Ewigkeit – Cosmic Man

In alcuni momenti, ascoltando Cosmic Man, si possono chiudere gli occhi ed essere davvero in pace col mondo, essendo cullati da una musica che si trasmuta e diventa pura sensazione.

Il prolifico e geniale multi strumentista e produttore James Fogarty ritorna con la sua creatura Ewigkeit per portarci lontane in mezzo agli astri.

James ha partecipato attivamente a molti progetti, tra i quali … In The Woods, ha fondato i Meads Of Asphodel e i The Bombs Of Enduring Freedom, oltre ai più recenti e splendidi Sollertia. Insomma, una personalità che viaggia in direzioni molteplici, e qui ne imbocca una davvero particolare. Sembrava che il progetto Ewigkeit non avesse più spinta e invece la Svart Records a luglio pubblicherà questo ottimo disco, anche se il sound  attuale è molto diverso da quello dei dischi Earache. Qui è davvero difficile, oltreché riduttivo, parlare di generi, c’è una qualità altissima e una varietà di gusti molto ampia. La base è un prog rock che sfocia nel metal, e sicuramente molto è debitore nei confronti del Re Cremisi, e da qui si parte per un viaggio nella galassia più infinita. Il talento di Fogarty è molteplice e lo consociamo già, ma qui assume ulteriore valore quando arriva a comporre certe tracce, come Death is The Portal o Thief In The Sky, intrise di melodie e sensazioni notevoli. Non è solo escapismo, ma ricerca delle potenzialità della nostra mente di indagare profondità sconosciute, viaggiando lontano con il cervello, il nostro motore più potente. Tanta psichedelia indurita dal rock e dal metal, ma anche un immenso lavoro di organo e tastiere, e l’insieme regge benissimo, portando il metal in direzioni ancora da esplorare ma già piacevolissime. In alcuni momenti ascoltando, Cosmic Man, si possono chiudere gli occhi ed essere davvero in pace col mondo, essendo cullati da una musica che si trasmuta e diventa pura sensazione. L’occultismo è qui presente, perché Fogarty è comunque consapevole di certe tradizioni e di certi simboli. Un disco di metal diverso e bellissimo.

TRACKLIST
01.Quantum Eraser
02.Cold Souls
03.Death is the Portal
04.Neon Ghoul Ride
05.Space Horse
06.Running Away from the Circus
07.Thief in the Sky
08.Time Travelling Medicine Man
09.Back to Beyond
10.Two Minutes to Midnight

EWIGKEIT – Facebook

JMP – Jam Movie Project

Una conferma del talento di questi splendidi musicisti, ed un album che dovrebbe far parte della collezione di chiunque abbia a cuore le sorti di queste due forme d’arte che il trio ha racchiuso in un prezioso scrigno.

Molte volte un capolavoro nasce per caso, da un incontro, una collaborazione, oppure uno sguardo o un’intuizione che l’artista mette in musica o illustra si un quadro.

Noi ci fermiamo alle due forme che, unendosi, creano opere monumentali, spesso senza fare a meno l’una dell’altra, facendo innamorare chi l’arte non la vive solo superficialmente: il cinema e la musica.
Torniamo ad occuparci della Qua’ Rock Records e del suo mastermind, il chitarrista Gabriele Bellini (Pulse R. e Hyaena tra gli altri) e del suo sodalizio con la cantante d’opera Claire Briant Nesti, in forza ai notevoli Inside Mankind e protagonista al microfono su Metamorphosis Revisited, dei “nuovi” Hyaena.
Insieme al fido batterista e percussionista Michael Agostini, terzo ed importantissimo tassello di questo fenomenale progetto, i due decidono di dare sfogo alla passione per il cinema con questa spettacolare e personale versione di brani tratti da film famosi ma, a mio parere, non così scontati.
Infatti, tre dei cinque brani prendono ispirazione dal mondo parallelo di Matrix, dalle intricate trame omicide di Saw e dall’atmosfera dark fumettistica del capolavoro Sin City, pellicole di cassetta ma spesso dimenticate nelle preferenze degli abituali frequentatori delle sale cinematografiche.
La grandezza di questo lavoro sta nella cura con cui i musicisti hanno composto questo immenso puzzle, oltre ovviamente alla bravura di una Nesti perfettamente a suo agio nel riproporre in versione operistica le varie atmosfere, usando la sua bellissima voce come un vero e proprio strumento, e un Bellini che fa meraviglie con la sei corde, con l’aggiunta di un drummer che sfoggia tecnica sopraffina ed almeno altre due braccia.
Detto delle bellissime ed oscure Halloween Songs (Saw), Can’t Kill Us (Sin City) e Clubbed To Death (Matrix), il cuore dell’album pulsa di uno splendido mix tratto dalle colonne sonore di alcuni tra i film più belli della storia del cinema più qualche accenno ad icone della nostra musica preferita, in un vortice di sorprese, come se schiacciando il tasto play avessimo aperto una straordinaria scatola musicale che i tre musicisti hanno riempito di sublime arte.
Rock Movie Story “Part One” e Olympics Movie sono due capolavori che non lasceranno indifferenti chi vive di musica a 360°.
Una conferma del talento di questi splendidi musicisti, ed un album che dovrebbe far parte della collezione di chiunque abbia a cuore le sorti di queste due forme d’arte che il trio ha racchiuso in un prezioso scrigno.

Tracklist
1 – Halloween Songs “SAW”
2 – Can’t Kill Us “SIN CITY”
3 – Rock Movie Story “Part One”
4 – Olympics Movie
5 – Clubbed To Death “MATRIX”

Line-up
Gabriele Bellini – Guitars
Claire Briant Nesti – Vocals
Michael Agostini – Drums, percussion

JMP – Facebook

BLAST! Vol.1

ARGONAUTA Records presenta BLAST! Vol.1

Si terrà Sabato 8 Luglio alle Officine Sonore di Vercelli il primo appuntamento con il nuovo evento targato ARGONAUTA Records. BLAST! Vol.1 svolgerà infatti il ruolo di prima serata satellite dell’Argonauta Fest annuale e vedrà sul palco:

KYNESIS (da Torino), fuori in questi giorni con il nuovo album PANDORA, che sta ricevendo ottimi responsi di pubblico e critica grazie ad un originale Post Metal con testi in italiano, ma ovviamente consigliatissimi ai fan di CULT OF LUNA e ISIS.
INDIVIA (da Padova), che con il loro ultimo album HORTA hanno ricevuto ottimi feedback anche in ambito internazionale, paragonando la band a nomi prestigiosi quali BELZEBONG e CONAN.

MARS ERA (da Firenze), autori di un coinvolgente Stoner Progressive Rock che tramite il loro recente lavoro DHARMANAUT hanno dato prova oltremodo convincente della loro proposta dai forti richiami Sci-Fi.

Sabato 8 Luglio, Officine Sonore, Vercelli.
Ingresso Euro 10
Inizio concerti ore 23

EVENTO: https://www.facebook.com/events/1771885319788178
INFO: www.argonautarecords.com

BEARTOOTH

Il video ufficiale di Sick Of Me.

BEARTOOTH: IL VIDEO UFFICIALE DI ‘SICK OF ME’ DIRETTO DA MARC KLASFELD

I Beartooth hanno da poco condiviso il nuovo video ufficiale di ‘Sick Of Me’ diretto da Marc Klasfeld (Twenty One Pilots, Fun, Katy Perry). Il video è girato in stile documentario e segue le storie di 4 individui affetti da depressione ed i loro tentativi di sconfiggere la malattia canalizzando la loro energia in qualcosa di positivo.
“Raramente sono riuscito a canalizzare un messaggio cosi positivo in uno dei miei video” racconta Klasfeld.

Il frontman della band Caleb Shomo era una persona depressa e racconta come la sua battaglia con la malattia “la depressione e l’ansia sono dentro di te ed è difficile allontanarcisi, non puoi scapparne, devi guardarla negli occhi, combattere e sconfiggerla. Questa canzone magari può aiutare qualcuno in questa condizione come la musica ha aiutato. Sconfiggere la depressione e l’ansia è una scelta propria.”

I Beartooth hanno lanciato una nuova linea di magliette dedicate a ‘Sick Of Me’ t-shirts sul loro webstore, e tutti i proventi derivanti dalle vendite verranno donati al National Alliance On Mental Illness (NAMI).

È stata inoltre pubblicata da poco una Deluxe Edition di Aggressive, contenente sei bonus tracks, il documentario e 14 canzoni estrapolate dal loro concerto tenutosi a Columbus in Ohio. Tra le bonus track ci sono la versione acustica di ‘Sick of Me’ e di ‘Hated.’

La band al momento è in tour in Inghilterra ed Europa dopodiché si trasferirà Australia e da li volerà negli States per iniziare il Warped Tour.

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www.beartoothband.com
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Manilla Road – To Kill a King

Up the hammers, down the nails ! …anche dopo 40 anni risuona fiera la “chiamata alle armi” da parte di Mark “the Shark” Shelton.

In un mondo musicale sempre affannato nel ricercare nuove sensazioni, sempre frenetico nell’accendere e spegnere nuovi generi musicali, è veramente un piacere potersi soffermare e assaporare l’arte di una band attiva da quarant’anni (40!!!).

I Manilla Road del leader Mark “the Shark” Shelton hanno creato un loro suono nel nome del più puro metallo epico di stampo americano, ricco di pathos, oscurità, mai ridondante e purtroppo dallo scarso appeal commerciale.
Strana storia quella dei Manilla Road, sempre sostenuti dai loro fans ma poco considerati a livello commerciale e boicottati da molti ascoltatori ricercanti, forse, un epic metal di più facile impatto; particolare la loro proposta modulata in 17 album ,con alcune vere gemme nel triennio 85-87 (Open the Gates,The Deluge, Mystification), ma con una buona produzione media, varia nel ricercare attraverso il guitar work sempre appassionato, intricato, epicamente melodico e la voce nasale di Mark l’oscura essenza di un suono che non ha trovato moderni epigoni. Le critiche mosse negli anni al leader sono state quelle di non essersi modernizzato con il suo suono, proponendo sempre, con poche variazioni, le stesse atmosfere; sinceramente mi sembra che siano critiche sterili: quando si trova una band che si è creata un proprio sound e rimane coerente con esso, suonando con competenza, passione e sudando “sangue” sui propri strumenti, bisogna solo ammirare e ascoltare con il cuore e non con il cervello. Anche la nuova opera, illustrata da una bella copertina di Paolo Girardi, offrendo dieci nuovi brani per un’ora di durata, ci dimostra come la “penna” dello Squalo, autore di tutti i brani, sia ancora intrisa di particolari idee melodiche intricate ed oscure, con soluzioni atmosferiche intriganti e coinvolgenti; la lunga title track, più introspettiva che classicamente epica, posta in apertura, ha una sentore antico e si conclude con un lungo assolo fluido, ispirato e molto sentito. Fragranze psichedeliche si ritrovano sparse per tutta l’opera (Never Again) mentre i brani più tirati (Conqueror e The Arena) ricordano una volta di più come si deve suonare heavy metal di classe. Dato non scontato, quando si parla dei Manilla Road, anche la produzione è buona, mentre alcune prove recenti ne erano state mortificate (vedi Playground of the Damned del 2011); per rincarare la dose ricordo a chi non si sazia mai di queste sonorità l’uscita del secondo disco del progetto parallelo, gli Hellwell, accreditato all’amico E. C. Hellwell, dove Mark scrive i testi e la musica suonando un heavy più duro, ancora più cupo e orrorifico.
In conclusione, “chapeau” a un artista che alla tenera età di sessant’anni è in grado di emozionare con la sua incontaminata arte!

Tracklist
1. To Kill a King
2. Conqueror
3. Never Again
4. The Arena
5. In the Wake
6. The Talisman
7. The Other Side
8. Castle of the Devil
9. Ghost Warriors
10. Blood Island

Line-up
Mark Shelton – Guitars, Vocals
Bryan “Hellroadie” Patrick – Vocals
Andreas Neuderth – Drums
Phil Ross – Bass

MANILLA ROAD – Facebook

Final Coil – Persistence of Memory

I Final Coil hanno creato un mondo di note rock che vivono di tramonti musicali, un sound che risulta come una giornata che volge al termine e all’imbrunire si tirano le somme delle ultime dodici ore alle prese con il mondo circostante.

E’ più difficile di quanto possa sembrare riuscire a combinare ed amalgamare, in un unico sound, rock alternativo, post grunge e progressive, senza diventare delle copie dei soliti e alquanto depressivi Tool, anche se l’atmosfera rimane intimista in tutta la durata dell’album.

I Final Coil, con il primo lavoro sulla lunga distanza ci sono riusciti, creando un mondo di note rock che vivono di tramonti musicali, un sound che risulta come una giornata che volge al termine e all’imbrunire si tirano le somme delle ultime dodici ore alle prese con il mondo circostante.
Provenienti da Leicester (Regno Unito), con due ep alle spalle ed una fresca firma con la nostrana Wormholedeath, il quartetto britannico, si è nutrito di musica rock sparsa per il vecchio millennio e la rigetta nel nuovo, rielaborata sotto forma di un post rock progressivo ed emozionale, raffinato e mai sopra le righe: progressivo nella più moderna concezione del termine, anche se lasciano ad altri mere partiture tecniche per una proposta senz’altro più emozionale e sentita.
Un rock che non sconfina mai nel metal, mantenendo un approccio a tratti indie, mescolandosi così tra le proposte più cool di questo inizio millennio: Persistence Of Memory è pregno di post rock che varia nei suoi sessanta minuti abbondanti di musica e che prova, riuscendoci, a non erigere barriere, passando con disinvoltura tra i generi e le atmosfere citate.
Ci si deve fermare e dedicarvi tutto il tempo necessario perché brani come l’opener Corruption, la lunga e cangiante Failed Light, l’eleganza del post rock adulto di Lost Hope, facciano braccia in noi prolungando un tramonto ormai passato al buio nostalgico di una notte profonda illuminata dalla luna e dalle raffinate note progressive dei Final Coil.

TRACKLIST
1. Corruption
2. Dying
3. Alone
4. You Waste My Time
5. Myopic 6. Failed Light
7. Spider Feet
8. Lost Hope
9. Moths To The Flame
10. In Silent Reproach
11. Alienation

LINE-UP
Phil Stiles – Lead Vocals; Rhythm Guitar; Lead Guitar; Synths & Programming
Richard Awdry – Lead Guitar; Rhythm Guitar; Vocals; Programming
Jola Stiles – Bass Guitar; Flute
Tony ‘Ches’ Hughes – Drums & Programming

FINAL COIL – Facebook

Horrid – Beyond The Dark Border

Rispetto alla maggioranza dei dischi death metal che stanno uscendo ultimamente, Beyond The Dark Border ha davvero molte cose in più, soprattutto il grande pregio di farsi ascoltare dall’inizio alla fine, senza mai avere il dubbio di lasciarlo in sospeso.

Gli Horrid sono dei veterani della scena death metal italiana, essendo attivi dal 1989, arrivano da Varese e migliorano ad ogni uscita.

Esce per Dunkelheit Produktionen questo Beyond The Dark Border che è una mazzata non indifferente, e che rende noto a giovani e meno giovani che gli Horrid sono tra i migliori Beyond The Dark Border gruppi in Europa. Il loro stile è un misto di scuola scandinava ed americana, dove però vince sulla distanza quest’ultima. Ascoltando il disco si viene calati con prepotenza in un oscuro reame, in cui stalattiti di ghiaccio e polvere sfiorano la nostra faccia e dove il freddo è l’unico dio. Gli Horrid possiedono quel passo superiore nel fare death metal che hanno solo i grandi gruppi, e che fa produrre dischi di grande potenza e pathos. Il massacro non viene mai meno per tutta la durata del disco, ed è davvero piacevole farsi massacrare dalla band lombarda, con la produzione ad assistere validamente il progetto di conquista del vostro stereo, che non ha molta scelta. Rispetto alla maggioranza dei dischi death metal che stanno uscendo ultimamente, Beyond The Dark Border ha davvero molte cose in più, soprattutto il grande pregio di farsi ascoltare dall’inizio alla fine, senza mai avere il dubbio di lasciarlo in sospeso. Questo perché il death degli Horrid è davvero eccellente, cantato e suonato come dovrebbe essere suonato ogni disco del genere. L’esperienza non sarebbe nulla se non venisse supportata da una passione e da una voglia ancora superiori: Beyond The Dark Border è semplicemente un grande disco di death metal senza se e senza ma.

TRACKLIST
1.The Black March
2.Cursed Dunes
3.Blood Painted Walls
4.The Eyes Of Terror
5.The Statement
6.Sacrilegious Fornication
7.Missing End
8.Demonic Challenge
9.Beyond The Black Border

LINE-UP
Belfagor – guitar
Dagon – bass/vocals
Eligor – drums

HORRID – Facebook

Jumpscare – Sowing Storm

EP di debutto per i napoletani Jumpscare, gruppo modern metal che si muove tra furia thrash e muri sonori di stampo metalcore.

I modern thrashers napoletani Jumpscare debuttano per Volcano Records & Promotions con Sowing Storm, ep di tre brani che mette in luce il buon impatto del quintetto.

Attiva da un paio d’anni ma con una buona presenza live, la band dimostra la sua notevole carica metallica, a tratti estrema ma talvolta tenuta al guinzaglio da un approccio alternative metalcore con cui  prova a rendere più cool la proposta, riuscendoci solo in parte.
Infatti i Jumpscare offrono il meglio quando la parte selvaggia del vecchio e mai domo thrash metal prende il sopravvento, risultando invece leggermente forzati nelle parti in cui i ritmi si fanno più marziali e di tendenza.
The Climb è un brano che colpisce nel segno, riuscito nelle melodie senza perdere la carica estrema, segue il brano più thrash dei tre, l’opener My Purifyng Day, mentre con la title track le caratteristiche del sound utilizzato dal gruppo sono ben bilanciate tra furia metallica thrash oriented ed atmosfere core.
Si viaggia nei territori del metal moderno, i brani sono aggressivi e dall’impatto prevalentemente live, un muro sonoro che troverà la sua dimensione sopra un palco ma che ancora deve essere meglio focalizzato in fase di registrazione.
Aspettiamo buone nuove da un eventuale full length, consigliando l’ascolto ai fans accaniti del genere.

TRACKLIST
1.My Purifying Day
2.The Climb
3.Sowing Storm (The day of your dark decay)

LINE UP
Lorenzo Gallo  – Vocals
Salvatore Andrea Ciccarelli – Bass Guitar
Vincenzo Mussolino- Guitar
Graziano Ciccarelli – Drums

JUMPSCARE – Facebook

TEN

Il lyric video di “La Luna Dra-Cu-La”, dall’album Gothica in uscita a luglio.

TEN RELEASES “LA LUNA DRA-CU-LA”, BRAND NEW LYRIC VIDEO FROM NEW ALBUM “GOTHICA”

The British Melodic Hard Rock band TEN, are releasing today the second single from their forthcoming 13th studio album entitled “Gothica”, which will be released on the 7th of July, 2017 via Frontiers Records. The brand new track entitled “La Luna Dra-Cu-La”, the lyric video of which we present to you today, is a fast rocker, based on Bram Stoker’s Dracula, which describes, according to band leader Gary Hughes, “the moment when guests approach Dracula’s castle for the first time, with the full moon illuminating an otherwise obscure and disturbing scene. The Dracula Moon, as the Transylvanian people call it.”
“Gothica” was produced by Gary Hughes and mixed/mastered by Dennis Ward, a longstanding professional association which has been ongoing since Dennis mixed TEN’s 2011 album, “Stormwarning”.
Additionally, the album features stunning original artwork by Stan W. Decker, while the atmospheric sleeve photography is once again provided by the remarkably talented Adrian Ashworth.

You can preorder “GOTHICA” NOW: http://radi.al/Gothica
Amazon: http://radi.al/GothicaAmazon
iTunes: http://radi.al/GothicaiTunes
Google Play: http://radi.al/GothicaGooglePlay

Listen to TEN on Spotify: http://radi.al/GothicaSpotify

Tracklisting:
1. The Grail
2. Jekyll And Hyde
3. Travellers
4. Man For All Seasons
5. In My Dreams
6. The Wild King Of Winter
7. Paragon
8. Welcome To The Freak Show
9. La Luna Dra-cu-la
10. Into Darkness

TEN is:
Gary Hughes – Vocals, Backing Vocals, Guitar, Bass and Programming
Dann Rosingana – Guitar
Steve Grocott – Guitar
John Halliwell – Guitar
Steve McKenna – Bass Guitar
Darrel Treece-Birch – Keyboards
Max Yates – Drums and Percussion
Additional Backing Vocals – Karen Fell

http://www.tenofficial.com/
https://www.facebook.com/TenOfficial
https://twitter.com/TENOfficial_UK

Death The Leveller – Death The Leveller

E’ difficile oggi trovare qualcuno in grado di proporre il doom, nella sua veste più epica, in maniera così competente e sentita, e credo che non servano altri commenti o aggettivi per indurre chi ama il genere a fare proprio questo splendido ep.

Death The Leveller è una band di recente formazione, composta per tre quarti da musicisti facenti parte dei ben noti Mael Mórdha e con trascorsi e collaborazioni anche in altre due band guida della scena irlandese come Mourning Beloveth e Primordial.

Il sound che ne scaturisce non può, ovviamente, non racchiudere tutte queste diverse pulsioni, rivelandosi un doom epico e dal grande pathos che può ricordare a grandi di linee, per approccio complessivo, quello dei Procession, in particolare per la voce del cantante Denis Dowling, dallo stile non dissimile a quello di Felipe Plaza, anche se il tutto appare meno legato alla frangia più tradizionale del genere per spingersi verso atmosfere pervase da un’accorato senso di ineluttabilità, in ossequio ad un monicker ispirato dall’omonimo poema seicentesco di James Shirley.
L’ep omonimo (di durata pari se non superiore ad uscite classificate come full length) è composto di quattro lunghi brani che sono una vera benedizione per chi ama questa particolare versione del doom: in apertura, i Death The Leveller offrono il brano pubblicato come singolo qualche mese fa, A Call To Men of Noble Blood, emblematico del sound che si trova all’interno del disco, con le tonalità stentoree del vocalist a stagliarsi sopra un tessuto musicale robusto, lineare e sicuramente efficace in ogni suo passaggio.
A seguire, con Gone Forever Fixed cambiano di poco le coordinate, se non per un finale trascinante ed evocativo, riconducibile per pathos ai migliori Primordial.
Dai ritmi più rallentati ed avvolgenti è invece la splendida terza traccia , The Day Before The Night Of Broken Glass, che per intensità ed approccio non va a collocarsi così lontano da quanto offerto recentemente dai Mourning Beloveth, mentre la chiusura è affidata ad una altrettanto riuscita How To Break Pernicious Spells, con il suo incedere allo stesso tempo più plumbeo e drammatico.
E’ difficile oggi trovare qualcuno in grado di proporre il doom, nella sua veste più epica, in maniera così competente e sentita, e credo che non servano altri commenti o aggettivi per indurre chi ama il genere a fare proprio questo splendido ep.

Tracklist:
1. A Call To Men of Noble Blood
2. Gone Forever Fixed
3. The Day Before The Night Of Broken Glass
4. How To Break Pernicious Spells

Line up:
Dave Murphy – Bass
Shane Cahill – Drums
Gerry Clince – Guitars
Denis Dowling – Vocals

DEATH THE LEVELLER – Facebook

Les Chants du Hasard – Les Chants du Hasard

Un ascolto che diventa un’esperienza originale, per un album che sicuramente affascina e divide; quindi o lo si ama alla follia o lo si odia, ma sicuramente non va ignorato, almeno per chi ha il coraggio di confrontarsi con qualcosa di diverso senza pregiudizi.

Ancora oggi, a più di vent’anni dalla loro uscita, i primi due album degli Elend (Leçons de Ténèbres nel 1994 e Les Ténèbres du Dehors due anni dopo), sono considerati come dei capolavori di musica dark ambient e classica, nei quali l’attitudine estrema era assolutamente concettuale e la musica manteneva una sua perfetta connotazione fuori dagli schemi del metal.

Allora qualcuno parlava più di nuova musica classica che di sottogenere metal e non a torto, vista la totale mancanza di strumenti tradizionalmente rock.
Questo nuovo progetto, anch’esso di provenienza transalpina, si avvicina non poco allo stile del magico gruppo franco/austriaco, una one man band che vede il compositore Hazard alle prese con un’affascinate musica orchestrale, profondamente dark e dall’animo black metal, che si evince dall’uso dello scream, nei passaggi vocali, mentre le tastiere disegnano arabeschi sinfonici e drammatici.
Leggermente meno mistica ed occulta rispetto a quella degli Elend, la musica di Hazard è sicuramente più teatrale, creando un’opera che, chiudendo gli occhi, prende forma nella mente come trasposizione artistica sul palco di un teatro dell’orrore.
I sei capitoli seguono un percorso metaforico su dilemmi esistenziali, dunque lasciando ad altri sterili colonne sonore di film fantasy, mentre piano piano la musica di Hazard si fa spazio tra i meandri dell’inconscio, facendosi ad ogni ascolto sempre più profonda, oscura e a suo modo estrema.
Un ascolto che diventa un’esperienza originale, per un album che sicuramente affascina e divide; quindi o lo si ama alla follia o lo si odia, ma sicuramente non va ignorato, almeno per chi ha il coraggio di confrontarsi con qualcosa di diverso senza pregiudizi.

TRACKLIST
1. Chant I – Le Théâtre
2. Chant II – Le Soleil
3. Chant III – L’Homme
4. Chant IV – L’Enfant
5. Chant V – Le Die
6. Chant VI – Le Vieillesse

LINE-UP
Hazard – Orchestrations

LES CHANTS DU HASARD – Facebook

Nargaroth – Era Of Threnody

Era Of Threnody è uno dei momenti più alti della discografia dei Nargaroth e una delle migliori uscite di black metal di quest’anno.

Tornano i tedeschi Nargaroth, uno dei gruppi europei più influenti in campo black metal, e ascoltando Era Of Threnody si capisce facilmente il perché.

Fondati nel 1989 da Kanwulf, pseudonimo di René Wagner, i Nargaroth sono sempre stati dediti ad un black metal ortodosso e capace di ricreare le sensazioni degli esordi del genere, cercando di mantenersi il più possibile fedele allo spirito. Dopo aver cambiato il suo pseudonimo in Ash, Renè continua a guidare il gruppo mantenendolo su livelli qualitativi molto alti, e se prenderete in mano anche questo ultimo disco non vi sbaglierete. I Nargaroth non sono mai stati molto prolifici, questo disco arriva dopo otto anni dal precedente, ed è un richiamo a continuare la battaglia cominciata in Norvegia anni fa, ma da sempre nelle nostra testa. Il disco possiede diversi registri, da un black metal ortodosso non velocissimo ma molto incisivo, a momenti più sinfonici ed epici. La sensazione è di qualità e solidità, di potenza espressa nei termini giusti, ma soprattutto di quelli che rimangono in testa e che fa amare ciò che si ascolta. Il disco si sviluppa molto bene, è prodotto molto bene, e ciò ci fa cogliere tutte le sfaccettature delle ottime composizioni di Renè. Era Of Threnody è uno dei momenti più alti della discografia dei Nargaroth e una delle migliori uscite di black metal di quest’anno. Qui possiamo trovare non solo la tradizione, ma anche una parte importante di storia del genere che continua ad avanzare, accogliendo nuove istanze ma rimanendo fedele più che al suono allo spirito di questa musica, che non è solo musica ma è molto di più.

TRACKLIST
1.Dawn of Epiphany
2.Whither Goest Thou
3.Conjunction Underneath The Alpha Weel
4….As Orphans Drifting In A Desert Night
5.The Agony Of A Dying Phoenix
6.Epicedium To A Broken Dream
7.Love Is A Dog From Hell
8.Era Of Threnody
9.TXFO
10.My Eternal Grief, Anguish Neverending
11.Era Of Threnody – Broadcast (Bonus)

NARGAROTH – Facebook

Thunder Godzilla – Thunder Godzilla

Discone pesante e potente, un macigno stoner che non fa prigionieri, per gli amanti del genere una gradita sorpresa tutta made in Italy.

Andromeda Relix ci stupisce ancora una volta con l’esordio dei Thunder Godzilla, gruppo stoner metal in arrivo da una Padova trasformata nel deserto della Sky Valley.

Il gruppo che accompagna le scorribande del famoso lucertolone in copertina è formato da Marco al basso ed alla voce, da Jonny alle pelli e da Espo alla sei corde, il suo sound è stoner metal doc, potente, devastante e pregno di quell’attitudine desertica dei primi Kyuss,
E sono proprio i Kyuss il gruppo a cui il trio fa riferimento, mantenendo comunque un’ottima personalità che affiora tra le trame fumose di questo pezzo di granito stonerizzato.
L’opener Tokio Avenger, le bordate stonate di Goliath, gli echi doom di Mammoth King fanno da colonna sonora alla distruzione che il rettile gigante perpetra in giro per lo spazio, ancora più profondo se accompagnato dal pesantissimo sound del trio padovano, assolutamente a suo agio nel portare ad un livello più estremo l’approccio di matrice desertica.
Qui si suona il genere senza compromessi, sguaiato, devastante e distruttivo, come lo scodinzolio dell’enorme coda dil Godzilla, mentre paesi e città vengono distrutti da questa apocalisse stoner.
Il sole cuoce crani e carni, la distruzione è computa e mentre la band ci lascia con il massacro beatlesiano di una Day Tripper sconvolta da sostanze illegali, il mostro si allontana, un pesante ammasso di artigli e ruvida pelle che neppure i missili dell’ormai decimata difesa terrestre riescono a scalfire.
Discone pesante e potente, un macigno stoner che non fa prigionieri, per gli amanti del genere una gradita sorpresa tutta made in Italy.

01. Tokyo Avenger
02. Lie to Me
03. Goliath
04. Fears
05. Get Away
06. Psycho
07. Mammoth King
08. Pressure
09. Yoga Fire
10. Black Hammer
11. Day Tripper

Line up:
Thunder Jonny – Drums
Thunder Espo – Guitars
Thunder Hiyuga – bass, vocals

THUNDER GODZILLA – Facebook

CELLADOR

Il video del brano ‘Break Heresy’, tratto dal nuovo album ‘Off The Grid’ (Scarlet Records).

I Cellador hanno pubblicato il video del brano ‘Break Heresy’, tratto dal nuovo album della band ‘Off The Grid’, disponibile su Scarlet Records.

I Cellador affondano le proprie radici nei primi anni 2000, anni in cui si ponevano in netta antitesi con la scena metal dominante all’epoca negli Stati Uniti. La loro formula, fatta di power metal potente e velocissimo, linee vocali ultra-melodiche e un songwriting sempre originale ed accattivante, unita ai loro intensissimi live show, hanno presto fatto assurgere la band ad un ruolo di vero e proprio culto. Subito dopo la pubblicazione dell’album di debutto ‘Enter Deception’ (2006) la critica li ha definiti “I nuovi Re del Power Metal americano”, spianando loro la strada verso il successo internazionale e permettendogli di dividere il palco con artisti blasonati come Trivium, Helloween, Sonata Arctica, Queensryche, Gamma Ray, Bullet For My Valentine, Behemoth, Hatchet, Havok, Vale of Pnath, Protest The Hero, Moonspell, Amaranthe e molti altri.

Dopo un’attesa durata molti anni, la band è finalmente pronta alla pubblicazione del nuovo album ‘Off The Grid’, che uscirà dunque sotto l’egida di Scarlet Records, con cui il quintetto di Denver, Colorado, ha recentemente siglato un nuovo contratto discografico. Il disco è stato masterizzato da Peter Rutcho ai Damage Studios (Havok, Revocation) di Southbridge, Massachusetts, mentre l’artwork reca la firma di Colin Marks (Rain Song Design).

Walpyrgus – Walpyrgus Nights

La qualità altissima delle composizioni mi porterebbe a comporre un track by track oltremodo antipatico, quindi sappiate che, dall’opener The Dead Of Night fino alla conclusiva title track, è un susseguirsi di emozionanti avventure nel mondo dell’heavy metal classico.

Collaborare con MetalEyes significa sguazzare nell’underground, aiutati nella ricerca di chicche metalliche da presentare ai lettori grazie ad una serie di label che ci invitano all’ascolto di perle altrimenti a forte rischio di passare inosservate ai più.

Twisted Tower Dire è un nome che a molti non non dice nulla, ma per chi è attento al sottobosco musicale si tratta una band americana di culto, attiva da più di vent’anni nell’heavy power metal con una serie di album uno più bello dell’altro, con l’ultimo uscito ormai sei anni fa (Make It Dark).
Tre quinti di questa splendida realtà dell’ underground metallico classico statunitense li ritroviamo negli altrettanto spettacolari Walpyrgus: Jonny Aune, grande vocalist (ex Widow), Scott Waldrop ad una delle due chitarre (l’altra è lasciata nelle mani di Charley Shackelford) ed il bassista Jim Hunter a formare la sezione ritmica con il drummer Carlos Denogean.
Il quintetto del North Carolina arriva così a questo bellissimo debutto dopo che, in più o meno tre anni, ha rilasciato una serie di singoli e live all’insegna di uno splendido esempio di heavy metal old school, dalle tematiche horror, ma assolutamente melodico, ricco di solos maideniani, chorus magnifici ed un talento spropositato nel creare brani sparati direttamente nell’olimpo dell genere, tra tradizione britannica e power americano, un sodalizio perfetto per far perdere la testa ai defenders di tutte le età.
Io non so quanti avranno la fortuna di ascoltare Walpyrgus Nights e le sue otto irresistibili composizioni, ma credetemi se vi dico che qui siamo nella perfezione nel campo dell’heavy metal di ispirazione e attitudine vecchia scuola, non superando di fatto il 1985 come ispirazioni, ma arrivando sul tetto del metal underground (a livello qualitativo) in questo 2017 che sta dando grosse soddisfazione in campo classico.
La qualità altissima delle composizioni mi porterebbe a comporre un track by track oltremodo antipatico, quindi sappiate che, dall’opener The Dead Of Night fino alla conclusiva title track, è un susseguirsi di emozionanti avventure nel mondo dell’heavy metal classico.

TRACKLIST
1. The Dead Of Night
2. Somewhere Under Summerwind
3. Dead Girls
4. Lauralone
5. Palmystry
6. She Lives
7. Light Of A Torch (Witch Cross cover)
8. Walpyrgus Nights

LINE-UP
Jonny Aune – Vocals
Scott Waldrop – Guitars
Charley Shackelford – Guitars
Jim Hunter – Bass
Peter Lemieux – Drums
Tom Phillips – Keyboards, Guitars

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Anamnesi – La Proiezione Del Fuoco

Parlando del livello di lettura musicale il disco è di immenso valore, ma ancora più grande è il valore storico, e superiore ad esso si trova il livello spirituale, chiudete gli occhi mettete le cuffie e ascoltate cosa ha da dirvi la vostra vera anima.

Certe opere vanno ben oltre la musica, poiché sono dei paradigmi, dei momenti di vera comprensione di quello che siamo, o di ciò che siamo stati.

La Proiezione Del Fuoco è uno di questi momenti, un ricordarci ciò che siamo stati e ciò che siamo veramente, nonostante duemila e più anni di menzogne. Anamnesi è la creazione di Emanuele Prandoni, un nome che possiamo trovare dietro a grandi nomi dell’underground metal italiano, tanto per citarne alcuni Simulacro, Absentia Lunae e Progenie Terrestre Pura. Questo suo progetto è ora giunto al terzo disco edito da Dusktone, mentre i precedenti sono stati pubblicati da Naturmacht Productions. La Proiezione Del Fuoco è un disco incentrato sul culto mitraico, un’antica religione che era in voga nell’antica Roma, e che viene quindi da molto lontano. Purtroppo, a causa della scarsità di fonti non si sa molto su questa religione salvifica e piena di misteri, a cui si veniva iniziati attraverso sette gradi. Molto devoti a Mitra erano i legionari romani, ma Mitra viene dall’India e forse ancora da più lontano, ed era un culto legato al Sole, vero e forse unico dio di noi umani. In questo disco risuona fortissimo questo spirito antico, legato ad un percorso iniziatico molto difficile e preciso, per scoprire sé stessi e la verità su ciò che ci circonda. Anamnesi ci accompagna nel sotterraneo del nostro inconscio con un black death di ottima fattura, debitore alla scena svedese ma molto originale anche grazie al cantato in italiano, che si comprende bene e che è davvero una lezione di storia all’ennesima potenza. Vi sono momenti del disco nei quali si percepisce la forza e la profondità di questo culto che portiamo dentro, grazie all’immenso lavoro di ricerca di Emanuele, e soprattutto grazie alla sua altrettanto grande capacità di rendere musica le sue sensazioni. Parlando del livello di lettura musicale il disco è di immenso valore, ma ancora più grande è il valore storico, e superiore ad esso si trova il livello spirituale, chiudete gli occhi mettete le cuffie e ascoltate cosa ha da dirvi la vostra vera anima. La sesta traccia Apathanatismos è la resa musicale dell’unico culto mitraico a noi pervenutoci in una redazione successiva del quarto secolo; ascoltare queste parole suscita sensazioni davvero forti e dimenticate, ma non siamo quello che vogliono farci credere, siamo molto di più, fuoco e sole.
Un’opera immensa, testimonianza di ciò che può essere il metal, un veicolo per farci tornare a casa.

TRACKLIST
1.Origine Prima
2.Fautor Imperii
3.La Proiezione Del Fuoco
4.La Precessione Degli Equinozi
5.Lo Ierofante Dei Misteri
6.Apathanatismos
7.I Sette Raggi Del Myste

ANAMNESI – Facebook

Mess Excess – From Another World Part 1

Con un orecchio al metallo progressivo dei Queensryche e l’altro al rock raffinato delle icone prog settantiane, i Mess Excess costruiscono un concept ispirato e maturo

Gli album licenziati dalla nostrana Qua’ Rock hanno la caratteristica di non risultare mai banali o di maniera, è così che la label guidata dal chitarrista Gabriele Bellini (Pulse R., Hyaena) si sta ritagliando uno spazio sempre più importante sul mercato rock/metal nazionale.

Con i Mess Excess ci avventuriamo in un concept di matrice socio/politica e dal sound progressivo e molto originale, la prima parte di una storia che avrà la sua conclusione sul secondo capitolo.
From Another World Part 1 è il secondo album del gruppo toscano, attivo dal 2009 ed arrivato ad oggi dopo molti cambi nella line up e Fly Away, licenziato un paio di anni fa.
Caratterizzato da una doppia voce femminile, il sound si impossessa del rock progressivo in auge negli anni settanta e lo accompagna con il metal del decennio successivo, trasformandolo in un ottimo e personale esempio di maturità compositiva.
Con un orecchio al metallo progressivo dei Queensryche e l’altro al rock raffinato delle icone prog settantiane, i Mess Excess costruiscono un concept ispirato e maturo, una storia che affronta i misteri e i segreti del potere, molto attuale se ci specchiamo nella società odierna, ormai giunta ad un punto di non ritorno.
I Mess Excess ci regalano un album intenso, suonato divinamente e ricco di parti emozionanti, racconto e cantato splendidamente da Martina Lotti ed Helene Costa: una quarantina di minuti, durata perfetta per godere ed entrare nel mondo e nel racconto della band, facile da assimilare e notevole nel non lasciare mai che l’una delle due anime prenda il sopravvento, così da venire investiti da cambi di tempo e atmosfere, passando dal prog metal ritmicamente sontuoso al classic rock d’autore ed impreziosito da un gran lavoro dei tasti d’avorio.
Opera da ascoltare nella sua interezza, From Another World part 1 non ha brani trainanti, ma lascia quella sensazione di suite divisa in capitoli, come la tradizione progressiva vuole, partendo dall’inizio della storia (Amazing Dystopia), passando per lo strumentale Brainstorm, il metal progressivo della splendida In Loving Memory e delle talentuose note di Mesmerize e Deranged.
La raffinata eleganza della ballad Glimpse Of Hope chiude la prima parte di From Another World e ci dà appuntamento con il secondo capitolo, noi siamo già in spasmodica attesa …

TRACKLIST
1.Amazing Dystopia
2.Brainstorm
3.In Loving mamory
4.Mesmerize
5.Deranged
6.Glimpse Of Hope

LINE UP
Martina Lotti – Lead Vocals
Alessandro Santi – Guitars & Backing Vocals
Andrea Giarracco – Bass & Backing Vocals
Fulvio Carraro – Keyboards & Piano
Roberto Prato – Drums
Helene Costa – Backing Vocals

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NAD SYLVAN

Il video di When The Music Dies. dall’album The Bride Said No (Inside Out).

Nad Sylvan – ‘The Bride Said No’ disponibile nei negozi!

Nad Sylvan, il cantante di Steve Hackett e di Agents Of Mercy, pubblica il suo nuovo album solista ‘The Bride Said No’ su InsideOutMusic.

L’album vede la partecipazione di numerosi ospiti quali Roine Stolt, Steve Hackett, Guthrie Govan, Tony Levin, Jonas Reingold, Nick D’Virgilio, Doane Perry e altri. Per l’occasione Nad Sylvan ha reso disponibile il brano ‘What Have You Done’: https://youtu.be/r72kSLc6nvo

Tracklist:
Bridesmaids
The Quartermaster
When The Music Dies
The White Crown
What Have You Done
Crime Of Passion
A French Kiss In An Italian Café
The Bride Said No

Saille – Gnosis

Siamo al cospetto di un ottimo album di genere, che si lascia ascoltare con un certo agio in tutto il suo sviluppo, beneficiando anche di più di un  passaggio interessante, ma nel quale sono del tutto assenti minimi spunti innovativi.

Quarto full length per i belgi Saille, auguri di un symphonic black di stretta derivazione scandinava.

Di per sé quest’ultima affermazione dice molto sui contenuti del lavoro, visto che in Gnosis gli stilemi del genere reso famoso dai Dimmi Borgir ci sono tutti, pur se resi con buona perizia e competenza.
In sintesi, siamo al cospetto di un ottimo album di genere, che si lascia ascoltare con un certo agio in tutto il suo sviluppo, beneficiando anche di più di un  passaggio interessante, ma nel quale sono del tutto assenti minimi spunti innovativi.
Poco male quando a farlo è una band capace come i Saille, i quali sciorinano brani di sicuro impatto come gli iniziali Benei Ha Elohim e Pandaemonium Gathers, però la sensazione è che sentiti questi sentiti tutti e, nonostante il gruppo di Gent suoni forse anche meglio e più ispirato di quanto non facciano oggi le band seminali per il genere,viene lo stesso meno un buon motivo per non andarsi a riascoltare direttamente Enthrone Darkness Triumphant piuttosto che indugiare con Gnosis.
Tutto qua, chi ama il genere potrà anche goderne non poco, ma resta la consapevolezza che si tratta di un surrogato e che, a parte i nomi storici, ormai dediti solo a monetizzare il passato, ci sono comunque alcune band contemporanee in grado di proporsi in quest’ambito con sufficiente personaliltà: questo non succede per ora ai Saille e, anche se i numeri li avrebbero tutti per riuscirci, è difficile immaginare che ciò possa verificarsi dall’oggi al domani da parte di una band dalla discografia già piuttosto consistente.

Tracklist:
1.Benei Ha Elohim
2.Pandaemonium Gathers
3.Blot
4.Genesis 11-1-9
5.Before the Crawling Chaos
6.Prometheus
7.Thou, my Maker
8.Magnum Opus
9.1904 Era Vulgaris

Line-up:
ReinieR Schenk – Guitar
Kristof Van Iseghem – Bass
Collin Boone – Guitar
Dennie – Vocals
Kevin De Leener – Drums

SAILLE – Facebook

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