Timor et Tremor – For Cold Shades

Un epico ed oscuro viaggio tra le foreste germaniche

Questo bellissimo album licenziato dalla Trollzorn è il terzo lavoro della melodic black metal band tedesca Timor Et Tremor, quintetto di Kassel attivo dal 2005, ed arriva a rimpolpare una discografia che, oltre a My Oaken Chest del 2009 ed il precedente Upon Bleak Grey Fields del 2012, si completa con il primo demo e l’ep Towards the Shores of Light, uscito tra i primi due album.

La struttura del sound di cui il gruppo è portavoce, è un black metal dalle reminiscenze scandinave, epico e melodico, colmo di cavalcate e solos, su cui la band immette svariate scelte atmosferiche di natura dark.
Ne esce un bell’affresco estremo molto emozionale ed affascinante, curato nei minimi particolari in fase di produzione e ben calibrato tra le tempeste elettriche del black e le atmosfere oscure del dark, a rendere ancora più evil la suggestiva vena epica dei brani.
Un uso ben congegnato dello scream e delle clean dal taglio evocativo fa il resto, l’incontro del gruppo con Markus Stock, produttore di The Vision Bleak, Secrets Of The Moon, Ahab, ha giovato non poco al sound del quartetto e For Cold Shades dimostra l’alta qualità raggiunta dai Trimor Et Tremor.
Un epico ed oscuro viaggio tra le foreste germaniche, un’aura pagana che aleggia tra i solchi di brani splendidamente epici, con picchi di oscura cattiveria ma sempre estremamente melodica, così da mantenere un appeal enorme specialmente dove la componente malinconica prende il sopravvento ed il gruppo regala emozioni forti.
Fen Fire, stupenda epic/dark/black song, Alpha And Omega dal riff epicissimo, riecheggia nelle valli della foresta nera, così come The Ghost In All That Dies richiama tutte le tribù per l’ultimo scontro contro le truppe degli orchi, Ethereal Dome vive di melodie estreme, tra rallentamenti suggestivi e ripartenze, mentre Pale Faces risulta la perfetta conclusione, toccando tutte le varie sfumature incluse nell’album e regalando solos e riff dall’alto tasso melodico.
Come detto For Cold Shades viaggia su coordinate estreme scandinave, Dissection e i Naglfar del capolavoro Vittra sono i gruppi più vicini al modus operandi del gruppo, anche se a mio parere in molti dei solos compare il fantasma dei Dark Tranquillity a riempire di suggestive note dark melanconiche il sound dei Timor Et Tremor, rendendo il tutto molto affascinante.

TRACKLIST
1. Yearning
2. Fen Fire
3. Alpha And Omega
4. Oath Of Life
5. The Ghost In All That Dies
6. The Soaring Grudge
7. Ethereal Dome
8. Pale Faces

LINE-UP
Hendrik Müller – Vocals
Marco Prüssing – Guitars/Bass
Martin Stosic – Guitars
Jan Prüssing – Drums

TIMOR ET TREMOR – Facebook

The UnHuman Thorn – Sacro-Kvltus Dementis

Una messa nera di quaranta minuti dove i fedeli sono chiamati all’appuntamento con il maligno a suon di black metal.

Non male questo Sacro-Kvltus Dementis, primo lavoro sulla lunga distanza per The UnHuman Thorn, one man band cilena creatura maligna del polistrumentista Baal.

Attivo sulla scena dal 2008, ma con un solo demo alle spalle rilasciato tre anni fa, il musicista sudamericano crea quest’opera oscura, estrema e malvagia di raw blackened metal sanguinario e devastante, molto vario nelle atmosfere che si alternano tra massacranti parti black e lascive ed evocative atmosfere.
Una messa nera di quaranta minuti dove Baal, da malvagio sacerdote richiama i propri fedeli all’appuntamento con il maligno a suon di black metal, a tratti evocativo pur essendo basato su infernali e demoniache sfuriate metalliche e atmosfere pregne di malvagità, in un delirio di sudditanza a Satana.
Sotto l’aspetto prettamente musicale, siamo quantomai vicini alla scena est europea, Baal se la cava con gli strumenti e Sacro-Kvltus Dementis è prodotto abbastanza bene per risultare un ascolto piacevole.
Le tracce vivono di questa alternanza tra parti black ed oscure nenie messianiche, il punto di forza dell’album, pregne di atmosfere malate, pesanti ed abominevoli cantici intonati al demonio, sferzate da veloci ripartenze o mid tempo che concentrano potenza e cattiveria.
Obsceno ritual a la autodestrucción e Through the Endless Death formano l’accoppiata vincente di questo lavoro, cuore inumano dell’opera, seguite dalla devastante My Own Damnation, altro brano meritevole di menzione per l’ottimo lavoro sulle ritmiche, squartato da un riff forgiato direttamente tra le fiamme dell’inferno.
Per i cultori del black metal che non si fermano alle solite produzioni europee, Sacro-Kultus Dementis potrebbe risultare una piacevole sorpresa.

TRACKLIST
1. Sacro-Kvltus Dementis
2. Nova-Inquisition
3. Obsceno ritual a la autodestrucción
4. Through the Endless Death
5. My Own Damnation
6. Slaves ov Perpetual Pain
7. Into the Abomination Cult
8. The Fall ov the Weaker
9. As We Create, We Destroy

LINE-UP
Baal – Everything

THE UNHUMAN THORN – Facebook

Abigail – The Final Damnation

Un gradito ritorno per un gruppo che non tradirà mai, almeno finché potrà suonare e vivere eccessivamente.

Gli Abigail confermano l’assioma che i giapponesi, in fatto di perversioni e di lontananza da qualsiasi moralismo, sono imbattibili.

Certo, non tutti i giapponesi sono come gli Abigail, anche perché avremmo una terra di cocainomani che vanno a prostitute ascoltando black metal imbastardito con lo speed metal. L’importante è che gli Abigail siano divertenti e truci, e lo sono moltissimo. Questo quinto disco, sempre con la Nuclear War ! Now Productions con la quale sono sempre stati, segna il loro ritorno sulle scene, cosa molto attesa dai loro fans. Il loro è un classico black metal giapponese, sempre al limite del speedmetal, con quel tocco anni ottanta di cattiveria e sporcizia, come i Sabbat e i Sigh. Questo tipo di black metal è particolare, poiché fonde istanze tipiche di gruppi come i Bulldozer con quel nichilismo anche musicale e non solo, che è la raison d’etre del black metal. Qui si degenera forte, sublimando il disagio con abusi di tutto, di sostanze, di sesso e di volume, perché qui quest’ultimo deve essere bello alto. Con gli Abigail non ci si deve però fermare alle apparenze, poiché non il loro stile compositivo è ben studiato, creato per essere incessante e senza tregua, in una discesa agli inferi guidata dalla scrittura di Yasuyuki, uno dei personaggi principali del black nella terra che fu di Mishima. La cerniera tra sezione ritmica ed il resto del gruppo è ben cementata, e questo amalgama è la spina dorsale del gruppo, che spazia veloce ed alza il livello della dannazione.
Un gradito ritorno per un gruppo che non tradirà mai, almeno finché potrà suonare e vivere eccessivamente.

TRACKLIST
1.The Final Damnation
2.Blasphemy Night
3.Whisky Coke and Bitch
4.Sex & Metal
5.Open the Gates of Hell
6.No Pain! No Limit!
7.Sweet Baby Metal Sluts
8.Holocaust by Evil

LINE-UP
Yasuyuki – Bass, Vocals
Youhei -Drums
Jero – Guitars

ABIGAIL – Facebook

Fortíð – The Demo Sessions

Una buona occasione per fare la conoscenza dei Fortíð con questa compilation intitolata semplicemente The Demo Sessions.

Una buona occasione per fare la conoscenza dei Fortíð con questa compilation intitolata semplicemente The Demo Sessions.

Il gruppo nasce come one man band nel 2002, ad opera di Einar Thorberg, poi trasferitosi dal suo paese natale (l’Islanda) in Norvegia e completando la line up per arrivare a formare un quartetto composto da Rikard Jonsson al basso, Daniel Theobald alle pelli e Øystein Hansen alla sei corde.
Il gruppo del chitarrista e cantante islandese può contare una già ottima discografia, composta dalle tre parti di Völuspá, una trilogia che ha il suo inizio nel 2003 (Thor’s Anger) e continua con Völuspá Part II: The Arrival of Fenris del 2007 e Völuspá Part III: Fall of the Ages licenziato nel 2010.
Altri due full length hanno caratterizzato questi ultimi quattro anni, Pagan Prophecies uscito nel 2012 e l’ultimo 9 dello scorso anno.
The Demo Sessions contiene delle registrazioni grezze di brani già editi, una cover degli Enslaved (Lifandi lífi undir hamri) ed una traccia inedita, per quasi settanta minuti di pagan black metal dalle atmosfere epiche e folk, tutto sommato ben articolato e potente il giusto per accontentare l’appassionato dai gusti estremi ma consolidati nelle tradizioni dei paesi immersi nel freddo nord europeo.
Molti brani, essendo tracce demo, lasciano a desiderare in quanto a produzione, ma non manca certo al gruppo un’attitudine pagana e buone trame guerresche ed epiche.
Le atmosfere più pacate si indirizzano verso sfumature glaciali, un folk metal maligno supportato dalla parte metallica che gronda cattiveria, mentre è davvero interessante quella parte di sound dove le clean vocals valorizzano l’elemento folk/epico tra Bathory ed Enslaved.
Per chi conosce la discografia del gruppo, questa compilation serve solo da completamento della discografia, mentre agli altri un consiglio ad inoltrarsi nelle foreste nordiche in compagnia dei Fortíð è d’obbligo.

TRACKLIST
Einar “Eldur” Thorberg – Guitars, Vocals
Rikard Jonsson – Bass
Daniel Theobald – Drums
Øystein Hansen – Guitars

LINE-UP
1. Illt skal með illu gjalda
2. Lifandi lífi undir hamri (Enslaved cover)
3. Nornir
4. Galdur
5. Hof
6. Pagan Prophecies
7. Electric Horizon
8. Sun Turns Black
9. Ad Handan
10. Heltekinn
11. Framtíð

FORTID – Facebook

Heimdalls Wacht – Geisterseher

Pagan black metal dalla Germania: ruggente, frizzante e devoto a temi anti cristiani.

Pagan black metal dalla Germania: ruggente, frizzante e devoto a temi anti cristiani.

Geisterseher segna 10 anni di attività nei quali Saruman (chitarra) e Herjann (basso) hanno avuto da lavorare per riuscire a comporre l’attuale line-up vincente, testata l’anno scorso con lo split con Trollzorn. Skjeld dona voce, vernice e grinta ad un disco che apre una nuova era, come nel sito web viene dichiarato: l’uscita di Narhemoth, per quanto sia presente nello spirito della ideologia della band. Ben mixato, buona tecnica negli arrangiamenti e adatto per affezionati al genere, ma piacevole e di semplice ascolto per chi non ha criteri di paragone (come me ad esempio, e questo non significa affatto che sia un prodotto anonimo e leggero).
Attitudine schiva ma aperta allo stesso tempo, lampi di grim e saette vocali che compensano le fughe vocali , come ad esempio in Scyomantia, adattabile a singolo. Taedium Vitae riporta riccioli di malinconia ai primi Pyogenesis, magari tra Ignis Creatio e Twinaleblood, ma appena un accenno. Un tocco di cascadian non fa che alleggerire un disco che se avesseavuto schemi “quadrati” sarebbe stato scaraventato da subito nell’anonimato.

TRACKLIST
1. Spoekenkieker
2. Wir sind die Waechter
3. Der kommende Gott Treffen mit Sabazios
4. Scyomantia-Der Thron im Schatten
5. Tairach
6. Taedium_Vitae
7. Anderswelt

LINE-UP
Narhemoth – Voce
Saruman – Voce, Chitarra
Herjann – Basso, Voce
Teja – Chitarra
Feuerriese – Batteria

HEIMDALLS WACHT – Facebook

Nuisible – Inter feces et urinam nascimur

Il disco è breve ma lascia comunque il segno, magari non in maniera indelebile ma sufficiente a far drizzare le antenne di fronte questo nome nuovo.

Notevole mazzata quella proveniente dai francesi Nuisible, al loro effettivo esordio con questo Inter feces et urinam nascimur.

La band normanna spara una mezz’ora scarsa di hardcore, fortemente metallizzato da sfuriate ai limiti del black e da qualche raro rallentamento di matrice sludge, un qualcosa che potrebbe non soddisfare del tutto i puristi dell’hardcore, anche alla luce di una componente punk che emerge solo a sprazzi (Out come the wolves).
A chi ha un background propriamente metal, invece, quest’opera dei Nuisible dovrebbe piacere non poco, proprio perché, pur mantenendo la linearità e l’immediatezza dell’hardcore, gode di una pesantezza non indifferente ben rappresentata dall’ottima Roar of the great torrent.
Il disco, come detto, è breve, ma lascia comunque il segno, magari non in maniera indelebile ma sufficiente a far drizzare le antenne di fronte questo nome nuovo, capace di veicolare con efficacia il proprio rabbioso e insofferente sentire nei confronti della realtà circostante.

Tracklist:
1.Inter feces et urinam nascimur
2.Proletarian hung
3.Out come the wolves
4.Reign of confusion
5.Night wanderer
6.Roar of the great torrent
7.Forest fire

Line-up:
Julien – guitars, vocals
Alexandre – drums, keyboards, backing
Damien – bass,backing
Furet – guitar

NUISIBLE – Facebook

Nifrost – Motvind

Motvind sarà una gradita sorpresa per gli amanti del genere, perciò su le spade e via di corsa tra la bruma innevata, la gloria vi attende.

Uscito cinque anni fa in versione demo e ristampato dalla Naturmacht Productions, Motvind è il primo full length dei Nifrost, gruppo norvegese che risulta fondato da più di dieci anni ma con all’attivo solo un demo uscito nel 2010.

Il quartetto scandinavo con questo lavoro non manca però di sorprendere in positivo e Motvind risulta un buon lavoro di black metal pagano in cui è forte l’ispirazione mitologica.
Di buon spessore compositivo, l’album richiama a più riprese le gesta epiche dei Bathory, la parte metallica del sound è pregna di ottime soluzioni melodiche, cavalcate estreme tra mid tempo ed accelerazioni di stampo black, mentre l’elemento folk del sound rimane in parte nascosto dal clima battagliero che anima le tracce.
Prodotto molto bene (virtù non così scontata nel genere), il sound viene valorizzato da un’ottima prestazione delle due asce, in perfetta sintonia tra ritmiche furenti e solos colmi di melodie epiche e per quasi un’ora veniamo catapultati in un’era di eroi e battaglie, scontri tra le foreste coperti dal manto bianco di neve che si sporca del sangue di guerrieri indomiti.
Un album che meritava senz’altro di essere rivalutato ed ascolto obbligato per i fans del genere, che sicuramente verranno soddisfatti dall’aura viking che brani come l’opener Byrdesong, il crescendo di tensione che anima Dei ville med vald e l’epica ed evocativa Marebakkjen.
Il metal classico fa capolino nell’ottima Under seks lange e l’album arriva a più di metà della sua durata senza riscontrare nessun colpo a vuoto.
La seconda parte continua la sua cavalcata verso il Valhalla, concludendosi con la title track , aperta da giri acustici di ispirazione folk ed un crescendo entusiasmante che porta all’epico finale, splendidamente supportato da cori che grondano epicità e orgoglio vichingo.
In conclusione, Motvind sarà una gradita sorpresa per gli amanti del genere, perciò su le spade e via di corsa tra la bruma innevata, la gloria vi attende.

TRACKLIST
1. Byrdesong
2. Ufred
3. Sitring
4. Dei ville med vald
5. Marebakkjen
6. Under seks lange
7. Ve
8. Vaart land
9. Ferdamann
10. Motvind

LINE-UP
Kjetil Andreas Nydal – Bass, Vocals
Jørn Ståle Norheim – Guitars
Eyvind Aardal – Vocals, Guitars
Henrik Nesse – Drums

NIFROST – Facebook

Chainerdog – Daemonical

Un lavoro di ricerca e di bravura musicale in ambito estremo.

Chainerdog è una one man band di black metal molto eterodosso ed interessante.

Si parte dalle basi e dai classici del genere per avventurarsi in un’escursione a trecentosessanta gradi nel mondo del metal estremo. In alcuni passaggi risuona lo spirito immortale di Quorthon, padre di un serio approccio sinfonico al genere. L’essere solo uno non diminuisce ma potenzia la forza della musica di Chainderdog, che riesce a creare una grande atmosfera, andando anche ad indagare l’inflazionato ramo atmosferical del black metal in una maniera intelligente. La ricerca musicale qui è palpabile, mentre si viene toccati da un vento freddo che spira dal nord, quell’idea mentale di nord che sta dentro di noi dall’antichità e che qui viene messa in musica. La produzione è uno dei modi in cui può essere reso il black metal, e qui si adatta alla perfezione all’obiettivo. Un altro grande pregio di questo disco è la varietà della visione musicale, poiché Chainerdog ci porta in varie terre del black metal, e in tutte suona con cognizione. Inoltre Daemonical parla di un geist che non c’è più, rovinato da una modernità che è davvero negativa in molte sue accezioni.
Un lavoro di ricerca e di bravura musicale in ambito estremo.

TRACKLIST
1.Dead
2.Demoniac
3.Hellbringer
4.Morbid
5.Submerged (instrumental)
6.Vile
7.Alchemist
8.Decay
9.Scais

CHAINERDOG – Facebook

Nazghor – Death’s Withered Chants

Il quartetto di Uppsala con il nuovo album imprime una sferzata notevole alla sua discografia

Uno dei gruppi di punta della label russa Satanath Records sono senza ombra di dubbio i blacksters svedesi Nazghor, orda satanica nata nel 2012 e già arrivata al quinto album sulla lunga distanza.

Quattro lavori in quattro anni di cui due nel 2014, tutti di buona qualità a cui si aggiunge questo devastante Death’s Withered Chants, ottimo esempio di true black metal scandinavo, chiaramente di ispirazione svedese, pregno di melodie chitarristiche, tanto odio religioso ed impatto fulminante.
Il quartetto di Uppsala con il nuovo album imprime una sferzata notevole alla sua discografia e Death’s Withered Chants a tratti entusiasma; un disco di genere certo, ma ben fatto, suonato e prodotto alla grande con bellissime atmosfere epico oscure, un’attitudine antireligiosa che sprizza da ogni nota, ben espressa dal vocalist Nekhrid, un demone dietro al microfono.
Il tempo di somatizzare l’intro e l’album parte sgommando con la devastante Requiem Black Mass: si nota subito l’enorme lavoro in consolle e l’ottimo affiatamento delle due asce in forma splendida (Armageddor e Angst) capaci di travolgere l’ascoltatore con un riffing violentissimo e solos che fanno delle melodie vincenti il loro punto di forza.
Violento e blasfemo, Death’s Withered Chants continua a regalare piccole perle nere, bufere di musica estrema che si abbattono sulla costa scandinava, mentre il cielo diventa un muro oscuro e tra i nuvoloni oscuri e tempestosi si disegna lo sguardo di Lucifero e la band continua il suo macello sonoro con la coppia d’assi Craft of the Nihilist / Road to Dead Meadows.
Pochi secondi di oscure note atmosferiche aprono alcuni brani, mentre l’attacco portato all’umanità si fa imponente con la stupenda Complete Unholyness, un mid temo epico squarciato da un assolo che gronda sangue e lacrime per ripartire in una cavalcata metallica da epica tregenda.
La title track posta alla fine risulta la colonna sonora della fine del mondo, o meglio quello che rimane dopo che i Nazghor sono passati, dieci minuti di atmosfere gelide, tragiche e drammatiche, una nuova dimensione dell’apocalisse, mentre l’ultimo cuore si spegne, la musica lascia spazio al suo battito che piano piano rallenta fino all’ultimo tragico colpo.
Influenze e paragoni sono tutti nella storia del genere, dunque se siete amanti di queste sonorità non potrete fare a meno di trovare pulsazioni sonore dei vari Dissection, Dark Funeral, Watain e compagnia satanica, espresse alla grande dai Nazghor in un album da avere assolutamente.

TRACKLIST
1. Hymnum Mortis
2. Requiem Black Mass
3. Under a Venomous Spell
4. Craft of the Nihilist
5. Road to Dead Meadows
6. Inheritance of the Cross
7. Aeternum Regno Diaboli
8. Complete Unholyness
9. Empire of Graves
10. Death’s Withered Chant

LINE-UP
NEKHRID – Vocals
ARMAGEDDOR – Guitars
ANGST – Guitars
CROWLECH – Bass
COSMARUL – Drums

NAZGHOR – Facebook

Second To Sun – The First Chapter

The First Chapter segue un’impetuosa narrazione, là dove il metal viene usato come codice da integrare con altri linguaggi come il folclore, per creare un punto d’incontro che serve da base per raccontare storie altrimenti dimenticate.

Il disco dei Second To Sun è una magnifica opera sonora, composta da diversi strati, molti livelli di lettura e stili ricchi e assai differenti tra loro.

The First Chapter segue un’impetuosa narrazione, là dove il metal viene usato come codice da integrare con altri linguaggi come il folclore, per creare un punto d’incontro che serve da base per raccontare storie altrimenti dimenticate.
Il tutto è strumentale e non potrebbe essere altrimenti, dato che ogni parola sarebbe estranea in questa cascata di note, vite e sogni spezzati. Lo stile è un metal super tecnico, con intarsi di djent e post metal, ma uno degli elementi più importanti è il folclore. Ogni canzone ha genesi e semantica diverse, ma tutte raccontano qualche accadimento, ed in più fanno sentire le musiche delle genti coinvolte. Red Snow narra degli avvenimenti accaduti al passo Dyatlov, dove vennero uccise nove persone, o dai locali o da qualcosa che sarebbe meglio non nominare nemmeno. In questa canzone i Second To Sun ci fanno sentire anche in fondo al pezzo dei loro rimaneggiamenti di pezzi tipici delle popolazioni di quei luoghi. E questo disco, grazie alla sua musica, tra Meshuggah e dintorni e un certo grado di distopia, regala grandi gioie, qui il metal diventa moderno narrando storie e visi antichi. La potenza e la tecnica dei Second To Sun fanno davvero la differenza, anche perché non sono usate affatto a caso, ma sempre con consapevolezza e sapienza. Quando poi il metal dei russi si fonde con il folk dei canti finlandesi riarrangiati, o con composizioni di popoli così lontani dalla nostra tecnocrazia, è qui che si raggiungono i momenti più alti del disco, che viaggia su di una qualità media davvero ragguardevole. La cosa migliore che si possa dire di questo disco è affermare la sua originalità, che continua la tradizione di dischi come Roots dei Sepultura, pur essendone molto diverso nell’essenza, parlando di popoli antichi e facendolo con un metal moderno e propositivo, molto differente rispetto al folk metal. Potrebbe sembrare un disco ostico ma non lo è, perché imponenti impalcature musicali nascondono al loro interno melodie importanti che vengono palesate in tutta la loro potentissima bellezza.
Un disco che riempe e che fa vedere dove dovremmo volgere il nostro sguardo, sia davanti che dietro di noi.
Potenza, tecnica e grandiosità.

TRACKLIST
1.Spirit Of Kusoto
2.Red Snow
3.Me Or Him
4.Land Of The Fearless Birds
5.The Blood Libel
6.Narčat
7.Virgo Mitt
8.Chokk Kapper (Bonus Track)
9.Narčat (Demo Version, Bonus Track)

LINE-UP
Vladimir Lehtinen
Theodor Borovski
Aleh Zielankievič

SECOND TO SUN – Facebook

Isgärde – Jag Enslig Skall Gå

Un album di black metal sui generis, che alterna parti metalliche ad atmosfere di oscura melancolia, sorretto dai suoni tastieristici che creano un’aura misteriosa.

Arriva dall’isola di Öland, in Svezia, questa one man band al primo full length, licenziato dalla sempre più attiva (in campo estremo) Symbol of Domination Prod.

Il polistrumentista Somath prende ispirazione per la propria musica dalla sua terra ricca di fascino ed immersa in una natura selvaggia.
Un’isoletta in mezzo al mare del nord, il clima rigido e la profonda solitudine hanno ispirato Somath nel suo primo lavoro, ne esce quindi un album di black metal sui generis, che alterna parti metalliche ad atmosfere di oscura melancolia, sorretto dai suoni tastieristici che creano un’aura misteriosa, sferzati da tempeste di metallo nero ed impreziosito da sfumature epiche.
Da migliorare lo scream, forse poco valorizzato da una produzione appena sufficiente, mentre a livello strumentale Somath non manca di regalare attimi di buona emotività, soprattutto nelle parti atmosferiche e maestose.
Le classiche cavalcate metalliche in puro stile swedish black metal e il sentore misantropico che aleggia in tutti i brani rendono l’album appetibile per i fans del genere: Jag Enslig Skall Gå ci racconta dell’isola, dei suoi freddi mesi invernali, della sua natura ostile e senza scrupoli e della solitudine, dell’angoscia con cui un uomo deve fare i conti tutti giorni.
Il musicista svedese si è interamente prodotto l’album, aiutato da un paio di colleghi della scena, Filip Lönnqvist dei Rave The Reqviem e Lord Aganaroth (WAN and Sapfhier).
Dieci brani che formano un’opera affascinante ma con qualche difetto, normale per un esordio, ma sicuramente da valutare se l’album, come si spera, avrà un seguito: per ora supportiamo il buon Somath e la sua isola.

TRACKLIST
01. Isgärde
02. Battle Of Borgholm
03. Dying After Dawn
04. Ancient Forest Of Witchery
05. Thousand Scars
06. Funeral Fire
07. Dungeons Of The Devil
08. Drowning Cosmos
09. At Gettlinge Gravfält
10. Korpen

LINE-UP
Somath – Guitars, bass, drums, keyboards, vocals

Perverted Ceremony – Demo 1 Tape

I Perverted Ceremony suonano metastasi, animano cancri metallici che si attaccano alle cellule buone e le fanno morire, senza una spiegazione, senza un senso.

Death black metal in lo fi e totalmente underground, anzi alle estremità putrescenti del sottobosco musicale.

Questo demo fu registrato nel 2012 a Bruxelles, con un registratore otto tracce, e pure vecchio il registratore. Il risultato è questo suono urticante e sonicamente ondivago, un tributo al metal più oscuro, quello che non conosce la parola vendere. Infatti i Perverted Ceremony, inciso il demo lo hanno fatto girare fra i loro contatti più stretti e poi lo hanno inviato ad alcune distro a loro gradite. In questo modo hanno catturato l’attenzione della Nuclear War Now !, sempre attenta alle uscite marce e fuori moda. Queste sette canzoni sono bestemmi lanciate verso il cielo, sono gioielli da cantina, fatte da persone che amano il metal e che hanno le distorsioni dentro. I Perverted Ceremony suonano metastasi, animano cancri metallici che si attaccano alle cellule buone e le fanno morire, senza una spiegazione, senza un senso. La loro bravura è anche quella di riuscire a far diventare interessante un qualcosa che molti altri gruppi hanno fatto, ma che non gli è uscito come a questi belgi. Demo 1 Tape ha un qualcosa di affascinante nella sua schifezza sonora, e più lo si ascolta più sci capisce che il metal non è hi fi, ma deve essere il più vicino possibile all’inferno, anche sonoramente. Sicuramente chi conosce l’audiometria potrebbe non essere della mia stessa opinione, ma quo gli schemi saltano e le squadre sono tutte all’attacco. Cassetta ristampata in maniera professionale, che fa da apripista all’album che presto uscirà su Nuclear War Now ! e di cui siamo molto curiosi.

TRACKLIST
1.Ceremonial Bread
2.Black Fluids
3.Midnight Orgy
4.Rites of the Sadistic Necromancer
5.Satanic Seventies Porn II
6.Perversion
7.Outro

NUCLEAR WAR NOW – Facebook

Yhdarl – A Prelude to the Great Loss

L’ennesima epifania di un talento per il quale una sorta di compulsività espressiva non va minimamente a discapito della qualità delle diverse proposte.

Un preludio alla grande perdita: per raccontare gli stati d’animo che accompagnano questo tragico momento c’è bisogno di uno dei massimi cantori moderni di tutto ciò che rappresenta il dolore, il disagio esistenziale, la disperazione e l’alienazione di chi è condannato, suo malgrado, a trascorrere l’esistenza su questo pianeta.

Il suo nome è Déhà, lo abbiamo testato fin troppe volte ed in mutevoli forme per nutrire dei dubbi sul suo valore, e anche questa volta non delude, utilizzando quale mezzo uno dei suoi innumerevoli progetti, Yhdarl, dove si accompagna alla musicista francese Larvalis Lethæus.
Il monicker in questione rappresenta l’ incarnazione più prolifica del musicista belga e, forse, anche quella in cui riesce davvero compiutamente a racchiudere tutte le sue oscure visioni, proprio perché, ascoltando con attenzione A Prelude to the Great Loss, si riescono a cogliere sfumature, provenienti dagli altri suoi progetti, che vengono espresse come sempre in maniera mirabile.
L’ep regala una mezz’ora complessiva di musica, suddivisa in due brani complementari ma diversi per approccio ed intensità: la furia parossistica che spesso contraddistingue Unblessed Hands è sintomatica di un dolore che pare non trovare vie d’uscita ed è il punto d’incontro tra la furia distruttiva dei COAG, il nichilismo dei Merda Mundi ed il rabbioso sgomento degli Imber Luminis, mentre ben diverso è l’impatto emotivo provocato da Primal Disgrace, laddove il dolore ottundente degli Slow va a fondersi idealmente con la poetica malinconica dei We All Die (Laughing).
Il tutto viene accompagnato dalla cangiante e sempre convincente interpretazione di Déhà e dai vocalizzi strazianti di Larvalis Lethæus, elemento vieppiù disturbante in un ambito che di rassicurante e confortevole di suo ha già ben poco.
Gli Yhdarl rappresentano l’ennesima epifania di un talento per il quale una sorta di compulsività espressiva non va minimamente a discapito della qualità delle diverse proposte, un qualcosa che trova ben pochi eguali nella storia recente della musica, non solo di quella circoscritta al metal.

Tracklist:
1. Unblessed Hands
2. Primal Disgrace

Line-up:
Déhà – All instruments, Vocals
Larvalis Lethæus – Vocals, Piano

YHDARL – Facebook

Seher – Nachzehrer

L’oscura maliconia che si sprigiona dalle armonie acustiche ed elettriche, sospese nel limbo del rock d’avanguardia, sono perfettamente incastonate in potenti ma mai banali ripartenze black metal.

Premessa: continuo sinceramente a non capire tutto questo mistero quando si parla di gruppi estremi, specialmente black, ostinati nel non rilasciare informazioni su line up e quant’altro, come se la cosa fosse realmente cool.

In ambito underground i dettagli sono importanti, ma se i gruppi e le label pensano sia più credibile rimanere nell’oscuro anonimato, problema loro, tutto questo non va certamente ad influenzare il giudizio finale sul loro operato.
Un peccato però, specialmente se le opere sono di qualità come questo Nachzehrer, primo lavoro sulla lunga distanza dei blacksters tedeschi Seher, uscito in versione vinile, ma ristampato in versione cd, con l’aggiunta del primo demo, dalla Totenmusik.
L’album, accompagnato da una copertina invero bruttina, a livello musicale sorprende non poco, il black metal dei nostri infatti è un crescendo di cavalcate metalliche influenzate dalla scena scandinava ed impreziosite da atmosferiche digressioni nel post metal e nel rock, oscuro, profondamente intimista e violento il giusto quando il gruppo parte per la tangente estrema.
La melodia è signora e padrona delle tracce contenute in Nachzehrer, sia nelle parti evil che in quelle atmosferiche, i brani mediamente lunghi sono lunghe passeggiate nel metal estremo più adulto ed intimista, con una vena progressiva marcata e tante sfumature dark metal.
Un piccolo gioiellino di musica oscura risulta così questo lavoro, con dei picchi emozionali sopra le righe (la maestosa Geist, la crepuscolare e diabolica Mensch e lo splendido esempio di metal estremo malinconico che è Ader).
Grandi parti chitarristiche, fanno da cornice a momenti rarefatti, l’oscura malinconia che si sprigiona dalle armonie acustiche ed elettriche, sospese nel limbo del rock d’avanguardia, sono perfettamente incastonate in potenti ma mai banali ripartenze black metal e l’album dona momenti davvero intensi, risultando un ascolto obbligato per gli amanti del black metal melodico.

TRACKLIST
1. Nachzehrer
2. Geist
3. Mensch
4. Donner
5. Der Seher
6. Ader
7. Frost

SEHER – Facebook

Malamorte – Devilish Illusions

Il suono e un certo immaginario black horror qui trovano la loro naturale ragion d’essere, per un disco decisamente riuscito.

I Malamorte sono il black metal che non tradisce mai i propri adoratori e che, anzi, con dischi come questo li fa amare maggiormente il nero metallo.

I Malamorte sono il progetto balck metal di Alessandro Nunziati, già nei Lord Vampyr, Cain, Shadowreign, Nailed God, e Theatres des Vampires, che dopo l’ep The Fall Of Babylon del 2014 hanno continuato la loro avventura con questo disco, un ottimo concentrato di black metal classico, non cantato sempre in growl, con inserti di death metal , per un suono davvero convincente con ritornelli coinvolgenti ed azzeccati. Devilish Illusions è un disco che piacerà molto a chi ama il black metal, ma coinvolgerà molto anche i death metallers aperti ad altre sonorità, comunque molto simili. Il nome forse è ispirato a Malamorte, l’antico nome che veniva dato al paese di Belveglio, teatro di tantissime battaglie, e con un castello ancora infestato da misteriose presenze. E anche qui è forte il riferimento all’horror, come quello di King Diamond, che è il nome che aleggia per tutto il disco. Il black metal dei Malamorte è spettacolare e melodico, suonato e composto davvero bene, con cura e passione. Devilish Illusions ha una produzione molto puntuale, pulita il giusto, senza eccedere il nulla, con un grande bilanciamento. Nunziati, nume tutelare del progetto, è una personalità musicale molto prolifica, e con ottime idee, infatti riesce a cimentasi negli ambiti metallici più disparati, sempre con ottimi risultati. Il suono e un certo immaginario black horror qui trovano la loro naturale ragion d’essere, per un disco decisamente riuscito.

TRACKLIST
01. Maleficium I
02. Devilish Illusions
03. Pactum
04. Dark Clouds On Golgotha
05. Maleficium II
06. Possession
07. Malamorte
08. Devoted To Self-Destruction
09. Lucifer’s Rebellion
10. Maleficium III

LINE-UP
L.V. Vocals/Guitars, music, lyrics, production, arrangements
Session:
Sk: additional guitars, bass, brogramming

MALAMORTE – Facebook

DESCRIZIONE SEO / RIASSUNTO

Ancient – Back To The Land Of The Dead

Un ritorno al alto livello, per certi versi inatteso e quindi ancor più gradito da chi prova un pizzico di nostalgia per tutte quelle band che, negli anni ’90, rivoltarono come un calzino la storia del metal estremo.

Non è semplice l’avvicinamento a lavori che segnano il ritorno, dopo oltre un decennio di silenzio, di band capaci di legare il proprio nome alla nascita e allo sviluppo di un genere specifico.

Non sempre i risultati che ne conseguono sono eccellente come sarebbe lecito attendersi, perché sovente le motivazioni sono legate al solo marketing e non ad una ritrovata vena creativa.
Nei confronti di chi arriva da molto lontano, come gli Ancient, tra i precursori negli anni ’90 della dirompente esplosione del black metal in Norvegia, l’attenzione aumenta poi in maniera esponenziale, specialmente perché i nostri non sono mai stati annoverati tra i campionissimi, come avvenne invece ad Emperor, Mayehem o Darkthrone, e fondamentalmente il loro album migliore è sempre stato considerato unanimemente quello d’esordio, l’ottimo Svartalvheim, che risale ormai ad oltre un ventennio fa.
Da allora continui cambi di formazione, spostamenti logistici e vicissitudini assortite hanno visto quale trait d’union del gruppo lo storico vocalist Aphazel, con un’altra serie di album pubblicati nel decennio successivo, tutti di buon livello ma nessuno capace di raggiungere l’eccellenza.
Se provassimo a resettare tutto questo e a considera gli Ancient in base al presente e non al passato, cosa ne dedurremmo da questo ultimo full length intitolato Back To The Land Of The Dead? Semplicemente che si tratta di una bellissima prova, con la quale l’attuale trio impartisce una lezione su come il genere possa essere ancora oggi al contempo maligno e dal notevole impatto melodico.
Senza fare dello sciovinismo, va detto che il motore della band è italiano, nella persona del chitarrista e bassista Dhilorz (Danilo Di Lorenzo), autore di gran parte delle musiche, da solo o in compartecipazione con Zel (nuovo nickname adottato dal fondatore, che all’anagrafe fa Magnus Garvik), e del recente approdo, quale live session man, del chitarrista dei Bulldozer Giulio Borroni (denominato per l’occasione Ghiulz); in aggiunta, non è certo marginale l’approdo alla batteria di Nicholas Barker, uno che ha prestato le proprie bacchette a Cradle of Of Filth, Dimmu Borgir e Lock Up, tanto per citare solo alcune dell band che lo hanno visto all’opera.
Back To The Land Of The Dead, con tali premesse, scorre in maniera piacevolmente fluida, nonostante una lunghezza forse eccessiva per gli standard del genere: il black degli Ancient è melodico, epico, magniloquente ed anche sufficientemente aspro per mantenere comunque ben salde le coordinate del genere e si intuisce chiaramente che la sua manipolazione avviene da parte di musicisti che sanno perfettamente il fatto loro.
Come detto, non si riscontrano particolari debolezze in una tracklist che vede quale picco qualitativo la mini suite The Excruciating Journey (composta dalle tracce Part I – Defiance And Rage, Part II – The Prodigal Years Part III – The Awakening) e dall’evocativa Petrified By Their End, degna conclusione di un album che prevede, comunque, quale bonus track la cover di 13 Candles dei Bathory.
Un ritorno al alto livello, per certi versi inatteso e quindi ancor più gradito da chi prova un pizzico di nostalgia per tutte quelle band che, negli anni ’90, rivoltarono come un calzino la storia del metal estremo.

Tracklist:
1. Land Of The Dead
2. Beyond The Blood Moon
3. The Sempiternal Haze
4. The Empyrean Sword
5. The Ancient Disarray
6. Occlude The Gates
The Excruciating Journey
7. Part I – Defiance And Rage
8. Part II – The Prodigal Years
9. Part III – The Awakening
10. Death Will Die
11. The Spiral
12. Petrified By Their End
13. 13 Candles

Line-up:
Zel – Vocals, Guitars, Keyboards
Dhilorz – Guitars, Bass
Nick Barker – Drums

ANCIENT – Facebook

Lord Impaler / Dizziness / Hell Poemer – Carved by the Winds Eternal

Ottimo split album incentrato su sonorità black metal questo Carved By The Winds Eternal, che ci presenta un tris di gruppi ellenici, da non sottovalutare.

Due brani a testa bastano a chi non conosce le band in questione, già attive da diversi anni ed assolutamente in grado di soddisfare i palati estremi dei black metallers sparsi per il globo.
Si parte con i Dizziness, quartetto di Atene in marcia verso l’inferno dal 2008 e con un’abbondante discografia che consta di due full length ed un mare di split e demo.
Pescando dalla tradizione ellenica, e senza dimenticare la lezione impartita dai gruppi scandinavi, il loro sound è un intenso e quanto mai riuscito esempio di black vario, tra furiose accelerazioni, ritmiche marziali e momenti pregni di atmosfere mistiche.
Goddess of the Moon e Άρπυιες esplodono in un susseguirsi di colpi di scena, marciando nell’oscurità di caverne scavate da famelici orchi, le atmosfere cangianti (ora guerresche, ora mistiche, ora pregne di malata oscurità) esaltano l’ascolto, sicuramente un gruppo da approfondire.
Più canonico e brutale il sound dei Lord Impaler, fondati addirittura nel 1998, ma con un solo full length all’attivo (Admire the Cosmos Black del 2011).
Raw black metal che, se ad un primo ascolto può ricordare gli Immortal, ne prende subito le distanze conservando il mood tipico delle bands mediterranee, sound caldo, riff che nel loro consolidato estremismo si nutrono di melodia, oscura, evil, ma sempre perfettamente bilanciata con la tempesta di caos metallico del genere.
I cinque musicisti, pur discostandosi dalla proposta dei loro dirimpettai, non mancano di offrire una prova sopra la media, meno lavorata nelle atmosfere, ma convincente nell’impatto.
Ma il bello deve ancora arrivare e The Sacral Knot of Hierophant ci accompagna nel buio della caverna, dove in agguato ci aspettano i mostruosi abitanti degli oscuri anfratti dimenticati dal tempo.
Loro sono gli Hell Poemer, da poco più di dieci anni in attività e con un solo full length licenziato nel 2013 (Arcane Mysteries of Dead Ancestors): il loro black metal si impreziosisce di clamorose note pianistiche, creando un’atmosfera di oscura melanconia.
Il primo brano di cui sopra tiene alta la tensione metallica, ci si accorge subito che la musica è cambiata e My Dreams Will Stay Frozen on the Mountains ci rapisce definitivamente, con un black metal melodico sorretto da una base pianistica dai rimandi gothic, l’aura che si crea è di elevata epicità dark; il gruppo accompagna il tutto con una marziale danza elettrica, solitudine e misantropia escono prepotentemente dalle note dei tasti d’avorio, mentre lo screamer decanta storie immerso nell’oscurità.
Con tre band delle quali vale la pena approfondire la discografia, aspettando eventuali sviluppi futuri, Carved By The Winds Eternal risulta uno dei più riusciti split degli ultimi tempi.

TRACKLIST
1. Dizziness – Goddess of the Moon
2. Dizziness – Άρπυιες
3. Lord Impaler – A Fire That Burns
4. Lord Impaler – Call from the Grave
5. Hell Poemer – The Sacral Knot of Hierophant
6. Hell Poemer – My Dreams Will Stay Frozen on the Mountains

LINE-UP
Lord Impaler :
Lord Nebulah – Guitars
Tragon – Vocals
Phlegethon – Bass
Nodens- Drums
Aenaon – Guitars

Dizziness:
Pyriflegethon – Guitars
Moscho – Guitars
Ηalál – Bass
Ithonas – Vocals

Hell Poemer:
Dark Archon – Drums
Knafos – Guitars, Keyboards
Infernal Lord – Vocals, Keyboards, Guitars, Flute
Gragonith – Bass

HELL POEMER – Facebook

LORD IMPALER – Facebook

DIZZINESS – Facebook

Supremative- Servitude Of The Impurity

Qui pulsa un cuore morto ed immondo, che è la ragione per cui a noi teste malate di rumore ci piace così tanto.

Sette pollici in vinile, ristampa del demo uscito nel 2013 e ora praticamente impossibile da trovare.

I Supremative sono un gruppo che ha conquistato molti fans nell’underground del black death metal e il perché possiamo scoprirlo ascoltando questo disco.
Questo breve demo di quattro pezzi sarà amato da chi si crogiola nel metal marcio, veloce e lo fi. I Supremative fanno un attacco sonoro davvero notevole, dove possiamo ascoltare anche un forte retrogusto grind, quel grind che poi sta alla base anche del black. Il suono è lanciato a mille chilometri all’ora verso il baratro vizioso dei nostri sensi e la velocità si coniuga con un ottimo gusto per cambi e atrocità varie. Ci sono ancora gruppi come i Supremative che fanno un metal che non morirà mai, perché è l’essenza fortemente underground di una musica che solo con un’operazione alchemica contro natura si rende mainstream. Qui pulsa un cuore morto ed immondo, che è la ragione per cui a noi teste malate di rumore ci piace così tanto.
Questa edizione è limitata a 250 copie in vinile ed è il precursore dell’album dei Supremative che sarà pubblicato dalla Blood Harvest nel 2017.

TRACKLIST
1.Intro / Embrace the Endless War
2.Altars Of Sodomy
3.Campaign Of Execution
4.Servitude Of The Impure Messiah

BLOOD HARVEST – Facebook

Rotting Christ – Sleep Of The Angels

Riedizione quanto mai opportuna per l’album più “commerciale” mai pubblicato dai Rotting Christ.

Non sono poche le band di nome che, ad un certo punto della loro carriera, hanno inciso un disco che in qualche modo andava a rompere in maniera netta il loro stile stile consolidato.

Quasi sempre, al momento dell’uscita, le manifestazioni di dissenso superavano gli elogi, non tanto per il valore intrinseco dei lavori quanto per l’incapacità momentanea dei fan più accaniti (e anche di buona parte della critica) di accettare il fatto che per qualsiasi artista dovrebbe essere un fatto normale, ogni tanto, provare a sperimentare qualcosa di diverso.
Questo capitò in particolare a quattro nomi storici del metal, per tutti negli ultimi due anni dello scorso millennio, quasi che in quegli anni l’aria fosse permeata da un’urgenza creativa che spingeva i musicisti ad osare di più: i Moonspell (con Sin/Pecado), i My Dying Bride (con 34.788%… Complete), i Kreator (con Endorama) ed i Rotting Christ (con Sleep Of The Angels).
Ed è proprio di quest’ultimo album che ci viene data l’occasione di riparlare, grazie alla riedizione curata dall’etichetta ellenica Sleaszy Rider: diciamo subito che, rispetto agli esempi citati, Sleep Of The Angels appariva molto meno un azzardo, mostrando semmai una maggiore apertura verso un sound gothic che andava ad ammorbidire non poco le pulsioni black della band di Sakis, un processo che comunque aveva già mostrato dei segnali nel precedente A Dead Poem. Indubbiamente, rispetto alla svolta elettronica intrapresa sia dai Moonspell che dai My Dying Bride ed al brusco passaggio dal tetragono thrash di scuola teutonica ad un elegante sound gotico da parte dei Kreator, quello dei Rotting Christ appariva soprattutto l’approdo ad una maggiore orecchiabilità legata ad un ricorso maggiore a quelle progressioni melodiche di stampo chitarristico che sono sempre state, comunque, marchio di fabbrica della band greca.
Non a caso, mentre tutte gli altri gruppi citati, a partire dai dischi successivi invertirono la rotta per riapprodare a sonorità più in linea con la loro storia, i Rotting Christ, pur tornando ad inasprire il suono, con Khronos e Genesis non andarono del tutto ad abiurare quanto fatto con Sleep Of the Angels.
Non a caso tutti questi dischi, per così dire controversi, dopo quasi vent’anni sono stati unanimemente rivalutati e considerati dai fan come ottimi lavori, pur nella loro discontinuità stilistica: per i Rotting Christ il discorso è diverso, visto che il black dei nostri è sempre stato sui generis proprio perché molto personale e, quindi, l’apertura a sonorità più catchy corrispondente alla pubblicazione di Sleep Of The Angels non venne vissuta come un tradimento, bensì come una naturale progressione stilistica; non a caso, una traccia come After Dark I Feel è annoverata ancora oggi tra i cavali di battaglia di Sakis e soci.
Sleep Of The Angels è un album che andrebbe fatto ascoltare a chi non conosce i Rotting Christ, vuoi per la poca attitudine a sonorità estreme, vuoi per l’impatto innegabilmente esercitato da un monicker ”pesante”: in questo caso potrebbe rivelarsi l’ideale grimaldello per accedere alla discografia di uno dei migliori gruppi che abbiano veleggiato lungo gli ultimi tre decenni metallici.

Tracklist:
1.Cold Colours
2.After Dark I Feel
3.Victoriatus
4.Der Perfekte Traum
5.You My Flesh
6.The World Made End
7.Sleep the Sleep of Angels
8.Delusions
9.Imaginary Zone
10.Thine Is the Kingdom

Line-up:
Sakis Tolis – guitars and vocals
Andreas – bass
Kostas – guitars
George – keyboards
Themis Tolis – drums

ROTTING CHRIST – Facebook