Walpyrgus – Walpyrgus Nights

La qualità altissima delle composizioni mi porterebbe a comporre un track by track oltremodo antipatico, quindi sappiate che, dall’opener The Dead Of Night fino alla conclusiva title track, è un susseguirsi di emozionanti avventure nel mondo dell’heavy metal classico.

Collaborare con MetalEyes significa sguazzare nell’underground, aiutati nella ricerca di chicche metalliche da presentare ai lettori grazie ad una serie di label che ci invitano all’ascolto di perle altrimenti a forte rischio di passare inosservate ai più.

Twisted Tower Dire è un nome che a molti non non dice nulla, ma per chi è attento al sottobosco musicale si tratta una band americana di culto, attiva da più di vent’anni nell’heavy power metal con una serie di album uno più bello dell’altro, con l’ultimo uscito ormai sei anni fa (Make It Dark).
Tre quinti di questa splendida realtà dell’ underground metallico classico statunitense li ritroviamo negli altrettanto spettacolari Walpyrgus: Jonny Aune, grande vocalist (ex Widow), Scott Waldrop ad una delle due chitarre (l’altra è lasciata nelle mani di Charley Shackelford) ed il bassista Jim Hunter a formare la sezione ritmica con il drummer Carlos Denogean.
Il quintetto del North Carolina arriva così a questo bellissimo debutto dopo che, in più o meno tre anni, ha rilasciato una serie di singoli e live all’insegna di uno splendido esempio di heavy metal old school, dalle tematiche horror, ma assolutamente melodico, ricco di solos maideniani, chorus magnifici ed un talento spropositato nel creare brani sparati direttamente nell’olimpo dell genere, tra tradizione britannica e power americano, un sodalizio perfetto per far perdere la testa ai defenders di tutte le età.
Io non so quanti avranno la fortuna di ascoltare Walpyrgus Nights e le sue otto irresistibili composizioni, ma credetemi se vi dico che qui siamo nella perfezione nel campo dell’heavy metal di ispirazione e attitudine vecchia scuola, non superando di fatto il 1985 come ispirazioni, ma arrivando sul tetto del metal underground (a livello qualitativo) in questo 2017 che sta dando grosse soddisfazione in campo classico.
La qualità altissima delle composizioni mi porterebbe a comporre un track by track oltremodo antipatico, quindi sappiate che, dall’opener The Dead Of Night fino alla conclusiva title track, è un susseguirsi di emozionanti avventure nel mondo dell’heavy metal classico.

TRACKLIST
1. The Dead Of Night
2. Somewhere Under Summerwind
3. Dead Girls
4. Lauralone
5. Palmystry
6. She Lives
7. Light Of A Torch (Witch Cross cover)
8. Walpyrgus Nights

LINE-UP
Jonny Aune – Vocals
Scott Waldrop – Guitars
Charley Shackelford – Guitars
Jim Hunter – Bass
Peter Lemieux – Drums
Tom Phillips – Keyboards, Guitars

WALPYRGUS – Facebook

Anamnesi – La Proiezione Del Fuoco

Parlando del livello di lettura musicale il disco è di immenso valore, ma ancora più grande è il valore storico, e superiore ad esso si trova il livello spirituale, chiudete gli occhi mettete le cuffie e ascoltate cosa ha da dirvi la vostra vera anima.

Certe opere vanno ben oltre la musica, poiché sono dei paradigmi, dei momenti di vera comprensione di quello che siamo, o di ciò che siamo stati.

La Proiezione Del Fuoco è uno di questi momenti, un ricordarci ciò che siamo stati e ciò che siamo veramente, nonostante duemila e più anni di menzogne. Anamnesi è la creazione di Emanuele Prandoni, un nome che possiamo trovare dietro a grandi nomi dell’underground metal italiano, tanto per citarne alcuni Simulacro, Absentia Lunae e Progenie Terrestre Pura. Questo suo progetto è ora giunto al terzo disco edito da Dusktone, mentre i precedenti sono stati pubblicati da Naturmacht Productions. La Proiezione Del Fuoco è un disco incentrato sul culto mitraico, un’antica religione che era in voga nell’antica Roma, e che viene quindi da molto lontano. Purtroppo, a causa della scarsità di fonti non si sa molto su questa religione salvifica e piena di misteri, a cui si veniva iniziati attraverso sette gradi. Molto devoti a Mitra erano i legionari romani, ma Mitra viene dall’India e forse ancora da più lontano, ed era un culto legato al Sole, vero e forse unico dio di noi umani. In questo disco risuona fortissimo questo spirito antico, legato ad un percorso iniziatico molto difficile e preciso, per scoprire sé stessi e la verità su ciò che ci circonda. Anamnesi ci accompagna nel sotterraneo del nostro inconscio con un black death di ottima fattura, debitore alla scena svedese ma molto originale anche grazie al cantato in italiano, che si comprende bene e che è davvero una lezione di storia all’ennesima potenza. Vi sono momenti del disco nei quali si percepisce la forza e la profondità di questo culto che portiamo dentro, grazie all’immenso lavoro di ricerca di Emanuele, e soprattutto grazie alla sua altrettanto grande capacità di rendere musica le sue sensazioni. Parlando del livello di lettura musicale il disco è di immenso valore, ma ancora più grande è il valore storico, e superiore ad esso si trova il livello spirituale, chiudete gli occhi mettete le cuffie e ascoltate cosa ha da dirvi la vostra vera anima. La sesta traccia Apathanatismos è la resa musicale dell’unico culto mitraico a noi pervenutoci in una redazione successiva del quarto secolo; ascoltare queste parole suscita sensazioni davvero forti e dimenticate, ma non siamo quello che vogliono farci credere, siamo molto di più, fuoco e sole.
Un’opera immensa, testimonianza di ciò che può essere il metal, un veicolo per farci tornare a casa.

TRACKLIST
1.Origine Prima
2.Fautor Imperii
3.La Proiezione Del Fuoco
4.La Precessione Degli Equinozi
5.Lo Ierofante Dei Misteri
6.Apathanatismos
7.I Sette Raggi Del Myste

ANAMNESI – Facebook

Mess Excess – From Another World Part 1

Con un orecchio al metallo progressivo dei Queensryche e l’altro al rock raffinato delle icone prog settantiane, i Mess Excess costruiscono un concept ispirato e maturo

Gli album licenziati dalla nostrana Qua’ Rock hanno la caratteristica di non risultare mai banali o di maniera, è così che la label guidata dal chitarrista Gabriele Bellini (Pulse R., Hyaena) si sta ritagliando uno spazio sempre più importante sul mercato rock/metal nazionale.

Con i Mess Excess ci avventuriamo in un concept di matrice socio/politica e dal sound progressivo e molto originale, la prima parte di una storia che avrà la sua conclusione sul secondo capitolo.
From Another World Part 1 è il secondo album del gruppo toscano, attivo dal 2009 ed arrivato ad oggi dopo molti cambi nella line up e Fly Away, licenziato un paio di anni fa.
Caratterizzato da una doppia voce femminile, il sound si impossessa del rock progressivo in auge negli anni settanta e lo accompagna con il metal del decennio successivo, trasformandolo in un ottimo e personale esempio di maturità compositiva.
Con un orecchio al metallo progressivo dei Queensryche e l’altro al rock raffinato delle icone prog settantiane, i Mess Excess costruiscono un concept ispirato e maturo, una storia che affronta i misteri e i segreti del potere, molto attuale se ci specchiamo nella società odierna, ormai giunta ad un punto di non ritorno.
I Mess Excess ci regalano un album intenso, suonato divinamente e ricco di parti emozionanti, racconto e cantato splendidamente da Martina Lotti ed Helene Costa: una quarantina di minuti, durata perfetta per godere ed entrare nel mondo e nel racconto della band, facile da assimilare e notevole nel non lasciare mai che l’una delle due anime prenda il sopravvento, così da venire investiti da cambi di tempo e atmosfere, passando dal prog metal ritmicamente sontuoso al classic rock d’autore ed impreziosito da un gran lavoro dei tasti d’avorio.
Opera da ascoltare nella sua interezza, From Another World part 1 non ha brani trainanti, ma lascia quella sensazione di suite divisa in capitoli, come la tradizione progressiva vuole, partendo dall’inizio della storia (Amazing Dystopia), passando per lo strumentale Brainstorm, il metal progressivo della splendida In Loving Memory e delle talentuose note di Mesmerize e Deranged.
La raffinata eleganza della ballad Glimpse Of Hope chiude la prima parte di From Another World e ci dà appuntamento con il secondo capitolo, noi siamo già in spasmodica attesa …

TRACKLIST
1.Amazing Dystopia
2.Brainstorm
3.In Loving mamory
4.Mesmerize
5.Deranged
6.Glimpse Of Hope

LINE UP
Martina Lotti – Lead Vocals
Alessandro Santi – Guitars & Backing Vocals
Andrea Giarracco – Bass & Backing Vocals
Fulvio Carraro – Keyboards & Piano
Roberto Prato – Drums
Helene Costa – Backing Vocals

MESS EXCESS – Facebook

Saille – Gnosis

Siamo al cospetto di un ottimo album di genere, che si lascia ascoltare con un certo agio in tutto il suo sviluppo, beneficiando anche di più di un  passaggio interessante, ma nel quale sono del tutto assenti minimi spunti innovativi.

Quarto full length per i belgi Saille, auguri di un symphonic black di stretta derivazione scandinava.

Di per sé quest’ultima affermazione dice molto sui contenuti del lavoro, visto che in Gnosis gli stilemi del genere reso famoso dai Dimmi Borgir ci sono tutti, pur se resi con buona perizia e competenza.
In sintesi, siamo al cospetto di un ottimo album di genere, che si lascia ascoltare con un certo agio in tutto il suo sviluppo, beneficiando anche di più di un  passaggio interessante, ma nel quale sono del tutto assenti minimi spunti innovativi.
Poco male quando a farlo è una band capace come i Saille, i quali sciorinano brani di sicuro impatto come gli iniziali Benei Ha Elohim e Pandaemonium Gathers, però la sensazione è che sentiti questi sentiti tutti e, nonostante il gruppo di Gent suoni forse anche meglio e più ispirato di quanto non facciano oggi le band seminali per il genere,viene lo stesso meno un buon motivo per non andarsi a riascoltare direttamente Enthrone Darkness Triumphant piuttosto che indugiare con Gnosis.
Tutto qua, chi ama il genere potrà anche goderne non poco, ma resta la consapevolezza che si tratta di un surrogato e che, a parte i nomi storici, ormai dediti solo a monetizzare il passato, ci sono comunque alcune band contemporanee in grado di proporsi in quest’ambito con sufficiente personaliltà: questo non succede per ora ai Saille e, anche se i numeri li avrebbero tutti per riuscirci, è difficile immaginare che ciò possa verificarsi dall’oggi al domani da parte di una band dalla discografia già piuttosto consistente.

Tracklist:
1.Benei Ha Elohim
2.Pandaemonium Gathers
3.Blot
4.Genesis 11-1-9
5.Before the Crawling Chaos
6.Prometheus
7.Thou, my Maker
8.Magnum Opus
9.1904 Era Vulgaris

Line-up:
ReinieR Schenk – Guitar
Kristof Van Iseghem – Bass
Collin Boone – Guitar
Dennie – Vocals
Kevin De Leener – Drums

SAILLE – Facebook

Atlantean Kodex – The Annihilation Of Bavaria

Questo ennesimo live album (il terzo in dieci anni) immortala gli Atlantean Codex in una delle loro migliori performance, questa volta sul palco di Theuern nel novembre di due anni fa.

Per gli amanti dell’epic doom metal i tedeschi Atlantean Kodex sono diventati in poco tempo una cult band, amata e rispettata da molti nell’ambiente.

Questo ennesimo live album (il terzo in dieci anni) immortala il quintetto di Vilseck in una delle sue migliori performance, questa volta sul palco di Theuern nel novembre di due anni fa, con un brano inedito dato in pasto agli astanti (Kodex Battalions) e più di novanta minuti di epico doom metal, con il gruppo solido come una quercia secolare della foresta nera ad ipnotizzare un pubblico partecipe ed in totale trip da battaglia, con guerre e fatti storici raccontati con un trasporto ed un talento emozionale che rende la proposta del gruppo fuori dai soliti schemi del genere conservatore per antonomasia.
Una band di culto, amatissima e seguita nei dettagli dai fans che accompagnano il singer Markus Becker in ogni sua performance, arrivando a toccare vette di puro delirio epico con band e pubblico a formare un solo mastodontico monumento al genere in molti dei brani proposti, su cui spiccano le splendide Twelve Stars And An Azure Gown, Enthroned In Clouds And Fire, dall’ultimo album The White Goddess uscito ormai quattro anni fa, o Pilgrim e A Prophet in the Forest dal primo full lenght, The Golden Bough (2010).
In poche parole questo nuovo album è un regalo del gruppo ai suoi fans, uno spaccato di quello che gli Atlantean Kodex sono stati in grado di offrire in questi anni, musica di qualità all’insegna dell’epic doom, un genere certo non facile da percorrere se non si è totalmente coinvolti nell’attitudine e nell’approccio, oltre ovviamente ad un talento compositivo adeguato.
Detto di un suono che rende giustizia alla musica senza farla sembrare plastificata come in molti album live, non mi rimane che consigliare l’ascolto agli amanti del genere che non conoscono ancora la band tedesca, mentre i fans abituali non necessitano sicuramente del mio invito ed avranno The Annihilation Of Bavaria già ben esposto nella loro discografia.

TRACKLIST
01. From Shores Forsaken
02. Pilgrim
03. Trumpets of Doggerland
04. Sol Invictus
05. Bilwis
06. Heresiarch
07. Twelve Stars and an Azure Gown
08. Der Untertang der Stadt Passau
09. Enthroned in Clouds and Fire
10. White Goddess Unveiled
11. The White Ship
12. Kodex Battalions
13. A Prophet in the Forest
14. The Atlantean Kodex

LINE-UP
Markus Becker – Vocals
Manuel Trummer – Guitars
Michael Koch – Guitars
Florian Kreuzer – Bass
Mario Weiss – Drums

ATLANTEAN KODEX – Facebook

https://www.youtube.com/watch?v=hHH1MJIr3i8

Mesembria Magog – Ultra-Mk

Il fatto di essere un gruppo con una certa esperienza, sia in studio che dal vivo, porta i Mesmebria Magog ad offrire un’opera di buon livello, con un immaginario cyber elettro punk che spicca molto.

I foggiani Mesembria Magog sono attivi dal 2002, nati dagli sforzi dei fratelli Claudio e Stefano D’ Onofrio.

Il nome è una contrapposizione fra Mesmebria, una mitica regione fra Grecia e Turchia molto vicina al paradiso in terra, e il demone Magog citato nell’apocalisse. E tutta la loro musica segue questa atavica contrapposizione fra bene e male, fra luce e tenebra. Il genere proposto è un’interessante commistione fra metal, elettronica ed un ebm geneticamente modificata. Come risultato i Mesembria Magog raggiungono un buon livello, dato che rielaborano la lezione di vari gruppi creando un clima denso e che fa venire voglia all’ascoltatore di seguire lo sviluppo del disco. Il fatto di essere una band con una certa esperienza, sia in studio che dal vivo, porta i Mesmebria Magog ad offrire un’opera di buon livello, con un immaginario cyber elettro punk che spicca molto. Assai azzeccata in tale senso la scelta di rielaborare la canzone Rebel Yell di Billy Idol, compagna fedele di quel clima ottantiano tra tecnologia e Blade Runner. L’ep seppur breve è un ottimo assaggio di cosa sia questo gruppo, e delle sue potenzialità. Mk Ultra parla della nostra società e delle enormi difficoltà che ci pone, e della sua missione di distruzione e di autodistruzione. Le poche voci critiche rimaste provengono da gruppi della provincia come i Mesembria Magog, che con passione e sudore dipingono il decadente ritratto di una tecno società subliminale e subdola.

TRACKLIST
1. Against Everything
2. Hey Baby
3. Jump It
4. Rebel Yell (Mk Mix)

LINE-UP
Claudio d’Onofrio – Voice
Stefano d’Onofrio – Keyboards
Angelo Annicchiarico – Guitar
Gianluca Maffei – Drums
Manuele Soldano – Bass

MESEMBRIA MAGOG – Facebook

Vetriolica – Dichiarazione D’Odio

Ci mettono tanto impatto ed attitudine i Vetriolica, il loro lavoro risulta caratterizzato da una forza che vi travolgerà in tutta la sua insana potenza nella sua dimensione più consona, quella dal vivo.

E’ dagli inizi degli anni novanta che i Vetriolica da Verona hanno fatto la loro comparsa sulla scena estrema nazionale, prima con una formazione a tre che li ha visti protagonisti di infuocati live per supportare i due demo (Vetriolica e Bambini Epilettici) ed il primo full length Ferocia, prodotto da Paul Chain.

Nel 2013 il ritorno con una formazione a quattro ed una sezione ritmica nuova di zecca (Jack Tusk al basso e Hubert Fast alle pelli) che si aggiunge ai due musicisti storici, Henry Ford (chitarra e voce) e Marious Kalash (voce e chitarra).
Per Andromeda Relix esce questo nuovo lavoro intitolato Dichiarazione D’Odio, un belligerante esempio di metal estremo di matrice moderna, groovy e che unisce thrash, metalcore e qualche spunto hardcore per un devastante e quanto mai esplosivo risultato d’insieme.
Testi in italiano, urlati ma non sguaiati, una potenza senza freni e una devozione per i fratelli Cavalera fanno di Dichiarazione D’Odio il classico lavoro diretto e senza filtri, un muro sonoro violento che si avvale di qualche spunto melodico, ma non perde un grammo di pesantezza per tutta la sua durata.
La sensazione è di essere al cospetto di una band vera, lontana da certa aggressività di facciata o da ruffianerie volte a fare breccia nei giovani utenti di canali satellitari: con i Vetriolica ci si fa male, molto male, presi a pugni dall’immane violenza di Impatto Zero, Vuoto a Perdere o Psicotropazione.
Ci mettono tanto impatto ed attitudine i Vetriolica, il loro lavoro risulta caratterizzato da una forza che vi travolgerà in tutta la sua insana potenza nella sua dimensione più consona, quella dal vivo.
Un buon ritorno, consigliato agli amanti dei suoni estremi di matrice thrash core.

TRACKLIST
1.      Melma
2.      Vetriolica
3.      Impatto Zero
4.      Malata
5.      Exxon Valdez
6.      Vuoto a Perdere
7.      Senza Appello
8.      2473
9.      Psicotropazione
10.  Discesa agli Inferi

LINE UP
Marious Kalashnikov – Vocals, guitars
Henry Ford – Guitars, vocals
Jack Tusk – Bass
Hubert Taba – Drums

VETRIOLICA – Facebook

Ungraved Apparition – Pulse_0

Pulse_0 si rivela essenzialmente un ideale punto di partenza per cui, smussando qualche spigolo, focalizzando al meglio l’aspetto melodico ed evitando estemporanee soluzioni ad effetto, gli Ungraved Apparition hanno tutto il tempo ed i margini per fare senz’altro meglio in futuro.

Una copertina tra le più improbabili che mi sia capitato di vedere negli ultimi anni è il biglietto da visita con il quale si presentano gli Ungraved Apparition, band moscovita al passo d’esordio con l’album intitolato Pulse_0.

Quello del quintetto russo è il tipico death doom proveniente dall’area ex-sovietica, ovvero dai tratti molto asciutti e spesso aspro, ma non privo di interessanti aperture melodiche.
A livello lirico, come la cover ed il titolo suggeriscono, ad essere preso in esame è fondamentalmente il momento del trapasso, con tutto il carico di tragedia ed abbandono che ne consegue, prima durante e dopo il suo nefasto compiersi.
L’approccio degli Ungraved Apparition è piuttosto naif, così anche l’inserimento di effetti volti a colpire maggiormente l’immaginario dell’ascoltatore appare dettato da una certa ingenuità; d’altra parte questo depone a favore di un sentire genuino che resta il dato saliente di un album privo di quella tensione drammatica che sarebbe lecito attendersi in base al tipo delle tematiche trattate, nonostante non manchino buoni spunti disseminati qua e là.
Detto ciò, Pulse_0 si rivela essenzialmente un ideale punto di partenza per cui, smussando qualche spigolo, focalizzando al meglio l’aspetto melodico ed evitando estemporanee soluzioni ad effetto, come i frequenti campionamenti di pianti, urla e sospiri che servono solo a spezzare il pathos e non ad aumentarlo, gli Ungraved Apparition hanno tutto il tempo ed i margini per fare senz’altro meglio in futuro.

Tracklist:
1.Кома
2.Спаси! (Intro)
3.Спаси!
4.Тот, кто не дышит (Intro)
5.Тот, кто не дышит
6.Неумершее явление (Intro)
7.Неумершее явление
8.Гнилостные бактерии (Intro)
9.Гнилостные бактерии
10.Гангрена (Intro)
11.Гангрена
12.Пыль (Intro)
13.Пыль

Line-up:
Leon Kratt – Bass
Paul Kas – Drums
Micky Babossa – Guitars
Bones Taker – Guitars
Damned – Vocals

Druknroll – Bad Math

Se questi quindici minuti di musica racchiusi in Bad Math fungono da apripista ad un prossimo full length, state pronti perché ci sarà da divertirsi.

Thrash metal progressivo e moderno, attraversato da umori death ed elettronici per una proposta molto interessante, peccato solo che questo Bad Math sia un ep di tre brani.

I Drunknroll sono attivi dal 2006 come one man band del polistrumentista Druknroll e hanno all’attivo una manciata di full length e due ep.
Col tempo il musicista russo ha poi trasformato la sua creatura in una band a tutti gli effetti e questo nuovo lavoro vede i Druknroll esibirsi come quartetto, con Maks Perepelkin alla sei corde, il cantante Horror al microfono, Knip alle prese con effetti, chitarre e tastiere, ed ovviamente Drunknroll che si danna con chitarre, batteria, basso e tasti d’avorio.
Mekong Delta e Voivod aleggiano in un sound moderno ed estremo, qualche richiamo agli Strapping Young Lad ed una predisposizione per il death melodico sono le componenti che vanno a formare la musica del musicista russo.
Thrash metal che ha nell’anima progressiva il suo punto di forza, con le tastiere che creano ricami eleganti in un contesto violento, colmo di cambi di tempo e sei corde trattate con una perizia tecnica invidiabile.
Horror inveisce sul microfono con la rabbia di un singer melodic death e le tre tracce risultano un ottima presentazione del gruppo agli ascoltatori occidentali.
Se questi quindici minuti di musica racchiusi in Bad Math fungono da apripista ad un prossimo full length, state pronti perché ci sarà da divertirsi.

TRACKLIST

1. Bad Math
2. On the Hook
3. The Heroes of the War

LINE-UP

Maks Perepelkin – lead guitar
Horror – vocals
Knip – guitars, sound effects, keys
Druknroll – guitars, bass, keys, drums

VOTO
7.20

URL Facebook
http://vk.com/druknrollcommunity

URL YouTube, Soundcloud, Bandcamp

DESCRIZIONE SEO / RIASSUNTO

Log in to view or download your responses at
https://admin.typeform.com/form/862363/analyze/hash/results

You can turn off or configure self notifications for this typeform at
https://admin.typeform.com/form/862363/configure/hash/self_notifications

Happy typeforming!

Team Typeform
Ask awesomely

Get even more out of your typeforms by going PRO. Learn more at
http://typeform.com/go-pro/ and upgrade your account when you’re ready: http://typeform.com/upgrade
873c8d0a01d552e7bebf125739e7d893

A Mournful Path – From The Wreckage Of Humiliation

Gli A Mournful Path sono un duo di black metal da Newcastle, Australia, e il loro black metal non vi lascerà tregua, figlio maledetto della scuola australiana, con quella saturazione dello spazio sonoro che rende bellissimo questo viaggio tra l’atmospherical e il black più tendente al death.

Questa traccia che vi proponiamo è un appunto, un piccolo assaggio di qualcosa che vi atterrerà nelle orecchie entro la fine dell’anno.

Gli A Mournful Path sono un duo di black metal da Newcastle, Australia, e il loro black metal non vi lascerà tregua, figlio maledetto della scuola australiana, con quella saturazione dello spazio sonoro che rende bellissimo questo viaggio tra l’atmospherical e il black più tendente al death. Il duo ha rilasciato questa traccia per la Inverse Records che pubblicherà il loro mini di debutto. Gli A Mournful Path si inseriscono in quel novero di gruppi che riescono a dare al black metal un significato di liberazione, un mezzo per andare verso il cielo o verso il centro della terra a vostra preferenza. Il male ed il disagio escono a mille all’ora dalla voce di Michael Romeo, con il fratello David che fa tutto il resto, ed ad ascoltarli non sembrano davvero un gruppo esordiente. I due fratelli Romeo respirano e suonano come fossero un’unica entità e ciò lo si sente molto bene anche da quest’unica traccia.
Un piccolo raggio nero che preannuncia una tempesta molto interessante e pesante.

TRACKLIST
1. From The Wreckage Of Humiliation

LINE-UP
David Romeo: Song writing and all instruments
Michael Romeo: Words and voice

A MOURNFUL PATH – Facebook

The Interbeing – Among The Amorphous

Un buon ibrido tra gli ormai scontati cliché di un genere (il metalcore) che risulta in affanno da un paio di anni a questa parte e l’industrial classico, più vicino al death metal, e meno ad MTV…

Tornano con il secondo lavoro sulla lunga distanza gli industrial metallers The Interbeing, gruppo danese che bene aveva fatto parlare di sé all’indomani dell’uscita del debutto Edge Of The Obscure, risalente ormai a sei anni fa.

Prodotto da Jonas Haagensen (Amaranthe, Pretty Maids e Volbeat), Among the Amorphous si muove tra l’industrial metal ed il metalcore, pregno di ritmiche sincopate ma dal potentissimo groove, fulminanti esplosioni e aperture melodiche nei cori puliti che, come di moda oggigiorno, abbondano.
Personalmente preferisco la band quando si fa rabbiosa nelle sue pulsioni  rabbiosa esplode all’unisono, una bomba estrema industrial metal come si sentiva un po’ di anni fa, tra la tecnica devastante dei Meshuggah  e le fredde ritmiche dei Fear Factory, mentre le parti melodiche abbassano leggermente la tensione avvicinandosi troppo al sound in uso di questi tempi.
Un dettagli perché l’uso dei campionamenti è perfettamente inserito nel metal moderno del gruppo, le atmosfere rimangono piacevolmente estreme e quando il gruppo si avvicina al djent risulta davvero in gamba (Borderline Human).
Chiaramente in un album del genere la differenza la fanno i brani che in generale si mantengono su buoni livelli, estremi, non facili da assimilare in modo immediato ma che escono alla distanza.
Un buon ibrido tra gli ormai scontati cliché di un genere (il metalcore) che risulta in affanno da un paio di anni a questa parte e l’industrial classico, più vicino al death metal, e meno ad mtv, Among The Amorphous ha nel suo insieme il suo punto di forza , anche se l’opener Spiral Into Existence e Pinnacle Of The Strain meritano una menzione, specialmente la seconda per un lavoro ritmico sopra le righe.
Un album che riporta l’attenzione sulla scena danese, almeno per quanto riguarda il genere, patria di gruppi notevoli come i Mnemic ed i Rauchy, ma poco prolifici, in un mondo musicale che, purtroppo anche nel metal tende a dimenticare.

TRACKLIST
01. Spiral into Existence
02. Deceptive Signal
03. Sins of the Mechanical
04. Borderline Human
05. Purge the Deviant
06. Cellular Synergy
07. Enigmatic Circuits
08. Pinnacle of the Strain
09. Sum of Singularity
10. Among the Amorphous

LINE UP
Dara Toibin – Vocals
Torben Pedersen – Guitars, Vocals
Boas Segel – Guitars, Programming
Jacob Hansen – Bass
Kristoffer Egefelt – Drums

THE INTERBEING – Facebook

Cold Insight – Further Nowhere

Rispetto alla pre-produzione ascoltata diversi anni fa, il growl di Sébastien Pierre conferisce ulteriore pathos ad un sound trascinante e melodico, che oscilla senza soluzione di continuità tra il death/doom atmosferico ed il death melodico, andando a completare un’opera di rara completezza e profondità.

Quattro anni fa rinvenni on line un album intitolato Further Nowhere, a nome Cold Insight, che mi aveva incuriosito in quanto si trattava del progetto solista di Sébastien Pierre, tastierista degli ottimi ma appena disciolti death-doomsters francesi Inborn Suffering, nonché partner di Jari Lindholm nei magnifici Enshine

La musica contenuta in quelle tracce di natura esclusivamente strumentale mi colpì favorevolmente, tanto che ritenni di scrivere due righe al riguardo, ben conscio del fatto che si trattava di una pre-produzione messa in circolazione sul web per sondare il terreno, come ci tenne a chiarire anche il musicista francese, pur se lusingato dal riscontro positivo.
Approdato ad un’etichetta specializzata in musica oscura e di qualità come la Naturmacht / Rain Without End, Pierre ha finalmente dato alle stampe la versione definitiva di Further Nowhere e, come era prevedibile, l’inserimento della voce rende un’opera magnifica quella che nel 2013 era apparsa un già notevole abbozzo.
Il growl di Sébastien conferisce ulteriore pathos ad un sound trascinante e melodico, che oscilla senza soluzione di continuità tra il death/doom atmosferico ed il death melodico, andando a completare un’opera di rara completezza e profondità.
Ovviamente le tracce che già a suo tempo mi avevano colpito per la loro bellezza vengono esaltate in questa loro nuova veste, impreziosita dal contributo alla chitarra dello stesso Lindholm ed del suo connazionale (nonché compagno negli Exgenesis) Christian Netzell alla batteria: così, affreschi melodici e dal groove irresistibile come The Light We Are, Above ed Even Dies A Sun (solo per citare quelle che prediligo) vengono offerte all’interno di un progetto che trova finalmente un suo sbocco ben definito, e sarebbe stato un vero delitto se ciò non fosse avvenuto.
L’unica traccia che ha conservato la propria veste strumentale è proprio la title track, ed è giusto così perché, in fondo, è tra tutte quella che esprime le melodie più struggenti e che, forse, sarebbero state intaccate dall’inserimento delle vocals; la chiusura invece è affidata a Deep, unico brano non presente nella prima stesura e dotato di un chorus che non lascia scampo, come del resto avviene in quasi tutte le altre canzoni, nelle quali questa capacità da parte di Pierre viene perpetuata con un approccio non dissimile a quello dei migliori Amorphis.
L’ascolto di questo effettivo primo full length targato Cold Insight conferma una volta di più quanto ho sempre sostenuto riguardo alla tendenza ormai diffusa, emersa in questi ultimi anni, di pubblicare opere interamente strumentali: avendo, per una volta, l’occasione di confrontare lo stesso lavoro nell’una e nell’altra versione, si può oggettivamente constatare come non ci sia competizione tra le due soluzioni, in particolare quando le linee vocali sono incisive ed espressive come quelle del musicista parigino.
Alla fine della recensione scritta quattro anni fa per In Your Eyes Eyes affermavo che a un album come Furter Nowhere mancava solo la parola … ora che l’ha trovata è davvero un bel sentire.

Tracklist:
01. The Light We Are
02. Midnight Sun
03. Sulphur
04. Close Your Eyes
05. Above
06. Rainside
07. Stillness Days
08. Even Dies a Sun
09. Distance
10. I Will Rise
11. Further Nowhere
12. Deep

Line-up:
Sébastien Pierre – vocals, keyboards, guitar, bass

Jari Lindholm – guitar solos, mixing, mastering
Christian Netzell – drums

COLD INSIGHT – Facebook

Burning Witches – Burning Witches

Album da incorniciare e appendere al muro come un quadro che nasconde un incantesimo, Burning Witches è consigliato a chi vuole ascoltare heavy metal classico, duro come l’acciaio e diabolicamente melodico.

Debutto omonimo per le cinque streghe svizzere, al secolo Burning Witches, che non mancherà di infiammare cuori ed orecchie dei metallari dai gusti classici.

Prodotto da V.O. Pulver e Marcel Schmier (Destruction) l’album è un tuono seguito dal un lampo di devastante heavy metal tutto grinta, attitudine e bravura; si perché Seraina, Romana, Alea, Jay e Lala oltre ad essere davvero belle, sono bravissime, ipnotizzando, esaltando e piazzando incantesimi diabolici a colpi di metallo che sputa lingue di fuoco.
Le Burning Witches sono attive da un paio d’anni, fondate in quel di Brugg dalla chitarrista Romana Kalkuhl, raggiunta in poco tempo dalle altre ragazze per dare inizio al sabba metallico, prima con un singolo uscito lo scorso anno e composto dai brani Black Widow e Burning Witches, che ritroviamo su questo full length fatto di un heavy metal graffiante, suonato e cantato ottimamente e composto da un lotto di canzoni eccellenti, per quarantacinque minuti di delirio metallico, tra riff taglienti, refrain irresistibili e melodie sopra la media, che vanno a comporre uno dei dischi classici più belli dell’anno.
Non cercate di resistere a questo violento e rabbioso incantesimo, le cinque spose del diavolo vi strapperanno l’anima con una serie di hit heavy metal che seguono i binari infernali dei Judas Priest, l’oscurità che pervade l’U.S.Metal e avvicinano il loro album al bellissimo esordio dei Benedictum di Veronica Freeman, anche se Burning Witches risulta più legato al metal classico ottantiano rispetto alle bordate heavy hhrash di Uncreation.
Non una nota fuori posto, non un brano che sia sotto l’eccellenza, Burning Witches è addirittura troppo bello per essere vero, proprio come una fattura, dove la parola magica va ricercata tra le note di questa raccolta di spettacolari pezzi di granito heavy metal come le già citatate Black Widow Burning Witches, il mid tempo in crescendo di The Dark Companion, la bellissima ballad Save Me, o la devastante e sanguinosa Creator Of Hell.
Album da incorniciare e appendere al muro come un quadro che nasconde un incantesimo, Burning Witches è consigliato a chi vuole ascoltare heavy metal classico, duro come l’acciaio e diabolicamente melodico.

TRACKLIST
1.Black Widow
2.Burning Witches
3.Bloody Rose
4.Dark Companion
5.Metal Demons
6.Save Me
7.Creatures of the Night
8.We Eat Your Children
9.Creator of Hell
10.The Deathlist
11.Jawbreaker

LINE-UP
Jeanine Grob – Bass
Lala Frischknecht – Drums
Romana Kalkuhl – Guitars
Seraina Telli – Vocals
Alea Wyss – Guitars

BURNING WITCHES – Facebook

While She Sleeps – You Are We

Il disco è un piccolo manuale di come si possa fare metal moderno in maniera orecchiabile, ma anche intelligente e propositiva.

I While She Sleeps fanno un metalcore molto moderno ed interessante, usando in maniera appropriata i canoni del genere, con spunti originali e ottime melodie.

Questi ragazzi inglesi non hanno avuto vita facile in campo musicale, dopo il buon debutto del 2012 This Is The Six in pieno periodo metalcore, che pareva essere il preludio di un’ottima carriera. Invece l’operazione alle corde vocali del cantante Loz Taylor e la non perfetta riuscita della seconda uscita Brainwashed avevano dato l’impressione di un gruppo alle corde. Fortunatamente per il metalcore gli inglesi sono resuscitati dalle proprie ceneri come una fenice, e grazie all’aiuto finanziario dei fans sono riusciti a pubblicare questo disco per la sussidiaria della Nuclear Blast, la Arising Empire. Tenacia e fede nei propri mezzi, che qui si confermano di ottima levatura, poiché il risultato è davvero buono. You Are We funziona bene, grazie anche alla grande capacità del gruppo di cambiare diversi registri e generi, rimanendo sempre nell’ambito del metal moderno, ma spaziando a 360° al suo interno. I While She Sleeps suonano con il cuore, supportati da una tecnica non indifferente, ma soprattutto hanno una grande passione e tanta voglia di far sentire cosa sanno fare. Il disco è un piccolo manuale di come si possa fare metal moderno in maniera orecchiabile, ma anche intelligente e propositiva. Ci sono perfino echi di nu metal in questo disco, insieme ad un metalcore di livello inattaccabile. In questo periodo nel genere stanno rimanendo a galla solo le band migliori, e i While She Sleeps appartengono decisamente a questo novero. Ascoltando il disco si può facilmente capire perché siano così amati dai loro fans.

TRACKLIST
01. You Are We
02. Steal The Sun
03. Feel
04. Empire Of Silence
05. Wide Awake
06. Silence Speaks
07. Settle Down Society
08. Hurricane
09. Revolt
10. Civil Isolation
11. In Another Now

LINE-UP
Lawrence Taylor – Vocals
Sean Long – Guitar
Mat Welsh- Guitar / Vocals
Aaran Mckenzie – Bass
Adam Savage – Drums

WHILE SHE SLEEPS – Facebook

Monnalisa – In Principio

In Principio è un ottimo lavoro di prog rock/metal cantato in italiano, nel quale i testi sono perfettamente inglobati in un personale ed elegante, in grado di soddisfare gli amanti del progressive e quelli del metal.

L’heavy metal classico e di matrice ottantiana si allea con il progressive, conquistando i cuori di entrambe le sponde con l’aiuto dei Monnalisa.

Il quartetto veneto, attivo dal 2009 e con un passato nelle vesti di cover band dei grandi classici da cui traggono ispirazione per comporre il loro materiale, ha raggiunto una stabilità nella line up nel 2013 ed il primo frutto è questo album, licenziato dalla Andromeda Relix,  label  che di buona musica se ne intende.
In Principio è un ottimo lavoro di prog rock/metal cantato in italiano, nel quale i testi sono perfettamente inglobati in un personale ed elegante, in grado di soddisfare gli amanti del progressive e quelli del metal.
Fin dall”opener Specchio si nota subito come il gruppo si affida ai tasti d’avorio di Giovanni Olivieri (anche cantante) per ricamare arabeschi di musica con raffinati scambi tra le tastiere e la chitarra di Filippo Romeo, accompagnati da una sezione ritmica efficace ma mai invadente composta da Manuele ed Edoardo Pavoni (rispettivamente basso e batteria).
La cosa straordinaria di questo lavoro è che, chiunque abbia un minimo di cultura musicale, potrà trovare una nota o una sfumatura che lo portera a riconoscere non solo le influenze del gruppo, ma le proprie preferenze tra il rock progressivo settantiano , l’hard rock ed il metal del decennio successivo, tutti elementi perfettamente inseriti nello spartito sontuoso di In Principio.
L’intro purpleiano di Il segreto dell’alchimista, la metallica epicità di Infinite Possibilità, il prog metal della spettacolare Oltre e la raffinate melodie di Viaggio Di Un Sognatore vanno a comporre la gran parte di questo bellissimo debutto, prodotto negli Opal Arts di Fabio Serra, leader dei Røsenkreütz.
Un album che sembra arrivare da un’altra epoca, ma che per magia è perfettamente a suo agio in questo inizio millennio, con le sue ispirazioni e la voglia di far sognare almeno per una quarantina di minuti, giusto il tempo per vivere le atmosfere di questa bellissima raccolta di canzoni che smette di regalare emozioni solo alla fine della splendida Ricordi.

TRACKLIST
1.Specchio
2.Il Segreto Dell’Alchimista
3.Catene Invisibili
4.Infinite Possibilità
5.Oltre
6.Viaggio Di Un Sognatore
7.Ricordi

LINE UP
Manuele Pavoni – Bass
Edoardo Pavoni – Drums
Filippo Romeo – Guitars
Giò Olivieri – Vocals, Keys

MONNALISA – Facebook

Dødsengel – Interequinox

Un grande ritorno del duo norvegese,con un grande opus di arte nera, esoterica e ricco di mistero e fascino … I am NOTHING, I am EVERYTHING….

Un percorso artistico inattaccabile e sempre votato all’ inesplorato!

Il duo norvegese di Alesund fin dal 2009, con il full Visionary, ha creato, alimentato, sviscerato una sua particolare idea di black metal devota alla tradizione ma ricca di soluzioni particolari sia nel suono, sia nelle vocals che nelle atmosfere arrivando, forse, all’apice visionario con il doppio Imperator del 2010, opera maestosa, occulta capace di creare un universo magico, esoterico dalle molteplici sfaccettature.
I Dødsengel tornano ora dopo uno iato temporale di cinque anni, con un’altra opera di gran qualità per la Debemur Morti, etichetta il cui catalogo è ricchissimo di perle oscure votate alla elaborazione di “mutante” black metal. In questo nuovo opus i Dødsengel (Angel of Death) continuano a lavorare sulla loro ispirazione visionaria sperimentando e aggiungendo antichi aromi psichedelici, mai così presenti fino ad ora (Varaens Korsvei), vocals particolari ed inquietanti (Emerald Earth); il suono nei vari brani alterna accelerazioni velocissime, figlie di una conoscenza approfondita del vero BM (la meravigliosa Opaque con il suo finale epico e ricco di suggestione), con parti rallentate ai limiti del doom dove si esprime maggiormente la loro idea dell’arte estrema sempre imprevedibile e cangiante.
Le capacità vocali di Kark sono veramente mutevoli, passando da un sinistro scream a un suggestivo e funzionale clean simile a una litania inquietante; la band sa suonare e sa emozionare nel profondo e il ritorno dopo la lunga attesa mi ha entusiasmato e mi ha fatto ulteriormente capire la grande qualità della proposta di questo duo che in meno di dieci anni ha creato e suonato, anche con alcuni split con gli statunitensi Nightbringer ed i cileni Hetroertzen, uno stellare black metal sempre creativo, misterioso e ricco di intuizioni “melodiche” ben oltre la media.

TRACKLIST
1. Pangenetor
2. Prince of Ashes
3. Værens Korsvei
4. Emerald Earth
5. Opaque
6. Illusions
7. Palindrome
8. Ved Alltings Ende
9. Rubedo
10. Gloria in Excelsis Deo
11. Panphage

LINE UP
Malach Adonai Drums
Kark Vocals, Guitars, Bass

DODSENGEL – Facebook

Sacred Oath – Twelve Bells

Old school metal in the modern world, si legge sulle informazioni della loro pagina Facebook, frase che calza a pennello per il quartetto statunitense che viaggia a mille con una serie di brani che fanno impallidire le ultime generazioni.

Sembra facile scrivere un album fresco, potente e spettacolarmente heavy, ma non è così.

Il mercato, specialmente quello underground, è colmo di gruppi più o meno bravi che sfornano a getto continuo opere metalliche che si rivelano delle buone proposte, con almeno due o tre canzoni ottime ed un livello generale che garantisce il supporto di fans e addetti ai lavori, ma per diventare una cult band, per proporre musica di alto livello c’è bisogno di più fattori, tra cui uno stato di grazia che dà all’artista una marcia in più.
Sacred Oath è un nome che a molti dice poco, ma per chi ama il metal underground di stampo classico è sinonimo di ottima musica metallica, in arrivo dagli States, precisamente dal Connecticut; vecchi metallari (il gruppo è attivo dal 1984) che non ne vogliono sapere di mollare la presa sui nostri bassifondi e nell’anno di grazia 2017 se ne escono con Twelve Bells, ultimo e ottavo album di una carriera che ebbe uno stop tra il 1987 ed il 2005 ma che ha trovato negli ultimi anni qualità e continuità.
Licenziato in Europa dalla eOne e registrato nello studio del cantante/chitarrista Rob Thorne, l’album è un bellissimo, potente e melodico esempio di heavy/power americano, spettacolarizzato da ritmiche ed atmosfere che della classica oscurità tutta yankee si nutrono, valorizzato da un songwriting elevato che permette al gruppo di fare il bello e cattivo tempo in tutta l’ora a sua disposizione.
Old school metal in the modern world, si legge sulle informazioni della loro pagina Facebook, frase che calza a pennello per il quartetto statunitense che viaggia a mille con una serie di brani che fanno impallidire le ultime generazioni.
Canzoni con riff, ritmiche e chorus perfetti, solos che arrivano solo nel momento opportuno, ballad in crescendo che lasciano trasparire un amore neanche troppo velato per il metal del vecchio continente (Never And Forevermore), song che ricordano i primi passi dei fratelli Oliva (Bionic) e tanto power oscuro e a tratti progressivo (Well Of Souls e la conclusiva The Last Word) dove echi di Fates Warning e Queensryche, rendono raffinato il tiro metallico alla Metal Church che il gruppo a più riprese fa proprio.
In conclusione, un album perfetto, nel genere uno dei migliiori usciti nell’ultimo periodo, fidatevi e cercatelo, non ve ne pentirete.

TRACKLIST
1.New Religion
2.Twelve Bells
3.Fighter’s Heart
4.Bionic
5.Never and Forevermore
6.Demon Ize
7.Well of Souls
8.Eat the Young
9.No Man’s Land
10.The Last Word

LINE-UP
Brendan Kelleher – Bass
Kenny Evans – Drums
Bill Smith – Guitars
Rob Thorne – Vocals, Guitars

SACRED OATH – Facebook

Miss May I – Shadows Inside

Il risultato è un disco che rischia di piacere solo ad adolescenti che non hanno ancora dimestichezza con il genere o a chi è davvero un fan sfegatato dei Miss May I.

Tornano gli americani Miss May I, uno dei maggiori gruppi metalcore e modern metal in giro negli ultimi anni.

Il gruppo proveniente dall’Ohio è uno dei più seguiti a livello mondiale, grazie alla sua formula che unisce metal assai melodico con ritornelli da college radio ed un’immagine molto pulita. Dopo la sbornia degli anni passati il metalcore si sta assestando, cercando di trovare motivi per farsi ancora seguire dai fans. Gli elementi della musica dei Miss May I rappresentano un insieme di ciò che piace maggiormente ad una parte di ascoltatori del metalcore, diciamo alla parte più legata alla melodia. Il metal qui è un elemento di partenza, uno starter che poi viene usato per fare tutt’altro. La produzione è ottima, il gruppo è capace, ma il disco scivola veramente addosso, senza lasciare nulla o quasi. Forse anni fa questo album sarebbe stato un gran successo e forse lo sarà anche ora, ma è davvero un qualcosa di stanco e tirato per le orecchie. Le melodie che si possono sentire in Shadows Inside possono essere gustate altrove con maggiore godimento, e anche il lato più heavy è davvero deficitario. Il risultato è un disco che rischia di piacere solo ad adolescenti che non hanno ancora dimestichezza con il genere o a chi è davvero un fan sfegatato dei Miss May I.
Il metalcore può essere fatto molto meglio di così, e i Miss May I dovrebbero almeno provarci.

TRACKLIST
1 Shadows Inside
2 Under Fire
3 Never Let Me Stay
4 My Destruction
5 Casualties
6 Crawl
7 Swallow Your Teeth
8 Death Knows My Name
9 Lost In The Grey
10 My Sorrow

LINE-UP
Levi Benton – vocals/lyrics
Ryan Neff – bass/vocals
BJ Stead – guitar
Justin Aufdemkampe – guitar
Jerod Boyd – drums

MISS MAY I – Facebook

Pristine – Ninja

Classic rock ed una voce fuori categoria fanno dei Pristine un monumento al rock settantiano innamorato di sua maestà il blues, e Ninja dà una spallata al precedente lavoro, piazzandosi in vetta alla classifica dell’anno come miglior album, nel suo genere.

Torna la band norvegese capitanata dalla vocalist Heidi Solheim, i Pristine, una sensuale e lasciva macchina rock blues che non lascia scampo e mette in fila praticamente tutte le realtà di questa ultima ondata dalle sonorità vintage.

Tre album, di cui l’ultimo, lo splendido Reboot uscito lo scorso anno e finalmente la firma prestigiosa per Nuclear Blast, etichetta che annovera tra le proprie fila i Blues Pills, band con cui Heidi e soci hanno condiviso un lungo tour.
Ora, come la Solheim  possa scrivere così tanta musica (nel frattempo ha  licenziato due album da solista) rimane un mistero, ma anche con questo nuovo Ninja siamo su livelli altissimi.
Classic rock ed una voce fuori categoria fanno dei Pristine un monumento al rock settantiano innamorato di sua maestà il blues, e Ninja dà una spallata al precedente lavoro, piazzandosi in vetta alla classifica dell’anno come miglior album, nel suo genere.
Elegante, sanguigno e splendidamente interpretato da una vocalist scesa da un altro pianeta, l’album con l’aiuto di Nuclear Blast dovrebbe sfondare e dare al gruppo la notorietà che merita, facendo tremare le reputazioni di Rival Sons, The Answer e compagnia di rocker.
Ninja vive di blues , di grande musica che dagli anni settanta arriva come un lampo nel nuovo millennio ed affascina, suadente come un serpente ipnotizza per poi colpire con l’elettricità del rock , in un saliscendi di emozioni ed atmosfere che la Solheim guida da grande interprete, una strega del rock’n’roll, una musa del nord pronta a fare vittime con la sua splendida musica.
Songwriter d’eccezione dunque, poi cantante personalissima ed interpretativa, con i musicisti che formano il gruppo ad assecondare con una prova perfetta le atmosfere che, con il passare del tempo, si fanno sempre più psichedeliche e a tratti claustrofobiche.
You Are The One sembra uscita da un classico dell’ America sudista, le note profumano di erba arsa dal sole, mentre Sophia è hard rock settantiano e ci prepara al primo capolavoro del disco, The Perfect Crime, blues tragico in cui la cantante norvegese fa il bello ed il cattivo tempo con una prestazione straordinaria.
The Rebel Song è dinamica, The Parade brucia benzina rock’n’roll e Ghost Chase torna sulle rive del fiume più famoso del blues, mentre Jekyll & Hyde è un blues psichedelico d’autore che ci porta verso la fine di Ninja con la delicata Forget.
Finisce con una Solheim delicatissima questo altro bellissimo album di quella che diventerà la band retro rock più famosa del pianeta: grande interprete, grandi brani … che volete di più?

TRACKLIST
1. You Are The One
2. Sophia
3. The Perfect Crime
4. The Rebel Song
5. The Parade
6. Ghost Chase
7. Ninja
8. Jekyll & Hyde
9. Forget

LINE UP
Heidi Solheim – vocal
Espen Elverum Jakobsen – guitar
Åsmund Wilter Eriksson – bass
Benjamin Mørk – hammond organ
Kim Karlsen – drums

PRISTINE – Facebook