RED RIOT

Il video di Blow Till’ You Drop, dall’album Seek! Kill! Burn! (Volcano Records).

Il video di Blow Till’ You Drop, dall’album Seek! Kill! Burn! (Volcano Records).

RED RIOT was founded by Lexy Riot (bass), JJ Riot (guitar) and Berry (drums). They find Max Power (guitar) and O’zy Jack (vocals) who was replaced by Fred Riot one year later. In June 2016 they release their EP “Fight” for Volcano Records and Promotion. After a while Scar replaces Berry on drums and in April 2017, after playing with bands like Hangarvain, Giacomo Voli and Teodasia, DGM and Heimdall, they start the Fight In Europe Tour, an European minitour in 10 different country. In April 2018 they play on the stage of the Agglutination Warm Up together with other bands, including Flotsam and Jetsam.

“Seek! Kill! Burn!” tracklist:
1. Attitude
2. H.I.P.S.T.E.R.
3. Rise Or Fall
4. Rippin’ Money
5. Child Of Steel
6. Bang Your Head
7. Squealers
8. Blow Till’ You Drop
9. Sleazy Life
10. Who We Are
Running Time: 35’32”

RED RIOT are:
Alpha ReD – Vocals
Max Power – Guitar
J.J. Riot – Guitar
Lexy Riot – Bass Guitar
ScaR – Drums

More information at:
Facebook: https://www.facebook.com/ReDRioTofficial
LABEL: http://www.volcanopromotion.com

La Tredicesima Luna – Oltre l’ultima onda del mare

Una forma di ambient dalle sonorità rarefatte, che ben si addicono al tema acquatico evocato dal titolo dell’album e di quelli dei brani che lo compongono.

A poco meno di un anno di distanza ritroviamo Matteo Brusa alle prese con il secondo capitolo del suo progetto ambient La Tredicesima Luna.

Oltre l’ultima onda del mare, così come il precedente Il Sentiero degli Dei, si discosta dal dungeon synth che ha dato una certa notorietà al musicista milanese con il monicker Medhelan; qui troviamo, infatti, una forma di ambient dalle sonorità rarefatte, che ben si addicono al tema acquatico evocato dal titolo dell’album e di quelli dei brani che lo compongono.
In effetti, viene naturale chiudendo gli occhi immaginare imbarcazioni muoversi lentamente in mare aperto circondate solo da sconfinate distese di acqua grazie ai minimali tocchi tastieristici inseriti su un avvolgente sottofondo atmosferico.
Entrambe le tracce, vicine al quarto d’ora di durata, si snodano morbidamente prefigurando un mare placido, dal moto ondoso ridotto o quasi nullo, sul quale le prue scivolano dolcemente verso una metà indefinita, anche se va detto che nella sua seconda metà La solitudine del mare infinito si impenna improvvisamente per poi placarsi nuovamente nel finale, quasi che la speranza di scorgere una terra emersa venga definitivamente frustrata dall’albeggiare che mostra solo orizzonti illimitati.
Quellla di Brisa è un’altra ottima prova da parte di un musicista che prova nuovamente a spingersi oltre lo schema  consolidato che gli ha fornito buoni consensi; l’ambient de La Tredicesima Luna è senza dubbio rivolto ad un pubblico più selezionato, ma la sua qualità lo renderà sicuramente foriero di ulteriori e meritate gratificazioni per il suo autore.

Tracklist:
1. Le terre a ovest
2. La solitudine del mare infinito

Line-up:
Matteo Brusa

LA TREDICESIMA LUNA – Facebook

Grind Zero – Concealed in the Shadow

Ottima conferma da parte della band lombarda, la cui proposta rivede con gusto e buona personalità la tradizione del miglior death di marca svedese.

Tornano a farsi sentire gli ottimi deathgrinders milanesi Grind Zero, a quattro anni di distanza dal debutto Mass Distraction.

In quaranta minuti, questo nuovo Concealed in the Shadow migliora in modo ulteriore le quotazioni del quintetto lombardo, ora con un nuovo e preparatissimo batterista. Il sound s’è fatto più ricco e professionale, del resto a masterizzare il CD è stato il grande Dan Swanö. Concealed in the Shadow aggiorna, si può dire, lo Swedish Death più old school, con chitarre grattugiate, sorrette da una passione posta al servizio dell’impatto complessivo dei singoli brani. In particolare, songs come Corrosion e Sodomizing The Sun palesano con forti vibrazioni sonore tutta la carica, l’enfasi e l’entusiasmo di questi ragazzi. Anche in Lost Shrine, dalla verve più melodica, i Grind Zero di certo non deludono. La strada imboccata è pertanto quella giusta ed il prodotto finale è ottimo, sotto tutti i punti di vista. Impeccabile la registrazione.

Tracklist
1- Soul Collected
2- Corrosion
3- See You in Hell
4- Master’s Pleasure
5- Sodomizing the Sun
6- A Shadow
7- Lost Shrine
8- Buried Deception
9- The Horde
10- Cursed By My Path

Line-up
Alex Colombo – Bass
Marco Piras – Vocals
Udo Usvardi – Guitars
Mr. D. – Guitars
Emanuele Prandoni – Drums

GRIND ZERO – Facebook

The Selfish Cales – Haapsalu

Haapsalu si rivela un lavoro che amalgama con disinvoltura i generi citati, cullandoci con bellissime parti melodiche, armonizzazioni vocali e digressioni tecniche di altissimo livello, il tutto con un’aura di magico rock progressivo d’alta scuola.

Haapsalu è un paese dell’Estonia affacciato sul Mar Baltico e meta del viaggio che ha ispirato questo terzo lavoro dei torinesi The Selfish Cales, splendida realtà progressiva e psichedelica che con questo lavoro inizia un nuovo percorso sia per quanto riguarda il sound che gli interpreti, guidati dall’unico reduce della passata line up, Andy Cale.

Haapsalu è un album di rock progressivo che lascia spazio alla psichedelia, al blues e al glam di scuola Mark Bolan, lasciando poco al rock moderno a favore di un approccio ben saldo negli anni sessanta e settanta.
Armonie acustiche, elettrizzanti chitarre hard rock e cambi tempo ed atmosfere ci accompagnano dal momento in cui il treno si ferma ad Haapsalu e noi vi si sale per affrontare questo viaggio tra il rock progressivo d’alta scuola che inizia con Baltic Memories, brano che ci dà il benvenuto nel mondo dei The Selfish Cales.
Beyond The Last Horizon mette in risalto l’anima più progressiva del gruppo, giocando su molti cambi di ritmo e si colloca tra due gemme musicali come la title track e la splendida e sognante Winterfell, brano acustico e progressivo che ricorda a tratti gli Yes.
Chestnut Maze è il singolo che ci porta verso la seconda metà dell’opera, che ha in Kaspar Hauzer uno dei momenti migliori, tra bellissime linee vocali e ritmiche progressive di grande tecnica ed impatto.
Haapsalu si rivela un lavoro che amalgama con disinvoltura i generi citati, cullandoci con bellissime parti melodiche, armonizzazioni vocali e digressioni tecniche di altissimo livello, il tutto con un’aura di magico rock progressivo di grande fattura.

Tracklist
1.Baltic Memories
2.Smokey Shades
3.Haapsalu (free)
4.Beyond The Last Horizon
5.Winterfell
6.Chestnut Maze (free)
7.Fairytales, Nowadays
8.Kaspar Hauser
9.You Can’t Sit With The Sabbath

Line-up
Andy Cale – Frontman (Guitar, Sitar, Lead Voice)
Giuseppe Floridia – Bass, Vocals
Alberto Rocca – Keyboards, Vocals
Luca Zanon – Drums

THE SELFISH CALES – Facebook

BÖLTHORN

Il video di “Sentinel”, dall’album “Across the Human Path”.

Il video di “Sentinel”, dall’album “Across the Human Path”.

From the album “Across the Human Path”
Recording,mix and master in AudioCore Studio in Fontanellato (PR) Italy

CREDITS:
Direction/Camera/Edit : Antonio Pupa Salieri

Thanks to ETEMENANKI Role-playing games live.
Andrea Corradini (Heimdall) and Antonino Galimi (Druido)

Tracklist:
1. Intro
2. Sentinel
3. For Honor
4. Thor
5. Curse Of Time
6. Warriors
7. Midgaard
8. The Lair Of The Beast
9. The Kaleidoscope

Web:
https://www.facebook.com/Bolthornband/

Line-up:
Ironcross: Composer,Guitar,Bass and Drum
Drake: Vocal (Ny’Mynd singer, Ex Forsaken Moon,Ex Krygar)
Röb: Composer,Guitar

Biografia breve:
Bölthorn è un progetto Death/Viking Metal, creato da Ivan/Ironcross (Dust, Dream’s Echo, Ironcross Project). Il gruppo nasce con l’idea di un grande progetto da portare avanti inizialmente in studio.
Rob (Angerfish) con la sua creatività e Drake (Ný Mynd) con i suoi testi si trovano subito in sintonia con la direzione voluta intraprendere da Ironcross. L’affinità dei tre membri è immediata e ciò che ne risulta è un suono potente, massiccio e melodico.
Nel 2018 hanno registrato il loro primo lavoro presso l’AUDIOCORE studio di Fontevivo (PR) ma questo non gli basta e sono già al lavoro per comporre nuovo materiale.

Influenze:
Amon Amarth, Bathory, Obscurity, Tyr, Månegar, Enslaved, Windir, Borknagar, Entombed, At The Gates

BROKEN BONES RECORDS & PROMOTION:

https://brokenbonesrecords.blogspot.com/

https://www.facebook.com/brokenbonesrecords/

ENVENOMED MUSIC:

https://www.facebook.com/envenomedmusic/

https://envenomedmusic.bandcamp.com/

Balance Of Terror – World Laboratory

I Balance Of Terror non conoscono limiti, sono brutali e feroci, passano con disinvoltura dal brutal death al grind, in un delirio metallico valorizzato a dovere da un’ottima produzione, che lascia percepire ogni sfumatura e nota di cui sono composte le sette tracce più intro presenti sull’album.

Questo devastante lavoro è stato licenziato lo scorso anno, ma la qualità altissima della musica prodotta dai francesi Balance Of Terror merita sicuramente di essere condivisa con i lettori dai gusti estremi della nostra webzine.

Il gruppo transalpino ha iniziato la sua estrema missione nel 2014 e World Laboratory rimane, per ora, l’unica testimonianza del massacro sonoro creato da questa mostruosa creatura.
Mezzora di death/grind tecnico e devastante, una bomba atomica che esplode e distrugge con il suo micidiale vento, formato da blast beat al limite dell’umano, uso della voce che passa dal growl profondo allo scream di matrice hardcore, fino alla timbrica gutturale e animalesca classica del grind e del brutal, con chitarre portate sulla soglia dell’implosione.
I Balance Of Terror non conoscono limiti, sono brutali e feroci, passano con disinvoltura dal brutal death al grind, in un delirio metallico valorizzato a dovere da un’ottima produzione, che lascia percepire ogni sfumatura e nota di cui sono composte le sette tracce più intro presenti sull’album.
Non c’è pace ne speranza per chi si imbatte in Gap o nella title track, i Balance Of Terror con questo ottimo lavoro corrono verso il disfacimento totale con una serie di mitragliate estreme da far impallidire Napalm Death, Brutal Truth e compagnia.

Tracklist
1.Intro
2.Gap
3.Erase
4.Intelligence Failure
5.Rest In Beast
6.Wave Of Panic
7.World Laboratory
8.Ecclesiastical Putridity

Line-up
Quentin Guilluy – Bass
Mat Trak – Drums
Gaz Oil – Guitars
Flo Butcher – Vocals
Jean Gui – Guitars

BALANCE OF TERROR – Facebook

Ur Tid – Toward Dark Endless

La prima prova targata Ur Tid si rivela senza dubbio positiva, in quanto regala quasi mezz’ora di musica godibile, anche se indubbiamente il prossimo step per Sjöblom dovrà necessariamente essere quello di donare al proprio sound una pizzico di peculiarità in più.

Altro giro altro progetto solista di un musicista alle prese con la propria interpretazione del black death metal.

Questa volta è il turno dello svedese Johann Sjöblom (membro dei validi In My Embrace) che con il marchio Ur Tid propone l’ep d’esordio intitolato Toward Dark Endless.
Siamo ovviamente nell’ordine dello stile ampiamente consolidato all’interno della scena scandinava, quindi troviamo ritmiche incalzanti, un gran gusto melodico ed una padronanza del genere che consente a Sjöblom di offrire sei brani interessanti nonostante si muova all’interno di un solco ampiamente sfruttato.
Il black death che troviamo in Toward Dark Endless possiede una venatura folk che ne favorisce la fruizione senza farne smarrire la connotazione estrema: il risultato è più che soddisfacente, con il picco rinvenibile in un bellissimo brano come Skuggfolket, trascinante ed incisivo, in linea con l’operato delle migliori band nordiche del settore.
La prima prova targata Ur Tid si rivela senza dubbio positiva, in quanto regala quasi mezz’ora di musica godibile, anche se indubbiamente il prossimo step per Sjöblom dovrà necessariamente essere quello di donare al proprio sound una pizzico di peculiarità in più, per evitare di finire nell’ampio calderone nel quale confluiscono realtà valide ma prive di quel quid in grado di farle emergere.

Tracklist:
1.Towards Dark Endless
2.Into Oblivion
3.A World In Darkness
4.Skuggfolket
5.Ur Tid
6.The Preacher And The Prophet

Line-up:
Johann Sjoblom

UR TID – Facebook

Tales From the Thousand Lakes: prog rock e metal in Finlandia

La Finlandia, terra dai mille laghi, ha avuto ed ha una storia, culturale e musicale, tutta sua, in linea, del resto, con l’orgoglio nazionale che da sempre contraddistingue i Lapponi.

La attuale Repubblica finlandese fece parte del vicino Regno di Svezia, dal XII secolo sino al 1809, quando si trasformò in un Granducato indipendente all’interno dell’Impero russo (il nemico di sempre ad Est) e diventò uno Stato a partire dal 1917, quando i conservatori di Helsinki sconfissero i rossi filo-bolscevichi.
Anche in Finlandia, vi fu il Rinascimento. Nel corso del secolo XVI, durante la Riforma luterana, si distinse al riguardo la grande figura del vescovo protestante e padre della lingua finlandese Michele Agricola. Nel XVIII secolo, l’Illuminismo trovò un appassionato sostenitore in Anders Chydenius (1729-1803), tra i più autorevoli esponenti nord-europei delle arti – difese e il valore e l’importanza delle nuove tecniche moderne, in linea con l’Enciclopedia dei philosophes francesi – e fu seguace di vaglia del liberalismo settecentesco. Matematico, naturalista, medico-chimico, docente universitario a Uppsala, Chydenius si batté in difesa della tolleranza e della libertà di stampa (caratteristici valori dei Lumi europei), contribuendo a diffondere in Finlandia il pensiero scientifico di Newton, e quello politico-economico moderato dello scozzese Adam Smith.
Il padre della musica – lasciando da parte il tradizionale folk medievale, tutt’oggi coltivato, in modo interessante e con spirito patriottico – fu in Finlandia il grande Sibelius, un eroe nazionale per il suo popolo, capace di raccontare in un poema sinfonico intitolato alla sua terra l’oppressiva aggressione da parte dei russi ai confini orientali.
Il sinfonismo di Sibelius ha lasciato, anche nel rock e nel metal finlandesi, un segno incancellabile e profondo, rimasto indelebile nel tempo, e tuttora presente. Echi dell’approccio di Sibelius anche nel prog lappone anni ’70, con gli Haikara (molto influenzati dalla musica classica, con archi e fiati, a tratti quasi cameristici) ed i Wigwam (il maggior gruppo di rock sinfonico finlandese, collaboratore anche di Mike Oldfield). L’immenso chitarrista Jukka Tolonen (ex Tasavallan Presidentti), solista innamorato di Hendrix e Coltrane, è sulla scena addirittura dal 1969, tra blues, free, hard e folk. Tra Caravan e Focus, vanno rammentati i Finnforest (li ristampò la americana Laser’s Edge, negli anni ’90), mentre i Fantasia (1975) e i Nova (1976) aderirono invece a schemi fusion. Tanta psichedelia nei dischi di Nimbus e Jukka Hauru (ieri), Moon Frog Prophet e Groovector (oggi). Se i Giant Hogweed Orchestra si rifacevano, sfacciatamente, sin dal nome, ai Genesis era-Gabriel, gli Hoyry Kone optarono per scelte più dissonanti e avanguardistiche. I Piirpauke (1975) incisero un solo LP, omonimo, per la Love Records: un prodotto all’insegna di una world music etnica e ante litteram. In ambito di prog acustico, sono da segnalare pure Scapa Flow, Tabula Rasa, Uzva, Viima e XL. Ma il più grande gruppo finlandese anni Settanta furono i Kalevala, che prendevano il nome dal titolo del poema epico nazionale. Per loro – in tre dischi, pubblicati tra il 1972 e il 1977 – un fantasioso e ottimamente eseguito ibrido di hard prog e folk rock. I Jethro Tull di Finlandia, veramente.

La Finlandia ha prodotto molte band, pregevoli, quando non fondamentali, negli ambiti del melodic death e del folk metal spesso con ispirazione volutamente weird. I grandiosi Amorphis, in tal senso, sono solo la punta di un iceberg, che ha saputo guardare con frutto particolare alle sonorità locali.

Si spiega anche così la specifica identità di rock e metal, in Finlandia. Lo stesso discorso vale poi per i Korpiklaani nel campo del folk metal. Quest’ultimo genere, si sa, è strettamente collegato al Viking che, nella terra dei mille laghi, ha visto esprimersi, ed al meglio, gli Ensiferum (prodotti dal grande Fleming Rasmussen), i Finntroll, i Moonsorrow e i Turisas.

Il death melodico vanta, in Lapponia, forse i suoi migliori epigoni: Manifacturer’s Pride (prossimi al groove metal in più punti) e Mors Principium Est, mentre gli ormai famosi Children of Bodom sono partiti dal power black neo-classico dell’esordio di oltre vent’anni fa per approdare a un ottimo death ‘n’ roll. Più classicamente death metal, sono gli interessanti Gorephilia, mentre nel settore del funeral doom vanno menzionati senz’altro Thergothon e Skepticism.

Qualcuno forse ricorderà i finnici Decoryah, attivi negli anni Novanta, ed autori di tre dischi, rimasti molto importanti: progressive doom il primo, più sperimentale e crimsoniano il secondo, elettronico e oscuro il terzo ed ultimo. Una grande band, purtroppo scioltasi ed ingiustamente dimenticata. Nel dominio del gothic metal più classico (e spesso sinfonico), segnaliamo qui almeno i Sentenced (nati con il death primevo), i Poisonblack, in parte i Lullacry (maggiormente legati all’heavy classico), i fantastici Sonata Arctica e Apocalyptica, senza scordare naturalmente i popolarissimi Nightwish e Stratovarius (i campioni del pomp metal orchestrale).

Tra atmosfere gotiche, metal melodico e dark wave elettronica, si collocano altri gruppi, contigui tra loro, tra cui gli ottimi To Die For e Entwine, con inflessioni alla Depeche Mode. Partono invece da lidi dark per arrivare prepotentemente all’horror metal, i Lordi, gli alfieri di uno shock rock memore di quanto fatto da Alice Cooper a partire dagli anni Settanta a Detroit.
Come d’altra parte in tutta la Scandinavia, anche in Finlandia possiamo oggi trovare tutta una scena di notevole qualità in ambito street e sleaze metal. Sovente con un occhio di riguardo rivolto all’hard rock del passato, questi ultimi anni hanno consacrato i Reckless Love (i nuovi eroi dell’hair metal) e i Santa Cruz. Il modello rimangono naturalmente gli storici Hanoi Rocks di Michael Monroe (poi anche con i Demolition 23), un mito dell’hard-glam e non certo solo finlandese degli anni Ottanta. I favolosi 69 Eyes sono stati da parte loro protagonisti di un significativo passaggio da sonorità street a schemi gothic-glam di classe. Alla ricerca di una vena ancora più melodica e malinconica, si sono mossi gli HIM, padrini del cosiddetto love metal (un incrocio di neo-glam gotico e dark pop). Assai più rock, comunque moderni e molto accattivanti nel sound, i noti Rasmus.

Se l’industrial metal ha riscontrato, in Finlandia, il grande successo dei Ruoska (a tutti gli effetti, i Rammstein nordici), il crust punk ha goduto e gode ancora oggi di una scena sotterranea vivissima e assai florida, in continua espansione. I Terveet Kadet di Lapin Helvetti ne sono solo un esempio. Il crust, mixato con grindcore, speed metal, death and roll, e soprattutto black, ha visto ed ancora oggi vede primeggiare gli inossidabili Impaled Nazarene. Ultra-nazionalista, il gruppo di Mika Luttinen ha manifestato tutto il proprio orgoglio patriottico in canzoni indimenticabili e rappresentative come Total War Winter War (dal capolavoro Suomi Finland Perkele), dedicata alla resistenza finlandese – nella Guerra di Inverno del 1939-40 – contro l’invasore sovietico, e con ferocia persino maggiore in una canzone come la cruda e durissima Healers of the Red Plague (dal bellissimo Rapture, uno dei loro migliori lavori in assoluto).

Chiudiamo con lo speed e il thrash metal. I due gruppi di punta della scena sono adesso certamente i sensazionali Home Style Surgery (tra Dark Angel e Anthrax) ed i Ranger (molto alla Exciter). Ma va altresì ricordata la fondamentale scena underground sviluppatasi in Finlandia tra il 1987 e il 1991 con band quali Stone, Defier, Statue, Waltari, Protected Illusion, Warmath, Airdash, Charged, Dirty Damage, Die, Skeptical Schizo, Dethrone, Prestige e Necromancer, tra gli altri. Chi vuole scoprirli si può tuffare nella compilation Real Delusions, edita dalla Svart. Una meteora del techno-thrash sono stati inoltre i fenomenali ARG, attivi tra la fine degli anni Ottanta e i primi Novanta. Li stampò l’attenta Black Mark dei Bathory. Chiusura con la scena black metal. Qui troneggiano gli IC Rex e i Clandestine Blaze (legati al movimento del NSBM), ma i nomi da fare sarebbero davvero tantissimi. Appuntamento, magari, ad una prossima puntata.

Haken – Vektor

Vector è un lavoro più diretto e prettamente metal, ma ormai gli Haken non hanno più bisogno né di presentazioni né di conferme, consolidandosi nel gotha della musica progressiva del nuovo millennio anche con questo nuova, nevrotica e durissima opera.

Sono passati pochi mesi da quando gli Haken hanno rilasciato il monumentale L-1VE, album celebrativo dei primi dieci anni di grande musica progressiva, sempre in bilico tra ispirazioni classiche e input moderni.

D’altronde la band si è affermata come una delle più convincenti realtà progressive degli ultimi anni, sempre un passo avanti per quanto riguarda le emozioni che, fin dal debutto Aquarius passando per Visions e i due capolavori The Mountain ed Affinity, hanno contraddistinto la proposta della band britannica.
Vector è il titolo nel nuovo lavoro che arriva due anni dopo il precedente Affinity, un album che di fatto lascia indietro in gran parte le ispirazioni classiche per tuffarsi nel progressive metal moderno.
Una scelta che farà storcere il naso a chi del gruppo amava il dualismo tra tradizione e modernità, anche se ovviamente non mancano del tutto le atmosfere progressive di matrice settantiana, in ombra però rispetto ad un approccio più metallico e djent.
Più vicini ai Tesseract e ai Leprous che non ai King Crimson, tanto per rendere meglio l’idea di quello che andrete ad ascoltare sul nuovo lavoro, che si presenta con una serie di magie tecniche già dalle bellissime The Good Doctor e Puzzle Box.
Veil è una meraviglia sonora che alterna parti durissime a pacati attimi atmosferici nei quali Ross Jennings fa il James La Brie, mentre Nil By Mouth è uno strumentale da brividi in cui il gruppo sfoggia le proprie immense doti tecniche, in un clima assolutamente estremo per le proprie coordinate musicali.
Host è una ballad con finale in crescendo, mentre A Cell Divides torna ai fuochi d’artificio, anche se è più marcata la vecchia attitudine ad alternare le varie correnti progressive.
Questo Vector è un lavoro più diretto e prettamente metal, ma ormai gli Haken non hanno più bisogno né di presentazioni né di conferme, consolidandosi nel gotha della musica progressiva del nuovo millennio anche con questo nuova, nevrotica e durissima opera.

Tracklist
1. Clear
2. The Good Doctor
3. Puzzle Box
4. Veil
5. Nil By Mouth
6. Host
7. A Cell Divides

Line-up
Ross Jennings – Vocals
Charlie Griffiths – Guitar
Rich Henshall – Guitar & keys
Diego Tejeida – Keys
Conner Green – Bass
Raymond Hearne – Drums

HAKEN – Facebook

Gerda – Black Queer

Black Queer è una descrizione che proviene dall’interno di noi stessi, del cuore che spacca lo stomaco e pompa bile.

I Gerda sono un gruppo italiano fra i più originali e dirompenti degli ultimi tempi.

Detta così potrebbe sembrare la solita frase ad effetto, ma se cercate un effetto vero lo troverete nella loro musica, e soprattutto in questo ultimo disco, Black Queer.
Il gruppo di Jesi arriva al quinto album in un momento creativo eccezionale: questo lavoro è figlio del dolore e della dissonanza, la stessa che ci vibra in petto ogni giorno vissuto in questa società. I Gerda sono un gruppo che non offre dolcezza od un rifugio, ma ti sputa in faccia il disagio, e lo fa in maniera sublime. Tutto ciò nasce da esperienze quotidiane, e anche dalla scelta di Francesco Villotta, il fratello di Roberto chitarrista dei Gerda, e compagno di avventura nei magnifici Vel del bassista Alessio Compagnucci, e non ci sono illusioni ma tanto rumore che viene dalla rabbia e ne genera. La scena marchigiana negli anni ha partorito molte cose notevoli, tutte molto crude e oltre l’hardcore, e questo Black Queer è destinato a diventare una pietra miliare di questo cammino che non porta in nessuna direzione ma è qualcosa in questo preciso momento. Il presente lavoro vuole certamente essere facile ma è, come sempre nei Gerda, estremamente sincero e tremendamente bello. Dentro il disco ci sono tantissime cose, innanzitutto l’urgenza hardcore declinata in tante maniere diverse, e la loro peculiarità più grande, che è quell’impressione di jam continua e pesante. I ragazzi di Jesi hanno un tiro micidiale, riuniscono molte delle migliori cose dell’hc nostrano e le buttano fuori stravolte e bellissime. I due minuti e undici secondi di Figlia sono una delle espressioni più devastanti ed equilibrate che si possano sentire in Italia. Tutto Black Queer è una descrizione che proviene dall’interno di noi stessi, del cuore che spacca lo stomaco e pompa bile. La produzione è molto buona e fa rendere al meglio un gruppo che usa con disinvoltura molti registri diversi e rappresenta un unicum per traiettoria musicale.

Tracklist
1.Jeg kjorer inn i tunellen
2.Lulea, TX
3.Mare
4.Terzo regno
5.Notte
6.Hafenklang
7.Figlia
8.Theme

GERDA – Facebook

Siete Lagunas – I & II

Partendo da una base black, inserendoci pulsioni estreme che vanno dal death al grind e al noise, i Siete Lagunas creano un mostro musicale che lascia all’ascolto una forte sensazione di primitiva e surreale atmosfera, a suo modo affascinante ma sicuramente di difficile comprensione.

I Siete Lagunas sono un gruppo estremo colombiano formato da due misteriosi e misantropici musicisti di Bogotá che, unite le forze, hanno dato vita a due demo usciti in poco meno di un anno, ora racchiusi in questa compilation licenziata dalla La Caverna Records ed intitolati semplicemente I & II.

Un sound assolutamente fuori dagli schemi e un’attitudine totalmente underground fanno della musica del duo un prodotto per pochi ascoltatori, dalle ampie vedute stilistiche e dai gusti particolari.
Un black metal sperimentale, se così si può definire, è questa serie di digressioni musicali che, se hanno origine nel genere, vanno oltre con inserti che si rifanno al grind e al noise, con la voce che risulta un urlo a tratti trasformato in un lamento gutturale ed animalesco.
Senza un minimo di regole lo spartito di questi ventidue minuti di diavolerie estreme viene appunto riempito dal duo con rumori che si rifanno alla natura: è forte infatti nei Siete Lagunas l’ispirazione che arriva dalle tradizioni popolari, anche se nascosta da una spessa coltre di non musica, specialmente se si vuole imbrigliare il sound in un determinato schema.
Partendo quindi da una base black, inserendoci pulsioni estreme che vanno dal death al grind e al noise, i Siete Lagunas creano un mostro musicale che lascia all’ascolto una forte sensazione di primitiva e surreale atmosfera, a suo modo affascinante ma sicuramente di difficile comprensione.

Tracklist
1.Llegando a la Primera Laguna / Carco
2.Madremonte
3.Aguanoso
4.Los Bosques de Arcadia
5.Väinämöinen Sutatenza
6.Descenso Lunar
7.El Rugir de la Segunda Laguna
8.La Reina de las Moscas
9.Un Cadáver Junto al Río
10.Oscurece en la Segunda Laguna

Line-up
FFL – Guitars
AEH – Vocals, Drums

Massimo Canfora – Create Your Own Show

Non ci si stanca mai con la raccolta di brani che compongono Create Own Your Show, la chitarra “parla” così, oltre ad un solo brano cantato, tutte le tracce si distinguono per un loro andamento senza che Canfora soffochi il sound sotto una valanga di note.

Nell’underground metal/rock tricolore non sono pochi i chitarristi di talento che si cimentano nella non facile impresa di scrivere album strumentali, molti fin dall’inizio della loro carriera, altri invece a suggellare anni di esperienze e nel mondo musicale.

Massimo Canfora è un chitarrista romano e Create Your Own Show è la sua prima uscita solista, scelta dovuta all’esigenza di riassumere in un album una parte della sua vita artistica.
Aiutato da musicisti e amici della scena capitolina, Canfora dà vita d un album molto interessante, nel quale le doti tecniche sono messe al servizio di una raccolta di brani che fluiscono in note melodiche, mantenendo in alcuni casi una forte impronta heavy e spaziando con disinvoltura tra una manciata di generi che compongono il vasto universo del metal/rock.
Hard rock, rock ‘n’ roll, metal, progressive e poi un’infinità di piccoli camei compositivi spostano gli equilibri su altrettanti generi, usati dal musicista romano per creare un lavoro interessante e dall’ascolto piacevole.
Non ci si stanca mai con la raccolta di brani che compongono Create Your Own Show, la chitarra “parla” così, oltre ad un solo brano cantato (No Right), tutte le tracce si distinguono per un loro andamento senza che Canfora soffochi il sound sotto sotto una valanga di note.
Create Your Own Show e Crysis aprono l’album con un hard & heavy robusto, a seguire si susseguono piccole gemme come Fake Papyrus (psichedelica e settantiana), Sun In The Box (dall’iniziale atmosfera che ricorda il pop anni cinquanta) e le due parti di Screamers.
Un album molto interessante, consigliato agli amanti del metal/rock strumentale e dell’hard & heavy progressivo, vario e melodico quanto basta per tenere inchiodati alle cuffie godendo del talento di questo ottimo musicista e compositore nostrano.

Tracklist
01 – Create Your Own Show
02 – Crysis
03 – Transmission
04 – Fake Papyrus
05 – Sun In The Box
06 – Blue Snow On The Beach
07 – Valiant & Valiant
08 – CR7
09 – Screamers Part 1
10 – Screamers Part 2
11 – Zubrowska Republic
12 – No Right
13 – Pay The Ticket

Line-up
Massimo Canfora

MASSIMO CANFORA – Facebook

Blasphemy – Blood Upon The Soundspace

La ristampa ci fa vedere i Blasphemy nella loro dimensione migliore, quella della saletta prove, il loro territorio di caccia, con un tipo di registrazione che si può far anche oggi, ma che non avrebbe quella potenza che aveva e che possiamo ascoltare qui.

Ristampa del primo satanico lavoro dei canadesi Blasphemy, vera a propria band di culto del black death metal.

Questo disco raccoglie i primi lavori in sala prove del gruppo nel lontano 1984. La Nuclear War Now ! Productions ha riportato alla luce la devastazione dal vivo in sala prove che i nostri registrarono su nastro in poche copie; una di queste fu inviata nel maggio 1989 dal bassista Black Winds a Metalion di Slayer Magazine, ed è stata poi masterizzata molto bene da James Plotkin. La cassetta si pone tra il demo Blood Upon The Altar e il debutto su lunga distanza Fallen Angel Of Doom, infatti tutte le canzoni ad eccezione di War Command entreranno nel disco, destinato a diventare di culto. Questa ristampa è l’occasione più unica che rara di ascoltare tutta la potenza devastatrice dei Blasphemy praticamente come se fossimo in saletta con loro. Il primo brano, Darkness Prevails, è molto disturbato e saturato, ma poi in seguito l’audio migliora, anche grazie al grande lavoro di Plotkin, ed è così che deve essere, perché forse questo è il documento che attesta al meglio il vero suono di un gruppo che è passato alla storia forse più per gli atteggiamenti che per la sua musica. E quest’ultima è, come ben riprodotto qui, un’orgia di devastazione e velocità, rendendo questa cassetta una testimonianza di come era un certo metal a fine anni ottanta. I Blasphemy indicheranno la via a molti gruppi, ed infatti i canadesi sono indicati come influenza da moltissime band odierne. Blood Upon The Soundspace è un disco che va a mille, con un suono che farà la gioia di chi ama il war metal più selvaggio e a tratti scomposto, esagerato come lo fu la band canadese, e come lo è ancora dato che sono in attività tuttora, ma senza quella verve degli anni che furono. Ascoltando queste registrazioni non si dovrebbe fare il confronto con la loro versione su Fallen Angel Of Doom, perché sono di natura differente. Anche su disco sono valide, sicuramente molto più complete e prodotte meglio, ma qui hanno una carica selvaggia, una potenza primordiale veramente devastante. La ristampa ci fa vedere i Blasphemy nella loro dimensione migliore, quella della saletta prove, il loro territorio di caccia, con un tipo di registrazione che si può far anche oggi, ma che non avrebbe quella potenza che aveva e che possiamo ascoltare qui. Oltre che un documento molto importante, una dimostrazione di cosa possa essere il metal realmente selvatico.

Tracklist
1.Darkness Prevails
2.Hording of Evil Vengeance
3.Desecration
4.Goddess of Perversity
5.War Command

Xiba – Xiba

Il risultato finale è una mezz’ora circa di musica piuttosto trascinante, capace di entrare velocemente in circolo in virtù di un approccio diretto e grintoso, che fa presagire un impatto notevole anche in sede live.

Esordio per gli spagnoli Xiba con questo ep all’insegna di uno stoner essenziale e ficcante .

La band galiziana esplora il genere con un’attitudine più hardcore/punk che non psichedelica, e in questo tipo di approccio anche l’uso della lingua madre finisce per avere il suo peso.
Il risultato finale è una mezz’ora circa (inclusa una bonus track) di musica piuttosto trascinante, capace di entrare velocemente in circolo in virtù di un approccio diretto e grintoso, che fa presagire un impatto notevole anche in sede live.
Pur senza mostrare niente di nuovo, questo lavoro autointitolato dei Xiba lascia buone sensazioni, con i primi 3 brani (Lugh, Lua Negra e Nocturnio) più aderenti ai dettami dello stoner ed i restanti (Escravo, Vinganza e Kalaikios) che presentano sfumature maggiormente orientate a sonorità estreme, le quali evidentemente paiono far parte del background del gruppo.
Un primo passo incisivo e convincente , quindi, per questa nuova realtà iberica, in attesa di ulteriori conferme su minutaggi più consistenti.

Tracklist:
1. Lugh
2. Lua Negra
3. Nocturnio
4. Escravo
5. Vinganza
6. Kalaikios (bonus track)

Line-up:
Gabi – Bass, Vocals (backing)
Xaco – Drums
Ivi – Guitars, Vocals (backing)
Ioni – Guitars, Vocals (backing)
Hervy – Vocals (lead)

XIBA – Facebook

LE INTERVISTE DI OVERTHEWALL – EVERSIN

Grazie alla reciproca collaborazione con la conduttrice radiofonica Mirella Catena, abbiamo la gradita opportunità di pubblicare la versione scritta delle interviste effettuate nel corso del suo programma Overthewall, in onda ogni domenica alle 21.00 su Witch Web Radio.
Questa volta è il turno di una band già piuttosto nota come quella dei siciliani Eversin.

Mirella Catena – Gli Eversin si formano nel 2008 in Sicilia. Chi ha fondato la band e quali sono state le caratteristiche che vi hanno accomunato in questo progetto?

Ignazio Nicastro – Gli Eversin nascono verso la fine del 2008 da una idea mia, di Giangabriele Lo Pilato (chitarra) e di Angelo Ferrante (voce). Dopo aver provato diversi batteristi, nel 2013 a noi si è unito in pianta stabile Danilo Ficicchia. Le nostre radici, ciò che ci accomuna, sono saldamente ancorate al Thrash degli anni ’90 con qualche passaggio a Thrash degli anni ’80. E’ la musica che più sentiamo nostra, quella che ci ha spinto a suonare.

MC Vogliamo citare tutti i componenti degli Eversin?

IN Angelo Ferrante alla voce, Ignazio Nicastro al basso, Giangabriele Lo Pilato alla chitarra e Danilo Ficicchia alla batteria.

MC Quali sono state le tappe più importanti della band?

IN Sicuramente la pubblicazione di Trinity: the Annihilation, nostro terzo album. L’album ha portato alla luce in maniera netta e riconoscibile le principali caratteristiche del nostro songwriting cosa che solo parzialmente si era verificato su Tears on the Face of God del 2012. Grazie al successo enorme del disco abbiamo iniziato a calcare palchi internazionali, come il Rock Off ad Istanbul, il Rock Avaria in Germania e molti altri, suonando con mostri sacri come Maiden, Slayer, Megadeth e Destruction.

MC Voi avete condiviso il palco con gruppi di fama mondiale.

IN Come ti dicevo abbiamo avuto queste grandi opportunità grazie al successo di Trinity ma soprattutto grazie ad una persona che ha creduto in noi e che ci ha spinto in maniera assolutamente perfetta. Suonare di fronte a migliaia di persone, dividere il palco con dei mostri sacri e rapportarci con veri professionisti ci ha insegnato moltissimo e ci ha fatto crescere in maniera esponenziale.

MC Qual’è stata la band con cui vi siete trovati più in sintonia?

IN Praticamente tutte, ma ricordo con estremo piacere il rapporto di simpatia che si è creato con i Carcass.

MC Dopo tre full length arriva il vostro nuovo album Armageddon Genesi. Ci parli di questa nuova uscita discografica?

IN Sai, sarebbe stato facile fare un “Trinity parte 2”, non sarebbe stato affatto difficile riciclare qualche idea, invece abbiamo preso Trinity come un piccolo spunto per sviluppare Armageddon Genesi che, seppur presentando le caratteristiche che ci hanno reso un nome molto noto al mondo del Metal, è un disco molto diverso dal suo predecessore. I nuovi brani sono molto più articolati rispetto a quelli contenuti in Trinity, ma allo stesso tempo sono assolutamente violenti, quindi riconosco con piacere che siamo riusciti a creare un qualcosa di elaborato ma non per questo meno dirompente. Oltre che a livello compositivo e stilistico la vera differenza sta nel sound unico che caratterizza Armageddon Genesi. Le tracce che lo compongono sono molto oscure, violente e dannatamente pesanti quindi necessitavano di un sound sì grezzo e dirompente ma allo stesso tempo molto claustrofobico, cosa che mai prima d’ora eravamo riusciti a creare.

MC Come nasce un brano degli Eversin?

IN Scriviamo molto per conto nostro, registriamo le nostre idee e poi le studiamo assieme in sala prove. Le idee del singolo vengono comunque modificate più volte da tutta la band, infatti da sempre siamo soliti arrangiare i brani diverse volte fino a raggiungere la giusta formula. Per Armageddon Genesi il processo compositivo è stato più o meno lo stesso degli altri album, e come sempre non ci siamo fermati a pensare come avrebbe dovuto suonare il nuovo materiale, cosa di cui, in tutta sincerità non ce ne è mai importato nulla. Noi componiamo musica per noi stessi, perché amiamo farlo, perché ci fa star bene, se poi riusciamo a piacere che ben venga.

MC Cosa ne pensate delle organizzazioni dei live in Italia? Vista la vostra esperienza all’estero quali sono le differenze che avete riscontrato suonando nel nostro paese?

IN All’estero è tutta un’altra storia, ahimè. I gruppi vengono trattati benissimo, in maniera professionale e non si ha l’impressione che chi organizza un evento ti stia facendo suonare per farti un favore trattandoti a pesci in faccia. La scena italiana non è coesa, le band si fanno la guerra per nulla e nel 90% dei casi tutto si basa quasi interamente sulla politica del pay to play. E’ una scena che viene supportata solo a parole, da gente che quando va ai concerti snobba i gruppi italiani d’apertura guardando soltanto lo show degli headliner e che non perde occasione per parlar male di tutto e tutti. Ovviamente ci sono le dovute eccezioni, quei 3-4 fest gestiti da gente seria e professionale che si sbatte da mattina a sera per poter realizzare qualcosa di buono.

MC Sono previsti dei live per promuovere il nuovo album?

IN Sono già in programma altre date live per i primi mesi del 2019 e per la successiva estate che però, non essendo state ancora ufficialmente confermate da chi di dovere, non posso anticipare.

MC Quali sono i Vs contatti sul web per seguirvi?

IN Ci avvaliamo come tutti dei social, abbiamo la nostra pagina ufficiale su Facebook, su Istagram e su altri social. I nostri album sono su tutte le piattaforme digitali quindi non è assolutamente difficile entrare in contatto con il mondo Eversin .

Home Style Surgery – Trauma Gallery

Un fantastico disco di thrash finlandese: tecnico, melodico e potente nel medesimo tempo, di certo tra i migliori del genere quest’anno.

La forza dell’underground, quello puro ed autentico.

Questo gruppo finlandese è in pista da dieci e più anni, una storia la sua fatta di demo, mini, singoli e split (come nel Nord Europa di fine anni ’80 e primissimi ’90). Questo secondo full length degli Home Style Surgery segna un nettissimo passo in avanti, rispetto all’esordio di Painfilled Noise, risalente ormai ad un lustro fa. Il quintetto lappone suona un techno-thrash che in oltre quaranta minuti di musica si rivela molto godibile, con una bella varietà sonora e pezzi che si stampano subito nella mente dell’ascoltatore (cosa che oggi non accade certo sempre). Anche i brani più melodici, quali Sachiko Even After e Verge Of Confrontation, non fanno altro che confermare l’avvenuta crescita degli Home Style Surgery, che si sono lasciati oramai alle spalle le inclinazioni gore-metal dei loro primi anni. Notevolissimi, inoltre, pezzi come Beware The Lurkers e Haunted Mindscape, che colorano di tinte vagamente prog la lezione degli Havok: la cosa migliore sono qui le sezioni strumentali, quasi geometriche nella loro impostazione. Se la band finnica è dunque stilisticamente assai varia nella sua proposta complessiva, lo stesso si deve dire in relazione al cantato: la voce del singer è perfettamente a suo agio, molto dinamica, nel saper passare da parti pulite allo screaming del black o al growl del death. Tutta l’abilità degli Home Style Surgery emerge, credo, nella title-track conclusiva: oltre nove minuti, di grande classe, a spasso fra gli Anthrax di fine anni Ottanta e i Dark Angel del capolavoro, storico e incompreso, Time Does Not Heal (1991).

Tracklist
1- Explore the Dimensions
2- Atomosophobia
3- Sachiko Ever After
4- The Red Ripped Case
5- Beware the Lurkers
6- Haunted Mindscape
7- Verge of Confrontation
8- Trauma Gallery

Line-up
Tommi Lakkala – Bass
Joel Mantyranta – Vocals
Jussi Keranen – Guitars
Joonas Hiltunen – Guitars
Joni Jarra Jarlstrom – Drums

HOME STYLE SURGERY – Facebook

Symphony of Symbols – Historiocriticism

Oscurità e soffocanti atmosfere regnano sovrane in questo Historiocriticism, nuovo e mastodontico lavoro in cui atmosfere glaciali e liquide e metal estremo brutale e devastante creano un sound vorticoso, violento ed abissale.

MetalEyes vola virtualmente in Ungheria per fare la conoscenza dei Symphony Of Symbols, band che del death metal oscuro possente e brutale fa il suo credo.

Fondata dal chitarrista Sándor Hajnali e dal batterista István Forró nel 1997, il gruppo inizia la sua avventura nel mondo del metal estremo come death/black metal band; il suo esordio infatti (Fall of Enigma licenziato nel 2002) si avvale di un sound ispirato alla scena polacca, storica in questo tipo di sonorità.
Dieci anni e vari assestamenti di line up portano al secondo lavoro targato 2012 (Stupefying Beliefs) sotto l’ala della Metal Scrap, con il sound proposto che si avvicina a quello offerto in questo ultimo album, ovvero un death metal brutale, tecnico e progressivo.
Oscurità e soffocanti atmosfere regnano sovrane in questo Historiocriticism, nuovo e mastodontico lavoro in cui atmosfere glaciali e liquide (Gates) e metal estremo brutale e devastante (Verity In The Legends), creano un sound vorticoso, violento ed abissale.
Il growl di matrice brutal estremizza se è possibile ancora di più il concept musicale di questo macigno sonoro, ad opera di un quartetto che a livello tecnico sa il fatto suo, risultando apprezzabile anche sotto l’aspetto creativo.
Un’ora secca di scale musicali ed atmosfere chirurgiche, pervase da un’atmosfera terrificante (Giant Signs, In The Serve Of Evil), che sfumano su brani di progressive death metal pregno di sana pesantezza estrema, che non lascia trasparire debolezze ma ci travolge compatta come un carro armato in Pyramid Cities e The First Nation, The Last Survivor.
Morbid Angel e Suffocation sono le maggiori fonti di ispirazione per il gruppo ungherese, da considerare una sorpresa anche se il nome circola dal lontano 1997: se non li conoscete, recuperate il tempo perso, non ve ne pentirete.

Tracklist
1.Flood
2.Dispersion
3.Gates
4.Pyramid Cities
5.Rings
6.Verity in the Legends
7.Giant Signs
8.Beyond Earth
9.In the Serve of Evil
10.The First Natoin, the Last Survivor
11.Everything Reveals

Line-up
Kovács Zoltán Frigyes – Vocals
Sándor Szalkai – Guitar
Tamás Mezey – Bass
István Forró – Drums

SYMPHONY OF SYMBOLS – Facebook

Lantern – Ancòra

Qui troviamo molta sostanza e attenzione per la musica e le parole, descrivendo chi e cosa non è più con noi con molta eleganza e forza.

I Lantern sono uno dei gruppi più bravi e particolari della bella scena screamo italiana che ha regalato ottima musica.

Negli ultimi tempi la suddetta scena è un po’ in ritirata, perché tutto muta e allora si cambia un po’ stile. Non i Lantern, che a tre anni dall’ultima uscita tornano con un disco solido e che lascia il segno. Il loro è un insieme di emo primi anni duemila, screamo e soprattutto tanto pop fatto con gran classe. Infatti uno dei più grandi pregi del gruppo è quello di avere una grande predisposizione a scrivere canzoni molto ritmate e potenti, ma che hanno una grandissima anima pop. La composizione dei brani dei Lantern è molto più stratificata rispetto a quella della maggioranza dei gruppi dello stesso genere. Una canzone come A 14 Blues, per esempio, è notevole sia per originalità che per profondità. Tutto il disco è permeato dalla memoria e dalla perdita, si ricorda e si cerca di non perdersi nelle perdite. Come si può fare altrimenti ? Non regniamo su nessun regno, siamo tutti dei sopravvissuti e si ha l’esigenza di raccontarsi, come fanno benissimo i Lantern. Questo disco, con un rebus in copertina e anche dentro, ha uno spessore molto forte e ridà fiato all’asfittico panorama indie rock italiano. Un lavoro simile, così forte nella sua diversità, serviva come il pane per far vedere che il talento è soprattutto capacità compositiva e non soltanto apparire o fare gli strani. Qui troviamo molta sostanza e attenzione per la musica e le parole, descrivendo chi e cosa non è più con noi con molta eleganza e forza. Un disco che ti fa pensare, rivelandosi una delle migliori tra le ultime uscite alternative italiane.

Tracklist
1 In cambio di una pistola parte 1
2 In cambio di una pistola parte 2
3 Cimitero
4 Nube purpurea
5 Semaforo blu segnale per altre partenze
6 Dalla parte sbagliata di un telescopio
7 E. Fermi tutti!
8 A14 blues

Line-up
Daniele
Sergio
Michael
Marco
Sorbo

LANTERN – Facebook