Acts Of Tragedy – Left With Nothing

Questi ragazzi riescono a creare un magma sonoro figlio dell’incontro tra metal e qualcosa dalle parti dei Dillinger Escape Plan, il tutto lanciato a mille all’ora, con una produzione notevole.

Al primissimo ascolto dei cagliaritani Acts Of Tragedy mi sembrava di trovarmi davanti all’ennesimo disco di metalcore melodico, con parti più dure e altre parti molto, anzi fin troppo melodiche.

E invece sbagliavo, e di molto, vittima di pregiudizi che non dovrebbero esserci. Gli Acts Of Tragedy fanno metalcore, o meglio metal moderno, ma hanno una potenza, un tiro ed una tecnica che li portano molto al di sopra della media del genere. Questi ragazzi riescono a creare un magma sonoro figlio dell’incontro tra metal e qualcosa dalle parti dei Dillinger Escape Plan, il tutto lanciato a mille all’ora, con una produzione notevole. Gli Acts Of Tragedy sono potenti e molto coinvolgenti, e hanno prodotto un disco che spacca, come direbbero i giovani. Left With Nothing, il suo titolo, potrebbe essere l’epitaffio sulla tomba dei giovani di oggi che si mangiano la merda che hanno lasciato quelli di prima: è un disco di metal moderno a trecentosessanta gradi, e dentro c’è tutto il meglio degli ultimi venti anni di metal melodico, dove melodia non sta per commercializzazione scontata, ma per ricerca di qualcosa di piacevole in mezzo alla durezza. l’album funziona benissimo anche grazie al notevole apporto della produzione, che fa rendere al meglio questo suono che piacerà su ogni lato dell’oceano, perché le sue radici sono comunque americane. Un disco molto bello, dall’inizio fino alla fine, e non è poco.

TRACKLIST
1.Under the Stone
2.Melting Wax
3.The Worst Has yet to Come
4.The Man of the Crowd, Pt. 1
5.Smoke Sculptures and Fog…
6.The Man of the Crowd, Pt. 2
7.Incomplete
8.Nothing
9.Vice
10.Oaks

LINE-UP
Alessandro Castellano – Drums
Andrea Orrù – Vocals
Lorenzo Meli – Bass
Paolo Mulas – Guitar
Gabriele Murgia – Guitar & Backing Vocals

ACTS OF TRAGEDY – Facebook

Acrosome – Narrator And Remains

Il suono è un vortice che non scema mai, e nel mezzo di questo black metal carnale e fisico ci sono ottimi intarsi sinfonici e tutto il disco è inteso come un’opera, con atmosfere ed azioni che si dipanano man mano che scorre la sua interezza.

Acrosome è il nom de plume di Da, che è creatore totale e padrone di questa bestia musicale.

Sono sempre affascinanti le avventure musicali solitarie, e sono molto comuni soprattutto nel black metal, che è moltissime cose, e forse è il genere più solipsistico della storia. Attraverso il black metal si può esprimere la più infinita gamma di sentimenti e accadimenti senza aver bisogno di ausili o aiuti esterni, e questo disco ne è la più lampante dimostrazione. Acrosome è black metal totale, potente ed oscuro, Acrosome è un suono che satura l’ambiente, sigillando ogni via di fuga perché è di noi e di se stesso che sta parlando. I testi sono interessanti ed intelligibili perché il cantato è pulito e assai distinguibile. Il suono è un vortice che non scema mai, e nel mezzo di questo black metal carnale e fisico ci sono ottimi intarsi sinfonici e tutto il disco è inteso come un’opera, con atmosfere ed azioni che si dipanano man mano che scorre la sua interezza. Narrator And Remains è infatti una grande opera di black metal, magniloquente e perfettamente plausibile, e il lavoro stesso ne è la spiegazione migliore. Acrosome si conferma come uno dei progetti più interessanti ed originali del black metal europeo e non solo, e questo album doverebbe essere la definitiva conferma per questo musicista molto dotato.

TRACKLIST
1. First Step On To The World
2. Crossbreed Rising
3. Cognitive Contact
4. Sight
5. In The Wake Of Foot Traces
6. Accommodate
7. Terra Amata

LINE-UP
DA – All Instrument and Programming

ACROSOME – Facebook

Cold Body Radiation – The Orphean Lyre

Post rock, post metal, gothic, un po’ di black, dolci distorsioni e tanto tanto amore, che è solo differente da quello comune per un disco commovente, bellissimo, e luminoso, tanto luminoso.

Troppo spesso ci dimentichiamo che la musica è il principale veicolo dei nostri sogni, un Caronte che ci porta oltre, superando il nostro quotidiano, trascendendo il tutto. Invece, le note rimangono poveramente intrappolate, in schemi, stilemi, pregiudizi ed altre lenti morti.

I Cold Body Radiation riportano la musica in quota sopra le nuvole e ben al di sopra delle nostre umane facezie. Li ho conosciuti con Deer Twilight ed è stato immediato amore verso la loro triste gioia e la lieve gravità. Qui si superano nuovamente, andando ad addolcire maggiormente i loro suoni, seguendo un chiaro cammino tra Cure, post rock e un cuore che sanguina. Sono carezze, lievi strusciamenti di vite parallele che non potranno o non riusciranno ad incontrarsi mai, perché l’incompiutezza è l’unico segno tangibile e sincero dell’essere umano. Non ci sono mai cali o sbagli in questo disco, tutto fluisce come un fiume di vita, di calore, di gelo, di amore e di odio. Ogni tanto si possono ascoltare le precedenti stimmate del black metal, che anche qui è stato madre feconda per poi lasciare liberi ben presto il proprio figlio. La provenienza è l’Olanda, ma importa davvero poco il come e il quando, qui ci sarete solo voi e la musica, e quest’ultima è qualcosa di incredibilmente emozionante, volando alto come un’anima distaccata dal copro guarderete di sotto e forse capirete. Post rock, post metal, gothic, un po’ di black, dolci distorsioni e tanto tanto amore, che è solo differente da quello comune per un disco commovente, bellissimo, e luminoso, tanto luminoso.

TRACKLIST
1.the ghost of my things
2.sinking of a wish
3.all the little things you forget are stored in heaven
4.at sea
5.the orphean lyre
6.spiral clouds
7.you where missing
8.the forever sun

COLD BODY RADIATION – Facebook

Doctor Cyclops – Local Dogs

Dentro Local Dogs, solo per elencarne alcuni, possiamo trovare heavy rock anni settanta, note riecheggianti i primi Deep Purple e i Jethro Tull più muscolari, doom classico e proto doom, cavalcate in stile New Wave Of British Heavy Metal, psichedelia incandescente e tanto altro.

Dal pavese arriva quello che uscendo a fine marzo 2017 sarà molto probabilmente uno dei dischi dell’anno, se non IL disco dell’anno.

Sono rimasto seriamente stupefatto dalla prova di questo trio. Dentro Local Dogs, solo per elencarne alcuni (e dovete assolutamente sentire come vengono resi), possiamo trovare heavy rock anni settanta, note riecheggianti i primi Deep Purple e i Jethro Tull più muscolari, doom classico e proto doom, cavalcate in stile New Wave Of British Heavy Metal, psichedelia incandescente e tanto altro. Magnifico perdersi in questo disco, in questo labirinto erboso di bellezza sonora, dove tutto è bello, rumoroso e naturale. Se dovessero chiedervi di elencare dei dischi anni settanta od ottanta di musica rumorosa potete fare un favore a voi e al vostro dirimpettaio consigliando direttamente questo disco, perché qui c’è tutto. Si rimane meravigliati dalla prima all’ultima nota, ci sono persino intarsi di epic metal e doom insieme, e il risultato non è assolutamente un accatastare musica alla rinfusa, ma c’è un disegno creatore superiore, molto superiore. E cosa che non mi stupisce questo prodigio è nato a Bosmenso, un paese sull’appennino pavese, perché è nella provincia che vive e lotta la volontà di potenza. Il loro percorso è stato lungo ed interessante, e questo disco è una delle migliori cose mai fatte nell’undeground italiano.
Scendete nel buco nella terra vicino all’albero…

TRACKLIST
Side A
I. Lonely Devil
II. D.I.A.
III. Stardust (feat. Bill Steer)
IV. Epicurus
V. Wall Of Misery

Side B
I. King Midas
II. Stanley The Owl
III. Druid Samhain (feat. Bill Steer)
IV. Witch’s Tale
V. Witchfinder General

LINE-UP
Christian Draghi – Guitar and Vocals
Francesco Filippini – Bass
Alessandro Dallera – Drums

DOCTOR CYCLOPS – Facebook

Light Of The Morning Star – Nocta

Nocta è la summa di quanto di meglio possa offrire il metal più tenebroso quando si fonde con un senso gotico della melodia, e il disco potrebbe essere la colonna sonora della notte di un vampiro, che desidera lascivamente nottetempo ma al contempo è conscio di essere maledetto.

Non si sa granché di O-A, unico deus ex machina di Light Of The Morning Star, ma spiega molto più la sua musica che mille parole.

Dopo aver esordito nel 2016 con l’ep Cemetery Glow, andando ad esplicare le coordinate del progetto, O- A torna con questo debutto sulla lunga distanza, che è notevole. Nocta è la summa di quanto di meglio possa offrire il metal più tenebroso quando si fonde con un senso gotico della melodia, e il disco potrebbe essere la colonna sonora della notte di un vampiro, che desidera lascivamente nottetempo ma al contempo è conscio di essere maledetto. Questi nove cantici oscuri sono pieni di melodie sensuali e di distorsioni che accompagnano una tenebrosa eppure calda narrazione, senza fronzoli o autocompiacimenti, ma solo tanta nera sostanza. Molti sono i generi trattati, da una radice funeral doom melodica si passa ad un gothic metal con sfumature black melodiche, ma su tutto domina la melodia. Le canzoni sono strutturate in maniera da creare un climax che trasporta l’ascoltatore in un limbo piacevole, ma assai vicino alla morte, che è comunque uno stadio della nostra natura. O-A compone e suona da solo un album di canzoni bellissime e lascive, sensuali e vampiresche, il tutto con una lucidità ed una facilità musicale che non possono che stupire. Si rimane fortemente attratti da questa musica magnetica che sa di castelli polverosi e cimiteri con la nebbia, da ascoltare al buio e con le cuffie.
Nocta piacerà molto a chi ama il doom ed il metal più dark, ed è propenso a fare incursioni sonore in altri ambiti musicali.

TRACKLIST
1.Nocta
2.Coffinwood
3.Serpent Lanterns
4.Grey Carriages
5.Crescentlight
6.Oleander Halo
7.Ophidian
8.Lord of All Graves
9.Five Point Star

LIGHT OF THE MORNINGSTAR – Facebook

Sepultura – Machine Messiah

Machine Messiah è un ottimo disco di metal moderno, con molte influenze e anche sperimentazioni, un andare avanti senza guardarsi indietro, pur tenendo conto di un glorioso passato.

Nuovo disco per i Sepultura, ed è decisamente un’ottima prova. Potremmo stare a discutere ore addirittura soltanto sulla legittimità dell’usare il marchio di fabbrica Sepultura da parte di Andreas Kisser e Paulo Jr., ma qui non siamo in un aula di tribunale.

Qui diamo suggerimenti e condividiamo i nostri ascolti, e questo è un grande ascolto. Machine Messiah è un ottimo disco di metal moderno, con molte influenze e anche sperimentazioni, un andare avanti senza guardarsi indietro, pur tenendo conto di un glorioso passato. Fin dalla prima canzone si capisce che questo è forse il disco più incisivo dei nuovi Sepultura, con Derrick Green in forma strepitosa, con una voce molto aggressiva e potente, che graffia ferocemente sul tappeto sonoro. Andreas Kisser è un grande compositore metal e non solo, lo si capisce molto bene con Machine Messiah e, se vi capita, andate a cercarvi le sue colonne sonore e capirete ancora meglio.
L’ intelaiatura delle canzoni è notevole, basterebbe ascoltare Iceberg Dances che da una fuga di organo diviene un esercizio flamenguero per poi andare verso un prog metal spaziale. La produzione è grandiosa, i suoni sono precisissimi e molto potenti, e non manca una bilanciatura più che adeguata, con l’uso delle tastiere che rende ancora più magniloquente il tutto.
Ci sono tantissime cose dentro questo disco, e vale la pena esplorarle tutte. Per divertirsi qui viene richiesta solo un po’ di apertura mentale e l’apertura di una linea di credito verso la nuova incarnazione dei Sepultura, e ne verrete soddisfatti grandemente. Machine Messsiah è un disco potentissimo e notevole che saprà soddisfare molti gusti metallici, soprattutto di chi ha fame e voglia di musica diversa e progressiva nella sua direzione.
Si deve ascoltare la musica e non parlare di un nome, e i Sepultura ci sono, eccome se ci sono.
Intanto, da più di trent’anni la storia continua.

TRACKLIST
01. Machine Messiah
02. I Am The Enemy
03. Phantom Self
04. Alethea
05. Iceberg Dances
06. Sworn Oath
07. Resistant Parasites
08. Silent Violence
09. Vandals Nest
10. Cyber God

LINE-UP
Andreas Kisser – Guitars
Derrick Green – Vocals
Eloy Casagrande – Drums
Paulo Jr. – Bass

SEPULTURA – Facebook

Praecognitvm- Inalienable Catharsis

Accelerazioni, grandi respiri e soprattutto ottimo black metal fanno di questa cassetta qualcosa di molto di più di un demo e un grandissimo inizio per questo duo cileno, che regalerà grandi emozioni.

Demo di debutto di questo duo cileno uscito in forma digitale l’anno scorso. Questo demo, che è davvero riduttivo definirlo come tale, ha impressionato moltissimo i satanisti che stanno dietro alla Iron Bonehead Production, tanto da voler farlo uscire in cassetta.

Il motivo di cotanto stupore è presto chiarito dal primo ascolto del disco, che è davvero buono. Il suono dei Praecognitvm è un black metal classico misticheggiante, fatto in maniera semplice eppure incredibile perché hanno una melodia ed una classicità black metal che desta stupore. Sembra che riesca tutto facile a questo duo cileno, quattro pezzi per ventisette minuti di puro godimento, che lasciano l’ascoltatore estremamente soddisfatto, e che danno quel sentire che solo i grandi dischi di black metal hanno, e che i black metallers conoscono molto bene. La produzione è lo fi in maniera adeguata, anche se si sente che c’è un certo lavoro dietro, e soprattutto una perfetta conoscenza di come rendere questo suono. Le canzoni sono nere poesie che avanzano ineluttabili, portandoci in un tempo ed in un luogo dove l’uomo starebbe molto meglio rispetto ad ora. Accelerazioni, grandi respiri e soprattutto ottimo black metal fanno di questa cassetta qualcosa di molto di più di un demo e un grandissimo inizio per questo duo cileno, che regalerà grandi emozioni.

TRACKLIST
1.Forest of Shattered Souls
2.Path to Oblivion
3.Reminiscence
4.Ashes and Blood

PRAECOGNITVM – Facebook

TheBuckle – Labbrador

Labbrador piacerà a chi possiede una mente aperta e vuole ampliare i propri orizzonti musicali, senza lasciare nulla d’intentato, per lasciarsi possedere da ritmo che si fa logos molto potente.

Chitarra, voce e batteria, e tutti molto incazzati. Due sole persone ai comandi, che sono Andrea e Maxim insieme nei Unwelcome e nei Kessler.

La formula del super power duo calza alla perfezione, e il tappeto sonoro steso dai due è un hard stoner con tempistiche alla Queens Of The Stone Age, con un taglio molto noise nella costruzione dei banchi di melodie. Questa seconda prova del gruppo piacerà molto a chi ama la musica pesante fatta con cognizione e conoscenza musicale. Quest’ultima permette al duo di usare molti stili diversi per un unico risultato, arrivando ad un risultato notevole ed originale. Forte è anche l’impronta grunge, che si sente nella pesantezza e nella potenza di certi passaggi, perché gli anni novanta hanno lasciato un’eredità molto forte, e qui si sente tutta. Il dinamico duo sforna un disco che ha un ritmo incredibile dentro, come un ouroboros che si morde la coda in eterno, e fortunatamente è anche difficile scegliere un genere per questo gruppo. Si sale e si scende, si percorrono stretti corridoi e poi si cade in mare, per riprendere a correre senza fiato, insomma non ci si annoia mai. Tra le righe si possono sentire molte tradizioni di musica rumorosa, da quella americana a qualche reminiscenza di hard rock britannico, soprattutto in certi ritmi. Labbrador piacerà a chi possiede una mente aperta e vuole ampliare i propri orizzonti musicali, senza lasciare nulla d’intentato, per lasciarsi possedere da ritmo che si fa logos molto potente. Un disco labirintico.

TRACKLIST
1. Evil Sky
2. Goin’ Home
3. Hey You
4. Labbrador
5. Blind
6. Sixty-Two (Featuring Xabier Iriondo)
7. Think (Featuring Xabier Iriondo)
8. Perfect Black
9. Shemale (Featuring Xabier Iriondo)
10. On My Own
11. 12 Seconds

LINE UP
ANdREA
MaXIM

THEBUCKLE – Facebook

Rhino – The Law Of Purity

I Rhino riescono sempre a trovare la giusta concatenazione di note, il ritornello adatto e la sfuriata di classe, ed è gran stoner rock.

Dall’assolata e bellissima Catania arriva questo ottimo gruppo di stoner e fuzz, che fanno musica di gran spessore.

Il loro suono è un distorto e potente stoner rock di forte impronta psichedelica, costruito su jam molto potenti con un groove notevole. Il suono del deserto si sente prepotentemente nel dna di questo gruppo, ma non è derivativo, bensì è ulteriore carburante per il loro suono. Le influenze spaziano temporalmente tra anni settanta e novanta, che sono poi le coordinate spazio temporali comuni a molti gruppi stoner. I Rhino di loro ci mettono una particolare furia, e suonano come fossero dal vivo e i loro concerti devono essere infuocati, perché qui ci sono le stimmate del rock passionale e dionisiaco. L’impronta dei Rhino si sente in maniera netta, il loro suono è molto riconoscibile, tra un incedere rock e momenti maggiormente duri. Tutte le tracce del disco sono coinvolgenti e potenti, tenendo sempre l’ascoltatore incollato alla cassa, trascinandolo come su di un cavallo impazzito nella prateria. Il gruppo catanese sa quando usare l’acceleratore e quando rallentare, e tutto suona davvero bene, di grande effetto. Fondamentalmente qui c’è lo spirito rock, ma non quello finto e strombazzato, bensì quel substrato che anche se fai principalmente stoner ti accompagna come uno spirito guida. I Rhino riescono sempre a trovare la giusta concatenazione di note, il ritornello adatto e la sfuriata di classe, ed è gran stoner rock.

TRACKLIST
1.Intro
2.The Law of Purity
3.Bursting Out
4.Grey
5.Nuclear Space
6.Eat My Dust
7.Nine Months
8.A.&B. Brown
9.Cock of Dog
10.I See the Monsters

LINE-UP
Marco “Frank The Door” – Bass
Seby “Red Frank” – Rhythm Guitar
Alfredo “Lord J.Frank” – Drums
Luca “Frank Real Tube” – Lead Guitar
Niko “Frank The Doc” – Lead Vocal

RHINO – Facebook

Ekpyrosis – Asphyxiating Devotion

Gli Ekpyrosis sono un gruppo incredibile, hanno un suono ed una sicurezza che li fa sembrare posseduti, ma fortunatamente no, sono solo dei ragazzi con voglia e gran cultura metal che hanno sfornato un capolavoro.

Ad un certo punto arrivano dei ragazzini e pubblicano uno dei migliori dischi di death metal degli ultimi cinque anni più o meno.

Questo debutto vi lascerà senza fiato, perché se chiudete gli occhi, magari non per sempre, vi troverete a cavalcare nel death americano anni novanta, ma anche meglio. Asphyxiating Devotion è un continuum di death metal marcio e cattivo, suonato con potenza e freschezza che non deriva solo dalla giovane età ma soprattutto dalla precisione della visione musicale degli Ekpyrosis. Provenienti dalla Brianza, questi ragazzi annullano con un disco solo molti nomi ben più celebri ed idolatrati: ascoltandolo si viene folgorati dal loro suono, ed è una scintilla come quando ascoltavate certi dischi death che ti scavavano dentro, perché il death migliore genera un sentire difficilmente descrivibile a chi non ami il genere. Gli Ekpyrosis sono un gruppo incredibile, hanno un suono ed una sicurezza che li fa sembrare posseduti, ma fortunatamente no, sono dei ragazzi con voglia e gran cultura metal che hanno sfornato un capolavoro. La particolarità del disco è quella di avere un groove notevole, e tutte le tracce filano perfettamente. Avrei voluto vedere le facce alla Memento Mori quando hanno ascoltato il demo degli Ekpyrosis, perché si sono ritrovati tra le mani un gruppo eccezionale. E’ una gioia immensa ascoltare dei giovani fare un death così bello e potente, perché ovviamente hanno un grandissimo futuro davanti. Personalmente il disco l’ho conosciuto attraverso dei blog metal in rete, dove aveva creato un certo fermento con commenti entusiastici. Me ne sono interessato, poiché nell’underground in rete, quando alcune persone davvero competenti ne parlano, difficilmente sbagliano ed infatti… Ossa che saltano, gente che vola all’inferno.

TRACKLIST
1.Profound Death
2.Obsessive Christendom
3.God Grotesque
4.Immolate the Denied
5.Incarnation of Morbidity
6.Morticians of God
7.Depths of Tribulation
8.Blasphemous Doom
9.Unearthly Blindness

LINE-UP
Marco Teodoro – Vocals, Guitar
Nicolò Brambilla – Vocals, Guitar
Ilaria Casiraghi – Drums
Marco Cazzaniga – Bass

EKPYROSIS – Facebook

AFI – The Blood Album

Gli AFI sicuramente non sono inferiori a molti gruppi odierni, anzi, ma qui sembrano la brutta copia di un gruppo emo punk odierno, loro che hanno scritto grandi pagine di musica.

Decimo disco in studio per i veterani AFI, ed è subito un gran successo commerciale, se oggi si può ancora parlare di successo commerciale per un disco.

The Blood Album arriva quattro anni dopo Burials, ed è un album di cui francamente non se ne sentiva il bisogno. Gli AFI in passato sono stati un grande gruppo di punk hardcore melodico con molte influenze esterne, dal gothic al dark in stile The Cure, ed erano riusciti ad essere uno dei gruppi più interessanti nel panorama del boom del punk negli anni novanta e duemila. In tanti si sono emozionati ascoltando gli AFI, e tanti lo faranno ancora adesso. Ma c’è una grande differenza fra il prima ed il dopo degli AFI, poiché i dischi precedenti erano di buona qualità, mentre questo disco è pieno di commercialità, piattezza e ritornelli tutti uguali, per un prodotto davvero medio basso. Le canzoni sembrano tutte uguali e quando non lo sono è perché, per brevi istanti, riecheggiano i vecchi fasti, ma sono davvero pochi momenti. Gli AFI sicuramente non sono inferiori a molti gruppi odierni, anzi, ma qui sembrano la brutta copia di un gruppo emo punk, loro che hanno scritto grandi pagine di musica. E’ un gran peccato ascoltarli così, ma ora sono anche più famosi rispetto a prima e ciò la dice lunga sui tempi musicali (e non) che stiamo vivendo.

TRACKLIST
1. Dark Snow
2. Still a Stranger
3. Aurelia
4. Hidden Knives
5. Get Hurt
6. Above the Bridge
7. So Beneath You
8. Snow Cats
9. Dumb Kids
10. Pink Eyes
11. Feed from the Floor
12. White Offerings
13. She Speaks the Language
14. The Wind That Carries Me Away

LINE-UP
Davey Havok – vocals
Jade Puget – guitars
Hunter Burgan – bass
Adam Carson – drums

AFI – Facebook

Black Rainbows – Carmina Diabolo

Carmina Diabolo è forse il loro disco maggiormente duro, con meno spazio alla psichedelia rispetto ad altri momenti, qui c’è più velocità ed aderenza al verbo desertico.

Dolcissimo perdersi nuovamente nella musica di Carmina Diabolo dei romani Black Rainbows, che riassumono molto bene il meglio della musica pesante psichedelica.

Una delle caratteristiche migliori del trio è quella di saper sintetizzare in ottima maniera generi diversi, riproponendo il tutto in maniera personale ed originale. La cosa che risalta maggiormente è però il loro groove, poiché quando suonano sembra di avere davanti una ragazza sinuosa che balla musiche lascive e sensuali, e si viaggia lontano, perché bisogna abbandonarsi a questa musica. Riascoltando Carmina Diabolo, alla luce degli album successivi, si rimane stupiti della maturità musicale del progetto romano fin dagli inizi. Certamente il loro suono deriva da grandi nomi come Kyuss, Mc5, Hawkwind ed altri, ma il novanta per cento del risultato è loro. Le canzoni sono strutturate molto bene e sono delle jam portate in fondo e perfezionate. La musica ipnotica e coinvolgente del trio romano è un qualcosa che è uscito molto presto dall’Italia, basti vedere dove hanno suonato nella loro carriera, e per non smentirsi ora sono in America, terra che li ama, poiché i Black Rainbows non sbagliano un disco, cosa che non si può affermare per molti gruppi a stelle e strisce. Carmina Diabolo è forse il loro disco maggiormente duro, con meno spazio alla psichedelia rispetto ad altri momenti, qui c’è più velocità ed aderenza al verbo desertico. Sia come sia, è davvero un gran disco, che doveva essere ristampato perché stava diventando difficile trovarlo, e per un lavoro così ne vale davvero la pena.

TRACKLIST
1.himalaya
2.babylon
3.under the sun
4.what’s in your head
5.bulls & bones
6.carmen diabolo
7.in the city
8.return to volturn
9.the witch
10.space kingdom

LINE-UP
GABRIELE FIORI
ALBERTO CROCE
GIUSEPPE GUGLIELMINO

BLACK RAINBOW – Facebook

Unexpectance – Metastasis De La Esperanza

Gli Unexpectance confermano che il metal può essere uno dei mezzi migliori per spiegare il mondo, per esprimere ciò che portiamo dentro.

Gruppo metal proveniente dalle Asturie, e più precisamente da Oviedo, gli Unexpectance sono alla prima prova su lunga distanza.

Il loro suono è un misto di groove metal, metalcore e death metal per un disco che non manca di potenza e passione, ma difetta in originalità. Ciò non è però un problema perché gli asturiani fanno una mezcla molto buona, il suono esce potente e preciso, e forse con una produzione più complessa il loro suono risalterebbe maggiormente. Il disco è un concept album sulla metastasi della speranza, preso atto di come va il nostro mondo. Gli Unexpectance confermano che il metal può essere uno dei mezzi migliori per spiegare il mondo, per esprimere ciò che portiamo dentro, gridando nel dilaniamento provocato per la distanza da ciò che siamo e da ciò che vorremmo essere. Il cantato in spagnolo a due voci del gruppo è notevole ed è sicuramente uno dei loro pregi maggiori. In quasi tutti i pezzi c’è poi una ricerca graduale e bene gestita della melodia, che non fa assolutamente degli Unexpectance un gruppo commerciale, bensì un gruppo dalle molte armi e dalle molte possibilità. Il loro suono è molto moderno ed in linea con tutto ciò che è venuto dai Gojira in poi, ma la loro è una sintesi originale. Un disco, ma soprattutto un gruppo, da scoprire.

TRACKLIST
1.La Caída (Intro)
2.Entropía
3.El Fin De Los Días
4.Liberate Me Ex Inferis
5.Abismo
6.Ante Las Puertas
7.La Metástasis De La Desesperanza
8.Incepción
9.Lágrimas En La Tormenta
10.Quiasma
11.Sinestesia

LINE UP
Dani L. – Growl Vocals
Salvador G. “Poyo” – Drums
Aitor G. “Mike Stamper” – Bass, Clean Vocals
Nacho P. “Nacho Another” – Guitars, Backoìing Vocals
Fran P. – Guitars

UNEXPECTANCE – Facebook

Goatmoon – Stella Polaris –

Il disco è volutamente ridondante e pieno di pathos, e ci vuole molta classe per fare un lavoro come questo, laddove altri avrebbero miseramente fallito i Goatmoon riescono molto bene, pubblicando un disco potentemente melodico, in linea con la loro storia.

Quando si tratta di fare black metal originale fuori dagli schemi, seguendo una strada propria, allora non troverete di meglio dei Goatmoon, che poi possono essere riassunti nella persona di Black Goat Gravedesecrator, fondatore e colonna portante del gruppo ormai dal lontano 2002.

La parabola musicale del gruppo è notevole e ha un suo senso, soprattutto se si conta l’evoluzione dagli inizi con un black metal molto raw e legato al punk, mentre poi piano piano si è fatto strada un suono con afflati maggiormente epici e legati alla Finlandia. Stella Polaris può essere considerato a buon ragione il punto più alto di questo percorso, poiché è sicuramente l’album più epico e strutturato dei Goatmoon. Per tutto il disco si segue la stella polare nelle fredde lande finlandesi, lottando contro tutto e tutti , per affermare la propria volontà di potenza. Lo svilupparsi del disco non è mai scontato e l’ascoltatore è sempre tenuto in tensione. La grande protagonista di questo disco è la melodia, che trova nel forte uso dell’organo al sua stella polare. Epicità e black metal si compenetrano alla perfezione, mostrando nuove vie al nero metallo. Questa tendenza è forte in molti dischi di black metal finlandese dell’ultimo periodo, per segnare nuove vie nella musica estrema. Il disco è volutamente ridondante e pieno di pathos, e ci vuole molta classe per fare un lavoro come questo: laddove altri avrebbero miseramente fallito, i Goatmoon riescono molto bene, pubblicando un disco potentemente melodico, in linea con la loro storia. Certamente, come il destino del novanta per cento dei dischi black metal, dividerà molti giudizi, ma francamente è un problema da non porsi nemmeno.

TRACKLIST
1.Intro
2.Stella Polaris
3.Kansojen Hävittäjä
4.Wolf Night
5.Sonderkommando Nord
6.Warrior
7.Conqueror

GOATMOON – Facebook

Vomit Angel – Sadomatic Evil 12″

Dodici pollici di debutto per questo duo danese di furioso death metal primitivo, con attitudine black.

Dodici pollici di debutto per questo duo danese di furioso death metal primitivo, con attitudine black.

Alcol e metal degenerante sono una delle poche cose che riescono a rendere felici i Vomit Angel e noi con loro, deliziati da questo assalto sonoro di 8 pezzi in diciannove minuti. Il suono del duo è fortemente debitore della vecchia scuola sudamericana del black death, dove il suono grezzo e la voce tagliente e gorgogliante diventano un pregio importante. Per gli amanti delle cronache metal i due che rispondono al nome Vomit Angel sono stati membri fondatori dei Sadogoat, per poi confluire nei Sadomator, i quali hanno pubblicato tre importanti album proprio su Iron Bonehead, una delle etichette principali per il metal potente, distorto e degenere. Chi ama il genere rimarrà folgorato da questo dodici pollici, che risponde a tutti i crismi del genere. Ci sono più cose in questi diciannove minuti che in certi dischi da due ore. Riffoni, conversazioni in growl e batteria scalciante, questi sono i Vomit Angel e va benissimo così.

TRACKLIST
1. Sadomator
2. Time Travel
3. Cotard
4. Voices in the Wind
5. Host of Darkness
6. Time of the Moon
7. Blasting Black Goat Attack
8. Female Goat Perversion

LINE UP
Lord Titan – Drums, Vocals (backing)
Necrodevil – Guitars, Vocals

IRON BONEHEAD PRODUCTIONS – Facebook

Dyrnwyn – Ad Memoriam

I Dyrnwyn ci trascinano sul campo di battaglia, ci fanno sentire il battito del cuore del legionario che combatte nel fango della foresta di Teutoburgo, ed è un qualcosa di spiazzante, perché si arriva a capire cosa provavano questi romani che combattevano a migliaia di miglia da casa

I romani Dyrnwyn compiono un capolavoro con questo loro ep Ad Memoriam, dopo il demo del 2013 Fatherland.

Nell’ep vengono rievocate solennemente le gesta di Roma e specialmente dell’esercito romano, braccio armato nella conquista di quello che fu l’impero: se non si parla delle sue gesta e della complessità che aveva ci pensano di Dyrnwyn con un disco clamoroso. Il suono è un folk metal che, a seconda della necessità narrativa, diventa folk, nel momento in cui la storia viene cullata sulle ali del ricordo, o metal nel ricordare il ferro delle legioni romane. La commistione dei generi riesce perfettamente e musicalmente le canzoni sono pazzesche, con un perfetto equilibrio di melodia e cattiveria. Riesce anche molto bene il gioco fra voce pulita e voce in growl, il tutto in italiano. Il risultato è un disco che rievoca in maniera potentissima Roma, la sua gloria, e le sue battaglie. Questa rievocazione non è la solita vuota riproposizione di impeto guerresco, ma un’accurata e sentita ricostruzione di ciò che effettivamente fu. I Dyrnwyn ci trascinano sul campo di battaglia, ci fanno sentire il battito del cuore del legionario che combatte nel fango della foresta di Teutoburgo, ed è un qualcosa di spiazzante, perché si arriva a capire cosa provavano questi romani che combattevano a migliaia di miglia da casa, sapendo che molto probabilmente Roma non l’avrebbero mai più rivista. Ad Memoriam mostra chiaramente, usando alla perfezione il linguaggio del folk metal, il motivo di tutto ciò: la gloria imperitura di Roma, questi ragazzi e questi uomini combattevano per una cosa che noi non ci immaginiamo nemmeno, è qualcosa di incomprensibile perché non lo abbiamo dentro. La musica e i testi del gruppo creano un incredibile empatia tra noi ed i soldati, tra noi e la Roma che fu. E questa Roma è necessariamente pagana, come cantano i Dyrnwyn, perché quando muore il paganesimo muore anche l’idea stessa di Roma, e non c’è storico in buona fede che lo possa negare. Questo ep dovrebbe essere fatto sentire nelle scuole, perché ha un valore storico immenso, ed è a dir poco trascinante. Teutoburgo è una canzone che ti fa sentire lì, in quella foresta germanica, dove furono annientate intere legioni e non solo. Per farvi capire come erano i romani, dopo questo delirio di battaglia, combatterono i germani per sette anni, prima di mettere il fiume Reno come confine a nord. I romani erano dei figli di puttana immensi, in questo disco c’è tutta la loro essenza e questo ep entra nel pantheon del folk metal italiano,che sarà anche limitato, però riserva chicche come questa e Ferro Italico dei Draugr, di cui i Dyrnwyn sono giustamente grandi fan e debitori.

TRACKLIST
1.Ad Memoriam
2.Sangue Fraterno
3.Sigillum
4.Tubilustrium
5.Ultima Quiete
6.Teutoburgo

LINE UP
Ivan Cenerini – basso
Alessandro Mancini – chitarra solista
Ivan Coppola – Batteria
Michelangelo Iacovella – tastiera
Daniele Biagiotti – voce

DYRNWYN – Facebook

Rudhen – Imago Octopus

Il groove di Imago Octopus è profondo e fresco, come una birra ghiacciata nel deserto che ci circonda.

Assai vasto è il mare magnum dello stoner nostrano e non solo, dato che è un genere che negli ultimi anni ha conosciuto notevole diffusione.

Partendo da questo presupposto bisogna anche dire però che molte delle band si assomigliano, dividendosi all’incirca per gruppi di influenza, con chi è più desertico, chi più sabbatico, chi più regina dell’età di pietra, però essere originali non é affatto facile. I Rudhen invece ci riescono molto bene, dando alle stampe un ep di stoner di derivazione desertica, ma con una forte anima psichedelica, e quasi prog in certi frangenti. Le canzoni dei Rudhen sono concepite come dei potenti viaggi da compiere, e la meta è quella che ognuno di noi preferisce e si crea. Raramente si ascolta un gruppo stoner con questa profondità di espressione musicale, dove una stessa traccia può mutare in diversi e multiformi disegni di luce nelle ombre. Con i Rudhen si parte e non si sa dove si arriva, ed è questo il bello. Il gruppo nasce in Veneto e tra un pub e l’altro nel 2013 si mettono insieme, nel 2014 iniziano a suonare e subito riescono a creare interesse intorno a loro, ed ascoltandoli non si fa fatica a capirne il perché. Questo loro secondo ep è sicuramente il loro lavoro più maturo e, a livello compositivo, è assai notevole: il loro suono non annoia mai, anzi si ha voglia di annidarsi comodamente in questi corridoi di suono vitaminico ed arioso. I Rudhen, grazie alle loro diverse influenze ed al loro talento, emergono nettamente dal resto degli altri gruppi ed assicurano ottimo stoner e soprattutto un grande divertimento.
Il groove di Imago Octopus è profondo e fresco, come una birra ghiacciata nel deserto che ci circonda.
La provincia colpisce ancora molto forte.

TRACKLIST
1.Sorrow For Your Life
2.Rust
3.Flying Into the Mirror
4.Lost
5.Arabian Drag

LINE-UP
Alessandro Groppo – Voice
Fabio Torresan – Guitar
Maci Piovesan – Bass
Luca De Gaspari – Drums

RUDHEN – Facebook

Crurifragium – Beasts Of The Temple Of Satan

Violenza, impeto death metal con intarsi di brutal e grindcore per un disco davvero violento eppur suonato molto bene, Satana approva.

Un disco di bestiale death metal incrociato carnalmente con un grindcore veloce e marcio.

Se volete ascoltare un disco di metal estremo suonato con passione e violenza, Beast Of The Temple Of Satan, il debutto di questo gruppo, è un disco che appagherà in pieno chi cerca emozioni forti dal metal, in questo caso davvero estremo. La voce è quella di un sacerdote satanico mentre squarta corpi inermi, mentre dietro c’è un inferno di ritmi infernali, dove la batteria incalza il suono grezzo della chitarra e del basso. I Crurifragium sono in tre, ma sono una legione demoniaca che si abbatte sulla terra, in una caccia fruttuosa e sanguinosa. Ossa, sangue, e teste aperte, ecco l’incedere della metallica marcia, e soprattutto nessun compromesso ne prigionieri. I Crurifragium sono gli ex Warpvomit, che avevano dato alle stampe un disco solo recensito qui sulle nostre pagine, che erano forse ancora più grezzi e brutali, anche se qui non si scherza. Si viene piacevolmente storditi da questo mortale effluvio di violenza ed estremismo musicale, che però mantiene una forte impronta di metal classico, perché nel loro substrato i classici numi ci sono.
Violenza, impeto death metal con intarsi di brutal e grindcore per un disco davvero violento eppur suonato molto bene. Satana approva.

TRACKLIST
01 Behold (Evangelation)
02 Stigmata Excruciation
03 Unfurl the Banners of Evil
04 Flayed Angels
05 Exalted Blasphemous Trinity
06 Vespers for the Massacred
07 Slaughterers of the Flocks
08 Utter Sadism
09 Crucified Bastard
10 Beasts of the Temple of Satan
11 The Horns of Power

INVICTUS PRODUCTIONS – Facebook

Fankaz – Seities

Tanta melodia ed un’equilibrata durezza per un disco che fa star bene e che davvero ci voleva. Lasciatevi andare, al resto ci pensano i Fankaz.

I Fankaz pubblicano un disco che riallinea le stelle e il globo terracqueo con l’hardcore melodico, genere troppo spesso stuprato da ignoranti senza arte né parte.

I Fankaz hanno qualcosa in più rispetto alle altre band del genere e lo si sente subito, grazie anche alla loro grande padronanza tecnica, che li porta ad eccellere. Il disco sarà uno dei più grandi successi che la vostra cameretta abbia mai visto, con dita alzate e cori che volano, e tanto tanto amore. Finalmente con un disco come Seities ci si può abbandonare alla musica, lasciando da parte generi, sottogeneri, pose o dichiarazioni rilasciate all’asilo dal cantante o in piscina a nove anni dal bassista. Questo è un disco da godere, abbandonarsi e lasciarsi andare, nella migliore tradizione dell’hardcore melodico tecnico. Una delle loro maggiori ispirazioni, e lo dichiarano anche loro, sono i magnifici Belvedere, un gruppo canadese di hardcore melodico fatto con gran tecnica che è un piacere solo pronunciarne il nome. E i Fankaz sono anche meglio in alcuni frangenti. Questi ragazzi, che sono già in giro da un po’, hanno un sacco di registri e di idee, ma soprattutto emozionano e hanno quel suono che è davvero bello risentire riproposto in questa maniera, così appassionata e competente. Musica da adolescenti ? No di certo, perché le emozioni non devono avere età, e risentire che da qualche parte battono ancora i cuori al ritmo di Belvedere, Lagwagon e Strung Out, non può che riempire di gioia. Seities è un disco davvero ben fatto e suonato benissimo, e dal vivo deve essere una bomba. Tanta melodia ed un’equilibrata durezza per un disco che fa star bene e che davvero ci voleva. Lasciatevi andare, al resto ci pensano i Fankaz.

TRACKLIST
01-Intro
02-Screams of Lies
03-Overwhelmed
04-I Feel Sorry
05-Broken City
06-Behind the Curtains
07-Petrified
08-My Stories
09-Something Personal
10-Day by Day
11-Fale Witness
12-Symptoms

LINE-UP
RICKY – Guitar – Voice
ELIO – Guitar – Voice
MORA – Bass – Voice
POLE – Drums

FANKAZ – Facebook

Thrownness – The Passage And The Presence

I Thrownness hanno piazzato un primo colpo da ko, e spero ne seguano tanti altri che ci lasceranno sanguinanti e barcollanti come questo.

Totale massacro hardcore per questo giovane gruppo milanese: Thrownness è un concetto filosofico introdotto dal filosofo tedesco Heidegger, che viene dai più additato come pessimista e catastrofico, ma che invece aveva ragionato molto profondamente sulle gesta umane e ne aveva ricavato una giusta consapevolezza.

Riassumendo in breve il concetto di Thrownness, lo si può descrivere come un disagio derivante dal fatto di essere stati buttati nel mondo senza averlo potuto scegliere, e che abbiamo un disagio atavico nato per la differenza tra la vita che viviamo e quella che vorremmo vivere, quindi frustrazioni, deliri, etc. Insomma Thrownness è disagio, e il gruppo milanese col supporto del disagio fa un disco di hardcore metal clamoroso, velocissimo, molto potente e suonato con un piglio da consumati veterani, a conferma del fatto che non conta tanto la sapienza nell’hardcore ma l’importante è avere la futta, la rabbia e se la razionalizzi musicalmente ne viene fuori un disco come The Passage And The Distance. Il disco, in download libero sul bandcamp della Drown Within Records (date un’occhiata anche alle loro altre produzioni che sono tutte ottime), è un continuo fluire di lava metallicamente hardcore, con molti riferimenti a gruppi e situazioni anni novanta e anche al meglio dei duemila. No, non è metalcore, che non è un genere totalmente disprezzabile, ma qui è hardcore metal, che è un’altra roba, anche se i generi come sempre sono etichette pressoché inutili. In alcuni momenti si arriva addirittura a congiungere l’hardcore con cose come i Dillinger Escape Plan, o avvicinarsi alle dinamiche del crossover. Ciò che davvero conta è che questi ragazzi hanno fatto un grandissimo disco, trascinante e coinvolgente dal primo all’ultimo secondo, con una potenza davvero unica e un grande produzione a supportarli. I Thrownness hanno piazzato un primo colpo da ko, e spero ne seguano tanti altri che ci lasceranno sanguinanti e barcollanti come questo.

TRACKLIST
1.Verfall
2.Unclean Lips
3.The Fertile Abyss
4.Olympus of Appearance
5.Error Sewer
6.Servant and Supplicant
7.Thalassic Regression
8.Fragment of a Crucifixion, 1950

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