HELL OBELISCO

Il video di “Voodoo Alligator Blood”, dall’album “Swamp Wizard Rises” (Argonauta Records).

Il video di “Voodoo Alligator Blood”, dall’album “Swamp Wizard Rises” (Argonauta Records).

Il supergruppo bolognese heavy sludge metal HELL OBELISCO è orgoglioso di presentare il video ufficiale di “Voodoo Alligator Blood”.

Il singolo è tratto dall’album di debutto “Swamp Wizard Rises” uscito il 23 aprile su Argonauta Records.

La canzone e il videoclip vedono la partecipazione di Tony J. Jelencovich dei TRANSPORT LEAGUE.

“Siamo da sempre grandi fan dei TRANSPORT LEAGUE e Doc è in contatto con Tony J.J. da svariati anni, quindi ci è venuto spontaneo chiamarlo come ospite in ‘Voodoo Alligator Blood’, sia su disco che nel video. Ha fatto un eccellente lavoro, ma non avevamo dubbi in merito, ed è una persona veramente squisita!”, racconta il frontman Andrew.

“Swamp Wizard Rises” e il merchandise esclusivo degli HELL OBELISCO possono essere acquistati qui http://hellobelisco.bandcamp.com

Registrato con Para (Boat Studio) e Paso (Studio 73) “Swamp Wizard Rises” contiene nove canzoni, tra cui il primo singolo “Earth Rage Apocalypse”, il cui lyric video è disponibile qui: https://youtu.be/RCKQBB21Zng

Il disco vede la partecipazione, oltre che di Tony J.J. dei TRANSPORT LEAGUE, anche di Carmelo Orlando dei NOVEMBRE.

La copertina è stata realizzata dall’artista Roberto Toderico, già autore del merchandise della band.

La tracklist di “Swamp Wizard Rises” è la seguente:
1. Voodoo Alligator Blood
2. Teenage Mammoth Club
3. Escaping Devil Bullets
4. Earth Rage Apocalypse
5. Biting Killing Machine
6. Death Moloch Rising
7. Dead Dawn Duel
8. High Speed Demon
9. Black Desert Doom

HELL OBELISCO line-up:
Andrew – Front Row Mammoth
Doc – Six Sludge Strings
Fraz – Seven Doomed and Lowered Strings
Alex – Behind The Skins

Info:
facebook.com/hellobelisco
hellobelisco.bandcamp.com
argonautarecords.com

V-8 Compressor – Don’t Break My Fuzz

I V-8 Compressor indagano un altro lato della musica pesante, producendo un disco molto divertente, che è un misto di stoner, fuzz, southern metal e tanto hard rock, con momenti maggiormente psichedelici.

Album di debutto per gli imperiesi V-8 Compressor, un gruppo che fa stoner metal a mille all’ora, con tanta velocità ed amore per sua maestà Lemmy Kilmeister.

Fra i componenti possiamo trovare Pixo, che suona anche nei mitici e mefitici Carcharodon, uno dei migliori gruppi rumorosi della costa ovest ligure e non solo. I V-8 Compressor indagano un altro lato della musica pesante, producendo un disco molto divertente, che è un misto di stoner, fuzz, southern metal e tanto hard rock, con momenti maggiormente psichedelici. I membri della band non sono dei novellini e non devono dimostrare nulla, e la loro missione è quella di divertire il pubblico e loro stessi. La produzione li supporta benissimo, perché lascia una patina di sporcizia al suono, che pur essendo limpido ha quel speciale sapore di fango e sudore che calza molto bene. Il disco funziona ottimamente e ha molti livelli, dato che passa agevolmente da un genere all’altro senza mai perdere la sua coerenza ed identità. Il suono del trio ligure è molto ben definito e tutto va nella direzione voluta: verso l’inferno, perché è lì che siamo diretti. Le radici del suono dei V-8 Compressor sono da ricercarsi molto lontano, in quel rock blues di figli maledetti della grande terra oltre l’oceano, ma forse anche prima, in quel milieu di diseredati che vivevano molto veloce e morivano giovani. Don’t Break My Fuzz è un disco che può durare molto nelle orecchie degli ascoltatori, perché ha tante cose da dire e da sentire, il tutto fatto da persone che hanno una passione vera, e che non hanno paura di alzare il volume, senza tante pose o proclami, ma con testa bassa e corna in alto. Ennesima conferma che la provincia dell’impero è sempre prolifica e fa ottime cose, ma sopratutto prova a divertirsi.

Tracklist
1.Don’t Break My Fuzz
2.Stray Hound Dogs
3.No Sissies
4.Loud Knocks
5. Sgrunt Cow
6.Aniridia
7.Snake Charmer
8.Grey City
9.Appaloosa

Line-up
Pixo: bass/vocals
Matt Lithium: guitar/vocals
Doktor T: drums/bardot game

V-8 COMPRESSOR – Facebook

Daemonheim – Widerwelt

Ciò che rende il lavoro meritevole d’attenzione è il suo essere frutto del lavoro di una band credibile, capace di trasmettere all’ascoltatore le sensazioni che ricerca da un black metal dai tratti pregiati come quello che proviene abitualmente dalla Germania.

I Daemonheim sono un duo bavarese che si disimpegna da l’inizio del secolo con un black metal di marcata matrice tedesca.

Atmosfere algide, aperture acustiche, l’uso della lingua madre sono il marchio di fabbrica che riporta alle band più influenti della nazione germanica, ma va detto che i Daemonheim hanno uno stato di servizio che scongiura il rischio di trovarsi di fronte solo a dei validi epigoni.
Widerwelt è il quarto full length per questa consolidata coppia di musicisti formata da TH e b., per cui non ci si può attendere nulla di diverso se non una prova convincente, anche se magari priva di particolari picchi o inedite peculiarità.
Ciò che rende il lavoro meritevole d’attenzione è, appunto, il suo essere frutto del lavoro di una band credibile, capace di trasmettere all’ascoltatore le sensazioni che ricerca da un black metal dai tratti pregiati come quello che proviene abitualmente dai diversi länder: l’intero album esibisce tratti oscuri, malinconici ma a suo modo anche melodico, specie quando si lascia che la chitarra solista disegni passaggi tutt’altro che banali (come accade nella bellissima opener Siechtum).
Non solo questo, visto che pregevoli fraseggi acustici sono disseminati all’interno di brani che mantengono la loro algida aura, a testimoniare la volontà del duo di non accodarsi del tutto agli stilemi del genere, ampiamente integrato da pulsioni death e e folk. Tra le sette tracce va segnalata doverosamente Sinnbild des Winters, per assurdo uno dei momenti più aspri dell’album, ma forse quello che meglio rappresenta l’immaginario musicale e concettuale dei Daemonheim .
Widerwelt è in definitiva un altro gran bel disco di black metal proveniente dalla Germania, a perpetuare quella che sta diventando una piacevole consuetudine.

Tracklist:
1. Siechtum
2. Todesheil
3. Illusion
4. Kalte Rast
5. Wundenschrift
6. Sinnbild des Winters
7. Utopias Fall

Line-up:
TH – Guitars, Bass, Drums
b. – Guitars, Vocals

DAEMONHEIM – Facebook

Vesta – Vesta

I Vesta ci spiegano, portandoci le prove, del perché il post rock sia un genere molto bello se fatto bene come lo fanno loro.

I Vesta sono un trio viareggino di post rock e molto altro, dal bel tiro musicale per un disco che vi renderà devoti di questo suono.

La copertina è molto bella ed aperta ad interpretazioni soggettive, e rende molto bene ciò che è questo disco : un viaggio bello robusto verso qualcosa di molto lontano. I riferimenti sarebbero quelli del post rock classico e meno classico, ma i Vesta rielaborano il tutto in maniera molto personale ed originale. Il gruppo viareggino costruisce una narrazione musicale e cerebralmente visiva, con risultati entusiasmanti che lasciano il segno. Musica e sensazioni che suonano, e ci sono anche pause e silenzi che valgono davvero molto, qui conta l’insieme, anche se ogni episodio è notevole. I Vesta rompono gli schemi del genere, forse perché non decidono di appartenere in maniera ortodossa a nessun genere, decidendo di fare un percorso tutto loro, e la scelta è più che mai giusta. Questo disco omonimo piacerà a tante persone dai differenti gusti musicali, a chi ama il post rock, ma anche a chi apprezza sonorità più pesanti, mentre lo potrà gradire anche chi è abituato a cose più soft. Per apprezzare al meglio questo album lo si deve ascoltare e lasciarlo fluire dentro di noi, perché è un fluido che scorre e porta i pensieri di ognuno, e ci fa vedere le nostre azioni dall’alto. I Vesta ci spiegano, portandoci le prove, del perché il post rock sia un genere molto bello se fatto bene come lo fanno loro.

Tracklist
1. Signals
2. Resonance
3. Constellations
4. Ethereal
5. Nebulae
6. Aurora pt.1
7. Aurora pt.2

Line-up
Giacomo Cerri – Guitar & Drones
Sandro Marchi – Drums & Cymbals
Lorenzo Iannazzone – Bass & Noise

VESTA – Facebook

Spellblast – Of Gold And Guns

Tornano gli Spellblast, band che coniuga il power metal con atmosfere western: il loro nuovo Of Gold And Guns, senza toccare le vette del precedente lavoro, si rivela comunque un buonissimo album.

Tornano i power metal/cowboy Spellblast dopo il sontuoso Nineteen, album licenziato dal gruppo quattro anni fa.

La band, abbandonato il power/folk delle origini, ha dato alle stampe un buon lavoro che, se non raggiunge le vette artistiche del precedente album, si assesta su un buon esempio di power metal dai richiami western, questa volta anche nei titoli dei brani, ognuno dedicato ad un personaggio della frontiera americana, dai fumetti di Bonelli (Tex Willer) ai pistoleri realmente esistiti come Wyatt Earp o Billy The Kid.
Ovviamente i riferimenti musicali al mondo del Far West sono i maggiori responsabili dell’attenzione dovuta al gruppo, bravo nel saper coniugare il power metal con sfumature tipiche delle colonne sonore di Ennio Morricone, il più grande compositore di musiche da film ed assoluto genio nel trasformare in note la polvere, il caldo, il tintinnio dei penny sul tavolo da gioco dei saloon.
L’album parte con Tex Willer, brano che fatica a decollare, mentre il trittico Wyatt Earp, Billy The Kid e Jesse James risulta uno splendido esempio del sound del gruppo, con il power metal valorizzato dalle atmosfere western che toccano lidi epici da duelli all’O.K. Corral.
Si continua a schivare pallottole in mezzo alla strade polverose fino a Goblins In Deadwood, tributo ai Goblin, ai quali il gruppo aveva già dedicato un brano sul debutto Horns Of Silence (Goblins’ Song), mentre la cover di Wanted Dead Or Alive dei Bon Jovi chiude questo tuffo nel mondo della cultura western in salsa power metal. Come detto, Of Gold And Guns risulta leggermente inferiore al suo splendido predecessore, ma rimane comunque un buonissmo lavoro.

Tracklist
1. Tex Willer
2. Wyatt Earp
3. Billy The Kid
4. Jesse James
5. Sitting Bull
6. William Lewis Manly
7. Crazy Horse
8. Goblins In Deadwood
9. William Barret Travis
10. Wanted Dead Or Alive

Line-up
Luca Arzuffi – Guitars
Xavier Rota – Bass
Dest Ring – Vocals
Manuel Togni – Drums

SPELLBLAST – Facebook

17Crash – Hit The Prey

Si può vestire di abiti eleganti l’hard’n’heavy di ispirazione Motley Crue? Sì, e i 17Crash lo insegnano con Hit The Prey e le sue dieci composizioni più intro, un bellissimo esempio di hard rock ottantiano perfettamente inserito nel nuovo millennio.

Tornano i glamsters toscani 17Crash, con il secondo album sotto l’ala della Volcano Records,centrando il bersaglio a livello qualitativo.

Hit The Prey segue di tre anni il precedente lavoro, e sembra passata una vita, non perché Reading Your Dirty Minds non fosse già un buon lavoro, ma questa raccolta supera le più rosee aspettative e ci regala una band in stato di grazia.
Saranno le tastiere sempre presenti di Alessio Lucatti (Vision Divine, Deathless Legacy), che conferiscono ai brani un tocco aor originalissimo in un contesto sleazy rock, sarà il lavoro in studio sempre all’altezza del mai troppo osannato Simone Mularoni, ricordato spesso per la sua presenza nei DGM ma sempre più protagonista nel suo operato dietro la consolle, ma Hit The Prey si rivela un irresistibile esempio di hard rock melodico, un insieme di singoli che formano un album che definire perfetto è un eufemismo: i 17Crash prendono l’hard rock americano in auge tra i locali del Sunset e lo rivestono di suoni tastieristici da arena rock e tanta melodia da sfiorare, appunto, il più elegante e raffinato aor.
Si può vestire, quindi, di abiti eleganti l’hard’n’heavy di ispirazione Motley Crue? Sì, e i 17Crash lo insegnano con Hit The Prey e le sue dieci composizioni più intro, un bellissimo esempio di hard rock ottantiano perfettamente inserito nel nuovo millennio.
Ros Crash (cantante che fa la differenza) e compagni alternano impennate grintose e dalle graffianti atmosfere sleazy (Can’t Touch, Scream My Name) a brani nati per le radio rock delle università di metà anni ottanta (Don’t You Break My Life, Brighter Day), e ballad che lasciano trasparire ispirate note alla Bon Jovi (In The Eyes Of A Woman).
Su tutto questo ben di Dio i tasti d’avorio ricamano, cuciono, legano le tracce con arrangiamenti altamente melodici, donando un raffinato tocco aor che risulta la carta vincente di questo splendido lavoro.
Hit The Prey è così un degli album più riusciti di questa prima metà dell’anno nel suo genere, e faticherà ad uscire dal vostro lettore per tanto tempo.

Tracklist
1.Approaching
2.Lies
3.Can’t Touch
4.Don’t You Break My Life
5.Out Of Hit
6.Rum All Night
7.Scream My Name
8.In The Eyes Of A Woman
9.Brighter Day
10.Dead City
11.Hit The Prey

Line-up
Ros Crash – Vocals
Frankie – Guitars
Steve “Poison” – Guitars
Lawrence kaos – Bass
Phil Hill – Drums

17CRASH – Facebook

KANSEIL

Il lyric video di “Densilòc”, dall’album “Fulìsche” in uscita a maggio (Rockshots Records).

Il lyric video di “Densilòc”, dall’album “Fulìsche” in uscita a maggio (Rockshots Records).

Italian folk metal KANSEIL have posted a new lyric video for their track “Densilòc” in support of their second full length “Fulìsche” due out on May 25th in Europe and June 8th in North America via Rockshots Records.

Formed in 2010, KANSEIL are a 21st century version of their land’s rich-story telling tapestry, they are bards with instruments, musical archaeologists, excavating the sounds and stories of their country’s past to create something new, beguiling and beautiful.

Inspired by Eluveitie, Skyforger, Arkona, Agalloch and Alcest plus having performed with the likes of Korpiklaani, At The Gates, Enslaved, Folkstone, Manegarm, Arkona, and Omnia, KANSEIL’s second full length “Fulìsche” follows their 2015 debut “Doin Earde” released on Nemeton Records.

The band comments:
“’Fulìsche’ are the sparks of a fire moving away from the element they were born from, they shine in their own glow and you can watch them for a few instants before they disappear forever in the dark…In the same way mankind’s stories live in the collective memory until they take flight and you have a limited time to look at them and catch their beauty before they’re lost.”

Pre-order of “Fulìsche” available at the following link: http://bit.ly/Fulìsche_PREORDER

Track Listing:
1. Ah, Canseja! (1:10)
2. La Battaglia del Solstizio (5:10)
3. Ander de le Mate (4:52)
4. Pojat (5:23)
5. Orcolat (8:27)
6. Serravalle (4:05)
7. Vallòrch (4:48)
8. Il Lungo Viaggio (4:56)
9. Densilòc (5:55)
Album Length: 44:51

Kanseil is:
Andrea Facchin (Lead Vocals)
Federico Grillo (Guitars)
Davide Mazzucco (Guitars, Bouzouki)
Dimitri De Poli (Bass)
Luca Rover (Drums)
Luca Zanchettin (Bagpipes, Kantele)
Stefano (Herian)
Da Re (Whistles,Rauschpfeife)

For more info:
http://www.Rockshots.eu
https://www.facebook.com/Kanseil/
https://twitter.com/KanseilOfficial
https://www.instagram.com/kanseil_official/

Metamorphosis – The Secret Art

Quello che impressiona, nell’operato del bravo Boris, è la non comune capacità di disseminare ogni brano di passaggi di grande impatto, siano essi sfuriate di matrice black, piuttosto che assoli chitarristici eleganti e melodici o irresistibili progressioni di stampo prog death/thrash.

Se dopo oltre vent’anni di attività e cinque full length prima di questo The Secret Art, Boris Ascher è ancora qui a proporre un black metal di qualità con il suo progetto solista Metamorphosis, qualcosa vorrà pur dire.

Il fatto che alla guida ci sia un musicista esperto lo si percepisce subito, perché la capacità di manipolare la materia estrema rendendola varia e accattivante senza ricorrere a trucchi da avanspettacolo si manifesta fina dalle prima note della title track, degna apertura di un lavoro che sorprende, perché nonostante il considerevole stato di servizio, i Metamorphosis prima di oggi erano solo una delle molte band che si avvalgono di questo monicker, due delle quali anch’esse tedesche, sia pure del tutto marginali e non più attive da tempo.
A ben vedere il black metal è solo una delle componenti principali di un sound che spazia non poco tra i vari generi estremi, regalando anche ottimo sprazzi di death melodico così come di thrash, ma questo non deve far pensare ad uno scorrimento farraginoso dell’album, visto che l’orecchiabilità è uno dei sui massimi pregi, in virtù di un lavoro chitarristico davvero incalzante e gradevolissimo in ogni frangente.
Quello che impressiona, nell’operato del bravo Boris, è la non comune capacità di disseminare ogni brano di passaggi di grande impatto, siano essi sfuriate di matrice black, piuttosto che assoli chitarristici eleganti e melodici o irresistibili progressioni di stampo prog death/thrash; il tutto viene poi arricchito da una prestazione vocale convincente e da una produzione che non sacrifica alcun elemento dell’album.
The Secret Art è un lavoro che dovrebbe essere apprezzato non poco da chi predilige un black death melodico che abbraccia un ampio spettro sonoro, comprendente Amorphis e Catamenia per sfiorare anche gli Edge Of Sanity, restando nel Nord Europa o, spostandoci più a sud, Rotting Christ e Septic Flesh di inizio millennio, tutte band accomunate da uno spiccato gusto melodico che non va mai a limitare l’impatto del metal estremo che ne costituisce la base fondante.
Non essendoci un solo brano trascurabile nell’album, cito quelli che meglio restano ancorati alla memoria, ovvero God Of The Dead (dalla magnifica progressione chitarristica) e Invictus (trascinante ed in linea con la citata scena ellenica), episodi che trainano agevolmente un resto di tracklist capace di regalare ulteriori soddisfazioni all’ascoltatore.

Tracklist:
1. The Secret Art
2. The Beckoning
3. Night on Bare Mountain
4. As Legions Rise
5. God of the Dead
6. A Fateful Night
7. Holy Wounds
8. Invictus
9. The Crypt
10. Domine Lucifere

Line-up:
Boris Ascher – All instruments, Vocals

METAMORPHOSIS – Facebook

Quantum Hierarchy – Neutron Breed

Neutron Breed, considerando la sua breve durata (11 minuti), può essere visto come un succulento antipasto per un qualcosa di gradito agli amanti dei Morbid Angel e delle storiche band del death metal più oscuro e sinistro.

Oscuro, devastante e pesantissimo il sound di questo duo lombardo, un death metal potentissimo e morboso, come angeli caduti dal cielo e finiti inghiottiti da un suolo fatto di fanghiglia nauseabonda.

I Quantum Hierarchy sono si muovono nei meandri purulenti del death metal di scuola Morbid Angel/Hate Eternal, il loro ep si compone di tre brani più intro e si rivela assolutamente monolitico e feroce.
Mid tempo ed accelerazioni variano l’atmosfera, gli assoli che ricordano il chitarrismo deviato di Trey Azagthoth imprimono una blasfema marcia in più alla title track e alle sue consorelle (The Third Of Capricornus e Mausoleum Of Eternal Absence) e l’aria che si respira sa di morte e putrefazione.
Neutron Breed, considerando la sua breve durata (11 minuti), può essere visto come un succulento antipasto per un qualcosa di gradito agli amanti dei Morbid Angel e delle storiche band del death metal più oscuro e sinistro.

Tracklist
1.Frequency Disturbance Through Spheres
2.Neutron Breed
3.The Third Of Capricornus
4.Mausoleum Of Eternal Absence

Line-up
S.M. – all guitars, vocals
M.C. – bass

QUANTUM HIERARCHY – Facebook

STRIKE AVENUE

Il video di “Cranium”, dall’album “Human Golgotha”.

Il video di “Cranium”, dall’album “Human Golgotha”.

“Crainum” official music video and track of the album “Human Golgotha”. Composed, arranged, recorded, mixed and mastered at Blackrain Studio (Cosenza, Italy – 2017) by Strike Avenue.
Video shoot by John. Editing, video production and postproduction by Phil.

Beesus – Sgt. Beesus And The Lonely Ass Gangbang

Sgt. Beesus And The Lonely Ass Gangbang è un disco dalle mille sfaccettature, possiede un amplissimo respiro vitale, e riporterà indietro ai fasti degli anni novanta, quando questo noise bastardo ha sfornato opere molto particolari, con i Beesus che non avrebbero sfigurato nemmeno allora.

I Beesus sono un gruppo che suona un noise grunge con attitudine punk hardcore, ed il risultato è molto buono e vario, come si usava fare ai tempi dei dischi dei Primus o compagnia rumoreggiante.

Il bello di questo disco è il suo essere sinuoso, totalmente musicale ed immediato, anche se ha soluzioni sonore davvero originali e di altro livello. I Beesus non suonano solo per stupire con repentini cambi di genere o di tempo, ma fanno musica per generare sensazioni, e lo fanno in maniera zappiana, portando l’ascoltatore su di un livello lisergico e di piacere, dove la percezione cambia e si amplia. I riferimenti musicali sono moltissimi, da Zappa appunto ai Beastie Boys, ma il tutto è molto Beesus. Il gruppo ci porta in un territorio caleidoscopico, che cambia come in un viaggio psichedelico, ma non c’è tanto di questo ultimo genere, quanto una musicalità molto pronunciata che si espande ad ogni ascolto, tanto da far diventare davvero difficile eleggere un genere prevalente, e non sarebbe nemmeno giusto farlo. Il presente disco è stato scritto e prodotto soprattutto in tour, dopo l’uscita di Rise Of The Beesus, e quindi riporta molta della caoticità che viene introdotta anche dal titolo. L’uscita è stata possibile grazie alla campagna di raccolta fondi fatta su Pledgemusic, e bisogna dire che gli ascoltatori ci hanno visto molto bene, premiando gli sforzi di un grande gruppo. Sgt. Beesus And The Lonely Ass Gangbang è un disco dalle mille sfaccettature, possiede un amplissimo respiro vitale, e riporterà indietro ai fasti degli anni novanta, quando questo noise bastardo ha sfornato opere molto particolari, con i Beesus che non avrebbero sfigurato nemmeno allora.

Tracklist
1.Intro
2.El Dude
3.Dubblegum Boom Metla
4.Ñuña Y Freña
5.Reichl
6.I Don’t Wanna Be
7.Junk Around
8.Beaux
9.Outro

Line-up
Jaco – Vocals
Pootchie – Guitars/Vocals
Johnny – Bass
Mudd – Drums/Vocals

BEESUS – Facebook

Ekpyrosis – Primordial Chaos Restored

Una bomba doom/death metal ispirata dai primi anni novanta e dalle cose migliori delle due principali scene estreme: quella statunitense e quella scandinava.

Una bomba doom/death metal ispirata dai primi anni novanta e dalle cose migliori delle due principali scene estreme: quella statunitense e quella scandinava.

Gli Ekpyrosis sono un combo estremo proveniente dalla Lombardia, hanno iniziato la loro attività cinque anni fa e hanno dato alle stampe due demo un ep e soprattutto il full length Asphyxiating Devotion, licenziato lo scorso anno.
Tornano con un nuovo ep, composto da quattro brani più la cover di Devoured Death degli Incantation (una delle maggiori ispirazioni del gruppo), di monolitico doom/death metal intitolato Primordial Chaos Restored, in uscita per la Terror From Hell Records.
Il quartetto nostrano è protagonista di una prova che conferma tutto il bene scritto per il precedente lavoro sulla lunga distanza, il nuovo ep può senz’altro essere considerato come un’appendice delle nove tracce che componevano Asphyxiating Devotion.
Anche quest’opera mostra ancora una volta le capacità di questa creatura estrema, bravissima nel ripercorrere le strade battute dai gruppi storici con personalità ed un impatto straordinario.
Monolitici e pesantissimi passaggi doom sono investiti da tempeste di death metal classico: Abyssal Convergence, opener di questo ep, ne è l’esempio lampante, un lento prepararsi alle scudisciate che arrivano inesorabili, in un altalena tra l’incedere di un moloch musicale di stampo doom e le accelerazioni di stampo death. La sezione ritmica detta tempi ed atmosfere, assecondata dal growl catacombale e dalla chitarra che vomita riff serrati e lunghe litanie, lungo le quali le corde sanguinano come in un interminabile via crucis estrema (Instigation Of Entropy).
Primordial Chaos Restored è un buon modo per non perdere l’attenzione degli amanti del genere, in attesa del nuovo album che probabilmente non tarderà ad arrivare.

Tracklist
1. Abyssal Convergence
2. Instigation Of Entropy
3. Conception From Nothingness
4. Chaos Condensing
5. Devoured Death (Incantation cover)

Line-up
Nicolò Brambilla – Vocals, Guitar
Marco Teodoro – Vocals, Guitar
Gianluca Carrara – Bass, Backing Vocals I
Ilaria Casiraghi – Drums

EKPYROSIS – Facebook

Encircling Wolves – Equinoctial Manifestation

Gli Encircling Wolves propongono un black metal di buona fattura, piuttosto tradizionale nelle due tracce poste sul lato A, mentre sull’altro versante il sound si fa più composito, ricercato e meglio prodotto.

Bisogna ammettere che la scena black metal britannica, per quanto abbastanza consistente dal punto di vista numerico, fatica non poco a produrre band capaci di farsi ricordare sul lungo termine e, se vogliamo, questo è davvero molto strano, se paragoniamo quanto accade altrove, anche in nazioni dalla tradizione metallica molto meno consolidata.

Alla luce di questo Equinoctial Manifestations, ep edito su musicassetta dalla Antitheus Productions, che segna il primo passo ufficiale degli Encircling Wolves, dopo il demo del 2016, riesce difficile pensare che il duo di Telford possa riuscire a colmare questa lacuna.
Monslyht (voce, chitarra e basso) e Isern (batteria) propongono un black metal di buona fattura, piuttosto tradizionale nelle due tracce poste sul lato A, mentre sull’altro versante il sound si fa più composito, ricercato e meglio prodotto.
La spiegazione a tutto ciò deriva dal fatto che Zionist ed Altar of Tolerance sono tratte dal succitato demo, mentre gli altri due brani sono di composizione più recente: in entrambe le configurazioni gli Encircling Wolves offrono comunque una valida interpretazione del genere, a mio avviso preferibile quando i ritmi vengono rallentati, come già accade in Altar of Tolerance e all’inizio del lato B con Imperious Nature. In questi due brani, ed in genere nell’ intero ep, va rimarcato un utilizzo del basso non così comune in ambito black e, in generale, quella che si percepisce è un’aura misantropica che rende senz’altro Equinoctial Manifestations un prodotto apprezzabile per integrità e genuinità, ma per il momento mancante di quei picchi capaci di far salire di qualche livello lo status della band.
Nel frattempo è uscito anche il primo full length , del quale non siamo ancora in possesso, e questo fornirà senz’altro qualche indizio più attendibile sull’effettivo valore effettivo degli Encircling Wolves.

Tracklist:
Side A
1. Zionist
2. Altar of Tolerance
Side B
3. Imperious Nature
4. Remnants

Line-up:
Isern – Drums
Monslyht – Vocals, Guitars, Bass

ENCIRCLING WOLVES – Facebook

Pryapisme – Epic Loon OST

Sono più pazzi i Pryapisme o quelli che, elaborando un nuovo video game da lanciare sul mercato, hanno pensato di affidare loro la composizione della soundtrack?

Sono più pazzi i Pryapisme o quelli che, elaborando un nuovo video game da lanciare sul mercato, hanno pensato di affidare loro la composizione della soundtrack?

Un quesito destinato a restare irrisolto, visto che anche chi ascolta periodicamente le bizzarre espressioni musicali della band francese non è che se la passi benissimo in quanto a sanità mentale: del resto in occasione del loro ultimo album, per così dire “normale”, mi ero trovato a citare tra le varie pulsioni che ne animavano il sound l’utilizzo di passaggi davvero molto simili a quelli dei primi giochi per Pc degli anni ’90, per cui nonostante l’elevato rischio di essere trascinati nel gorgo del fallimento preconizzato per sé stessi dai cinque disturbatori, quelli dei Macrales Studio sono voluti andare fino in fondo per vedere cosa sarebbe successo.
Quindi i nostri hanno elaborato una trentina di brani (dai titoli insensati quanto esilaranti) della durata oscillante tra i due ed i tre minuti, distribuendoli su due cd affidandone la diffusione alle sapienti mani di Jehan Fillat della Apathia Records.
Ovviamente, se già il contenuto dei precedenti lavori dei Pryapisme era un emblema di geniale schizofrenia musicale, figuriamoci cosa può essere scaturito da un occasione particolare come questa: del resto qui, se si vogliono fare le pulci ai nostri, non abbiamo neppure la scusa dell’inesistenza della forma canzone, dato che per forza di cose non viene neppure richiesta.
Nonostante (o forse grazie a) tali premesse, la follia dei Pryapisme trova quasi una sua sublimazione, anche se mi riesce difficile pensare a qualcuno che possa ascoltare un tale frullato di musica in maniera disgiunta dalle immagini del video game.
Il risultato è che, benché sia da qualche era geologica che non mi piazzo più davanti al computer per cimentarmi in un videogioco, mi sta venendo una voglia insopprimibile di comperare Epic Loon solo per potervi giocare accompagnato dalla musica dei Pryapisme, consapevole del fatto che smetterei solo quando l’essere dominante della casa, il gatto, salirà sulla tastiera interrompendo il gioco facendomi regredire al primo livello (a livello mentale la regressione a livello più basso è già avvenuta da tempo…).

Tracklist:
1.Epic Loon Theme
2.In space, no one can hear you make yourself a sandwich
3.Nostromo cryo system : fresh ice cream guaranteed !
4.An S.O.S from LV426 takes 6M years to reach Belgium
5.Acheron, the Calpamos moon, is also the name of our cat
6.Xenomorphs are just big chickens after all
7.For the smile of a child with a dolphin t-shirt
8.Evil nutshells with hay fever vs all people named Renee
9.Did prehistoric giraffes wear long ties ?
10.It’s way too hot to drink rustproof engine oil
11.The best vacuum cleaners were produced during the Cenozoic era
12.Tyrannosaure+Châlet/7=Taupiniere-(n/Saumon)²
13.Damned raptors !
14.Programming naughty pictograms in Python
15.Epic Boss Theme
16.Un quadrilobe à palmette fleurdelysé, ça a du chien
17.Even in the Carpathians, taking a train is still faster than riding a ghoul
18.What would Chester Copperpot have to say about this ?
19.A quantum mirror may generate self-petrified gorgons
20.Tidal energy through a rat’s perspective
21.Cette année, on anticipe les mites avec un inhibiteur de la pompe à proton
22.Fishermen’s villages usually hide ninjas
23.Luckily, reptiles use condoms. Phew ! No chlamydia this time…
24.Bubbles will be crapped in glue over Tokyo’s harbour
25.Muzzle, snout, fire, muzzle
26.Death by uranium hexafluoride
27.Mullet haircut Grand finale
28.Score Theme Extended (Bonus Track)
29.Epi the Clown (Bonus Track)

Line-up:
Nicolas Sénac: Guitars
Antony Miranda: Bass, Moog, Guitars
Ben Bardiaux: Keyboards
Aymeric Thomas: Drums, Percussions, Keyboards, Electronic
Nils Cheville: Guitars, Keyboards

PRYAPISME – Facebook

Arca Progjet – Arca Progjet

Come quella che migliaia d’anni fa galleggiò per lungo tempo sulle acque che ricoprirono la terra, la nuova e più moderna arca ci porterà verso la salvezza cullati dalla musica, un rock progressivo dall’alto tasso melodico, raffinato ed elegante, creato da una manciata di musicisti dall’esperienza invidiabile.

Chi ci salverà questa volta dalla distruzione prima di una nuova rinascita, se non un’arca spaziale?

E come quella che migliaia d’anni fa galleggiò per lungo tempo sulle acque che ricoprirono la terra, la nuova e più moderna arca ci porterà verso la salvezza cullati dalla musica, un rock progressivo dall’alto tasso melodico, raffinato ed elegante creato da una manciata di musicisti dall’esperienza invidiabile.
La band chiamata Arca Progjet nasce a Torino da un’idea di Alex Jorio ( Elektradrive) e Gregorio Verdun al basso e tastiere, a cui si aggiungono Sergio Toya alla voce, Carlo Maccaferri alla chitarra e Filippo Dagasso alle tastiere e programmazioni.
Con l’aiuto di ospiti d’eccezione come Mauro Pagani (PFM – Premiata Forneria Marconi), Gigi Venegoni e Arturo Vitale (Arti & Mestieri), il gruppo parte per un viaggio nello spazio nel quali si amalgamano il progressive tradizionale, ovviamente ispirato alla scena tricolore, e sonorità più moderne come quelle scritte da Arjen Anthony Lucassen per i lavori firmati Ayreon.
Da qui si parte per questa esplorazione alla ricerca di un mondo nuovo, con il suo carico di musica da tramandare a chi darà nuova linfa vitale per un futuro quanto mai incerto.
Ma l’atmosfera ariosa di brani progressivamente melodici come l’opener Arca o la splendida Metamorfosi riempiono di luminosa speranza questo nuova avventura con l’arca, che continua il suo viaggio tra spettacolari tappeti che i tasti d’avorio creano tra cambi di tempo e ricami progressivi dal taglio settantiano.
Modernità e tradizione sono il tesoro che ritroviamo in Sulla Verticale, traccia che sottolinea la tecnica invidiabile dei protagonisti senza che si perda un briciolo di fluidità nell’ascolto e lasciando che l’hard rock raffinato e melodico di Cielo Nero, la sontuosa Pozzanghere di Cielo e le armonie acustiche della conclusiva Aqua (bonus track della versione in cd), confermino questo riuscito connubio tra hard rock melodico e progressive.
Cantato interamente in italiano, Arca Progjet risulta un opera affascinante e spettacolare: speriamo che l’Arca in futuro continui il suo viaggio e che i cinque capitani al comando ci raccontino ancora delle sue avventure nello spazio.

Tracklist
01. Arca
02. Metà Morfosi
03. Requiend
04. Battito D’Ali
05. Sulla Verticale
06. Neanderthal
07. Cielo Nero
08. Delta Randevouz
09. Un. Inverso
10. Pozzanghere Di Cielo
11. Aqua (Cd Bonus Track)

Line-up
Sergio Toya – Vocals
Gregorio Verdun – Bass
Carlo Maccaferri – Guitar
Alex Jorio – Drums
Filippo Dagasso – Keys, Programmings

ARCA PROGJET – Facebook

TREES OF ETERNITY

Il lyric video di Hour Of THe Nightingale, dall’album omonimo del 2016 (Svart Records).

Il lyric video di Hour Of THe Nightingale, dall’album omonimo del 2016 (Svart Records).

Share the voice and the words of our dearly missed Queen of the Nightingales. We thank you all who shared these songs this week and carried the flame further. Thank you so much.

“Embrace this
As a nightingale in song
In the darkest hour of shadows she belongs
Her voice reflects the colours of dawn
It pierces like an arrow through a storm”.

– Aleah

Septic Tank – Rotting Civilisation

Non deve passare inosservato il ritorno a sonorità crude e selvagge di autentiche leggende della musica estrema come Lee Dorrian e Gaz Jennings. Regaliamoci quaranta minuti di storia della musica estrema.

Non deve passare inosservato il ritorno a sonorità crude e selvagge di autentiche leggende della musica estrema, Lee Dorrian e Gaz Jennings.

I Septic Tank hanno aspettato il momento giusto per farci esplodere in faccia diciotto proiettili di insano suono crust, punk, hardcore; il quartetto composto anche da Scott Carlson al basso (Cathedral, Church of Misery, Repulsion) e Jaime Gomez Arellano alla batteria (Mothlite) aveva visto la luce nel 1994 ed è stato ibernato fino al 2013 quando è uscito un omonimo ultralimitato ep. Ora i tempi sono maturi per riaprire la “fossa settica” (Septic Tank) e spargere nel mondo liquami velenosi e intossicanti su questa “rotting civilization”; quaranta minuti, brani brevi sparati a rotta di collo fino dalla title track, carica di ferocia e odio, con testi scritti da Dorrian e musica composta dalla band in toto; nessun manierismo ma voglia di gridare, senza remore, lo schifo di un mondo alla deriva. La musica colpisce in pieno volto, lascia sanguinanti al suolo nel ricordare i primi passi di Lee Dorrian con i Napalm Death, senza dimenticare tutto lo spirito hardcore di band come Siege, Discharge e tante altre; lo spirito sovversivo di Lemmy in Divide and Conk Out emerge prepotentemente e colpisce il cuore. Nessun momento di pausa, il mondo deve essere colpito, non deve pensare, deve essere abbattuto con tutta l’inutilità dei suoi attuali marci ideali. Riff distorti, vibranti, passionali sono la colonna sonora per riuscire in tutto questo, aiutati da ritmiche rutilanti e incessanti. Brani come Fucked e White Wash non hanno bisogno di alcuna spiegazione, si accendono in un attimo ma creano un fuoco interiore difficile da spegnere. Le cadenze di Death Vase sprigionano tensioni infinite implacabili. Qui non abbiamo musicisti alle prime armi, ma artisti, alla soglia dei cinquant’anni come Lee Dorrian che dopo una carriera veramente gloriosa hanno ancora voglia di sbattersi e dimostrare il loro valore incendiando gli animi e la sensibilità di gente che non ne può più; le chitarre di Gaz Jennings sfornano riff violenti, attingendo ispirazione dal meglio della scena hardcore e crust degli anni 80 e 90. Lavoro superbo, sperando che il tutto non rimanga episodio isolato; in ogni caso lasciatevi intossicare da questa miscela impossibile da spegnere.

Tracklist
1. Septic Tank
2. Who
3. Victimised
4. Social Media Whore
5. Divide and Conk Out
6. Treasurers of Disease
7. Fucked
8. Whitewash
9. Death Vase
10. You Want Some
11. Digging Your Own Grave
12. Danger Signs
13. Walking Asylum
14. Lost Humanity
15. Never Never Land
16. Self-Obsessed
17. Living Death
18. Rotten Empire

Line-up
Scott Carlson – Bass
Gaz Jennings – Guitars
Lee Dorrian – Vocals
Jaime Gomez Arellano – Drums

SEPTIC TANK – Facebook

Down Among the Dead Men – …and You Will Obey Me

Questo nuovo album della coppia Johansson/Ingram, con l’etichetta Down Among the Dead Men, risulta un perfetto sodalizio tra lo swedish death metal e le sonorità crust/punk, un violentissimo pugno in pieno volto su cui Ingram vomita tutta la sua ferocia con il suo inconfondibile growl.

Un nuovo periodo di super lavoro per il nostro Rogga Johansson, stakanovista della scena death metal mondiale e mente dietro ad un numero consistente di progetti in collaborazione con musicisti provenienti da ogni parte del mondo.

Nominare tutte le band con cui il buon Rogga si è impegnato è quasi impossibile e sicuramente ogni volta se ne dimentica qualcuna, quindi ci limiteremo a citare i Paganizer, i Ribspreader, i Megascavenger e i The Grotesquery , tornati in questo periodo con un nuovo album, così come il progetto Johansson & Speckmann.
Down Among The Dead Man è la band che vede il musicista svedese collaborare con lo storico vocalist Dave Ingram (Benediction, Bolt Thrower), aiutati dal chitarrista Dennis Blomberg (ex Paganizer) a formare un trio death/crust di notevole impatto.
Attiva dal 2013, la band arriva al terzo album dopo il debutto omonimo ed il secondo lavoro uscito tre anni fa (Exterminate! Annihilate! Destroy!); pubblicato dalla Transcending Obscurity l’album, intitolato …and You Will Obey Me continua a mietere vittime sotto i colpi di un death metal dall’attitudine crust/punk, quindi metal estremo scarno e diretto, spogliato dalle caratteristiche del genere classico e reso diretto e d’impatto dall’anima nichilista del punk più marcio.
Il bello è che Rogga non rinuncia alla tradizione del genere che lui conosce bene ed anche questo nuovo album risulta un perfetto sodalizio tra lo swedish death metal e le sonorità crust/punk di cui abbiamo parlato, un violentissimo pugno in pieno volto su cui Ingram vomita tutta al sua ferocia con il suo inconfondibile growl.
Rispetto al precedente album la band accantona le ispirazioni alla Bolt Thrower per un approccio più scandinavo a brani che risultano, nella loro globalità, un assalto senza compromessi di una mezzora in compagnia di queste tre vecchie volpi del metal estremo.
Inutile dire che l’album è da fagocitare d’un fiato, brutale, feroce e senza compromessi, rivelandosi una raccolta di dieci micidiali pugni diretti al viso.

Tracklist
1.Destroy the Infinite
2.Axis of Insanity
3….and You Will Obey Me
4.The End of Time
5.Omega
6.House of Blue Fire
7.The Age of Steel
8.Eye of Harmony
9.Darkness of Glass
10.Panopticon

Line-up
Rogga Johansson – Guitars, Bass
Dave Ingram – Vocals

Dennis Blomberg – Guitars

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Cruachan – Nine Years Of Blood

La musica degli irlandesi è folk metal con elementi celtici, momenti vicini al power metal, sfuriate death ed un tocco di melodic black, ma l’ossatura è fortemente celtic folk.

E chi se non un gruppo irlandese poteva essere il padrino del celtic black folk metal? I Cruachan sono in giro dal 1992 e non accennano a lasciare il trono.

Con il loro ottavo album sulla lunga distanza chiudono la trilogia del sangue sulla guerra dei nove anni che si svolse dal 1593 al 1603, conclusasi con la definitiva sottomissione dei nobili irlandesi, e poi nel 1609 si darà vita alla colonizzazione vera e propria dell’Ulster, principale teatro di battaglia della guerra. I Cruachan ne hanno descritto le prime fasi nei due album precedenti della trilogia, Blood on the Black Robe su Candlelight Records, per poi passare sulla tedesca Trollzorn per Blood for the Blood God e il presente Nine Years Of Blood. La musica degli irlandesi è folk metal con elementi celtici, momenti vicini al power metal, sfuriate death ed un tocco di melodic black, ma l’ossatura è fortemente celtic folk. I Cruachan sono molto piacevoli e sono diventati più melodici e strutturati nelle composizioni. Nine Years Of Blood è un disco solido e con molte storie da raccontare con la ferma identità musicale e folclorica del gruppo. La storia narrata è amara, perché parla di una delle tante sconfitte irlandesi, forse la più brutta perché la vittoria era così vicina, ma è materia degli storici discutere sui motivi della sconfitta, ma soprattutto sulle davvero nefaste conseguenze, dato che la dominazione inglese dura ancora. I Cruachan dipingono un ottimo affresco musicale, una vivida lezione di storia e di pathos, e si perdona loro anche la poca inventiva di taluni passaggi musicali, perché qui quello che conta è l’effetto finale. Un’altra battaglia vittoriosa per il gruppo dell’isola verde.

Tracklist
01. I am Tuan
02. Hugh O’Neill – Earl of Tyrone
03. Blood and Victory
04. Queen of War
05. The Battle of the Yellow Ford
06. Cath na Brioscaí
07. The Harp, The Lion, The Dragon and The Sword
08. An Ale Before Battle
09. Nine Years of Blood
10. The Siege of Kinsale
11. Flight of the Earls
12. Back Home in Derry

Line-up
Keith Fay – Vocals, Electric Guitar, Acoustic Guitar
Keyboard, Tin-Whistle, Bouzouki, Mandolin, Bodhrán, Percussion
Kieran Ball – Electric Guitar, Acoustic Guitar
Eric Fletcher – Bass
John Ryan – Violin, Cello, Bowed Bass
Mauro Frison – Drums, Percussion

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