Kuolemanlaakso – M.Laakso – Vol. 1 : The Gothic Tapes

Il risultato è notevole, è un gran bel disco gothic, che si staglia molto al di sopra della media delle altre produzioni del genere.

Avventura solista per Laakso dei Kuolemanlaakso, band tra le migliori in Finlandia.

Stretto tra i tanti impegni musicali dei Swallow The Sun e dei Chaosweaver, band delle quali fanno parte diversi membri dei Kuolemanlaakso, il musicista finnico ha trovato il tempo e il modo di andare in Germania per incidere questo bel disco. Come si legge nel titolo la materia qui trattata è il gothic, nelle sue diverse accezioni, dal metal al rock, sempre con un sentire decadente e lascivo . La classe e la bravura compositiva di questi musicisti esce prepotentemente, e si sente che oltre al grande amore per la musica li lega anche una solida amicizia, che li porta a produrre ottimi lavori. I testi sono in inglese, perché il finlandese, scelta consueta per il gruppo nella sua veste doom death, non sarebbe stato adeguato per queste canzoni. La voce di Laakso è profonda e potente, guidandoci nei meandri di queste costruzioni baroccheggianti e desiderose di farsi amare, perché in fondo il gothic è una richiesta d’ amore e di lasciarsi abbandonare. E ascoltando questo disco ci si abbandona molto volentieri a questo gioioso senso di sconfitta cantato da una persona che di pathos ne sa molto. Nella parte musicale Laakso è stato aiutato da V. Santura, che ha registrato, mixato e masterizzato il disco, e che collabora con il finlandese dai primi tempi della sua carriera.
Il risultato è notevole, è un gran bel disco gothic, che si staglia molto al di sopra della media delle altre produzioni del genere.
Concretezza ed eleganza, per un’altra ottima uscita targata Svart.

TRACKLIST
01.Children of the Night
02.Roll the Dice with the Devil
03.Where the River Runs Red
04.The World’s Intolerable Pain
05.She Guides Me in My Dreams
06.No Absolution
07.Deeper into the Unknown
08.My Last Words

LINE-UP
Laakso – vocals, guitar, keys
Tiera -drums
Usva- bass
V. Santura – guitar, backing vocals

KUOLEMANLAAKSO – Facebook

DESCRIZIONE SEO / RIASSUNTO

Grotesque Ceremonium – Demonic Inquisition

L’impatto è da tregenda, l’attitudine evil non manca, ma l’ascolto è consigliato solo ai fans del genere.

Death metal old school oscuro e brutale , una cascata grondante riff malefici, un muro sonoro violento e monolitico senza soluzione di continuità: questo troverete tra i solchi di Demonic Inquisition, primo lavoro sulla lunga distanza dei Grotesque Ceremonium, one man band proveniente da Ankara fondata da Batu Çetin, polistrumentista e membro di un’altra manciata di gruppi della scena turca (Cenotaph, Drain of Impurity, Phosgendöd, Womb of Decay, Decimation).

Accompagnato da una copertina rigorosamente old school, a richiamare la musica prodotta, l’album si dipana su nove brani estremi per oltre quaranta minuti di oscuro e pesantissimo death metal, reso evil e d’impatto da un growl brutale e profondo (ma leggermente monocorde) ad appannaggio dello stesso Batu Çetin.
L’album risulta un devastante omaggio al sound storico, metal estremo senza compromessi, un massacro sonoro terribile e che non lascia spazio a nulla che non sia potenza, oscurità e violenza, un sound creato nell’abisso senza speranza, o la minima apertura melodica.
Si parte scendendo le scale che portano all’inferno senza guardarsi indietro, l’oscurità si fa spessa come una coltre di catrame putrefatto, riff su riff, growl belluino e demoniaco, una violenza che si tramuta in velocità ragionata mantenendo la velocità di crociera come se a regolare il flusso di note ci fosse un pilota automatico.
Ed è questo il maggior difetto di questo lavoro, i brani formano una lunga suite di feroce metal estremo con la stessa foga dall’inizio alla fine, non ci sono fermate in questo lungo discendere nei meandri nascosti dove cresce il male: non concedono tregua, ma si fatica a riconoscerli, così che diventa difficile trovarne qualcuno che spicchi su una tracklist che risulta un ammasso di lava nera che scorre migliaia di metri nel sottosuolo.
L’impatto è da tregenda, l’attitudine evil non manca, ma l’ascolto è consigliato solo ai fans del genere: se non siete amanti di gruppi come gli Incantation (dei quali viene proposta la cover di Profanation) il consiglio è di passare oltre.

TRACKLIST
1. Defiled Spirits of Unholy Torments
2. Demonic Inquisition
3. Burned at the Stake
4. Malefizhaus & Hexengefangnis
5. Barbaric Apostasy
6. Agonized Screams of the Damned
7. In the Cauldrons of Hell
8. Crushing Morbid Death
9. Profanation (Incantation cover)

LINE-UP
Batu Çetin – Vocals, All instruments

GROTESQUE CEREMONIUM – Facebook

EPHYRA

Il lyric video di ‘Riding With The Sun’, brano tratto dal nuovo album ‘Along The Path’

Gli Ephyra hanno pubblicato il lyric video di ‘Riding With The Sun’, brano tratto dal nuovo album della band, ‘Along The Path’, disponibile su Bakerteam Records.

Death Metal band con influenze Epic e Folk fra le più promettenti della scena, gli Ephyra debuttarono nel 2013 con l’album ‘Journey’, a cui seguirono moltissimi concerti e apparizioni a festival importanti (Fosch Fest), spesso condividendo il palco con band del calibro di Satyricon, Carcass, Finntroll,Elvenking e Furor Gallico. ‘Along The Path’, il nuovo lavoro della band, è un ulteriore passo in avanti per un gruppo di musicisti che non smette mai di crescere: registrato presso gli Elnor Studios da Mattia Stancioiu (Labyrinth, Crown Of Autumn), il disco è un riuscito mix di riff e ritmiche di stampo Death Metal, cantato maschile scream/growl e suadenti voci femminili, sonorità Folk ed influenze sinfoniche ed etniche. Mattia Stancioiu appare anche in veste di special guest alle percussioni, insieme a Davide Cicalese (Furor Gallico, voce in ‘All At Once’), Silvia Bonino (Folkstone, arpa) e Lisy Stefanoni (Evenoire, flauto).

NOISE POLLUTION

Il nuovo album ‘Unreal’ in uscita il prossimo 14 ottobre su Scarlet Records.

Annoverati fra le band piú interessanti della nuova ondata metal, i Noise Pollution pubblicheranno il loro nuovo album ‘Unreal’ il prossimo 14 ottobre su Scarlet Records.
In seguito alla pubblicazione del loro album di debutto, i Noise pollution intrapresero un’intensa attivitá live, che li vide condividere piú volte il palco con band del calibro di Airbourne, Skid Row, Black Stone Cherry, Hardcore Superstar, Black Label Society, The Darkness e molte altre, inclusa la partecipazione a festival importanti come il Pistoia Blues.
I brani del nuovo album sono caratterizzati da una massiccia dose di groove e tanta melodia, con un approccio simile a quello di band come Five Finger Death Punch e Black Stone Cherry.

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Celestial Grave – Burial Ground Trance

Il mondo dei Celestial Grave farà felici tutti coloro che amano il black metal più viscerale ma non per questo più semplice o facilone.

Duo finnico di black metal classico, suonato con vera passione e nero sudore.

Cassetta di debutto per questo gruppo che propone un black metal suonato all’antica, grezzo senza strafare, con un amore per l’analogico che salterà all’orecchio degli appassionati. Qui si viaggia veloci ma ci si sa anche fermare, perché sono notevoli anche le parti meno veloci del disco. L’energia è tanta e si accumula per essere poi sprigionata al momento giusto. I loro testi ricalcano il percorso della mano sinistra, e la possessione demoniaca. Il pathos di questo gruppo è notevole, questi tre pezzi scorrono via molto bene e la voglia di risentirli è forte. Il mondo dei Celestial Grave farà felici tutti coloro che amano il black metal più viscerale ma non per questo più semplice o facilone. Qui la sapienza metallica è tanta. Fatevi accompagnare all’inferno dal duo finnico, almeno vi divertirete.

TRACKLIST
1. The Heartbeats Drum
2. The Bearer of Death
3. Burial Ground Trance

IRON BONEHEAD – Facebook

Abysmal Grief / Epitaph – Dies Funeris / Farewell to Blind Men

Uno split album prezioso, in particolare per i nostalgici del vinile i quali avranno di che crogiolarsi con l’edizione limitata a 500 copie a cura della Horror Records.

Ennesimo split album che ci consente di riascoltare gli Abysmal Grief, questa volta assieme ai veronesi Epitaph.

Della band genovese ho già parlato ampiamente nel recente passato, e sicuramente non posso negare la mia adorazione confronti di questo gruppo ormai assurto ad uno status di culto che continua ad essere rafforzato ad ogni uscita, split, ep o full length che sia.
Il brano presentato per l’occasione, Dies Funeris, dal titolo ben più che programmatico, non fa eccezione con i suoi undici minuti di doom liturgico in cui l’odore mefitico della morte si mescola a quello dell’incenso; il sound degli Abysmal Grief riesce a mantenere le sue caratteristiche funeree anche quando è accompagnato da ritmiche incalzanti, dove il basso di Lord Alastair detta i tempi all’organo di Labes C. Necrothytus ed al suo caratteristico ringhio. Una traccia eccezionale, abbondantemente all’altezza degli episodi migliori presenti in Feretri e Strange Rites Of Evil.
Come sempre le band che condividono gli split album con i maestri incontrastati del doom orrorifico hanno, in primis, il non facile compito di reggere il confronto: gli Epitaph provano a superare l’ardua prova con un brano ancora più lungo rispetto a quello dei dirimpettai, una scelta coraggiosa che trova come sua unica controindicazione l’esibizione di un sound più schematico, in ossequio alla tradizione del genere.
La band veneta, che dopo un silenzio durato un ventennio è tornata sulla scena con la pubblicazione nel 2014 del suo primo full length, non sfigura in virtù dell’indubbia esperienza e della competenza nel maneggiare la materia, ma è evidente che rispetto agli Abysmal Grief la proposta manca di una sua peculiarità, in quanto viene fatto in maniera ottimale qualcosa che però è nelle corde di decine di gruppi. Farewell to Blind Men resta comunque un brano valido per potenzialità evocative, ben enfatizzate dall’interpretazione del vocalist Emiliano Cioffi, e va a mostrare un’altra faccia, pur sempre efficace, del doom metal.
Uno split album prezioso, in buona sostanza, in particolare per i nostalgici del vinile i quali avranno di che crogiolarsi con l’edizione limitata a 500 copie a cura di Terror from Hell, Horror Records e High Roller Records.

Tracklist:
Side A
Dies Funeris
Side B
Farewell to Blind Men

Line-up:
Abysmal Grief
Lord Alastair – Bass
Lord of Fog – Drums
Regen Graves – Guitars, Songwriting
Labes C. Necrothytus – Organ, Vocals

Epitaph
Nicola Murari – Bass
Mauro Tollini – Drums, Vocals (backing)
Emiliano Cioffi – Vocals
Lorenzo Loatelli – Guitars

EPITAPH – Facebook

Armory – World Peace… Cosmic War

Heavy metal suonato a velocità della luce, sostenuto da ritmiche indiavolate e ricamato da solos altrettanto veloci e melodici

In Svezia non si parla solo la lingua metallica estrema, ma sono di tradizione le sonorità classiche così come nel resto della penisola scandinava.

Ora non ricordo sinceramente un altro gruppo di origine svedese che suoni lo speed metal, ma mi vengono incontro gli Armory, giovane band di Goteborg con un amore incondizionato per il metal old school.
Attivo da cinque anni il gruppo arriva all’esordio con questo ottimo full length, accompagnato da una splendida copertina fuori dai soliti cliché del genere, ma che riprende il concept del disco incentrato sullo spazio ed i suoi misteri.
World Peace … Cosmic War, ovvero heavy metal suonato a velocità della luce, sostenuto da ritmiche indiavolate e ricamato da solos altrettanto veloci e melodici, con qualche raro momento dove la corsa si trasforma in cavalcata ed il cantato regala acuti in pieno ottanta style.
Il genere può anche essere considerato da alcuni obsoleto, magari conservatore nel ripetere i soliti stilemi, ma per suonarlo bisogna essere capaci ed i musicisti che compongono la line up sanno il fatto loro ed il risultato non può che essere un heavy metal album tripallico, devastante ed assolutamente in grado di offrire ai fans quaranta minuti su e giù per le montagne russe dello speed.
Qualche miglioramento nella produzione avrebbero reso i brani ancora più esplosivi e travolgenti, ma risulta un dettaglio, il disco funziona alla grande con una serie di canzoni che richiamano una serie di nomi storici da brividi come Agent Steel, Helstar, Exciter e qualche accenno alla vergine di ferro nelle perfette trame chitarristiche che i due axeman G.G. Sundin e Ingelman scaraventano senza pietà nel lavoro non dando tregua alcuna.
Chiaro che il lavoro della sezione ritmica risulta importantissimo e Space Ace alle pelli con la collaborazione di Anglegrinder al basso eseguono il loro compito alla grande così come il vocalist Konstapel P, dal tono grintoso e dagli acuti spacca specchi.
High Speed Death, la maideniana Hell’s Fast Blades, Artificial Slavery e Space Marauders, speed metal song da nove minuti di delirio metallico, sono i brani più convincenti di un esordio consigliato senza dubbio ai molti defenders ancora in giro per il mondo.

TRACKLIST
1. World Peace (Intro)
2. Cosmic War
3. High Speed Death
4. Hell’s Fast Blades
5. Spinning Towards Doom
6. Without Days, Without Years
7. Artificial Slavery
8. Phantom Warrior
9. Final Breath
10. Space Marauders

LINE-UP
Konstapel P – Vocals
G.Sundin – Guitars
Ingelman – Guitars
Anglegrinder – Bass
Ace – Drums

ARMORY – Facebook

Warpvomit – Barbaric Triumph Of Evil

Come quasi tutte le uscite targate Iron Bonehead questo disco ha una marcia in più in quanto a sporcizia e cattiveria rispetto alla media del death.

Il nome del gruppo ed il titolo del disco dicono già molto.

Questa uscita in vinile ha nel lato A l’inedito ep che hanno inciso prima di cambiare nome in Crurifragium, e nel lato B il demo Carnal Sacrifice sempre come Warpvomit, pubblicato originariamente nel 2013. I Warpvomit fanno un death metal fortemente contaminato dal black. La musica del quartetto americano è caotica pesante e vicina al rumore di uno stormo di api assassine. I Warpvomit fanno molto bene quello che sanno, e la violenza della loro musica è tangibile, sale di tono per abbattersi su chiunque gli capiti a tiro. Si possono ascoltare alcune differenze stilistiche dal demo contenuto nel lato B all’ep del lato A.
Questa musica è una minaccia di mutilazioni, una guerra sotterranea che va avanti senza mai sfociare in bagni di sangue. Come quasi tutte le uscite targate Iron Bonehead, questo disco ha una marcia in più in quanto a sporcizia e cattiveria rispetto alla media del death. Caos, violenza e blasfemia ci accompagnano in questo notevole disco, due lati della stessa bestia.

TRACKLIST
Side A
1. Consecration Through the Standard
2. Demogorgon
3. Abyss of Torment and Damnation
4. The Vultures Circling Megiddo
Side B
5. Carnal Sacrifice
6. Vomit Command
7. Splintered Cruczfix
8. Obsequies of Sodomancy
9. Void Before the Altar

IRON BONEHEAD – Facebook

Hellbringer – Awakened from the Abyss

Questo album è il classico esempio di metal old school, ben suonato e prodotto in maniera efficace

Dalla terra dei canguri arrivano questi tre cavalieri armati di chitarra, basso e batteria a difendere l’onore del thrash metal, ovviamente old school e di chiara impronta centroeuropea.

Loro sono gli Hellbringer, australiani di Canberra e sono attivi dal 2007 con il monicker Forgery, poi sostituito dall’attuale tre anni dopo, e la loro discografia si completa con un ep ed il primo full length, il devastante Dominion of Darkness, licenziato nel 2012.
Tornano tramite High Roller Records con questo ottimo esempio di thrash vecchia scuola dal titolo Awakened from the Abyss, trascinante quel tanto che basta per arrivare in fondo e premere nuovamente il tasto play.
Veniamo infatti travolti dalla carica guerresca del combo, tra velocità ritmica e solos che scaricano una valanga di riff metallici; non ci si muove dal classico metal estremo di Sodom e Destruction, sconfinando a tratti nel sound slayerano, ma gli Hellbringer il loro mestere lo sanno fare e le varie Coven of Darkness, Iron Gates e Dark Overseer non deludono, specialmente se siete amanti di queste sonorità.
Il massacro che i servitori di Lucifero hanno in serbo per le povere anime dannate, come ben raffigurato dalla copertina, continua tra ritmiche in your face e solos ficcanti, la voce cartavetrata ed in puro thrash style, accompagna e descrive gli eventi con la giusta dose di cattiveria ed il tutto funziona più che bene.
Questo album è il classico esempio di metal old school, ben suonato e prodotto in maniera efficace, il che aumenta l’appeal di Awakened from the Abyss, che non lascia il tempo di respirare nella sua mezz’ora (perfetta per il genere) di durata.
Un armageddon sonoro si abbatterà su di voi, dichiaratamente ed orgogliosamente old school, così da rinverdire i fasti del genere del periodo ottantiano, buon ascolto.

TRACKLIST
1. Fall Of The Cross
2. Coven Of Darkness
3. Realm Of The Heretic
4. Iron Gates
5. Spectre Of Rebirth
6. Awakened From The Abyss
7. Dark Overseer

LINE-UP
Luke Bennett – Bass/Lead Vocals
James Lewis – Guitar/Backing Vocals
Josh Bennett – Drums

http://www.facebook.com/Hellbringeraus

MOTUS TENEBRAE

Il videoclip di Desolation, tratto da Deathrising

Italian Gothic Doom masters MOTUS TENEBRAE release the new videoclip off their album “Deathrising”.
It is for the track “Desolation”, and it’s a new masterpiece of Gothic Doom Metal by one of the best bands in that genre.

The video, directed and edited by the great surreal artist Andrea Falaschi (http://fraterorion.deviantart.com), also drummer of the band, and Davide Frino, shows the decadent essence of a band celebrating one of the best and absolutely the darkest and gloomiest songs off “Deathrising”.

The final result is a totally dark, dismal and dreary videoclip.

Enjoy it!!!

Official sites:
MY KINGDOM MUSIC
MOTUS TENEBRAE

PAIN

Il nuovo studio album “COMING HOME” in uscita su Nuclear Blast venerdì 9 Settembre

I PAIN capitanati da Peter Tägtgren (Hypocrisy, Pain e Lindemann nuovo progetto con il cantante dei RAMMSTEIN) hanno annunciato l’uscita del nuovo studio album “COMING HOME” su Nuclear Blast venerdì 9 Settembre
e per l’occasione il frontman sarà a Milano al Mariposa Duomo per firmare autografi proprio il giorno dell’uscita dalle ore 16.00 in poi.. NON MANCATE!!!

pain

Tenebrae – My Next Dawn

I Tenebrae possiedono una dote essenziale, al di là di qualsiasi altra considerazione: sanno trasmettere emozioni uniche a chi è in grado di attivare i propri sensi per poterle riceverle.

Per chi aveva apprezzato un lavoro magnifico come Il Fuoco Segreto, la voglia di ascoltare un nuovo disco dei Tenebrae era mista ad un certo timore, alla luce della preannunciata sterzata a livello stilistico unita all’ennesimo rimpasto di una line-up che sembrava aver raggiunto una sua stabilità; inoltre, la necessità, da parte della band genovese, di ricercare una nuova etichetta in grado di supportarne adeguatamente gli sforzi creativi, finiva per disegnare un quadro ricco di criticità che avrebbero potuto mettere in crisi qualsiasi persona sprovvista della passione e della convinzione dei propri mezzi in possesso di Marco “May Arizzi”.

Intanto, il chitarrista e compositore principale dei Tenebrae, assieme all’unico superstite della formazione originale, il bassista Fabrizio Garofalo, ed al vocalist già presente su Il Fuoco Segreto, Paolo Ferrarese, hanno trovato due nuovi compagni d’avventura nel tastierista Fulvio Parisi e nel batterista Massimiliano Zerega. Rinsaldata così una line-up che si era sfaldata proprio durante la fase di stesura dei brani che sarebbero confluiti in My Next Dawn, il processo compositivo ha ripreso slancio ed ulteriore vigore e, mai come in questo caso, si può sostenere a buona ragione che le difficoltà alla lunga abbiano avuto un effetto fortificante, di fronte all’evidenza dei risultati ottenuti.
Già, perché My Next Dawn si pone come il punto più alto raggiunto dal gruppo ligure, cosa neppure troppo scontata se si pensa al valore assoluto che contraddistingueva la produzione precedente ed al parziale abbandono di uno stile peculiare che la marchiava in maniera indelebile.
Il passaggio dall’italiano all’inglese, in sede di stesura dei testi, è stato, in primis, un passo necessario per rendere più appetibile il disco anche al di fuori dei nostri confini, ma non è certo l’unico motivo: infatti, la metrica anglofona meglio si sposa con un sound che punta maggiormente verso l’oscurità del gothic doom e, qui, non si può non fare un plauso alla bravura di Antonella Bruzzone, capace di passare con disinvoltura dalle storie tragiche ed intrise di romanticismo descritte nella nostra lingua in Memorie Nascoste e Il Fuco Segreto, ad un racconto di matrice apocalittica in lingua straniera, ispirato al film The Road, ed affidato alla magnifica interpretazione di Paolo Ferrarese.
My Next Dawn, però, nonostante tali premesse, non recide del tutto il cordone ombelicale con la produzione passata: la peculiare impronta progressive resta ben definita anche se non più in primo piano, assieme ad un afflato melodico che aleggia in ogni brano, persino nei passaggi apparentemente più aspri, andando a comporre un quadro complessivo cupo, malinconico e tutt’altro che semplice da etichettare (atmospheric doom, gothic, dark, sono questi i tag puramente indicativi che accompagneranno probabilmente le diverse recensioni del lavoro)
Dopo l’intro Dreamt Apocalypse, è Black Drape il reale biglietto da visita dei nuovi Tenebrae, con accelerazioni ai confini del black alternate a momenti evocativi guidati dalle tastiere di Parisi ed esaltati dalla versatilità di Ferrarese, capace come non mai di esprimersi in diversi registri vocali che, per la maggior parte dei cantanti, risulterebbero incompatibili: una teatrale voce stentorea si alterna ad un growl profondo e convincente e, soprattutto, a vocalizzi di stampo operistico che hanno il compito di enfatizzare il pathos che pervade lo scorrere delle note.
La bellezza di questo brano spazza via ogni dubbio e da qui in poi l’ascolto diviene null’altro che la scoperta di una serie di gemme disseminate all’interno del lavoro, a partire da Careless, assieme alla title track una delle tracce che i nostri avevano già presentato nelle loro ultime apparizioni dal vivo quale assaggio di ciò che sarebbe stato My Next Dawn: qui è uno struggente assolo di Marco Arizzi a porre il suggello ad un’altra canzone magnifica.
La chitarra acustica suonata dall’ospite Laura Marsano (protagonista qualche anno fa su Le Porte Del Domani, quello che probabilmente è stato l’atto finale della carriera de La Maschera di Cera) è un valore che si aggiunge lungo il corso dell’album e fa bella mostra di sé nell’intro di Grey, traccia che si dipana in un finale di toccante e drammatica bellezza, precedendo quello che si rivelerà uno dei picchi dell’album, la magnifica The Fallen Ones, nella quale viene esaltato il connubio tra le liriche e la musica, con Ferrarese a denunciare un abbrutimento della razza umana che non è più soltanto la precognizione di un futuro post-apocalittico.
Arrivati a metà del guado, non resta che verificare la capacità dei Tenebrae di mantenere anche nella parte discendente dell’album la stessa profondità di un sound che brilla di un’intensità quasi sorprendente.
The Greatest Failure è la risposta, trattandosi dell’ennesima canzone che si imprime nella memoria, apparendo destinata ad albergarvi a lungo così come la successive Behind (che, dopo un inizio rarefatto, esplode letteralmente nella sua seconda parte) e Lilian (contraddistinta da un elegante lavoro tastieristico).
Se, più di una volta, le band che sparano le migliori cartucce in avvio dei loro album finiscono poi per scontare una certa impasse dovuta all’inserimento di riempitivi, i Tenebrae riservano il meglio proprio nel finale, con l’accoppiata composta dalla title track e da As The Waves, due brani di struggente bellezza che dimostrano ampiamente la dimensione artistica raggiunta dal quintetto genovese, capace come pochi altri di chiudere un lavoro in costante crescendo e lasciando in dote all’ascoltatore esclusivamente quelle emozioni trasmesse con stupefacente continuità per una cinquantina di minuti.
Se vogliamo, i Tenebrae sono approdati oggi su un terreno attiguo a quello battuto dagli Ecnephias, benché i sentieri percorsi siano stati decisamente differenti, esprimendo con My Next Dawn un lavoro all’altezza del masterpiece pubblicato lo scorso anno dalla band lucana.
Non credete, allora, che sia arrivato il momento di dare maggior credito a chi compone e suona musica per passione, dando sfogo ad un fuoco che difficilmente cesserà di ardere, piuttosto che supportare passivamente chi contrabbanda per arte il semplice tentativo di sbarcare il lunario?
Se siete ancora convinti che oggi non ci sia più nessuno in grado di regalare opere degne di occupare un posto di rilievo nelle vostre collezioni discografiche, provate prima ad ascoltare My Next Dawn; fatevi questo regalo, date un calcio definitivo alle preclusioni ed ai giudizi precostituiti: i Tenebrae non diventeranno mai, purtroppo, uno di quei nomi  “cool” dei quali farsi vanto d’essere fan o sostenitori, ma ascoltare e vivere la vera musica è un processo interiore, lontano anni luce da un effimero post da condividere sui social, questo non va dimenticato mai …

Tracklist:
1. Dreamt Apocalypse
2. Black Drape
3. Careless
4. Grey
5. The Fallen Ones
6. The Greatest Failure
7. Behind
8. Lilian (changing shades)
9. My Next Dawn
10. As The Waves (always recede)

Line-up:
Marco Arizzi – Chitarre
Fabrizio Garofalo – Basso
Paolo Ferrarese – Voci
Fulvio Parisi -Tastiere
Massimiliano Zerega- Batteria

Laura Marsano – Chitarra acustica
Antonella Bruzzone – Testi
Sara Aneto – Grafica

TENEBRAE – Facebook

Grizzlyman – Grizzlyman

Le peculiarità dei Grizzlyman sono potenza, precisione e la fusione di un ottimo groove sonoro, con la capacità di bilanciare momenti più pesanti ad altri più melodici

Debutto per un gruppo svedese che gioca già ad un livello superiore, anche per la varietà del passato musicale dei componenti.

Questi ultimi provengono da gruppi underground svedesi come 12 Gauge Dead, Prowess e il gruppo hardcore Damage. Uniti questi gusti diversi il risultato è un ottimo ep di esordio di stoner, un tocco di sludge e tanta carica, con molte idee diverse dentro, da momenti che possono ricordare gli Earthtone9 a cose più simili a sfoghi stoner. Questi tre pezzi sono un’ottima introduzione ad una carriera che sembra molto promettente. Le peculiarità dei Grizzlyman sono potenza, precisione e la fusione di un ottimo groove sonoro, con la capacità di bilanciare momenti più pesanti ad altri più melodici, con belle melodie e fughe notevoli. Il gruppo inglese si cimenta in sinfonie di musica pesante, con grande gusto e capacità, avendo il passo dei fuoriclasse. La produzione è ottima, e mette in risalto al meglio le capacità di un grande gruppo. L’ep è una delle prime tre uscite della Third I Rex, nuova etichetta di Watford, da seguire assolutamente anche nelle prossime occasioni, che saranno assai interessanti. Un grande inizio, per scoprire il nostro lato animale.

TRACKLIST
1.Adrift
2.Last King
3.Beneath/Rebirth

LINE-UP
Joel Ekman – Bass/Vocals
Christopher Davis – Guitar/Vocals
Emanuel Enbäre – Drums

GRIZZLYMAN – Facebook

In Cauda Venenum / Heir / Spectrale – In Cauda Venenum / Heir / Spectrale

Tre entità transalpine dalle sonorità oniriche, post metal e black.

Bellissimo ed affascinante split licenziato dalla label francese Emanations, in collaborazione con Les Acteurs De L’ombre, etichetta specializzata in sonorità estreme e d’avanguardia, che ci presenta queste tre entità transalpine dalle sonorità oniriche, post metal e black.

La prima band in scaletta sono gli Spectrale, duo di Bordeaux composto da Jeff Grimal e Jean-Baptiste Poujol che, armati di sole due chitarre acustiche, eseguono tre brani strumentali dalla forte impronta psichedelica, eterea e dai tenui colori sulle tonalità del grigio.
L’atmosfera creata da Sagittarius A, Al Ashfar e Crepuscole invita ad entrare nell’universo del duo, composto da musica ipnotica, trascendentale, le sei corde si intrecciano in trame acustiche oniriche, mentre in sottofondo richiami psichedelici creano un’aurea di viaggio, una liquida passeggiata dentro di noi accompagnati dai suoni acustici in un crescendo atmosferico tra sonorità pink floydiane e post metal alla Ulver.
Clamorosa la prova degli In Cauda Venenum, gruppo di Lione con un full length omonimo alle spalle uscito lo scorso anno, autore di un interessante post black metal e qui alle prese con un brano originariamente composto da Angelo Badalamenti per la colonna sonora di Twin Peaks.
Laura Palmer, Agonie à Twin Peaks è un brano di quindici minuti dove il gruppo descrive l’agonia della protagonista, una ragazzina votata all’autodistruzione, amalgamando disperate e drammatiche parti black con atmosferiche e quanto mai oscure sonorità post dark, valorizzate dal cello di Raphaël Verguin, in un’escalation di sofferenza e distruzione mentale e corporale.
Un piccolo capolavoro, angosciante e quanto mai terrorizzante, una discesa nel più profondo disagio accentuato dalle criptiche sonorità che la band con maestria fonde con il metal estremo, in un delirio di dolore che porta inevitabilmente alla morte.
La terza band chiamata in causa sono i black metallers Heir, giovane gruppo di Tolosa attivo dallo scorso anno con il debutto in formato ep dal titolo Asservi.
Tre brani per il quintetto che svariano tra il black metal old school e sonorità rock, atmosferico quanto basta per considerare il gruppo come parte del movimento post black e bravo nel saper condurre il songwriting tra i meandri del metal estremo, rallentando i ritmi e regalando ottime parti molto vicine al confine con lo sludge.
Delle tre songs, i nove minuti di Upon The Masses sono il perfetto sunto del sound degli Heir, in quanto racchiudono furia black, rallentamenti ed atmosfere post rock.
Ne esce uno split esaustivo sul lavoro di queste label transalpine, specializzate nei generi più vari della musica estrema e che ci presentano altre tre realtà del loro roster dall’alto tasso qualitativo.
Musica non per tutti ma tremendamente affascinante, specie per chi vuole sperimentare nuovi ascolti.

TRACKLIST
1. Spectrale – Sagitarrius A
2. Heir – Descent
3. In Cauda Venenum – Laura Palmer, agonie à Twin Peaks
4. Spectrale – Al Ashfar
5. Heir – Upon the Masses
6. Spectrale – Crépuscule
7. Heir – Sectarism

LINE-UP
Spectrale :
Jeff Grimal – Guitars
Jean-Baptiste Poujo – Guitars

In Cauda Venenum :
Ictus – Guitars, Vocals
N.K.L.S. – Drums, Guitars
Raphaël Verguin – Cello

Heir :
F.D – Bass
D.D – Drums
M.S – Guitars
M.D – Guitars
L.H – Vocals

IN CAUDA VENENUM – Facebook
HEIR – Facebook

Blood Chalice – Demo 2016

Se i Blood Chalice manterranno le aspettative nate dopo aver ascoltato questi cinque pezzi del demo, il disco che dovrà uscire l’anno prossimo sarà un bel sentire.

Terza parte del trittico in cassetta estivo della portoghese Signal Rex, questo Demo 2016 è il debutto per il quartetto finlandese formato da veterani della scena estrema.

I Blood Chalice fanno black metal senza compromessi e lo fanno per glorificare Satana.Il loro suono è un omaggio alla prima scena, registrato con la giusta dose di lo fi, per emozionare ancora di più chi vive in buie caverne mentali, dove soffia solo un gelido vento. Ascoltando i Blood Chalice si comprende come il metal anni ottanta e l’hardcore punk siano stati importanti per la nascita del black metal. Un certa costruzione musicale ottantiana e la furia iconoclasta e nichilista sono due profonde radici del metallo nero, e i Blood Chalice ce lo dimostrano in pieno. Se i Blood Chalice manterranno le aspettative nate dopo aver ascoltato questi cinque pezzi del demo, il disco che dovrà uscire l’anno prossimo sarà un bel sentire, anche perché il curriculum dei quattro componenti è importante, in una terra che è essa stessa già un calice di sangue.

TRACKLIST
01. Desecration Of The Inri
02.The Descent
03. Necromancy
04. Saint Fornicator
05.Unholy Glorification

BLOOD CHALICE – Facebook

Blood Incantation – Starspawn

Il gruppo americano riesce a coniugare tecnica ed atmosfere con una facilità straordinaria.

L’atmosfera che si respira su questo ultimo lavoro degli statunitensi Blood Incantation è quanto di più soffocante, maligno ed assolutamente old school si possa trovare in giro per l’underground estremo, rimanendo in campo death metal.

La band di Denver, devota in toto al sound reso famoso dai maestri Morbid Angel, giunge con Starspawn al primo full length dopo una serie di lavori minori tra cui spicca l’ep Interdimensional Extinction dello scorso anno.
Il gruppo nato nel 2011 e composto da musicisti gravitanti nell’underground estremo, centra il bersaglio al primo colpo, Starspawn segue la strada maestra indicata dall’angelo morboso e lo fa aggiungendovi un po’ di farina del suo sacco, tradotta in aperture melodiche dal sapore progressivo, atmosfere che chiamare oscure è un eufemismo, lenti passaggi doom e cavalcate death metal infernali, il tutto accompagnato da un growl brutale e demoniaco.
Si presentano al meglio i Blood Incantation mettendo come opener la lunghissima Vitrification of Blood (Part 1), tredici minuti di rituale estremo, nero come la pece, un lento trascinarsi tra i geyser delle melmose pozze dell’inferno, dove la temperatura sale man mano che si scende verso il baratro; la violenta Chaoplasm è molto più diretta, ma con Hidden Species (Vitrification of Blood Part 2) si torna a scendere spinti da vorticose scale tecniche di assoluto valore, camei atmosferici progressivamente efficaci ed una malsana e monolitica predisposizione alla sofferenza, tipica del doom/death più onirico ed estremo.
I quattro minuti acustici di una bellezza disarmante dal titolo Meticulous Soul Devourment, ci introducono alla devastante title track che chiude il lavoro, superba nella sua brutalità, sorprendente nella maestria con cui il quartetto la suona.
Starspawn risulta così un gran bel disco, assolutamente imperdibile per i fans dei Morbid Angel:22 il gruppo americano riesce a coniugare tecnica ed atmosfere con una facilità straordinaria, grande band non lasciatevela sfuggire.

TRACKLIST
1. Vitrification of Blood (Part 1)
2. Chaoplasm
3. Hidden Species (Vitrification of Blood Part 2)
4. Meticulous Soul Devourment
5. Starspawn

LINE-UP
Jeff Barrett – Fretless Bass
Isaac Faulk – Drums
Paul Riedl – Guitars/Vocals
Morris Kolontyrsky – Guitars

Benvenuti in MetalEyes IYE

Oggi, 22 agosto 2016, prende il via a questa nuova avventura targata MetalEyes IYE: come si può intuire dal nome prescelto e dal logo che campeggia in alto nella nostra homepage, è evidente la connessione con In Your Eyes e, in effetti, MetalEyes IYE vuole essere appunto la costola metallica della webzine ligure che ha sempre avuto, quale propria peculiarità, quella d’essere aperta a qualsiasi tipo di contaminazione musicale e culturale, senza porsi alcun tipo di paletto.
Negli ultimi tempi, l’ingresso di diversi collaboratori, tra cui il sottoscritto, dediti soprattutto all’ascolto del metal e dei sottogeneri ad esso connessi, ha portato ad un aumento esponenziale del materiale riferito a questo genere, per cui, dopo una lunga riflessione, si è ritenuto opportuno separare la componente metal dalla testata madre; l’intento è quello di favorire uno sviluppo parallelo di entrambe le realtà, senza ingenerare alcun tipo di confusione in chi ci ha seguito in tutti questi anni: così, mentre In Your Eyes potrà comunque mantenere le proprie caratteristiche, riscontrabili nell’apertura verso diverse forme musicali apparentemente antitetiche e a contenuti di carattere non strettamente musicale (come la letteratura, la poesia, l’arte grafica, ecc.), MetalEyes IYE si occuperà solo ed esclusivamente di musica, abbracciando tutte le forme di metal ed i sottogeneri in possesso di quelle sfumature stilistiche ad esso riconducibili od affini.
In comune con la webzine “madre” resterà comunque un’assoluta indipendenza e, soprattutto, la volontà di supportare in particolare la scena underground e tutti quei musicisti e le etichette che faticano a trovare spazi nelle testate più importanti, soprattutto a livello cartaceo; questo non vuol dire, però, che ci si asterrà da un atteggiamento critico nei confronti del materiale che ci verrà proposto: semplicemente, eviteremo in maniera accurata, perché ciò non fa parte del nostro stile, di deridere, mortificare o ledere la dignità dei musicisti che ci propongono i loro lavori, meritevoli di rispetto a prescindere proprio perché guidati dalla nostra stessa passione per la musica.
Infine, l’ultima missione, sicuramente la più ardua, è quella di far capire a tutti quelli che avranno voglia di seguirci quanta sia la musica di ottima qualità che attende soltanto d’essere portata alla luce; ci rendiamo conto che non sia semplice riuscire a intercettarla, vista l’enorme quantità di dischi che vengono immessi in un mercato che non ha più la capacità ricettiva di un tempo, però è anche vero che chi si trincera dietro un modo di pensare tolemaico, sostenendo e supportando soltanto i soliti vecchi dinosauri ed ignorando qualsiasi novità, non troverà sicuramente terreno fertile dalle nostre parti.
Che dire ? Seguiteci e, soprattutto, se avete voglia e tempo di unirvi alla nostra avventura, scriveteci per proporvi come nostri collaboratori.

Stefano Cavanna

 

Gloomy Grim – The Age of Aquarius

Un lavoro vario, dalle ottime idee e che non manca di soprendere

Negli anni novanta le storiche band che permisero al symphonic black metal di trovare la meritata notorietà furono seguite da una schiera di figliastri blasfemi tra cui i finlandesi Gloomy Grim, realtà oscura nata dalla mente di Agathon, cantante e tastierista nonché ex componente di Barathrum e Thy Serpent ed altri meno conosciuti gruppi estremi.

il 1996 è l’anno di nascita della band di Helsinki, vent’anni di metal estremo dai rimandi satanici, con l’esordio targato 1998 (Blood, Monsters, Darkness) ed una serie di album (quattro) che si interrompe otto anni fa, all’uscita di Under the Spell of the Unlight.
Tornano in pista,  dunque, dopo un lungo lasso di tempo i Gloomy Grim, e lo fanno con questo ottimo lavoro, The Age Of Aquarius, continuando la tradizione che vuole il sound del gruppo come un ottimo esempio di black metal sinfonico, squarciato da tempeste di raw black metal ed impreziosito da atmosfere dark/gotiche e spettacolari cambi di tempo tanto che non è azzardato avvicinarli al prog estremo.
Durata perfetta per assaporare per intero l’opera, The Age Of Aquarius riporta il gruppo nel regno oscuro delle band cardine del genere, il vento gelido che attraversa l’album si placa dove il quintetto di demoni estraggono dal cilindro note oscure pregne di umori gotici ed orrorifici in un delirio di musica estrema molto suggestiva.
Stiamo parlando di black metal, ed allora non mancano furiose accelerazioni ed epiche cavalcate, lenti ma potentissimi condensati di metallo nero, ed un’aura maligna che come nebbia ricopre le varie songs.
Un lavoro vario, dalle ottime idee e che non manca di sorprendere, il lavoro di Agathon sulle voci (scream e growl) è da applausi e la parte sinfonica risulta perfettamente inserita nelle trame estreme dei brani, con particolare attenzione per le parti oscure, gotiche ed inquietanti.
Non ci sono punti deboli in questo lavoro, sicuramente adatto anche a chi non ha grossa dimestichezza con il genere, per le reminiscenze classiche delle sei corde (The Shameful Kiss) e un’impronta dark/gothic ispiratissima.
Un’opera che nella sua interezza sbaraglia non pochi concorrenti ma che ha in A Lady In White, One Night I Heard A Scream, Time e Light of Lucifer Shine on Me le perle nere di questo gioiello estremo.

TRACKLIST
1. The Rise of the Great Beast
2. Germination
3. A Lady in White
4. Beyond the Hate
5. One Night I Heard a Scream
6. The Shameful Kiss
7. The Mist
8. Time
9. Light of Lucifer Shine on Me
10. Trapped in Eternal Darkness

LINE-UP
Agathon – Vocals
Suntio – Drums
Lord Heikkinen- Guitars
Nuklear Tormentörr- Bass
Micko Hell – Guitars

GLOOMY GRIM – Facebook

Somnium Nox – Apocrypha

Con coraggio e personalità i due musicisti di Sydney/Canberra incorporano in un’unica opera quello che è stata l’evoluzione del genere dagli ormai lontani primi anni novanta

Dalle terre australiane arriva questo nuovo duo di black metallers con il debutto fatto di una sola traccia di sedici lunghi minuti, che ripercorre la storia del black metal, dal più puro e raw, passando per il sinfonico fino a sfiorare lidi post black.

I Somnium Nox sono il chitarrista Nocturnal ed il vocalist Ashahalasin, e Apopcrypha è il primo vagito, un urlo che tocca vertici di geniale metallica, caratterizzata da una varietà stilistica sorprendente, colma di parti estreme, elementi sinfonici ed atmosfere post black che ne fanno un sunto degli ultimi venticinque anni.
Con coraggio e personalità i due musicisti di Sydney/Canberra incorporano in un’unica opera quello che è stata l’evoluzione del genere dagli ormai lontani primi anni novanta, e lo fanno con una facilità disarmante rendendo l’ascolto scorrevole per nulla forzato ed assolutamente affascinante.
Si parte in quarta ed i primi minuti sono estremismo black allo stato puro, poi i venti cambiano, delicate sinfonie fanno capolino fino all’arrivo di una parte atmosferica rock oriented e dai rimandi pinkfloydiani, a metà brano la furia si abbatte ancora una volta su di noi, estrema e cattivissima, per poi cadere in un abisso metallico che sfocia al centro della terra dove ad aspettarci ci sono note di liquido incedere black/psichedelico.
Il viaggio finisce qui, il ritorno sarà un’odissea, dispersi nei meandri di musica senza tempo che coglie elementi già usati in precedenza ma dona loro un’anima propria e li fa convivere in questo bellissimo brano.
Non perdeteli di vista ed aspettate con noi il prossimo passo di questa intrigante creatura estrema.

TRACKLIST
Apocrypha

LINE-UP
Nocturnal – Guitars
Ashahalasin – Vocals

SOMNIUM NOX – Facebook

Colour Haze – Live Vol.1 Europa Tournée 2015

Questo disco non è certamente il solito live, ma è la testimonianza delle jam dal vivo, davanti a degli spettatori.

I Colour Haze sono una vecchia conoscenza per chi ama la psichedelia robusta, quella che volentieri si congiunge carnalmente con il rock, preferibilmente l’heavy rock.

Nati nella metà degli anni novanta in Germania, i tre pubblicano il loro esordio Chopping Machine nel 1995, e da quel momento hanno fatto viaggiare molte persone. La loro musica ha la sua ragion d’essere nel live, e questo disco dal vivo lo sottolinea molto bene, catturandone ogni momento in maniera fedele. Dopo molti anni di onorato servizio i Colour Haze non hanno più nulla da dimostrare, e pubblicano questo live per deliziare i fans e anche i neofiti. Live Vol.1 è un album molto armonico, una sorta di grande jam in due lp e tre cd, con pezzi registrati in molti posti, da Parigi a Colonia e Berlino, tutti in ottima fedeltà sonora. I Colour Haze fanno musica da meditazione con la chitarra di Stefan Koglek che conduce le danze, e come un pifferaio magico ammalia il pubblico che lo segue docile e voglioso. Le linee sonore dei tedeschi sono eteree ed influenzate dalla psichedelia anni sessanta, anche se i Colour Haze non sono l’imitazione di nessuno, anzi sono un gruppo seminale. Questo disco non è certamente il solito live, ma è la testimonianza delle jam dal vivo, davanti a degli spettatori, con un modello già ampiamente usato dai Grateful Dead, o dai Gand Funk Railroad, gruppi che hanno molti in comune con i Colour Haze. Viaggiare, liberare la mente grazie ad un suono liberatorio e stimolante, lasciando il ruolo di assoluto protagonista all’ascoltatore, o meglio al suo cervello, che può scivolare via veloce dalle preoccupazione di questo mondo impazzito.
Il primo volume di una serie di dischi dal vivo dei Colour Haze, un gruppo tanto grande quanto umile.

TRACKLIST
1-1 Persicope (Frankfurt)
1-2 Moon (Frankfurt)
1-3 Überall/Call (Frankfurt)
1-4 She Said (Paris)
1-5 Aquamaria (Würzbug)
1-6 To The Highest Gods We Know (Paris)
8 Circles (Paris)
9 Transformation (Berlin)
10 Grace (Berlin)
11 Tempel (Paris)
12 Love (Paris)
13 Peace Brothers and Sisters (Frankfurt)
14 Get It On (Köln)

LINE-UP
Stefan Koglek – Guitar,Vocals
Philipp Rasthofer – Bass guitar
Manfred Merwald – Drums

COLOUR HAZE – Facebook

childthemewp.com