Kerasphorus – Kerasphorus

Il loro suono è violento e cattivo, a cavallo tra il death ed il black, con una forte preponderanza del secondo.

Band proveniente dalla Florida con una travagliata storia di line up alle spalle.

Tutto comincia nel 2008 quando Pete Helmkamp e Gene Palubicki decidono di mettere in pausa a tempo indeterminato la loro band Angelcorpse.
Prende quindi vita la creatura chiamata Kerasphorus, composta da Helmkamp al basso e alla voce e da Wolaniuk alle chitarre, il tutto per essere ancora più aggressivi rispetto alla band precedente. Nel 2009, grazie anche alla presenza di un batterista turnista, viene pubblicato il mini cd Cloven Hands At The Holocust Dawn. Dopo due anni e in due giorni di prove e registrazioni vede la luce o meglio le tenebre il 12” Necronaut. Entrambi i dischi ricevono una buona accoglienza dal pubblico e dalla critica, ma batterista e bassista si rifiutano di suonare dal vivo. Dopo varie discussioni con Palubicki e Palmer, che ora sono due membri fissi del gruppo, viene deciso di far diventare i Kerapshorus un lato più oscuro e cattivo degli Angelcorpse. Il loro suono è violento e cattivo, a cavallo tra il death ed il black, con una forte preponderanza del secondo. Aggressività ed intensità sono i marchi di fabbrica di questo gruppo, che fa la sua figura nel roster della Hellsheadbangers, etichetta a cui piace molto questo suono ibrido diretto e cattivo. In questo disco è contenuta la discografia del gruppo fino a questo punto, e anche se sono solo sei pezzi la raccolta è molto buona. Un altro grande gruppo dalla Florida.

TRACKLIST
1.Locust Nexus
2.Through the Spiral Void
3.The Abyssal Sanhedrin
4.Aosoth Paradigm
5.Disturb the Furthest Stars
6.Swarm Intelligentsia

LINE-UP
P. Helmkamp
G. Palubicki
R. Parmer

KERASPHORUS – Facebook

Svoid – Storming Voices of Inner Devotion

Album molto originale, prodotto benissimo e dall’assoluta qualità compositiva

Non mi starò a dilungare su quanto le etichette date alla musica in generale siano molte volte riduttive se non fuorvianti e mentre a chi scrive servono per lasciare un minimo di indicazione per il lettore, in alcuni casi diventano dei boomerang che si abbattono sul recensore di turno che, magari in buona fede, cerca di spiegare l’arte musicale contenuta in un album.

Storming Voices Of Inner Devotion è uno di questi album, pregno di così tanta originalità da mettere in difficoltà più di un ascoltatore, figuriamoci chi oltre ad ascoltare deve pure provare a descriverlo.
Post black metal, parto da qui e in effetti molte ritmiche, l’aura oscura che aleggia sui brani e l’uso dello scream portano sicuramente verso questa direzione, ma basta un attimo agli Svoid per far cadere tutte le certezze che ad un primo e superficiale ascolto ci siamo creati, allargando i confini persino di questo genere che, partendo da una solida base black, dona sfumature diverse a seconda di chi ci si approccia.
Il gruppo (un terzetto) è attivo dal 2009, proviene dall’Ungheria e questo lavoro è il suo secondo full length, successore di To Never Return del 2013 e del debutto in formato ep uscito nel 2011 (Ars Kha).
Storming Voices of Inner Devotion è un bellissimo affresco di musica estrema, il black metal è sicuramente una parte importante del sound proposto, ma il gruppo va oltre, cercando (riuscendoci) di rompere un bel po’ di barriere, non solo tra i generi estremi, convogliando note figlie di altri mondi musicali,in un unico spartito.
Musica estrema dall’alto tasso progressivo, questo è certo, ritmiche ed atmosfere rock che si incontrano e lasciano spazio a parti metalliche in modo talmente naturale (o cosi la band le fa sembrare) che, appunto, bisognerebbe trovare un’etichetta specifica solo per la musica degli Svoid.
Loro la chiamano anti-cosmic metal, io per questa volta ci rinuncio e vi lascio alle bellissime Crown Of Doom, Never To Redeem, all’irresistibile chorus di Eternal , al basso che sa tanto di The Cure di Forlorn Heart e alla furia estrema della conclusiva In Damnation Vast.
Album molto originale, prodotto benissimo e dall’assoluta qualità compositiva, un perfetto vestito nero cucito con stoffa proveniente dal black, dall’alternative, dal dark e dal prog moderno, la taglia non conta, magicamente vi si cucirà addosso e non riuscirete più a toglierlo.

TRACKLIST
1. Through the Horizon
2. Crown of Doom
3. Never to Redeem
4. Death, Holy End
5. Eternal
6. A Mind in Chains
7. Lefelé a setét mélységbe
8. Forlorn Heart
9. Bloodline
10. Long I’ve Gone (Where All Sinks)
11. In Damnation Vast

LINE-UP
S – Bass, Vocals, Guitars
Dániel – Drums, Vocals
Gergő – Guitars, Vocals

SVOID – Facebook

Slaughtbbath / Grave Desecrator – Musica De Nuestra Muerte

Un ottimo split che ha lo scopo di promuovere due ottime realtà sudamericane di rumore e satanismo.

Sette pollici split fra due grandi band sudamericane, i cileni Slaughtbbath e i brasiliani Grave Descrator.

I primi usciranno preso sempre su Hellheadbangers, e i secondi sono già usciti per questa etichetta che tiene alto il nome delle vere produzioni metal. Gli Sl1aughtbbath fanno un black metal fortemente influenzato dal death, con molti richiami sia ai classici del black sia al death metal della Florida degli anni novanta. Cattiveria ed oscurità vi porteranno in catacombe lo fi da dove non ne uscirete più. Nelle note di questi cileni possiamo anche ascoltare gli echi di una fiera tradizione black metal sudamericana che non molla mai, ma che anzi continua. Se andate sul loro bandcamp troverete molti dei loro ottimi album in download libero, e ne vale davvero la pena. In questo split hanno una traccia sola ma che rende molto bene l’idea.
I brasiliani Grave Desecrator fanno invece un speed metal molto sporco e molto devoto agli anni ottanta, con della cattiveria in più. Hanno pubblicato da poco anche il nuovo disco Dust To Lust. Le loro composizioni sono stratificate e notevoli, e questo brano gli rende molta giustizia.
In definitiva un ottimo split che ha lo scopo di promuovere due ottime realtà sudamericane di rumore e satanismo.

TRACKLIST
1. SLAUGHTBBATH: Nefast Fireground / Tyranny From Sodom
2. GRAVE DESECRATOR: The Fallen (Intro)
3. GRAVE DESECRATOR: SxSxSx (Sex, Sin and Satanism)

Bloodred – Nemesis

Un sound roccioso che si nutre di death, black e thrash

Un lavoro autoprodotto dalla natura estrema, che esce cristallino e perfettamente godibile in tutte le sue parti, acquista valore anche per lo sforzo della band nel consegnare ai posteri un prodotto il più professionele possibile.

Nemesis è tutto questo e non solo, primo lavoro sulla lunga distanza dei Bloodred di Ron Merz, polistrumentista tedesco, in questo caso aiutato alle pelli da Joris Nijenhuis (Leaves´ Eyes, Atrocity, ex-DrDoom), una piovra dannatamente potente ed efficace, non per niente batterista di nomi altisonanti del metal europeo. Non
solo il batterista, la famiglia Leaves’Eyes/Atrocity è ben presente nella creazione di Nemesis con il mastermind Alexander Krull, dietro alla consolle per i lavori di produzione, mix e mastering avvenuti nei Mastersound Studio e con l’artwork curato da Stefan Heilemann, artista già al servizio per il gruppo di Krull e Liv Kristine e altre top band del genere come Nightwish, Epica e Lindemann.
Con queste premesse non poteva che uscire un album notevole, ed infatti al primo colpo (il primo vagito dei Bloodred risale all’ep di due anni fa con The Lost Ones) Ron Merz centra il bersaglio: la sua creatura vive di umori estremi devastanti, epici, battaglieri, in una tregenda portata dall’invasione della creatura Bloodred, mai doma, affamata di sangue, dominatrice e tremendamente oscura.
Un sound roccioso che si nutre di death, black e thrash, non in parti uguali ma a formare una macchina da guerra paurosa, con Joris Nijenhuis che nell’oscurità semina morte e distruzione con feroci blast beat ed una prova in generale sopra le righe, e Merz che vomita odio dalla bocca e tremendi riff dal taglio black con la sei corde che si trasforma in una rocciosa e devastante arma death/thrash.
Si passa con disinvoltura da violente scariche di metal estremo dal taglio nordico (la titletrack) a furiose tempeste di note che pescano dal metal estremo più in linea con le produzioni europee, la scuola tedesca è ben presente, sia per quanto riguarda l’anima thrash sia per quella più oscura del death metal e le chicche non mancano (Tragedien i Svenskehuset e The Lost Ones su tutte).
Discorso a parte per la conclusiva Im kalten Licht der Ewigkeit, un brano cantato in lingua madre, gelido come il vento del nord che spazza via le anime dai corpi putrefatti dei caduti sul campo di battaglia, una marcia verso l’inferno, cadenzata e straziante, atmosfericamente terrificante e colma di lugubri sfumature true Norwegian black metal.
Non mi resta che fare i complimenti al musicista tedesco ed obbligarvi a far vostro questo gran bel pezzo di metallo estremo.

TRACKLIST
1. Fell Voices on the Wind
2. Tragedien i Svenskehuset
3. Nemesis
4. The Hail-Storm
5. Collateral Murder
6. The Lost Ones
7. Spirits of the Dead
8. Im kalten Licht der Ewigkeit

LINE-UP
Ron Merz – Guitars, Bass & VocalsDrums
Joris Nijenhuis – Drums

BLOODRED – Facebook

DESCRIZIONE SEO / RIASSUNTO

Snorri – Putrid Fucking Black Metal

Come un’onda nera che ricopre il tutto e che ci avvolge tra le putrescenze gli Snorri fanno un black metal classicheggiante ed aggressivo

Tutto nero, tutto sta marcendo e stiamo cadendo sempre più in basso.

Dall’Australia arriva la colonna sonora di un’apocalisse fatta di squartamenti, di tagli dal basso verso l’alto, ad opera di una legione di demoni. Snorri è una creatura a due teste che viene dall’underground metallaro australiano, e il loro suono si avvicina a quello delle origini, ma c’è di più. Come un’onda nera che ricopre il tutto e che ci avvolge tra le putrescenze, gli Snorri fanno un black metal classicheggiante ed aggressivo, con riferimenti a varie scene, sia a quella europea che a quella americana. Questa cassetta è la prima uscita ufficiale del gruppo, e fa parte di un trittico di cassette veramente notevole lanciato questa estate dalla portoghese Signal Rex, una delle etichette migliori nel campo del black metal. Putrid Fucking Black Metal va sentito come un continuum o come un libro degli orrori, le chitarre si alzano furenti, mentre la batteria ed il basso scavano pentacoli sulla superficie terrestre, la furia va e viene, a seconda della volontà demoniaca di chi hanno evocato gli Snorri. Non c’è continuità ma bensì nera discontinuità. Forse non abbiamo bisogno di opere di bene, ma di marci fiori del male.

TRACKLIST
01. Exorcism Masturbation
02. Black Fucking Mass
03. Homo Homini Lupus
04. Abel De La Rue
05. Into The Endless Darkness

LINE-UP
Old
B.H.

SIGNAL REX – Facebook

Demonomancy / Witchcraft – Archaic Remnants of the Numinous / At the Diabolus Hour

La qualità è molto alta, con una capacita di muoversi lungo tutto il black metal per questi due gruppi che sono giovani e avranno una notevole carriera, se lo vorranno.

Grande split album per gli italiani Demonomancy e i finlandesi Witchcraft, per una delle uscite migliori dell’anno in campo primitive black metal.

I Demonomancy fanno un black metal molto vicino a quello delle origini, senza però cantare in growl, con un piglio a volte thrash, a volte doom, o addirittura vicino all’hardcore punk, e sono davvero bravi. Hanno esordito, dopo un demo, su Nuclear War Now nel 2013 con il disco Throne Of Demonic Proselytism. Il pezzo dei Demonomancy che apre il disco è la prima incisione ufficiale dopo l’esordio, ed è una nera cavalcata di quasi nove minuti, dove ogni secondo è estremamente ben composto e suonato con classe superiore, in una discesa verso il sud del paradiso. Il loro black metal è chiaro e ben delineato, a mio modesto avviso sono uno dei gruppi migliori  che ci sono in giro adesso. Il loro secondo pezzo dello split è una cover dei Goatlord, suonata più veloce, testimonianza del fatto che anche nel black metal il talento è molto importante.
Le altre tre tracce dello split sono dei Witchcraft, gruppo di black metal che si inserisce nella tradizione ortodossa finlandese del genere, dalle parti dei Beherit tanto per intenderci. Il loro black metal, è grezzo, potente e non vuole fare vittime, differiscono molto dai loro compagni di split, ma il loro è comunque un black metal molto forte, con una produzione che sembra di un altro mondo, senza essere troppo lo fi. I Withcraft dimostrano con l’ultima traccia dello split di essere capaci anche ad andare più lenti, quasi una sorta di black doom molto efficace.
Questo split album sarà forse il migliore dell’anno in ambito black metal, perché la qualità è molto alta, con una capacita di muoversi lungo tutto il black metal per questi due gruppi che sono giovani e avranno una notevole carriera, se lo vorranno.
Satana può dormire sonni tranquilli.

TRACKLIST
1. Demonomancy – Archaic Remnants of the Numinous
2. Demonomancy – Underground Church
3. Witchcraft – At the Diabolus Hour
4. Witchcraft – Grave Immolation
5. Witchcraft – Perverted Temple of Goatsodomy

LINE-UP
Demonomancy
Witches Whipping – Guitars, Vocals
Herald of the Outer Realm – Drums, Vocals (backing)
A. Cutthroat – Bass

Witchcraft
Goat Prayer of Black Baptism – Bass, Vocals
Grotesque Demon of Darkness & Bloodiabolus – Drums
Black Moon Necromancer of Funeral Fornication – Guitars, Vocals

NUCLEAR WAR NOW – Facebook

Old Graves – Long Shadows

Old Graves non tradisce quanto evocato dal monicker, regalando con Long Shadows un disco da ascoltare senza tentennamenti

Long Shadows è il primo full length per Old Graves, progetto solista del musicista canadese Colby Hink.

Chi apprezza quella variante atmosferica e struggente del black metal nella quale in molti si cimentano, spesso con ottimi risultati (in Italia ricordiamo Chiral, mentre a livello assoluto non si può non citare l’ultimo magnifico lavoro targato ColdWorld), non potrà che trovare soddisfazione in questa cinquantina di minuti in cui un sentore malinconico aleggia anche nei momenti apparentemente più aspri.
Niente di nuovo, certo, ma il tutto viene eseguito con competenza e soprattutto, una notevole ispirazione, in grado di rendere ogni passaggio del lavoro funzionale all’esito finale.
L’opener Sumas è sufficiente per farci innamorare di questa nuova realtà proveniente da oltreoceano, in particolare da un Canada che si rivela terra particolarmente fertile allorché si ricercano sonorità di questo tipo, forse anche in virtù della maestosità di una natura del tutto affine a quella che ha ispirato in passato i lavori dei musicisti scandinavi.
Escludendo una pecca piccola, quanto consueta in simili occasioni, a livello di produzione, ovvero una voce che nei momenti più convulsi viene fagocitata dagli altri strumenti, non c’è davvero nulla da eccepire sulla riuscita di Long Shadows: ogni brano possiede linee melodiche che si insinuano nella mente dell’ascoltatore rifuggendo la banalità; l’operato di Colby Hink si esalta soprattutto nel lavoro chitarristico, dove il nostro eccelle sia nelle fasi acustiche sia nei lineari ma efficaci assoli elettrici.
Da segnalare, oltre ad un altro brano bellissimo come To Die, or Bear the Burden of Death, il magnifico strumentale Walpurgisnacth, esempio perfetto di come, tutto sommato, in questo genere il ricorso a parti vocali si riveli meno necessario che in altri.
Old Graves non tradisce quanto evocato dal monicker, regalando con Long Shadows un disco da ascoltare senza tentennamenti, specie per chi ama una band come gli Agalloch, con la quale sono riscontrabili diverse affinità sia quando il sound si apre in senso atmosferico, sia nei passaggi che riconducono ad un folk dai tratti piuttosto cupi.

Tracklist:
1. Sumas
2. Aethernaut I
3. To Die, or Bear the Burden of Death
4. Slave to the Boiler That Heats the Baths
5. Walpurgisnacht
6. Teeth Pulled from Gnashing Jaws
7. Aethernaut II

Line-up:
Colby Hink Everything

https://www.facebook.com/oldgraves

Celestial Grave – Burial Ground Trance

Il mondo dei Celestial Grave farà felici tutti coloro che amano il black metal più viscerale ma non per questo più semplice o facilone.

Duo finnico di black metal classico, suonato con vera passione e nero sudore.

Cassetta di debutto per questo gruppo che propone un black metal suonato all’antica, grezzo senza strafare, con un amore per l’analogico che salterà all’orecchio degli appassionati. Qui si viaggia veloci ma ci si sa anche fermare, perché sono notevoli anche le parti meno veloci del disco. L’energia è tanta e si accumula per essere poi sprigionata al momento giusto. I loro testi ricalcano il percorso della mano sinistra, e la possessione demoniaca. Il pathos di questo gruppo è notevole, questi tre pezzi scorrono via molto bene e la voglia di risentirli è forte. Il mondo dei Celestial Grave farà felici tutti coloro che amano il black metal più viscerale ma non per questo più semplice o facilone. Qui la sapienza metallica è tanta. Fatevi accompagnare all’inferno dal duo finnico, almeno vi divertirete.

TRACKLIST
1. The Heartbeats Drum
2. The Bearer of Death
3. Burial Ground Trance

IRON BONEHEAD – Facebook

In Cauda Venenum / Heir / Spectrale – In Cauda Venenum / Heir / Spectrale

Tre entità transalpine dalle sonorità oniriche, post metal e black.

Bellissimo ed affascinante split licenziato dalla label francese Emanations, in collaborazione con Les Acteurs De L’ombre, etichetta specializzata in sonorità estreme e d’avanguardia, che ci presenta queste tre entità transalpine dalle sonorità oniriche, post metal e black.

La prima band in scaletta sono gli Spectrale, duo di Bordeaux composto da Jeff Grimal e Jean-Baptiste Poujol che, armati di sole due chitarre acustiche, eseguono tre brani strumentali dalla forte impronta psichedelica, eterea e dai tenui colori sulle tonalità del grigio.
L’atmosfera creata da Sagittarius A, Al Ashfar e Crepuscole invita ad entrare nell’universo del duo, composto da musica ipnotica, trascendentale, le sei corde si intrecciano in trame acustiche oniriche, mentre in sottofondo richiami psichedelici creano un’aurea di viaggio, una liquida passeggiata dentro di noi accompagnati dai suoni acustici in un crescendo atmosferico tra sonorità pink floydiane e post metal alla Ulver.
Clamorosa la prova degli In Cauda Venenum, gruppo di Lione con un full length omonimo alle spalle uscito lo scorso anno, autore di un interessante post black metal e qui alle prese con un brano originariamente composto da Angelo Badalamenti per la colonna sonora di Twin Peaks.
Laura Palmer, Agonie à Twin Peaks è un brano di quindici minuti dove il gruppo descrive l’agonia della protagonista, una ragazzina votata all’autodistruzione, amalgamando disperate e drammatiche parti black con atmosferiche e quanto mai oscure sonorità post dark, valorizzate dal cello di Raphaël Verguin, in un’escalation di sofferenza e distruzione mentale e corporale.
Un piccolo capolavoro, angosciante e quanto mai terrorizzante, una discesa nel più profondo disagio accentuato dalle criptiche sonorità che la band con maestria fonde con il metal estremo, in un delirio di dolore che porta inevitabilmente alla morte.
La terza band chiamata in causa sono i black metallers Heir, giovane gruppo di Tolosa attivo dallo scorso anno con il debutto in formato ep dal titolo Asservi.
Tre brani per il quintetto che svariano tra il black metal old school e sonorità rock, atmosferico quanto basta per considerare il gruppo come parte del movimento post black e bravo nel saper condurre il songwriting tra i meandri del metal estremo, rallentando i ritmi e regalando ottime parti molto vicine al confine con lo sludge.
Delle tre songs, i nove minuti di Upon The Masses sono il perfetto sunto del sound degli Heir, in quanto racchiudono furia black, rallentamenti ed atmosfere post rock.
Ne esce uno split esaustivo sul lavoro di queste label transalpine, specializzate nei generi più vari della musica estrema e che ci presentano altre tre realtà del loro roster dall’alto tasso qualitativo.
Musica non per tutti ma tremendamente affascinante, specie per chi vuole sperimentare nuovi ascolti.

TRACKLIST
1. Spectrale – Sagitarrius A
2. Heir – Descent
3. In Cauda Venenum – Laura Palmer, agonie à Twin Peaks
4. Spectrale – Al Ashfar
5. Heir – Upon the Masses
6. Spectrale – Crépuscule
7. Heir – Sectarism

LINE-UP
Spectrale :
Jeff Grimal – Guitars
Jean-Baptiste Poujo – Guitars

In Cauda Venenum :
Ictus – Guitars, Vocals
N.K.L.S. – Drums, Guitars
Raphaël Verguin – Cello

Heir :
F.D – Bass
D.D – Drums
M.S – Guitars
M.D – Guitars
L.H – Vocals

IN CAUDA VENENUM – Facebook
HEIR – Facebook

Blood Chalice – Demo 2016

Se i Blood Chalice manterranno le aspettative nate dopo aver ascoltato questi cinque pezzi del demo, il disco che dovrà uscire l’anno prossimo sarà un bel sentire.

Terza parte del trittico in cassetta estivo della portoghese Signal Rex, questo Demo 2016 è il debutto per il quartetto finlandese formato da veterani della scena estrema.

I Blood Chalice fanno black metal senza compromessi e lo fanno per glorificare Satana.Il loro suono è un omaggio alla prima scena, registrato con la giusta dose di lo fi, per emozionare ancora di più chi vive in buie caverne mentali, dove soffia solo un gelido vento. Ascoltando i Blood Chalice si comprende come il metal anni ottanta e l’hardcore punk siano stati importanti per la nascita del black metal. Un certa costruzione musicale ottantiana e la furia iconoclasta e nichilista sono due profonde radici del metallo nero, e i Blood Chalice ce lo dimostrano in pieno. Se i Blood Chalice manterranno le aspettative nate dopo aver ascoltato questi cinque pezzi del demo, il disco che dovrà uscire l’anno prossimo sarà un bel sentire, anche perché il curriculum dei quattro componenti è importante, in una terra che è essa stessa già un calice di sangue.

TRACKLIST
01. Desecration Of The Inri
02.The Descent
03. Necromancy
04. Saint Fornicator
05.Unholy Glorification

BLOOD CHALICE – Facebook

Gloomy Grim – The Age of Aquarius

Un lavoro vario, dalle ottime idee e che non manca di soprendere

Negli anni novanta le storiche band che permisero al symphonic black metal di trovare la meritata notorietà furono seguite da una schiera di figliastri blasfemi tra cui i finlandesi Gloomy Grim, realtà oscura nata dalla mente di Agathon, cantante e tastierista nonché ex componente di Barathrum e Thy Serpent ed altri meno conosciuti gruppi estremi.

il 1996 è l’anno di nascita della band di Helsinki, vent’anni di metal estremo dai rimandi satanici, con l’esordio targato 1998 (Blood, Monsters, Darkness) ed una serie di album (quattro) che si interrompe otto anni fa, all’uscita di Under the Spell of the Unlight.
Tornano in pista,  dunque, dopo un lungo lasso di tempo i Gloomy Grim, e lo fanno con questo ottimo lavoro, The Age Of Aquarius, continuando la tradizione che vuole il sound del gruppo come un ottimo esempio di black metal sinfonico, squarciato da tempeste di raw black metal ed impreziosito da atmosfere dark/gotiche e spettacolari cambi di tempo tanto che non è azzardato avvicinarli al prog estremo.
Durata perfetta per assaporare per intero l’opera, The Age Of Aquarius riporta il gruppo nel regno oscuro delle band cardine del genere, il vento gelido che attraversa l’album si placa dove il quintetto di demoni estraggono dal cilindro note oscure pregne di umori gotici ed orrorifici in un delirio di musica estrema molto suggestiva.
Stiamo parlando di black metal, ed allora non mancano furiose accelerazioni ed epiche cavalcate, lenti ma potentissimi condensati di metallo nero, ed un’aura maligna che come nebbia ricopre le varie songs.
Un lavoro vario, dalle ottime idee e che non manca di sorprendere, il lavoro di Agathon sulle voci (scream e growl) è da applausi e la parte sinfonica risulta perfettamente inserita nelle trame estreme dei brani, con particolare attenzione per le parti oscure, gotiche ed inquietanti.
Non ci sono punti deboli in questo lavoro, sicuramente adatto anche a chi non ha grossa dimestichezza con il genere, per le reminiscenze classiche delle sei corde (The Shameful Kiss) e un’impronta dark/gothic ispiratissima.
Un’opera che nella sua interezza sbaraglia non pochi concorrenti ma che ha in A Lady In White, One Night I Heard A Scream, Time e Light of Lucifer Shine on Me le perle nere di questo gioiello estremo.

TRACKLIST
1. The Rise of the Great Beast
2. Germination
3. A Lady in White
4. Beyond the Hate
5. One Night I Heard a Scream
6. The Shameful Kiss
7. The Mist
8. Time
9. Light of Lucifer Shine on Me
10. Trapped in Eternal Darkness

LINE-UP
Agathon – Vocals
Suntio – Drums
Lord Heikkinen- Guitars
Nuklear Tormentörr- Bass
Micko Hell – Guitars

GLOOMY GRIM – Facebook

Somnium Nox – Apocrypha

Con coraggio e personalità i due musicisti di Sydney/Canberra incorporano in un’unica opera quello che è stata l’evoluzione del genere dagli ormai lontani primi anni novanta

Dalle terre australiane arriva questo nuovo duo di black metallers con il debutto fatto di una sola traccia di sedici lunghi minuti, che ripercorre la storia del black metal, dal più puro e raw, passando per il sinfonico fino a sfiorare lidi post black.

I Somnium Nox sono il chitarrista Nocturnal ed il vocalist Ashahalasin, e Apopcrypha è il primo vagito, un urlo che tocca vertici di geniale metallica, caratterizzata da una varietà stilistica sorprendente, colma di parti estreme, elementi sinfonici ed atmosfere post black che ne fanno un sunto degli ultimi venticinque anni.
Con coraggio e personalità i due musicisti di Sydney/Canberra incorporano in un’unica opera quello che è stata l’evoluzione del genere dagli ormai lontani primi anni novanta, e lo fanno con una facilità disarmante rendendo l’ascolto scorrevole per nulla forzato ed assolutamente affascinante.
Si parte in quarta ed i primi minuti sono estremismo black allo stato puro, poi i venti cambiano, delicate sinfonie fanno capolino fino all’arrivo di una parte atmosferica rock oriented e dai rimandi pinkfloydiani, a metà brano la furia si abbatte ancora una volta su di noi, estrema e cattivissima, per poi cadere in un abisso metallico che sfocia al centro della terra dove ad aspettarci ci sono note di liquido incedere black/psichedelico.
Il viaggio finisce qui, il ritorno sarà un’odissea, dispersi nei meandri di musica senza tempo che coglie elementi già usati in precedenza ma dona loro un’anima propria e li fa convivere in questo bellissimo brano.
Non perdeteli di vista ed aspettate con noi il prossimo passo di questa intrigante creatura estrema.

TRACKLIST
Apocrypha

LINE-UP
Nocturnal – Guitars
Ashahalasin – Vocals

SOMNIUM NOX – Facebook

Wildernessking – … And The Night Swept Us Away/The Devil Within

La label transalpina Les Acteurs De L’Ombre, dopo gli ottimi riscontri avuti dal primo full length, ristampa in un unico formato in vinile i primi due ep dei sudafricani Wildernessking.

Mystical Future aveva ben impressionato gli addetti ai lavori, un album sorprendente sotto tutti i punti di vista, a partire dal paese di provenienza del quartetto fuori dai soliti circuiti fino alla maturità artistica ed allo spessore dell’opera.
… And The Night Swept Us Away e The Devil Within risalgono rispettivamente nel 2012 e nel 2014 e rispecchiano in toto tutte le virtù riscontrate in seguito; il quartetto di Città del Capo conferma il proprio talento nel saper amalgamare il metal estremo dai rimandi black con atmosfere ricche di parti oniriche e malinconiche, risultando maturo già da questi splendidi primi passi.
La furia del black metal alternata a passaggi melodici ed atmosferici, chiamata superficialmente e più semplicemente post black, trova in questi brani una delle sue forme migliori, un’urgenza espressiva e rabbiosa che si scontra con delicate ed intimiste parti melodiche, tragiche e drammatiche nella loro perenne oscurità, ma in grado di trasmettere emozioni forti, con un talento non comune e riscontrabile con il contagocce anche nei paesi che hanno dato i natali a queste sonorità.
Improvvisi impulsi elettrici che si trasformano in tempeste di suoni estremi, si placano all’arrivo di atmosferici passaggi acustici, malinconici ed intimisti, ma assolutamente privi di forzature come se i Wildernessking avessero trovato lungo le strade della loro lontana ed affascinante terra il segreto per riuscire ad amalgamare sonorità così distanti tra loro, ma perfettamente inglobate nel loro songwriting, traducendolo in un susseguirsi di saliscendi emozionali, lungo il doloroso e sofferto spartito.
La titletrack del primo ep seguita, dalle trame acustiche di Morning, ne sono il perfetto esempio, passando dalle tempeste black della prima alle stupende melodie della seconda con una facilità disarmante, come la fine di una tempesta su Capo di Buona Speranza ed il ritorno naturale alla quiete, con il mare che piano ritorna ad addormentarsi.
L’album per intero si sviluppa su queste coordinate, passando dal capolavoro The Devil Within, title track del secondo ep, dove il black metal del gruppo non è mai stato così devastante e le parti atmosferiche così oscure e pregne di umori oscuri ed onirici.
Una band quella sudafricana alla quale, anche grazie a questa uscita, la definizione di cult band calza a pennello: un altro esempio di come la musica non abbia confini geografici, superateli, anche voi vi farete solo del bene.

TRACKLIST
… And The Night Swept Us Away:
1. 1. Adrift 03:33
2. 2. And The Night Swept Us Away 05:26
3. 3. Morning 06:01

The Devil Within:
4. 1. Lurker 04:22
5. 2. Flesh 04:27
6. 3. The Devil Within 10:05

Bonus Track:
Decay 02:56
And The Night Swept Us Away (live studio version) 05:11″

LINE-UP
Keenan Nathan Oakes – Vocals Bass
Dylan Viljoen – Guitars
Jesse Navarre Vos – Guitars
Jason Jardim – Drums

WILDERNESSKING – Facebook

Morphinist – Terraforming

Questi trentacinque minuti intensi ed convincenti mettono il nome Morphinist tra quelli da cerchiare con circoletto rosso, nel novero di coloro che si muovono nello stesso ambito musicale.

Abituati ad esaminare dischi pubblicati da band o musicisti che fanno trascorrere anni tra un’uscita e l’altra, fa sempre un certo effetto trovarsi al cospetto di un tipo come il tedesco Argwohn, che con il suo progetto solista Morphinist, ha già prodotto 10 full length a partire dal 2013 (!), senza contare le restanti band in cui, da solo o in compagnia, è attualmente coinvolto

Difficile, quindi, immaginare il nostro alle prese quotidianamente con qualcosa che non sia uno strumento musicale, anche se dobbiamo ammettere che una tale prolificità di solito fa pensare a una possibile dispersione di energie a discapito della qualità complessiva.
Proprio a causa di questo pregiudizio e non conoscendo il pregresso dei Morphinist, (anche perché ci vorrebbe qualche settimana per ascoltare tutto il materiale partorito …) devo dire che sono rimasto davvero sorpreso da un lavoro come Terraforming, il nono della serie (infatti, il mese scorso, lo stakanovista di Amburgo ha già dato alle stampe il successivo Giants …) che non lascia nulla per strada in quanto ad intensità e focalizzazione a livello compositivo.
Quello che viene proprosto nell’album in questione è il cosiddetto post black, ovvero una versione molto atmosferica e dalle ampie derive ambient doom del genere nato in Norvegia nei primi ’90, con il quale di fatto i legami sono rinvenibili a livello vocale e per le accelerazioni ritmiche in blast beat ; sia a livello grafico che di sonorità appare evidente un’ispirazione di matrice cosmica, che nelle parti rallentate può avvicinarsi persino ai Monolithe (questo avviene soprattutto in Terraforming I), e tutto ciò rende oltremodo intrigante l’operato di Argwohn, il quale dimostra lungo tutto il disco di possedere anche un notevole gusto melodico.
Terraforming è, infatti, un lavoro che, scremato dei suoi momenti più ruvidi, si lascia ascoltare con un certo agio, contraddistinto da passaggi liquidi e di pregevole esecuzione (splendido per esempio l’incipit della terza parte); questi trentacinque minuti intensi ed convincenti mettono il nome Morphinist tra quelli da cerchiare con circoletto rosso, nel novero di coloro che si muovono nello stesso ambito musicale.
A questo punto sono curioso di ascoltare che cosa Argwohn abbia escogitato in occasione di Giants che, al contrario di Terraforming, non pare godere dello stesso dono della sintesi, visto che consta di ben quattro brani di circa venti minuti ciascuno.
Vi faremo sapere …

Tracklist:
1. Terraforming I
2. Terraforming II
3. Terraforming III

Line-up:
Argwohn – Everything

MORPHINIST – Facebook

Vemod – Venter På Stormene

Venter På Stormene è un album assolutamente da riscoprire in attesa che i Vemod si riaffaccino sul mercato, questa volta però con alle spalle un etichetta in grado valorizzarne al massimo il notevole potenziale.

Sempre alla costante ricerca di musica capace di colpire ed emozionare, la Prophecy attira nel proprio variegato e qualitativo roster i norvegesi Vemod e ne ripropone in un nuovo formato il full length d’esordio Venter På Stormene.

Il duo formato da Jan Even Åsli e Eskil Blix (divenuto nel frattempo un terzetto con l’ingresso del bassista Espen Kalstad) ha mosso i primi passi nel 2004 (quando uscì il demo Kringom fjell og skog) ma è rimasto silente per diverso tempo finché, nel 2011, uno split album con i tedeschi Klage ed un nuovo demo (Vinterilden) hanno preparato il terreno all’uscita di Venter På Stormene l’anno successivo.
Un album, questo, che all’epoca passò inosservato ai più, anche se ben accolto da chi ebbe occasione di parlarne, schiacciato tra la miriade di uscite ed l’incasellamento della band nel calderone black metal, scelta per certi versi obbligata ma per altri piuttosto fuorviante.
Se di black si tratta senza ombra di dubbio, infatti, quello dei Vemod è contraddistinto da caratteri molto eterei ed atmosferici e con una non trascurabile componente ambient e, per di più, racchiude ed amalgama efficacemente diverse fonti di ispirazione, che comprendono ovviamente la matrice di base norvegese, con rimandi alla scuola tedesca ed anche qualche accenno cascadiano proveniente da oltreoceano.
La title track e la successiva Ikledd Evighetens Kappe sono due ottimi brani, contigui nel loro sviluppo, atmosferici ed evocativi ma senza contraddistinti da una gelida asprezza di fondo, mentre Altets Temple è una lunga traccia ambient e Å Stige Blant Stjerner, posta in chiusura, si rivela una magnifica progressione strumentale.
Venter På Stormene (in attesa della tempesta) è un album assolutamente da riscoprire in attesa che i Vemod si riaffaccino sul mercato, questa volta però con alle spalle un etichetta in grado valorizzarne al massimo il notevole potenziale.

Tracklist:
1.Venter på stormene
2.Ikledd evighetens kappe
3.Altets tempel
4.Å stige blant stjerner

Line-up:
E. Blix – Drums, Vocals
J.E. Åsli – Guitars, Bass, Compositions, Lyrics

VEMOD – Facebook

Ljáin – Endasalmar

Roba del Demonio. Sono rari i gruppi che esordiscono in tal modo nella scena musicale, qualsiasi genere si prenda in considerazione.

Dalla fredda e vulcanica Islanda esordiscono i Ljáin con una demo che non vede alcuna speranza di salvezza. L’unico riferimento da considerare è Moon (dagli antipodi Australiani) che con Chaduceus Calice aveva dato un seguito ai primi dischi di Xasthur. Si sente l’odore di freddo, sudore e mura ovattate di una sala prove, in cui la registrazione grezza e violenta sbatte corpi ovunque. E’ una sinfonia cacofonica, suonata con distorsioni, urla possedute da chissà quale entità e batteria suonata con coltelli invece di bacchette. Raw-hostile e brutal black metal senza citare alcun virtuosismo satanico, non ce n’è bisogno. Una intro che abbassa le tende e mette tutti a tacere (Eilíf þjáning) prima di dare voce ad una malattia sonora che con Hlekkir holdsins ci riporta a”De Mysteriis… e alle perversioni vocali di Pelle. Alcuni attimi di apparente tregua a metà traccia e torniamo sotto la maledizione di Endasálmar che dà il titolo alla demo, iniziando contorta per chiudere in un doom degno di nota. Acquisto decisamente consigliato da mettere in un altarino, non appena un’etichetta si farà sotto per questo promettente gruppo. Qual’ è il voto massimo? Aggiudicato …

TRACKLIST
1.Eilíf þjáning
2.Svartigaldur
3.Hlekkir holdsins
4 Endasálmar

Shataan – Weigh of the Wolf

Il gruppo americano fa largo uso di flauti e strumenti tradizionali americani, creando un atmosfera ed un pathos davvero particolari ed unici.

I Shataan sono un gruppo americano appartenente al misterioso ed interessante collettivo americano di gruppi black metal Black Twilight Circle.

Per gli Shataan il black metal è un punto di partenza per trovare una natura personale e non, molto più profonda rispetto a quella visibile. Partendo dal nero metallo, ed usandolo come linguaggio i nostri ci guidano attraverso la storia ed il corpus mitologico dell’area mesoamericana, ovvero America Centrale, una civiltà molto evoluta, che ovviamente la civiltà europea ha cancellato. Gli Shataan cantano e narrano di cuori ed anime appartenuti al passato che però sono rimasti in noi, dentro ed anche fuori. Il gruppo americano fa largo uso di flauti e strumenti tradizionali americani, creando un atmosfera ed un pathos davvero particolari ed unici. Come album di debutto supera di molto le già grandi aspettative create dal demo War Cry Lament del 2011. Si narra di altre civiltà anche per scappare dalla nostra, essendo effettivamente troppo brutta, e forse anche il morire in battaglia difendendo il proprio popolo è meglio che morire ogni giorno in ufficio. Gli Shataan fanno un tipo di black metal al quale è proprio difficile dare etichette, ascoltandoli potrete farvi un’ idea vostra, cosa molto più auspicabile. Io vi posso solo dire che questo disco è davvero particolare, molto originale, con alla basse molte grandi idee. L’appartenenza al particolare Black Twilight Circle , ovvero quasi tutti i gruppi che gravitano intorno alla Crepuscolo Negro Records, è figlia di un ideale diverso di musica e di cultura metallica. I gruppi che appartengono al Black Twilight si conoscono tutti e spesso si scambiano i componenti, per poter dare una poetica ben precisa alla loro musica. Gli scopi del collettivo sono molti, collettivo che ricorda quello francese delle Legions Noires, quello principale è di dare una diversa connotazione storica e di immaginario al black metal, e questo disco degli Shataan ne è la testimonianza. Approfondite la visione del Black Twilight Circle partendo da questo disco, perché è un collettivo davvero interessante ed in continua mutazione.

TRACKLIST
1 Scorn at Heart
2 Leave Behind
3 Release
4 Chamber
5 Stand Apart
6 Eulogy
7 Inst. in E minor
8 Night comes Along

SHATAAN – Facebook

https://soundcloud.com/blacktwilight/shataan-06-eulogy

Black Cult – Cathedral of the Black Cult

Satanismo schietto e sincero, brado e allo stato puro, senza troppi fronzoli evocativi

Un full length firmato col sangue dal duo croato, composto da undici tracce, tecnicamente perfette.

Dai tempi dei Rotting Christ, l’Europa ha riscattato nell’area mediterranea la scena black e death, in risposta alla matrice scandinava. Le prime tracce danno solamente l’idea vaga di quanto ci aspetta per un’ora. Godibile, tuttavia, e di facile ascolto, la sequenza dei brani crea un’amalgama sonora che fa da collante tra un brano e l’altro. Insanus (Czaar) e Morbid (Gorthaur’s Wrath) danno vita a questo progetto nel 2013 con un demo ed oggi si apprestano a perfezionarsi con l’aggiunta di nuovi membri alla line up. Mayhem, Emperor e Satyricon fanno da padrini in qualità alle scelte stilistiche della realizzazione, resa peculiare dai riff e dagli assoli mai banali, e dai contrasti tra voce pulita e growling intimidatori. L’uscita della clip di The Witches Dance conferma nel tutto la loro posizione: satanismo schietto e sincero, brado e allo stato puro, senza troppi fronzoli evocativi. Siamo nei meandri infernali di un dogma che non ha ancora fine, prendendo per buono che a lungo andare diventerà una propaganda fatta a suon di musica.
Dieci tracce da urlo che danno filo spinato e nodi da torcere con momenti prog alternati a puro raw e a passaggi melodici. Kingdom of the Worm fa felici tutti i fans dei Motorhead a scapito di una versione ancora più inscatolata e affilata dal taglio grim. La Croazia, insomma, come ci piace immaginarla: una miniera ancora florida che fa da contraltare alla Norvegia.

TRACKLIST
1 Black Cathedral
2 Worship the Beast
3 Dark Matter
4 Untill the Devil takes Us
5 The Witches Dance
6 Hyerophant
7 Undeath
8 Gaze the insanity
9 Ego te Absolvo
10 Kingdom of the Worm

LINE-UP
Morbid – voce,
Insanus – batteria,
The Fallen – chitarra solo,
Azaghal – chitarra ritmica,
Lesovik – basso

BLACK CULT – Facebook

Coscradh‏ – Demo MMXVI

Coscradh sono un gruppo non comune, che esibisce una forza ed una potenza non comuni, riuscendo a districarsi fra vari generi, ma soprattutto in quattro canzoni rendono più che altri gruppi in un disco intero

Demo di debutto per questo gruppo irlandese che si chiama Coscradh, parola che in gaelico significa massacro.

Introduzione linguistica più che mai appropriata, ascoltando il disco si ha la netta percezione sonora di un massacro. Il death metal con intarsi di black dei Coscradh è un’aggressione che non lascia scampo, con uno stile vicino a molte cose irlandesi, perché sull’isola di smeraldo hanno un death metal che differisce dagli altri, per un respiro sempre vicino al folk, nel senso di composizione più che di genere sonoro. Le canzoni dei Coscradh sono infatti di ampio respiro, senza essere progressive sono costruite con nera magniloquenza, sfiorando a volte il doom. La voce sembra provenire da una dimensione fatta di dannazione e polvere di giganteschi ragni, mentre gli strumenti diventano ossa schiacciate. I Coscradh sono un gruppo non comune, che esibisce una forza ed una potenza non comuni, riuscendo a districarsi fra vari generi, ma soprattutto in quattro canzoni rendono più che altri gruppi in un disco intero, non perdendo mai la tensione. Un gran disco per un’etichetta che non ha sbagliato un colpo fino ad ora.

TRACKLIST
1. Buried
2. Lynch
3. Drowned
4 Coscartac

COSCRADH – Facebook