Svanzica – Red Reflection

Nel suo insieme Red Reflection si può senz’altro definire un album riuscito, le idee ci sono e diversi brani lasciano intravedere potenzialità ancora parzialmente inespresse dagli Svanzica.

Gli Svanzica sono un quartetto proveniente dalla provincia di Verona la cui storia musicale è iniziata nell’ormai lontano 2005 da un’idea della coppia di musicisti formata da Marco De Bianchi e Luca Modenese (rispettivamente chitarra e voce).

Passata da una serie di cambi in formazione, un demo, ed il primo full length intitolato Eos (2009), la band veneta si assesta con la formazione attuale che vede i due membri fondatori raggiunti da Alessandro Merlin alla batteria e Alessandro Pettene al basso.
Il sound si ispira ad un melodic death metal progressivo che vede tra le maggiori influenze la melanconica attitudine dei nostrani Novembre, qualche spunto estremo di matrice melodica scandinava e cenni al rock alternativo.
La doppia voce trova sicuramente i meritati apprezzamenti nei vocalizzi estremi, mentre la clean dal taglio alternative non incide, così come la produzione che non valorizza il pur buon lavoro offerto a livello strumentale dal gruppo.
Nel suo insieme Red Reflection si può senz’altro definire un album riuscito, le idee ci sono e brani come l’opener Through Oceans of Quiet, Spirit Of The Valley e Whisper Of Light, lasciano intravedere potenzialità ancora parzialmente inespresse dagli Svanzica.
Limando qualche difetto come l’uso delle clean e la produzione, il prossimo passo potrebbe regalare ancor più soddisfazioni al gruppo veronese.

Tracklist
1.Through Oceans of Quiet
2.First Step
3.Lunar Verbs
4.Spirit of the Valley
5.Brotherhood
6.Graffiti
7.Whisper of Light
8.Distortion
9.Eternal Noontrip
10.Jupiter

Line-up
Luca “Mayo” Modenese – Vocals
Marco “Debo” De Bianchi – Guitars
Alessandro “Merlo” Merlin – Drums
Alessandro “Ketchup” Pettene – Bass

SVANZICA – Facebook

Amber Tears – When No Trails

When No Trails (Когда нет троп) non delude le aspettative con i suoi cinque brani intensi, emozionanti e rivestiti di quella patina pagan folk che rende sufficientemente peculiare la proposta degli Amber Tears

Dopo nove anni di silenzio tornano i russi Amber Tears (Янтарные Слезы), band che tra il 2006 ed il 2010 regalò agli appassionati di doom due splendidi lavori come Revelation Of Renounced e The Key To December.

When No Trails (Когда нет троп) non delude le aspettative con i suoi cinque brani intensi, emozionanti e rivestiti di quella patina pagan folk che rende sufficientemente peculiare la proposta della band proveniente dalla lontana Penza.
Rispetto agli esordi la line up è rimasta pressoché immutata, fatto salvo il ruolo di bassista che è sempre stato l’unico soggetto a cambiamenti, e questa coesione è percepibile all’interno di un lavoro non troppo lungo e che non mostra punti deboli di sorta.
Come sempre gli Amber Tears si esprimono o lingua madre, così come la grafica e il nome stesso della band e dell’album vengono esibiti in cirillico, ma come da convenzione e per comodità utilizziamo la traslitterazione in inglese, per cui dovendo menzionare i brani chiave di When No Trails non possiamo che citare le due perle intitolate Where I Stayed e Where There Is No Spring, tracce dalla melodie struggenti e solenni che spiccano rispetto ad una scaletta comunque di assoluto livello, nella quale solo Under The Stars Light non raggiunge l’eccellenza distaccandosi forse un po’ troppo dalle coordinate abituali del sound.
Il ritorno di questa ottima band è l’ennesima buona notizia di un 2019 che che sta regalando gioie una dopo l’altra agli appassionati del doom e si può scommettere che non sia affatto finita qui …

Tracklist:
1 Спой Ветер, Спой Ворон (Sing The Wind, Sing The Raven)
2 Где Я Остался (Where I Stayed)
3 В Вихре Прошлых Дней (In The Whilwind Of The Last Days)
4 Под Светом Звезд (Under The Stars LIght)
5 Там, Где Нет Весны (Where There Is No Spring)

Line-up:
Viktor Kulikov – Drums
Dmitry Schukin – Guitars (lead)
Alexey Rylyakin – Guitars (rhythm)
Anton Bandurin – Vocals
Evgeny Zorichev – Bass

Autumn Tears – Colors Hidden Within The Gray

Colors Hidden Within The Gray è un immersione in un quadro, dove le tinte ed il sentire sono molto lontani dalla nostra concezione di mondo moderno, qui dentro c’è una ricerca di melodie antiche, di costruzioni sonore inusuali e minimali.

Gli Autumn Tears sono un duo americano di musica neoclassica nato nel 1995, al ritorno nel 2018 dopo dieci anni di assenza con l’ep Origin Of Sleep.

Erika alla voce e Ted al piano formano una coppia di grande sapienza artistica e fondamentalmente la loro musica è voce con orchestra, ma ovviamente c’è molto di più. Nell’underground sono una leggenda perché le loro sonorità sono struggenti e pressoché perfette, come se le fate bisbigliassero favole alle nostre orecchie. Ad un primo ascolto il tutto potrebbe sembrare la colonna sonora di un film, ma questo giudizio è dovuto ai pregiudizi di noi uomini moderni, perché gli Autumn Tears fanno una musica che è molto antica. Come si diceva poc’anzi Ted compone e suona il piano, Erika ci ammalia con la sua fantastica e dolce voce e gli altri strumenti sono suonati da più di trenta ospiti, tutti molto validi per un risultato eccezionale. Colors Hidden Within The Gray è un’immersione in un quadro in cui le tinte ed il sentire sono molto lontani dalla nostra concezione di mondo moderno, qui dentro c’è una ricerca di melodie antiche, di costruzioni sonore inusuali e minimali. Le linee melodiche che ascoltiamo qui sono scarne e bellissime, il tipico suono degli Autumn Tears raggiunge qui il suo punto più alto, la pausa di dieci anni è servita per tornare più potenti e convinti di prima. La struttura è quella dell’opera, tutto è consequenziale, ma può anche essere ascoltato separatamente. L’incedere del disco si rifà molto all’immaginario medioevale, ovvero un pensiero carico di spiritualità e simbolismo. Il risultato è una gioia ed un inno alla neo classicità, è un disco etereo che rinforza lo spirito e lascia molte cose, regala molti ascolti ed è un ottimo viatico per chi ancora non conoscesse questa scena. Gli Autumn Tears sono uno dei maggiori gruppi di questo genere e in questo disco dimostrano ampiamente tutte le loro caratteristiche. Drammatico, salvifico e catartico, il disco è un qualcosa di molto differente e diverso, eco di un mondo che forse è già morto, eppure rimane.

Tracklist
1.A Pulse In the Celestial Sphere Part 1 – Astral Murmur
2.A Pulse In the Celestial Sphere Part 2 – A Stream of Higher Consciousness
3.A Pulse In the Celestial Sphere Part 3 – A Birth In the Aether
4.The Day of Wrath
5.The Grieving
6.Rainlight Ascension
7.The Impressionist
8.Prodigy
9.Drift
10.In Remebrance
11.The Earth Song
12.Colors Hidden Within The Gray
13.What We Have Become
14.Another Day

Line-up
Composition, arrangements, lyrics, piano: Ted Tringo
Lead / backing vocals, vocal / lyric arrangements: Brona McVittie
Lead / backing vocals, vocal / lyric arrangements: Dawn Desiree Smith
Lead / backing vocals, vocal / lyric arrangements: Nathan Nasby
Lead / backing vocals, vocal / lyric arrangements: Beraud
Lead / backing vocals, vocal arrangements: Jennifer Judd
Lead Violin and string arrangements: Brian Schmidt
Lead Violin and string arrangements: Julian Spiro
Viola: Kelly Ralston
Cello: Luke Payne
Cello: Molly Leigh Jones
Flute, Clarinet: Terran Olson
Clarinet: MaryBeth Kern
French Horn: John Clark
Trumpet: Chad Bell
Trombone: Victor Fuenmayor
Harp: Tom Moth
Snare drums: George Ball
Timpani: Germàn Domador
Kamancheh on “A Pulse in the Celestial Sphere”: Amir Mofrat
Trombone on “The Grieving” and “The Day of Wrath”: Petar Milanovic
Cello on “Colors Hidden Within the Gray”, “The Grieving”, and “Another Day”: Chris Abeel
Cello on “In Remembrance”..: Christine Hardigan
Spiccato Cello on “Rainlight ascension”: Charlot Rivero
Spiccato Cello on “Colors Hidden Within The Gray”: Isobel Alsup
Classical Guitar on “The Impressionist”: Oleg Maximov
Bansuri on Drift: Josh Plotner
Spiccato cello on “In Remembrance”: Carolina Teruel
Medieval bagpipes on “In Remembrance”: Simon Blum
Medieval bagpipes on “In Remembrance”: Steeven Didier
Medieval bass drum on “In Remembrance”: Charlotte Reckinger
Floor toms on “In Remembrance”: Benjamin Wanschoor
Snare drum on “In Remembrance”: Mattias Borgh
Bagpipes, toms and bass drums on “In Remembrance” engineered by Manon Deltombe

AUTUMN TEARS – Facebook

Imprecation – Damnatio Ad Bestias

Un death metal oscuro e abissale, un pozzo senza fondo dove anime dannate in caduta libera trovano il loro tragico destino, mentre riff macabri si alternano a più veloci sfuriate estreme in un clima catacombale.

I texani Imprecation sono un gruppo storico della scena death metal statunitense, essendo stati fondati nel 1991 dal batterista Ruben Elizondo e dal chitarrista Phil Westmoreland.

I primi anni novanta videro la band licenziare un paio di demo ed un ep per poi fermarsi per quasi dieci anni e tornare con uno split album nel 2003.
Sette anni dopo, Sigil Of Lucifer segnò l’ennesimo ritorno, un ep di rodaggio prima della pubblicazione dell’esordio sulla lunga distanza e l’approdo ad un minimo di costanza che portarono il gruppo di Huston a pubblicare l’anno dopo un secondo split album e a distanza di cinque anni Damnatio Ad Bestias, nuovo album ed ennesimo esempio di death metal old school viscido ed imputridito dal lungo giacere in una bara brulicante di vermi e serpi velenosissime.
Il sound poggia le basi nel metal estremo dei primissimi anni novanta, valorizzato a tratti da melodie chitarristiche che affrontano il muro sono di scuola Morbid Angel/Macabre degli Imprecation: un death metal oscuro e abissale, un pozzo senza fondo dove anime dannate in caduta libera trovano il loro tragico destino, mentre riff macabri si alternano a più veloci sfuriate estreme in un clima che tradisce l’origine della band texana.
L’opener Temple Of The Foul Spirit, la notevole Beasts Of Infernal Void e la title track i brani migliori di un lavoro tradizionale e quindi ad uso e consumo degli amanti del death metal old school più catacombale.

Tracklist
1. Temple of the Foul Spirit
2. Morbid Crucifixion
3. Baptized in Satan’s Blood
4. Beasts of the Infernal Void
5. Damnatio Ad Bestias
6. Dagger, Thurible, Altar of Death
7. The Shepherd and the Flock
8. Ageless Ones of None

Line-up
Ruben Elizondo – Drums
Dave Herrera – Vocals
Milton Luna – Bass, Guitars
Jeff Tandy – bass
Dustin James – Guitars
Earl Long – Guitars

IMPREVATION – Facebook

MARIANAS REST

Il video di ‘Unsinkable’, dall’album ‘Ruins’ (Inverse Records).

Il video di ‘Unsinkable’, dall’album ‘Ruins’ (Inverse Records).

Finnish melancholic death metal band Marianas Rest released a third single ‘Unsinkable’ from their upcoming second album ‘Ruins’ due to be released in April 26th 2019 by Inverse Records.

Vocalist Jaakko Mäntymaa comments the single:
“Unsinkable is the easiest and lightest track on the album. The coffin of memories is opened up and of course nothing beautiful is found there.”

Timo Virkkala (cello) and Insomnium’s Niilo Sevänen (reciting Lord Byrons poem) make a significant contribution to the overall hopeless mood of the album. And still, if you really try, maybe you can catch a glimpse of hope, ever escaping sight.

Teemu Aalto (Insomnium, Omnium Gatherum) is the man behind recording, mixing and producing Ruins. The album tells a story of how a mind slowly crumbles: about introversion, putting up mental walls and eventually disappearing inside your own head.

PRE-SAVE Ruins album on Spotify: https://bit.ly/2U0OgCg

Track list:
1. Kairos
2. The Spiral
3. Hole in Nothing
4. The Defiant
5. Unsinkable
6. Shadows
7. Restitution
8. Omega

Line-up:
Harri Sunila – Guitars
Nico Mänttäri – Guitars
Jaakko Mäntymaa – Vocals
Nico Heininen – Drums
Niko Lindman – Bass
Aapo Koivisto – Keyboards

Links:
https://www.facebook.com/marianasrestofficial/
https://www.marianasrest.com/
https://www.youtube.com/marianasrest/
https://www.instagram.com/marianasrestofficial/
https://www.twitter.com/MarianasRest/
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Nibiru – Salbrox

Come e più dei lavori precedenti ci sono dei momenti di totalità (in italiano non esiste una parola adatta a descriverli), in cui la saturazione musicale è al massimo ed è così raffinata che si raggiunge qualcosa simile ad uno stato di coscienza alterato.

Torna il trio torinese Nibiru, fresco di contratto con l’etichetta inglese Ritual Productions.

I Nibiru non fanno musica nel senso tradizionale del termine, le loro produzioni sono rituali, tutte sono diverse una dall’altra, tutte possiedono un significato differente, come le loro esibizioni dal vivo. Se dobbiamo trovare dei riferimenti musicali, questi si possono rinvenire nello sludge estremo, nella psichedelia totale e in lunghe jams che sono fluidi più che canzoni. La loro carriera è una continua evoluzione, un guardare fissamente l’abisso, producendo lavori estremamente soggettivi, dove ognuno potrà dialogare con i propri angeli o demoni e con la sua vera natura che viene continuamente celata. Salbrox in linguaggio enochiano significa zolfo, e tutto il disco è incentrato sul processo alchemico del solve et coagula, dove l’alchimia è un mezzo ed una raffigurazione del processo che dobbiamo intraprendere noi stessi nell’abbandonare il nostro io per diventare qualcosa d’altro, in un continuo processo di nascita, morte, rigenerazione e rinascita. La musica di Salbrox si spinge ancora oltre i già estremi dischi precedenti, bisogna però considerare una per una le loro opere. In questo lavoro la produzione è ottima, il tutto è stato registrato in presa diretta al Music Lab Studio da Emiliano Pilloni, che riesce sempre a plasmare molto bene questa materia, e poi masterizzato da Brad Boatright all’Audiosiege. I Nibiru sono un gruppo antimoderno, perché la loro musica è rituale e tribale e ci riporta in un passato dove vive ancora la maggior parte delle nostre credenze più profonde, dove risiede il nostro vero significato. Questa non è arte per intrattenere ma è un’invocazione per spezzare le nostre catene, soprattutto mentali, e riprenderci la nostra capacità di mutare, divenendo consapevoli d’essere una continua rigenerazione e che questa vita è solo un passaggio, brutto o bello che sia. Salbrox conferma e fa ulteriormente avanzare un discorso musicale che non ha eguali in tutto il mondo. In particolare questo disco, sia con la musica che con i testi, punta l’attenzione sulla disarmonia e sul bilanciamento fra i vari piani dimensionali. Come e più dei lavori precedenti ci sono dei momenti di totalità ( in italiano non esiste una parola adatta a descriverli), in cui la saturazione musicale è al massimo ed è così raffinata che si raggiunge qualcosa simile ad uno stato di coscienza alterato. I testi in enochiano ed in italiano sono poi un’autentica meraviglia: moltissimi si atteggiano, i Nibiru no, e dovete sentire ciò che dicono: una delle loro svolte migliori è stato appunto affiancare l’italiano all’enochiano, per produrre un effetto unico nel sentire Ardath e la sua possessione nella nostra lingua. Dalla fluviale EHNB, vero e proprio manifesto di ciò che sono i Nibiru, e forse il loro migliore rituale fino ad ora, all’ultima RZIORN, è un qualcosa che come al solito segna, e questo Salbrox è davvero da studiare e da capire, come fosse un testo da esaminare. Forma musicale e spirituale unica, i Nibiru non sono per tutti né lo vogliono essere, e questo è un altro capolavoro. Ma è davvero difficile e abbastanza inutile parlare di questo disco, perché è un cammino da fare e alla fine dell’ascolto potreste non esserci più: l’unica cosa da dire, usando delle parole di Ardath, è che siamo soli, orrendamente soli, ma siamo anche luce. Tutto è complesso, difficile, distorto e forse chiaro, tutto sembra e non è al contempo. Nibiru.

Tracklist
SALBROX LP TRACK-LISTING
1. ENHB
2. EXARP
3. HCOMA
4. NANTA
5. BITOM

SALBROX CD & DL TRACK-LISTING
1. ENHB
2. EXARP
3. HCOMA
4. NANTA
5. ABALPT
6. BITOM
7. RZIONR

Line-up
Ardat – Guitars, Percussions and Vocals
Ri – Bass, Drones and Synthesizers
L.C. Chertan – Drums

NIBIRU – Facebook

Uncledog – Passion Obsession

Gli Uncledog ripartono per un excursus musicale sul rock alternativo che ha caratterizzato gli ultimi venticinque anni di musica, tramite dieci brani, assolutamente perfetti, convincenti, zeppi di melodie e urla elettriche che tornano a far parlare di grunge rock, senza per forza trasformarsi in copie sbiadite di più famose e riconoscibili canzoni provenienti dall’altra parte dell’oceano.

Tornano i grunge rockers padovani Uncledog con il secondo lavoro sulla lunga distanza, successore di Russian Roulette licenziato nel 2014.

Prodotto da Pietro Foresti e sul mercato sempre tramite la Vrec, Passion Obsession è un concept sulle passioni, come ben evidenziato dal cuore in copertina, strapazzato da chi appunto vive di emozioni in una vita sempre più piatta e materiale.
Da qui il gruppo riparte per un excursus musicale sul rock alternativo che ha caratterizzato gli ultimi venticinque anni di musica, tramite dieci brani, assolutamente perfetti, convincenti, zeppi di melodie e urla elettriche che tornano a far parlare di grunge rock, senza per forza trasformarsi in copie sbiadite di più famose e riconoscibili canzoni provenienti dall’altra parte dell’oceano.
Gli Uncledog invero le loro personali influenze le manipolano facendo proprie quelle caratteristiche che permettono a Passion Obsession di tenerci ben salde le cuffie alle orecchie, componendo una tracklist che non trova ostacoli, per cui sembra proprio che il cuore in copertina cominci a battere sotto i nostri occhi, mentre O.E.K.E., i ritmi di matrice Funky/reggae del singolo Four Leaf Clover, Wow (brano bellissimo, ed apice del disco) e il crescendo di tensione che si respira in Anything Else ci accompagnano in questo sunto sul rock alternativo firmato dal gruppo padovano.

Tracklist
1.O.E.K.E.
2.Let Me Dive
3.Four Leaf Clover
4.First Time
5.Wow
6.Take a Look
7.Anything Else
8.Blush
9.Thoughtful
10.Her

Line-up
Nico – Lead and Backing Vocals, Guitar
Karma – Lead Guitar, Backing Vocals
Fiore – Keyboards, Backing Vocals
Lele – Bass, Backing Vocals
Silvio – Drums & Percussions

UNCLEDOG – Facebook

Urza – The Omnipresence Of Loss

The Omnipresence Of Loss si rivela un lavoro senz’altro riuscito anche se, per le sue caratteristiche, la durata che supera di poco l’ora ne rende piuttosto impegnativo l’ascolto.

Di norma accogliamo sempre con grande soddisfazione l’apparizione di nuove band dedite al funeral death doom, tanto più poi se al primo full length l’etichetta che ne cura l’uscita è una garanzia come la Solitude.

I tedeschi Urza, come prevedibile, non deludono e si rendono protagonisti di un lavoro decisamente degno della fiducia a loro accordata dalla label russa.
La band berlinese, in effetti, sarebbe attiva già da alcuni anni ma come sempre la gestazione nel doom non è mai breve per definizione, per cui dopo il singolo Path Of Tombs, pubblicato lo scorso anno, arriva ora l’esordio su lunga distanza The Omnipresence Of Loss che, già nell’ultima parola del titolo, porta con sé qualche indicazione utile a inquadrare il sound visto che l’omonima band statunitense è senz’altro uno dei vari punti di riferimento per gli Urza.
Il sound offerto è aspro, dalle poche divagazioni melodiche ma comunque non troppo monolitico né rallentato, offrendo nei limiti delle coordinate del genere una certa varietà ritmica con il ricorso a qualche corrosiva accelerazione così come a più liquidi e rarefatti passaggi.
La già citata Path Of Tombs è decisamente la traccia guida dell’album grazie alla presenza di una linea melodica più definita rispetto al tetragono andamento degli altri quattro brani. D’altronde il background di gran parte degli esperti musicisti coinvolti nel progetto è soprattutto di matrice death (anche se il chitarrista Oliver Schreyer ha fatto parte della line up degli Ophis in occasione del full length d’esordio Stream Of Misery) e questo spiega in parte come il funeral degli Urza appaia più robusto e meno dolente rispetto a quanto siamo abituati ad ascoltare. The Omnipresence Of Loss si rivela un lavoro senz’altro riuscito anche se, per le sue caratteristiche, la durata che supera di poco l’ora ne rende piuttosto impegnativo l’ascolto.

Tracklist:
1 Lost In Decline
2 A History Of Ghosts
3 Path Of Tombs
4 From The Vaults To Extermination
5 Demystifying The Blackness

Line-up:
Marc Leclerc – Bass
Hannes – Drums
Oliver Schreyer – Guitar
Marcus – Guitars
Thomas – Vocals

URZA – Facebook

Final Coil – The World We Left Behind For Others

Tool, Leprous e Pink Floyd, in salsa alternative, questo è The World We Left Behind For Others, circa sessanta minuti di emozioni che si tingono di atmosfere introspettive come nella migliore tradizione del rock nato a Seattle, che la band inglese fa sua nelle note di questa notevole raccolta di brani.

Che i britannici Final Coil avessero dimostrato di possedere delle potenzialità ancora inespresse era scontato dopo l’ascolto del precedente e primo lavoro sulla lunga distanza intitolato Persistence of Memory, ma forse non avremmo mai pensato di ritrovarci con un album di tale portata già da questa successiva opera, licenziata sempre da Wormholedeath ed intitolata The World We Left Behind For Others.

Quello che di fatto è rimasto un trio con Phil Stiles alla voce e chitarra, Richard Awdry alla chitarra solista e Jola Stiles al basso, ci consegna un monumentale lavoro che si nutre come il precedente di progressive e di rock alternativo, post rock e metal, amplificando la parte emozionale in maniera esponenziale.
Quello che al primo impatto poteva sembrare l’ennesima band ispirata dai Tool è riuscita ad andare oltre, guardandosi in giro ed accodandosi al filone progressivo di matrice Leprous che con le suddette influenze aprono una via progressiva personale ed assolutamente vincente.
Anche in The World We Left Behind For Others si vive di atmosfere crepuscolari come nel precedente lavoro, ma se Persistence of Memory mostrava qualche dettaglio da limare all’interni di un debutto comunque ottimo, il nuovo album regala attimi di musica rock da manuale, almeno nel campo del post rock progressivo, personalizzato e valorizzato da un non comune talento nel saper manipolare materia ed influenze.
Tool, Leprous e Pink Floyd, in salsa alternative, questo è The World We Left Behind For Others, circa sessanta minuti di emozioni che si tingono di atmosfere introspettive come nella migliore tradizione del rock nato a Seattle, che la band inglese fa sua nelle note di questa notevole raccolta di brani che ha nella conclusiva title track il suo apice.
Album di un’altra categoria, The World We Left Behind For Others risulta un’altra scommessa vinta dai Final Coil e dalla Wormholedeath.

Tracklist
1. Ash’s
2.The Last Battle
3 .Scattered Dust
4.Take Me For A Walk
5.Empty Handed
6.Keeping Going
7.Convicted Of The Right
8.Ashes
9.One More Drink…
10…And I’ll Leave
11.One More Trip
12.The World We Left Behind For Others

Line-up
Phil Stiles – Lead Vocals / Rhythm Guitars
Richard Awdry – Lead Guitars / Backing Vocals
Jola Stiles – Bass / Design

FINAL COIL – Facebook

FREDDY DELIRIO AND THE PHANTOMS

Il lyric video di “Frozen Planets”, dall’album “The Cross” (Black Widow).

Il lyric video di “Frozen Planets”, dall’album “The Cross” (Black Widow).

FREDDY DELIRIO, il mitico tastierista dei DEATH SS, assieme a Black Widow Records, hanno presentato il nuovo progetto chiamato FREDDY DELIRIO AND THE PHANTOMS. L’esordio “The Cross” è uscito il 12 aprile 2019 su vinile e CD.

Il gruppo possiede un sound esplosivo e una presenza scenica dai contenuti tra il fantasy e l’horror dove il brillante ed incontenibile talento di Freddy, in veste di cantante e polistrumentista, viene fuori in tutta la sua forza creativa e tecnica.

L’album contiene una serie di brani di livello altissimo con melodie indimenticabili che si stampano subito nel cervello, ma non mancano momenti più ricercati ed assolutamente da ascoltare con attenzione, come se si fosse davanti ad una pellicola dalle immagini gotiche con atmosfere da brivido.

Concettualmente i testi descrivono fantasmi in una dimensione ancestrale senza tempo, anime che non muoiono mai e che attraversano il cammino in questa dimensione, dove ognuno porta la propria croce karmica, vivendo l’esperienza di questo pianeta. Questo è il senso filosofico della band, partendo da Freddy che, noto per impersonare il fantasma dell’opera dei DEATH SS, lo troviamo in questo caso in una veste molto più surreale.

Nelle liriche si parla di esperienze varie di vita vissuta in comunicazione con una dimensione non sempre tattile e umana, partendo dall’amore ancestrale per arrivare ai gironi infernali contrapposti al mondo dell’Iperuranio. Tra i temi trattati si parla anche dei resti di precedenti civiltà laddove si devono recuperare i nobili principi, con atmosfere surreali e sovente sinistre che sfociano in sospensioni musicali di un’altra dimensione.

Musica rock, prog, ma anche cosmica, dove le esperienze in questa vita/pianeta/dimensione vengono viste come un passaggio, in quanto tali anime sono immortali.

I fan di OPETH, DREAM THEATER, PINK FLOYD, GHOST ed ovviamente DEATH SS ne andranno pazzi.

Il disco ha anche una LIMITED EDITION in vinile colorato con poster ed adesivo.

Tracklist:

THE CROSS CD
1. Frozen Planets
2. Guardian Angel
3. Inside The Castle
4. The Circles
5. In The Fog
6. The New Order
7. Afterlife
8. In The Forest
9. Liquid Neon
10. Cold Areas
11. The Ancient Monastery

THE CROSS LP
SIDE 1
1. Frozen Planets
2. Guardian Angel
3. Inside The Castle
4. The Circles
5. In The Fog
6. Afterlife
SIDE 2
7. The New Order
8. In The Forest
9. Liquid Neon
10. Cold Areas
11. The Ancient Monastery

FREDDY DELIRIO AND THE PHANTOMS live:

18 Maggio 2019 Torino @ Sbam Fest
25 Maggio 2019 Cassano d’Adda (MI) @ The One Club

Info:
https://www.facebook.com/freddydelirio/

Twelve Back Stones – Becoming

Un ottimo lavoro questo Becoming, duro e melodico, graffiante ed accattivante, a tratti sognante, ma sempre con quell’attitudine on the road che è l’anima di questo immortale genere.

E’ primavera, il momento per alzare la saracinesca del vostro garage, togliere il telo impolverato dal bolide a quattro o due ruote, trattenere il respiro, girare la chiave e stare ad ascoltare il motore che si risveglia dal letargo mentre le prime note di Liar fanno già da colonna sonora a questo inevitabile rito che consumate da anni.

Becoming, secondo full length dei rockers nostrani Twelve, ora Twelve Back Stones vi accompagnerà in quei momenti in cui, lasciato tutto alle spalle, ci si dedica a sé stessi, attimi che durano giornate lungo strade impolverate, mentre On The Road entra di prepotenza in voi, ruvida, graffiante dal refrain irresistibile in puro rock’n’roll style anni ottanta.
Il successore di Lost In Paradise, uscito nel 2015, torna dunque a far parlare del gruppo di Pesaro, che ha cambiato nome ma non attitudine regalando un altro ottimo lavoro incentrato su quel sound che, nel decennio d’oro, con queste sonorità fece la storia del rock.
Capitanati dal singer e compositore Giacomo Magi (Jack Stone), la band continua il suo viaggio nel rock duro, classico ed irresistibile per chi ha amato la scena statunitense di qualche decennio fa, anche se il quintetto non risulta affatto nostalgico, con ispirazioni che attraversano gli anni fino ad entrare nel nuovo millennio, rendendo la musica dei Twelve Back Stones assolutamente attuale.
Non un revival su quanto fosse bella la scena anni ottanta come spesso accade, ma una raccolta di brani hard rock dal buon appeal sia per il fan con qualche anno in più all’anagrafe che per il giovane che, se nel garage non ha l’Harley, chiude gli occhi e dà gas allo scooter, al ritmo delle varie On The Road, Drive Crazy, Take Me Higher e Wild Sun.
Un ottimo lavoro questo Becoming, duro e melodico, graffiante ed accattivante, a tratti sognante, ma sempre con quell’attitudine on the road che è l’anima di questo immortale genere.

Tracklist
1.Liar
2.Black Rose
3.On The Road
4.Whiskey And Flower
5.Drive Crazy
6.Stars
7.Take Me Higher
8.Mother
9.Wild Sun
10.Anytime

Line-up
Giacomo Magi “Jack Stone” – Vocals
Matteo Giommi“Matt” – Guitar
Michele Greganti “Greg” – Guitar & Backing Vocals
Fabrizio Raffaeli “Fabri” – Bass Guitar & Backing Vocals
Fabrizio Ricci “Rixx” – Drums

TWELVE BACK STONES – Facebook

Corroded – Bitter

Un lavoro ben strutturato, pensato per demolire difese nei prossimi live, dalle melodie che si appiccicano addosso e dalla potenza di uno schiacciasassi.

Quinto album, secondo per la Despotz Records, per i rockers svedesi Corroded, quartetto che negli ultimi anni ha avuto modo di mettersi in mostra sui palchi dei maggiori festival tenutisi in patria.

E’ un hard rock moderno, diviso da un esile confine dal modern metal tanto caro in terra statunitense, ciò che compone il sound di questo nuovo lavoro basato su un impatto che come scritto si fa molto più metallico, con chorus di buona presa e solos melodici.
Ma Bitter è stato creato con l’intenzione di non fare prigionieri e sinceramente ci riesce anche bene, con quelle ritmiche che in alcuni casi strizzano l’occhio al metal core, ma pur sempre inserite in un contesto che si potrebbe definire alternative metal.
In questo vario e neanche troppo originale alternarsi di sfumature, la band ne esce con una raccolta di brani potenti, melodici ed in alcuni casi ruffiani il giusto (Burn), che faranno scorrere il sangue alla velocità della luce,
Black è una semi ballad che stempera la tensione, forse troppo, ma si torna a sbattere la capoccia con le ottime Testament e Scream, prima che Destruction con quel suo alternare melodia e potenza si riveli il brano top di Bitter.
Un lavoro ben strutturato, pensato per demolire difese nei prossimi live, dalle melodie che si appiccicano addosso e dalla potenza di uno schiacciasassi.

Tracklist
01.Bitter – INTRO
02.Breathing
03.Cross
04.Burn
05.Black
06.Testament
07.Scream
08.Cyanide
09.Destruction
10.Time
11.Drown
12.War

Line-up
Jens Westin – Vocals, Guitar
Tomas Andersson – Guitar,Backing vocals
Bjarne Elvsgård – Bass
Per Soläng – Drums

CORRODED – Facebook

Red Moon Architect – Kuura

I Red Moon Architect assorbono e rielaborano il meglio della più importante scena funeral del pianeta, quella finnica, e regalano con Kuura un capolavoro destinato a segnare il genere per molto tempo. Da ascoltare più e più volte finché la brina non si scioglierà mescolandosi alle lacrime.

Nella maggior parte dei casi le band che avviano il proprio percorso artistico partendo da basi estreme tendono con il tempo ad aprirsi, sia pure in maniera minima, verso sonorità meno claustrofobiche e più fruibili.

Non che i Red Moon Architect fino ad oggi avessero proposto musica di facile ascolto, ma non c’è dubbio che il loro approdo al funeral doom più tetro e dolente costituisce parzialmente una sorpresa. Se in Return of the Black Butterflies, terzo full length di una discografia fatta di soli grandi album, la band di Saku Moilanen aveva trovato una sorta di mirabile equilibrio tra gothic, death e funeral doom, complice anche l’uso della voce della brava Anni Viljanen, in Kuura l’unica concessione al comparto vocale è il ricorso alle urla strazianti di Ville Rutanen che ben si addicono ad un sound che è pura e magistrale esibizione di sofferenza e disperazione.
La brina (kuura in finlandese, appunto) avvolge e rende impermeabile ad ogni impulso vitale un cuore che sta per arrendersi all’insostenibile pesantezza dell’essere, e gli ultimi ansiti vitali sono rappresentati dalle grida di chi utilizza le residue risorse a disposizione per comunicare al mondo l’orrore e la nausea che hanno avvelenato un’intera esistenza.
Se la prima parte è drammaticamente intensa e soffocante e la seconda è un più breve episodio di ambient rumoristica ed oscura, è nella terza e conclusiva traccia che il sound pare aprirsi ad un malinconico e commovente incedere, punteggiato da un minimale ma emozionante tocco pianistico.
Ovviamente i Red Moon Architect (che ricordiamo essere anche per 4/5 i musicisti che, con la maglia degli Aeonian Sorrow, hanno aiutato Gogo Melone a costruire un magnifico album come Into the Eternity a Moment We Are) non creano qualcosa di inedito ma assorbono e rielaborano il meglio della più importante scena funeral del pianeta, quella finnica, e regalano con Kuura un capolavoro destinato a segnare il genere per molto tempo.
Da ascoltare più e più volte finché la brina non si scioglierà mescolandosi alle lacrime.

Tracklist:
1. I
2. II
3. III

Line-up:
Saku Moilanen – Drums, Keyboards
Jukka Jauhiainen – Bass
Matias Moilanen – Guitars
Ville Rutanen – Vocals
Taneli Jämsä – Guitars

RED MOON ARCHITECT – Facebook

11 Paranoias – Asterismal

Lo stampo musicale degli 11 Paranoias è un magma musicale nel quale ci si perde anche grazie alle deflagrazioni sonore, il loro groove è potentissimo e cattura l’ascoltatore portandolo verso qualcosa di primordiale che ognuno ha dentro di noi.

Gli 11 Paranoias sono un gruppo inglese di sludge e doom che portano il caos dentro la nostra vita, attraverso canzoni che sono degli inni alla pesantezza e alla lisergia, una psichedelia rituale e malata, estremamente affascinante.

Attivi dal 2011, questi inglesi fanno musica allo scopo di aprire canali verso altri mondi e altre dimensioni attraverso rituali in musica molto potenti. Le coordinate musicali sono quelle dello sludge più spinto, con incursioni in territori metal e nella psichedelia più potente. Lo stampo musicale degli 11 Paranoias è un magma musicale nel quale ci si perde anche grazie alle deflagrazioni sonore, il loro groove è potentissimo e cattura l’ascoltatore portandolo verso qualcosa di primordiale che ognuno ha dentro di noi. Il combo britannico è un punto forte del catalogo della Ritual Productions, un’etichetta che fa musica come canale per andare a scoprire altre dimensioni, allontanandosi dalla realtà per conoscerne altre, o anche per farci capire che la nostra non è l’unica. Il disco è molto organico e va sentito nella sequenza della tracklist, per vivere molti momenti intensi e di astrazione totale. Gli 11 Paranoias sono uno dei pochi gruppi davvero rituali nella musica pesante moderna, un altro di questi sono i torinesi Nibiru, anche loro recentemente accasatisi presso la Ritual Productions con un disco di prossima uscita. Asterismal è la manifestazione fisica e concreta di qualcosa di etereo e altro, un discendere attraverso chitarre ribassate per poter spiccare il volo. Tutto ha un fine ben preciso nel loro suono e ogni elemento si fonda con perfezione alchemica agli altri, a partire dalla bellissima copertina dell’inglese Toby Ziegler. Asterismal è anche l’ultima tappa di una trilogia di album che porterà a qualcosa d’altro a breve.

Tracklist
1. Loss Portal
2. Bloodless Crush
3. Vitrified Galaxy
4. Prelude
5. Slow Moon
6. Quantitative Immortalities
7. Chamber of Stars
8. Acoustic Mirror

Line-up
Adam Richardson – bass/vocals
Mike Vest – guitar
Nathan Perrier – drums

11 PARANOIAS – Facebook

Krigere Wolf – Eternal Holocaust

I Krigere Wolf sono un gruppo di amanti del black metal che fa musica per chi apprezza il genere nella sua versione oltranzista, estrema ed ortodossa.

Sesto lavoro per dieci anni di attività per i siciliani Krigere Wolf, alfieri di un ottimo black metal, potente e molto ben suonato, perfettamente aderente al titolo.

I Krigere Wolf sono uno dei migliori gruppi black metal italiani e non solo, hanno un suono maestoso e magniloquente. Cinque pezzi più un tributo ad un gruppo storico per il black metal, i Dissection. I Krigere Wolf sono un gruppo di amanti del black metal che fa musica per chi apprezza il genere nella sua versione oltranzista, estrema ed ortodossa. Non ci sono novità particolari in questo disco, ma ci sono le cose più importanti per un lavoro black metal: compattezza, velocità e cattiveria. Anche la durata sotto la mezz’ora è una scelta azzeccata, non si disperde nulla e tutto è incontrollo. Molto presente nel sound anche la componente più debitrice verso il death metal, soprattutto nelle ritmiche della batteria, suonata dal fondatore e deux ex machina Rick Costantino, che si occupa anche del basso in studio. La formazione a due rende al meglio grazie ad un ottimo affiatamento: nel mare di uscite black metal i Krigere Wolf sono un gruppo che merita di essere ascoltato per la potenza e la cura con cui propone la propria musica. Eternal Holocaust è un massacro dalla prima all’ultima traccia ed evoca atmosfere antiche e molto diverse dalla modernità, dove la pietà è assente, ma questo lo sperimentiamo ogni giorno anche nel nostro tempo. Il black metal che ci propone il duo siciliano pesca tra vari riferimenti, è sempre molto vario e soddisferà in pieno chi ama questa saturazione del proprio spazio sonoro. Il disco verrà pubblicato da un’etichetta polacca, la Lower Silesian Stronghold, fatto che conferma la popolarità e la credibilità che possiedono i Krigere Wolf fuori dai confini nazionali, considerando che sono stati per per anni nel roster della coreana Fallen Angels Productions, arrivando a produrre uno split con i mitici giapponesi Sabbat.

Tracklist
1. Primordial (Intro)
2. Eternal Holocaust
3. Blasphemous Chaos Magnifience
4. Mystic Genocide
5. Vision of Death
6. Night’s Blood (Dissection tribute)

Line-up
Rick Costantino – Drums/Bass/Vocals
Salvo Leonardi – Guitars/Vocals
LIVE SESSION – Salvatore Martino Testa – Drums

KRIGERE WOLF – Facebook

The Alligator Wine – The Flying Carousel

Un esperimento in parte riuscito ma che va rivalutato ovviamente su un minutaggio più probante.

Sono tre i brani con in quali i The Alligator Wine provano a convincerci che la loro proposta, oltre ad essere originale, è anche valida.

Le tre canzoni dai tratti rock/pop vintage sono suonati con tastiere, batteria, amenità elettroniche e senza uso di basso e soprattutto chitarra, una scelta coraggiosa considerando che il genere viene riprodotto senza due strumenti primari.
La Century Media ci ha creduto e li ha messi sotto contratto, loro non hanno tradito le attese e regalano brani davvero interessanti, dove gli strumenti elettronici creano atmosfere dal taglio pop, per poi virare su di un rock a metà strada tra la tradizione settantiana e quella del decennio successivo, anche se a mio avviso il meglio è tutto racchiuso nella conclusiva Reptile, episodio psichedelico che prende le distanza dalle facili melodie da balera rock delle prime due tracce (la title track e Dream Eyed Little Girl) per sette minuti tra la liquida follia compositiva dei più psichedelici The Doors ed il freddo ed alternativo sound elettronico degli svizzeri The Young Gods.
Un esperimento in parte riuscito ma che va rivalutato ovviamente su un minutaggio più probante.

Tracklist
01. The Flying Carousel
02. Dream Eyed Little Girl
03. Reptile

Line-up
Thomas Teufel – Drums, Vocals & Percussion
Rob Vitacca – Vocals, Organ & Synthesizer

THE ALLIGATOR WINE – Facebook

Eris Pluvia – Tales From Another Time

Un album delicato, a tratti introspettivo, ma in grado di tenere alta l’attenzione di chi ascolta con soluzioni improvvise, cambi di umore e colori che sono la carta vincente di questi sei nuovi brani creati dagli Eris Pluvia.

Tornano con un nuovo lavoro i genovesi Eris Pluvia, band da considerarsi storica nel panorama del rock progressivo nazionale.

Rings of Earthly Light, album licenziato nel lontano 1991, è considerato un passo fondamentale nel ritorno in auge del genere, in anni in cui l’interesse degli ascoltatori era spostato verso differenti sonorità, ma per trovarne il successore, complice anche la prematura scomparsa del tastierista Paolo Raciti, si sono dovuti attendere quasi vent’anni (Third Eye Light, 2010), mentre del più recente Different Earths, uscito nel 2016, ne avevamo già parlato sulle pagine di Metaleyes.
Questa volta non abbiamo dovuto aspettare troppo tempo per un nuovo album targato Eris Pluvia e Tales From Another Time torna a far parlare del gruppo ligure e del suo progressive rock di gran classe.
Un’ora di musica divisa in sei capitoli, un album che si presenta come le classiche opere degli anni settanta, eppure tra le trame della musiva di Tales From Another Time ci si perde tra tradizione e soluzioni moderne, un mix di musica progressiva classica, new prog inglese ed ispirazioni che riflettono la voglia del gruppo di sperimentare nuove soluzioni, più vicine a quanto si ascolta in questi primi anni del nuovo millennio.
Ne esce un sunto elegante e raffinato di quello che in gran parte abbiamo ascoltato in tanti anni di progressive rock, con la band che non ha paura di sperimentare rimanendo legata alle sue influenze primarie, dai Pink Floyd a Genesis e Camel fino ai Porcupine Tree.
Bellissime le tre suite, La Chanson de Jeanne, The Call of Cthulhu e la conclusiva The Hum, ma è comunque tutto Tales From Another Time che funziona al meglio, regalando all’ascoltatore momenti di rock progressivo di qualità.
Un album delicato, a tratti introspettivo, ma in grado di tenere alta l’attenzione di chi ascolta con soluzioni improvvise, cambi di umore e colori che sono la carta vincente di questi sei nuovi brani creati dagli Eris Pluvia.

Tracklist
1. When Love Dies
2. Lost in the Sands of Time
3. La Chanson de Jeanne (Pt’s 1-3)
4. The Call of Cthulhu (Pt’s 1-3)
5. Last Train to Atlanta
6. The Hum (Pt’s 1-5)

Line-up
Alessandro Cavatorti – guitars & words
Marco Forella – bass, piano, programming keyboards & drums
Roberto Minniti – vocals
Roberta Pitas – flute

Ludovica Strizoli – vocals

ERIS PLUVIA – Facebook

LITHIO

Il video di Il Grande Inganno, dall’album Shibuya di prossima uscita (Bagana Records/Pirames International Distribution).

Il video di Il Grande Inganno, dall’album Shibuya di prossima uscita (Bagana Records/Pirames International Distribution).

Da oggi è disponibile in digital download e su tutte le piattaforme streaming Il Grande Inganno (Bagana Records/Pirames International Distribution), il primo singolo della rock band Lithio, tratto dal nuovo album “Shibuya” in uscita nei prossimi mesi. https://Pirames.lnk.to/IlGrandeInganno

Il Grande Inganno è una riflessione introspettiva che il frontman, nonché autore dei testi Daniele Scardina, esterna in un toccante messaggio sulla vita, un viaggio mendace senza manuali d’istruzione, senza preavvisi, in cui tutto può improvvisamente diventare difficile e addirittura insopportabile, in un’altalena incontrollabile di connessioni con tutti gli altri.

Non sempre quello che succede ha una ragione. Succede e basta. Nessuno ti dice come devi vivere e nessuno può giudicare le tue scelte. Una persona molto importante della mia vita mi disse che vivere è una scelta. Aveva ragione. Il grande inganno…Vivere è una scelta.

Il testo del singolo Il Grande Inganno è stato scritto da Daniele Scardina, composto e arrangiato nelle musiche dallo stesso Scardina, assieme a Leonardo Mitidieri, Davide Sestaioni e Frank Altare. Con la produzione artistica di Frank Altare, il singolo è stato registrato e mixato dallo stesso producer presso 33 Mhz Studio di Trezzo Sull’Adda (MI), masterizzato presso Elephant Studio di Roma da Riccardo Parenti e Enrico Scutti. Il video è stato girato a Tokyo in Giappone, dove il cantante ha trascorso diverso tempo nonché scritto la maggior parte del nuovo album, da Simone Ferrini (che ne ha curato anche il montaggio), Simone Salvatore e Filippo Cerri.

La band sarà presto impegnata dal vivo per una data unica a Firenze, nella quale presenteranno il nuovo brano assieme a qualche novità, per poi andare in Russia per diverse date esclusive a fine maggio:

20.04 Circus Club, Firenze
17.05 Tambov, Molotov Bar – Russia
18.05 Balakovo, Lucky Pub – Russia
19.05 Ulyanovsk, Record Pub – Russia
21.05 Sterlitomak, Artel – Russia
22.05 Izhevsk, Bez B – Russia
23.05 Glazov, Hard Machine – Russia
24.05 Cheboksary, SK Bar – Russia
25.05 Nizhiny Novgorod, Rock and road – Russia

I Lithio sono: Daniele Scardina (Voce), Leonardo Mitidieri (Batteria), Michele Colantuoni (Basso) e Marco Melillo (Chitarra).

www.facebook.com/lithioland

www.instagram.com/lithio_official

BIOGRAFIA
Certe volte basta poco per iniziare un sogno, una chitarra e un registratore Philips degli anni 80. Così nasce una nuova vita fatta di parole e accordi, così nascono i Lithio.
Daniele Scardina forma nel 2002 la band, in pieno stile grunge. La band suona in numerossimi live, da citare la presenza nella bill degli I-Days Festival 2017 con artisti quali Linkin Park, Sum 41 e Blink 182, al Summer Festival di Lucca e in apertura di artisti tra cui i Linea 77, Giusy Ferreri, Emma Marrone e Anggun. Nel 2009 esce il primo disco dal titolo “Stato d’Anime”, che porta la band al primo tour ufficiale in tutta Italia. Nel 2012 esce “Le Verità Nascoste”, concept album che fa conoscere al grande pubblico la qualità compositiva della band. Il disco porta alla vittoria di numerosi concorsi tra cui la Battle of The Band 2012 promossa da Virgin Radio.
Il 6 febbraio 2016, anticipato dal singolo #IoNo, esce “Lithioland”, terza fatica della band, ne segue un tour di oltre 50 date, tra cui uno show in apertura a Eugenio Finardi e gli iDays a Milano già sopracitati.
Nel 2017 arriva la prima tournée estera per i Lithio che li porta in Russia con 10 date, e nello stesso anno decidono di effettuare una grossa evoluzione nella composizione. Gran parte del nuovo lavoro viene scritto in Giappone e verrà influenzato dall’elettronica. Nel 2019 uscirà il nuovo lavoro discografico, “Shibuya”.

MEPHORASH – SHEM HA MEPHORASH

Quarta chiamata per il gruppo svedese di Uppsala. Un album splendido, complesso ed antico, ordito su trame di profonde e remote atmosferiche note, almeno tanto quanto la Cabala Ebraica, qui tematica prevalente delle loro liriche.

Misteriosamente malvagi, malignamente arcani, anticamente occulti: queste tre definizioni rendono l’idea di quanto siano e di quanto ci propongano gli svedesi Mephorash.

La band di Uppsala non può che rendere felici tutti i fan del Black Metal più tetro ed oscuro. Atmosfere nere come l’antro di Satana e rosse come il fuoco avernale, sublimano i nostri padiglioni auricolari, immergendoci in un mare di cupo ed arcaico misticismo ebraico. Sì, perché le tematiche affrontate dai Nostri, ruotano pressoché tutte attorno agli aspetti più tetri ed antichi della religione ebraica. Shem ha-Mephorash, d’altro canto, non è altro che il Tetragramma (o Tetragrammaton), ossia la sequenza delle quattro lettere che compongono “il nome impronunciabile di Dio” (YHWH, dall’ebraico, lingua che non prevede in scrittura le vocali; ossia : yod, he, waw, he, anche se la vera pronuncia è nota solo ai rabbini iniziati) e presente nella Cabala, propria dell’esoterismo ebraico. Riferimenti alle forze del male, ossia gli aspetti più impuri di tutto il misticismo della religione rabbinica, pregnano i testi di tutta la loro produzione (questo è il loro quarto full-length che, insieme a due ep e ad uno split con gli statunitensi Ashencult, ne rappresentano tutta la carriera dal 2010 sino ad oggi), e ci vengono “raccontati” egregiamente, grazie ad uno stile molto personale di interpretare il Black Metal. Qui ci potremmo sicuramente accostare ai greci Rotting Christ ed Acherontas o ai polacchi Behemoth, almeno per quanto riguarda, sia l’attitudine alla teatralità e alla maestosità degli ingressi di ogni traccia, che alla conduzione dei momenti musicali, sempre imperiosa, maestosa ma anche tragicamente solenne. Forse però, a differenza delle (super) band citate, nei Mephorash si percepisce in ogni singola nota, una misteriosità antica, remota, che rimanda ad ere così lontane nel tempo, che le memorie non riescono a rimembrare, o che forse, non desiderano farlo, tale è la pregnanza di occulti misteri, arcani enigmi e malvagi ed innominabili segreti.
L’utilizzo pressoché perfetto dei synth, accompagnato da stigi arpeggi e, talvolta, da femminili soavi – ma al contempo dolorosi – vocalizzi, creano attorno ad un Black Metal più “mediterraneo” che “scandinavo”, splendide atmosfere che contribuiscono ad affrescare la tavola, ove i colori più vivaci risultano essere il grigio ed il nero. Ascoltare brani come King of Kings, Lord of Lords, Epitome II: The Amrita of Vile Shapes e la stessa title-track (15 minuti di assoluta delizia musicale), possibilmente con testi alla mano, appagano i nostri più reconditi desideri di sapere e di conoscere, quanto di più occulto e misterioso, l’antica religione, ci può raccontare.
Strutturalmente si parla sempre di Black Metal, intendiamoci, ma arricchito qui da favolosi influssi Death che adornano di scale musicali tutta la loro composizione (come per i citati polacchi), e si accompagnano ad un double scream (quello di Mashkelah M’Ralaa e di N. Tengner) che duetta magicamente, senza mai essere troppo legato ad un genere o all’altro; sempre in bilico, come talvolta accade tra Tolis ed Ace (Rotting Christ) o tra Nergal e Orion (Behemoth), ma qui impostato come vero e proprio matrimonio, ove vige parità di diritti, e non come un semplice fidanzamento tra main e backing vocals.
Ascoltare Shem Ha Mephorash infine, significa rimanere racchiusi nei gusci e negli involucri (dall’ebraico Qliphoth, nella tradizione cabalistica, le forze del male, che nel grimorio “Black Magic Evocation of the Shem ha Mephorash” rappresentano i quattro anti-mondi che si contrappongono ai quattro mondi elementari della Cabala Ebraica, ossia : Atziluth, Beri’ah, Yetzirah e Assiah), di sonorità profondamente antiche, che proiettano l’immaginario dell’ascoltatore più attento e più sensibile, in un reame (musicale) quasi metafisico, qui raccontatoci non dallo Sefer Yetzirah, bensì attraverso sublimi note musicali e dall’immensa complessità delle liriche di cinque ragazzi svedesi!

Tracklist
1. King of Kings, Lord of Lords
2. Chant of Golgotha
3. Epitome I: Bottomless Infinite
4. Sanguinem
5. Epitome II: The Amrita of Vile Shapes
6. Relics of Elohim
7. 777: Third Woe
8. Shem Ha Mephorash

Line-up
Mishbar Bovmeph – Guitars (lead), Vocals (backing), Bass
Ayram Etaumiel – Guitars (rhythm), Bass
Mashkelah M’Ralaa – Vocals
Tephra Brabeion -Drums, Percussion
N. Tengner – Vocals

MEPHORASH – Facebook

BANCO DEL MUTUO SOCCORSO

Il video di “L’assalto dei lupi”, dall’album “Transiberiana” in uscita a maggio (Inside Out Music/Sony Music).

Il video di “L’assalto dei lupi”, dall’album “Transiberiana” in uscita a maggio (Inside Out Music/Sony Music).

Il BANCO DEL MUTUO SOCCORSO ha recentemente annunciato la release del nuovo album “Transiberiana”, previsto in uscita su Inside Out Music / Sony Music group il 10 maggio 2019.

Dopo il grande entusiasmo con cui il pubblico ha accolto “I ruderi del gulag”, primo singolo estratto dal nuovo album, la band è lieta di presentare un nuovo singolo. “L’assalto dei lupi” è il racconto dei vaggiatori che, scesi dal treno nella tundra, per andare a cercare aiuto, vengono circondati e assaliti dai lupi. Disponibile il video a questo link.

“L’assalto dei lupi” è stato composto da Vittorio Nocenzi insieme al figlio Michelangelo Nocenzi, suo vero e proprio alter ego musicale, e il testo è stato scritto dallo stesso Nocenzi insieme a Paolo Logli, scrittore e sceneggiatore molto vicino al Banco sin dagli anni ‘70. E’ un brano che riporta la band ad alcune delle tematiche del loro album concept “Come in un’ultima cena” (“Slogan”, “Il ragno” ecc.).

Commenta così Vittorio Nocenzi: “Il testo de “L’assalto dei lupi” esprime la ‘ferocia’ del branco, cioè la viltà di quegli individui che si fanno forza con la forza degli altri per scagliarsi contro chi è diverso da loro. I mediocri che sono gelosi delle eccellenze’, gli invidiosi, gli intolleranti, i violenti in generale. La poliritmia dell’arrangiamento scava un ritmo generale incalzante e ansioso fino al parossismo.”

Ricordiamo inoltre la tracklist di “Transiberiana”:

1. Stelle sulla terra (6:06)
2. L’imprevisto (3:29)
3. La discesa dal treno (6:16)
4. L’assalto dei lupi (5:35)
5. Campi di Fragole (3:36)
6. Lo sciamano (4:01)
7. Eterna Transiberiana (6:20)
8. I ruderi del gulag (6:06)
9. Lasciando alle spalle (1:47)
10. Il grande bianco (6:33)
11. Oceano: Strade di sale (3:39)

Disponibile il commento di Vittorio Nocenzi, leader del Banco, in merito al sign con Inside Out Music: “Sono entusiasta di poter collaborare con Inside Out dopo aver lavorato così duramente sul nuovo album. Mi riempie di gioia e soddisfazione dato che sono stato davvero ispirato sin dall’inizio! Per troppi anni, la band si è dedicata solo alle esibizioni dal vivo, era ora che tornassimo a comporre, suonare e produrre nuovo materiale! Scegliendo il concetto di “Transiberiana” per questo nuovo lavoro, vorrei sottolineare due aspetti principali: in primo luogo la nuova formazione del Banco composta da grandi musicisti e grandi persone; in secondo luogo, la presenza dei miei due figli nel progetto, Michelangelo ha collaborato alla stesura dell’album e Mario Valerio si è occupato della strategia di marketing e comunicazione ad esso correlata. Questi due elementi sono stati i migliori doni che potessi mai avere! E questa è una motivazione in più, se mai è necessario, per fare del mio meglio e per raggiungere gli obiettivi del Banco. Posso solo augurare ai fan di godere di questo incredibile progetto, e non vedo l’ora di vederli dal vivo quando andremo a suonare l’album assieme ai brani classici del Banco in tutto il mondo, con Filippo Marcheggiani (chitarra solista), Nicola Di Già (chitarra ritmica), Fabio Moresco (batteria), Marco Capozi (basso), il nostro cantante Tony D’Alessio e io!”

L’ultimo album del Banco del Mutuo Soccorso “13” risale al 1994. Dopo tutti questi anni e dopo la perdita di due membri fondatori il Banco è tornato per confermare la propria importanza nel panorama progressive internazionale.

Il Banco del Mutuo Soccorso è nato a Roma nel 1969. “Transiberiana” non è solo il nuovo album del Banco del Mutuo Soccorso ma il riflesso di tutta la carriera e di ciò che è la band al giorno d’oggi.

Il BANCO DEL MUTUO SOCCORSO è:
Vittorio Nocenzi (piano, tastiera e voce)
Filippo Marcheggiani (chitarra)
Nicola Di Già (chitarra ritmica)
Marco Capozi (basso)
Fabio Moresco (batteria)
Tony D’Alessio (voce)