Thanatos – Thanatos

Thanatos è un altro di quei lavori prodotti ad uso e consumo dei fans dello shredder o per musicisti, per noi comuni mortali rimane purtroppo ben poco se non qualche buono spunto estremo in cui la voce è protagonista come la musica.

Thanatos è il progetto solista del polistrumentista e shredder canadese Ian Waye e trova il suo primo sfogo musicale in questo ep omonimo di quattro tracce, per una mezz’oretta di travolgente technical death metal assolutamente mostruoso e ricco di virtuosismi.

Waye è un musicista straordinario, il suo obiettivo è rivolto al costante miglioramento della tecnica strumentale ma, per trovare la perfezione, lascia per strada qualcosa in termini compositivi.
L’album non è strumentale come si potrebbe pensare, perché un growl accompagna le scale difficilissime e gli articolati solos, ed è diviso in quattro brani nati da idee vecchie anche di sei anni, ora tramutate in metal estremo dalla tecnica altisonante.
Thanatos è un altro di quei lavori prodotti ad uso e consumo dei fans dello shredder o per musicisti, per noi comuni mortali rimane purtroppo ben poco se non qualche buono spunto estremo in cui la voce è protagonista come la musica.
Thanatos-Prelude To The Heretic e la conclusiva Shores Of Six sono i brani migliori di un lavoro da annoverare tra le opere rivolte ai fanatici della tecnica strumentale.

Tracklist
1. Call of the Hellenistic Progeni
2. Among the Throes of Annihilation (ft. guest soloe by Gottfrid Norberg Waxin (Deathbreed))
3. Prelude To The Heretic (ft. guest guitar solo by Chris Feener (Burnt Hill, Qyn, ex-Threat Signal))
4. Shores of Styx

Line-up
Ian Wayne – Guitars

THANATOS – Facebook

Ferris Mc – Wahrscheinlich Nie Wieder Vielleicht

Ferris Mc confeziona un ottimo disco crossover, mischiando hip hop, punk, hardcore ed elettronica, il tutto in maniera orecchiabile ma con testi abrasivi, ironici e fuori dal comune.

Munitevi di traduttore, ancora meglio se sapete il tedesco, perché vale davvero la pena di capire i testi del disco di Ferris Mc, con un nuovo lavoro solista fuori dai Mongo Clikke, un collettivo hip hop che ha fatto scuola nella florida scena rap di lingua tedesca.

Ferris Mc confeziona un ottimo disco crossover, mischiando hip hop, punk, hardcore ed elettronica, il tutto in maniera orecchiabile ma con testi abrasivi, ironici e fuori dal comune. Per questo suo nuovo disco solista Ferris Mc è tornato alle origini, ripescando nella tradizione punk hc tedesca, con riferimenti ai Die Toten Hosen, Die Artze, e anche anglosassone come Exploited e Ramones. La decisione di fare cose diverse rispetto all’hip hop nasce dalla considerazione che con quel genere Ferris ha raggiunto la saturazione e quindi non riuscirebbe più a proporre cose interessanti come in questo disco in cui ripesca dal passato per proiettarsi nel futuro. Il lavoro è molto piacevole, con melodie gradevoli che sono alla base di ritornelli che rimangono impressi nella mente, tutto è al suo posto. Wahrscheinlich Nie Wieder Vielleicht è un disco che parla delle contraddizioni che sono nella nostra società, facendolo con una maturità assai rara, e soprattutto della Germania come in un pezzo come Fuer Deutschland Reicht’s, che analizza la pericolosa voglia di sovranismo in voga in Germania come altrove. Il disco è molto fresco, ben prodotto e ha la caratteristica molto importante di parlare ai giovani in maniera molto particolare, con una musica che piacerà a pubblici diversi, perché ha molte soluzioni sonore diverse. Molto importante è anche la questione del titolo, che significa Probabilmente Mai Più: anni fa si sarebbe detto solo “Mai Più”, e sappiamo tutti cosa non si vorrebbe accadesse mai più in Germania e non solo, ma visto come sta andando in tutto il mondo oggi si deve aggiungere il “probabilmente” e questo non è affatto una bel segnale. Un disco musicalmente molto potente e piacevole, con una marcia in più nei testi.

Tracklist
01. Allianz Der Außenseiter
02. Wahrscheinlich Nie Wieder Vielleicht
03. Was Ist Aus Mir Geworden
04. Die Normalen
05. Für Deutschland Reicht’s
06. Shitstorm
07. Der Teufel Tanzt weiter
08. Scherben Bringen Glück
09. Krank
10. Mein Herz Hat ‘Ne Knarre
11. Amok Amok Amok
12. Niemandsland
13. Friedhof Der Kuscheltiere
14. Fake News

FERRIS MC – Facebook

Dayslived – Flectar

Flectar è una raccolta di musica tutta da ascoltare, progressiva, metallica, a tratti intrisa di poesia come nella migliore tradizione del genere, scaraventando in un angolo la tecnica per esaltare l’ascoltatore con canzoni emozionanti.

Nella scena progressive metal italiana le sorprese sono sempre dietro l’angolo e a noi divoratori di musica non rimane che archiviare a distanza di pochissimo tempo splendide opere provenienti da ogni angolo del nostro troppe volte bistrattato (e non solo parlando di musica) stivale.

Una premessa doverosa, scaturita dopo l’ascolto di Flectar, nuovo album dei torinesi Dayslived, band nata nel 2010 con un album di debutto licenziato nel 2015 (The Black Mouse) e un ep live uscito un apio d’anni fa (Reborn & Lived).
Lanciato sul mercato dalla Rockshots, il nuovo lavoro del quintetto è stato prodotto con la collaborazione di Marco Strega dei magnifici Materdea, mentre per il mastering la band si è affidata a Tony Lindgren nei Fascination Street Studios.
Con queste premesse Flectar non poteva certamente deludere, ed infatti l’album, con i suoi dieci brani, esplora l’universo progressivo partendo dagli anni settanta per arrivare ai giorni nostri, un viaggio musicale affascinante che convincerà anche i più conservatori tra gli amanti dei suoni progressivi.
Preso per mano dalla notevole interpretazione della vocalist Monik Fennelles, davvero personale e molto interpretativa, il sound del gruppo si nutre di tradizione e modernità, alternando ispirazioni che vanno dal prog rock degli Yes, fino a solcare lidi metallici di scuola Dream Theater e persino pulsioni elettroniche, strada che il progressive moderno sta attraversando grazie alle opere di Leprous e Haken.
Ne esce ovviamente una raccolta di musica tutta da ascoltare, progressiva, metallica, a tratti intrisa di poesia come nella migliore tradizione del genere, scaraventando in un angolo la tecnica per esaltare l’ascoltatore con canzoni emozionanti come il singolo Along Your Miles, Triora, Behind My Skin e la conclusiva Mater Musica, brano che in dieci minuti riassume l’intero concept musicale di Flectar, gioiello progressivo da non perdere per alcun motivo
.
Tracklist
01.Another Start
02.Flectar
03.Along Your Miles
04.Triora
05.My Angel Said
06.Touching The Clouds
07.Their Violent Game
08.Dark Exile
09.Behind My Skin
10.Non Frangar
11.Mater Musica

Line-up
Monik Fennelles – Vocals
Marco Allemandi – Guitars
Matteo Sabetta – Piano & Keyboards
Thor Jorgen Aesir – Bass
Gaetano Pira – Drums

DAYSLIVED – Facebook

Crepitation / Fetor – Onset of Horrendosity

Onset of Horrendosity ci presenta due realtà dell’underground estremo che rimangono ad uso e consumo dei fans più accaniti delle sonorità descritte.

La Deformeathing Production licenzia questo split in formato 7” ep/mcd dove per pochi minuti veniamo catapultati nel mondo splatter/gore del brutal death metal suonato dai polacchi Fetor e dai britannici Crepitation.

Un paio di brani sono a disposizione dei Fetor, quartetto attivo in quel di Varsavia da cinque anni e con un full length alle spalle intitolato Abandoned Hope, uscito nel 2016, uno split ed un live.
Brutal death metal tradizionale è quello che ci propone il gruppo, con lo stesso brano (Killing Her Softly) presentato nella versione classica ed in quella live, dimensione più consona al metal estremo dei polacchi.
I britannici Crepitation arrivano da Manchester, suonano devastante brutal/grindcore dal 2005 e hanno una discografia colma di split e demo ma con un solo lavoro sulla lunga distanza, The Violence of the Slams uscito nel 2015.
Più vicino al grind dei compagni di split, il gruppo di Manchester presenta tre brani nei quali grugniti animaleschi, ritmiche velocissime e mid tempo grondanti sangue formano un sound estremo di notevole impatto, ma nulla più.
Onset of Horrendosity ci presenta due realtà dell’underground estremo che rimangono ad uso e consumo dei fans più accaniti delle sonorità descritte.

Tracklist
1.Fetor – Killing Her Softly
2.Fetor – Killing Her Softly (live in Chorzów 2018)
3.Crepitation – Archaeological Clacker Valve Array
4.Crepitation – Perpetrators of Pre-Pubescent Porta-Potty Poo Pipe Punishment
5.Crepitation – Antiques Chodeshow

Line-up
Fetor:
Jacek Gut – Drums
Jakub Ryt – Guitars, Bass
Ojciec – Vocals
Bishop – Bass

Crepitation:
Mark Pearce – Vocals
Joe Mortimer – Bass
Joe Mawdsley – Drums
Chris Butterworth – Vocals
Trippy Pijin – Drums

FETOR – Facebook

CREPITATION – Facebook

Enisum – Moth’s Illusion

Ci sono momenti di estrema commozione in questo disco, e a volte si ha persino l’ansia che questa musica scompaia all’improvviso, per quanto è bella.

Torna uno dei gruppi più significativi del black metal italiano e non solo, fautore di un black metal che trasporta lontano.

Strettamente legati alla natura e alla loro terra, la Val Di Susa, gli Enisum hanno sviluppato negli anni una poetica musicale unica ed immediatamente riconoscibile, partendo dal black metal per andare ben oltre, e questo ultimo disco è una pietra miliare della loro discografia, combinando insieme diversi elementi e portandoli ad un livello superiore. Nella musica di questo gruppo, che in un tempo relativamente breve ha saputo entrare nei cuori di molte persone, c’è una spiritualità che nasce anche dal fondere insieme vari generi e varie istanze. Il black metal, più che un genere, qui è un punto di partenza ed un sentimento dell’animo umano, una narrazione possibile. Partendo dal nero metallo gli Enisum trovano molte soluzioni sonore, e Moth’s Illusion è la sublimazione di un suono bellissimo e di un sentire e vedere la vita in un modo diverso. Il gruppo ci parla per immagini, costruendole come in un film e facendoci immergere nella nostra vera natura. Moth’s Illusion ha molti significati, ma il principale è forse quello di fermarsi e di ascoltare un battito che non nasce dal silicio, un respiro che viene dalla terra e dal quale siamo usciti anche noi, perché alla fine questo è un capolavoro folk, per quanto è vicino alla natura e al nostro cuore. Da tempo è in atto una guerra dentro noi stessi, nel tentativo di combattere la frattura che ci sta spaccando l’anima, smarriti i fra i vecchi dei che stanno perdendo terreno rispetto ai nuovi che vengono fuori da bytes e da tubi sotto l’oceano, facilitatori di una realtà fallace. Moth’s Illusion è un ritorno a ciò che potrebbe essere se fossimo più aderenti a quello che siamo sempre stati. Ci sono momenti di estrema commozione in questo disco, e a volte si ha persino l’ansia che questa musica scompaia all’improvviso, per quanto è bella. Rispetto agli altri lavori del gruppo si accentuano gli aspetti più melodici e al contempo epici del sound, bisogna però dire che, come per ogni album degli Enisum, la situazione è sempre diversa. E’ difficile ed insieme magnifico parlare di un disco così, che fa piangere e pensare, commuovere e lottare, e che è da sentire dall’inizio alla fine.

Tracklist
1.Cotard
2.Anesthetized Emotions
3.Where Souls Dissolve
4.Afframont
5.Moth’s Illusion
6.Last Wolf
7.Ballad of Musinè
8.Coldness
9.Petrichor
10.A Forest Refuge
11.Lost Again Without your Pain
12.Burned Valley

Line-up
Lys-guitars,vocal
Leynir-bass
Dead Soul-drum
Epheliin-female vocal

ENISUM – Facebook

Ars Onirica – I: Cold

E’ solo con l’opportuno approfondimento del contenuto di I: Cold che si può cogliere appieno il valore di questa magnifica prima opera su lunga distanza degli Ars Onirica, altra band che si aggiunge ad una scena italiana contigua al doom che sembra trovare ultimamente grande slancio e nuovi protagonisti.

Dopo una fugace apparizione all’inizio del secolo con l’interessante demo Utopia: A Winternight’s Traveller, arriva finalmente il primo lavoro su lunga distanza degli Ars Onirica, progetto solista di Alessandro Sforza, motore anche degli ottimi Invernoir.

I: Cold è un’opera che coniuga in maniera magistrale gli insegnamenti del melodic black/doom scandinavo e di quello italiano, per il quale l’inevitabile punto di riferimento sono i Forgotten Tomb.
Se i richiami alla storica band piacentina sono a tratti abbastanza evidenti, va detto che il tutto avviene tramite una rielaborazione quanto mai fresca ed efficace in ogni sua parte, con il risultato di mettere sul piatto una serie di brani trascinanti ed intensi grazie alla dote, certo non comune, di rendere particolarmente fruibile un sound che comunque affonda le proprie radici in ambito estremo.
L’album, in effetti, non è per nulla monolitico o scontato nel suo snodarsi, perché il musicista romano non rinuncia all’inserimento di rallentamenti di matrice puramente doom, così come di passaggi più rarefatti o acustici che hanno il pregio di non spezzare mai la tensione.
Se, poi, la buona immediatezza dei brani può suggerire una relativa profondità del lavoro, in realtà i ripetuti ascolti non ne attenuano l’impatto e si rivelano, anzi, necessari per apprezzare i frequenti cambi di ritmo e di scenario.
E’ così quindi che canzoni come In Between e Dust si ergono a probabili cavalli di battaglia in sede live, grazie ad un impatto ritmico travolgente, mentre i due brani centrali La Nave e In Gloom esibiscono diverse sfaccettature stilistiche che vanno da richiami agli imprescindibili Katatonia fino a spingersi nei pressi di un post black a tratti sognante, ma sempre e comunque intriso di un consistente impatto emotivo; Cold… è, invece, un breve e suggestivo episodio ambient che risulta l’ideale introduzione della già citata e dirompente Dust.
Un discorso a parte merita la magnifica traccia conclusiva The Loss, quello che può essere definito a buon titolo il brano dai tratti più doom incluso nell’album: anche qui Sforza dimostra la propria dimestichezza con tutti i lati più oscuri del metal esibendo sonorità più malinconiche e dolenti.
Anche se a un ascolto distratto potrebbero spiccare nell’immediato i riferimenti alle band di spessore già citate, è solo con l’opportuno approfondimento del contenuto di I: Cold che si può cogliere appieno il valore di questa magnifica prima opera su lunga distanza degli Ars Onirica, altra band che si aggiunge ad una scena italiana contigua al doom che sembra trovare ultimamente grande slancio e nuovi protagonisti.

Tracklist:
1 Intro
2 In Between
3 La Nave
4 In Gloom
5 Cold… (Return To Nowhere)
6 Dust
7 The Loss

Line-up:
Alessandro Sforza

ARS ONIRICA – Facebook

Granshaw – Bloody Hands, Clear Conscience

Bloody Hands, Clear Conscience è un ep di cinque rocciosi brani con cui la band costruisce muri metallici debordanti: tutto nella proposta dei Granshaw è esagerato, forse troppo, lasciando all’ascoltatore la sensazione di un gruppo che punta essenzialmente sull’impatto.

Notevoli picchiatori questi Granshaw, quartetto del Kentucky che per propria definizione suona brutal metal.

In effetti, la proposta del gruppo statunitense è carica di attitudine violenta, sfogata con un sound che si avvicina al thrash/groove dei Pantera, senza le magie del compianto Dimebag Darrell alla chitarra, ma con un cantante che con il suo urlo animalesco e sguaiato mette in fila più di un aspirante nuovo Phil Anselmo.
Bloody Hands, Clear Conscience è un ep di cinque rocciosi brani con cui la band costruisce muri metallici debordanti: tutto nella proposta dei Granshaw è esagerato, forse troppo, lasciando all’ascoltatore la sensazione di un gruppo che punta essenzialmente sull’impatto.
L’opener Force Fed Violence ben si presta come esempio del sound proposto dal gruppo, ricca com’è di groove, chitarre piene e voce che sbraita rabbiosa, il problema è che la formula rimane pressoché inalterata fino alla fine, non riuscendo a coinvolgere più di tanto.
Diventa quindi difficile digerire un futuro full length, magari con il doppio del minutaggio di Bloody Hands, Clear Violence, se non si è davvero predisposti per questo tipo di sonorità.

Tracklist
1.Force Fed Violence
2.The Reckoning
3.White Knuckle Apocalypse
4.Killing Epidemic
5.Raise My Glass In Hell

Line-up
Bo White – Vocals
Travis Furlong – Drums
Josh Puckett – Bass
Corey Arnold – Guitars

GRANSHAW – Facebook

Nightrage – Wolf To Man

Wolf To Man in poche parole è un album bellissimo con il quale i fans del genere possono crogiolarsi in barba alle sperimentazioni di casa In Flames, influenza di primaria importanza nella musica del gruppo greco.

Vent’anni e non sentirli in tutti i sensi, i Nightrage, gruppo greco ma che ha tutto per essere considerato svedese (a parte il passaporto), torna con l’ottavo album in carriera che non cambia le carte in tavola, rimane legato indissolubilmente al death metal melodico di metà anni novanta, assolutamente derivativo ma altresì spettacolare per quanto riguarda il songwriting.

Wolf To Man in poche parole è un album bellissimo con il quale i fans del genere possono crogiolarsi in barba alle sperimentazioni di casa In Flames, band di primaria importanza nella musica del gruppo greco.
Inutile girarci intorno, i primi album del gruppo svedese sono stati e sono ancora il vangelo per la band di Marios Iliopoulos, autrice di una serie di album assolutamente perfetti, ma condizionati dall’assoluta devozione per il Gothenburg sound.
Per molti sarà un difetto, ma va dato atto ai Nightrage un talento melodico sopra la media che gli permette di sfornare una serie di brani che convincono per furia estrema, refrain irresistibili e cascate di note che travolgono senza trovare ostacoli.
La produzione al top permette di godere di tutti i dettagli che vanno a formare un’opera estrema avvincente, con i brani che uno dopo l’altro sono micidiali uno-due di stampo melodic death.
E’ quindi ottimo il ritorno per i Nightrage, con un album che si colloca tranquillamente tra gli ultimi Soilwork e Children Of Bodom, risultando sicuramente tra tutti il più classico, parlando di death metal melodico.

Tracklist
1.Starless Night
2.Wolf to Man
3.Embrace the Nightrage
4.Desensitized
5.God Forbid
6.By Darkness Drawn
7.The Damned
8.Arm Aim Kill
9.Gemini
10.Disconnecting the Dots
11.Escape Route Insertion
12.Lytrosis

Line-up
Marios Iliopoulos – Guitars
Ronnie Nyman – Vocals
Magnus Söderman – Guitars
Francisco Escalona – Bass
Dino George Stamoglou – Drums

NIGHTRAGE – Facebook

 

Lords Of Salem – Hell Over Salem

Hell Over Salem è consigliato agli amanti dell’horror metal, del gothic rock e dell’hard rock a stelle e strisce, e rappresenta per la band una partenza con il botto, a cui si spera faccia seguito al più presto un nuovo lavoro sulla lunga distanza.

Nel mondo dell’underground metallico la sorpresa è sempre dietro l’angolo ed un ep arrivato in mezzo a tante proposte più importanti, può diventare un piacevole incontro con una nuova band.

Succede con i Lords Of Salem, band tedesca che lancia sul mercato questa bomba di quattro brani intitolata Hell Over Salem, un perfetto ed irresistibile mix tra Danzig, Motley Crue e Rob Zombie.
I quattro brani non risparmiano potenza, attitudine rock’n’roll e sfumature dark alternative, con il vocalist Postel a guidare il quartetto di zombie apocalittici come un novello Glenn Danzig.
L’opener Monster Girl ci invita al sabba consumato sul Sunset Boulevard, la title track è un brano horror metal dal taglio moderno, Zombie Monkey Woman e Rock ‘n’ Roll Machine danno il la alla trasformazione degli astanti in un gruppo di vampiri famelici che faranno incetta di sangue al ritmo di Hell Over Salem, come in un remake di Dal Tramonto all’Alba.
Accompagnato da una bellissima copertina e da una produzione assolutamente professionale, Hell Over Salem è consigliato agli amanti dell’horror metal, del gothic rock e dell’hard rock a stelle e strisce, e rappresenta per la band una partenza con il botto, a cui si spera faccia seguito al più presto un nuovo lavoro sulla lunga distanza.

Tracklist
01. Monster Girl
02. Hell Over Salem
03. Zombie Monkey Woman
04. Rock ‘N’ Roll Machine

Line-up
Postel – Vocals
Arian – Guitars
Marple – Bass
Alex – Drums

LORDS OF SALEM – Facebook

LE INTERVISTE DI OVERTHEWALL: ENIO NICOLINI

Grazie alla reciproca collaborazione con la conduttrice radiofonica Mirella Catena, abbiamo la gradita opportunità di pubblicare la versione scritta delle interviste effettuate nel corso del suo programma Overthewall, in onda ogni domenica alle 21.30 su Witch Web Radio.
Questa volta facciamo un’eccezione e vi diamo la possibilità di ascoltare l’audio intervista di Mirella con uno dei nomi di culto della scena metal italiana, Enio Nicolini.

Zaum – Divination

Incredibile come questo gruppo riesca a costruire meravigliosi paesaggi sonori senza le chitarre, che vengono sostituite da un’impalcatura sonora fuori dal comune.

La presunta era tecnologica nella quale stiamo vivendo è l’ultimo tratto di un percorso illuminato e positivista della storia umana, che dopo millenni e secoli di buio ha finalmente scelto la luce della scienza, della ragione e del progresso tecnologico.

Ma prima cosa era l’uomo? Cosa faceva, cosa credeva, quale era il suo rapporto con la natura e con le altre dimensioni? E’ tutto qui nel nuovo disco degli Zaum, un gruppo che rende la musica un’espressione che va ben oltre il suono, per arrivare ad aprirci il terzo occhio e permetterci di vedere oltre. Dell’immensa storia umana pre-antropocene è rimasto bene poco, ma qui si possono recuperare sensazioni e visioni che pensavamo perse. Doom, esplosioni sludge, suoni da epoche lontane, il tutto in tre pezzi di lunga durata per un gruppo che continua a stupire disco dopo disco. I canadesi Zaum stanno percorrendo un cammino musicale notevole e personale, facendo incontrare situazioni e codici musicali molto diversi fra loro. Se si dovesse indicare un’influenza si potrebbero citare gli Zu, soprattutto per l’andamento mai regolare delle canzoni, ma la poetica è diversa. Gli Zaum questa volta ci portano nell’antica Burma, dove la natura incontra le tenebre e dove antichi dei giacciono vicino agli uomini. La loro musica è un concetto avanzato di musica pesante, in cui Kyle Alexander McDonald alla voce e al basso, e Christopher Lewis alla batteria e percussioni, sono coadiuvati dalla splendida e misteriosa egiziano canadese Nawal Doucette, che è un grande valore aggiunto al tutto.
Incredibile come questo gruppo riesca a costruire meravigliosi paesaggi sonori senza le chitarre, che vengono sostituite da un’impalcatura sonora fuori dal comune. L’effetto è straniante, tutto è potente e visionario, Divination è il loro disco più compiuto e di alta qualità, non perchè gli altri non fossero buoni, ma questo ha qualcosa in più. Analizzando bene il suono degli Zaum, oltre ad una fortissima impronta di musica tribale, si può definire il tutto come psichedelia altra, sia per l’andamento della musica che per le visioni che provoca. Non è da tutti intraprendere un nuovo percorso sonoro interessante e d originale riuscendo a essere immediatamente riconoscibili dall’ascoltatore. Un disco che è un viaggio ma anche uno sguardo molto accurato su cosa sia davvero l’uomo.

Tracklist
1 Relic
2 Pantheon
3 Procession

Line-up
Kyle Alexander McDonald – vocals, bass, textures
Christopher Lewis – drums, percussion
Nawal Doucette – visual performance art, ambiance

ZAUM – Facebook

ONSETCOLD

Il video di “Let Me Die” (Wormholedeath).

Il video di “Let Me Die” (Wormholedeath).

Experimental metal act Onsetcold is proud to release their 5th single “Let Me Die” via Wormholedeath.

Nuovo Singolo e Video per gli Onsetcold!

Gli Onsetcold sono orgogliosi di annunciare l’uscita del nuovo singolo e video “Let Me Die”.

“Let Me Die”
“In this life we have one promise and that promise is death. Enjoy it until the end.”

Totalitarian – Bloodlands

Non c’è un momento di resa, di pausa o di stanca, il sangue scende copioso come un fiume e non possiamo fare a meno di continuare a guardare il massacro, incalzati da un qualcosa che ci fa spingere oltre.

Sei pezzi brutali e sanguinari per descrivere campi di sangue che cola e i gemiti di chi sta morendo dopo la battaglia, o dopo qualche sterminio.

Il secondo disco degli italiani Totalitarian è una sequela di esplosioni del black metal più selvaggio e senza compromessi, rifacendosi alla tradizione con uno stile originale e per certi versi innovativo. Il gruppo romano continua ciò che aveva cominciato con il debutto del 2017 De Arte Tragoediae Divinae, un disco già notevole, ma che viene surclassato da questo sterminio musicale. Il black dei Totalitarian è una massa fisica di notevole dimensioni, che vuole portare dentro il male, sviscerandolo e rendendolo presente e doloroso. Chi ascolta black metal sa che il genere può avere infinite declinazioni, ma ci sono pochi gruppi che lo rendono qualcosa di tangibile, ed i Totalitarian sono fra questi. Il disco ci porta sui campi di battaglia della seconda guerra mondiale, nel ghetto di Varsavia o nei campi dei massacri di Babij Jar in Ucraina, ovunque l’uomo stermina i suoi simili in un immenso sacrificio. Il suono e l’epica dei Totalitarian potrebbe essere definito war metal, ma è qualcosa di più profondo, perché il loro black è di un altro livello rispetto alla media dei dischi di war metal, e anche i testi hanno una profondità notevole. Bloodlands non è un disco fatto per scioccare, ma è un affresco del male, sul male e fatto attraverso il male. Nell’album si sentono vari sottogeneri di black metal, da quello più ortodosso a cose più vicine al death: non c’è un momento di resa, di pausa o di stanca, il sangue scende copioso come un fiume e non possiamo fare a meno di continuare a guardare il massacro, incalzati da un qualcosa che ci fa spingere oltre. Arricchisce notevolmente il disco una sorta di coro tragico greco, ovvero un elemento narrativo che compare a rafforzare alcuni passaggi della narrazione musicale attraverso voci che sono celestiali e letali. Un disco che vuole far male e ci riesce in pieno.

Tracklist
1.1933
2.On The Wings Of The Great Terror
3.Defeated, Destroyed And Divided
4.Liberators
5.Of Bullets And Gas
6.Deathcult Eternal

TOTALITARIAN – Facebook

STRIKE AVENUE

Il video di “Unholy Prelude”.

Il video di “Unholy Prelude”.

“Unholy Prelude” by Strike Avenue and Blackrain Media. Produced, recorded, mixed and mastered at Blackrain Media (Cosenza, Italy – 2019). Drum, reamping guitars and vocals recording at Francesco Borrelli ‘s studio.
Artwork, video production and postproduction by Blackrain Media.

https://www.facebook.com/STRIKEAVENUE
https://www.instagram.com/strikeavenue/

De Lirium’s Order – Singularity

La parte progressiva risulta importantissima nell’economia di questo lavoro, i brani si susseguono in tempeste di note mai fini a sè stesse, accumunando death metal melodico, progressive, technical death e power metal.

Attivo dall’alba del nuovo millennio questo combo finlandese licenzia il quarto lavoro su lunga distanza dal titolo Singularity.

La line up attuale vede schierati membri di Abbath e Whispered (il batterista Ukri Suvilehto) ed Omnium Gatherum (il bassista Erkki Silvennoinen), mentre la musica proposta è un technical death metal progressivo e melodico, brutale ma allo stesso tempo pervaso da un’aura tradizionale, specialmente nelle atmosfere neoclassiche di cui è pregno.
La grande tecnica è al servizio di un metal estremo che, oltre agli amanti del genere, non mancherà di soddisfare gli appassionati di shred e di chi ha fatto la storia del virtuosismo chitarristico.
Il growl è profondo, il songwriting vario e l’ascolto ne trae giovamento, mettendo in luce la bravura dei musicisti senza perdere il filo di composizioni a tratti molto ben orchestrate tra fughe chitarristiche, momenti atmosferici e sfumature che vanno da note classiche, a bellissimi refrain che vedono protagonista la voce pulita (Ayatollah).
La parte progressiva risulta importantissima nell’economia di questo lavoro, i brani si susseguono in tempeste di note mai fini a sé stesse, accomunando death metal melodico, progressive, technical death e power metal.
The Billion Year Contract, Orion’s Cry e la conclusiva The End Of Time sembrano uscite da una jam che vede impegnati Barren Earth, Omnium Gatherum e Malmsteen, tra grande tecnica ed emozionanti passaggi in cui la musica scorre come un fiume in piena travolgendo senza freni l’ascoltatore: Singularity si rivela quindi un ottimo lavoro, sopra la media sia per quanto riguarda la tecnica che il songwriting.

Tracklist
1.I Have Awakened (Intro)
2.Ayatollah
3.Singularity
4.Surfaced
5.The Billion Year Contract
6.Acoustic Medley
7.Orion’s Cry
8.Piazzola.
9.The End Of Time

Line-up
Kari Olli – Vocals
Juha Kupiainen – Guitars
Vesa Nupponen – Guitars
Erkki Silvennoinen – Bass
Ukri Suvilehto – Drums (guest member)

DE LIRIUM’S ORDER – Facebook

Noemi Terrasi – Black Seagull

Black Seagull è un lavoro molto suggestivo e pervaso da un’attenzione particolare per le melodie: un ottimo biglietto da visita per Noemi Terrasi ed un ascolto consigliato agli amanti del progressive metal e delle opere strumentali.

Progressive rock/metal strumentale dall’ottima tecnica, ideale colonna sonora di un concept ispirato ad una catastrofe ambientale, è quanto si trova in Black Seagull, primo lavoro della chitarrista siciliana Noemi Terrasi.

Il gabbiano fatica a prendere il volo, il suo ambiente ancora una volta è messo a dura prova dall’uomo e da quel petrolio, portatore di ricchezza e sofferenza: una storia della quale nostro malgrado siamo stati fin troppe volte testimoni, che raccontata dalla chitarra della giovane musicista e compositrice, davvero brava nel tenere a bada inutili virtuosismi e a puntare sull’emozionalità della propria musica.
Black Seagull è composto da quattro brani per quasi mezz’ora di musica strumentale che passa agilmente da atmosfere prog metal a più pacate sfumature ambient rock, piacevole nel suo andamento drammatico e di denuncia, ma con un’aura di speranza che avvolge in particolare la seconda parte di Ice Wind e la conclusiva The Way Home.
Il crescendo di tensione della title track apre la mente al quadro drammatico della storia, e la Terrasi fa iniziare una sorta di countdown prima che la sua chitarra esploda in trame progressive e metalliche, sempre alternate a sfumature pacate disegnando melodie vincenti di scuola Dream Theater.
Black Seagull è un lavoro molto suggestivo e pervaso da un’attenzione particolare per le melodie: un ottimo biglietto da visita per Noemi Terrasi ed un ascolto consigliato agli amanti del progressive metal e delle opere strumentali.

Tracklist
1.Black Seagull
2.Steel Eyes
3.Ice Wind
4.The Way Home
Line-up
Noemi Terrasi

NOEMI TERRASI – Facebook

Funereal Presence – Achatius

Nei Funereal Presence, Bestial Devotion compone ogni singola nota, si occupa di ogni strumento e ci propone un’opera assolutamente personale, votata all’esaltazione di un black metal feroce, viscerale, contorto, sempre dalla forte componente raw.

Seconda prova, a distanza di cinque anni dall’esordio “The archer takes aim”, di Funereal Presence, abominio black metal di Bestial Devotion, one man band, normalmente al drum kit nei Negative Plane, multiforme creatura americana ferma discograficamente dal 2011 con Stained Glass Revelations.

Nei Funereal Presence, Bestial Devotion compone ogni singola nota, si occupa di ogni strumento e ci propone un’opera assolutamente personale, votata all’esaltazione di un black metal feroce, viscerale, contorto, sempre dalla forte componente raw; in passato dichiarò di “suonare musica che nessuno fa più” e devo dire che l’ascolto di queste quattro lunghe tracce, sopra i dieci minuti, ci immerge in un mondo parallelo, dove non vi è spazio per nessun suono post o moderno. Brani infiniti, condotti da una chitarra “insaziabile”, capace di cavalcate inafferabili, articolate, sgraziate anche, ma dal fascino impareggiabile… ci si mmerge in un mondo cavernoso dove una bestia arcaica libera la sua furia iconoclasta, facendoci assaggiare immonde e dissonanti melodie. Una produzione adeguata, assolutamente non moderna, ma funzionale completano un platter che non colpisce immediatamente e, che come ogni opera di valore, si apre dedicandoci il giusto tempo e attenzione, circondati quotidianamente da grandi quantità di materiale estremo, in questo caso è necessario riportare il nostro pensiero alle origini del suono black incompromissorio, con la giusta attitudine, oscuro e “pericoloso”. Sembra di tornare ai primi anni ’90 per la ferocia e la competenza che Bestial Devotion mette in ogni brano dove si alternano parti furiose e parti cadenzate; i brani sono tutti di buon livello e mantengono alta l’attenzione, a patto che ci si ponga con la giusta attitudine, non ricercando suoni che all’artista non interessano.

Tracklist
1. Wherein Achatius Is Awakened and Called Upon
2. Wherein a Messenger of the Devil Appears
3. Wherein Seven Celestial Beasts Are Revealed to Him
4. Wherein Achatius Is Flogged to the Hills of Violation

Line-up
Bestial Devotion – Everything

FUNEREAL PRESENCE – Facebook

Shana Cleveland -Night of the Worm Moon

Night of the Worm Moon è sedersi in cima ad una collina californiana e guardare in cielo strane luci che corrono veloci e che giocano con la nostra immaginazione, ma anche guardare con interesse carcasse di insetto e asfalto che cucina sangue nottetempo.

Debutto solista per la cantante chitarrista del gruppo surf La Luz, Shana Cleveland.

Shana ci propone un folk nella tradizione americana, minimalista, con una voce che narra più che cantare e che si rifà a dei modelli inusuali per questo genere. Il titolo Night of the Worm Moon riporta all’analogo Night Of The Purple Moon di Sun Ra, una delle fonti di ispirazione di Shana. Infatti in questo debutto convergono diverse forme di vita artistiche, dalla fantascienza al folk pastorale americano, e qualche eco diverso come un risuonare lontano di musica distorta che abbia trovato la pace in un deserto. Il disco è stato registrato in un’occasione speciale, l’eclissi di luna del 2017, e ne porta su in sé i segni, con il femmineo ad imperare. La musica è un folk minimale, con chitarra, batteria e pochissimo altro, e il risultato è molto forte e tipicamente americano, anche se la forza del disco sta nel dare un gusto diverso al folk. Shana con il suo gruppo La Luz è sempre stata innovatrice e molto avanti, e anche questo suo debutto solista risponde all’esigenza di fare qualcosa di nuovo in un genere preesistente. Tutto è molto calmo e guarda alle stelle più che alle vicende terrene, e non è il disco medio di folk americano, ma va oltre. Il mondo di Shana è molto composito e speciale, fortemente influenzato dalla fantascienza. Dieci canzoni molto weird, che si vanno ad inserire in quel filone della fantascienza che sta recentemente dando ottimi frutti oltreoceano. Night of the Worm Moon è sedersi in cima ad una collina californiana e guardare in cielo strane luci che corrono veloci e che giocano con la nostra immaginazione, ma anche guardare con interesse carcasse di insetto e asfalto che cucina sangue nottetempo. Un disco che è la narrazione dell’inaspettato e del fuori dal comune, ma che è quello che vorremmo vedere, oltre alle miserie che vediamo quotidianamente. Un debutto diverso ed incisivo.

Tracklist
1 Don’t Let Me Sleep
2 Face of the Sun
3 In Another Realm
4 Castle Milk
5 Night of the Worm Moon
6 Invisible When the Sun Leaves
7 The Fireball
8 Solar Creep
9 A New Song
10 I’ll Never Know

SHANA CLEVELAND – Facebook

I Pazzi Del Riformatorio – About Life (In The Rubbish)

About Life (In The Rubbish) è un lavoro vario e formato da generi diversi, perciò entrare in sintonia con il sound del gruppo non è facilissimo, ma una volta trovatane la chiave di lettura si scoprirà un mondo di note liberate da confini e barriere.

I Pazzi Del Riformatorio sono un gruppo progressive/alternative metal siciliano nato nel 2011 e questo lavoro venne pubblicato la prima volta tre anni dopo.

La band, dopo qualche anno di pausa, ritorna con una line up rivoluzionata e di fatto a tre, con i due membri fondatori, Marco Blandini (voce e chitarra) e Lorenzo Giannì (chitarra e voci) raggiunti da Francesco Zanotti (batteria).
Il primo passo dei “nuovi” I Pazzi Del Riformatorio è la riedizione dell’album d’esordio con l’aggiunta di due brani inediti (Centro Nichilista, Inri) e da uno in versione live (Atracrar).
About Life (In The Rubbish) è un lavoro originale che amalgama in modo sorprendente, progressive rock, alternative metal, indie ed attitudine punk rock: la band si supera in quei momenti dove il tutto è perfettamente inglobato in brani che non lasciano letture precise sulla strada intrapresa ma giocano a sorprendere chi ascolta.
La cosa buona è che il tutto riesce in brani e attimi in cui il progressive metal di scuola Dream Theater viene violentato da scariche alternative/indie per poi tornare a trame progressive addirittura di stampo settantiano.
In tutto questo ben di dio musicale il metal è il collante che tiene i generi ben saldi tra loro nell’economia di brani come God Is A Woman, la suite Democracy’s Slave e la thrash/punk Escape The Grave.
About Life (In The Rubbish) è un lavoro vario e formato da generi diversi, perciò entrare in sintonia con il sound del gruppo non è facilissimo, ma una volta trovatane la chiave di lettura si scoprirà un mondo di note liberate da confini e barriere.

Tracklist
1.Frankenstein
2.God Is Woman
3.I Pazzi Del Riformatorio
4.Democracy’s Slave
5.Last Chance
6.Green
7.Unforgivable
8.Escape The Game
9.Centro Nichilista (Bonus Track 2019)
10.Inri (Bonus Track 2019)
11.Atracar (Bonus Track 2019 – Live)

Line-up
Marco Blandini – Voci, Chitarre
Lorenzo Giannì – Chitarre, Basso, Tastiere, Voci
Francesco Zanotti – Batteria

Line-up 2014:
Marco Blandini – Voci, Chitarre
Lorenzo Giannì – Chitarre, Voci
Salvo Ilacqua – Basso
Vincenzo Fiorilla – Tastiere
Francesco Zanotti – Batteria

Line-up 2012:
Marco Blandini – Voci, Chitarre
Lorenzo Giannì – Chitarre, Voci
Elena Giudice – Basso
Francesco Zanotti – Batteria
Roberto Ferrara – Tastiere

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