Enkar si mantiene sulla linea dei lavori precedenti degli AlNamrood, lasciando pressoché immutate le coordinate e, conseguentemente, le buone impressioni che ne derivano.
A chi è convinto (un gran numero di persone, purtroppo) che tutti gli arabi, indistintamente, siano dei fanatici devoti ad Allah e pronti a farsi saltare per aria accecati dalla fede per il proprio dio, consiglierei, se non di ascoltare questo disco, quanto meno di prendere atto che esiste chi alla tirannia religiosa prova a ribellarsi anche nei paesi più strettamente connessi con la jihad islamica, quale è appunto l’Arabia Saudita.
Uno strumento di dissenso magari non consueto, e forse anche per questo più efficace, può essere suonare musica metal, un genere che sappiamo non essere visto di buon occhio neppure in paesi teoricamente a minore rischio di integralismo; se poi il tutto si trasforma in un black death dai testi chiaramente antireligiosi, si può ben capire come mai degli AlNamrood si conoscano solo gli pseudonimi, vista la necessità di mantenere l’anonimato per salvare essenzialmente la pelle (pur avendo base i nostri, probabilmente, nel ben più accogliente Canada).
Non si creda peraltro che questo sia un problema esclusivamente islamico: in India, per esempio, gli Heathen Beast, con la loro feroce critica nei confronti della tirannia di matrice induista, corrono esattamente gli stessi rischi. Alla fine il messaggio di tutti questi musicisti coraggiosi è finalizzato a far capire, anche a chi segue culti oggi un po’ più “annacquati” e di convenienza, quanto la religione sia in assoluto il vero cancro del pianeta, il male capace di obnubilare le menti costituendo una delle leve principali manovrate dai dai potenti per controllare le masse.
Venendo all’aspetto prettamente musicale, degli AlNamrood avevamo già parlato in occasione del loro precedente lavoro, apprezzandone il tentativo di fondere le sonorità estreme con quelle tradizionali della propria terra; Enkar si mantiene su questa linea lasciando pressoché immutate le coordinate e, conseguentemente, le impressioni derivanti dall’ascolto: la musica degli AlNamrood gode di una notevole intensità, è suonata e prodotta in maniera soddisfacente e risulta coinvolgente il giusto, anche se proprio per come è strutturata non sempre scorre in maniera fluida come dovrebbe.
In effetti, il black proposto dal trio arabo ha un andamento piuttosto simile per tutta la durata del lavoro, con rade accelerazioni rispetto alle quali viene privilegiato un mid tempo la cui ritmica si adegua, necessariamente alla particolare metrica della lingua araba: in definitiva, la condizione essenziale per apprezzare Enkar e tutta la precedente produzione degli AlNamrood è quella d’essere appassionati non solo di metal estremo ma anche di sonorità etniche, e mediorientali in particolare.
Non so quante persone rispondano effettivamente a tali requisiti, per cui l’album potrebbe essere anche un buon pretesto, da parte di chi predilige uno dei due aspetti, per fare un full immersion nell’altro. Per quanto mi riguarda, ascolto sempre con piacere soluzioni sonore di questo genere, provando a non farmi influenzare dalla naturale empatia nei confronti di questi ragazzi, anche se mi rendo conto di quanto questi quaranta minuti possano rivelarsi di complessa digestione per molti.
A tutti consiglio di ascoltare una traccia come Ensaf, quella in cui la commistione tra gli strumenti tradizionali ed il metal estremo funziona decisamente meglio: fatto questo passo e presa familiarità con il sound degli AlNamrood, Enkar potrebbe rivelarsi molto più di una semplice anomalia geo-musicale.
Tracklist:
1. Nabth
2. Halak
3. Xenophobia
4. Estibdad
5. Efsad
6. Estinzaf
7. Ensaf
8. Egwaa
9. Ezdraa
10. Entiqam
Line-up:
Mephisto: Guitars/Bass
Ostron: Middle Eastern Instruments
Humbaba: Vocal
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