Simulacro – Echi Dall’Abisso

Gli otto Echi vanno ascoltati come un flusso costante di suoni e parole che, alla fine, non può lasciare indifferenti

Ennesimo parto di una scena underground sarda afferente al black metal più misantropico ed introspettivo, i Simulacro costituiscono una parziale novità a livello di modus operandi, in quanto trattasi di una band vera e propria e non di un progetto solista come nella maggior parte dei casi trattati nel recente passato.

Echi Dall’Abisso è il loro secondo lavoro su lunga distanza ed è il primo interamente cantato in lingua italiana: un’ottima scelta, anche perché qui i testi rivestono un ruolo fondamentale nella comprensione dell’opera nel suo insieme.
La ricerca di sé stessi, tramite un travagliato percorso interiore, è l’argomento che viene trattato con un approccio lirico di grande spessore (ne è autore Thaniey, uno dei fondatori della band, che ora riveste un ruolo comunque fondamentale pur occupandosi solo dei testi); l’abisso in cui l’ascoltatore viene catapultato è reso tangibile da un sound costantemente pervaso da una spessa coltre di tensione emotiva, ben assecondata dalle vocals, aspre ma perfettamente intelligibili, di Xul.
Il black dei Simulacro è peculiare, intenso ed essenziale, privo come è di infiocchettature atmosferico-tastieristiche, e questo in fondo costituisce un altro dei punti di forza di un lavoro che avvince ed avvolge, con una negatività di fondo che lascia però aperto più di uno spiraglio di speranza, riferito alla possibilità di approdare alla meta dopo un lungo e tormentato tragitto introspettivo.
Gli otto Echi vanno ascoltati come un flusso costante di suoni e parole che, alla fine, non può lasciare indifferenti: se l’album è ricco di contenuti e di spunti di riflessioni dal punto vista lirico, si manifesta nella sua ruvida bellezza musicale in più di una traccia, tra le quali Eco IV e Eco VII (dove l’inserimento in un simile contesto della voce dell’ospite Gionata “Thorns “ Potenti fa balenare tracce dei mai dimenticati Cultus Sanguine) contengono gli spunti melodici che meglio si imprimono nella mente, mentre Echo VI, scelta come trama sonora per un video di prossima uscita, si avvale di una maggiore complessità e completezza compositiva.
I Simulacro sono l’ennesima testimonianza di un approccio differente alla materia black che, nel nostro paese, sta fornendo con grande continuità frutti prelibati quanto inusuali.

Tracklist:
1.Eco I
2.Eco II
3.Eco III
4.Eco IV
5.Eco V
6.Eco VI
7.Eco VII
8.Eco VIII

Line-up:
Xul – Lead Vocals, Guitars, Programming
Ombra – Bass
Anamnesi – Drums, Backing Vocals

Guests:
Thorns – Lead Vocals on “Eco VII”
Satya Lux Aeterna – Female Choirs

SIMULACRO – Facebook

Heller Schein – Sonic Clash Warning

Gli Heller Schein sanno alternare furia thrash/death e tecniche parti prog, atmosferici attimi di quiete intimista e mitragliate estreme violentissime

Eccolo un altro esempio di come nel nostro paese la musica metal abbia trovato terreno fertile nell’underground, colmo di talenti che sotto l’aspetto compositivo (soprattutto) non sono secondi a nessuno.

Sonic Clash Warning è un disco fresco, energico, dosato e bilanciato tra irruenza estrema e metallo che sposa sia l’anima classica che quella prog, in un variopinto quadro di note a tratti surreali, ma sbalorditivo nel non perdere mai il filo del discorso, che si interrompe solo al minuto trentanove, ultimo spazio temporale a disposizione del gruppo.
Loro sono gli Heller Schein, quartetto di Bologna nato nel 2002 per volere del cantante e chitarrista Francesco ‘Franz’ Massimiliani e che nel corso di questi anni ha più volte limato la line up per giungere a quella attuale formata, oltre che dal Massimiliani, da suo fratello Paolo alle pelli, da Nicola Deodato (chitarra) e da Davide Laugelli al basso (in sostituzione di Davide Salvatore Nicolais, dimissionario dopo le registrazioni di Sonic Clash Warning).
L’album parte da un concetto progressive metal che si evince dai molti cambi di tempo, uno spartito cangiante e tecnica notevole, ma non si ferma qui, abbatte molte barriere e libero si allea con il death metal, il thrash più evoluto ed il metal classico.
La prima sorpresa è l’uso che fa Massimiliani della voce, tra growl estremi, urla metalliche vicine al falsetto e toni teatrali, interpretando a modo suo le varie composizioni musicali che, come detto,  risultano una sorpresa dietro l’altra.
C’è di tutto e di più in questo lavoro, le diverse anime che vivono all’ interno del songwriting, si prendono a spallate per il comando del sound, ma inutilmente, gli Heller Schein sanno alternare furia thrash/death e tecniche parti prog, atmosferici attimi di quiete intimista e mitragliate estreme violentissime, sempre supportate da un lavoro agli strumenti di un’altra categoria.
Sonic Clash Warning stupisce non poco per una maturità compositiva notevole, supportata da brani intricati, ultra tecnici, ma dall’appeal enorme.
La parte del leone la fa il singer, davvero bravo in tutte le forme prese dalla sua voce, ma sono sicuramente da elogiare anche gli altri musicisti, che vanno a formare un combo da seguire con molto interesse.
Farvi nomi per elencare le ispirazioni del gruppo, non è facile, vista comunque l’originalità insita nella musica della band, vi invito perciò ad ascoltare brani come Karma, Twisted Jocker e Sonic Clash Warning per farvi un’idea delle enormi potenzialità del gruppo bolognese.

TRACKLIST
1.Ascension
2.Karma
3.GrandFatherSong
4.Twisted Jocker
5.Sonic Clash Warning
6.Watching Through My Head A Baby
7.Viky’s Legacy

LINE-UP
Francesco Massimiliani – Voices & Screams
Paolo Massimiliani – Drums
Nicola Deodato – Guitar
Davide Laugelli – Bass

HELLER SCHEIN – Facebook

Haunted – Haunted

Un’altra opera affascinante proveniente da una Sicilia nella quale sono sempre più curioso di fare un salto per scoprire il segreto di una tale magnificenza musicale.

Esordio omonimo per questo quintetto doom stoner siciliano, nato solo lo scorso anno in quel di Catania e che annovera tra le sue fila Frank Tudisco, un passato nei seminali Sinoath e bassista nella nuova formazione degli storici Schizo.

Nelle nostre due isole maggiori deve nascere qualche pianta a noi sconosciuta, dagli effetti collaterali tremendamente allucinogeni, vista (e non è la prima volta che lo scrivo) la qualità altissima delle uscite discografiche nel genere, confermate pure da questa pesantissima opera degli Haunted.
La grafica che accompagna l’album (ad opera di Sandro Di Girolamo, leader degli straordinari psycho-stoner palermitani Elevator To The Grateful Sky) ricorda le opere doom settantiane e soprattutto gli album usciti per la Rise Above del sommo sacerdote Lee Dorrian, impressione confermata dal sound di cui che si avvicina a quanto fatto da Orange Goblin ed Electric Wizard.
Una voce femminile (Cristina Chimirri), ci accompagna in questo trip doom messianica di una potenza pari ad un eruzione vulcanica, le sei corde ribassate fino al limite, il basso che pulsa come il cuore di un gigante addormentato e le pelli che si squarciano sotto i colpi inferti da Valerio Cimino, formano un monolite sonoro di impressionante potenza e pesantezza.
Non manca, come spiegato, quella componente psichedelica che è ormai tradizione per i gruppi che provengono dal profondo Sud, come dal bel mezzo del Mediterraneo, che rende l’opera ancora più sabbatica e disturbante, facendoci perdere a lunghi tratti la bussola nel mezzo del magma sonoro che il gruppo catanese ci rovescia addosso.
Cinque brani per più di quaranta minuti di musica del destino dall’inquietante incedere, un mega trip che ci incatena alla poltrona e ci invita ad un diabolico sabba, ipnotizzante e pericolosissimo, una lunga e drammatica avventura persi in deserti oscuri dove il sole è una palla di micidiale catrame nerissimo e caldissimo, una lenta agonia che ha nelle sabbatiche note del singolo Silvercomb, dell’opener Nightbreed e della conclusiva title track le sue magmatiche perle nere.
Un’altra opera affascinante proveniente da una Sicilia nella quale sono sempre più curioso di fare prima o poi un salto per scoprire il segreto di una tale magnificenza musicale.

TRACKLIST
1. Nightbreed
2. Watchtower
3. Silvercomb
4. Slowthorn
5. Haunted

LINE-UP
Valerio Cimino – Drums
Cristina Chimirri – Vocals
Frank Tudisco- Bass
Francesco Orlando – Guitars
Francesco Bauso – Guitars

HAUNTED – Facebook

Final Solution – Through The Looking Glass

Una serie di cavalcate metalliche veloci e potenti, eseguite con piglio e personalità.

I Final Solution irrompono sul mercato underground metallico tramite l’attivissima label nostrana logic(il)logic Records, con questa piccola bomba sonora dal titolo Through The Looking Glass.

Il gruppo capitanato dal chitarrista Fabio Pedrali, in passato axeman degli Hellcircles, licenzia questo bellissimo ed arrembante lavoro, incentrato su sonorità power prog seguendo le linee guida dei maestri americani Symphony X, ma accentuando l’anima estrema del sound, ricordi di un passato da melodic death metal band.
Ne esce un album violentissimo, sempre alla massima tensione, ma valorizzato dall’ottima tecnica dei musicisti, una serie di cavalcate metalliche veloci e potenti, eseguite con piglio e personalità.
Prodotto benissimo, così da mettere in luce tutti i dettagli che compongono il sound (la sezione ritmica è un uragano) Through The Looking Glass stupisce per la già notevole padronanza del proprio sound da parte del gruppo, una raccolta di brani, dove si nota l’elevata maturità del combo, in grado di lasciare nell’ascoltatore l’impressione di band navigata e non certo al debutto.
Funziona tutto perfettamente, dai suoni, alle ritmiche da mitragliatore impazzito, dall’ottimo lavoro sulle sei corde, al cantato che, se ricorda Russell Allen non dimentica di mantenere un approccio comunque personale.
Si parlava dei Symphony X, influenza o ispirazione (fate voi) del gruppo nostrano, ed in effetti Through The Looking Glass non può che ricordare i momenti più heavy della discografia del combo di Romeo, solo che i Final Solution accelerano le ritmiche, aggiungono al cantato, già di per se aggressivo del buon Mario Manenti, growl di estrazione death che deflagrano in tutta la loro potenza nella già devastante atmosfere dei brani.
Dopo l’intro, Sick Of You fa capire che qui la tempesta si fa intensa, power metal oscuro, veloce ed impreziosito da interventi chitarristici da manuale, dal taglio chiaramente progressivo.
Via una e sotto con Demon Inside: drumming straordinario, furia metallica, cambi di tempo che mantengono la velocità al limite dell’umano e le voci che alternano rabbia estrema e melodia metallica.
La furia tempestosa continua a fare danni, la band non smette di stupire tra ritmi indiavolati e chorus perfetti, il growl fa capolino come se la parte estrema facesse a spintoni con quella prog metal, e l’ascolto se ne giova travolti da Empty Walls, The Show Is On e Dogs Of War.
Questo è un lavoro che sprizza entusiasmo, voglia di emergere e talento: qualche volta la band si specchia un po’ troppo nel famoso gruppo americano, ma non vedo il problema, perciò fate vostro Through The Looking Glass senza se e senza ma.

TRACKLIST
01. Awakening
02. Sick Of You
03. Demon Inside
04. Empty Walls
05. The Show Is On
06. (R)Evolution
07. Dogs Of War
08. Grey

LINE-UP
Mario Manenti – Vocals
Fabio Pedrali – Guitars
Alessandro Martinelli – Guitars
Gabriele Savoldi – Bass
Gianluca Borlotti – Drums

FINAL SOLUTION – Facebook

Oniricide – Revenge Of Souls

Un concentrato di sinfonie orchestrali e riff prettamente metal che, fondendosi tra di loro, creano atmosfere e nuovi mondi in cui immergersi.

Gli Oniricide sono una band metal nata e cresciuta a Torino da qualche anno: il loro nuovo album Revenge Of Souls è un concentrato di sinfonie orchestrali e riff prettamente metal che, fondendosi tra di loro, creano atmosfere e nuovi mondi in cui immergersi e restare così sospesi a mezz’aria già dal primo ascolto.

All’interno dei dieci brani è possibile ascoltare, infatti, prog e power metal, il tutto contornato da orchestrazioni sinfoniche, ispirate a musiche dei film e videogiochi, senza dimenticare la notevole influenza della musica classica. Si possono trovare, inoltre, influenze più marginali come il folk di Becoming A Different Man, il pop-rock della ballad The Illusion of The Abyss, per finire nel rock-blues in alcuni assoli di chitarra.
Revenge Of Souls, uscito a febbraio 2016, si presenta come una buona opera che indica ben delineate traiettorie di crescita e che, senza ombra di dubbio, sarà un ottimo antipasto per tutto ciò che verrà dopo.

TRACKLIST
1. Oneiros
2. Revenge of Souls
3. Noxy
4. Vision from the Mirror
5. Gipsy and the Cards
6. A Good Place to Die
7. The Illusion of the Abyss
8. The Beast
9. Mother of Pain
10. Becoming a Different Man

LINE-UP
Luca Liuk Abate – Bass
Daniele Pelliccioni – Drums, Keyboards
Andrea Pelliccioni – Guitars
Mara Cek Cecconato – Vocals

ONIRICIDE – Facebook

https://www.youtube.com/watch?v=lZKJlDjb96Y

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Il disco potrebbe essere la colonna sonora di un videogioco.

Il dibattito sull’intelligenza artificiale non è noto al grande pubblico, e qualcosa che molto probabilmente ci comanderà tra qualche umano, vive tra noi.

La progressiva deumanizzazione che ci avvolge ha partorito un disco che è il sogno ad orecchie aperte di ogni metallaro appassionato di colonne sonore dei videogiochi o dell’ 8 bit. Questo sottogenere di un sottogenere è qualcosa di orgogliosamente nerd, ma questo disco è meraviglioso, suona benissimo, con uno spirito punk synth metal davvero notevole. Il disco potrebbe essere la colonna sonora di un videogioco, e Masterboot Record sarà presto autore della colonna sonora di un videogioco cyberpunk della Theta Division Games, software house che regalerà parecchie gioie. La cura musicale messa in questa opera è notevole, e tocca diversi stili come il cyberpunk, ed il new retrowave, rimanendo sempre nell’ambito delle colonne sonore dei videogiochi. Dentro c’è anche tanto metal, quel metal elettronico che rene certi massacri su schermo così speciali, e rilassanti. Questo suono ci porta contemporaneamente nel passato e nel futuro, con quel retrogusto anni ottanta, che soltanto chi ha giocato con un floppy disk può capire. Questo è il futuro passato, un’ombra sul nostro futuro, ed un microchip emozionale dal passato. Ma soprattutto è un disco forte e potente, importante nella sua chiarezza e nella sua tremenda alterità.

TRACKLIST
1.O.SYS
2.MSDOS.SYS
3.XCOPY.EXE
4.CONFIG.SYS
5.AUTOEXEC.BAT
6.COMMAND.COM
7.FORMAT.EXE
8.NWOSHM.TXT
9.BAYAREA.BMP
10.VIRTUAVERSE.GIF

MASTER BOOT RECORD – Facebook

Metharia – Questo è Il Tempo

Un lavoro di rock alternativo che non fa mancare ruvida energia metallica, oltre ad un gustoso mood elettronico che rende la proposta fresca ed al passo coi tempi.

Napoli, città dove la musica è di casa, è conosciuta in tutto il mondo per la tradizione della sua canzone melodica, virtù popolare di gente che il ritmo lo ha nel sangue.

Ma, sotto le melodie che profumano dei vicoli e delle storie di questo straordinario popolo, batte forte un cuore rock’n’roll con una scena che ogni anno ci regala splendide realtà, pescando da molti dei generi cardine della nostra musica preferita.
Una scena alternative che, negli anni novanta, ha portato non poche band agli onori delle cronache (su tutti gli storici 99 Posse) è ora patria di molte realtà rock/metal affacciatesi con forza negli ultimi anni sulla scena nazionale.
La Volcano Records & Promotions, etichetta nata proprio nel capoluogo campano e attiva a livello nazionale ed europeo nel supportare l’hard & heavy, firma il nuovo lavoro della storica band dei Metharia, gruppo attivo dal 1999 con una storia alle spalle fatta di molte soddisfazioni, forzati stop e cambi di line up che ne hanno frenato la carriera ma certamente non la voglia di suonare rock.
Tornano dunque, a sei anni di distanza dall’ep Ockulta Informazione, con Questo è Il Tempo, un lavoro di rock alternativo che non fa mancare ruvida energia metallica, oltre ad un gustoso mood elettronico che rende la proposta fresca ed al passo coi tempi, pur non facendo mistero delle proprie ispirazioni.
Cantato ottimamente in italiano, l’album offre un panorama esaustivo sulla scena rock degli ultimi tempi: la band parte da una forte base alternative, con dosi di Litfiba che scorrono nelle vene del quartetto nostrano, ma rielaborate con un gusto internazionale.
Tra le trame del disco il metal moderno non manca immettere groove tra gli attimi più energici, l’atmosfera si mantiene grigia, quasi dark, con rimandi alla scena new wave ottantiana, specialmente quando liquidi tappeti elettro- rock divengono fondamenta al sound, ed il resto lo fa una produzione di alto livello, perfetta nel sottolineare i molti dettagli nella musica dal combo napoletano.
I brani si mantengono su un ottimo standard, l’alternarsi dei colori nell’atmosfera dell’album tiene alta l’attenzione, con picchi di grondante rock/metal alternativo come l’opener Roghi Di Idee, Echi e Frequenze, Non Esiste Un Motivo e la splendida Karma, senza dimenticare la splendida cover di Impressioni Di Settembre, storico brano della sempre mai abbastanza lodata Premiata Forneria Marconi.
Per i Metharia un ottimo ritorno che dovrebbe essere nelle corde di chi ama il rock alternativo e dei metallari dotati di sufficiente apertura mentale.

TRACKLIST
1. Roghi di idee
2. Universi distanti
3. Echi e frequenze
4. Un’ultima volta
5. Non esiste un motivo
6. Karma
7. Frammenti
8. Scie chimiche
9. Luce senz’anima
10. Figlio della terra
11. Impressioni di settembre
12. Nephilim

LINE-UP
Raul Volani – Bass Guitar, Vocals
Giuseppe Arena – Guitars
Ciro Cirillo – Bass Guitar
Alessandro Romano – Drums

METHARIA – Facebook

L’Incendio – L’Incendio

Questi ragazzi hanno una concezione molto avanzata del metal e, partendo da un death metal originale, vi aggiungono novità, riuscendo a creare un suono davvero inusuale.

Debutto per questa metal band di Imola, nata dalle ceneri dei Xipe Totec.

Questi ragazzi hanno una concezione molto avanzata del metal e, partendo da un death metal originale, vi aggiungono novità, riuscendo a creare un suono davvero inusuale. I loro riferimenti sono difficile da dare, perché sconfinano in vari sottogeneri del death, ma i nomi non sono importanti. L’importante è che abbiamo tra le mani un debutto notevole, tecnico e potente, con ottimi intarsi di melodia. Il gruppo suona molto bene e con una produzione con più mezzi a disposizione in sede di produzione riuscirebbe a far risaltare maggiormente il tutto. Si alternano parti più pesanti a pezzi con un respiro più ampio, il tutto di ottima qualità. Le idee sono tante ed in qualche frangente la voglia di fare porta la band a strafare, ma sono tutti segnali positivi. Dischi come questo, di qualcosa che può essere definito metal trasversale, sono quelli che regalano maggiori soddisfazioni. Le canzoni di L’Incendio seguono composizioni che sono strutturate in maniera progressive, a volte con il superamento della ripetizione strofa-ritornello, andando più in là. Le sperimentazioni di giovani band sono sempre da seguire con attenzione, e qui partendo da una buona tecnica si va a cercare in profondità. Il disco è molto interessante ed accende una notevole attesa per le loro prossime prove. Alcune cose devono essere aggiustate, ma con questo talento e con questa forza di volontà si possono fare grandi cose.

TRACKLIST
1.Zion Ruins
2.Immanent
3.The Abyss
4.Smile On!
5.The Nation of Dreams
6.YouTumor
7.5 is the new 6 /
8.Zatemniat
9.L’Incendio part 1 & 2

L’INCENDIO – Facebook

Vultures Vengeance – Where the Time Dwelt In

Il sacro fuoco dell’heavy metal scorre nelle vene e nello spartito dei romani Vultures Vengeance, alfieri del più canonico ma affascinante esempio di puro metallo direttamente dagli anni ottanta.

Il sacro fuoco dell’heavy metal scorre nelle vene e nello spartito dei romani Vultures Vengeance, alfieri del più canonico ma affascinante esempio di puro metallo direttamente dagli anni ottanta.

Attivi dal 2009 i quattro cavalieri metallici hanno finora dato alle stampe un solo demo, Rising, che ha trovato estimatori soprattutto in Germania e Giappone, feudi metallici di lungo corso.
Dopo sette lunghi anni dalla nascita del combo, arriva tramite la Gates Of Hell Records un nuovo lavoro in formato ep, Where The Time Dwelt In che, a fronte di una produzione scarsa o definibile da molti old school, convince, emoziona e lascia intravedere un gruppo con molte frecce da scagliare in ambito classico.
Quattro cavalcate metalliche all’insegna di una neanche troppo velata epicità, una dichiarazione di guerra al metal moderno fatta di solos taglienti, atmosfere guerresche e fiere dichiarazioni d’intenti: portare nel nuovo millennio il più puro ed incontaminato heavy metal.
Warlord e Iron Maiden sono i numi ispiratori, un vocalist che comanda le operazioni con il giusto carisma (Tony T. Steele), ed un songwriting molto ispirato, fanno di questo ep un cult per tutti gli appassionati.
Quattro tracce ispiratissime, con On A Prisoner’s Tale una spanna sopra alle altre, che mantengono una media molto alta e con lo strumentale Where The Time Stands Still che la dice lunga sulla qualità della musica del gruppo romano.
Questo ep, se prodotto con tutti i crismi sarebbe risultato una bomba: ci accontentiamo, anche perché non so quanto la cosa sia voluta dalla band, ma rimane l’assoluto valore dei brani che compongono l’opera e che svernicia molti degli album sentiti nel genere negli ultimi tempi.

TRACKLIST
1. Intro
2. A Curse From Obsidian Realm
3. And The Wind Still Screams His Name
4. On a Prisoner’s Tale
5. Where The Time Stands Still

LINE-UP
Tony T. Steele – vocals, guitars
Matt Savage – bass
Nail – guitars
K Khel – drums

Blind Marmots – Spore

Una mezza dozzina di brani intriganti, coinvolgenti, sufficientemente freschi e irriverenti il giusto per cogliere nel segno.

Ritroviamo i padovani Blind Marmots due anni dopo l‘ep d’esordio autointitolato: questo nuovo Spore è di poco più lungo ed arriva dopo diversi cambi di formazione che, alla fine, paiono aver dato dei buoni risultati.

La band fagocita, rumina e restituisce (meglio non sapere attraverso quale orifizio) svariate influenze che fanno capo al rock e al metal alternativo, lasciando sul terreno un melting pot di stoner, sludge, grunge, funky, psichedelia, che si rivela piuttosto organizzato nonostante l’ approccio scanzonato alla materia possa far temere, in prima battuta, il contrario.
Ne deriva così una mezza dozzina di brani intriganti, coinvolgenti, sufficientemente freschi e irriverenti il giusto per cogliere nel segno: i Blind Marmots manifestano apertamente il proprio atteggiamento ironico e pungente (in questo vedo una certa similitudine con gli alassini Carcharodon), a partire da testi che ci portano a spasso tra maniaci incendiari, marmotte, topolini, sbronze e conseguenti minzioni, ma ciò non impedisce loro di fare molto sul serio a livello musicale, visto che la mezz’oretta scarsa che ci vene offerta riesce a lasciare il segno specialmente nei primi tre brani, davvero eccellenti nella loro spontanea robustezza e molto più diretti rispetto a restanti, pervasi invece da un più accentuato mood psichedelico
Il potenziale per emergere c’è tutto, ma è chiaro quanto non sia semplice in un settore piuttosto frequentato e nel quale, al di là dello spingere in una direzione musicale piuttosto che in un’altra, il rischio è quello di restare confinati allo status di band divertente (e non c’è dubbio alcuno che il quartetto padovano lo sia), specie dal vivo.
Ma, immaginando che quest’obiettivo, peraltro ampiamente raggiunto, sia una delle priorità per i Blind Marmots, in attesa di risentirli all’opera magari su lunga distanza, non resta che unirci alla loro invocazione: Dio salvi la marmotta!

Tracklist:
1. Pyromaniac
2. God Save The Marmot
3. Mice In The Attic
4. The Hangover
5. Pissing
6. Storm

Line-up:
Carlo Titti – Lead Guitar
Ale “Teuvo” – Voice
Luca Cammariere – Drums
Pietro Gori – Bass

BLIND MARMOTS – Facebook

Afterlife Symphony – Moment Between Lives

Un album da assaporare con la dovuta calma, mentre l’anima metallica si scontra con quella sinfonica in un susseguirsi di colpi di scena

La nostrana Revalve è considerata dal sottoscritto alla stregua di uno scrigno musicale colmo di piccoli gioielli metallici: dalle sonorità estreme passando da quasi tutti i generi che compongono l’universo della nostra musica preferita, l’etichetta nostrana non sbaglia un colpo regalando ai fans sempre ottimi lavori e band sopra la media.

Ultima opera arrivata sulla mia scrivania è il secondo album dei veneti Afterlife Symphony, album che si colloca senza dubbio tra le migliori uscite di questo ultimo scorcio dell’anno in corso.
La band, come detto, è al secondo lavoro sulla lunga distanza e segue di tre anni l’esordio Symphony of Silence, album che aveva trovato non pochi estimatori tra gli addetti ai lavori.
In un genere inflazionato come il metal sinfonico dai rimandi gotici non è poi così difficile cadere nell’ovvio e nel già sentito, allora le virtù che fanno la differenza sono riscontrabili nell’abilità degli artisti nel creare melodie accattivanti, mantenendo ben salda la componente metallica, cosa che al gruppo veneto riesce benissimo.
Moment Between Lives porta con se qualcosa di diverso già nel concept, molto maturo ed intimista: l’uomo davanti alle sue domande e alle sue scelte che nel corso della vita si pone e deve affrontare tra amori, paure, rabbia, sogni ed introspezione, non male e molto affascinate in un mondo ormai di superficialità conclamata e punto in più per la giovane band.
Il concept viene accompagnato da una colonna sonora che vede come protagonista l’ottima interpretazione della singer Anna Giusto, accompagnata dal metal suonato dai suoi compagni d’avventura, robusto nelle ritmiche, a tratti bombastico quel tanto che basta per rendere il suono molto cinematografico e valorizzato da un lavoro chitarristico elegante, mai invadente ma perfetto nel drammatizzare le atmosfere intimiste dei brani.
Un album da assaporare con la dovuta calma, mentre l’anima metallica si scontra con quella sinfonica in un susseguirsi di colpi di scena, potentissime ripartenze tragicamente rabbiose e raffinati momenti di apparente calma, prima che la tempesta di umori e dubbi torni ad impadronirsi del protagonista sotto forma di metallo fortemente espressivo.
Paragoni ed influenze le lascio all’ascoltatore, personalmente ho trovato più Epica e primi Within Temptation che i soliti Nightwish, ma sono dettagli; fatevi accompagnare in questo viaggio tra spiritualità e realtà da tracce molto intriganti come The Abyss, Under The Sleeping Tree, ed il capolavoro Novembre (part II), ne uscirete più ricchi …

TRACKLIST
1 – Half-Moon Night
2 – The Abyss
3 – Under the Sleeping Tree
4 – My Existence to You
5 – Broken Breath
6 – Dreamer’s Paradox
7 – Seventh
8 – Last Hope
9 – Novembre, Pt. 1
10 – Novembre, Pt. 2
11 – Genesis of Eternity

LINE-UP
Anna Giusto – Vocals
Stefano Tiso – keyboards and piano
Eddy Talpo – Rhythm and lead guitars
Nicolas Menarbin – bass
Antonio Gobbato – Drum and percussions

AFTERLIFE SYMPHONY – Facebook

Red Fraction – Birth

Un buon riassunto di quello che il rock/metal moderno ci ha offerto in questi ultimi venticinque anni.

Questa estate come ormai mi capita spesso (lavoro permettendo), mi sono recato all’Hard Castle Fest, kermesse sonora che si tiene a Castellazzo Bormida in provincia di Alessandria, purtroppo però non ho avuto occasione di vedere il live di questo gruppo proveniente dal capoluogo piemontese, causa il solito ritardo cronico mio e del mio compagno di avventure musicali.

Peccato, perché il debutto dei Red Fraction è un buon lavoro di metal moderno, che amalgama hard rock e sonorità alternative sorrette da potenti ritmiche ed interpretato da una singer dal buon piglio.
La band nasce da un’idea di Martina Riva (voce) e Leandro Spedicato (chitarra) nell’estate del 2014 e dopo aver trovato i compagni giusti in Nicolò Gado (basso) e Gabriele Pepe (batteria), registrano questo primo lavoro licenziato dalla Sleaszy Rider, label greca con il fiuto per i gruppi meritevoli in tutti i generi della nostra musica preferita.
Ed eccoci a Birth, album composto da undici tracce che spaziano tra i generi rock dagli anni novanta fino ad oggi, con i Red Fraction che, ispirati dalle proprie influenze, ci regalano un buon riassunto di quello che il rock/metal moderno ci ha offerto in questi ultimi venticinque anni.
Non mancano però di personalità i ragazzi alessandrini, la sei corde di Spedicato a tratti sconfina nel classico, con solos metallici di buona fattura, le ritmiche sempre potenti non fanno mancare il loro supporto tenendo imbrigliata la componente metal nel rock alternativo di cui il gruppo, ad un primo ascolto, viene accreditato.
La parte cantata è interpretata con padronanza dalla singer e le tracce viaggiano su una media più che buona, almeno per un debutto in un genere inflazionato come l’hard rock alternativo.
Di questo lavoro piace la voglia di non andare troppo lontano dal metal, ed infatti, pur nel loro impatto moderno, brani come Plastic, Hunter o Apollo 7 mantengono un approccio heavy che discosta i Red Fraction dai soliti gruppi moderni.
Trovo il sound del gruppo più vicino al grunge metallizzato dei primi Alice In Chains che alle groove band tanto di moda in questi anni, magari nascosto dalla voce femminile che ad un primo approccio può ricordare, nei momenti più pacati, qualcosa dei Lacuna Coil.
Per concludere, una buona partenza per il gruppo piemontese, Birth è un lavoro piacevole, ben eseguito ed assolutamente in grado di soddisfare gli ascolti dei giovani rockers attenti alla scena underground nostrana.

TRACKLIST
1. Prelude
2. Plastic
3. Hunter
4. Night Won’t Hold Me
5. Lost Broken Doll
6. Shooting Star
7. What You Wanted
8. Apollo 7
9. The Hermit And The Justice
10. Holy
11. Atomic Child

LINE-UP
Martina Riva – Vocals
Leandro Spedicato – Guitar
Nicolò Gado – Bass
Gabriele Pepe – Drums

RED FRACTION – Facebook

Temperance – The Earth Embraces Us All

Un lavoro nel quale sono rare le cadute di tensione, basterebbe dimenticare Amaranthe e Nightwish e continuare ad osare.

Personalmente trovo delizioso il titolo cha la band ha dato a questo nuovo lavoro in studio. L’immagine de ‘La Terra Abbraccia tutti noi’ evoca sensibilità all’ambientalismo, implica scienza e filosofia insieme, mente e cuore.

Sono convinto che facciamo parte di una grande Unità, e mi piace constatare che questi validissimi ragazzi italiani ce l’abbiano messa tutta per rendere The Earth Embraces Us All una creatura capace di comprendere le diverse sfaccettature connaturate nell’esistenza stessa. Ed è molto bello anche l’artwork realizzato da Gustavo Sazes (Kamelot, Arch Enemy, Morbid Angel). Rispetto ai brani più immediati dei primi due lavori, in The Earth… troviamo alcune composizioni molto più elaborate, elementi nuovi, come ad esempio il violino, che accentua la vena prog della band. Consideriamo pure che i Temperance hanno già alle spalle una discreta serie di concerti con artisti tra i quali Nightwish, Luca Turilli’s Rhapsody, Dragonforce, Within Temptation. L’elemento che risalta immediatamente in questo nuovo lavoro è la varietà. Ottime miscele di riff, parti più elettroniche e altre folk, le vocals cristalline di Chiara Tricarico che regge degnamente e amplifica le innumerevoli suggestioni. Meno convincente (a tratti) l’aggressività di Pastorino al microfono che si alterna non sempre con successo tra scream raschiato e (quasi) growl. Il sipario si apre con gli oltre 6 minuti della sinfonica e orecchiabile A Thousand Places, brano fra i meno originali del lotto comunque impreziosito dalle parti di violino a inizio traccia e dal sax nel finale. La seconda traccia At The Edge Of Space, più canonica, ma ancora molto orecchiabile ed efficace. La folkeggiante Unspoken Words saltella giocosamente mentre la successiva Empty Lines ricalca la vena del power-prog più nordico. Mi fa sempre strano ascoltare i testi in italiano (Maschere) nel quale affrontano lo svelamento del nostro io, un messaggio positivo, ma che implica sofferenza. In Haze c’è un bel groove, la modernità incontra schemi e stili indubbiamente già sfruttati. La power ballad Fragments of Life si fa ben godere, poi irrompe Revolution che di rivoluzionario non ha nulla, ma spinge bene e si stampa in mente. Con gli 8 minuti di Advice From A Caterpillar ci troviamo finalmente con un titolo curioso e con un brano in cui la temperanza si manifesta decisamente. Qui la band sperimenta la fusione tra metal prog e musica classica, spruzzando il tutto con un pizzico di follia jazz ottimamente arrangiata. La dolce Change The Rhyme è caratterizzata da soavi melodie accompagnate dal piano e da vocals ispirate. Finale con la suite The Restless Ride, altro pezzo da novanta di prog metal sinfonico in cui la sezione ritmica decide la marcia, accarezzata dalle tastiere e interrotta da climi altalenanti tra quiete e impetuosità.
Notevole l’impianto sonoro e creativo messo su dai Temperance, con imponenti atmosfere e ottima perizia nell’esecuzione, e la sontuosità tenuta sapientemente sempre sotto controllo. Un lavoro nel quale sono rare le cadute di tensione, basterebbe dimenticare Amaranthe e Nightwish e continuare ad osare.

TRACKLIST
1. A Thousand Places
2. At The Edge Of Space
3. Unspoken Words
4. Empty Lines
5. Maschere
6. Haze
7. Fragments Of Life
8. Revolution
9. Advice From A Caterpillar
10. Change The Rhyme
11. The Restless Ride

LINE-UP
Chiara Tricarico – lead vocals
Marco Pastorino – lead guitars & backing vocals
Sandro Capone – rhythm guitar
Luca Negro – bass
Giulio Capone – drums

TEMPERANCE – Facebook

Haniwa – Helleven

C’è da divertirsi tra i meandri della musica degli Haniwa

Sotto l’etichetta di modern metal si nascondono molti modi di fare musica dura, le band che per semplicità vengono catalogate con questo appellativo molte volte hanno un bagaglio di influenze delle più disparate, che passano dal metal tout court, all’alternative, dall’industrial groove al prog, elaborando molte volte spartiti originali.

Certo, per i fans duri e puri o semplicemente poco inclini alle novità che in questi anni hanno fortunatamente rinfrescato il genere, l’imbastardimento delle sonorità classiche è visto come tradimento ad una formula che, sia chiaro, funziona ancora, ma che spesso ha bisogno di qualche scossone per non risultare piatta ed alla lunga noiosa.
Per gli amanti della musica dura, ma con i padiglioni auricolari sempre attenti alle nuove proposte, non mancano invece le proposte che dissetano la loro voglia di uscire dagli schemi.
Chiaro che i riferimenti vanno tutti aldilà dell’oceano e negli ultimi trent’anni di metal/rock, anche per questo trio fiorentino al debutto tramite la Qua’Rock con questo ottimo esempio di metallo pregno di sonorità moderne, amalgamate ad un tiro thrash metal, con riverberi progressivi ed un approccio alternativo.
Loro sono gli Haniwa e appunto questo Helleven è il primo lavoro sulla lunga distanza, dopo un primo ep che è servito per forgiare il sound, ora al massimo della sua potenzialità su questi undici brani.
David Degl’Innocenti, basso e voce, Angelo Colletti chitarre, Mr.Crini batteria, confezionano un lavoro molto interessante, partendo da una base thrash di stampo statunitense (Metallica) ma rivitalizzandolo con dosi massicce di moderno alternative rock, ed una vena progressiva e matura che avvicina il sound alle geniali schermaglie di Devin Townsend.
Un’attenzione particolare alle melodie, un cantato che alterna pura aggressione thrash e grinta rock e qualche passaggio estremo, sono le credenziali di Helleven, che non smette di tenerci incollati alle cuffie fino ai titoli di coda.
C’è da divertirsi tra i meandri della musica degli Haniwa: ritmi incalzanti, esplosive canzoni ricalcalcanti il mood moderno che ha infettato positivamente il thrash  e note destabilizzanti che passano con disinvoltura tra estremismo e voglie alternative.
Una bella bordata che ha nella title track, Volcano e Tides Of Time i suoi picchi, nonché esempi fulgidi del credo musicale del trio toscano, una realtà da seguire con attenzione.

TRACKLIST
01.No More
02.@daggers Drawn
03.Tomorrow
04.Think This
05.Volcano
06.Tides Of Time
07.Haniwa
08.Fire Eyes
09.Return To Obscurity
10.Suffer
11.Helleven

LINE-UP
Angelo Colletti -Guitars
David Degl’Innocenti -Bass and Vocals
Mr. Crini-Drums

HANIWA – Facebook

Hyaena – Metamorphosis Revisited

Metamorphosis torna in una nuova veste con suoni cristallini che mettono in risalto il metal classico del gruppo toscano

Gabriele Bellini oltre ad essere un grandissimo chitarrista, nonché attuale boss della Qua’Rock, è stato uno dei precursori della scena metal nazionale.

Nel 1985, insieme a Ross Lukather, fondò gli Hyaena dando alle stampe due anni dopo Metamorphosis, demo che incoronò la band come fulgido esempio italiano di New Wave Of British Heavy Metal, genere storico all’epoca ancora nelle preferenze dei fans.
In seguito il gruppo ebbe un discreto successo nel panorama progressivo con due splendidi lavori, The Ground, the Light, the Sound del 1992 e Scene, uscito nel 1995, ma il primo urlo metallico del gruppo rimane un piccolo gioiello che meritava sicuramente più attenzione da parte di fans e addetti ai lavori.
Negli ultimi tempi Gabriele e Ross (nel frattempo protagonisti nella scena metal nazionale con Death SS, Labyrinth, Athena, Ritmenia Zoo, Pulse-R, Shining Fury) tornano a far parlare della loro storica band e, unite le forze con la cantante Claire Briant Nesti e la bassista Isabella Ferrari, con la produzione di Giacomo Jac Salani fanno risplendere i sei brani che componevano lo storico demo, aggiungendovi la spettacolare cover di Phenomena dei Goblin.
Metamorphosis così torna in una nuova veste, con suoni cristallini che mettono in risalto il metal classico del gruppo toscano, in un’altalena di sfumature NWOBHM e metallo statunitense, con la chitarra di Bellini che taglia il ferro, chirurgica ed ispirata, l’ottimo lavoro di Lukater e della Ferrari nelle ritmiche, valorizzati poi da una prestazione di spessore dalla nuova vocalist, interpretativa e personale nella sua varia performance.
Metamorphosis parte forte con la title track, brano british al 100%, carico di adrenalina, con la sei corde che disegna teschi in cielo tra tuoni e fulmini, un mid tempo heavy metal esemplare.
Wrath Child corre via con ritmiche power, per poi rallentare e rientrare nei ranghi del classico metal ottantiano, epico e fiero, mentre No Man’s Land risulta un crescendo di tensione dove la prova della Nesti diventa sontuosa, marchiando a fuoco il brano con cori operistici presi in prestito dalla sua band, i power/prog metallers Inside Mankind.
Da Behind The Wall in poi il sound si sposta sul versante americano: il metal degli Hyaena, pur mantenendo un approccio europeo, si avvicina ai Riot di Mark Reale quali ispiratori di cavalcate metalliche urlanti come Kill Without Mercy e Screams For Savannah, mentre la già citata cover di Phenomena lascia in noi la speranza di rivedere il gruppo sul mercato con un lavoro di inediti.
I suoni old school, specialmente nell’underground, stanno piano piano tornando tra le preferenze degli ascoltatori e non è detto che ciò costitusica un passo indietro, anzi …

TRACKLIST
1. Metamorphosis
2. Wrathchild
3. No Man’s Land
4. Behind the Wall
5. Kill Without Mercy
6. Screams for Savannah
7. Phenomena

LINE-UP
Ross Lukather – Drums
Gabriele Bellini – Guitars
Isabella Ferrari – Bass
Claire Briant Nesti- Vocals

HYAENA – Facebook

Höllenbriada – Harte Zeit

La più scatenata quarantina di minuti da un po’ di tempo a questa parte, tra hard rock, una spruzzata di metallo stradaiolo e chorus da urlare a squarciagola.

Se per voi Axel Rose negli Ac/Dc ci sta come i cavoli a merenda, se gli ultimi album dello storico quintetto australiano sono stati solo mere operazioni commerciali per portare la band in tour, lasciate davanti all’ufficio dell’Inps i fratelli Young ed abbracciate i bavaresi Höllenbriada, un gruppo di irriverenti rockers tedeschi che se musicalmente non si allontanano dalla band di Highway To Hell, ne modernizzano il sound e soprattutto cantano in tedesco.

Ne esce un album divertentissimo, puro hard rock irrefrenabile di cui diventa davvero difficile fare a meno.
Certo, l’originalità sta tutta nel cantato in lingua madre del gruppo di Dani Zizek, chitarrista con un passato in una cover band (indovinate un po’?) degli Ac/Dc, ma al netto di questo fattore Harte Zeit risulta un album molto trascinante.
Birra a fiumi, seni prosperosi di bionde valchirie alte due metri e via verso la più scatenata quarantina di minuti  da un po’ di tempo a questa parte, tra hard rock, una spruzzata di metallo stradaiolo e chorus da urlare a squarciagola, anche se il tedesco non è poi così semplice da memorizzare, ma chi se ne frega, qui ci si diverte alla grande.
La title track singolo dell’album, l’incendiaria Wenn Du Moanst, il blues strascicato di Alls Verloarn ed il rock’n’roll di Morga Friah Is d’Nocht Vorbei sono solo alcune delle adrenaliniche tracce di questa botta di vita che non fa prigionieri e regala finalmente un po’ di sano hard rock come il diavolo comanda.
Detto che la produzione è perfetta per far esplodere i brani e la voce particolare di Boris Scheifele, sommata alla lingua tedesca, non fa che rendere il tutto ancora più irriverente e sfrontato, consiglio di non perdervi per nulla al mondo questo lavoro, non ve ne separerete per molto, molto tempo.

TRACKLIST
1.Harte Zeit
2.So A Dog
3.Z’east a halbe
4.Wenn du moanst
5.Alls verloarn
6.Höllenbriada
7.Ja woher
8.Schwarzer Finger
9.Morga friah is d’ Nacht vorbei
10.Auf geht’s prost
11.Niedergschlong

LINE-UP
Boris Scheifele – Bass, Vocals
Dani Zizek – Guitars, Vocals
Markus Heilmeier – Guitars
Tobias Sailer – Drums

HOLLERBRIADA – Facebook

Morbo / Bunker 66 – Into The Morbo Bunker

Uno split che dura poco, ma che in dodici minuti esprime più cose che alcuni dischi doppi, con un fantastico thrash cupo.

Split programmatico di cosa potete aspettarvi dalla Doomentia Records: thrash metal fuori moda e come se piovesse.

In questo split uniscono le forze gli italiani Morbo e Bunker 66, per dodici minuti di thrash a centomila all’ora, fuori moda e potentissimo. Queste band sono due grandissimi gruppi underground che fanno musica per chi vuole sentirla senza voler piacere a nessuno. I Morbo propongono un thrash più orientato verso il death,di notevole effetto con una produzione che lascia il giusto spazio al suono vintage. Ascoltandoli sembra di tornare a quei dischi di gruppi americani anni novanta a cavallo tra thrash e death, ma i Morbo da Roma sono anche meglio. Le scelte all’interno delle loro canzoni sono tutte azzeccate, e vanno come dei treni.
La seconda parte dei questa associazione a delinquere sono i siciliani Bunker 66, che saranno già sicuramente noti a chi ama un metal grezzo totalmente anni ottanta. I Bunker 66 hanno visto il ritorno del loro cantante originale Schizo, e questa è la loro prima registrazione assieme dopo il ritorno. Il loro suono in questi due pezzi si avvicina ancora di più all’hardcore e al thrashcore anni ottanta e novanta. Il loro suono è sempre assai notevole, e a mio modesto avviso sono uno dei gruppi migliori nel settore. Uno split che dura poco, ma che in dodici minuti esprime più cose che alcuni dischi doppi, con un fantastico thrash cupo. Musica grezza, metallica e incredibilmente bella, per metalliche teste malate.

TRACKLIST
1. Morbo – Per Legem Mortuorum
2. Morbo – Cross Tormentor
3. Bunker 66 – The Merciless March
4. Bunker 66 – The Force

LINE-UP
Bunker 66
Damien Thorne – Bass, Vocals
Desekrator of the Altar – Drums
Bone Incinerator – Guitar

Morbo
Mirko – Vocals
Andrea – Guitars

DOOMENTIA – Facebook

Rosàrio – And The Storm Surges

And The Storm Surges è un album dal taglio internazionale, ben curato in ogni dettaglio e superiore alla media, nonostante sia inserito in un genere che da anni regala enormi soddisfazioni in termini qualitativi.

Dalla collaborazione di una manciata di etichette indipendenti esce il secondo lavoro dei Rosàrio, band padovana di stoner psichedelico dall’alto voltaggio.

Il gruppo, nato appena tre anni fa e, come detto, già alla seconda opera sulla lunga distanza è una delle migliori realtà nel panorama stoner metal nazionale, confermata da questo monumentale lavoro, non facile da assimilare ma molto suggestivo.
Dimenticatevi le semplici sonorità tanto in voga negli ultimi tempi, il quintetto nostrano ci invita ad un viaggio nella storia dell’evoluzione dell’uomo come individuo, a colpi di stoner metal violentato da sonorità che passano dal doom/sludge al rock psichedelico, colmo di chitarroni saturi ed atmosfere intimiste, in un susseguirsi di parti rallentate ed esplosioni di watt potentissime.
Ben interpretate da una voce calda e ruvida le tracce si danno il cambio, instancabili, mantenendo la tensione elettrica molto alta con picchi di travagliata drammaticità, come il percorso dell’individuo che da semplice coscienza di sé passa ad un paradigma di onnipotenza creativa (come descritto dalla stessa band).
Dicevamo, non semplice da assimilare ma molto affascinante, And The Storm Surges con il suo lento incedere si trasforma in un lungo e tormentoso viaggio verso la consapevolezza, con il gruppo che sottolinea questa metamorfosi con violenti cambi di umori musicali, in un continuo saliscendi tra monolitiche parti doom e rabbiose sfuriate alternative/stoner, ricoperte da un sottile strato psych che eleva di molto l’appeal malsano e fumoso di brani come Drabbuhkuf e le bellissime Canemacchina e Dawn Of Men.
Il viaggio si conclude con il piccolo capolavoro And Then… Jupiter, brano super stonato e che si rivela come una ipotetica jam tra Kyuss e Tool, straordinaria conclusione di un lavoro alquanto maturo.
And The Storm Surges è un album dal taglio internazionale, ben curato in ogni dettaglio e superiore alla media, nonostante sia inserito in un genere che da anni regala enormi soddisfazioni in termini qualitativi.

TRACKLIST
Side A – Creak
1- To Peak And Pine
2- Drabbuhkuf
3- Vessel Of The Withering
Side B – Harvest
4- Livor
5- Radiance
Side C – Bedlam
6- I Am The Moras
7- Canemacchina
Side D – Sunya
8- Dawn Of Men
9- Monolith
10- And Then… Jupiter

LINE-UP
Nicola Pinotti- Guitar
Fabio Leggiero-Bass
Alessandro Magro-Vocals
Riccardo Zulato- Guitar
Alessandro Bonini-Drums

ROSARIO – Facebook

Killin’ Baudelaire – It Tastes Like Sugar

Ora sta a voi lasciarvi ammaliare musicalmente dalle Killin’ Baudelaire, aspettando nuovi sviluppi e godendovi questo ottimo It Tastes Like Sugar.

Quattro brani bastano per entrare nei cuori dei giovani ascoltatori cresciuti ad alternative rock ?
Ascoltando questo primo ep delle Killin’ Baudelaire direi di si.

Le quattro bellissime (ma non solo) musiciste, debuttano con addosso gli occhi puntati degli addetti ai lavori: il loro It Tastes Like Sugar sta creando molte aspettative, assolutamente ben riposte visto il potenziale altissimo dei brani racchiusi nell’ep.
Prodotta da Titta Morganti, la band si destreggia tra la materia alternative con ottima padronanza del sound ed un buon uso dei ferri del mestiere: è un rock che non manca di graffiare, partendo da lontano e assumendo l’indole stradaiola infarcita di soluzione metalliche, ma nel suo viaggio lungo il nuovo millennio si riveste di soluzioni alternative, rendendosi appetibile a più palati, ed esaltandosi con melodie catchy, refrain ruffiani e tanto appeal.
In verità le tracce inedite sono tre (Summertime Sadness è la cover di un brano di Lana Del Rey) e letteralmente fanno faville con chorus perfettamente incastonati nel rock che si incendia di liquido metallico, ritmi che lasciano al groove il comando delle operazioni e chitarre che non lasciano dubbi sulla voglia di lasciare il segno del quartetto.
Aggiungete un monicker originale, un titolo che lascia alla fantasia di ognuno di noi la giusta interpretazione su un argomento delicato come l’amore (“è‘ un gioco di parole che lega immediatamente all’immagine, ma che secondariamente vuole riferirsi al concetto dell’Amore. Un Amore che si supponga sappia di zucchero, ma che come ogni umana manifestazione, possiede anche un lato oscuro…”), ed il gioco è fatto.
Ora sta a voi lasciarvi ammaliare (musicalmente) dalle Killin’ Baudelaire, aspettando nuovi sviluppi e godendovi questo ottimo It Tastes Like Sugar.

TRACKLIST
1. Wasted
2. The Way She Wants
3. Summertime Sadness (Lana Del Rey Cover)
4. Riddle

LINE-UP
Gloria Signoria – Vocals and Bass
Martina Nixe Riva – Guitar
Francesca Bernasconi – Guitar
Martina Cleo Ungarelli – Drums and Vocals

KILLIN’ BAUDELAIRE – Facebook