del genere.

TRACKLIST
1. Ode to Impurity (Intro)
2. The Ravana
3. Lord Ramesses
4. Bad Blood Hunter
5. Black Metal (Venom cover)

LINE-UP
Puppeteer – Bass
Hephaestus – Drums
Kraken – Guitars
Sammael – Vocals

OROBAS – Facebook

childthemewp.com