VV.AA. – Imperative Music Compilation Vol.12

Un ottima occasione per fare un bel giretto per il mondo e conoscere nuovi adepti al sacro fuoco del metal, che sia classico o estremo non importa, le vie del metallo sono moltissime, provatele tutte.

Ottima e abbondante questa raccolta, giunta addirittura al dodicesimo volume, da parte della Imperative Music Agency, agenzia brasiliana a supporto di molte band metal/rock in giro per il mondo.

Incentrata su suoni che vanno dal thrash, al death ed ovviamente al metal più classico, la panoramica offerta spazia per il mondo alla caccia di talenti ed offre un quadro esaustivo sulla salute della nostra musica preferita, dal paese sudamericano, passando per gli Stati Uniti, il Giappone ed il vecchio continente, con una scappata nel nostro paese per conoscere i Wild Child ed il loro heavy metal epico.
Dicevamo, un’iniziativa lodevole e molto esauriente (anche per la buona qualità dei gruppi presenti) per tastare lo stato di salute della musica metal che ormai ha raggiunto tutti i paesi del mondo e regala sorprese ogni giorno, almeno per chi ne segue con interesse lo sviluppo nell’unico ambiente possibile, l’underground.
Varia la proposta, che passa dall’heavy metal classico dei nostri paladini Wild Child, alle sinfonie rock/metal degli olandesi Armed Cloud, dal thrash metal dei giapponesi Alice In Hell, all’hard rock dei brasiliani Basttardos e al death metal dei Nihilo, per tornare in Europa con il gothic robusto dei portoghesi Godvlad e volare in Canada per farci violentare dal death metal tecnico e colmo di groove dei devastanti Statue Of Demur.
Insomma, un ottima occasione per fare un bel giretto per il mondo e conoscere nuovi adepti al sacro fuoco del metal, che sia classico o estremo non importa, le vie del metallo sono moltissime, provatele tutte.

TRACKLIST
01 – Alice In Hell – Time To Die (Japan)
02 – Infact – Change My Name (Luxembourg)
03 – Cavera – Controlled By The Hands (Brazil)
04 – As Do They Fall – Burn (Brazil)
05 – Nihilo – On the Brink (Switzerland)
06 – Statue of Demur – Hot to Rot (Canada)
07 – Darcry – Cry of Despair (Japan)
08 – Death Chaos – Atrocity On Peaceful Fields (Brazil)
09 – The Holy Pariah – No Forever (USA)
10 – Tribal – Broken (Brazil)
11 – Hide Bound – Eden Kew (Japan)
12 – Phantasmal – Specter of Death (USA)
13 – Basttardos – Exilados (Brazil)
14 – Metanium – Resistiendo (USA)
15 – The Wild Child – You and The Snow (Italy)
16 – Armed Cloud – Jealousy With A Halo (The Netherlands)
17 – Eduardo Lira – The Edge (Brazil)
18 – Godvlad – Game of Shades (Portugal)

IMPERATIVE MUSIC – Facebook

Scarlet Aura – Falling Sky

Hard rock melodico di gran classe tra tradizione ed appeal moderno, con tanto di voce femminile da applausi.

Se questi ragazzi apriranno i prossimi concerti della divina Tarja Turunen un motivo ci sarà.

Grosso colpo della Pure Rock Records che si aggiudica le prestazioni musicali degli Scarlet Aura, band rumena che fa dell’hard rock melodico di gran classe tra tradizione ed appeal moderno, con tanto di voce femminile da applausi.
La band di Bucarest, al secondo lavoro dopo The Rock Chick uscito nel 2014 e molte presenze live nell’est Europa in compagnia di grossi nomi del metal e dell’hard rock, mette la quinta e svernicia una buona fetta di realtà del genere con un lavoro perfetto sotto tutti i punti di vista.
Hanno le carte in regola per sfondare i ragazzi rumeni; grandi canzoni, una singer bella ma, soprattutto, bravissima nel donare feeling a profusione ai brani, ed un sound che bilancia potenza e melodie accattivanti, insomma Falling Sky potrebbe davvero affermare il gruppo nella scena del vecchio continente, così arida nei confronti dell’hard rock melodico.
Sostenuto dal gran lavoro alla sei corde dell’axeman Mihai Danciulescu, da una sezione ritmica senza freni quando si tratta di picchiare duro (Catalin Ungureanu al basso e Matthias Klaus) e valorizzata dall’affascinante voce della singer Aura Danciulescu, Falling Sky strappa applausi dalla prima all’ultima nota con il suo mix letale di hard rock elegante e melodico e la sua neanche troppo velata vena metallica dal mood moderno, pronto per essere accolto dai rockers attenti alla musica melodica e dall’appeal radiofonico.
Una raccolta di brani che non temono cedimenti e mantengono altissima l’attenzione, un susseguirsi di emozioni che dall’opener Immortal In Your Eyes, passando per My Own Nightmare, le melodie orientaleggianti di Fortune Teller, la title track e la ballad Silent Tears, conquistano l’ascoltatore, senza difese contro l’ipnotica e notevole voce della singer.
Prodotto da Roy Z, Falling Sky è nel suo genere un piccolo gioiello, e per i fans dell’hard rock melodico un acquisto obbligato.

TRACKLIST
1. Immortal In Your Eyes
2. Colour Blind
3. You’re Not Alone
4. My Own Nightmare
5. Chasing White Horses
6. Falling Sky
7. Silent Tears
8. Shamanic Eye
9. Fortune Teller
10. Riding like The Wind
11. Silent Tears (Radio Edit)

LINE-UP
Aura Danciulescu – vocals
Mihai Danciulescu – guitars, vocals
Catalin Ungureanu – bass, vocals
Matthias Klaus – drums

SCARLET AURA – Facebook

Fake Idols – Witness

Un pezzo di granito hard & heavy, sempre in bilico tra il rock’n’roll ed il metal moderno, dotato di un feeling ed un appeal da boom radiofonico praticamente in tutti i brani

Un’altra new sensation dell’hard & heavy tricolore, i Fake Idols, tornano con un nuovo album tramite Scarlet Records.

La band , nata all’alba del 2013, unisce musicisti provenienti da svariati gruppi della scena come Raintime, Slowmotion Apocalypse e Jar of Bones, due anni fa ha dato alle stampe il debutto omonimo, ora è giunto il momento di tornare a suonare hard & heavy tripallico con questo secondo lavoro intitolato Witness e che sfonderà molti crani tra i rockers di nuova generazione innamorati delle sonorità stradaiole di matrice ottantiana.
Un mix di sonorità classiche ed attitudine moderna risulta infatti il sound del gruppo, che si avvicina ai compagni di etichetta Hell In The Club, autori del mastodontico Shadow Of The Monster.
E proprio Damna, frontman del gruppo alessandrino, fa la sua comparsa nella scandinava The City’s Burning, splendida song vicina al sound dei Backyard Babies, ma le sorprese non finiscono qui ed in questo adrenalinico lavoro mette la sua firma pure Phil Campbell dei Motorhead, sul singolo Mad Fall.
Un pezzo di granito hard & heavy, questo è Witness, sempre in bilico tra il rock’n’roll ed il metal moderno, dotato di un feeling ed un appeal da boom radiofonico in praticamente tutti i brani, un album che, se fosse uscito dalle coste statunitensi, sarebbe glorificato come l’ultima frontiera del rock duro dalle atmosfere street.
Non c’è scampo, è bene chiarirlo, Witness entra nell’ascoltatore senza bussare, forte di chorus che si cantano dal primo ascolto, ritmiche che non disdegnano modernità e chitarre taglienti come sciabole, ficcanti e tremendamente heavy.
Potrei nominarvele tutte le tracce presenti, ma l’alto tasso qualitativo mi impedisce pure di sceglierne un paio: mi limito, per la cronaca, a farvi partecipi della geniale cover di Go, brano dei The Chemical Brothers ed invitarvi a far vostra questa ennesima prova di forza del metal/rock nazionale.
I Fake Idols sarebbero anche pronti a conquistare il mondo, vogliamo aiutarli?
Non mancate allora all’appuntamento con Witness, in barba a chi vi vuol far credere che ormai il rock si limita a grassi e vegliardi frontman, avidi di denaro e che salgono sui palchi di mezzo mondo con tanto di comoda …

TRACKLIST
1.Mad Fall (feat. Phil Campbell)
2.So Now…
3.Sail
4.The City’s Burning feat. Damna)
5.Silence
6.I’m a Fake
7.Go (Chemical Brother’s cover)
8.Could You Bid Me Farewell
9.Prayers On Fire
10.Witness

LINE-UP
Claudio Coassin – lead vocals
Ivan Odorico – guitars
Cristian Tavano – guitars
Ivo Boscariol – bass
Enrico Fabris – drums

FAKE IDOLS – Facebook

Ichabod Krane – Beyond Eternity

Quando le sonorità vecchia scuola sono glorificate in tale maniera, album come questi sono da usare come esempio per le nuove leve metalliche, cresciute ai ritmi sincopati del metal odierno.

E’ ancora una volta la Pure Steel a regalarci un piccolo gioiellino di metallo incendiario direttamente dagli States.

La band in questione si chiama Ichabod Krane, vede tra le proprie fila musicisti provenienti dagli storici Halloween, band ottantiana con una discografia alle spalle di tutto rispetto e Beyond Eternity è il secondo lavoro dopo l’esordio Day of Reckoning, licenziato un paio di anni fa.
Il gruppo chiaramente poggia le proprie basi musicali nell’U.S. Metal e lo fa ottimamente aiutato dall’esperienza accumulata dai protagonisti, un ottimo cantante, ed una raccolta di belle canzoni, elegantemente oscure, epiche e con una buona alternanza tra potenza e melodia.
Siamo in territori cari ai primi Queensryche e Crimson Glory, potenziati da una dose massiccia di soluzioni priestiane, valorizzate da un talento melodico non da poco che riesce nella non facile impresa di rendere accattivanti anche gli episodi più duri (la title track in questo senso è un piccolo capolavoro).
Ottima la prova di Jeff Schlinz al microfono, un cantante di razza, potente e melodico, interpretativo il giusto per dare un’anima alle tracce che compongono il cd, anche se la parte del leone la fa la sei corde di Rick Graig che impazza in tutto l’album tra riff classic metal e solos taglienti come rasoi.
L’album funziona alla grande in brani come Metal Messiah, When The Stars Fall (dove Schlinz raggiunge vette interpretative del Tate degli anni migliori) e Bitter Romance (semi ballad che mantiene comunque inalterata tutta la potenza espressa sull’album), ma è nell’insieme che il disco ha qualcosa in più, aiutato da un lavoro in consolle da elogiare.
Beyond Eternity è il classico album metal dai rimandi old school perfettamente inserito nel nuovo millennio, fiero nel suo essere classico, suonato ottimamente e a tratti trascinante, uno spasso per gli amanti dell’heavy metal suonato nel nuovo continente.
Quando le sonorità vecchia scuola sono glorificate in tale maniera, album come questo sono da usare come esempio per le nuove leve metalliche, cresciute ai ritmi sincopati del metal odierno.

TRACKLIST
1. Black World
2. Metal Messiah
3. Pandora’s Box
4. Beyond Eternity
5. When the Stars Fall
6. Bring It Down
7. Why So Sad
8. Whiskey Angel
9. Bitter Romance

LINE-UP
George Neal – bass
Rick Graig – guitars
Jeff Schlinz – vocals
Rob Brug – drums
Lisa Hurt – keyboards, backing vocals

ICHABOD KRANE – Facebook

Heller Schein – Sonic Clash Warning

Gli Heller Schein sanno alternare furia thrash/death e tecniche parti prog, atmosferici attimi di quiete intimista e mitragliate estreme violentissime

Eccolo un altro esempio di come nel nostro paese la musica metal abbia trovato terreno fertile nell’underground, colmo di talenti che sotto l’aspetto compositivo (soprattutto) non sono secondi a nessuno.

Sonic Clash Warning è un disco fresco, energico, dosato e bilanciato tra irruenza estrema e metallo che sposa sia l’anima classica che quella prog, in un variopinto quadro di note a tratti surreali, ma sbalorditivo nel non perdere mai il filo del discorso, che si interrompe solo al minuto trentanove, ultimo spazio temporale a disposizione del gruppo.
Loro sono gli Heller Schein, quartetto di Bologna nato nel 2002 per volere del cantante e chitarrista Francesco ‘Franz’ Massimiliani e che nel corso di questi anni ha più volte limato la line up per giungere a quella attuale formata, oltre che dal Massimiliani, da suo fratello Paolo alle pelli, da Nicola Deodato (chitarra) e da Davide Laugelli al basso (in sostituzione di Davide Salvatore Nicolais, dimissionario dopo le registrazioni di Sonic Clash Warning).
L’album parte da un concetto progressive metal che si evince dai molti cambi di tempo, uno spartito cangiante e tecnica notevole, ma non si ferma qui, abbatte molte barriere e libero si allea con il death metal, il thrash più evoluto ed il metal classico.
La prima sorpresa è l’uso che fa Massimiliani della voce, tra growl estremi, urla metalliche vicine al falsetto e toni teatrali, interpretando a modo suo le varie composizioni musicali che, come detto,  risultano una sorpresa dietro l’altra.
C’è di tutto e di più in questo lavoro, le diverse anime che vivono all’ interno del songwriting, si prendono a spallate per il comando del sound, ma inutilmente, gli Heller Schein sanno alternare furia thrash/death e tecniche parti prog, atmosferici attimi di quiete intimista e mitragliate estreme violentissime, sempre supportate da un lavoro agli strumenti di un’altra categoria.
Sonic Clash Warning stupisce non poco per una maturità compositiva notevole, supportata da brani intricati, ultra tecnici, ma dall’appeal enorme.
La parte del leone la fa il singer, davvero bravo in tutte le forme prese dalla sua voce, ma sono sicuramente da elogiare anche gli altri musicisti, che vanno a formare un combo da seguire con molto interesse.
Farvi nomi per elencare le ispirazioni del gruppo, non è facile, vista comunque l’originalità insita nella musica della band, vi invito perciò ad ascoltare brani come Karma, Twisted Jocker e Sonic Clash Warning per farvi un’idea delle enormi potenzialità del gruppo bolognese.

TRACKLIST
1.Ascension
2.Karma
3.GrandFatherSong
4.Twisted Jocker
5.Sonic Clash Warning
6.Watching Through My Head A Baby
7.Viky’s Legacy

LINE-UP
Francesco Massimiliani – Voices & Screams
Paolo Massimiliani – Drums
Nicola Deodato – Guitar
Davide Laugelli – Bass

HELLER SCHEIN – Facebook

Haunted – Haunted

Un’altra opera affascinante proveniente da una Sicilia nella quale sono sempre più curioso di fare un salto per scoprire il segreto di una tale magnificenza musicale.

Esordio omonimo per questo quintetto doom stoner siciliano, nato solo lo scorso anno in quel di Catania e che annovera tra le sue fila Frank Tudisco, un passato nei seminali Sinoath e bassista nella nuova formazione degli storici Schizo.

Nelle nostre due isole maggiori deve nascere qualche pianta a noi sconosciuta, dagli effetti collaterali tremendamente allucinogeni, vista (e non è la prima volta che lo scrivo) la qualità altissima delle uscite discografiche nel genere, confermate pure da questa pesantissima opera degli Haunted.
La grafica che accompagna l’album (ad opera di Sandro Di Girolamo, leader degli straordinari psycho-stoner palermitani Elevator To The Grateful Sky) ricorda le opere doom settantiane e soprattutto gli album usciti per la Rise Above del sommo sacerdote Lee Dorrian, impressione confermata dal sound di cui che si avvicina a quanto fatto da Orange Goblin ed Electric Wizard.
Una voce femminile (Cristina Chimirri), ci accompagna in questo trip doom messianica di una potenza pari ad un eruzione vulcanica, le sei corde ribassate fino al limite, il basso che pulsa come il cuore di un gigante addormentato e le pelli che si squarciano sotto i colpi inferti da Valerio Cimino, formano un monolite sonoro di impressionante potenza e pesantezza.
Non manca, come spiegato, quella componente psichedelica che è ormai tradizione per i gruppi che provengono dal profondo Sud, come dal bel mezzo del Mediterraneo, che rende l’opera ancora più sabbatica e disturbante, facendoci perdere a lunghi tratti la bussola nel mezzo del magma sonoro che il gruppo catanese ci rovescia addosso.
Cinque brani per più di quaranta minuti di musica del destino dall’inquietante incedere, un mega trip che ci incatena alla poltrona e ci invita ad un diabolico sabba, ipnotizzante e pericolosissimo, una lunga e drammatica avventura persi in deserti oscuri dove il sole è una palla di micidiale catrame nerissimo e caldissimo, una lenta agonia che ha nelle sabbatiche note del singolo Silvercomb, dell’opener Nightbreed e della conclusiva title track le sue magmatiche perle nere.
Un’altra opera affascinante proveniente da una Sicilia nella quale sono sempre più curioso di fare prima o poi un salto per scoprire il segreto di una tale magnificenza musicale.

TRACKLIST
1. Nightbreed
2. Watchtower
3. Silvercomb
4. Slowthorn
5. Haunted

LINE-UP
Valerio Cimino – Drums
Cristina Chimirri – Vocals
Frank Tudisco- Bass
Francesco Orlando – Guitars
Francesco Bauso – Guitars

HAUNTED – Facebook

Metal Witch – Tales From The Underground

Un album dedicato a chi mantiene intatto il cordone ombelicale che lo tiene legato alla scuola old school, le nuove leve difficilmente troveranno di che soddisfarsi, ma ai Metal Witch non credo interessi più di tanto.

Il ritorno in auge delle sonorità old school hanno risvegliato realtà metalliche ormai dormienti da molti anni i gruppi storici, specialmente quelli conosciuti in ambito underground, sono tornati a combattere le loro battaglie sotto la bandiera di label attente nel mantenere vivi i suoni classici come, per esempio la Pure Steel, e le etichette che dalla label tedesca dipendono per la distribuzione, come la Iron Shields.

I tedeschi Metal Witch ne sono il classico esempio: una band cresciuta negli anni ottanta, ma che ha visto il primo lavoro uscire addirittura all’alba del nuovo millennio.
Nel 2008 il primo lavoro sulla lunga distanza passato quasi inosservato (Risen From The Grave), ristampato tre anni fa ed ora finalmente un nuovo lavoro, che se non susciterà grossi clamori sicuramente piacerà al pubblico metallico ancorato ai vecchi cliché ottantiani.
Nulla di clamoroso dunque, ma un buon esempio di heavy metal ignorante, un sound che del gergo calcistico, palla lunga e pedalare fa il suo credo, mescolando con risultati più che sufficienti molte delle caratteristiche dei gruppi più famosi dell’era d’oro della nostra musica preferita.
Il quintetto di Amburgo, infatti, parte da una base musicale fortemente influenzata dalla new wave of british heavy metal, aggiunge un pizzico di ritmiche power, classiche per chi proviene dalle terre germaniche, e lo velocizza con trame rock’n’roll: ne esce un sound che rispecchia le caratteristiche peculiari di gruppi quali Accept, Saxon e Motorhead.
Il tutto sinceramente funziona, anche per merito di brani come Heavy And Roll (con il classico fischio usato da Biff nei primi lavori dei Saxon), Stay True, dove aleggia lo spirito di Lemmy, senza dimenticare l’opener Cheers To The Underground, un inno metallico dedicato ai maestri Accept.
Un album dedicato a chi mantiene intatto il cordone ombelicale che lo tiene legato alla scuola old school, le nuove leve difficilmente troveranno di che soddisfarsi, ma ai Metal Witch non credo interessi più di tanto.

TRACKLIST
1. Cheers to the Underground
2. Flute of Shame
3. God Save the Heroes
4. Heavy and Roll
5. Standing in My Way
6. Stay True
7. Still Going Strong
8. The Heart of England
9. The Man Who Shouldn’t Live
10. Weapons of the Night

LINE-UP
Thorsten Meyer – Bass
Rüdiger Voigt – Drums
Ingo Hinz – Guitars
Lorenz Hoppe – Guitars
Kay Rogowski – Vocals

METAL WITCHES – Facebook

Final Solution – Through The Looking Glass

Una serie di cavalcate metalliche veloci e potenti, eseguite con piglio e personalità.

I Final Solution irrompono sul mercato underground metallico tramite l’attivissima label nostrana logic(il)logic Records, con questa piccola bomba sonora dal titolo Through The Looking Glass.

Il gruppo capitanato dal chitarrista Fabio Pedrali, in passato axeman degli Hellcircles, licenzia questo bellissimo ed arrembante lavoro, incentrato su sonorità power prog seguendo le linee guida dei maestri americani Symphony X, ma accentuando l’anima estrema del sound, ricordi di un passato da melodic death metal band.
Ne esce un album violentissimo, sempre alla massima tensione, ma valorizzato dall’ottima tecnica dei musicisti, una serie di cavalcate metalliche veloci e potenti, eseguite con piglio e personalità.
Prodotto benissimo, così da mettere in luce tutti i dettagli che compongono il sound (la sezione ritmica è un uragano) Through The Looking Glass stupisce per la già notevole padronanza del proprio sound da parte del gruppo, una raccolta di brani, dove si nota l’elevata maturità del combo, in grado di lasciare nell’ascoltatore l’impressione di band navigata e non certo al debutto.
Funziona tutto perfettamente, dai suoni, alle ritmiche da mitragliatore impazzito, dall’ottimo lavoro sulle sei corde, al cantato che, se ricorda Russell Allen non dimentica di mantenere un approccio comunque personale.
Si parlava dei Symphony X, influenza o ispirazione (fate voi) del gruppo nostrano, ed in effetti Through The Looking Glass non può che ricordare i momenti più heavy della discografia del combo di Romeo, solo che i Final Solution accelerano le ritmiche, aggiungono al cantato, già di per se aggressivo del buon Mario Manenti, growl di estrazione death che deflagrano in tutta la loro potenza nella già devastante atmosfere dei brani.
Dopo l’intro, Sick Of You fa capire che qui la tempesta si fa intensa, power metal oscuro, veloce ed impreziosito da interventi chitarristici da manuale, dal taglio chiaramente progressivo.
Via una e sotto con Demon Inside: drumming straordinario, furia metallica, cambi di tempo che mantengono la velocità al limite dell’umano e le voci che alternano rabbia estrema e melodia metallica.
La furia tempestosa continua a fare danni, la band non smette di stupire tra ritmi indiavolati e chorus perfetti, il growl fa capolino come se la parte estrema facesse a spintoni con quella prog metal, e l’ascolto se ne giova travolti da Empty Walls, The Show Is On e Dogs Of War.
Questo è un lavoro che sprizza entusiasmo, voglia di emergere e talento: qualche volta la band si specchia un po’ troppo nel famoso gruppo americano, ma non vedo il problema, perciò fate vostro Through The Looking Glass senza se e senza ma.

TRACKLIST
01. Awakening
02. Sick Of You
03. Demon Inside
04. Empty Walls
05. The Show Is On
06. (R)Evolution
07. Dogs Of War
08. Grey

LINE-UP
Mario Manenti – Vocals
Fabio Pedrali – Guitars
Alessandro Martinelli – Guitars
Gabriele Savoldi – Bass
Gianluca Borlotti – Drums

FINAL SOLUTION – Facebook

In Aeternum – The Blasphemy Returns

Un buon ep che lascia la speranza su un sospirato ritorno sulla lunga distanza

In bilico (a livello di popolarità) tra l’underground e uno status più consono al livello della propria proposta, gli svedesi In Aeternum hanno da sempre tenuto alta la bandiera del black metal svedese, con quella componente di thrash e melodia che hanno fatto di questo sound uno dei migliori e più conosciuti modi di suonare metal estremo.

Attivo dalla prima metà degli anni novanta, il gruppo di Sandviken ha licenziato solo quattro album, colmando la sua discografia di ep e split, ma la qualità delle uscite è sempre rimasta a mio parere molto alta, come confermato da questo nuovo ep che riprende nel titolo il primo bellissimo album targato 1999, Forever Blasphemy.
The Blasphemy Returns, licenziato per la Pulverised Records infatti riprende nel titolo il primo e famoso album del gruppo, è composto da quattro brani: due tracce inedite, più la nuova versione di Majesty of Fire, brano che apriva quel lavoro e la cover di I Am Elite dei conterranei War.
Siamo scaraventati ancora una volta nel suono che fece fuoco e fiamme nel nord Europa dai primi anni del decennio novantiano, e non poteva essere altrimenti, le quattro songs sono sparate a velocità della luce, premendo il pedale a tavoletta tra attitudine black e partiture thrash come da copione, ed il tutto funziona ancora molto bene.
Le due tracce inedite (Wolfpack e Stench of Victory) non mancano di far danni, devastanti, potenti e dal forte sentore di anticristianità, con la puzza di zolfo che esce copiosa dagli altoparlanti.
Il suono è quello storico, portato alla luce dai Dissection e personalizzato dal gruppo con iniezioni letali di thrash metal slayerano e robuste scudisciate alla Angelcorpse; d’altronde stiamo parlando di un gruppo che il genere lo sa suonare al meglio, confermando che dalle loro parti la fiamma nera è più accesa che mai.
Un buon ep che lascia la speranza su un sospirato ritorno sulla lunga distanza (l’ultimo Dawn of a New Aeon è ormai di undici anni fa).

TRACKLIST
1. Wolfpack
2. Stench of Victory
3. Majesty of Fire (2016 Version)
4. I Am Elite (War cover)

LINE-UP
David “Impious” Larsson – Guitars, Vocals
Perra Karlsson – Drums
Claes “Clabbe”- Ramberg Bass
Joel Lindholm – Guitars (lead)

IN AETERNUM – Facebook

Seven Sisters – Seven Sisters

Un buon album di heavy metal, niente di più e niente di meno, ma i Seven Sisters sapranno far dimenticare ai più attempati gli anni che inesorabilmente sono passati.

Nel ritorno in auge dei suoni old school non potevano certo mancare i gruppi dediti alla riproposizione di uno dei generi più famosi ed importanti di tutto il mondo metallico, l’heavy metal di scuola britannica conosciuto ai più come new wave of british heavy metal, una scena che nello spazio di quattro anni, tra il 1979 e il 1983 diede i natali ad una manciata di gruppi divenuti in seguito delle vere icone della nostra musica preferita con in testa gli Iron Maiden.

E britannici sono pure i Seven Sisters, band attiva in quel di Londra da un paio d’anni ed arrivata all’esordio omonimo sulla lunga distanza dopo il classico demo, inizio discografico per il 90% dei giovani gruppi metallici di tutto il mondo.
Le sette sorelle non mancheranno di piacere ai nostalgici del suono inglese per antonomasia, almeno in ambito metallico, l’album infatti è una trasposizione fedele del suono di quegli anni, dalla produzione che odora di vinili impolverati, al sound perfettamente calato nei cliché che fecero grandi le realtà ottantiane.
Cavalcate maideniane, solos dal flavour epico, così come i refrain, ed un vocalist più che dignitoso, fanno di Seven Sisters il lavoro perfetto per metallari ormai vicini alla pensione, con gli occhi lucidi quando il sound si colma di quelle atmosfere dure come l’acciaio ed emozionali come solo la musica heavy metal classica sa regalare.
Le ritmiche mantengono una linea che perdura su cavalcate o mid tempo, non mancano i crescendo tipici di chi la storia del metal l’ha fatta per davvero e, nel suo piccolo, l’album regala qualche perla incastonata sul manico dello spadone forgiato dagli dei del metallo (Destiny’s Calling, Seven Sisters e Cast To The Stars).
Un buon album di heavy metal, niente di più e niente di meno, ma i Seven Sisters sapranno far dimenticare ai più attempati gli anni che inesorabilmente sono passati.

TRACKLIST
1. Destiny’s Calling
2. Highways of the Night
3. The Silk Road
4. Seven Sisters
5. Pure as Sin
6. Commanded by Fear
7. Gods and Men Alike
8. Cast to the Stars

LINE-UP
Kyle McNeill – Guitars, Vocals
Graeme Farmer – Guitars
Adam Thorpe – Bass
Steve Loftin – Drums

SEVEN SISTERS – Facebook

Darkhaus – When Sparks Ignite

Ottimo lavoro in un genere molto più difficile da gestire di quanto si possa pensare

L’alleanza o l’alchimia tra il metal e sonorità pop dal taglio elettronico e dark, ha portato in questi anni molta fortuna ai gruppi che si sono cimentati nel genere, con singoli ruffiani e dalle ritmiche irresistibili, passati senza soluzione di continuità nei club e sui canali satellitari, ad uso e consumo di chi preferisce ascolti poco impegnativi e alternativi al solito rock da classifica.

Con alterne fortune, le band in questione non si contano più, il sound proposto ultimamente sta tirando leggermente la cinghia non fosse appunto per gruppi come i Darkhaus, al secondo lavoro dopo l’esordio My Only Shelter uscito ormai tre anni fa.
Una band dal taglio internazionale, non solo per il sound proposto, ma soprattutto nella line up che vede Gary Meskil dei ben più temibili Pro Pain, affiancato da una manciata di musicisti di diverse nazionalità.
Infatti dietro al microfono troviamo lo scozzese Ken Hanlon, l’austriaco Rupert Keplinger alla sei corde ed il tedesco Paul Keller alle pelli, senza dimenticare l’altro arrivo da casa Pro Pain, Marshall Stephens.
Una band internazionale appunto come la propria proposta: When Sparks Ignite infatti segue il mood del primo lavoro, un rock/metal dal taglio moderno elettronico e dark pop, molto melodico, con tutti brani di ampio respiro e qualche riff grintoso piazzato qua e là per piacere (non poco) ai fans orfani degli ultimi Sentenced, e dei Rammstein meno marziali.
Il cantato melodico e ruffiano, porta con sé molto della dark wave anni ottanta, così come qualche atmosfera da vampirelli metropolitani che faranno la gioia dei fans più giovani.
Tutto funziona però e molto bene, l’album è colmo di belle canzoni, orecchiabili e curate in ogni dettaglio, non una nota fuori posto, come si evince dall’ascolto dell’album, e in molti casi i chorus si stampano in mente al primo passaggio.
Cinquanta minuti per un album del genere non sono pochi, ma il gruppo non perde un colpo collezionando una raccolta di brani che mantiene un appeal altissimo per tutta la sua durata.
Difficile trovare un brano che spicchi sul resto, ma vi propongo tre titoli: l’opener All Of Nothing, After The Heartache e To Live Again, tracce che non mancheranno di affascinare, melodiche, ruvide e pregne di appeal radiofonico.
Ottimo lavoro in un genere molto più difficile da gestire di quanto si possa pensare, promosso a pieni voti.

TRACKLIST
1. All Of Nothing
2. The Last Goodbye
3. Feel My Pain
4. Second Chance
5. After The Heartache
6. Helpless
7. Devil’s Spawn
8. Oceans
9. Lonesome Road
10. To Live Again
11. Tears Of Joy
12. Bye Bye Blue Skies

LINE-UP
Ken Hanlon – Vocals
Rupert Keplinger – Guitars
Marshall Stephens – Guitars
Gary Meskil – Bass
Paul Keller – Drums

DARKHAUS – Facebook

Fetid Zombie – Epicedia

I Fetid Zombie sono ormai una garanzia per gli amanti dei suoni old school

L’inverno si avvicina, le ore di luce lasciano spazio alle tenebre, l’aria si fa umida di pioggia che impregna la terra dei cimiteri, i vermi e gli insetti tornano a pullulare a ridosso delle tombe marcite e l’atmosfera torna ad essere quella adatta per risvegliare la creature del polistrumentista americano Mark Riddick, i Fetid Zombie.

Il musicista ed illustratore statunitense, al sesto album della sua famigerata creatura, successore di quel Grotesque Creation uscito lo scorso anno e di cui vi avevamo parlato dettagliatamente sulle pagine di Iyezine, torna ad un lavoro sulla lunga distanza dopo un buon numero di split, segno della inesauribile creatività del nostro che, anche in questo nuovo album, riempie i nostri padiglioni auricolari di marcissimo death metal old school, soffocante come una bara chiusa due metri sotto terra, oscuro come una catacomba dimenticata nel tempo, ma vario nell’alternare furia death ad ormai immancabili atmosfere dark, in un delirio mortifero che affascina la parte oscura che risiede in noi.
Si passeggia tra le tombe di un cimitero, il fango che ci avvolge le caviglie rende pesante il nostro passo, allorché lo zombie fetido e mostruoso ci aggredisce famelico.
Circondato come da abitudine da un nugolo di ospiti della scena estrema mondiale, Riddick ridà vita al suo alter ego, un morto vivente che si nutre di death metal old school, tra orchestrazioni dark, atmosfere catacombali e tanto horror style, così che Epicedia, supportato dal brani dal flavour estremo in bella mostra come Devour The Innocent e, soprattutto, la conclusiva Devour The Virtuous, risulta ancora una volta un buon lavoro death metal dal taglio orrorifico.
I Fetid Zombie sono ormai una garanzia per gli amanti dei suoni old school, Riddick si dimostra maestro nel saper convogliare nel metal estremo le atmosfere di cui sopra: se siete fans del gruppo americano il disco è un acquisto a scatola chiusa, ma se non conoscete le opere di questo E.A. Poe moderno, non perdete tempo e rimediate con questo nuovo lavoro, lo zombie è in agguato.

TRACKLIST
1. Lowered Beneath
2. Devour the Virtuous
3. Devour the Innocent
4. If the Dead Could Speak

LINE-UP
Mark Riddick – Vocals, Guitars, Bass, Drum programming, Keyboards

FETID ZOMBIE – Facebook

Metharia – Questo è Il Tempo

Un lavoro di rock alternativo che non fa mancare ruvida energia metallica, oltre ad un gustoso mood elettronico che rende la proposta fresca ed al passo coi tempi.

Napoli, città dove la musica è di casa, è conosciuta in tutto il mondo per la tradizione della sua canzone melodica, virtù popolare di gente che il ritmo lo ha nel sangue.

Ma, sotto le melodie che profumano dei vicoli e delle storie di questo straordinario popolo, batte forte un cuore rock’n’roll con una scena che ogni anno ci regala splendide realtà, pescando da molti dei generi cardine della nostra musica preferita.
Una scena alternative che, negli anni novanta, ha portato non poche band agli onori delle cronache (su tutti gli storici 99 Posse) è ora patria di molte realtà rock/metal affacciatesi con forza negli ultimi anni sulla scena nazionale.
La Volcano Records & Promotions, etichetta nata proprio nel capoluogo campano e attiva a livello nazionale ed europeo nel supportare l’hard & heavy, firma il nuovo lavoro della storica band dei Metharia, gruppo attivo dal 1999 con una storia alle spalle fatta di molte soddisfazioni, forzati stop e cambi di line up che ne hanno frenato la carriera ma certamente non la voglia di suonare rock.
Tornano dunque, a sei anni di distanza dall’ep Ockulta Informazione, con Questo è Il Tempo, un lavoro di rock alternativo che non fa mancare ruvida energia metallica, oltre ad un gustoso mood elettronico che rende la proposta fresca ed al passo coi tempi, pur non facendo mistero delle proprie ispirazioni.
Cantato ottimamente in italiano, l’album offre un panorama esaustivo sulla scena rock degli ultimi tempi: la band parte da una forte base alternative, con dosi di Litfiba che scorrono nelle vene del quartetto nostrano, ma rielaborate con un gusto internazionale.
Tra le trame del disco il metal moderno non manca immettere groove tra gli attimi più energici, l’atmosfera si mantiene grigia, quasi dark, con rimandi alla scena new wave ottantiana, specialmente quando liquidi tappeti elettro- rock divengono fondamenta al sound, ed il resto lo fa una produzione di alto livello, perfetta nel sottolineare i molti dettagli nella musica dal combo napoletano.
I brani si mantengono su un ottimo standard, l’alternarsi dei colori nell’atmosfera dell’album tiene alta l’attenzione, con picchi di grondante rock/metal alternativo come l’opener Roghi Di Idee, Echi e Frequenze, Non Esiste Un Motivo e la splendida Karma, senza dimenticare la splendida cover di Impressioni Di Settembre, storico brano della sempre mai abbastanza lodata Premiata Forneria Marconi.
Per i Metharia un ottimo ritorno che dovrebbe essere nelle corde di chi ama il rock alternativo e dei metallari dotati di sufficiente apertura mentale.

TRACKLIST
1. Roghi di idee
2. Universi distanti
3. Echi e frequenze
4. Un’ultima volta
5. Non esiste un motivo
6. Karma
7. Frammenti
8. Scie chimiche
9. Luce senz’anima
10. Figlio della terra
11. Impressioni di settembre
12. Nephilim

LINE-UP
Raul Volani – Bass Guitar, Vocals
Giuseppe Arena – Guitars
Ciro Cirillo – Bass Guitar
Alessandro Romano – Drums

METHARIA – Facebook

Grossty – Crocopter

I Grossty escono dai soliti cliché per superare i confini del genere e costruendosi una precisa identità, all’insegna del divertimento sfrenato, di allusioni pornografiche e tanta brutalità.

Ventuno brani per ventiquattro minuti di velocissimo e devastante grindcore, tanto basta ai Grossty per incendiare i vostri lettori musicali e distruggervi i padiglioni auricolari.

Il gruppo di Bangalore (India) licenzia tramite la Transcending Obscurity India questo violentissimo primo album, dopo un paio di split, ed il risultato è una bomba sonora che amalgama sotto il segno del grind più efferato, punk, hardcore ed un’attitudine rock’n’roll irriverente e divertentissima.
Un’esplosione di violenza sotto forma di brani che in generale non superano i due minuti, ventuno botte di adrenalina che non fanno prigionieri.
Si passa da sfuriate grindcore classiche a mitragliate dove il punk rock prende il comando delle ritmiche, alzando l’appeal e la qualità di questo bastardissimo bombardamento musicale.
Alternando il growl brutal alle urla hardcore, i Grossty escono dai soliti cliché per superare i confini del genere e costruendosi una precisa identità, all’insegna del divertimento sfrenato, di allusioni pornografiche e tanta brutalità.
A livello di influenze si parla più di generi che di band singole, un punto in più per il quartetto indiano, perciò se siete amanti dei suoni che prendono spunto dal grindcore non perdetevi Crocopter, il divertimento è assicurato.

TRACKLIST
1.Brink
2.Zit
3.Laugh at their Lives
4.Burn Baby Burn
5.Cop Hand
6.Corporate Gigolo
7.Crocopter
8.Death Roll
9.Saltie
10.Froggy the Killa
11.Get Grinded
12.Gounder Grind
13.Mermaid Marriage
14.Proud to be a Pervert
15.Lunch Skipper
16.Pussy Bun
17.Mouthful of Mayonnaise
18.Jesus Christ
19.Rawr
20.Crocking
21.Tortoise on the Tree

LINE-UP
Zit
Orphan
Lalge
Kuchi

GROSSTY – Facebook

Vultures Vengeance – Where the Time Dwelt In

Il sacro fuoco dell’heavy metal scorre nelle vene e nello spartito dei romani Vultures Vengeance, alfieri del più canonico ma affascinante esempio di puro metallo direttamente dagli anni ottanta.

Il sacro fuoco dell’heavy metal scorre nelle vene e nello spartito dei romani Vultures Vengeance, alfieri del più canonico ma affascinante esempio di puro metallo direttamente dagli anni ottanta.

Attivi dal 2009 i quattro cavalieri metallici hanno finora dato alle stampe un solo demo, Rising, che ha trovato estimatori soprattutto in Germania e Giappone, feudi metallici di lungo corso.
Dopo sette lunghi anni dalla nascita del combo, arriva tramite la Gates Of Hell Records un nuovo lavoro in formato ep, Where The Time Dwelt In che, a fronte di una produzione scarsa o definibile da molti old school, convince, emoziona e lascia intravedere un gruppo con molte frecce da scagliare in ambito classico.
Quattro cavalcate metalliche all’insegna di una neanche troppo velata epicità, una dichiarazione di guerra al metal moderno fatta di solos taglienti, atmosfere guerresche e fiere dichiarazioni d’intenti: portare nel nuovo millennio il più puro ed incontaminato heavy metal.
Warlord e Iron Maiden sono i numi ispiratori, un vocalist che comanda le operazioni con il giusto carisma (Tony T. Steele), ed un songwriting molto ispirato, fanno di questo ep un cult per tutti gli appassionati.
Quattro tracce ispiratissime, con On A Prisoner’s Tale una spanna sopra alle altre, che mantengono una media molto alta e con lo strumentale Where The Time Stands Still che la dice lunga sulla qualità della musica del gruppo romano.
Questo ep, se prodotto con tutti i crismi sarebbe risultato una bomba: ci accontentiamo, anche perché non so quanto la cosa sia voluta dalla band, ma rimane l’assoluto valore dei brani che compongono l’opera e che svernicia molti degli album sentiti nel genere negli ultimi tempi.

TRACKLIST
1. Intro
2. A Curse From Obsidian Realm
3. And The Wind Still Screams His Name
4. On a Prisoner’s Tale
5. Where The Time Stands Still

LINE-UP
Tony T. Steele – vocals, guitars
Matt Savage – bass
Nail – guitars
K Khel – drums

VV.AA. – Live at Wacken 2015 – 26 Years Louder Than Hell

Wacken da anni non vi fa mancare nulla, andarci almeno una volta nella vita dovrebbe essere un dovere per ogni metallaro degno di questo nome, ma ci si può accontentare anche di queste splendide iniziative.

Come ogni anno i primi di Agosto nella piccola località di Wacken, su a nord della Germania, vicino ad Amburgo viene consumato per tre giorni il rito metallico per antonomasia (almeno dal 1990), il festival metal più grande del mondo, una città di musica dura costruita tutte le estati in modo da consentire ai metal fans di vivere per circa settantadue ore il loro sogno.

Il Wacken Open Air è diventato negli anni una sorta di Mecca per chiunque ami l’hard & heavy, soddisfacendo tutti i tipi di palati dai più estremi a quelli più melodici, dai cultori dell’old school ai metallers con il rock’n’roll nel cuore ed una birra nella mano, con palchi sempre più mastodontici, scalette che lasciano poche ore di sonno e una quantità di gruppi che non troverete in nessun altro festival al mondo.
Quest’anno si è svolta la ventisettesima edizione con sempre il tutto esaurito già dall’inizio dell’anno ed un organizzazione come sempre impeccabile.
Nel frattempo la UDR, in collaborazione con gli organizzatori del festival, non ha fatto mancare il lussuoso cofanetto che immortala una buona fetta dei gruppi che hanno calcato il palco l’anno prima, una vera chicca per chi ha avuto la fortuna di presenziare all’evento e per chi, rimasto a casa, vuol respirare virtualmente l’atmosfera di questo storico paradiso metallico.
Composto da un doppio cd/dvd, 26 Years Louder Than Hell glorifica con immagini bellissime ed un suono perfetto non solo le apparizioni più significative, ma tutto quello che il Wacken è per il mondo del metal e dell’hard rock.
Settantacinquemila persone in questa pianura persa nel nord Europa, le piogge che non risparmiano mai il pubblico trasformando in un mare di fango le aree concerti, la positività di un mondo lungi dagli stereotipi che lo accompagnano da sempre, commuovono, mentre i gruppi sul palco non si risparmiano consapevoli dell’importanza epocale dell’evento.
In questo dvd a livello musicale troverete una varietà di generi assolutamente unica, valorizzata come detto da immagini e suono che senz’altro valgono l’acquisti dell’opera.
Dall’heavy metal dei maestri Judas Priest e Uli Jon Roth, al death scandinavo di Amorphis e In Flames, all’hard rock pregno di blues dei nuovi Europe e The Answer, dal thrash metal degli inossidabili Death Angel, al brutal dei Cannibal Corpse.
Insomma Wacken da anni non vi fa mancare nulla, andarci almeno una volta nella vita dovrebbe essere un dovere per ogni metallaro degno di questo nome, ma ci si può accontentare anche di queste splendide iniziative.

TRACKLIST
01. JUDAS PRIEST – Painkiller
02. IN FLAMES – Paralyzed
03. IN FLAMES – Everything’s Gone
04. AMORPHIS – My Kantele
05. AMORPHIS – Magic And Mayhem
06. RUNNING WILD – Under Jolly Roger
07. RUNNING WILD – Riding The Storm
08. BEYOND THE BLACK – Rage Before The Storm
09. BEYOND THE BLACK – Songs Of Love And Death
10. ARCHITECTS OF CHAOZ – Horsemen
11. ARMORED SAINT – Left Hook From Right Field
12. ANNIHILATOR – Creepin’ Again
13. ANNIHILATOR – Alison Hell
14. DEATH ANGEL – Voracious Soul
15. DEATH ANGEL – Buried Alive
16. EXUMER – Possessed By Fire
17. BURGERKILL – Under The Scars
18. SABATON – To Hell And Back
19. SABATON – Night Witches
20. DANKO JONES – The Twisting Knife
21. DANKO JONES – Full Of Regret
22. ULI JON ROTH – Dark Lady
23. ULI JON ROTH – Virgin Killer
24. THE POODLES – Night Of Passion
25. EUROPE – War Of Kings
26. EUROPE – The Second Day

DVD2 / Blu-ray 2:
01. BIOHAZARD – How It Is
02. BIOHAZARD – Punishment
03. KATAKLYSM – As I Slither
04. KATAKLYSM – To Reign Again
05. CANNIBAL CORPSE – Scourge Of Iron
06. CANNIBAL CORPSE – Evisceration Plague
07. CRADLE OF FILTH – Burn In A Burial Gown
08. CRADLE OF FILTH – Cruelty Brought Thee Orchids
09. ANAAL NATHRAKH – Idol
10. SKINDRED – Kill The Power
11. SKINDRED – Proceed With Caution
12. OOMPH! – Augen auf
13. OOMPH! – Gott ist ein Popstar
14. SANTIANO – Gott muss ein Seemann sein
15. SANTIANO – Lieder der Freiheit
16. IN EXTREMO – Himmel und Hölle
17. IN EXTREMO – Feuertaufe
18. KÄRBHOLZ – Ich hör mir beim Leben zu
19. GODSIZED – Welcome To Hell
20. THE ANSWER – Raise A Little Hell
21. MY DYING BRIDE – Turn Loose The Swans
22. MANTAR – Into The Golden Abyss
23. SAVAGE MACHINE – Prisoners Of War (METAL BATTLE)
24. BLAAKYUM – Baal Adon (METAL BATTLE)
25. METAPRISM – Reload (METAL BATTLE)
26. WALKWAYS – Half The Man I Am (METAL BATTLE)
27. VESPERIA – Iron Saga (METAL BATTLE)

CD1:
01. JUDAS PRIEST – Painkiller
02. IN FLAMES – Paralyzed
03. AMORPHIS – My Kantele
04. RUNNING WILD – Under Jolly Roger
05. BEYOND THE BLACK – Rage Before The Storm
06. ARCHITECTS OF CHAOZ – Horsemen
07. ARMORED SAINT – Left Hook From Right Field
08. ANNIHILATOR – Alison Hell
09. DEATH ANGEL – Buried Alive
10. EXUMER – Possessed By Fire
11. BURGERKILL – Under The Scars
12. SABATON – To Hell And Back
13. DANKO JONES – Full Of Regret
14. ULI JON ROTH – Virgin Killer
15. THE POODLES – Night Of Passion
16. EUROPE – War Of Kings

CD2:
01. BIOHAZARD – How It Is
02. KATAKLYSM – To Reign Again
03. CANNIBAL CORPSE – Evisceration Plague
04. CRADLE OF FILTH – Burn In A Burial Gown
05. ANAAL NATHRAKH – Idol
06. SKINDRED – Proceed With Caution
07. OOMPH! – Gott ist ein Popstar
08. SANTIANO – Gott muss ein Seemann sein
09. IN EXTREMO – Himmel und Hölle
10. KÄRBHOLZ – Ich hör mir beim Leben zu
11. GODSIZED – Welcome To Hell
12. THE ANSWER – Raise A Little Hell
13. MY DYING BRIDE – Turn Loose The Swans
14. MANTAR – Into The Golden Abyss
15. SAVAGE MACHINE – Prisoners Of War (Metal Battle)
16. BLAAKYUM – Baal Adon (Metal Battle)
17. METAPRISM – Reload (Metal Battle)
18. WALKWAYS – Half The Man I Am (Metal Battle)
19. VESPERIA – Iron Saga (Metal Battle)

WACKEN OPEN AIR – Facebook

https://www.youtube.com/watch?v=CVPQdFYSVi8

Stench Price – Stench Price

Venti minuti di musica fuori dagli schemi e alquanto coraggiosa, da ascoltare e valutare con la dovuta calma, ma sicuramente meritevole della dovuta attenzione.

Un’esplosione di suoni e colori che vanno dal rosso sangue del grind più estremo a quelli che formano un arcobaleno di tonalità, come i generi ripresi, samba, bossa e lounge music.

Venti minuti alle prese con in un sound che più eccentrico non si può, accompagnati dai tre musicisti che formano la band dei Stench Price (Peter Shallmin al basso, Max Konstantinov alla sei corde e Romain Goulon alle pelli) più una serie di ospiti che si danno il cambio al microfono in questo che è l’esordio.
Sei brani e sei collaborazioni illustri, come Danny Lilker (Nuclear Assault, SOD, Brutal Truth) su Living Fumes che da inizio alle danze, devastante nella sua parte estrema, irresistibile quando i ritmi si fanno caldi e danzerecci.
Si continua ad esplorare metal estremo e musica tradizionale, mentre Rogga Johansson, Karina Utomo, Dave Ingram (Benediction, Bolt Thrower), Max Phelps (Exist, Cynic), Shawn Knight si danno il cambio su questi sei deliri estremi che spaziano per i generi con un tocco progressivo, ricordando le opere dei Cynic e Atheist, anche se il metal qui è molto più estremo.
I pezzi sono stati registrati, mixati e masterizzati all’interno dei leggendari The Morrisound Recordings Studios di Tampa, per un risultato eccellente.
Un’opera controversa che la si ama o la si odia, ma che non lascia sicuramente indifferenti, venti minuti di musica fuori dagli schemi e alquanto coraggiosa, da ascoltare e valutare con la dovuta calma, ma sicuramente meritevole della dovuta attenzione.

TRACKLIST
1. Living Fumes (ft. Dan Lilker of Brutal Truth)
2. Furnaces Burn (ft. Rogga Johansson of Paganizer)
3. Pressure (ft. Karina Utomo of High Tension)
4. 4.27.15 (ft. Max Phelps of Cynic)
5. The Genocide Machine (ft. Dave Ingram of Hail of Bullets)
6. The Vitality Slip (ft. Shawn Knight of Child Bite)

LINE-UP
Peter Shallmin – Bass
Max Konstantinov – Guitars
Romain Goulon – Drums

Danny Lilker (Nuclear Assault, SOD, Brutal Truth)
Dave Ingram (Benediction, Bolt Thrower etc.)
Shawn Knight (Child Bite)
Rogga Johansson (Ribspreader, Paganizer, Demiurg)
Max Phelps (Exist, Cynic, Death DTA Tours)
Karina Utomo (High Tension)

STENCH PRICE – Facebook

Wendigo – Initiation

I Wendigo, se sapranno sviluppare ed amalgamare l’elemento stoner con l’hard rock di scuola australiana, nel prossimo futuro ci faranno divertire non poco.

L’hard rock di ispirazione settantiana ha trovato in questi ultimi anni, anche grazie al successo dello stoner rock, nuova linfa vitale, così da accontentare gli amanti del genere stufi dei soliti nomi, ormai molti sepolti da una spessa coltre di polvere.

Anche quest’anno non sono mancati una manciata di lavori che si sono ritagliati una spazio importante nei cuori dei rockers sparsi per il mondo e neppure nuove realtà che si sono affacciate per la prima volta su di un mercato in continuo fermento.
Questa giovane band tedesca, al suo primo lavoro autoprodotto, non manca di sorprenderci con tre brani che vanno a formare il loro primo ep Initiation.
Nati pochi anni fa come cover band di Ac/Dc e ZZ Top, i Wendigo finalmente escono con musica tutta loro, ed il risultato è senz’altro positivo.
Il loro hard rock pesca a piene mani dalle atmosfere settantiane, ma senza fermarsi al solo copiare una data band, colmano il loro sound di sfumature hard rock (Ac/Dc), southern rock’n’roll (ZZ Top) e stoner così da risultare freschi e vari nell’approcciarsi al genere.
La prima traccia infatti (Play It) è un classico rock robusto alla Ac/Dc con ritmiche dal buon appeal ed il cantato maschio e ruvido che dona quel tocco bluesy al pezzo.
Sail On ha nel giro di basso stonerizzato il suo motore ritmico, mentre il brano prende una piega statunitense e ci prepara a quella che è la traccia migliore dell’ep.
Holy Hypocrite, infatti è una danza stoner nel bel mezzo del deserto, i ritmi si dilatano in una lavica andatura prettamente stoner rock, mentre i nostri si trasformano in sacerdoti di cerimonie illegali.
Non male questo ep, specialmente nell’ultimo brano:  i Wendigo, se sapranno sviluppare ed amalgamare l’elemento stoner con l’hard rock di scuola australiana (non solo la band dei fratelli Angus, ma anche Rose Tattoo), nel prossimo futuro ci faranno divertire non poco.

TRACKLIST
1.Play It
2.Sail On
3.Holy Hypocrite

LINE-UP
Jörg Theilen-Vocals
Eric Post-Guitars
Jan Ole Möller-Vocals, guitars
Lennard Viertel-Bass, vocals
Steffen Freesemann-Drums

WENDIGO – Facebook

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Desert Near The End – Theater Of War

Un ottimo lavoro che fa convivere in assoluta e devastante armonia il power metal epico dei Blind Guardian, la furia thrash dei Kreator ed il metal teatrale ed oscuro degli Iced Earth

Gran bella sorpresa questo Theater Of War dei power/thrash metallers greci Desert Near The End, un bombardamento sonoro notevole, drammaticamente oscuro e dall’elevato songwriting.

La band arriva al terzo lavoro, successore del debutto A Crimson Dawn del 2011 e di Hunt for the Sun licenziato un paio di anni fa, e il sound rilegge il power/thrash inserendo molti elementi europei e quell’oscurità tipica del metal statunitense con risultati molto positivi.
Theater Of War infatti risulta un album in cui le atmosfere tra il moderno e il classico si fondono alla perfezione con la musica estrema, una soffocante e palpabile oscurità avvolge i brani in una coltre di nero fumo, gli scontri all’ultimo sangue tra le due anime del sound si risolvono in una carneficina metallica di proporzioni bibliche e noi non possiamo che goderne, anche per l’ottima produzione, una forma canzone di alto livello e la buona tecnica dei musicisti.
Mixato e masterizzato da Tue Madsen (The Haunted, Heaven Shall Burn, Kataklysm) l’album è un apocalittico esempio di metal distruttivo, la guerra impera, l’umanità è alla fine e Ashes Descent, Point of No Return, la spaventosa title track e la devastante e melodica A Martyr’s Birth raccontano degli ultimi giorni della terra, ormai in preda ad un disfacimento totale, immersa nel buio della coltre di fumi che si alzano dagli incendi che avvolgono le città.
Un ottimo lavoro che fa convivere in assoluta e devastante armonia il power metal epico dei Blind Guardian, la furia thrash dei Kreator ed il metal teatrale ed oscuro degli Iced Earth, non perdetevelo per nessun motivo.

TRACKLIST
1. Ashes Descent
2. Faces in the Dark
3. Point of No Return
4. Under Blackened Skies
5. A Martyr’s Birth
6. Season of the Sun
7. Theater of War
8. At the Shores

LINE-UP
Alexandros Papandreou – Vocals
Akis Prasinikas – Bass
Thanos K – Guitars
Lithras – Drums (session)

DESERT NEAR THE END – Facebook

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