Azarath – In Extremis

In Extremis è un disco che merita grande attenzione e riverserà sopra di voi un’immensa potenza di fuoco, risultando moderno ma possiede anche un suono che riporta all’epoca d’oro del death metal.

Torna una delle bestie musicali più immonde della pia Polonia, ed è un ritorno molto gradito quello degli Azarath.

Il gruppo è stato fondato nel 1998 nella cittadina polacca di Tczew, e l’unico membro fondatore è il batterista Inferno, che altri non è che il batterista dei più famosi e altrettanto polacchi Behemoth fin dall’anno 1998, ed è tuttora attivo con loro. E gli Azarath sono appunto una delle maggiori band polacche attualmente in circolazione, e se ascolterete In Extremis capirete facilmente il perché. Il disco è un diluvio di ottimo death black metal, con un approccio, tanto per intenderci, alla maniera dei primi Morbid Angel, con il suono altrettanto rassomigliante a quello dei Behemoth o dei Marduk, ma in realtà il tutto è molto Azarath. In Extremis arriva sei anni dopo Blasphemer’s Maledictions uscito nel 2011, ed è un disco davvero estremo e potente. Il suo suono è un death con venature black soprattutto nell’impianto chitarristico, ma rimane comunque sempre fortemente death. La cosa più importante è che non troverete tregua in questo assalto guidato dalla potente batteria di Inferno, sempre puntuale e decisiva, e tutto il gruppo lo segue perfettamente, aiutato da una produzione molto precisa e mirata sul suono. Gli Azarath non sono l’ennesimo gruppo death black, e nemmeno il passatempo di Inferno, sono semplicemente uno dei gruppi più potenti in circolazione, forti di un suono peculiare, alfiere della via polacca al death metal, e più in generale alla musica estrema. In Extremis è un disco che merita grande attenzione e riverserà sopra di voi un’immensa potenza di fuoco, risultando moderno ma possiede anche un suono che riporta all’epoca d’oro del death metal.

TRACKLIST
1. The Triumph of Ascending Majesty
2. Let My Blood Become His Flesh
3. Annihilation (Smite All the Illusions)
4. The Slain God
5. At the Gates of Understanding
6. Parasu Blade
7. Sign of Apophis
8. Into the Nameless Night
9. Venomous Tears (Mourn of the Unholy Mother)
10. Death

LINE UP
Inferno – Drums
Bart – Guitars
Necrosodom – Guitars, Vocals
Peter – Bass

AZARATH – Facebook

Fuzz – A.R.T.

A.R.T. è quello che vuole essere, un ottimo disco di musica rumorosa in italiano, con un gusto particolare che abbiamo solo qui nello stivale per il noise grunge, ma che abbiamo tirato fuori poche volte, e questa è una di quelle.

I Fuzz vengono da Torino e fanno un gran bel rumore. Il loro suono è una interessante summa fra Verdena, Queens Of The Stone Age, Marlene Kuntz e Fluxus per citarne solo alcuni.

Nati nel 2010 i Fuzz portano avanti un discorso incentrato sulla libertà sonora, coniugando cattiveria e qualità, rumore e inusuali melodie. In Italia non ci sono molto gruppi capaci di sintetizzare in questa maniera la lezione della migliore musica alternativa italiana con gli esempi di rumore che arrivano da oltreoceano. Al centro dei Fuzz sta la possente e inviperita voce di Luca, che sciorina le giuste rimostranze contro il cielo, e il gruppo stende un ottimo tappeto sonoro, con molte influenze ma estremamente personale. Il disco è semplicemente bello, con molte soluzioni sonore distorte, un’ottima rabbia di fondo che ci riporta a quel sentire che si poteva provare nel migliore momento della musica cosiddetta alternativa italiana. Che poi diciamolo una volta per tutte : la musica non è mai alternativa, è sempre e solo musica. A.R.T. (Andare Restare Tornare) è quello che vuole essere, un ottimo disco di musica rumorosa in italiano, con un gusto particolare che abbiamo solo qui nello stivale per il noise grunge, ma che abbiamo tirato fuori poche volte, e questa è una di quelle. Il disco è un grido armonioso, una musica che incrocia deserto, New York e vie acciottolate di qualche centro storico, come impersonali rotonde e prati di periferie. I Fuzz fanno un disco che è davvero un piacere ascoltare, con una grossa punta di veleno, che è il giusto antidoto alla nostra merda quotidiana. A.R.T. in definitiva, è un lavoro molto interessante, cattivo e dolce al tempo stesso, e soprattutto c’è tanto bel rumore.

TRACKLIST
1 Suononero
2 Immobile
3 Ebola
4 Sasha
5 Linoeranza
6 Isola Blu
7 A Testa Bassa
8 La Parola Chiave
9 Noia
10 Io Ho In Mente Te

LINE-UP
Luca – chitarra,voce;
Marco – basso;
Paolo – chitarra;
Luca – batteria;

FUZZ – Facebook

Aksaya – Kepler

Kepler è un disco non comune e nemmeno conforme, ma che segue una poetica tutta sua, ed è assai notevole poiché esula dal mero significato black, per andare a ricercare qualcosa di diverso.

Fondati nel 2013 i francesi Aksaya non sono affatto un gruppo black comune, poiché hanno una forte impronta personale, che rende unico il loro suono.

Sin dalle prime battute di Kepler gli Aksaya rendono satura l’atmosfera con il loro black geneticamente modificato, che si muove tra l’ortodossia classica, l’atmospheric, un pizzico di depressive e una forte carica hardcore. I tempi sono veloci ma all’occorrenza si dilatano, per trovare soffocanti aperture melodiche, che puntellano maggiormente l’impianto di sofferenza. Gli Aksaya parlano delle nostre vite, di sofferenza e della guerra che quotidianamente combattiamo, e che a volte si trasferisce sui tristemente noti campi di battaglia. Non c’è speranza in questo affascinante tipo di black metal, ma solo una dolorosa catarsi, che comunque non è poco. La potenza del gruppo è molto ben calibrata e precisa e si abbatte in improvvise sfuriate, ma la loro peculiarità maggiore è il fare mid tempo davvero carichi, progressivi e molto strutturati. Sono presenti anche pezzi più melodici, che impreziosiscono il tutto. Il cantato in francese conferisce un timbro molto personale alla musica degli Aksaya, e ciò funziona splendidamente, poiché la metrica della lingua dell’esagono è assai votata alla potenza.
Kepler è un disco non comune e nemmeno conforme, ma che segue una poetica tutta sua, ed è notevole poiché esula dal mero significato black per andare a ricercare qualcosa di diverso. Tutto l’album è sopra il buono, mentre alcuni passaggi sono davvero entusiasmanti.

TRACKLIST
1.Kepler
2.Laїka
3.Fractale
4.Anomalie, Prélude À La Découverte
5.Tau Ceti E
6.Syn 1.0
7.K-701.04
8.Non Morietur

AKSAYA – Facebook

Malignance – Architects Of Oblivion

Un gran ritorno per un gruppo fedele al metal e che, senza tanti proclami e pose, fa un disco da riascoltare spesso, mentre fuori scorre la vera battaglia chiamata quotidianità.

Dopo quattordici da Regina Umbrae Mortis tornano i genovesi Malignance e lo fanno con prepotenza.

Nato nel 2000 dall’incontro del chitarrista Arioch, del bassista Achemar e del cantante Krieg, il gruppo muove i primi passi con un suono death thrash che lascia ben presto spazio all’attuale black, ma le influenze originarie, come potrete ascoltare nel disco, non vanno affatto perse. Nel 2001 viene rilasciato l’ep Ascension To Obscurity, per poi firmare per BOTD e pubblicare il full length Regina Umbrae Mortis, che vi consiglio di andare a recuperare perché è un disco notevole. Nel 2005 i Malignance partecipano allo spilt De Vermis Misteris, che fin dal titolo mi sembra sia chiaro di cosa si tratti, e Arioch in quel momento decide di sospendere le attività dei Malignance per dedicarsi ad altri progetti. Nel 2015 Arioch e Krieg danno nuovamente vita ai Malignance per arrivare a questo nuovo Architects Of Oblivion . I Malignance usano generi conosciuti ma li rielaborano alla loro maniera per arrivare a quello che definirei Genoan Battle Metal, perché sarebbe piaciuto ai balestrieri medioevali genovesi che andavano a conquistarsi fama e morte in battaglie lontane. Il cantato è quasi sempre pulito, a parte qualche momento di maggior concitazione, e la musica è molto potente, con composizioni di notevole intensità che hanno il gusto di metal antico e moderno allo stesso tempo. Architects Of Oblivion non si esaurisce certo in quanto detto poco sopra ed ha molte sfumature, anche melodiche, ma è sopratutto un forte concentrato di lucida potenza metal, e di quest’ultimo ne è un ottimo distillato. Basso slappato come nella vecchia scuola, chitarre che avanzano come falangi e la batteria che lancia dardi infuocati. Un gran ritorno per un gruppo fedele al metal e che, senza tanti proclami e pose, fa un disco da riascoltare spesso, mentre fuori scorre la vera battaglia chiamata quotidianità.

TRACKLIST
1.Architects of Oblivion
2.Iron of Janus
3.Nakedness of Evil
4.Hekate Kleidoukos
5.Thy Raven Wings
6.Industrial Involution
7.Hailstorm of Malignance
8.Gods of the Forsaken
9.The negative spiral of Self Indulgence
10.And then I shall fall

LINE-UP
David Krieg – Vocals
Arioch – Guitars, bass, drum programming

Live Members:
Lord of Fog – drums
Eligor – Guitars
Actaeon – Bass

MALIGNANCE – Facebook

Figure Of Six – Welcome To The Freak Show

La potenza e la rabbia vengono incanalati attraverso vari sottogeneri della bestia metallica, partendo da una base deathcore, per arrivare al djent e a cose tecniche, con inserti di elettronica che potenziano maggiormente il tutto.

Benvenuti allo spettacolo dei freak, gentilmente offertoci dai Figure Of Six.

Questi ragazzi italiani ci offrono un buon concentrato delle mutazioni accadute nel metal negli ultimi anni. La potenza e la rabbia vengono incanalati attraverso vari sottogeneri della bestia metallica, partendo da una base deathcore, per arrivare al djent e a cose tecniche, con inserti di elettronica che potenziano maggiormente il tutto. I Figure Of Six non lasciano nulla di inesplorato per stupirci e rendere questo ascolto un’esperienza totale. Il cantato rimane sempre melodico, con qualche punta di asprezza, e il resto del gruppo fa un lavoro egregio. Ci sono nuove vie per esprimere i propri sentimenti in ambito metallico, e i Figure Of Six ce ne mostrano alcune. Ascoltando il disco si capisce che questi ragazzi hanno l’attitudine giusta, hanno fatto molti ascolti e curano bene ciò che fanno, infatti sono stati scritturati dalla tedesca Bleeding Nose, un’etichetta attenta alle nuove tendenze in ambito metal. Gli episodi migliori del disco accadono quando i Figure Of Six si lasciano andare, mollando il freno e correndo liberi, perché a briglie sciolte sono un gruppo di notevole livello. Prendiamo ad esempio la canzone Monster, nella quale fanno ascoltare tutta la gamma delle loro possibilità, mentre a mio avviso la canzone scelta per il video ufficiale, The Mirror’s Cage, funziona meno. Ma le mie sono opinioni che lasciano il tempo che trovano, ed il tempo è meglio impiegarlo ascoltando Welcome To The Freak Show.

TRACKLIST
1. Welcome To The Freak Show
2. The Man In The Dark
3. The Weak One
4. Edward Mordrake
5. The Tightrope Walker
6. The Mirror’s Cage
7. Monster
8. The King And The Servant
9. Clown
10. But Deliver Us From Evil

LINE-UP
Alessandro “Hell” Medri -Vocals
Peter Cadonici – Guitar
Matteo Troiano – Guitar
Stefano Capuano – Bass
Michele Mingozzi – Keyboard
Antonio Aronne – Drums

FIGURE OF SIX – Facebook

Anewrage – Life Related Symptoms

Il disco è molto melodico senza perdere in potenza, con una produzione che fa risaltare al massimo i suoni precisi e ben composti degli Anewrage.

Nuovo disco per i milanesi Anewrage, fautori di un metal moderno e melodico.

Nati nel 2014, con il loro ottimo debutto Anr sono arrivati ad essere conosciuti oltre i confini patri e hanno suonato con grandi gruppi, facendo sempre una bella figura. La band milanese torna con questo nuovo disco che punta ancora più in alto, per far decollarne definitivamente la carriera. La melodia è ovunque ed imperante in Life Related Symptoms, e guida l’ascoltatore in un disco di metal davvero moderno e più che mai attuale: ascoltandolo ci si trova come sospesi in una piacevole bolla, composta di suoni ruvidi ma dolci, con repentini cambi di tempo, come girarsi nel liquido amniotico. Il disco è molto melodico senza perdere in potenza, con una produzione che fa risaltare al massimo i suoni precisi e ben composti degli Anewrage. Il genere non è ben definito e questo è già un notevole pregio, si scorrazza fra vari stili, ma l’impronta principale è quella degli Anewrage.
Il disco funziona ottimamente e andrà benissimo, specialmente fuori dall’Italia, dove gli ascoltatori sono di mentalità ben più aperta di noi. Nel frattempo, se vi capita, dal vivo meritano molto e date loro una possibilità, perché a breve diventeranno un grosso nome della scena.

TRACKLIST
1. Upside Down
2. My Worst Friend
3. Dancefloor
4. Tomorrow
5. Evolution Circle
6. Floating Man
7. The 21st Century
8. Life Is You
9. Outside
10. All The Way
11. Insight
12. Clockwork Therapy
13. Wolves And Sirens

LINE-UP
Axel Capurro: Vocals/Guitars
Manuel Sanfilippo: Guitars/Backing Vocals
Simone Martin: Bass
Alessandro Ferrarese: Drums/Backing Vocals

ANEWRAGE – Facebook

Scuorn – Parthenope

Personalmente sono rimasto folgorato dalla potenza e dalla bellezza di un disco come questo, che aspettavo da una vita e che potrebbe diventare una pietra miliare del metal in Italia.

Personalmente ritengo Parthenope un disco epocale per molti motivi. Prima di tutto per la musica che, d’accordo non è nulla di nuovo, ma viene eseguita come nel marmo dell’inferno. Poi per ciò che esprime: è il primo disco in metal che, utilizzando il dialetto, tratta di Napoli e della partenopeità, un concetto davvero affascinante ed ampio.

Partiamo dall’inizio.
Scuorn nasce nel 2008 per opera di Giulian, che qui nel disco compone e suona tutto, con validi aiuti che vedremo di seguito. Questo è il suo debutto discografico, ed è qualcosa di strabiliante. Innanzitutto il nome: Scuorn letteralmente vuol dire vergogna, ma è un concetto diverso da quello italiano, anzi quando ascolterete questo disco dimenticatevi dell’italiano, è solo un intralcio, calatevi nella lingua napoletana, poiché ha maggiori livelli di pensiero dell’italiano.
Parthenope è un concept album sulle storie e soprattutto sulle leggende greco romane di Napoli e dintorni, ogni canzone una leggenda. Le origini sono interessantissime e ancora misteriose, perché Napoli non mostra mai il suo vero volto, nemmeno oggi. Di Napoli abbiamo un’immagine comune, dei pregiudizi, ma Napoli è altro. Ogni volta che ci vai vedi un lato diverso, perché era una città cara agli dei, e questo disco ce lo fa capire molto bene. Scuorn narra di epicità perduta con un suono incredibile, che parte dal black metal sinfonico per andare ben oltre. Come coordinate sonore prendete dei Fleshgod Apocalypse più black, con un incedere però diverso, ma ugualmente magnifico, e questa è una delle forze del disco. Con loro Scuorn ha in comune il produttore, quello Stefano Morabito che si è occupato anche degli Hour Of Penance, ed è uno dei più bravi in giro, infatti la produzione di Parthenope è pressoché perfetta. Per le parti orchestrali Giulian si è avvalso della preziosa collaborazione di Riccardo Studer dei Stormlord, e il suo grandissimo lavoro si può ascoltare nel secondo disco dell’edizione speciale, che contiene le bellissime versioni orchestrali di ciascun brano. Dentro a questo immaginifico suono ci stanno le narrazioni di Giulian, che ci riporta indietro nel tempo, alla parte greca e romana della storia di questa città, che più che una città è una civiltà vera e propria. Notevolissimi sono i pezzi suonati con gli strumenti tipici di Napoli, uno su tutti il mandolino, che è anche nel simbolo del gruppo. Questi strumenti sono usati molto bene, inserendoli con gran cura nella narrazione: infatti, Averno è un pezzo strumentale che diventerà uno spartiacque, come Kaiowas per i Sepultura. Parthenope è un capolavoro assoluto, un atto d’amore e di odio entrambi incondizionati per una città che è uno stato d’essere, con radici occulte ed antichissime che nessuno mai prima d’ora aveva narrato in questa maniera. Qui dentro troverete quel sentire che solo a Napoli è possibile, il tutto usando il metal come codice e linguaggio per raccontare. Il metal, ed in particolare il black metal, è uno dei mezzi migliori per narrare storie epiche e sopratutto per raccontare le diversità e le peculiarità delle varie terre. E’ incredibile l’evoluzione di un genere che è nato per isolare ed invece è uno strumento formidabile di conoscenza e scambio, straordinario veicolo di storie e popoli. Personalmente sono rimasto folgorato dalla potenza e dalla bellezza di un disco come questo, che aspettavo da una vita e che potrebbe diventare una pietra miliare del metal in Italia.

TRACKLIST
1.Cenner e Fummo
2.Fra Ciel’ e Terr’
3.Virgilio Mago
4.Tarantella Nera
5.Sanghe Amaro
6.Averno
7.Sibilla Cumana
8.Sepeithos
9.Parthenope
10.Megaride
11.Cenner’ e Fummo (ORCHESTRAL VERSION)
12.Fra Ciel’ e Terr’ (ORCHESTRAL VERSION)
13.Virgilio Mago (ORCHESTRAL VERSION)
14.Tarantella Nera (ORCHESTRAL VERSION)
15.Sanghe Amaro (ORCHESTRAL VERSION)
16.Averno (ORCHESTRAL VERSION)
17.Sibilla Cumana (ORCHESTRAL VERSION)
18.Sepeithos (ORCHESTRAL VERSION)
19.Parthenope (ORCHESTRAL VERSION)
20.Megaride (ORCHESTRAL VERSION)

LINE-UP
Giulian

SCUORN – Facebook

DSW – Tales From The Cosmonaut

Ogni canzone è molto bella e vive di vita propria, con un suono che è filo conduttore, un rumoroso tema che si dispiega per la durata di tutto il disco, ora declinato in forma stoner, ora in momenti che farebbero invidia a molti gruppi degli anni settanta.

I DSW sono un gruppo di Lecce, e l’acronimo significa Dust Storm Warning, ma questa tempesta di sabbia è piacevolissima.

Secondo disco dopo quattro anni dal debutto discografico e siamo su livelli molto alti. Lo stile dei DSW attinge da varie fonti e dentro Tales From The Cosmonaut si può trovare l’amore per il suono desertico, un grande stoner e su tutto un incredibile groove molto anni settanta. Negli ultimi anni si è andata a formare una scena dedita alla musica pesante molto interessante, basti pensare al sito doomcharts.com, vero e proprio collettore di questi suoni, ed infatti i DSW sono passati in quella grande classifica mensile del sito. Ascoltando il disco si può capire il perché. Ogni canzone è molto bella e vive di vita propria, con un suono che è filo conduttore, un rumoroso tema che si dispiega per la durata di tutto il disco, ora declinato in forma stoner, ora in momenti che farebbero invidia a molti gruppi degli anni settanta. I DSW non sono certo i primi a coniugare stoner e anni settanta, anzi il primo deriva pesantemente dai secondi, ma amalgamarli con tale stile non è affatto facile, e ancora più difficile è farlo così. Le canzoni sono quasi tutte di lunga durata e danno modo di apprezzare anche le ottime capacità compositive del gruppo, perché mantenere l’attenzione dell’ascoltatore oltre i quattro minuti al giorno di oggi non è facile, ma con i DSW non ti puoi proprio staccare. Un disco davvero bello, continuo e davvero stonerico,che lascia molto soddisfatti e anzi ne fa venire ancora voglia, come solo pochi gruppi sanno fare.

TRACKLIST
1.Vermillion Witch
2.The Well
3.Mother In Black
4.El Chola
5.Classified
6.Crash Site
7.Acid Cosmonaut

LINE-UP
Stefano – Bass Guitar
Marco – Guitar
Luca – Drums
“Wolf” – Vocals

DSW – Facebook

RHumornero – Eredi

Eredi è un disco potente e completo, che è ricco e ottimo in tutti i suoi aspetti, e mostra finalmente un gruppo italiano di rock libero e piacevole, fautore di un gran disco, prodotto e suonato molto bene. Sicuramente uno dei migliori dischi di rock italiano degli ultimi tempi.

I Rhumornero sono un interessantissimo gruppo italiano che fa una sintesi alquanto singolare del rock in italiano ed italiano tout court.

Attivi dal 2005, questi ragazzi hanno all’attivo tre album ed hanno partecipato a tre raccolte di Virgin Radio. I Rhumornero sono un gruppo che opera una sintesi molto valida del meglio del rock cantato in italiano, riuscendo a coniugare melodie, orecchiabilità e grande appeal radiofonico. Eredi è la loro ultima fatica, e direi che è il loro disco migliore. Pochi, anzi nessuno gruppo meno che mai italiano, hanno saputo coniugare, rock melodico e hard, liriche intelligenti e orecchiabilità, senza mai stonare. Il disco è davvero notevole, forte di una capacità di portare l’ascoltatore dove vogliono loro, rendendo il tutto avvincente e variegato, con dei testi finalmente interessanti e che si mettono davvero a nudo, pregando il vuoto di non invaderci troppo. Forte è l’impronta del grunge, ma chi ascolta rock da qualche tempo il grunge ce l’ha dentro, è un’impronta indelebile perché non si trattava solo di musica. Si potrebbero citare riferimenti, ma non sarebbe corretto, poiché i Rhumornero sono venuti dopo alcuni e ne hanno preso qualcosa, ma il novanta per cento è tutta opera loro, ed è una bella opera. Ci sono molti generi musicali qui dentro, e su tutti la personalità del gruppo vince nettamente. Eredi è un disco potente e completo, che è ricco e ottimo in tutti i suoi aspetti, e mostra finalmente un gruppo italiano di rock libero e piacevole, fautore di un lavoro prodotto e suonato molto bene. Sicuramente uno dei migliori dischi di rock italiano degli ultimi tempi.

TRACKLIST
o1.UN MILIARDO DI ANNI
02. METALLI PESANTI
03. L’EQUILIBRIO (versione 2015)
04. SPIRITI
05. NEL TUO SILENZIO
06. SCHIAVI MODERNI
07. MASCHERE
08. EREDI
09. QUANDO AVEVO PARANOIA
10. LIMPERATRICE
11. 1492
12. LAST CHRISTMAS (non si sentirà) (Bonus Track)
13. SOTTO LE STELLE (Bonus Track)

LINE-UP
Carlo De Toni – Voce – Chitarra
Ettore Carloni – Chitarra
Luca Guidi – Batteria
Lorenzo Carpita – Basso

RHUMORNERO – Facebook

Acrimonious – Eleven Dragons

Questi greci sanno molto bene come si fa a rendere interessante un disco e passano di registro in registro con molta facilità: il lavoro è davvero piacevole, libero da tanti vincoli che a volte appesantiscono troppo i dischi di black death

Un diluvio satanico di black metal classico con inserzioni notevoli di death metal.

Terzo album per gli oscuri Acrimonious, attivi fin dal 2002, con molti cambi di formazione che non hanno impedito loro di produrre ottimi album, ed Eleven Dragons si rivela il loro disco più riuscito. Il tiro è del black metal classico, con chitarre veloci e non troppo distorte, la voce trova la sua giusta collocazione tra il growl ed il clean, e la sezione ritmica è molto pulsante. L’ispirazione gli Acrimonious la trovano nella prima ondata black metal, quando il suono era debitore all’hardcore punk, ma gli ellenici ci aggiungono molto di loro, con la voce epica di Cain Latifer che narra di nere storie, e le melodie sono messe in primo piano, senza essere sovrastrutturate da un impianto sonoro troppo pesante per poterle cogliere. Eleven Dragons è un disco di grande sostanza, un tributo molto efficace al nero signore, ed è un disco che segna il grande ritorno del gruppo, che si spera essere stabile. Questi greci sanno molto bene come si fa a rendere interessante un disco e passano di registro in registro con molta facilità: il lavoro è davvero piacevole, libero da tanti vincoli che a volte appesantiscono troppo i dischi di black death, primo fra tutti l’essere ridondanti. Qui tutto fluisce da e verso l’abisso, forse l’unica e vera salvezza che ci viene concessa. Una delle particolarità maggiori del disco è la grande epicità delle canzoni che sembrano allestimenti teatrali, poiché sono piene di drammaticità e pathos. Una grande prova.

TRACKLIST
1. Incineration Initiator
2. The Northern Portal
3. Damnation’s Bells
4. Satariel’s Grail
5. Elder of the Nashiym
6. Kaivalya
7. Qayin Rex Mortis
8. Ominous Visions of Nod
9. Stirring the Ancient Waters
10. Litany of Moloch’s Feast
11. Thaumitan Crown

LINE-UP
Cain Letifer – guitars, vocals
Semjaza – guitars, bass
C.Docre – drums

ACRIMONIOUS – Facebook

Sakem – New War Disorder

New War Disorder è un disco molto al di sopra della media, solidissimo, di metal moderno eppure con un gusto antico, di quando il metal era usato per dire qualcosa, non come ora che troppo spesso è vuoto.

I milanesi Sakem arrivano con un primo album fatto di un metal che gira benissimo, granitico, distorto e marcio, che descrive il nostro mondo, che è molto più marcio di questo suono.

Formati nel 2014, dopo l’uscita del vocalist Lexx dai death metallers Kenos, gli altri componenti vengono da gruppi con le più disparate influenze, e tutto ciò si sente nel suono dei Sakem. La forza di questo notevole disco è quella di declinare in molti modi una monoliticità del suono che li porta ad assomigliare, almeno in parte, a dei Pantera senza tregua, macinando metal ed ossa. Il disco analizza le macerie di quella che noi chiamiamo società, ma che in realtà è una guerra quotidiana. Il suono dei Sakem è anche una sana alternativa a tutte le schifezze che si sentono quotidianamente quando andiamo in giro. New War Disorder è un disco molto al di sopra della media, solidissimo, di metal moderno eppure con un gusto antico, di quando il metal era usato per dire qualcosa, non come ora che troppo spesso è vuoto. L’album cresce ad ogni ascolto e le canzoni sono sempre potenti, piene di belle melodie, composte e suonate da musicisti che sanno molto bene cosa sia e come vada suonato il metal. Dischi come questo riempono il vostro stereo e non c’è molto da dire, ma più da ascoltare. È incredibile anche come si vedano in giro band molto meno capaci dei Sakem ricevere lodi e magari anche vivere del proprio operato, cosa assai difficile al giorno d’oggi. Notevole anche la produzione e la copertina ed il libretto del disco, e il tutto arriva a comporre un ottimo disco di metal con un bel groove e brillanti idee.

TRACKLIST
01. Hangman
02. Red Spirit Dust
03. Tatanka
04. Revolver
05. New War Disorder
06. Mentality
07. Sakem
08. Fire Maker
09. Subliminal Wattage
10. Arising the Dawn
11. Golden Omega

SAKEM – Facebook

Don’t Try This At Home – #01

Questo disco è una delle tante vie giovanili e moderne al metal, e dato che la mente deve essere aperta ascoltatelo, perché ne vale la pena e perché è una bella mazzata, e ogni tanto prendere due schiaffi sonori fa bene.

Da Udine il debutto in free download per questo giovane gruppo di metalcore e hardcore.

Il loro suono non è inedito, ma i ragazzi friulani rielaborano molto bene una materia molto sfruttata ultimamente, come quella del metalcore. I Don’t Try This At Home sono molto potenti e diretti, riuscendo ad inserirsi molto bene su di una onda estremamente frequentata. Il suono di questo ep di esordio, in download libero dal loro bandcamp, è un metalcore veloce, ben prodotto e con finalmente i bassi al posto giusto, poiché troppe volte si ascoltano gruppi del genere con i treble troppo alti, senza profondità. I Don’t Try This At Home invece hanno un gran tiro, sanno sempre cosa fare e lo fanno bene, e per certi versi potrebbero essere considerati eredi di una certa scena hardcore anni novanta, forse inconsapevole progenitrice del metalcore. Certamente il metalcore fa storcere il naso a molti, e per certi versi a ragione, ma questi dovrebbero ascoltare #01 per ricredersi, almeno per quanto riguarda questi friulani. Disco veloce, pesante, con molti ottimi risvolti, suonato con tecnica ma soprattutto mettendo a frutto la molteplicità di ascolti fatti. All’interno della stessa canzone possiamo ascoltare molti cambi di registro, con variazioni sul tema e molto altro. Questo disco è una delle tante vie giovanili e moderne al metal, e dato che la mente deve essere aperta ascoltatelo, perché ne vale la pena e perché è una bella mazzata, e ogni tanto prendere due schiaffi sonori fa bene.

TRACKLIST
1.Mushroom
2.Paranoid Alienation
3.The Beast Within
4.Jeff Buckley
5.Vicious Circle

LINE-UP
Giuliano Bergantin – Vocals
Giovanni Stella – Guitar
Federico Sbaiz – Guitar
Alessandro Cartelli – Bass
Thomas Macorig – Drum

DON’T TRY THIS AT HOME – Facebook

Naddred – Sluagh

La scena black in Irlanda ha partorito diversi buoni gruppi, ma sinceramente nessuno era all’altezza di questi ragazzi, e ascoltando le quattro tracce di questo demo lo capirete, essendo questo un black di livello assoluto.

Dall’Irlanda arriva un nuovo gruppo di black metal da tenere assolutamente d’occhio, figlio di vari incesti fra diversi gruppi dell’underground irlandese, quali Slidhr, Eternal Helcaraxe e Sol Axis.

Il suono di questo gruppo ha l’incedere caratteristico dei grandi gruppi, poiché il loro black metal è veloce, melodico, potente e riesce anche a fare notevoli incursioni nel death metal, il tutto con classe e senso della misura. Soprattutto i ragazzi irlandesi non sono dogmatici, ma scorrazzano da par loro. Questo demo in cassetta lascia presagire un grande futuro, ed effettivamente i segnali ci sono tutti. Quattro pezzi che scorrono benissimo, con una facilità compositiva che potrebbe fare invidia a gruppi ben più consacrati- L’underground del black metal è una continua fucina di ottimi dischi, e soprattutto è la fiamma che tiene su il tutto, senza si scivolerebbe nella noia e nello stereotipo. Il black metal è una materia che ognuno può plasmare a proprio piacimento, e i Naddred lo fanno con grande capacità, e questi quattro pezzi vorresti che fossero cento, tanto sono belli e neri. La scena black in Irlanda ha partorito diversi buoni gruppi, ma sinceramente nessuno era all’altezza di questi ragazzi, e ascoltando le quattro tracce di questo demo lo capirete, essendo questo un black di livello assoluto.

TRACKLIST
01 Four Crowned Prince Of Hell
02 Sluagh
03 The Beast Walks The Earth
04 The Dullahan

NADDRED – Facebook

Muro – El Cuarto Jinete

Il trono in Spagna è ancora di quei ragazzi che un giorno a Vallecas portarono musica veloce e che non si sono ancora fermati.

Nuovo disco dalla genesi tormentata per i pionieri spagnoli dell’heavy e speed metal.

I Muro nacquero nel 1981 nel quartiere di Vallecas, patria del Rayo Vallecano e dell’heavy metal, infatti i nostri con l’epico Acero Y Sangre, live album del 1986, fecero sentire uno dei primi prodotti di marca ispanica in campo heavy e speed. Il loro suono da quel tempo non è mutato di una virgola, anzi si è notevolmente potenziato, e i Muro su disco e dal vivo sono una macchina da guerra, di quelle che non fanno prigionieri. Negli anni i duemila si erano sciolti, ma per fortuna nel 2009 vi era stata la riunione della formazione originaria, e da lì le cose sono andate avanti. Nel 2013, con El Cuarto Jinete ultimato, lo storico cantante Silver ha scelto di dividere il suo destino da quello del gruppo, e gli spagnoli hanno preso con loro la validissima cantante Rosa, anche se nel disco la voce è ancora quella di Silver. A parte tutte le vicissitudini rimane la musica e El Cuarto Jinete è un disco molto bello di heavy metal e speeed metal, fatto con estrema passione, con una produzione che riesce a mettere in risalto la classe dei Muro, che anche grazie al loro cantato in spagnolo sono davvero unici. El Cuarto Jinete è una perfetta sintesi di ciò che dovrebbe essere un disco di heavv metal con una fortissima impronta speed, velocità, concretezza ed epicità, ma senza troppa retorica. Dalla prima all’ultima canzone non si vive un momento di calma o di abbassamento dell’elettricità, e i Muro fanno capire che non sono per nulla intenzionati a sparire, ma sono ben presenti anche più di prima, tant’è che sono anche andati in tour in America.
Il trono in Spagna è ancora di quei ragazzi che un giorno a Vallecas portarono musica veloce e che non si sono ancora fermati.

TRACKLIST
1. Apocalipsis 6,2
2. El Cuarto Jinete
3. Otra Batalla
4. Maldito Bastardo
5. Sobrevivir
6. En el Ojo del Huracán
7. La Voz
8. Hermanos de Sangre
9. Honorable
10. Muero por ti
11. Fratricidio
12. Kill the King (Rainbow cover)

LINE-UP
Lapi – Drums
Largo – Guitars
Julito – Bass
Silver – Vocals

MURO – Facebook

Förgjord – Uhripuu

Uhripuu è un gran disco, senza compromessi e con ottime melodie, ed è un’opera da non lasciarsi assolutamente scappare.

Terzo album per i Förgjord , leggendario gruppo finnico attivo da metà degli anni novanta.

Formati in concomitanza con l’epoca aurea del black, i Förgjord sono un gruppo che ha prodotto poco ma tutto di estrema qualità. Il loro suono è un black classico molto devoto alla tradizione finnica del genere, quindi assai fedele al passato ma molto efficace. La loro caratteristica principale è quella di saper creare un pathos notevole, riuscendo a scolpire nella mente dell’ascoltatore melodie ben precise, sotterrate sotto tonnellate di riffs e distorsioni. La voce è un growl senza tregua, con la chitarra perfettamente distorta in stile black e la batteria costantemente all’assalto. In generale il suono non è molto dissimile da quello di molte altre band, ma è profondamente diverso il risultato, essendo davvero notevole l’empatia che riescono a scatenare. Black metal in giro ce n’è molto ma difficilmente riesce a raggiungere queste vette, coinvolgendo totalmente e direttamente, portandoci in un nero vortice di ossa e neve. La scuola finlandese, ed in particolare le uscite della Werewolf Records, qui in collaborazione con la Hells Headbangers, è di grande interesse, e ultimamente sta continuando a tenere elevata la qualità delle sue uscite, confermando la Finlandia come una delle terre promesse, o maledette, del metal, e del black in particolare. Uhripuu è un gran disco, senza compromessi e con ottime melodie, ed è un’opera da non lasciarsi assolutamente scappare.

TRACKLIST
1.Johdanto
2.Uhripuu
3.Kuolleiden Yö
4.Täyttymys
5.Vahvempi Kuin Koskaan
6.Nälkämaan Laulu
7.Kiviseen Syleilyyn
8.Tie, Totuus Ja Kuolema
9.Ovat Korpit Pois Lentäneet

LINE-UP
Valgrinder – Guitars, Bass
Prokrustes Thanatos – Vocals, Drums
BLK – Drums

FÖRGJORD – Facebook

Disharmony – Goddamn the Sun

Lo stile dei Disharmony fa riferimento alla vecchia scuola del black ellenico, fortemente legata all’aspetto epico sia del suono che dei testi.

Finalmente arriva il tempo del debutto per i Disharmony, gruppo greco di black metal sinfonico. Formati nel 1991, si sciolsero nel 1995 producendo tre demo ed un ep di culto sulla label Molon Lave, per poi riprendere recentemente le attività, culminate in questo disco.

Lo stile dei Disharmony fa riferimento alla vecchia scuola del black ellenico, fortemente legata all’aspetto epico sia del suono che dei testi. La forza dei Disharmony sta nella loro capacità di fondere molte cose diverse all’interno del loro suono, dagli elementi più vicini al suono classico del symphonic black metal, a cose più minimali e quasi recitate. Infatti si ha la netta impressione che questo disco sia come un atto teatrale, che parte da lontano per arrivare fino a noi. Il disco è pieno di pathos, di forza narrativa, e di immagini mentali molto forti. Il tortuoso cammino gruppo di questo gruppo rassomiglia al percorso di un fiume sotterraneo che ha finalmente trovato il modo di sgorgare in superficie sfogando tutta la sua potenza. Il disco è molto particolare e va approcciato con una mente aperta per poterlo apprezzare in tutta la sua ricchezza, che è molto grande e particolare. I Disharmony non sono affatto un gruppo comune e lo dimostrano con questo disco, che è al di sopra della media, e può essere considerato un nuovo inizio per loro. Le soluzioni sono molteplici per tutta la durata del disco, non facendo mai annoiare l’ascoltatore, introducendo anche qualche elemento di novità nel genere, a volte piuttosto stantio. Un lavoro epico, e forte, che narra di un mondo che non è il nostro, tutto da scoprire.

TRACKLIST
1. Invocation – Troops Of Angels
2. The Gates Of Elthon
3. Elochim
4. Summon The Legions
5. War In Heaven
6. Rape The Sun
7. Praise The Fallen
8. Whore Of Babylon
9. The Voice Divine
10. Third Resurrection

DISHARMONY – Facebook

Black Cilice – Banished From Time

Black Cilice documenta questa sofferenza, questo dilaniamento continuo, portandoci totalmente in un’altra dimensione, dove si interrompe il normale flusso della vita.

Il mistero ammanta la figura di Black Cilice, musicista portoghese che da anni è uno dei migliori dell’ottima scena black metal portoghese. Dopo Mysteries del 2015, il nostro ritorna con questo gran disco di black metal classico e lo fi, completamente devoto all’oscuro verbo del nero metallo.

Black Cilice usa il black metal per introdurci in un’atmosfera altra, in una dimensione diversa dalla nostra, dove l’uomo è completamene trasfigurato in un sentimento dilaniato, figlio della frattura tra la nostra anima e ciò che siamo nella nostra dimensione normale e quotidiana. Noi indossiamo ogni giorno delle maschere per sottosta ai diktat di una società che non vole che siamo noi stessi, ed ogni giorno soffriamo, sanguinando con un falso sorriso. Black Cilice documenta questa sofferenza, questo dilaniamento continuo, portandoci totalmente in un’altra dimensione, dove si interrompe il normale flusso della vita. La dimensione in cui ci porta Black Cilice è puro dolore distillato in musica, dove la sua voce in lontananza è un lamento disperato, e la musica è un diluvio di black metal lo fi, formando un magma che converge su di noi, non dandoci punti di riferimento e portandoci lontano, o forse molto vicino ad un qualcosa che abbiamo dimenticato. Black Cilice non sbaglia un disco, confermandosi uno dei più validi nella scena europea e non solo, con un black metal davvero particolare ed unico. Quest’ultimo parte dalla fase classica del genere, per arrivare ad una sintesi personale, unica ed esoterica, per un mistero che si rinnova in continuazione.

TRACKLIST
01 Timeless Spectre
02 On the Verge of Madness
03 Possessed by Night Spirits
04 Channeling Forgotten Energies
05 Boiling Corpses

BLACK CILICE – Facebook

Cripta Oculta – Lost Memories

Lost Memories è un viaggio dentro un passato che riposa dentro di noi e che non aspetta altro che risvegliarsi, ed è anche un ottimo disco di black metal selvaggio e fatto con passione.

Tornano con il loro quarto album i portoghesi Cripta Oculta, uno dei gruppi principali della scena black metal portoghese. Il duo pubblica, con la label di riferimento portoghese Signal Rex, un altro grande disco di black metal classico, intriso di misticismo e di ricerca di qualcosa che va molto oltre gli schemi di questa società.

Il Portogallo è una terra antica ed inquieta, che da moltissimo tempo vive di inquietudine e di uno strano modo di sentire le cose, che ha portato il suo popolo a sviluppare una sensibilità molto particolare, con uno sguardo melanconico verso la vita. Tutto ciò si è spesso tradotto in svariati capolavori nelle più disparate discipline, e Lost Memories si inserisce a pieno titolo in questa casistica. I Cripta Oculta sono difensori e diffusori delle tradizioni lusitane, e in questo disco ci conducono per antichi sentieri grazie al loro black metal selvaggio, lo fi e classicheggiante, di grande impatto. Qui la musica è un mezzo per comunicare empaticamente qualcosa che non potrebbe essere comunicato qualcosa, e chi apprezza il black metal conosce benissimo questo processo. La narrazione ci porta in boschi, sentieri e nel cuore del Portogallo, e il black metal dei Cripta Oculta ci fa vedere cose celate allo sguardo dell’uomo moderno. Si torna indietro in un’esperienza davvero coinvolgente, grazie ad un gruppo assolutamente fuori dal comune per capacità di comunicare e per la sua potenza di fuoco. Si cambia spesso registro in questo disco, passando da cavalcate black metal a momenti di dark ambient con strumenti tradizionali lusitani, andando a ricercare un passato che non è solo nostalgia, ma riproposizione di una tradizione che era e che ora non è più. Lost Memories è un viaggio dentro un passato che riposa dentro di noi e che non aspetta altro che risvegliarsi, ed è anche un ottimo disco di black metal selvaggio e fatto con passione.

TRACKLIST
1.Mistérios do Sangue
2.Uma Noite de Trevas
3.Para o reavivar das Tradições
4.Batalha Nocturna
5.A Dança do Fado Negro
6.A Mão de Ferro que Esmaga Sião

SIGNAL REX – Facebook

Electric Age – Sleep Of The Silent King

Dalla Lousiana arriva un disco di musica che solo nel sud degli States fanno in una certa maniera, tra paludi e polvere di tombe di antiche famiglie maledette.

Dalla Lousiana arriva un disco di musica che sono nel sud degli States fanno in una certa maniera, tra paludi e polvere di tombe di antiche famiglie maledette.

Gli Electric Age provengono dalla Louisiana, si sono formati nel 2013 e tutti hanno un passato in gruppi locali. Il loro suono è un doom metal fortemente contaminato dal southern, ovvero una forte impronta di quel tipo di composizione pesante ma allo stesso tempo ariosa che viene da lontano. Fin dalla seconda canzone Shepherd And Raven si può degustare questo suono fatto di solidità e melodia, con la voce che detta i tempi, chitarre non troppo distorte e che compiono sinuosità comprensibili e notevoli senza eccedere, e una sezione ritmica che non passa mai in primo piano, ma che è un fondamentale collante. Nelle canzoni degli Electric Age possiamo ritrovare un antico retrogusto doom, che si spinge quasi nel proto doom, un qualcosa di molto vicino al southern. Gli anni ottanta soprattutto, ed in minor misura gli anni settanta, trasudano da questo disco ma non è un suono derivativo, perché è una rielaborazione originale. I tempi sono dilatati ma non troppo, e tutto trova spazio, perfino tastiere suonate in maniera intelligente. Il risultato complessivo è davvero buono, le canzoni sono composte molto bene e il disco fila via fluido. Nell’avanzare del disco si può leggere una storia, quella di un viaggio nel tempo e nella conoscenza, fra tenebre e divinità, con sullo sfondo morte e redenzione. Tutte queste cose non sono novità ma non è facile raccontarle in una certa maniera, e soprattutto la musica è davvero di alto livello, con un gusto davvero unico.

TRACKLIST
1.The Threshold
2.Shepherd And The Raven
3.Robes Of Grey
4.Cold Witch
5.Priestess Pt.1
6.Black Galleons
7.Sleep Of Winter
8.Silent King
9.Elders
10.Priestess Pt. 2
11.Electric Age
12.The Dreaming

LINE-UP
Shawn Tucker – Lead Vocals,Guitar,Bass
J. Ogle – Guitar,Bass,Vocals
Kelly Davis – Drums,Vocals

ELECTRIC AGE – Facebook

Void Cruiser – Wayfarer

Lenta possenza, giri acidi, grunge e space desert stoner fanno di questo disco un qualcosa di davvero interessante, dove chi ama la musica pesante troverà la sua raison d’etre.

A chi piace la musica pesante viene difficile spiegarne il perché.

Certamente la musica spiega la propria essenza molto meglio di qualsivoglia discorso, perché solo certe vibrazioni che vogliamo cogliere ci entrano dentro. Di vibrazioni e riverberi questo disco ne è pieno, come di riff e lentissimi ma possenti giri di basso e batteria. In Wayfarer giace l’essenza della musica pesante, che è una materia vastissima, perché al suo interno possono convivere molti elementi e definizioni. In questo caso siamo davanti ad un grandissimo disco di stoner desert estremo con puntate nello space più visionario e psichedelico, degli Hawkwind più lisergici ed interessanti. Il gruppo finlandese fa decollate nello spazio profondo un desert rock molto dilatato, distorto e magnifico. Si parte dal deserto per arrivare a quello che è illustrato sulla bella copertina, ovvero una desolata catena montuosa, che potrebbe sia essere sul nostro pianeta che su qualsiasi altro nell’universo. Ascoltando i Void Cruiser essi tengono fede al loro nome, facendoci viaggiare davvero tanto e lungamente. La voce sussurra quasi nelle nostre orecchie ed ha una forte impronta grunge, perché l’incedere tipico di quel genere è molto radicato in queste composizioni, perché gli Alice In Chains in particolare fanno capolino in desertiche cime lunari, in tute dove viene rilasciato il soma per far sopravvivere i nuovi coloni. I Void Cruiser sono insieme dal 2011, legati prima di tutto da forti vincoli di amicizia cementati dall’amore comune per certe musiche. Nel 2015 hanno esordito positivamente con Overstaying My Welcome, ma Wayfarer è il disco più riuscito fa i due.
Lenta possenza, giri acidi, grunge e space desert stoner fanno di questo disco un qualcosa di davvero interessante, dove chi ama la musica pesante troverà la sua raison d’etre.

TRACKLIST
1. A day on which no man was born
2. I didn’t lie but I know now that I should have
3. As we speak
4. Madonnas and whores
5. Seven years late
6. All over nowhere
7.Maailman kallein kaupunki

LINE-UP
T-Hug – Low Frequency Engine.
V-Salo – Soundscape System.
T-Bag – Battering Apparatus.
S-Salo – Fuzz Machinery & Communications.

VOID CRUISER – Facebook