Hidden Lapse – Butterflies

Con Butterflies l’asticella della qualità si è alzata non di poco, a conferma delle enormi potenzialità degli Hidden Lapse.

La vena melodica e progressiva dei nostrani Hidden Lapse non si è ovviamente esaurita con Redemption, lavoro uscito un paio di anni fa, e la band torna a scrivere un’altra pagina della sua storia con questo nuovo album, intitolato Butterflies e licenziato ancora dalla Rockshots Records.

Questo nuovo lavoro conferma tutte le buone parole spese per l’album precedente, risultando leggermente più metallico ma sempre elegante e sinuoso, valorizzato da melodie splendidamente incastonate in un sound che a tratti risulta di una forza d’urto devastante.
La band è ancora più compatta e sfoggia, oltre alla notevole interpretazione della cantante Alessia Marchigiani e al gran lavoro del chitarrista Marco Ricco, una sezione ritmica potentissima, più presente e potente rispetto al passato e tecnicamente ineccepibile.
Romina Pantanetti al basso e Alessio Monacelli alla batteria sono l’arma in più di Butterflies, anche se, come scritto in precedenza, la sensazione di essere al cospetto di un gruppo compatto è forte come dimostrano i nove brani.
Butterflies parte deciso, Dead Jester è un opener power progressiva devastante, la splendida voce della singer ricama linee melodiche su un sound che ricorda i Dream Theater più metallici dell’ultimo Distance Over Time.
The Letter 0 si avvicina più ai maestri Symphony X, brano che risulta un piccolo capolavoro prog metal con la track list che non inciampa, regalando qualche spunto elettronico come nel precedente album (Glitchers) e corre dritta verso il traguardo, tra qualche accenno alla scena tricolore (Vision Divine) e bordate di power metal tecnico da applausi (Grim Poet, Cruel Enigma).
Con Butterflies l’asticella della qualità si è alzata non di poco, a conferma delle enormi potenzialità degli Hidden Lapse.

Tracklist
1. Dead Jester
2. Third
3. The Letter 0
4. Stone Mask
5. Glitchers
6. Grim Poet
7. Sleeping Beauty Syndrome
8. Cruel Enigma
9. Dust
10. Silent Sacrifice (rearmed) – Bonus Track

Line-up
Alessia Marchigiani – Vocals
Marco Ricco – Guitars and Vocals
Romina Pantanetti – Bass
Alessio Monacelli – Drums

HIDDEN LAPSE – Facebook

Brutofuzz – Every Drop

A parte le definizioni che lasciano sempre davvero il tempo che trovano, e forse anche meno, i Brutofuzz sono un gruppo come pochi, diretto, potente e molto particolare.

Un trio di ragazzi come noi non più giovanissimi, che fanno un ottimo noise rock distorto e dalla notevole creatività, con ogni canzone che racchiude elementi notevoli.

Questo ep porta con sé una storia particolare, dato che originariamente era nato come lavoro strumentale a nome Sun@9 e intitolato Italian Breakfast, e che un’etichetta americana di nome M.W.A.I.A. voleva pubblicare a nome Brutofuzz. Ciò diede l’occasione al gruppo di riarrangiare i pezzi per metterci la voce, e bisogna dire che il risultato è molto buono, e pure che gli americani ci avevano visto lungo. Il gruppo era rimasto inattivo dal 2014 al 2017 per gravi problemi di salute di uno dei ragazzi, problema fortunatamente risolto, e torna con questo ep che gli garantisce un bel posto al sole. Ci sono tante cose qui dentro, dal noise allo stoner, a partenze alla Rage Against The Machine quando meno te lo aspetti e tanto altro, ma soprattutto una maniera di fare musica mai ovvia e scontata. Si sente molto chiaro lo spirito di Les Claypool, ovvero tecnica musicale, lavoro in saletta e suonare senza escludere un labor limae successivo. Every Drop è un flusso di coscienza musicale, un correre e saltare senza mai fermarsi, rinnovando una tradizione italiana del tutto particolare, che si potrebbe riassumere con free rock molto rumoroso. A parte le definizioni che lasciano sempre davvero il tempo che trovano, e forse anche meno, i Brutofuzz sono un gruppo come pochi, diretto, potente e molto particolare. Purtroppo sono stati tre anni fuori dai giochi, ma questo ep servirà a riportarli nella mischia perché tirano colpi non da poco. Prima della loro pausa forzata (che denota anche dei valori perché piuttosto si ferma tutto se un membro della famiglia ha dei problemi) si stavano creando il loro meritato e giusto spazio sia su disco che dal vivo, ma ora sono tornati meglio di prima.

Tracklist
1. Toy Man
2. Celebrate
3. Orgasmic Cosmo
4. Mask Of Hate
5. Burning On My Skin

Line-up
Luca “barbadrum” Stocco – batteria
Federico “brutobass” Leo – basso
Federico “fuzzfaith” Lorigiola – chitarra

BRUTOFUZZ – Facebook

Embrional – Evil Dead

Gli Embrional manipolano la materia a loro piacimento, creando una valanga di riff forgiati negli oscuri abissi dell’inferno, tra tempi veloci ed altri più rallentati, maligni come demoni intenti a portare il verbo oscuro sulla terra.

Sono passati quattro anni da quando gli Embrional fecero la loro maligna apparizione su quelle che erano pagine metal di Iyezine con quell’oscuro massacro sonoro dal titolo The Devil Inside, e il diavolo pare proprio che continui ad ispirare alla band polacca musica estrema malefica e putrescente.

Il gruppo torna con questo ottimo lavoro intitolato Evil Dead, composto da otto brani di death metal oscuro e diabolico, dai tratti black ed accostabile ai soliti Behemoth.
Gli Embrional manipolano la materia a loro piacimento, creando una valanga di riff forgiati negli oscuri abissi dell’inferno, tra tempi veloci ed altri più rallentati, maligni come demoni intenti a portare il verbo oscuro sulla terra.
Dall’opener Ending Up On The Gallows in poi è un susseguirsi di atmosfere oscure e possessive, un crescendo di odio e malvagità che trova nell’oppressiva Lords Of Skull, nella violenta e veloce Day Of Damnation e nella conclusiva Damned By Dogmas il culmine di tensione di questo nuovo lavoro degli Embrional, altro ordigno sonoro appannaggio degli amanti del death metal di scuola est europea.

Tracklist
1.Ending up on the Gallow
2.Vileness…
3.Inhuman Lusts
4.Lord of Skulls
5.Day of Damnation
6.Endless Curse
7.Abomination
8.Damned by Dogmas

Line-up
Armagog – Bass
Skullripper – Guitars, Vocals
Młody – Drums
Tomasz Nowok – Guitars

EMBRIONAL – Facebook

CLOCKWORK

Il video di Closer (FreeMood Promotion / Tanzan).

Il video di Closer (FreeMood Promotion / Tanzan).

https://www.youtube.com/watch?

Underground Symphony è orgogliosa di annunciare la presenza dei Clockwork alla compilation per celebrare il 25° anniversario della label. Il nuovo progetto fondato dal tastierista e compositore Lorenzo Masiero, vede la partecipazione di due componenti dei Dark Horizon, il chitarrista e produttore Daniele Mandelli (Tragodia, Forgotten Tomb, Adramelch) ed il batterista Gianluca Capelli, oltre a quattro voci, due maschili e due femminili. Il gruppo, autore di un symphonic metal sulla scia di Avantasia e Kamelot, parteciperà alla compilation con il primo singolo “Closer”, in uscita digitale per FreeMood Promotion / Tanzan e di cui è stato girato un videoclip.

Di seguito la line-up completa
Lorenzo Masiero: tastiere
Daniele Mandelli: chitarra
Gianluca Capelli: batteria
Luigi Riccio: basso
Francesca Trevisan: voce
Rossella Moscatello: voce
Paolo Taurino: voce
Fabio Brunetti: voce

Legacy Of Silence – Our Forests Sing

In virtù di un buon songwriting la band offre agli ascoltatori un lavoro vario, incentrato sul magico suono del flauto, ma dalle atmosfere che passano agevolmente dal fiabesco all’epico, fino a più robuste e combattive impennate death metal.

La Volcano Records ci sorprende ancora una volta, licenziando il debutto dei Legacy Of Silence, band folk/death metal di Torino.

Il gruppo, attivo dal 2014, dopo vari cambi nella line up, un ep ed una manciata di singoli pubblicati arriva all’esordio su lunga distanza, un’opera curata nei minimi dettagli intitolata Our Forests Sing.
Ispirato dai luoghi montani della loro terra, il concept dell’album ruota intorno alla natura, alla sua forza e all’influenza che ha su chi ancora riesce a viverci in simbiosi, ed il sound non può che essere un death metal melodico, di matrice nord europea e dalla forte componente folk.
Ormai il genere non fa più notizia, ma in virtù di un buon songwriting la band offre agli ascoltatori un lavoro vario, incentrato sul magico suono del flauto, ma dalle atmosfere che passano agevolmente dal fiabesco all’epico, fino a più robuste e combattive impennate death metal.
Our Forests Sing, le foreste cantano, intonando note d’altri tempi e con Witchwood si entra nel mondo dei Legacy Of Silence, fatto di rispettoso silenzio davanti alla maestosità dei luoghi dove le varie Bloodhunt o Misfortune ci accompagnano, mentre le ritmiche salgono, il growl si inspessisce e l’atmosfera si contorna di un’aura austera ed epica nello spartito di Heresy e Nightfall.
Le band di riferimento sono quelle ormai classiche del genere, con la componente estrema di matrice Amon Amarth ad irrobustire il suono dell’epico silenzio di cui si fanno portavoce i Legacy of Silence.

Tracklist
1.Witchwood
2.Bloodhunt
3.Misfortune
4.Torment
5.Heresy
6.Inquisition
7.J.A.W.S.
8.Nightfall
9.Rebirth

Line-up
Alberto Ferreri – Batteria
Luca Capurso – Flauto
Gianluca Mondo – Chitarra Main e Voce
Mark Greyowl – Voce Leader
Simone Macchia – Chitarra Leader
Alberto Ferrero – Basso

LEGACY OF SILENCE – Facebook

Dauþuz – Monvmentvm

Al grido “Gluck Auf!”il duo teutonico ci assale con un black metal veemente, passionale e dal forte afflato epico, un terzo disco in quattro anni che non perde in furia ed emozioni.

Connubio felice quello tra la Naturmacht e il duo tedesco Dauþuz che, attivo solo dal 2016, ha già fatto uscire tre full length e un ep tutti votati alla creazione di un personale sound, figlio del Black Metal più raw, viscerale, passionale ma capace di impulsi epici da pelle d’oca.

Ispirazione bruciante per Aragonyth (tutti gli strumenti) e Syderyth (vocals e liriche), che non va a scapito della qualità costante nelle opere e assolutamente non mancante nell’ ultimo nato Monvmentvm, dove nell’arco di cinquanta minuti si palesa arte nera di prima qualità. Caratteristica principale che li distingue da molti altri act, è il trattare nelle liriche, tutte purtroppo in tedesco, storie di minatori e miniere nella Germania e nell’Europa lungo i secoli, alcune storie sono fittizie ma molte altre sono squarci di vita vissuta. A loro non interessano i “soliti” temi satanisti tipici del genere, ma preferiscono occuparsi di argomenti di sicuro non comuni, ma dal fascino genuino. Al grido di “Gluck Auf! “(augurio di buona sorte scambiato tra i minatori e scritto all’ingresso di molte miniere) il duo ci scaglia direttamente sul volto un black metal veemente, torrenziale, inarrestabile dotato di una carica a cui è difficile resistere, accompagnato da uno scream lacerante e disperato, mentre le chitarre in tremolo picking creano atmosfere epiche e antiche che profumano di folk e nostalgia. Nei rari momenti, i tre strumentali, in cui la veemenza si attenua, la band si dedica alla creazione di oasi madrigalesche con un cuore di cristallina bellezza, dal sapore medievale ricordando gli Ulver di Kveldssanger.Quando la furia riprende il sopravvento, si è letteralmente trascinati su alte vette emozionali fino dall’ opener Schwarzes Wasser che tramortisce con i suoi cambi di tempo e l’atmosfera fortemente epica, del resto sempre presente in ogni nota. Si è catapultati in un’ atmosfera fuori dal tempo durante l’ascolto di tutti i brani, si è piacevolmente immersi in un mondo dove valori come la forza, la dignità e la lealtà hanno ancora un alto e reale valore. Per chi già li conosce sarà un grande conferma e, per chi volesse accostarsi alla loro arte, l’ascolto della lunga title track sarà un buon viatico per innalzare il proprio cuore nero verso orizzonti di adamantina bellezza; le melodie chitarristiche e il finale su note pianistiche struggono ogni senso.

Tracklist
1. Schwarzes Wasser
2. Der Bergschmied
3. Hornstein
4. Knochengrube
5. Kupferglanz
6. Mæna Dauþuz
7. Himmelseisen
8. Monvmentvm

Line-up
Aragonyth S. – All instruments
Syderyth G. – Vocals, Lyrics, Guitars (acoustic)

Dauþuz – Facebook

Lord Vicar – The Black Powder

I Lord Vicar non inventano nulla, suonando un genere circoscritto, ma lo fanno con una forza espressiva ed una qualità sopra la media che li rendono una delle massime espressioni del classic doom attuale.

Nati dalle ceneri dei Reverend Bizarre, i Lord Vicar proseguono il loro viaggio nel doom metal più classico con il il quarto lavoro su lunga distanza, questo nuovissimo e monolitico The Black Powder.

Registrato ai Noise for Fiction Studio di Turku in Finlandia, con il produttore Joona Lukala, ed accompagnato come tradizione da uno splendido artwork, l’album, partendo proprio dalla copertina si rivela un’opera d’arte, un bellissimo esempio di musica del destino dai rimandi classici, ma dotato di una forza ed un’eleganza straordinarie.
La band finlandese torna dunque con più di un’ora di sound pesante, monolitico, pregno di melanconiche melodie e dalla forza prorompente, alternate ad atmosfere in cui il metal lascia spazio a momenti musicali di stampo progressivo, accennati tra un dark sound che improvvisamente esplode in parti grondanti watt.
I nove brani partono dai diciassette minuti di Sulphur, Charcoal and Saltpetre, brano posto in apertura che non lascia spazio a dubbi su quello che si troverà tra le note delle varie Descent (brano che ricorda non poco gli statunitensi Revelation), la più vigorosa The Temple in the Bedrock e la conclusiva e travolgente A Second Chance, top song di questo ottimo lavoro.
I Lord Vicar non inventano nulla, suonando un genere circoscritto, ma lo fanno con una forza espressiva ed una qualità sopra la media che li rendono una delle massime espressioni del classic doom attuale.

Tracklist
1.Sulphur, Charcoal and Saltpetre
2.Descent
3.World Encircled
4.Levitation
5.The Temple in the Bedrock
6.Black Lines
7.Impact
8.Nightmare
9.A Second Chance

Line-up
Gareth Millsted – Drums
Kimi Kärki – Guitars
Chritus – Vocals
Rich Jones – Bass

LORD VICAR – Facebook

Ontborg – Within The Depths Of Oblivion

Within The Depths Of Oblivion non ha nulla di originale, ma a forza di spallate potentissime sfonda le nostre resistenze, ci travolge con un quel sound diventato leggenda e ci regala cinquanta minuti di melodie incastonate tra devastanti ripartenze e mid tempo, atmosfere oscure e una raccolta di tracce praticamente perfette.

Difficile non essere d’accordo con le note biografiche presenti nel promo kit riguardante il debutto degli Ontborg, band nata nel 2017 dalle ceneri dei Voices Of Decay, ed ora pronta ad entrare con Within The Depths Of Oblivion nei cuori degli amanti del death metal old school di scuola scandinava.

Con base a Merano, trasformata in una piccola Göteborg dal quartetto, gli Ontborg si incuneano nell’ underground estremo tricolore con un lavoro decisamente riuscito, un tributo al genere con le carte in regola per accasarsi nei lettori cd di chi, ancora oggi, ad ogni uscita che riguarda il death metal nord europeo festeggia come fosse Natale.
Within The Depths Of Oblivion non ha nulla di originale, ma a forza di spallate potentissime sfonda le nostre resistenze, ci travolge con un quel sound diventato leggenda e ci regala cinquanta minuti di melodie incastonate tra devastanti ripartenze e mid tempo, atmosfere oscure e una raccolta di tracce praticamente perfette.
Dall’opener Living Is A Torture, passando per la title track, è un susseguirsi di brani di altissimo livello che, come scritto non muovono un passo fuori dal periodo 90′-95 ma che stendono al primo colpo, grazie a spettacolari mid tempo come Entwined In Darkness o alla clamorosa This Time, per poi accelerare i tempi fino al confine con il black metal e sfornare autentici gioielli come Die To Be Alive, facendo infine confluire il tutto in Snow Of Lethe.
L’artwork di Juanjo Castellano, artista conosciutissimo nella scena death metal, in linea con le leggendarie copertine di quel periodo, e con Dismember, Necrophobic, Entombed e primi Edge Of Sanity a fornire l’imprimatur al tutto, Within The Depths Of Oblivion si candida come una delle più belle sorprese dell’ultimo periodo per quanto riguarda lo swedish death.

Tracklist
1. Living Is A Torture
2. Within The Depths Of Oblivion
3. Entwined In Darkness
4. A Storm Breaks The Silence
5. This Time
6. Die To Be Alive
7. Snow Of Lethe
8. No Memories Beyond
9. The Long Awaited Winter
10. Black Garden

Line-up
Lukas Flarer – vocals, guitars
Florian Reiner – guitars
Harald Klenk – bass
Christoph Flarer – drums

ONTBORG – Facebook

SCALA MERCALLI

Il video di “Tolentino 1815”, dall’album “Independence”.

Il video di “Tolentino 1815”, dall’album “Independence”.

L’Heavy Metal band Scala Mercalli, rilascia il 3 Maggio il nuovo videoclip “Tolentino 1815”, canzone tratta dal nuovo album “Independence”, in occasione dell’anniversario della battaglia avvenuta a Tolentino, nelle Marche (Italia) il 2 e 3 maggio 1815 , considerata la prima battaglia per l’indipendenza d’Italia. Questa fu combattuta dall’esercito dal Re di Napoli Gioacchino Murat , che tentò di scacciare gli austriaci che occupavano l’Italia Centro-Settentrionale.

La band sul video:
“Siamo molto legati a questa battaglia, anche perchè è stata combattuta sulla terra della nostra regione, in luoghi che abbiamo visitato molte volte. Girare il video sullo stesso campo dove si scontrarono i due eserciti di allora è stato molto emozionante.Una canzone per ricordare le gesta dei nostri avi che per primi tentarono di liberare il nostro paese, al prezzo delle loro vite “

MAKING OF (La band racconta la composizione del brano e del video)

Link Making Off : https://www.youtube.com/watch?v=WU8fKlkv5ss

Old Night – A Fracture in the Human Soul

Siamo al cospetto di un gruppo che riesce a fondere mirabilmente, con il proprio sound, il dolente incedere del doom con l’impatto melodico vibrante del migliore hard’n’heavy ossequiando al meglio la tradizione, da qualsiasi punto di vista lo si voglia guardare, senza che il tutto faccia mai sorgere dubbi sia sulla freschezza compositiva, sia sulla personalità esibita.

A Fracture in the Human Soul è il secondo full length  per gli Old Night, band croata che si era rivelata agli appassionati di doom con lo splendido esordio Pale Cold Irrelevance di due anni fa.

Questo nuovo lavoro offre la necessaria continuità a quanto fatto in precedenza e se da un lato viene meno quell’effetto sorpresa derivante dalla scoperta di un nuovo gruppo di tale spessore, dall’altra non si può fare a meno di constatare quanto il livello continui ad essere ben al di sopra della media.
I cinque lunghi brani offerti sono un altro magnifico esempio dell’ideale incontro tra il doom evocativo dei Procession e le soluzioni vocali e melodiche degli Alice In Chains e, sinceramente, non ci può essere notizia migliore per chi, come il sottoscritto, adora sia la band cilena che i giganti di Seattle .
Il viaggio degli Old Night nel lato nascosto della mente umane non avviene evocando il dolore e la disperazione del doom più estremo, ma si snoda in maniera malinconica e ugualmente dolente, pur sotto le sembianze di canzoni ben memorizzabili e canoniche nel loro sviluppo, nonostante la lunghezza.
Il gruppo istriano, guidato da Luka Petrovic, componente anche di una band storica delle scena doom croata come gli Ashes You Leave, offre una soluzione compositiva che dovrebbe essere apprezzata da un ampio bacino di ascoltatori perché, anche chi non adora il doom nella sua accezione più classica, può comunque trovare grande soddisfazione in questo lavoro, che vede come in quello precedente la magnifica interpretazione vocale di Matej Hanžek stagliarsi sul sound a tratti roccioso ma più spesso avvolgente costruito dai propri compagni, con passaggi di chitarra solista ben posizionato ed efficaci ad impreziosire ogni traccia.
La bellezza rara quanto abbagliante di una canzone come Hearken and Remember è forse il picco, negato a molti, raggiunto dagli Old Night nel corso di un lavoro che grazie ad altre quattro gemme come Entwined, Elder, Glacial e The Reaping of Hearts, li rende decisamente molto più di una band in forte ascesa come era accaduto in occasione del primo full length; qui siamo al cospetto di un gruppo che riesce a fondere mirabilmente, con il proprio sound, il dolente incedere del doom con l’impatto melodico vibrante del migliore hard’n’heavy ossequiando al meglio la tradizione, da qualsiasi punto di vista lo si voglia guardare, senza che il tutto faccia mai sorgere dubbi sia sulla freschezza compositiva, sia sulla personalità esibita. Gli Old Night sono oggi, semplicemente, una delle migliori band europee, non solo in ambito doom.

Tracklist:
1. Entwined
2. Hearken and Remember
3. Elder
4. Glacial
5. The Reaping of Hearts

Line-up:
Luka Petrović – Bass, Vocals, Songwriting, Lyrics
Nikola Jovanovic – Drums
Bojan Frlan – Guitars (lead)
Ivan Hanžek – Guitars (lead), Vocals
Matej Hanžek – Vocals (lead), Guitars

OLD NIGHT – Facebook

Belzebubs – Pantheon Of The Nightside Gods

Una ventata di aria malefica, un disco black death dalle tante sfumature che regala molte emozioni e lascia stupiti.

I Belzebubs sono dei cartoni animati che suonano un ottimo black metal dai forti legami con il death e arrivano fino al numero uno della classifica dei dischi fisici in Finlandia.

Se ciò doveva accadere, sarebbe stato per forza in Finlandia, il paese dove c’è un incredibile e genuino amore per il metal tutto, meglio se estremo. Dopo l’esordio su Century Media con il sette pollici Blackened Call, i nostri arrivano al loro debutto su lunga distanza, ed è un gran bel sentire. Il disco è potente e ben calibrato, è black metal nella sua essenza, ma ci sono tanti altri elementi che concorrono alla sua creazione per farne un disco di metal totale, un vero e proprio atto d’amore verso questa musica. Ad esempio non pochi sono i momenti sinfonici, che vanno ad accrescere il pathos dell’opera. I Belzebubs sono un gruppo vero, i loro membri rilasciano interviste e sono molto presenti, anzi sono molto meglio di certi gruppi in carne ed ossa. Non si sa chi ci sia veramente dietro ai personaggi disegnati dall’ottimo cartoonist finlandese Jp Ahonen, che ha avuto questa idea montata, poi, fino a diventare un grande successo e un grandissimo spot per il metal. Pensate infatti se, fin da bambini o da adolescenti, aveste auto la possibilità di vedere dei cartoni animati di black e death metal, fatti con passione e competenza. Il disco è davvero buono, c’è anche tanto humour ma non si scherza, i Belzebubs sono un vero gruppo e lo si sente soprattutto quando fanno canzoni di oltre otto minuti dalla grande struttura. Basta vedere il video di Cathedrals Of Mourning per capire le immense potenzialità di questo progetto: una ventata di aria malefica, un disco black death dalle tante sfumature che regala molte emozioni e lascia stupiti. Solo gioie dalla Finlandia.

Tracklist
1. Cathedrals Of Mourning
2. The Faustian Alchemist
3. Blackened Call
4. Acheron
5. Nam Gloria Lucifer
6. The Crowned Daughters
7. Dark Mother
8. The Werewolf Bride
9. Pantheon Of The Nightside Gods

Line-up
Samaël – drums
Hubbath – vocals, bass
Sløth – guitars, vocals
Obesyx – lead guitars

BELZEBUBS – Facebook

Stanley Rubik – Tuttoècomesembra

Musica come portale per sensazioni vere mediate da un esoterismo quotidiano e per questo ancora più misterioso, per uno dei più interessanti gruppi italiani.

La proposta musicale dei romani Stanley Rubik viene rappresentata almeno in parte dalla loro auto definizione di Post Electro, ma c’è molto di più.

Il loro suono è un insieme di piccole visioni di apocalissi quotidiane, di rivoluzioni dei nostri sensi, trecentosessanta gradi di vite cangianti, archetipi e visioni altre. Il gruppo ha pubblicato il primo disco nel 2016, Lapubblicaquiete, su Cosecomuni per poi approdare su Inri con il secondo lavoro Kurtz Sta Bene del 2015, acquisendo una notevole credibilità e visibilità. In Tuttoècomesembra il gruppo romano traccia traiettorie molto interessanti e raramente battute in Italia, canzoni con musica inusuale, ansiogena e a volte in disaccordo con la parte cantata, l’effetto è straniante e molto affascinante. Questo disco sancisce la dolorosa consapevolezza della scissione fa il nostro corpo e la nostra anima, e nulla può essere rassicurante o salvifico, ci si può solo analizzare per disegnare una caduta migliore, e questo è quanto, questo è tutto. Nella cosiddetta scena indie italiana i Stanley Rubik sono un’isola magnifica ed infelice, un qualcosa che ricorda cose già sentite, ma è tutta un’altra cosa. Tuttoècomesembra è incentrato sui tarocchi, che sono la rappresentazione di un qualcosa di molto antico, archetipi che hanno attraversato la storia della razza umana, perché sono già dentro di noi, e qui vengono usati come bussole, ma anche come stelle guardate per perdersi. Ci sono momenti in cui è bellissimo lasciarsi cadere sugli scogli disegnati dagli Stanley Rubik. In pochi hanno usato l’elettronica come questo gruppo, totalmente asservita ad una poetica che atterrisce e ammalia, come una tempesta dei poeti romantici. Musica come portale per sensazioni vere, mediate da un esoterismo quotidiano e per questo ancora più misterioso, per uno dei più interessanti gruppi italiani.

Tracklist
1. ROBERTO
2. AGOSTO
3. I MOSTRI DI BOSCH
4. PERSONA
5. KREUZBERG
6. TEMPESTA
7. A COSA STAI PENSANDO?
8. LUNGO ESTESE ORBITE
9. KINTSUGI
10. MONOLITE

Line-up
Dario
Gianluca
Andrea

STANLEY RUBIK – Facebook

Dethonator – Race Against The Sun (Part One)

Quasi un’ora di metallo ispirato ai sempre eterni Iron Maiden e Judas Priest è quello che si trova tra le trame di brani come Burial Ground o Ghost Of The Rolling Horizon, con le chitarre a macinare riff scolpiti nel tempo e quelle cavalcate in crescendo che hanno fatto la fortuna di Harris e soci.

La fiamma del metal classico di scuola britannica viene alimentata da band come i Dethonator, monicker da thrash metal band, ma dal sound forgiato alla scuola della New Wave Of British Heavy Metal.

Il quartetto, nato nelle East Midlands ma stabilitosi sul suolo londinese, dà alle stampe il suo terzo full length dopo il debutto omonimo del 2010 (ristampato nel 2016 dalla Killer Metal records) il secondo album del 2013, Return To Damnation e l’ep del 2014, Monuments to Dead Gods.
Il nuovo lavoro, intitolato Race Against The Sun (Part One), viene licenziato dalla Pavement Entertainment in versione digitale, accompagnato da una copertina bruttina che non rende onore alla musica suonata dai nostri, un robusto heavy metal old school.
Quasi un’ora di metallo ispirato ai sempre eterni Iron Maiden e Judas Priest è quello che si trova tra le trame di brani come Burial Ground o Ghost Of The Rolling Horizon, con le chitarre a macinare riff scolpiti nel tempo e quelle cavalcate in crescendo che hanno fatto la fortuna di Harris e soci.
Lavorano bene i quattro musicisti inglesi, lasciando trasparire qualche eco estremo qua e là, tanto per ribadire che siamo nel 2019 e che di musica metal dal 1981 ne è stata scritta tanta, e azzeccano brani trascinanti come Pyroclastic e tellurici come Terror By Night, facendo dell’album un buon ascolto per chi ama queste sonorità.
Race Against The Sun (Part One) non cambierà certo la storia della nostra musica preferita, ma si fa valere tra le tante uscite che affollano la scena metal classica underground.

Tracklist
1. When Lucifer Fell
2. Nightmare City
3. Burial Ground
4. Ulflag
5. Ghost of the Rolling Horizon
6. Pyroclastic
7. The Hangman
8. Narcisside
9. Terror By Night
10. Sharp’s Cairn

Line-up
Tris Lineker – Vocals, Guitars
Henry Brooks – Guitars, Keyboards, Backing Vocals
Adz Lineker – Bass, Growls Johnny
Mo Armstrong – Drums

DETHONATOR – Facebook

TURILLI / LIONE RHAPSODY

Il lyric video di ‘Phoenix Rising’, dall’album “Zero Gravity (Rebirth And Evolution)” in uscita a giugno (Nuclear Blast).

Il lyric video di ‘Phoenix Rising’, dall’album “Zero Gravity (Rebirth And Evolution)” in uscita a giugno (Nuclear Blast).

I Turilli / Lione RHAPSODY – il nuovo gruppo formato dai membri originali dei RHAPSODY Luca Turilli e Fabio Lione, accompagnati dagli ex membri dei RHAPSODY Dominique Leurquin, Patrice Guers e Alex Holzwarth – hanno finalmente annunciato l’album di debutto, intitolato “Zero Gravity (Rebirth And Evolution)”, che uscirà il 28 giugno 2019 su Nuclear Blast (King Records in Giappone e resto dell’Asia)! Da oggi i fan non solo possono pre-ordinare il disco, ma anche ascoltare il primo singolo nonché traccia di apertura ‘Phoenix Rising’.

La canzone è acquistabile qui: http://nblast.de/TLRPhoenixRising

Il cantante Fabio Lione dichiara: “‘Phoenix Rising’ rappresenta il ponte tra il nostro passato ed il nostro futuro artistico, include alcuni elementi della tradizionale scuola symphonic metal combinati con chitarre pesanti, i suoni moderni che amiamo oggi e un intermezzo etnico con la voce unica dell’artista mongola Uyanga Bold. Una volta registrata, ‘Phoenix Rising’ si è impressa immediatamente nella nostra testa e ci siamo ritrovati a cantarne il ritornello tutto il giorno. Per questi motivi consideriamo questa la canzone perfetta per l’apertura del nostro album di debutto e dei nostri prossimi concerti!”.

Il chitarrista e tastierista Luca Turilli aggiunge: “L’emozionante performance di Fabio mette in luce l’intenso testo ispirato dai misteri della geometria sacra, dalla fisica quantistica e dai segreti dell’antica saggezza. Si racconta di un essere umano e del suo drammatico processo di autorealizzazione, della sua morte e della rinascita dalle sue ceneri nell’abbraccio dorato di Shakti, dopo aver sperimentato un terremoto interiore e sentito l’impellente necessità di spingersi oltre l’illusione della dualità e la ripetitività legata agli aspetti materiali della vita per raggiungere un livello superiore di coscienza e trovare il proprio posto nella geometria dell’esistenza”.

I pre-ordini di “Zero Gravity (Rebirth And Evolution)” sono disponibili qui: http://nblast.de/TLRhapsodyZeroGravity
Chi pre-ordina il disco in digitale riceverà immediatamente ‘Phoenix Rising’ (solo su Amazon e iTunes)!
Il disco può anche essere salvato in anteprima su Spotify: http://nblast.de/TLRhapsodyPreSave
‘Phoenix Rising’ può essere ascoltato nelle NB New Releases Playlists:
http://nblast.de/SpotifyNewReleases / http://nblast.de/AppleMusicNewReleases

“Zero Gravity (Rebirth And Evolution)” – Tracklist:
01. Phoenix Rising
02. D.N.A. (Demon And Angel) [feat. Elize Ryd | AMARANTHE]
03. Zero Gravity
04. Fast Radio Burst
05. Decoding The Multiverse
06. Origins
07. Multidimensional
08. Amata Immortale
09. I Am [feat. Mark Basile | DGM]
10. Arcanum (Da Vinci’s Enigma)
Bonus Track (DIGI & 2LP only)
11. Oceano [feat. Sascha Paeth | AVANTASIA & Arne Wiegand | SANTIANO]

Luca dichiara: “‘Zero Gravity (Rebirth And Evolution)’ è molto più di un semplice titolo di un album. È il vero e proprio mantra del gruppo che sottolinea l’evoluzione di una grande collaborazione artistica, un approccio moderno e l’intenzione di far evolvere il suono della band verso una nuova frontiera, dal punto di vista concettuale, musicale e lirico. Questo album di debutto metterà sicuramente in luce i molteplici volti della nostra nuova band: chitarre ultra-pesanti e moderne, un saliscendi vocale ispirato ai capolavori dei QUEEN, arrangiamenti drammatici, paesaggi sonori di ampio respiro, arricchiti da elementi di musica etnica provenienti da diversi continenti e sicuramente i testi più emozionanti e intensi che abbiamo mai avuto. Il nuovo artwork realizzato da Heile rappresenta la sintesi di tale evoluzione e il messaggio proveniente dal fondo del cuore legato ad esso!”.
Fabio aggiunge: “‘Zero Gravity (Rebirth And Evolution)’ rappresenta la perfetta evoluzione di una visione musicale che abbiamo avuto, una grande collaborazione artistica per creare un suono nuovo e fresco con idee sorprendenti, una grande produzione, un duro lavoro dei grandi musicisti e delle persone coinvolti e, soprattutto, un fantastico inizio per questa nuova band. Il nuovo artwork realizzato da Heile rappresenta la sintesi di tale evoluzione nella musica e un’opera straordinaria che sottolinea l’avventura musicale che vivrete e percepirete ascoltando il disco”.

Per finanziare l’album la band ha lanciato una campagna di crowdfunding con la quale hanno raccolto ben €60,000 dalla loro leale e appassionata fanbase.

Turilli / Lione RHAPSODY live:

05.07. E Barcelona – Rock Fest
06.07. I Taneto di Gattatico – Circolo Arci Fuori Orario
09.07. H Dunaújváros – Rockmaraton
11.07. CZ Vizovice – Masters of Rock
26.09. FIN Helsinki – The Circus

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Circle Of Witches – Natural Born Sinners

Quasi cinquanta minuti di metal diretto, epico e roccioso grazie ad una serie di tracce che hanno nel songwriting e nell’impatto il loro punto di forza.

Nuovo full length per i campani Circle Of Witches, quartetto attivo dal 2004 e con un paio di album alle spalle, di cui l’ultimo (Rock The Evil) uscito cinque anni fa.

Natural Born Sinners, mixato agli Alpha Omega Studios da Alex Azzali e prodotto assieme a Nicholas Barker (Cradle of Filth, Brujeria, Testament) è un buon lavoro di heavy metal dalle ispirazioni stoner/doom, molto vicino a quanto proposto dai Grand Magus, leggermente meno evocativo ma possente ed epico quanto basta per non lasciare indifferenti chi ama questi suoni.
Riff e mid tempo potenti fanno da struttura a brani di buona fattura, la voce del cantante Mario “HELL” Bove si alza fiera verso montagne su cui dimorano gli dei del metal classico, qui lasciato nelle mani di quattro musicisti che nei loro ascolti non si sono fatti mancare la discografia dei Candlemass.
Il sound degli undici brani facenti parte della tracklist del disco si potrebbero semplicemente riferire alle due citate band svedesi, ma è pur vero che i nostri eroi ci mettono del proprio, confezionando un’opera assolutamente convincente.
Il genere è questo dunque, un heavy metal potenziato da ritmiche possenti e groove, squarciato da lampi chitarristici di matrice ottantiana e valorizzato da una serie di brani che esaltano l’anima guerriera che è in ognuno di noi, come in Spartacus (Prophecy Of Riot), una delle tracce più riuscite di questo monumentale lavoro.
Quasi cinquanta minuti di metal diretto, epico e roccioso grazie ad una serie di tracce che hanno nel songwriting e nell’impatto il loro punto di forza.

Tracklist
01. Tongue Of Misery
02. The Black House
03. Giordano Bruno
04. The Oracle
05. First Born Sinner
06. Spartacus (Prophecy of Riot)
07. Your Predator
08. Deus Vult
09. Death To The Inquisitor
10. You Belong To Witches
11. Cult Of Baphomet

Line-up
Mario “HELL” Bove – Vocals, Guitars
Joe “WISE MAN” Dardano – Guitars
Tony “FARAWAY” Farabella – Bass
Joey “HELMET” Coppola – Drums

CIRCLE OF WITCHES – Facebook

Kull – Exile

Questo primo passo targato Kull appare tutt’altro che una minestra riscaldata, anche se il potenziale epico ed evocativo dei primi lavori dei Bal-Sagoth resta difficilmente riproducibile; resta sicuramente la soddisfazione di rivedere in pista questi musicisti che sembrano avere ancora voglia di regalare al pubblico il loro epico e sinfonico black metal ispirato alle opere di Howard.

Chiunque abbia un minimo di conoscenza della storia del metal degli ultimi 25 anni, ascoltando questo album d’esordio dei Kull si troverà a pensare d’essersi imbattuto in una band clone dei Bal-Sagoth.

L’impressione sarebbe più che giustificata, se non fosse che questo gruppo ha tutti i diritti di riprendere in maniera fedele quelle sonorità epiche e magniloquenti trattandosi, di fatto, degli stessi Bal-Sagoth con un diverso vocalist al posto del declamatorio fondatore Byron Roberts.
Il perché i fratelli Maudling (accompagnati dall’altro membro storico Alistair MacLatchy e da Paul Jackson, entrato nella band dopo l’uscita dell’ultimo full length) non abbiano utilizzato il monicker originale non è dato saperlo, ma è probabile che possa avere a che fare con diritti sul suo utilizzo: fatto sta che questo Exile lo si può considerare lecitamente sia l”esordio dei Kull sia il settimo album dei Bal-Sagoth.
Fatta questa lunga ma doverosa premessa, si può dire che il lavoro mantiene in pieno le caratteristiche ben conosciute da chi ama e da chi odia la storica band, per cui l’effetto divisivo resta tale e quale; quel che cambia è che Tarkan Alp è vocalist più tradizionale di Byron, nel senso che interpreta i brani con un più canonico e vario approccio da cantante black metal, optando per l’evocativo recitato utilizzato continuativamente dal predecessore solo a tratti.
Se vogliamo, questo fa pendere l’ago della bilancia a favore di quel minimo di discontinuità che conferisce ai Kull lo status di band a sé stante, anche se è è innegabile che a cavalcate come Vow of the Exiled, A Summoning to War o Aeolian Supremacy, per non parlare dell’intro strumentale Imperial Dawn, bastano poche note per svelare agli ascoltatori chi si nasconda dietro ai Kull.
Exile nel complesso appare più ruvido (persino troppo, sentendo un brano come Of Stone and Tears) rispetto alle uscite dei Bal-Sagoth del nuovo millennio, complice anche il trademark vocale di Alp e una minore predominanza della tastiere di Jonny Maudling, nonostante questo resti lo strumento che fa e disfa all’interno dell’opera; nel complesso questo rende il tutto più vicino per impatto a Starfire Burning upon the Ice-Veiled Throne of Ultima Thule che non a The Power Cosmic, cosa che a un fan della prima ora dei Bal-Sagoth come il sottoscritto non può che far piacere.
In definitiva, questo primo passo targato Kull appare tutt’altro che una minestra riscaldata, anche se il potenziale epico ed evocativo dei primi lavori dei Bal-Sagoth resta difficilmente riproducibile; resta sicuramente la soddisfazione di rivedere in pista questi musicisti che sembrano avere ancora voglia di regalare al pubblico il loro epico e sinfonico black metal ispirato alle opere di Howard.

Tracklist:
01. Imperial Dawn
02. Set-Nakt-Heh
03. Vow of the Exiled
04. A Summoning to War (Dea Bellorum Invicta)
05. Horde’s Ride
06. An Ensign Consigned
07. Pax Imperialis
08. By Lucifer’s Crown (Lapis Exillis)
09. Of Stone and Tears
10. Aeolian Supremacy: Wrath of the Anemoi
11. Of Setting Suns and Rising Moons

Line-up:
Tarkan Alp – Vocals
Chris Maudling – Guitars
Jonny Maudling – Keyboards/synths
Alistair MacLatchy – Bass
Paul “Wak” Jackosn – Drums

KULL – Facebook

Necrofili – Immaculate Preconception

Immaculate Preconception si rivela un ep davvero suggestivo, tra i più riusciti ultimamente nel suo ambito: i Necrofili con sagacia sanno manipolare la materia creando un sound che, anche se a tratti può ricordare i Necrodeath, risulta ugualmente personale e molto coinvolgente.

Tornano con un nuovo ep i laziali Necrofili, attivi dal 2005 e con alle spalle due lavori su lunga distanza, il debutto omonimo uscito proprio nell’anno di inizio attività e The End Of Everything licenziato nel 2017, dodici anni dopo il precedente lavoro.

Il gruppo capitanato da Carlo Pelliccia (voce e chitarra) e Marco Dalmasso (batteria), dopo vari cambi di line up oggi si completa oggi con Alessandro Fusacchia (chitarra) e Gianluca Marchionni (basso).
Immaculate Preconception presenta cinque brani di notevole death/thrash, devastante ma dalle aperture melodiche che ne accentuano atmosfere e sfumature, con un intro suggestiva che riporta le parole di Giordano Bruno, frate francescano, filosofo e scrittore del XVI secolo, condannato dalla chiesa per eresia.
Infaithcted esplode in una serie di accelerazioni death/thrash, con lo scream che ne potenzia l’indole estrema, cambi di tempo e cavalcate metalliche mettono in evidenza l’ottima tecnica di cui si può fregiare il quartetto.
Campo de’ Fiori è un crescendo thrash progressivo, dai rallentamenti possenti che ne accentuano l’atmosfera drammatica e le tematiche che riguardano la morte sul rogo dello stesso Giordano Bruno; The Shapeless Thing è invece un brano thrash/black ad un primo ascolto più lineare ma anch’esso pervaso da una serie di cambi di tempo micidiali, mentre Army Of The Ripper risulta un brano dalle ispirazioni heavy metal, meno abrasivo ed estremo dei brani precedenti e valorizzato da una serie di aperture melodiche accentuate dalla comparsa della voce pulita.
In conclusione Immaculate Preconception si rivela un ep davvero suggestivo, tra i più riusciti ultimamente nel suo ambito: i Necrofili con sagacia sanno manipolare la materia creando un sound che, anche se a tratti può ricordare i Necrodeath, risulta ugualmente personale e molto coinvolgente.

Tracklist
1. A Lullaby for Reason
2. Infaithcted
3. Campo de’Fiori
4. The Shapeless Thing
5. Army of the Reaper

Line-up
Carlo Pelliccia – Vocals & Guitars
Alessandro Fusacchia – Guitars
Gianluca Marchionni – Bass
Marco Dalmasso – Drums

NECROFILI – Facebook

Bad Religion – Age Of Unreason

Ciò che rimane dipende da voi, sicuramente Age Of Unreason è un buon disco e alla fine questa è la cosa più importante.

Tornano i Bad Religion, gruppo capostipite del punk rock americano che non conosce congedo permanente.

Questo loro nuovo lavoro è il numero diciassette e loro non hanno intenzione di fermarsi. Il disco è molto ben prodotto e mostra quell’incontro tra aggressività e melodia che ha sempre contraddistinto il gruppo californiano. I Bad Religion con Age Of Unreason dimostrano di poter dare ancora tantissimo, ma pongono anche un problema non da poco, anzi una serie di problemi. Ci sono tante domande che vengono a galla durante l’ascolto di questo buon disco, una delle quali è: come mai non esiste un gruppo punk rock successivo ai Bad Religion che abbia lo stesso carisma ed un impatto pressoché simile? Fare punk a cinquanta anni ha senso? Dopo di loro il nulla?
In tutte queste domande è sottintesa la più grande, ovvero cosa sia il punk rock o melodic hardcore. Un genere nato per scalciare che è presto diventato una zona di comfort per molta gente che cerca una ribellione molto semplice e sonora. Forse Age Of Unreason è un disco che diventerà un classico per ragazzi di quarant’anni invidiosi di quando andavano in skate fumando bong. L’album è buono e funziona molto bene, ma se lo prendiamo per quello che è non se ne vede il contorno, che è molto importante. Pochi gruppi attuali suonano come i Bad Religion, che hanno talento e naturalezza, ma che forse possiedono ancora ciò che manca a tanta gente che suona il loro stesso genere: l’incazzatura. Ai Bad Religion rode ancora il culo, Trump o non Trump, perché spiace dirlo ma il presidente americano è un toccasana per molti gruppi e solisti bolliti che lo tirano in mezzo per vendere di più, in quanto fa figo e ci si ritrova dalla parte giusta se lo si insulta. Invece il problema è il capitalismo e lo stato stesso, ma questa è un’altra storia. Ciò che rimane dipende da voi, sicuramente Age Of Unreason è un buon disco e alla fine questa è la cosa più importante.

Tracklist
1. Chaos from Within
2. My Sanity
3. Do the Paranoid Style
4. The Approach
5. Lose Your Head
6. End of History
7. Age of Unreason
8. Candidate
9. Faces of Grief
10. Old Regime
11. Big Black Dog
12. Downfall
13. Since Now
14. What Tomorrow Brings

Line-up
Greg Graffin – vocals
Brett Gurewitz – guitar, background vocals
Jay Bentley – bass, background vocals
Brian Baker – guitar
Jamie Miller – drums
Mike Dimkich – guitar

BAD RELIGION – Facebook

Ship of Theseus – The Paradox

Un gioiello di splendore metallico, realizzato da musicisti tanto preparati quanto colti, autori di un lavoro variegato ed intrigante.

Per certi gruppi la definizione di power prog metal è quanto mai banale e riduttiva. Sicuramente, lo è per i nostrani Ship of Theseus, formati da ex componenti di Extrema e Temperance tra gli altri.

La libertà da vincoli espressivi pare realmente essere la prola d’ordine di questo super-gruppo, creativo come pochi, responsabile di un approccio stilistico al metal quanto mai vario e composito, in grado, ogni volta, di abbinare potenza ed eleganza. Gli Ship of Theseus sono cupi e possenti, introspettivi e melodici, romantici e devastanti a seconda dei frangenti sonori dei vari brani. Le composizioni sono elaboratissime e possono, a seconda dei momenti, richiamare alla mente i Threshold più oscuri, certe trame fra progressive e techno-thrash dei primi Sieges Even e Nevermore, quando non addirittura il genio elettronico-sperimentale di Devin Townsend. I passaggi più sinfonici deliziano invece coloro che amano l’intelligente pomposità di Magellan, Vanden Plas e Shadow Gallery. Esplosivi, teatrali, virtuosistici, delicati o deflagranti a seconda del contesto, a volte onirici ed eterei; e tutto questo – si badi bene – senza soluzione di continuità: gli Ship of Theseus si rivelano epici e cerebrali al pari dei migliori Alter Bridge. Quando il metal è durezza evocativa, e senza scomodare i Dream Theater. Tra gli ospiti, inoltre, brilla il grande Gregg Bissonette.

Tracklist
1- The Paradox
2- Reborn
3- Time Has Come
4- Hear Me Out
5- Blue
6- Suspended
7- Like a Butterfly
8- The Promise
9- Reflections in the Mirror
10- The Cage
11- Wounded
12- Ending

Line up
Giorgio Terenziani – Bass
Paolo Crimi – Drums
Michele Guaitoli – Vocals
Marco Cardona – Guitars
Alessandro Galliera – Guitars

SHIP OF THESEUS – Facebook

LA BOTTEGA DEL TEMPO A VAPORE

Il video di “Anema Janca”.

Il video di “Anema Janca”.

https://www.youtube.com/watch?v=rxHHjXJvi9w

La Bottega del Tempo a Vapore é lieta di annunciare l’uscita del nuovo singolo Anema Janca, di cui è disponibile l’anteprima a questo link.

Il brano, cantato in napoletano moderno, è arricchito dalla presenza di due fantastici musicisti rispettivamente al violino e al mandolino: Corrado Ciervo e Domenico de Matteis
Registrato e mixato da Alessandro Zeoli presso i Red Sofa Lab e masterizzato presso i Metropolis Studio Milano da Alessandro Marcantoni. In tale studio sono nati e cresciuti numerosi progetti musicali nazionali ed internazionali tra i quali la Premiata Forneria Marconi(P.F.M), Morgan e i Bluvertigo, Fabrizio de André, Depeche Mode ed altri.
La copertina è realizzata da Angelo Santo e lavorata da Adolfo Calandro presso i Melazeta Graphic & Store.

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