Prong – Zero Days

Zero Days continua la tradizione della band newyorkese, da decenni punto fermo del metal estremo moderno che ha le sue radici all’inizio degli anni novanta

Dopo più di una fase a singhiozzo per quanto riguarda le uscite discografiche, i Prong hanno trovato una costanza per certi versi inattesa.

Archiviato l’ultimo lavoro, l’ottimo X- No Absolutes dello scorso anno, Tommy Victor torna sul mercato con un nuovo macigno groove industrial metal dal titolo Zero Days, tredici brani all’insegna di un sound rabbioso, potente ma valorizzato da un talento melodico sempre presente fin dai tempi del capolavoro Cleansing.
Victor è come il vino, più invecchia più diventa buono, ha perso, come logico, la grintosa rabbia della giovinezza per un approccio più (concedetemi il termine) ruffiano, o per qualcuno maturo, ma sono dettagli o modi di vedere le due facce della stessa medaglia.
La verità è che Zero Days lascia in parte molte delle melodie del precedente lavoro per tornare a lidi modern thrash, ovviamente senza perdere un grammo di appeal, tanto che queste tredici immediate bombe sonore, non lasciano scampo ed entrano in testa al primo colpo, massacranti e all’apparenza senza compromessi.
E’ inevitabile esaltarsi per il groove dell’opener However It May End o la title track, sballottare il testone al ritmo dell’ hit Divide And Conquer, o per un attimo tornare alle origini con la devastante Interbeing.
Zero Days è alimentato dal thrash metal, corso in aiuto al massacro perpetuato da Victor, accompagnato dal fido Art Cruz alle pelli e da Mike Longworth al basso, quest’ultimo al posto di Jason Christopher, presente sul precedente full length.
E’ di thrash metal che si parla in Operation Of The Morel Law, mentre rimandi alla fabbrica della paura si avvicendano con il sound tipicamente Prong della bordata industriale Self Righteous Indignation.
Zero Days continua la tradizione della band newyorkese, da decenni punto fermo del metal estremo moderno che ha le sue radici all’inizio degli anni novanta: anni che hanno regalato nuovi stimoli e generi alla musica contemporanea, alla faccia dei puristi e dei detrattori e ancora lontana dall’essere giunta al capolinea.

Tracklist
01. However It May End
02. Zero Days
03. Off the Grid
04. Divide and Conquer
05. Forced Into Tolerance
06. Interbeing
07. Blood Out of Stone
08. Operation of the Moral Law
09. The Whispers
10. Self Righteous Indignation
11. Rulers of the Collective
12. Compulsive Future Projection
13. Wasting of the Dawn
14. Reasons to Be Fearful

Line-up
Tommy Victor – guitar, vocals
Mike Longworth – bass
Art Cruz – drums

PRONG – Facebook

Babylon Pression – Heurex D’ Etre Content

Ascoltando Heureux D’ Etre Content troverete l’incrocio del metal con i più svariati generi, come l’hardcore, a volte il rap, ma potrebbe essere anche il blues.

Torna il ciclone francese chiamato Babylon Pression, gruppo che porta alta la bandiera del metal bastardo francese.

Ascoltando Heureux D’ Etre Content troverete l’incrocio del metal con i più svariati generi, come l’hardcore, a volte il rap o potrebbe essere anche blues.Tutto ciò non porta al crossover ma ad uno stile meticcio che ha un nome ben preciso: Babylon Pression. Il disco è un ulteriore passo in avanti di una carriera da sempre guidata dalla voglia di scuotere e di far muovere i giovani e meno giovani. I Babylon Pression sono nati nell’ormai lontano 1989 e da quel momento hanno prodotto diversi dischi e fatto molti live non solo in patria, ma anche all’estero. La loro parabola è stata fino ad un certo punto in comune con alcuni gruppi come i Lofofora, anche loro tra i principali artefici della nuova onda metal francese. Dal 2010 in poi prenderanno la via del do it yourself, ed infatti questo disco esce in crowdfunding, e i fans lo sapevano già che sarebbe stato ottimo. L’ascoltatore viene calato in un musica frenetica e coinvolgente, con un substrato punk hardcore ma con uno sviluppo melodico assai inconsueto, anche grazie alle loro particolari tecniche di canto. Si viaggia veloci tra le onde insidiose di questa nostra maledetta società e si gusta il particolare gusto della libertà creativa, poiché i ragazzi sono padroni in toto della loro musica. L’intensità non viene mai meno per tutta la durata del disco, e ci si diverte moltissimo perché ad ogni accordo può spuntare un momento diverso da quello precedente. In Italia, forse per la barriera linguistica, ma è un scusa davvero labile, snobbiamo questa magnifica scena francese che dà davvero ottimi frutti come questo disco, che dall’inizio alla fine è un concentrato di metal altro, ottime idee e soprattutto di furia sensata.

Tracklist
1 J’arrive quand j’arrive
2 Verse ta javel
3 La pinte
4 La loi de la rue
5 Je m’en sortira
6 La boite à Partouze
7 Toutes des mères sauf ma pute
8 Couche confiance
9 Pépé violeur
10 La raclure

Line-up
Mat – Voic
Julien – Guitar
Roswell – Bass
JB – Drum

BABYLON PRESSION – Facebook

https://www.youtube.com/watch?v=9AC45Jsj-3I

Onryō – Oni

Di Oni rimane la voglia di ascoltarlo ancora per essere nuovamente catturati e tritati dentro la potenza e la follia di chitarre affilatissime e velocissime, di un batteria che insegue il caos, di una voce bellissima e di un basso che ammazza i gaijin.

Ep di quattro pezzi devastanti, quattro killer di silicio incandescente, tra Dillinger Escape Plan, Meshuggah e un massacro giapponese di samurai.

Onryō nel folclore giapponese è uno spirito solitamente di sesso femminile, che dopo aver sofferto in vita o essere stata uccisa dal proprio uomo o da un uomo in generale, torna dall’aldilà per perseguitare il carnefice. Ecco, questa descrizione copre in parte l’assalto sonoro di questo gruppo romano, demone inquieto tra John Zorn, futurismo sonoro e immane potenza controllata attraverso la matematica. La lunghezza dell’ep è perfetta per poter godere appieno della bellezza perversa di questo disco, dove non c’è mai un ritornello, o una cosa scontata in un continuo rimescolamento di carte, in un vortice di vera potenza, per potere scoprire fino a che punto si possa spingere il nostro orecchio. Oni è la testimonianza di come sia davvero alta la qualità del nostro sottobosco estremo, perché questo disco non è un’eccezione ma un’altra perla in una strada disseminata di ottimi dischi, che magari non sono sotto gli occhi di tutti ma dobbiamo giusto guardare più a fondo nell’occhio del male. Di Oni rimane la voglia di ascoltarlo ancora per essere nuovamente catturati e tritati dentro la potenza e la follia di chitarre affilatissime e velocissime, di un batteria che insegue il caos, di una voce bellissima e di un basso che ammazza i gaijin.

Tracklist :
1 Oni
2 The Pyromaniac -Anarchogrind
3 Humanphobia
4 Sickness And Aluminium Foil Helmets

ONRYO – Facebook

Breaking Larsen Theory – Wasted Words

La cura per le melodie va di pari passo con sfumature metalliche ed atmosfere dark rock, ritmiche groovy e quel senso di tragico vivere che porta il sound del gruppo a scendere nell’ombra, senza perdere in tensione e mantenendo un approccio forte, mai mieloso, eppure dall’ottimo appeal radiofonico.

Le vie dell’alternative metal/rock sono infinite, molte portano a successi effimeri e dischi piatti e già sentiti, con formule trite e ritrite dal almeno venticinque anni, altre invece prendono la strada della personalità e di un buon songwriting e riescono a risultare freschi pur rivendicando le proprie ispirazioni e d influenze.

Wasted Words per esempio, debutto dei giovani Breaking Larsen Theory, non mancherà di allertare non solo gli ormoni delle pulzelle in giro per concerti in questa estate metallica, ma soddisferà pure i rocker con magari qualche anno in più sul groppone ed un passato a smuovere natiche con il rock intimista e perdente della piovosa Seattle, qualche altro tra l’hard rock moderno e un presente a tutta birra con le nuove leve alternative delle quali il gruppo milanese è un buon esempio.
Grinta metal e melodie intimiste, rock ed alternative, qualche spunto dark, e più di una atmosfera tooliana, danno all’album tutte le caratteristiche per non passare inosservato in una scena in cui la fatica a convincere non è neppure l’infinitesimale parte della velocità con cui si sparisce nel dimenticatoio della generazione iPod.
Un click e via si viene cancellati dalla play list, a meno che non si abbia qualcosa da dire e lo si faccia con la fermezza e la voglia dei Breaking Larsen Theory con le loro undici tracce più intro a formare un lavoro fresco, intenso, dark e drammatico, sempre in bilico tra la potenza del metal e il più ragionato impatto rock.
La cura per le melodie va di pari passo con sfumature metalliche ed atmosfere dark rock, ritmiche groovy e quel senso di tragico vivere che porta il sound del gruppo a scendere nell’ombra, senza perdere in tensione e mantenendo un approccio forte, mai mieloso, eppure dall’ottimo appeal radiofonico.
Visions, l’ elettronica che attraversa brani d’impatto come B.L.T., il groove che lascia spazio alle melodie in On The Cruel Real sono solo una parte del sound che Phil, Aiden, Teo e Jody hanno preparato come ingredienti di un piatto d’alta cucina, buono, ma allo stesso tempo elegante e presentato con tutti i crismi: assaggiatelo e non smetterete più di gustarlo.

Tracklist
1. Metastasis (intro)
2. Every Road I’ve Kept Alone
3. Visions
4. Wasted Words
5. On The Cruel Real
6. Wake Up! (reprise)
7. B.L.T.
8. Severing Ties
9. Picture Of You
10. Beyond This Hole
11. Dream In Colour

Line-up
Phil – Vocal, Guitar
Aiden – Bass Guitar, Backing Vocals, FX Producer
Teo – Lead Guitar
Jody – Drums

BREAKING LARSEN THEORY – Facebook

Jumpscare – Sowing Storm

EP di debutto per i napoletani Jumpscare, gruppo modern metal che si muove tra furia thrash e muri sonori di stampo metalcore.

I modern thrashers napoletani Jumpscare debuttano per Volcano Records & Promotions con Sowing Storm, ep di tre brani che mette in luce il buon impatto del quintetto.

Attiva da un paio d’anni ma con una buona presenza live, la band dimostra la sua notevole carica metallica, a tratti estrema ma talvolta tenuta al guinzaglio da un approccio alternative metalcore con cui  prova a rendere più cool la proposta, riuscendoci solo in parte.
Infatti i Jumpscare offrono il meglio quando la parte selvaggia del vecchio e mai domo thrash metal prende il sopravvento, risultando invece leggermente forzati nelle parti in cui i ritmi si fanno più marziali e di tendenza.
The Climb è un brano che colpisce nel segno, riuscito nelle melodie senza perdere la carica estrema, segue il brano più thrash dei tre, l’opener My Purifyng Day, mentre con la title track le caratteristiche del sound utilizzato dal gruppo sono ben bilanciate tra furia metallica thrash oriented ed atmosfere core.
Si viaggia nei territori del metal moderno, i brani sono aggressivi e dall’impatto prevalentemente live, un muro sonoro che troverà la sua dimensione sopra un palco ma che ancora deve essere meglio focalizzato in fase di registrazione.
Aspettiamo buone nuove da un eventuale full length, consigliando l’ascolto ai fans accaniti del genere.

TRACKLIST
1.My Purifying Day
2.The Climb
3.Sowing Storm (The day of your dark decay)

LINE UP
Lorenzo Gallo  – Vocals
Salvatore Andrea Ciccarelli – Bass Guitar
Vincenzo Mussolino- Guitar
Graziano Ciccarelli – Drums

JUMPSCARE – Facebook

Mesembria Magog – Ultra-Mk

Il fatto di essere un gruppo con una certa esperienza, sia in studio che dal vivo, porta i Mesmebria Magog ad offrire un’opera di buon livello, con un immaginario cyber elettro punk che spicca molto.

I foggiani Mesembria Magog sono attivi dal 2002, nati dagli sforzi dei fratelli Claudio e Stefano D’ Onofrio.

Il nome è una contrapposizione fra Mesmebria, una mitica regione fra Grecia e Turchia molto vicina al paradiso in terra, e il demone Magog citato nell’apocalisse. E tutta la loro musica segue questa atavica contrapposizione fra bene e male, fra luce e tenebra. Il genere proposto è un’interessante commistione fra metal, elettronica ed un ebm geneticamente modificata. Come risultato i Mesembria Magog raggiungono un buon livello, dato che rielaborano la lezione di vari gruppi creando un clima denso e che fa venire voglia all’ascoltatore di seguire lo sviluppo del disco. Il fatto di essere una band con una certa esperienza, sia in studio che dal vivo, porta i Mesmebria Magog ad offrire un’opera di buon livello, con un immaginario cyber elettro punk che spicca molto. Assai azzeccata in tale senso la scelta di rielaborare la canzone Rebel Yell di Billy Idol, compagna fedele di quel clima ottantiano tra tecnologia e Blade Runner. L’ep seppur breve è un ottimo assaggio di cosa sia questo gruppo, e delle sue potenzialità. Mk Ultra parla della nostra società e delle enormi difficoltà che ci pone, e della sua missione di distruzione e di autodistruzione. Le poche voci critiche rimaste provengono da gruppi della provincia come i Mesembria Magog, che con passione e sudore dipingono il decadente ritratto di una tecno società subliminale e subdola.

TRACKLIST
1. Against Everything
2. Hey Baby
3. Jump It
4. Rebel Yell (Mk Mix)

LINE-UP
Claudio d’Onofrio – Voice
Stefano d’Onofrio – Keyboards
Angelo Annicchiarico – Guitar
Gianluca Maffei – Drums
Manuele Soldano – Bass

MESEMBRIA MAGOG – Facebook

Vetriolica – Dichiarazione D’Odio

Ci mettono tanto impatto ed attitudine i Vetriolica, il loro lavoro risulta caratterizzato da una forza che vi travolgerà in tutta la sua insana potenza nella sua dimensione più consona, quella dal vivo.

E’ dagli inizi degli anni novanta che i Vetriolica da Verona hanno fatto la loro comparsa sulla scena estrema nazionale, prima con una formazione a tre che li ha visti protagonisti di infuocati live per supportare i due demo (Vetriolica e Bambini Epilettici) ed il primo full length Ferocia, prodotto da Paul Chain.

Nel 2013 il ritorno con una formazione a quattro ed una sezione ritmica nuova di zecca (Jack Tusk al basso e Hubert Fast alle pelli) che si aggiunge ai due musicisti storici, Henry Ford (chitarra e voce) e Marious Kalash (voce e chitarra).
Per Andromeda Relix esce questo nuovo lavoro intitolato Dichiarazione D’Odio, un belligerante esempio di metal estremo di matrice moderna, groovy e che unisce thrash, metalcore e qualche spunto hardcore per un devastante e quanto mai esplosivo risultato d’insieme.
Testi in italiano, urlati ma non sguaiati, una potenza senza freni e una devozione per i fratelli Cavalera fanno di Dichiarazione D’Odio il classico lavoro diretto e senza filtri, un muro sonoro violento che si avvale di qualche spunto melodico, ma non perde un grammo di pesantezza per tutta la sua durata.
La sensazione è di essere al cospetto di una band vera, lontana da certa aggressività di facciata o da ruffianerie volte a fare breccia nei giovani utenti di canali satellitari: con i Vetriolica ci si fa male, molto male, presi a pugni dall’immane violenza di Impatto Zero, Vuoto a Perdere o Psicotropazione.
Ci mettono tanto impatto ed attitudine i Vetriolica, il loro lavoro risulta caratterizzato da una forza che vi travolgerà in tutta la sua insana potenza nella sua dimensione più consona, quella dal vivo.
Un buon ritorno, consigliato agli amanti dei suoni estremi di matrice thrash core.

TRACKLIST
1.      Melma
2.      Vetriolica
3.      Impatto Zero
4.      Malata
5.      Exxon Valdez
6.      Vuoto a Perdere
7.      Senza Appello
8.      2473
9.      Psicotropazione
10.  Discesa agli Inferi

LINE UP
Marious Kalashnikov – Vocals, guitars
Henry Ford – Guitars, vocals
Jack Tusk – Bass
Hubert Taba – Drums

VETRIOLICA – Facebook

The Interbeing – Among The Amorphous

Un buon ibrido tra gli ormai scontati cliché di un genere (il metalcore) che risulta in affanno da un paio di anni a questa parte e l’industrial classico, più vicino al death metal, e meno ad MTV…

Tornano con il secondo lavoro sulla lunga distanza gli industrial metallers The Interbeing, gruppo danese che bene aveva fatto parlare di sé all’indomani dell’uscita del debutto Edge Of The Obscure, risalente ormai a sei anni fa.

Prodotto da Jonas Haagensen (Amaranthe, Pretty Maids e Volbeat), Among the Amorphous si muove tra l’industrial metal ed il metalcore, pregno di ritmiche sincopate ma dal potentissimo groove, fulminanti esplosioni e aperture melodiche nei cori puliti che, come di moda oggigiorno, abbondano.
Personalmente preferisco la band quando si fa rabbiosa nelle sue pulsioni  rabbiosa esplode all’unisono, una bomba estrema industrial metal come si sentiva un po’ di anni fa, tra la tecnica devastante dei Meshuggah  e le fredde ritmiche dei Fear Factory, mentre le parti melodiche abbassano leggermente la tensione avvicinandosi troppo al sound in uso di questi tempi.
Un dettagli perché l’uso dei campionamenti è perfettamente inserito nel metal moderno del gruppo, le atmosfere rimangono piacevolmente estreme e quando il gruppo si avvicina al djent risulta davvero in gamba (Borderline Human).
Chiaramente in un album del genere la differenza la fanno i brani che in generale si mantengono su buoni livelli, estremi, non facili da assimilare in modo immediato ma che escono alla distanza.
Un buon ibrido tra gli ormai scontati cliché di un genere (il metalcore) che risulta in affanno da un paio di anni a questa parte e l’industrial classico, più vicino al death metal, e meno ad mtv, Among The Amorphous ha nel suo insieme il suo punto di forza , anche se l’opener Spiral Into Existence e Pinnacle Of The Strain meritano una menzione, specialmente la seconda per un lavoro ritmico sopra le righe.
Un album che riporta l’attenzione sulla scena danese, almeno per quanto riguarda il genere, patria di gruppi notevoli come i Mnemic ed i Rauchy, ma poco prolifici, in un mondo musicale che, purtroppo anche nel metal tende a dimenticare.

TRACKLIST
01. Spiral into Existence
02. Deceptive Signal
03. Sins of the Mechanical
04. Borderline Human
05. Purge the Deviant
06. Cellular Synergy
07. Enigmatic Circuits
08. Pinnacle of the Strain
09. Sum of Singularity
10. Among the Amorphous

LINE UP
Dara Toibin – Vocals
Torben Pedersen – Guitars, Vocals
Boas Segel – Guitars, Programming
Jacob Hansen – Bass
Kristoffer Egefelt – Drums

THE INTERBEING – Facebook

While She Sleeps – You Are We

Il disco è un piccolo manuale di come si possa fare metal moderno in maniera orecchiabile, ma anche intelligente e propositiva.

I While She Sleeps fanno un metalcore molto moderno ed interessante, usando in maniera appropriata i canoni del genere, con spunti originali e ottime melodie.

Questi ragazzi inglesi non hanno avuto vita facile in campo musicale, dopo il buon debutto del 2012 This Is The Six in pieno periodo metalcore, che pareva essere il preludio di un’ottima carriera. Invece l’operazione alle corde vocali del cantante Loz Taylor e la non perfetta riuscita della seconda uscita Brainwashed avevano dato l’impressione di un gruppo alle corde. Fortunatamente per il metalcore gli inglesi sono resuscitati dalle proprie ceneri come una fenice, e grazie all’aiuto finanziario dei fans sono riusciti a pubblicare questo disco per la sussidiaria della Nuclear Blast, la Arising Empire. Tenacia e fede nei propri mezzi, che qui si confermano di ottima levatura, poiché il risultato è davvero buono. You Are We funziona bene, grazie anche alla grande capacità del gruppo di cambiare diversi registri e generi, rimanendo sempre nell’ambito del metal moderno, ma spaziando a 360° al suo interno. I While She Sleeps suonano con il cuore, supportati da una tecnica non indifferente, ma soprattutto hanno una grande passione e tanta voglia di far sentire cosa sanno fare. Il disco è un piccolo manuale di come si possa fare metal moderno in maniera orecchiabile, ma anche intelligente e propositiva. Ci sono perfino echi di nu metal in questo disco, insieme ad un metalcore di livello inattaccabile. In questo periodo nel genere stanno rimanendo a galla solo le band migliori, e i While She Sleeps appartengono decisamente a questo novero. Ascoltando il disco si può facilmente capire perché siano così amati dai loro fans.

TRACKLIST
01. You Are We
02. Steal The Sun
03. Feel
04. Empire Of Silence
05. Wide Awake
06. Silence Speaks
07. Settle Down Society
08. Hurricane
09. Revolt
10. Civil Isolation
11. In Another Now

LINE-UP
Lawrence Taylor – Vocals
Sean Long – Guitar
Mat Welsh- Guitar / Vocals
Aaran Mckenzie – Bass
Adam Savage – Drums

WHILE SHE SLEEPS – Facebook

Miss May I – Shadows Inside

Il risultato è un disco che rischia di piacere solo ad adolescenti che non hanno ancora dimestichezza con il genere o a chi è davvero un fan sfegatato dei Miss May I.

Tornano gli americani Miss May I, uno dei maggiori gruppi metalcore e modern metal in giro negli ultimi anni.

Il gruppo proveniente dall’Ohio è uno dei più seguiti a livello mondiale, grazie alla sua formula che unisce metal assai melodico con ritornelli da college radio ed un’immagine molto pulita. Dopo la sbornia degli anni passati il metalcore si sta assestando, cercando di trovare motivi per farsi ancora seguire dai fans. Gli elementi della musica dei Miss May I rappresentano un insieme di ciò che piace maggiormente ad una parte di ascoltatori del metalcore, diciamo alla parte più legata alla melodia. Il metal qui è un elemento di partenza, uno starter che poi viene usato per fare tutt’altro. La produzione è ottima, il gruppo è capace, ma il disco scivola veramente addosso, senza lasciare nulla o quasi. Forse anni fa questo album sarebbe stato un gran successo e forse lo sarà anche ora, ma è davvero un qualcosa di stanco e tirato per le orecchie. Le melodie che si possono sentire in Shadows Inside possono essere gustate altrove con maggiore godimento, e anche il lato più heavy è davvero deficitario. Il risultato è un disco che rischia di piacere solo ad adolescenti che non hanno ancora dimestichezza con il genere o a chi è davvero un fan sfegatato dei Miss May I.
Il metalcore può essere fatto molto meglio di così, e i Miss May I dovrebbero almeno provarci.

TRACKLIST
1 Shadows Inside
2 Under Fire
3 Never Let Me Stay
4 My Destruction
5 Casualties
6 Crawl
7 Swallow Your Teeth
8 Death Knows My Name
9 Lost In The Grey
10 My Sorrow

LINE-UP
Levi Benton – vocals/lyrics
Ryan Neff – bass/vocals
BJ Stead – guitar
Justin Aufdemkampe – guitar
Jerod Boyd – drums

MISS MAY I – Facebook

Zaraza – Spasms of Rebirth

Sono le band come i Zaraza a riportare lodevolmente la barra verso quella che è la concezione più autentica di un genere che non può essere certo rivolto alle masse.

I Zaraza sono un nome relativamente conosciuto all’interno della scena industrial metal, in virtù anche di una loro militanza che è ormai vicina ai quindici anni.

Dopo oltre un decennio di silenzio il duo formato dal canadese Brian Meagher e dal polacco Jacek Furmackewicz torna a farsi risentire con Spasms of Rebirth, un album che non mostra cedimenti od ammiccamenti commerciali di sorta, ma semmai il contrario, spingendo il sound a livelli piuttosto ostici per chi oin frequenta con assiduità il genere.
La componente doom è sempre ben presente, come ottimamente evidenziato in Maskwearer, nell’ossessiva Inti Raymi e nella impietosa Roadkill to You, mentre l’industrial monolitico ed incompromissorio ben si sviluppa nell’opener Church of Gravity e in Blood.ov.Psychiatrists, prima che la conclusiva Wulkan, declamata in lingua madre da Jacek, si erga a sorta di manifesto sonoro degli attuali Zaraza, autori di un ritorno tutt’altro che superfluo nel suo essere del tutto aderente ai dettami dell’industrial più genuino e disturbante.
Spasms of Rebirth indica una strada tortuosa e irta di spine per chi vuole dedicarsi all’industrial inteso nel suo significato più autentico e non quale pretesto per conferire un’aura sperimentale o avanguardista a suoni più urticanti nella forma che nella sostanza.
In questo caso, sono le band come i Zaraza a riportare lodevolmente la barra verso quella che è la concezione più autentica di un genere che non può essere certo rivolto alle masse.

Tracklist:
1. Church of Gravity
2. Maskwearer
3. Inti Raymi
4. Blood.ov.Psychiatrists
5. Roadkill to You
6. Wulkan

Line-up:
Jacek Damaged – vox, guitars, bass, programming
Brian Damage – keyboards, samplers, vocals

ZARAZA – Facebook

MalClango – MalClango

L’impianto delle canzoni è free jazz, nel senso che non sia ha struttura, ma si tratta di jams solidificate, e in questi gironi di note possiamo trovare noise, math, e nervosità varie con uno stile fortemente americano anni novanta e duemila, ma anche debitore di molte bellissime esperienze italiane, come ad esempio i Fluxus.

Il rumore è un piacere che ha molte forme, declinazioni, e strutture, il tutto figlio del caos. I MalClango fanno uno splendido rumore.

Lasciate a casa la canzonetta, la stofa e pure il ritornello e immergetevi in acque che non conoscete ancora. Certo queste acque sono mosse, ma il piacere è figlio del pericolo. I MalClango sono un gruppo romano formato da membri di Juggernaut, Inferno e Donkey Breeder. Chi conosce la scena sotto la superficie italiana ha già forse intuito dove andremo a parare, E invece no, perché qui tutto muta in un continuum che esce fuori dallo spazio tempo per diventare lineare come la carta moschicida. Le composizioni sono progressive, ovvero vanno avanti e non hanno ritorni, mentre gli strumenti suonano al loro massimo. L’impianto delle canzoni è free jazz, nel senso che non sia ha struttura, ma si tratta di jams solidificate, e in questi gironi di note possiamo trovare noise, math, e nervosità varie con uno stile fortemente americano anni novanta e duemila, ma anche debitore di molte bellissime esperienze italiane, come ad esempio i Fluxus. In realtà è tutta nouvelle vague, ma è una fortuna che lo sia, perché sinceramente di proclami e sicurezze nella musica sono pieni i cimiteri, qui bisogna fidarsi di tre oranghi che improvvisano e tutto passa più veloce, perché alla fine è tutta una lotta contro l’ansia ed il ritmo circadiano. Un disco da esplorare in gioco libero, perché la mappa è davvero estesissima. Molto rumore per molto.

TRACKLIST
1.Patatrac
2.Nimbus
3.Ostro
4.Petricore
5.Anatomia Di Un battibecco
6.GranBurrasca
7.Sant’Elmo

MALCLANGO – Facebook

Loathe – The Cold Sun

Malato e contagioso il sound di questo gruppo che riesce a nobilitare nella sua terribile vena estrema un genere inflazionato come il metalcore, trasformandolo in una creatura malvagia, sadica e fredda come un sole morto.

La colonna sonora di un apocalisse,  dove il raffreddamento del Sole porta alla salita in superficie dell’inferno e delle sua distruttive fiamme, si chiama The Cold Sun, primo full length dei Loathe, misteriosa creature britannica che fino ad ora aveva licenziato un primo album (Despondent By Design) nel 2010.

Trentacinque minuti di delirio estremo, moderno e progressivo, oscuro e maturo, per un salto nell’atmosfera devastante di una fine del mondo tra sfuriate metalcore violentissime ed attimi di fredda quiete dark.
Ma non solo, nella musica estremamente teatrale del gruppo vivono le anime schiave dell’hardcore e del groove metal, le ritmiche pesantissime che diventano frustate veloci e taglienti, mentre l’elettronica aggiunge atmosfere glaciali al già freddo mood che si respira tra le note di questo originale e quanto mai estremo lavoro.
C’è metalcore e metalcore, quello dei Loathe è pregno di musica disturbante, un groviglio di umori che come serpenti si si avvolgono e si nutrono a vicenda, una musica cannibale, ingorda di suoni e sfumature che si evincono dall’ascolto di brani intensi come It’s Yours, East Of Eden o la tremenda P.U.R.P.L.E.
Malato e contagioso il sound di questo gruppo che riesce a nobilitare nella sua terribile vena estrema un genere inflazionato come il metalcore, trasformandolo in una creatura malvagia, sadica e fredda come un sole morto.
Un ottimo lavoro, non per tutti ma consigliato agli amanti del metal estremo con ampie vedute e non prigionieri di confini tra generi.

TRACKLIST
1. The Cold Sun
2. It’s Yours
3. Dance On My Skin
4. East Of Eden
5. Loathe
6. 3990
7. Stigmata
8. P. U.R.P.L.E
9. The Omission
10. Nothing More
11. Never More
12. Babylon

LINE-UP
Kadeem France – vocals
Erik Bickerstaffe – guitar & vocals
Shayne Smith – bass & vocals
Connor Sweeney – guitar & vocals
Sean Radcliffe – drums

LOATHE – Facebook

Pigeon Lake – Barriers Fall

Barriers Fall è un gioiellino di genere, lontano dalla rabbia sincopata e molte volte adolescenziale del metalcore da classifica, e vicino alle anime travagliate che si aggirano nella la scena musicale moderna.

Rock alternativo, progressivo e melanconicamente dark, attraversato da umori metallici moderni che squarciano lo spartito, mentre l’oscurità lascia il posto a una rabbiosa disperazione.

Il quartetto norvegese chiamato Pigeon Lake torna dopo tre anni dal primo full length, Tales Of a Madman, con questa raccolta di brani, sofferti e maturi, intimisti ed atmosfericamente depressivi che formano Barriers Fall, album elegante ed intenso.
Il gruppo ha nella voce del singer Christopher Schackt il suo punto di forza, dal tono non comune e molto interpretativo, che dona ai brani un’intensità ed uno spessore che si tocca con mano, mentre il sound si rivolge agli alternative rockers amanti delle sfumature dark, progressivamente moderne.
Barriers Fall mantiene un atmosfera intrisa di depressiva malinconia, mentre la musica alterna parti grintose vicine al metal moderno a liquide atmosfere dark, passando agevolmente da un’interminabile tonalità di colori che si mantengono sul grigio per arrivare al buio totale del nero.
Un gruppo maturo che delle proprie ispirazioni si nutre, mantenendo un approccio personale ad un genere che ormai non è più una novità, ma che come in questo caso sa regalare ottima musica alternativa.
Un album da ascoltare con la dovuta calma, dandogli la possibilità di farci partecipi dei suoi umori, mentre le splendide linee vocali dell’opener Ragnarock e di Lyra ci introducono nel mondo dei Pigeon Lake e la rabbiosa parte metallica fa capolino tra le note di A Familiar Problem e Perfect Place. le tracce più estreme di questo intenso lavoro.
Consigliato agli amanti del rock/metal alternativo dalle tinte dark, Barriers Fall è un gioiellino di genere, lontano dalla rabbia sincopata e molte volte adolescenziale del metalcore da classifica, e vicino alle anime travagliate che si aggirano nella la scena musicale moderna.

TRACKLIST
1.Ragnarok
2.Lyra
3.Barriers fall
4.The Futility of You
5.Hide and Seek
6.Sunder
7.A Familiar Problem
8.Perfect Place
9.Let’s Pretend

LINE-UP
Christopher Schackt – Vocals/Guitar
Magnus Engemoen – Lead Guitar
Haakon Bechholm – Bass Guitar
Jonas Rønningen – Drums

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Deflore – Spectrum Decentre Epicentre

La spina dorsale del progetto è il ritmo, soprattutto l’esplorazione e la manipolazione di quest’ultimo, la costante ricerca sonica più che sonora e l’incredibile varietà di vedute, e qui il pensiero laterale musicale diventa dominante.

Seppure uscito a marzo non è mai troppo tardi per parlare di questo disco.

I Deflore hanno pubblicato un disco totale, pieno di suoni e stili, ma soprattutto fedele alla linea del rumore. Spectrum Epicentre è un disco che affronta una tempesta durissima e duratura nell’oceano della musica di avanguardia, nel senso che questo gruppo sta proprio davanti. Industrial, techno, elettronica, accenni di metal, reminiscenze di Narcolexia e come substrato dei Cccp, i Deflore portano avanti un discorso musicale splendido e davvero unico. La spina dorsale del progetto è il ritmo, soprattutto l’esplorazione e la manipolazione di quest’ultimo, la costante ricerca sonica più che sonora, e la incredibile varietà di vedute, e qui il pensiero laterale musicale diventa dominante. Loro stessi definiscono la loro musica psichedelia industriale, ma è una definizione per difetto, perché qui c’è tantissimo d’altro. Nella stessa canzone ci sono Godflesh, una colonna sonora in stile Wipeout, e poi un’atmosfera da convento maledetto. L’elettronica rimbalza tra muri di chitarre, e i sintetizzatori si fanno un giro su autostrade desertiche, con i Kraftwerk dentro l’autoradio per poi esplodere gioiosamente. Sinceramente è un disco che è davvero difficile da descrivere, perché ha mille spigoli, angoli ciechi dove le sorprese sono sempre dietro l’angolo.
Continua l’avventura rumorista e avanguardistica di Christian Ceccarelli e Emiliano Di Lodovico.

TRACKLIST
1. MASTICA / ME
2.BETONIERA
3.APOLLO
4.RARE / FRACTO Phase I
5.KING DEAF
6.TREESONG

LINE-UP
Christian Ceccarelli – Bass, Grooves, Samples and Snyths.
Emiliano Di Lodovico – Guitar, Synths and Radio.

DEFLORE – Facebook

Integral – Resilience

Il disco viaggia benissimo ed è una bellissima sorpresa in un panorama a volte troppo appiattito su certe sonorità, mentre qui si vola davvero alti, e si può tranquillamente dire che in ambito pesante sia uno dei dischi dell’anno.

Debutto molto interessante per questo gruppo di giovani bergamaschi, nato nel 2013 dalla comune passione per generi musicali metallici e proponendo un death metal molto crossover.

Il minimo comune denominatore è la bravura tecnica e l’ ottimo gusto musicale, perché gli Integral possiedono entrambi in gran misura. Il disco è un tentativo riuscitissimo di fondere insieme sonorità molto differenti fra loro, partendo da un death metal moderno di base, per poi fare in maniera incisiva cose vicino al migliore metalcore, o avere momenti di calma e di ottimo ambient o addirittura vicino alla psichedelia. L’album viaggia benissimo ed è una bellissima sorpresa in un panorama a volte troppo appiattito su certe sonorità, mentre qui si vola davvero alti, e si può tranquillamente dire che in ambito pesante sia uno dei dischi dell’anno. Resilience ha una potenza ed una fluidità davvero notevoli, che lo rendono un disco godibile e con una capacità compositiva notevole. Si rimane piacevolmente stupiti nel sentire che ci siano gruppi come gli Integral capaci di fare proposte intelligenti, pesanti e che riescono a far sembrare facile il difficile. Un disco che mostra il presente ed il futuro del migliore death metal.

TRACKLIST
1.Blank Claustrophobia
2.Collapsed Cubes
3.In(Earth)
4.Realm of Atlantis
5.Mac Brazel
6.Hieroglyphica
7.Room with a View
8.Self-made Oblivion
9.Mechanical Existence Construction
10.Out There in Silence (Eclipse)

LINE-UP
Alessio Moraschini – vocals
Riccardo Maccarana – guitar
Jacopo Farina – guitar
Marco Morandi – bass
Agostino Buttarelli – drums

INTEGRAL – Facebook

Scars Of Tears – Just Dust

Nel genere Just Dust è un lavoro riuscito, abbastanza personale nel rievocare un sound inflazionato e per questo meritevole di interesse da parte dei fans del genere.

Periodo di ottime proposte in arrivo dalla Sliptrick Records alle quali si aggiungono i gothic metallers greci Scars Of Tears, con il loro nuovo e secondo lavoro Just Dust, successore del debutto omonimo licenziato tre anni fa, che offre un alternative gothic/dark metal sulla scia dei nostrani Lacuna Coil, anche se la band greca a tratti risulta più estrema del gruppo italiano.

Ottimo l’uso delle voci, che si alternano come di moda in questo periodo tra voce femminile, growl e clean, variando quel tanto che basta l’atmosfera dei brani che si mantengono su di una buona qualòità.
In un genere inflazionato come quello suonato dalla band di Kastoria , le melodie ed il songwriting fanno tutta la differenza del mondo ed infatti Just Dust risulta un album composto da buone canzoni, melodiche, metalliche ma ruffiane il giusto per farsi apprezzare da chi mastica con frequenza queste sonorità.
Just Dust parte forte con un paio di brani potenti e metallici come la title track e Darkest Hour, il growl rabbioso si scontra con l’ ottima voce femminile, molto rock e che ricorda la nostra Cristina Scabbia, ma con il passare del tempo il sound da alternativamente metallico si sposta su coordinate elettro dark, fino al brano più intenso dell’album, la ballad Love And Soul, sinfonica ed evocativa.
Si torna ad alternare metal alternativo moderno e gothic metal nelle restanti canzoni, che portano l’album verso la fine, confermandone la buona riuscita nel suo complesso.
Nel genere Just Dust è un lavoro riuscito, abbastanza personale nel rievocare un sound piuttosto battuto di questi tempi e per questo meritevole di interesse da parte dei fans del genere.

TRACKLIST

1.Just Dust
2.Darkest Hour
3.Infeasible
4.Slayer
5.Icefall
6.Love and Soul
7.Wait
8.Here and Now
9.Need to Flight
10.We Are the Same
11.Endless Sky
12.Ashes of a Draw

LINE-UP

Petros Nikolaou – Guitars
Salagiannis Thanasis – Bass
Chris Polizos – Drums
Charitini Anastasiadou – Vocals
Babis Stefanidis – Vocals

SCARS OF TEARS – Facebook

Turma – Kraken

Solo ventitré minuti ma vissuti alla mercé della leggendaria piovra gigante, una prova di forza davvero niente male per il gruppo napoletano.

Un passato nell’heavy/thrash ed un presente nel technical brutal death, non male il passo nell’estremo che i nostrani Turma hanno compiuto in questi anni.

Attivo infatti da quasi dieci anni, il gruppo partenopeo diede alle stampe nel 2011 l’ album Tearless, dal sound heavy/thrash che trascinò la band sul palco insieme a Necrodeath e Arthemis (tra gli altri).
La trasformazione nella creatura mostruosa che abbiamo davanti è figlia dei tanti cambi di line up, con un singolo (Brothers) che cominciava a presentare i sintomi del virus estremo che si è impossessato dei Turma, ed un altro, licenziato dalla Agoge Records quest’anno e che anticipava questo nuovo lavoro dal titolo Kraken.
Ed il kraken, entità mostruosa, spunta dal profondo degli abissi e non lascia scampo con una serie di brani di death metal brutale e moderno, influenzato dalla corrente djent e core e formando un muro sonoro di tentacoli la cui morsa fatale vi ridurrà in pezzi.
Solo ventitré minuti ma vissuti alla mercé della leggendaria piovra gigante, una prova di forza davvero niente male per il gruppo napoletano, bravo nel mantenere la tensione altissima con cambi di tempo ritmici, growl profondi ed una notevole personalità nel produrre musica estrema moderna, ma violentissima.
Lasciate quindi che il deathcore dei Turma vi travolga, lontano dal sound da classifica caro ai più giovani ed estremo come un pezzo di granito death metal che provocherà non pochi danni sotto i colpi inferti dalla title track o ancora dalle devastanti e belligeranti Mortal Kombat, Forgotten e Rebecca Shield.
Un lavoro intenso e durissimo, consigliato agli amanti del metal estremo moderno che con i Turma trovano un’ottima realtà tutta italiana.

TRACKLIST
1.Feel no Pain
2.Mortal Combat
3.Destroyer
4.Fifth Joint
5.Kraken
6.Forgotten
7.Rebecca’s Shield
8.Magam

LINE-UP
Raffaele Berisio – Growl Vocals
Lello Di Lorenzo – Guitars
Giuseppe Cipollaro – Guitars
Fabrizio La Manna – Bass
Ciro Troisi – Drums

TURMA – Facebook

Dogmate – Dual

In questo lavoro l’ hard rock alternativo ha preso le redini del sound del gruppo, mettendo leggermente più in ombra le sfumature stoner del primo album.

Avevamo incontrato i romani Dogmate in occasione del primo lavoro sulla lunga distanza, uscito tre anni fa dal titolo Hate, una mazzata pesantissima di hard groove stoner.

Li ritroviamo con il nuovo album, Dual, licenziato questa volta dalla Murdher Records e con un nuovo cantante, Michele ‘197’ Allori, che sostituisce Massimiliano Curto.
Le novità non si fermano qui, il sound infatti pur mantenendo un forte impatto groove risulta più alternativo rispetto all’atmosfera generale che si respirava sul precedente lavoro, che appariva molto più desertica e diretta.
I brani attuali sono più vari a livello ritmico e il gruppo non fa venire meno la sua carica, mantenendo un approccio non dissimile, ma è fuor di dubbio che in Dual l’ hard rock alternativo abbia preso le redini del sound del gruppo, mettendo leggermente più in ombra le sfumature stoner del primo lavoro.
Non manca il gran lavoro alla sei corde di Stefano Nuccetelli, sempre vicino allo stile di Zakk Wilde, mentre la sezione ritmica si ritaglia una performance da applausi per varietà e potenza (Ivan Perres alle pelli e Roberto Fasciani al basso).
Il nuovo arrivato dietro al microfono rende giustizia al lavoro ritmico così vario e dinamico con una prestazione che passa agevolmente da toni melodici a rabbiose e potenti frustate, ed il risultato non può che essere apprezzato.
Un salto nell’hard rock moderno e groovy del nuovo millennio, con una dose di rock alternative a legare il tutto, ed un lotto di canzoni potenti e perfette per spezzare colli in sede live: questo è Dual, sostenuto da brani come Mules Of Society, Who Knew e l’alternativa, con echi di System of A Down, Disembodied Understanding.
Era buona la prima e si continua su un buon livello con la seconda, confermando i Dogmate come ottima realtà da scoprire per gli amanti del genere.

TRACKLIST

1.Dual Mind
2.Mules Of Society
3.The Way It Is
4.Who Knew
5.The Only Thing I Failed
6.(Un)firm Act
7.Disembodied Understanding
8.Story Told
9.Stygian
10.Xàpwv

LINE-UP

Michele ‘197’ Allori – Vocals
Stefano ‘Sk’ Nuccetelli – Guitars
Ivan ‘Ivn’ Perres – Drums
Roberto ‘Jeff’ Fasciani – Bass

DOGMATE – Facebook

King Satan – King Fucking Satan

La musica del gruppo finlandese risulta più adatta ai fans della musica sintetica che ai blacksters, quindi più congeniale ad una dimensione da locale dark/gothic che al palco di qualche festival dedicato a Lucifero.

Le vie del metal estremo sono infinite e tra i suoi esponenti molti non hanno paura di sperimentare forme di musica che, prendendo spunto dai due generi più importanti (death e black), cercano nuove vie, anche se poi tanto nuove a ben sentire non sono.

Poco male, anche perché la cosa molte volte funziona, come per esempio questo progetto industrial death/black metal di King Aleister Satan, frontman della black metal band Saturnian Mist, nel 2015 fondatore dei King Satan, partiti come progetto solista ma col tempo trasformati dal leader in gruppo vero e proprio.
King Fucking Satan è l’album di debutto che poggia le sue fondamenta sull’industrial e l’EBM e sopra vi costruisce un sound con riferimenti ai generi estremi, soprattutto black metal.
Il lavoro effettivamente strega al primo ascolto, dopo due brani si comincia a battere il piede come forsennati, l’elettronica è ben amalgamata al metal industriale che risulta più vicino a gruppi come gli Swamp Terrorists che ai Ministry, con qualche accenno alla dark wave ottantiana.
La parte estrema poi fa il resto, con scream e growl da demoni intrippati per i locali di Tampere (città di origine del gruppo) e qualche chorus accattivante che rende il tutto ancora più cool.
La musica del gruppo finlandese risulta più adatta ai fans della musica sintetica che ai blacksters, quindi più congeniale ad una dimensione da locale dark/gothic che al palco di qualche festival dedicato a Lucifero, ma se la curiosità vi assale e non avete grossi problemi con la musica elettronica un ascolto è consigliato.

TRACKLIST
1. Dance With The Devil
2. As Above So Below
3. Enter Black Fire
4. Psygnosis
5. Sex Magick
6. Satanized (Praise Hail Satan!)
7. Of Internal, Eternal & Spiritual War
8. Spiritual Anarchy
9. Destroy The World Or How To Combine Love And Misantrophy
10. Kali Yuga Algorithm

LINE-UP
King Aleister Satan – vox & all instruments
Kate Boss – vox, synths, piano
John Oscar Dee – guitars, bass
Martin Shemhamforash – synths, bass
Magister Demaniac – beats, additional instruments, programming

KING SATAN – Facebook