Malady – Toinen Toista

Non va mai oltre un soft rock progressivo la musica dei Malady: il cantato è pacato, e gli accenni alle jam liquide dei Pink Floyd offrono a tratti un confine più lontano, facendo volare la musica sopra le foreste ed i laghi, confondendosi con le nuvole nel cielo finlandese.

Il progressive rock dei finlandesi Malady è pacato, calmo, fresco e rilassante come l’acqua di uno dei mille laghi che si trovano sulla loro terra di origine: in una parola sognante.

Il quintetto di Helsinki dopo il debutto omonimo torna dunque con il suo rock progressivo che amalgama suoni retro rock, partiture soft vicino al jazz più lineare e indie rock, magari non come quello che siamo abituati ad ascoltare, ma sicuramente più maturo ed incastonato perfettamente nella struttura portante della musica del gruppo.
Toinen Toista è dunque la seconda opera di questa realtà musicale, un dolce peregrinare tra la natura finlandese alla quale la band dedica i testi cantati in lingua madre come nel primo lavoro, rimanendo confinata in un magico mondo underground dove possono trovare posto piccoli gioielli musicali, magari difficili da decifrare e reperire ma assolutamente affascinanti.
Non va mai oltre un soft rock progressivo la musica dei Malady: il cantato è pacato, e gli accenni alle jam liquide dei Pink Floyd offrono a tratti un confine più lontano, facendo volare la musica sopra le foreste ed i laghi, confondendosi con le nuvole nel cielo finlandese, mentre la title track ci dà il benvenuto e la lunga suite conclusiva, dal titolo Nurja Puoli (ventidue minuti di rock progressivo d’autore), tarsporta in un mondo fiabesco grazie alle note dell’hammond.
Toinen Toista è un’opera probabilmente destinata a rimanere confinata nel sottobosco musicale, ma in grado di regalare piacevoli emozioni a chi la vorrà cercare.

Tracklist
Tony Björkman – Guitar
Babak Issabeigloo – Guitar, Vocals
Juuso Jylhänlehto – Drums
Ville Rohiola – Hammond, Keyboards
Jonni Tanskanen – Bass guitar

Line-up
1.Toinen Toista
2.Laulu Sisaruksille
3.Tiedon Kehtolaulu
4.Etsijän Elinehto
5.Nurja Puoli

MALADY – Facebook

Paragon Collapse – The Dawning

Per chi ha apprezzato in passato band come The Third And The Mortal, Stream Of Passion e, ovviamente, The Gathering era Anneke, The Dawning potrebbe rivelarsi una gradita sorpresa.

I Paragon Collapse sono una band rumena proveniente da Iasi, città che si trova vicino al confine con la Moldavia e piuttosto lontana geograficamente dalle zone più tradizionalmente foriere di band di un certo spessore come lo sono la capitale e la vicina Brasov, o Timisoara.

Forse anche per questo il sound del gruppo fondato dal chitarrista Alex Lefter si stacca parzialmente dalle forme di metal che, abitualmente, provengono dalla Romania, optando per un sound gothic doom dai tratti piuttosto pacati e che, pur non brillando per originalità, si fa apprezzare non poco per la propria limpidezza.
Aiuta senza dubbio in tal senso la voce cristallina di Veronica Lefter, vocalist e violinista che utilizza al meglio le proprie doti fornendo una prova misurata che ben si confa ad un sound per lo più soffuso, nel quale le accelerazioni sono rade così come i passaggi più robusti.
Nonostante siano al debutto, i Paragon Collapse hanno alle spalle una storia piuttosto lunga, per cui di sicuro non si ha a che fare con musicisti alle prime armi, cosa che si evince chiaramente dalla competenza nel trattare la materia, grazie alla quale riescono ad evitare certe stucchevolezze a rischio nel genere e rendere tutto sommato digeribile un lavoro della durata di quasi un ‘ora.
Volendo trovare qualche difetto alla proposta, non si può fare a meno di notare che la lunghezza dei brani, in certi casi oltre i dieci minuti, non agevola di sicuro la fruizione, così come una certa uniformità stilistica e la mancanza di un brano trainante impediscono a The Dawning di raggiungere un livello di assoluta eccellenza.
Detto ciò, l’operato deiParagon Collapse è decisamente piacevole e trova i suoi momenti migliori in due brani che in qualche modo mostrano i migliori aspetti della band: quello più rarefatto ed evocativo, con l’opener The Endless Dream, e quello più progressivo e robusto della conclusiva Deliverance.
Per chi ha apprezzato in passato band come The Third And The Mortal, Stream Of Passion e, ovviamente, The Gathering era Anneke, The Dawning potrebbe rivelarsi comunque una gradita sorpresa.

Tracklist:
1. The Endless Dream
2. The Stream
3. A Whisper of Destiny
4. Nirvana
5. Climbing the Abyss
6. A Winter Life
7. Deliverance

Line-up:
Ion Ciobanu – Guitars
Alex Lefter – Guitars
Veronica Lefter – Vocals, Violin
Vali Seciu – Bass
Codrin Murariu – Drums

PARAGON COLLAPSE – Facebook

LE INTERVISTE DI OVERTHEWALL: BLUE DAWN

La versione scritta dell’intervista effettuata su Ovethewall da Mirella con Enrico Lanciaprima, bassista/cantante dei genovesi Blue Dawn.

Grazie all’avvio della reciproca collaborazione con la conduttrice radiofonica Mirella Catena, abbiamo la gradita opportunità di pubblicare la versione scritta delle interviste effettuate nel corso del suo programma Overthewall, in onda ogni mercoledì alle 21.30 ed ogni domenica alle 22.00 su www.energywebradio.it.
Questa volta è il turno dei Blue Dawn, band genovese autrice lo scorso anno dell’ottimo Edge Of Chaos.

MC Parliamo della genesi della band, come nascono e si formano i Blue Dawn?

I Blue Dawn nascono all’inizio del 2009 dall’incontro fra me, Enrico Lanciaprima (basso e voce) e il batterista Andrea Di Martino, a noi si sono poi aggiunti Monica Santo alla voce e Paolo Cruschelli alla chitarra.
Con questa formazione abbiamo registrato il primo album omonimo del 2011, mentre nel secondo, Cycle Of Pain, alla chitarra Luigi Milanese ha sostituito Cruschelli, trasferitosi in Toscana, ma Milanese non si è unito stabilmente alla band e in seguito è stato sostituito da Andrea “Marty” Martino con cui abbiamo registrato il terzo album, Edge Of Chaos; infine, di recente, si è aggiunto anche Davide Bruzzi, già con Il Segno del comando, alla chitarra solista e alle tastiere.
L’ idea, fin da subito, fu quella di creare un suono che mischiasse l’hard rock degli anni ’70 con l’art rock e il doom Metal, un sound con diverse sfaccettature, insomma.

MC Ci sono band che vi hanno principalmente ispirato?

Sicuramente band degli anni ’70 dove ha origine il nostro suono, come Black Sabbath, Blue Oyster Cult, Led Zeppelin, bans art rock progressive e sperimentali come King Crimson e Roxy Music, ma anche gruppi più moderni come i Celtic Frost e i Type O Negative.

MC Come vengono realizzati i vostri brani? Uno di voi ne è il compositore oppure nascono da un lavoro comune?

Nei primi due dischi il 90% del materiale è stato composto da me, ma nel nuovo album “Marty” ha scritto quasi metà dei brani insieme a me, ci integriamo molto bene e questo ci ha aiutato a migliorare, io credo.

MC Ci parlate del nuovo album? Di cosa tratta e cosa rappresenta per voi?

Il nuovo album si chiama Edge Of Chaos (ai limiti del caos), perché pensiamo che descriva bene il momento storico che stiamo vivendo, nel quale molte persone hanno l’ impressione di vivere costantemente ai limiti del caos da un punto di vista socio-politico ed economico.
Ma si può intendere anche riferito ad un disagio psicologico, a volte legato alle difficoltà economiche che molti stanno vivendo o ai rapporti interpersonali, ormai sempre più complicati.
Da un punto di vista musicale, penso sia il nostro album più maturo e completo, che amalgama bene le diverse caratteristiche del nostro suono, dal dark all’ heavy doom, senza dimenticare il nostro lato più sperimentale. Da rilevare anche la presenza di ospiti prestigiosi come Freddy Delirio dei Death SS, autore dell’ intro elettronico, Matteo Ricci (ex Malombra) sul brano Baal’ s Demise, e Caesar Remain alla chitarra solista, oltre ai due musicisti esterni che ci aiutano sempre in studio, Roberto Trabona al sax e James M. Jason alle tastiere.

MC Quali sono le aspettative legate a questo lavoro?

Crediamo che questo album rappresenti quel salto di qualità che le recensioni finora uscite stanno riflettendo, un passo importante verso la completa maturazione e anche di un maggiore riscontro commerciale.

MC Avete calcato palchi molto importanti sia in Italia che all’estero? Che importanza ha per voi l’attività live?

In Italia abbiamo di recente suonato al primo festival Hard & Heavy mai svoltosi a Genova, con band di caratura internazionale quali Arcturus, Sadist, Mortuary Drape, ecc, nel 2012 abbiamo effettuato un mini tour nel Regno Unito, che è stato molto utile, poi abbiamo perso il primo chitarrista e abbiamo vissuto un periodo di instabilità che ha penalizzato l’ attività live, ora ci siamo rimessi in carreggiata e stiamo preparando un tour.

MC Come vedete l’industria discografica underground in questi tempi?

Noi per fortuna abbiamo alle spalle una delle migliori etichette underground in circolazione, Black Widow Records, il che dimostra che il buon lavoro paga, ma la situazione è indubbiamente difficile, poiché tutto il rock è tornato underground, non solo quello pesante, e vendere e ottenere riconoscimenti è sempre più difficile. La tecnologia è un’arma a doppio taglio.

MC Qual’è il sogno che vorresti realizzare con la musica?

Viaggiare in tutto il mondo suonando.

MC Dove possono seguirvi i nostri ascoltatori?

Questa è la nostra pagina Facebook con tutti gli aggiornamenti:
https://www.facebook.com/BlueDawnItaly/
Questo il canale Youtube:
https://www.youtube.com/user/BlueDawnItaly
E’ inoltre possibile ascoltare i nostri album su Spotify.

MC Grazie di essere stato su Overthewall! A te l’ultima parola!

Grazie a voi per lo spazio dedicatoci e continuate col vostro splendido lavoro per il rock nostrano! Ciao!

Towards Atlantis Lights – Dust of Aeons

I Towards Atlantis Lights mettono in scena un ottimo funeral death doom dai tratti melodici, caratterizzato da una costante ricerca di atmosfere intense ed emotivamente impattanti.

I Towards Atlantis Lights sono una nuova band formata da musicisti di un certo nome all’interno della scena doom internazionale.

Il progetto vede all’opera il musicista italiano Ivano Zara (Void Of Silence) alla chitarra e con lui arriva dalla capitale anche il batterista Ivano Olivieri: assieme a loro troviamo un altro nome che tradisce le medesime origini, quello dell’inglese Riccardo Veronese (Aphonic Threnody, Dea Marica, Arrant Saudade), qui al basso, e del tastierista e cantante greco (ma attivo nella sua carriera soprattutto tra Belgio Olanda e Inghilterra in band come Pantheist, Wijlen Wij, nei Clouds di Daniel Neagoe e, in passato, negli stessi Aphonic Threnody).
Da una simile squadra era lecito attendersi un lavoro di un certo pregio e il risultato non delude affatto le attese: i Towards Atlantis Lights mettono in scena un’idea di funeral death doom dai tratti alquanto melodici, caratterizzato da una costante ricerca di atmosfere intense ed emotivamente impattanti.
Dust of Aeons è un lavoro che si protrae per quasi un’ora, con il solo brano iniziale che ne occupa metà dello spazio: The Bunker Of Life si snoda esibendo due aspetti del sound offerto, in quanto presenta una parte tipicamente funeral, con ritmiche bradicardiche ed un lavoro chitarristico volto a tessere magnifiche melodie, alla quale si alternano passaggi con voce pulita che apparentemente sembrano spezzare la tensione ma che, in realtà, sono propedeutici al suo ulteriore incremento ogni volta che tornano a farsi sentire il growl e i più canonici e granitici riff.
Il successivo Babylon’s Hanging Gardens è un brano piuttosto interlocutorio, nel senso che non lascia particolari tracce fungendo di fatto da cuscinetto tra i due episodi chiave del lavoro, ovvero la già citata The Bunker Of Life ed Alexandria’s Library che, forse anche per una maggiore sintesi, si rivela il momento più alto di Dust of Aeons, specie nella sua seconda parte quando Ivan Zara tesse una splendida melodia chitarristica che conduce ad un finale dall’elevato potenziale evocativo.
Greeting Mausolus’ Tomb chiude al meglio un album che è ovviamente rivolto, per le caratteristiche sopra enunciate, agli appassionati di doom più puri, quelli che hanno la pazienza di attendere tutto il tempo necessario alla mole di note riversate nel lavoro di ricomporsi, dopo diversi ascolti, nell’ennesima esperienza musicale in grado di fornire emozioni in quantità.
Detto ciò, sperando che i Towards Atlantis Lights non si rivelino un progetto estemporaneo bensì possano trovare una loro continuità discografica anche negli anni a venite, la sensazione è che questo quartetto di pregevoli musicisti abbia margini per migliorare ulteriormente una proposta già di ottimo livello, sfrondandola di qualche passaggio interlocutorio che affiora qua e là nel corso del lavoro.
Da rimarcare infine il magnifico artwork, anch’esso made in Italy essendo opera di Francesco Gemelli, uno dei grafici più richiesti ed apprezzati del momento.

Tracklist:
1. The Bunker of Life
2. Babylon’s Hanging Gardens
3. Alexandria’s Library
4. Greeting Mausolus’ Tomb

Line-up:
Kostas Panagiotou (Pantheist, Landskap) – Vocals and keyboards
Riccardo Veronese (Aphonic Threnody, Dea Marica, Arrant Saudade) – Bass
Ivan Zara (Void of Silence) – Guitar
Ivano Olivieri – Drums

TOWARDS ATLANTIC LIGHTS – Facebook

ME VS. I

Il video di “De-Vices”, dall’album “Never Drunk Enough” in ad aprile.

Il video di “De-Vices”, dall’album “Never Drunk Enough” in ad aprile.

Hardcore in chiave stoner, questo senza tanti giri di parole è quello che propongono i ME vs. I, nuovo trio di Padova che vede tra i membri Alberto e Francesco Baldo (Abusivi) insieme a Matteo Brunoro alla voce.
Sicuramente tra le nuove realtà del loro genere più interessanti in Italia, i ME vs. I annunciano oggi i dettagli del loro primo EP “Never Drunk Enough” in uscita il 6 aprile.
Il lavoro è stato registrato e mixato da Daniele Ferretto, mentre l’artwork è a cura di Pietro Braga.
Sette tracce che uniscono Hardcore, Punk, Post-Hardcore, Crossover, Stoner e tanto altro.

Le parole della band
“Ci sono due modi per leggere questo nostro primo disco.

La prima è quella che tutti si aspettano: tematiche sociali dove l’alienazione di noi stessi porta al benessere in una realtà troppo connessa ad internet e priva di sentimentalismi tra persone fisiche reali.
La seconda, la nostra vera essenza, è la più concreta. Per fare questo disco non abbiamo fatto uso di alcool, di stupefacenti, non ci siamo ancora laureati, abbiamo conosciuto tanta gente, ma ci siamo sempre arrangiati. Abbiamo dormito poco, fumato, mangiato e suonato tanto. Il nostro sound non ha seghe da manici, siamo diretti, la nostra musica è mono nota (scusateci manca il basso). Prendere o lasciare.”

Tracklist:
01. MadNess
02. Me Vs. I
03. Places
04. Keep Off The Grass
05. Empty
06. De-Vices
07. Up & Down

Line Up:
Matteo Brunoro: Voce
Alberto Baldo: Chitarra
Francesco Baldo: Batteria

The Order Of Chaos – Night Terror

I The Order Of Chaos sono un gruppo irrinunciabile se siete amanti di Judas Priest, Skid Row e Primal Fear.

Dopo il bellissimo Apocalypse Moon, licenziato ormai tre anni fa, tornano i canadesi The Order Of Chaos, con questo ep di tre brani che segue quel lavoro ed anticipa quello che sarà un appuntamento da non perdere per gli amanti dell’heavy/power metal.

Avvalendosi sempre della prestazione sopra le righe della singer Amanda Kiernan, la band continua nell’arrembante e cattivissima rivisitazione del genere visto in chiave moderna, con produzione al top, suoni che escono come mitragliate ad altezza d’uomo ed un talento melodico straordinario che arricchiscono di appeal le varie Night Terror (brano che da il titolo al mini cd), False Security e New World Order.
Ottimi intrecci chitarristici ad opera dei due axeman (John Simon Fallon e John Saturley) e una sezione ritmica che risulta un rullo compressore (Tim Prevost alle pelli e Barret Klesko al basso) accompagnano la singer canadese nella sua entusiasmante performance, dandoci appuntamento al prossimo full length.
I The Order Of Chaos sono un gruppo irrinunciabile se siete amanti di Judas Priest, Skid Row e Primal Fear.

Tracklist
1. Night Terror
2. False Security
3. New World Order

Line-up
Amanda Kiernan – Vocals
John Simon Fallon – Guitars
John Saturley – Guitars
Tim Prevost – Drums
Barrett Klesko – Bass

THE ORDER OF CHAOS – Facebook

Abomination – Demo 1988

Autentica storia underground. Per chi ama Deceased, Incubus, Slaughter, Massacre, Krabathor, One Machine, Iced Earth e Cripple Bastrads.

Statunitensi di Chicago, Illinois, nati nel 1987, gli Abomination debuttarono su cassetta con il demo tape eponimo del 1988: sei pezzi veloci ed oscuri, non senza tenui echi doom, tra i primi che, verso la fine degli anni Ottanta, cominciarono a traghettare la tradizione del thrash americano verso i lidi del death metal, insieme ai Devastation e agli amici Master (con i quali gli Abomination, sovente, si scambiavano i musicisti).

Il demo del 1988, insieme a quello del 1989, è stato ristampato su cd dalla Doomentia (che ha rieditato anche i due classici degli stessi Master) ed oggi è dunque di facilissima reperibilità. In queste due cassette è racchiuso un verbo che gli Abomination hanno poi messo su LP con l’esordio omonimo del 1990, un capolavoro che tutti conosciamo. Si tratta di un gruppo grande e storicamente assai importante, non dissimile poi dai Dream Death e dagli Impulse Manslaughter, anche se questi ultimi erano, rispettivamente, più orientati verso il thrash-doom i primi e l’hardcore-crossover i secondi. Tutti, comunque, grandi lavori. Da avere.

Track list
– Victim of the Future
– Social Outcast
– Rape of the Grave
– Possession
– Doomed By the Living
– The Truth

Line up
Paul Speckmann – Bass, Vocals
Aaron Nickeas – Drums
Mike Schaffer – Guitars

1988 – Autoproduzione

Izegrim – Beheaded By Trust

Gli Izegrim si dimostrano una band interessante, sicuramente ben salda nella scena underground europea, e Beheaded By Trust potrebbe risultare un buon modo per fare la loro conoscenza o per far passare il tempo in attesa di un prossimo full length.

La scena estrema olandese ha avuto in passato i suoi momenti di gloria, mentre recentemencote sembra essere passata in secoindo piano, n i gli amanti del genere a guardare perennemente più a nord verso la solita penisola scandinava.

Eppure band come gli Izegrim, capitanati dalla cantante e bassista Marloes Voskuil, attivi da ormai vent’anni e con una discografia importante alle spalle che include cinque full length, risultano delle ottime realtà che uniscono il death metal melodico a quello guerresco di qualche decennio fa.
Per la Listenable Records esce Beheaded By Trust, ep di quattro brani che segue di un paio d’anni l’ultimo lavoro sulla lunga distanza, The Ferryman’s End, concept legato all’attesa della pena capitale di un condannato.
I quattro brani sono duri come l’acciaio, con la cantante che al growl alterna urla disperate e declamatorie ed un sound che amalgama come già scritto death metal melodico e sound di matrice Bolt Thrower.
Diciassette minuti intensi e devastanti, un’ottimo antipasto servito dal gruppo sulle note di queste quattro bombe sonore che hanno nella title track il brano più convincente.
Gli Izegrim si dimostrano una band interessante, sicuramente ben salda nella scena underground europea, e Beheaded By Trust potrebbe risultare un buon modo per fare la loro conoscenza o per far passare il tempo in attesa di un prossimo full length.

Tracklist
1.Beheaded by Trust
2.Stain In The Bloodline
3.Retraumatized
4.Warmonger II

Line-up
Jeroen Wechgelaer – Guitars
Marloes Voskuil – Bass, Vocals (backing), Vocals
Bart van Ginkel – Guitars
Ivo Maarhuis – Drums

IZEGRIM – Facebook

NECRODEATH

Il lyric video di ‘The Whore Of Salem’,dall’album ‘The Age Of Dead Christ’ (Scarlet Records).

Il lyric video di ‘The Whore Of Salem’,dall’album ‘The Age Of Dead Christ’ (Scarlet Records).

I Necrodeath hanno pubblicato il lyric video del brano ‘The Whore Of Salem’, nuovo singolo dal loro nuovo album ‘The Age Of Dead Christ’, in uscita il prossimo 9 marzo su Scarlet Records (Terror From Hell curerà la versione in vinile).

‘The Age Of Dead Christ’ é l’undicesimo capitolo discografico di una delle band che maggiormente ha influenzato la scena estrema europea. Il disco arriva 33 anni dopo l’esordio dei Necrodeath con il demo ormai di culto ‘The Shining Pentagram’, 33 come gli anni di Cristo, un traguardo notevole per una band che proprio con questo lavoro torna alla velocità e alla violenza sonora degli esordi. La stessa copertina é un chiaro omaggio a quelle dei demo degli anni Ottanta, con il vecchio logo della band a farla da padrone.

‘The Age Of Dead Christ’ include il brano ‘The Return Of The Undead’, una nuova versione del classico della band ‘The Undead’ (originariamente incluso nel debutto del 1987 ‘Into The Macabre’), che vede la partecipazione come special guest di un altro grande protagonista della scena metal continentale, ovvero A.C. Wild dei Bulldozer.

Ecco il commento del batterista Peso: “Con questo disco torniamo alle nostre radici più estreme. ‘The Age Of Dead Christ’ é un violento pugno sulla vostra faccia assetata di sangue! Attenzione, perché i Necrodeath sono tornati e non faranno prigionieri!”

Rise Of Avernus – Eigengrau

Eigengrau appare ben focalizzato e soprattutto anche impeccabile per resa sonora, per cui gli otto brani scorrono via senza intoppi offrendo passaggi ora più melodici ora più robusti e mostrando una certa varietà.

Gli australiani Rise Of Avernus arrivano al loro secondo full length all’interno di una storia ancora relativamente breve ma già oggetto di diversi cambiamenti.

Quello più sostanziale riguarda l’uscita dalla formazione della vocalist Cat Guirguis, la quale assieme a Ben VanVollenhoven ha formato il nucleo iniziale della band, provocando in qualche modo uno spostamento del sound verso altri lidi.
E’ così quindi che, da un più classico gothic doom con voce femminile, i Rise Of Avernus sono approdati ad un metal estremo sinfonico /orchestrale che pesca sia dai Dimmu Borgir nei passaggi più vicini al black metal, sia soprattutto dai Septicflesh allorché il sound si sposta verso il death/doom; in tal senso, dice molto anche il fatto d’aver scelto per curare l’artwork del disco lo stesso Seth Siro Anton, frontman dei maestri ellenici.
Dopo l’ep transitorio Dramatis Personæ, i Rise Of Avernus hanno fatto trascorrere tre anni prima di tornare con un full length eloquente riguardo ad una band con le idee chiare nella propria proposta di suoni che se, come abbiamo già detto, non hanno il loro punto di forza nell’originalità, sono senza dubbio carichi di una notevole intensità e ricchi di spunti che saranno sicuramente graditi a chi apprezza il connubio tra le partiture sinfoniche ed il metal estremo.
Eigengrau appare ben focalizzato e soprattutto anche impeccabile per resa sonora (qui i nostri si sono avvalsi di un altro pezzo da novanta come l’ex Machine Head Logan Mader) per cui gli otto brani scorrono via senza intoppi offrendo passaggi ora più melodici ora più robusti, mostrando una certa varietà alla quale contribuisce anche l’utilizzo di diverse gamme vocali che spaziano dal growl allo screaming, con qualche raro ma efficace ricorso alla voce pulita come avviene in quello che è forse il miglior brano dell’album, Gehenna.
Molto belle Mimicry, anche se qui lo spettro dei Septicflesh appare più ingombrante che in altri frangenti, Eigenlicht, dal chorus e dai ritmi davvero trascinanti, e la movimentata traccia conclusiva Into Aetherium, con le sue frequenti ma molto fluide variazioni ritmiche.
Considerando che, per gusto personale, preferisco senza dubbio avere una band gothic doom con voce femminile in meno ed una symphonic death doom in più, non posso che salutare con favore questo più che positivo ritorno dei Rise Of Avernus.

Tracklist:
1- Terminus
2- Ad Infinitum
3- Gehenna
4- Eigenlicht
5- Tempest
6- Forged in Eidolon
7- Mimicry
8 – Into Aetherium

Line-up:
Ben VanVollenhoven – Vocals, Guitar, Orchestrations
Andrew Craig – Drums & Percussion
Mares Refalaeda – Vocals & Keyboard

RISE OF AVERNUS – Facebook

Bhleg – Solarmegin

Seconda mastodontica opera del gruppo svedese dedicata alla celebrazione del Sole,fonte di vita per natura e uomini: black e folk ancestrale creano emozioni intense e dal fascino incredibile.

E’ molto coraggiosa la scelta degli svedesi Bhleg di proporre un doppio album come loro seconda opera in un mondo che vive veloce, che raramente si sofferma nel vivere emozioni, dolori e gioie: due dischi, novantotto minuti di suoni intensi e creativi, rappresentano una sfida di pazienza che molti non vogliono intraprendere.

E’ un peccato che tante note, tanti colori, tante emozioni potranno essere patrimonio di pochi fortunati che non si lasceranno intimorire dalla mole dell’opera; certe forme di black metal, in questo caso miscelate con antichi aromi folk, hanno bisogno di ripetuti ascolti, del giusto mood per poter essere comprese e apprezzate per entrare sotto pelle. Il duo svedese ha impiegato quattro anni per dare seguito al debutto “Draumr ást”, discreto e passato inosservato e ci presenta un’opera dedicata alla celebrazione del Sole visto come fonte di vita per la natura e gli uomini.
I testi in svedese rappresentano sicuramente un ostacolo per la totale comprensione ma la musica, non avanguardistica o sperimentale, traccia emozioni intense creando un percorso frastagliato nella natura dove pulsa una vitalità ancora incorrotta.
Intarsi di folklore ancestrale attraversano tutti i brani e delineano melodie che talvolta emergono nitide e terse, e altre volte rimangono appena percepibili nel tessuto black, sempre modulato su ritmi non particolarmente veloci; lo scream aspro è coinvolgente e mantiene alta la tensione.
I brani sono lunghi, raccontano un rituale e hanno interessanti e malinconiche parti chitarristiche svolte secondo i canoni del genere, mostrando atmosfere rimembranti il gelo e la freddezza della old school scandinava.
Composto durante la stagione estiva, tranne alcune parti durante il solstizio di inverno e registrato durante le ore più luminose del giorno, il disco mantiene alta l’attenzione durante la sua notevole durata a patto di avere il tempo giusto da dedicare; un frettoloso ascolto lascerà del tutto indifferenti e non farà apprezzare fino in fondo il gusto melodico, i chorus evocativi, i suoni creati dagli strumenti antichi utilizzati.
Ogni brano ha qualche caratteristica particolare, i suoni ambient di Skuggspel screziati da un synth immaginifico si aprono nella dolce fierezza di Solvagnens flykt, mentre gli arpeggi folk dell’ opener Alvstrale dimostrano una grande classe e confluiscono nelle note cariche di Sunnanljus di cui esiste anche un video.
In definitiva opera interessante che ricorda in alcune parti gli Ulver del capolavoro del 1995 “Bergtatt”.

Tracklist
Disc 1
1. Alvstråle
2. Sunnanljus
3. Alyr – helgedomen
4. Gudomlig grönska
5. Alstrande sol
6. Livslågans flammande sken
7. Kraftsång till sunna

Disc 2
1. Hymn till skymningen
2. Skuggspel
3. Solvagnens flykt
4. Kärleksrit
5. Frö (Växtlighetens fader)
6. Solens ankomst

Line-up
L – Lyrics & vocals
S – all instruments
Patrick Kullberg – drums

BHLEG – Facebook

Amor – Love VS Logic

Album da evitare se avete già passato la fase adolescenziale, Love VS Logic troverà sicuramente e comunque il suo spazio, ma il rock/metal alternativo e moderno è un’altra cosa.

L’alternative rock/metal da ragazzini ai primi pruriti adolescenziali ha stufato non poco.

Questi album hanno ben poco di rock, figuriamoci di metal, e sono cantati come se dovessero far breccia in qualche festival zuccheroso per bambini, con una leggera brezza travestita da grinta immessa in canzoni pop da classifica e che, nel giro di un mese, finiscono inevitabilmente nel dimenticatoio.
L’urgenza, quel minimo di cattiveria e quel senso di pericolo che di fatto è l’anima del rock (anche quello moderno) sono assolutamente inesistenti per far spazio a vocine che al massimo gridano il disagio di un piede pestato risultando davvero poca cosa, musica usa e getta adatta ai minori di quindici anni.
Difficile recensire un album composto da undici inni al nulla, tutti esattamente uguali, quindi tutti potenzialmente hit da dare in pasto ai ragazzini prima di entrare a scuola, partendo dall’opener Poison Play per finire con la conclusiva The Exit.
Ah, loro sono gli Amor, trio dell’Arizona perfettamente calato nella band da un milione di dollari e Love VS Logic è il loro album pregno di singoli che “innamorare” coppie di giovincelli travestiti da ribelli, tra pop, appena accennate sfumature a quel metalcore plastificato, che per ora fa ancora sfracelli nelle classifiche, e rock radiofonico che tanto fa cool in questo inizio millennio.
Album da evitare se avete già passato la fase adolescenziale, Love VS Logic troverà sicuramente e comunque il suo spazio, ma il rock/metal alternativo e moderno è un’altra cosa.

Tracklist
1. Poison Play
2.Clockwork
3. At Odds With Self
4. Frequency
5. Twice, Again
6. Look Alive
7. Tonight Always
8. Heart Locker
9. Living Lies
10. Collisions
11. The Exit

Line-up
Dillon Conneally
Ryan Daminson
Tre Scott

AMOR – Facebook

Descrizione Breve
Album da evitare se avete già passato la fase adolescenziale, Love VS Logic troverà sicuramente e comunque il suo spazio, ma il rock/metal alternativo e moderno è un’altra cosa.

Brain Distillers Corporation – Medicine Show

Pesante, sanguigno e divertente, Medicine Show non conosce freni e sbavature, parte come un tir e si ferma solo quando l’ultima nota di Syriana ci lascia nel silenzio dopo una tempesta di note nate in una Milano travestita da Seattle, con il clima nebbioso che si trasforma nel caldo secco della frontiera.

La ricetta all’apparenza è semplice : prendete Alice In Chains e Soundgarden, potenziateli con dosi letali di groove e metal dai rimandi southern (Black Label Society e Black Stone Cherry) ed avrete in mano il ricco piatto musicale che i Brain Distillers Corporation hanno preparato per voi.

Sembra facile, perché poi i vari sapori devono essere perfettamente bilanciati per la riuscita di questo piccantissimo piatto che vi farà letteralmente saltare sul tavolo ed attaccarvi al collo di una bottiglia prima che il fuoco vi bruci le budella.
Medicine Show è il secondo album di questa band milanese con l’America nel cuore e la sua musica nella testa: il primo lavoro (Ugly Farm), uscito due anni fa, aveva già mietuto vittime tra i fortunati che si erano imbattuti nel quintetto, ora arriva la conferma con questa nuova raccolta di irresistibili brani che tributa il rock statunitense degli anni novanta.
Grunge, alternative rock e southern metal confluiscono in un sound diretto e coinvolgente, con un’anima blues che veglia su brani assolutamente irresistibile, almeno per chi ama il genere ed il rock a stelle e strisce.
Pesante, sanguigno e divertente, Medicine Show non conosce freni e sbavature, parte come un tir e si ferma solo quando l’ultima nota di Syriana ci lascia nel silenzio dopo una tempesta di note nate in una Milano travestita da Seattle, con il clima nebbioso che si trasforma nel caldo secco della frontiera e con la cover di Man In The Box degli Alice In Chains a confermare le ispirazioni del combo valorizzando una track list perfetta.
La title track, Reaction, The Storm non fanno prigionieri, la pesantezza ritmica e colma di groove prende sotto braccio le melodie e i chorus di scuola grunge riunendosi con le atmosfere southern di cui vive l’album.
I Brain Distillers Corporation proseguono nella loro personale rivisitazione del rock/metal made in Usa, riuscendo in ciò che non riesce a molti, divertire e risultare convincenti.

Tracklist
1. Medicine Show
2. Reaction
3. In The Land Of Colours
4. The Storm
5. Convince Me
6. The Brains in the Van
7. Man in The Box – Alice in Chains Cover
8. Nezara Viridula
9. A Time For Silence
10. What is Real for You
11. Syriana

Line-up
Marco ‘Pascoso’ Pasquariello – Vocals
Matteo ‘Matt’ Bidoglia – Guitar
Francesco ‘Frank’ Altare – Guitar
Luca ‘Tambu’ Frangione – Bass
Fabrizio ‘Thompson’ Ravasi – Drums

BRAIN DISTILLERS CORPORATION – Facebook

Mournful Congregation – The Incubus of Karma

Chiunque, dovendo scegliere se essere accompagnato nell’Ade a forza di bastonate o tenuto per mano da qualche eterea creatura, opterebbe per quest’ultima eventualità, che è in sostanza proprio quanto decidono di fare i Mournful Congregation, i quali non ci risparmiano certo né dolore né disperazione ma veicolano il tutto in maniera meno aspra rispetto al passato.

Nonostante siano tra coloro che più di altri ci ricordano la caducità dell’esistenza, i musicisti dediti al funeral doom normalmente si prendono tutto il tempo per comporre nuovi dischi, quasi che per loro, al contrario, il tempo a disposizione fosse illimitato.

Da questa che se vogliamo è una bizzarra contraddizione, ne scaturiscono comunque puntualmente dischi capaci di segnare gli appassionati del genere per per molto tempo per cui, per assurdo, basterebbe un solo disco all’anno del livello di questo The Incubus of Karma per colmare anche la minima sensazione di vuoto.
L’ultimo full length dei Mournful Congregation, band australiana unanimemente riconosciuta nell’elite del genere, risale addirittura al 2011 (si trattava del magnifico The Book Of Kings), mentre per trovare altro materiale inedito della band bisogna comunque tornare al 2014, con l’ep Concrescence Of Sophia.
Se qualche minima recriminazione può derivare quindi dall’avarizia compositiva di Damon Good e compagni, bastano poche note di The Indwelling Ascent per perdonare loro ogni peccato passato, presente e futuro: tre minuti di dolenti melodie chitarristiche ci avvolgono comunicando che qualcosa nel modus operandi dei Mournful Congregationi è sicuramente cambiato.
Se Whispering Spiritscapes si snoda a lungo in linea con la produzione passata della band è solo per trarci parzialmente in inganno, perché nel finale del brano ritorna una vis melodica che si ritroverà anche nella successiva The Rubaiyat, chiarendo doverosamente che tutti i sostantivi e gli aggettivi utilizzati vanno riparametrati tenendo conto che si parla pur sempre di funeral doom.
Del resto, credo che chiunque, dovendo scegliere se essere accompagnato nell’Ade a forza di bastonate o tenuto per mano da qualche eterea creatura, opterebbe per quest’ultima eventualità, che è in sostanza proprio quanto decidono di fare i Mournful Congregation, i quali non ci risparmiano certo né dolore né disperazione ma veicolano il tutto in maniera meno aspra rispetto al passato.
La chitarra solista è lo strumento dominante dell’album, e anche quando non resta costantemente sul proscenio giungono repentine quelle aperture che forniscono i brividi di commozione ricercati da chi considera il genere la forma d’arte suprema.
Sono trascorsi 40 minuti di rara intensità, sufficienti a chiunque per ringraziare la band australiana per quanto offerto con questo suo ritorno e, invece, ci attendono ancora tre brani per altrettanti momenti di funeral doom al massimo livello, con uno schema tutto sommato simile a quanto ascoltato precedentemente
Arriva quindi la title track, ovvero una più breve traccia strumentale che regala un oasi di pace con un chitarrismo morbido nel suo alternarsi tra soluzioni elettriche ed acustiche, prima che si ripiombi nuovamente nell’episodio più cupo dell’album, Scripture of Exaltation & Punishment, dove ritroviamo i Mournful Congregation maggiormente ripiegati nella propria introspettiva idea di dolore; anche qui, però, le linee melodiche sono ben presenti in una sorta di crescendo emotivo che annichilisce nella sua dolente bellezza.
Stupiti dal livello di un album di rara intensità e con gli occhi ancora inumiditi, non tutti potrebbero essere pronti per accogliere gli oltre venti minuti di A Picture of The Devouring Gloom Devouring the Spheres of Being, altro brano stupefacente che va creare un continuum emotivo rispetto al precedente: di fronte ad una simile esibizione di maestria nel maneggiare il genere si esauriscono ben presto gli aggettivi e non resta, così,  che lasciar fluire dentro di noi questa musica impareggiabile per le sensazioni che riesce ad evocare.
Quando la maggior parte delle band, dopo oltre due decenni di onorata carriera, e con una status acquisito di maestri assoluti nel proprio campo, si limitano spesso ad inserire il pilota automatico per riproporre album magari validi ma inevitabilmente sbiaditi rispetto a quanto già fatto, i Mournful Congregation pubblicano un capolavoro che resterà ovviamente relegato alla ristretta parrocchia del funeral doom e dei suoi fedeli adepti: Damon Good, Justin Hartwig, Ben Newsome e Tim Call hanno deciso di rendere più esplicito il senso di smarrimento, l’angoscia e la percezione della provvisorietà che è insita in ognuno di noi e che si può esprimere in diverse maniere.
Quella scelta da chi suona doom, come i Mournful Congregation, è una catartica quanto malinconica immedesimazione in un dolore universale che solo pochi, quasi fossero dei medium, sono capaci di fare proprio per poi trasmetterlo in un flusso continuo all’ascoltatore, andando a creare così una sorta di interminabile cerchio empatico.

Tracklist:
1) The Indwelling Ascent
2) Whispering Spiritscapes
3) The Rubaiyat
4) The Incubus of Karma
5) Scripture of Exaltation & Punishment
6) A Picture of The Devouring Gloom Devouring the Spheres of Being

Line-up:
Damon Good : Rhythm & lead guitars, vocals, bass guitars
Justin Hartwig : Lead guitars
Ben Newsome : Bass guitars
Tim Call : Drums, backing vocals

MOURNFUL CONGREGATION – Facebook

UBI MAJOR + IL SEGNO DEL COMANDO

Tappa domenicale di questo fantastico week end musicale Milanese, un fine settimana prog in giro per la città.

Prima serata con una grandissima novità per gli Ubi Maior, curiosi? Venite a sentirci!

Ingresso 10€ con consumazione inclusa!

Ubi Maior ~ progressive rock italiano-> https://www.facebook.com/ubimaiorweb/

Il Segno del Comando ~ esoteric prog rock italiano-> https://www.facebook.com/IlSegnodelComando.Official/

“Due band giovani, ma non troppo, […] l’esperienza è davvero significativa e si snoda su una ventina di anni di attività, periodo considerevole per poter tirare qualche somma.” come scrive Athos su mat 2020 (che ringraziamo per lo spazio che ci ha dedicato)

ABORYM + PETROLIO + SPECIAL GUEST – 30 MARZO @ PADIGLIONE 14 – COLLEGNO(TO)

GLZ Events, Leynir Booking e Synth Agency sono orgogliosi di presentare, il primo live torinese degli italiani pionieri dell’industrial rock metal: ABORYM.

L’evento si terrà Venerdì 30 marzo negli spazi del Padiglione 14 di Collegno (TO) e vedrà come opening acts il progetto Industrial/Noise, Petrolio + guest TBA.

Fautori da sempre di un avanguardistico mix di metal estremo ed elettronica, gli Aborym non hanno mai smesso di evolversi e sperimentare, passando dal ridefinire i paradigmi del Black metal all’esplorare i territori dell’elettronica più claustrofobica e ossessiva. Nati A Taranto nel 1992, nella loro carriera venticinquennale hanno riscosso l’acclamazione di critica e pubblico arrivando alla fama internazionale e a collaborare fin dai primi albums con influenti musicisti della scena norvegese fra cui anche Attila Csihar (Mayhem), Bård “Faust” Eithun (ex-Emperor) e Roger “Nattefrost” Rasmussen (Carpathian Forest). Album dopo album la band non ha mai smesso di costruire il proprio sound distintivo discostandosi progressivamente dalle sue radici Black metal e integrando sempre più elementi elettronico/industriali. Shifting.negative, uscito il 25 gennaio 2017 è il risultato ma non la conclusione di questo continuo processo evolutivo.

Facebook: https://www.facebook.com/aborymofficial/

Ad aprire la serata saranno le cupe atmosfere “Industrial Doom” di Petrolio, progetto solista di Enrico Cerrato già bassista e tastierista degli Infection Code storica realtà trash sperimentale piemontese e membro attivo di Gabbiainferno (industrial) e Moksa (jazz/noise/punk). Petrolio nasce nel 2015 e viene subito arruolato da diverse etichette indipendenti per l’originalità delle sue sonorità elettroniche, Ambient e Dark vischiose e dissonanti che accompagnano l’ascoltatore in un viaggio attraverso la decdenza della civiltà contemporanea, il debutto si chiama “Di Cosa Si Nasce” ed è uscito il 21 aprile 2017 per Dio)))Drone .

Facebook: https://www.facebook.com/petruspetrolio

Evento facebook:
https://www.facebook.com/events/1716877725036814/
Apertura cancelli : 20:30
Prezzo del biglietto in cassa : € 10,00

Rock In Park 2018

Rock In Park 2018: tutti i dettagli della decima edizione

Anche quest’anno, arriva puntuale l’appuntamento che celebra la scena alternative e underground milanese, e non solo.
Stiamo parlando del Rock In Park 2018, ormai diventato una conferma nel panorama italiano dei live show.
Un’edizione speciale, quella 2018: quest’anno si festeggia la decima edizione del festival che, per l’occasione, assumerà una veste più imponente! Un unico appuntamento esclusivo, con una settimana in più di programmazione, dall’11 Maggio al 17 Giugno, come da tradizione al Legend Club di Milano.
Il Rock In Park 2018 porterà novità interessanti: non si terrà l’edizione autunnale di settembre del festival, nuove sorprese sono in arrivo!
Gli anni di successo hanno fatto sì che la filosofia del Rock in Park venisse apprezzata e ammirata anche in altre città, portando alla nascita di eventi in contesti al di fuori della scena milanese, permettendo all’iniziativa di acquisire gradualmente un carattere sempre più itinerante. Nasce quindi il Rock in Park On The Road: una serie di show sparsi per tutta Italia!

Primo annuncio: il Rock My Life Festival che presenterà il Rock In Park, per la prima volta in versione Open Air, nella suggestiva cornice della Cava di Roselle, a Grosseto, i prossimi 13, 14 e 15 Luglio

Secondo annuncio: Rock In Park On The Road a Mantova. Venerdì 16 e sabato 17 marzo, presso l’Arci Tom calcheranno il palco i Genus Ordinis Dei e Giacomo Voli, co-headliner i Wolf Theory.

Evento Facebook 16 marzo
Evento Facebook 17 marzo

Tenetevi pronti: presto l’annuncio di tantissimi eventi!

Legend Club

Viale Enrico Fermi, 98

Milano

(MM3 Affori Centro)

BANDO DI PARTECIPAZIONE AL ROCK METAL FEST 2018 – “X Edizione”.

Il concerto si svolgerà Venerdì 17 Agosto 2018 a Pulsano (Taranto).

Per celebrare il decennale la serata si concluderà con l’esibizione dei NECRODEATH (scelti come headliner).

L’associazione “Rock Metal Events Onlus” ripropone il ROCK METAL FEST giunto alla sua DECIMA edizione con lo scopo di promuovere il movimento rock/metal.

Sono dunque ufficialmente aperte già da un paio di mesi le selezioni per il Rock Metal Fest che quest’anno si svolgerà venerdì 17 agosto 2018.

Le band hanno tempo fino al giorno 01 aprile 2018 (termine improrogabile) per compilare la richiesta di partecipazione e inviare il relativo materiale.

La partecipazione alla selezione e alla serata del ROCK METAL FEST è gratuita per tutte le band.

Non sono previste spese di iscrizione o contributi di partecipazione.

Non sono altrettanto previsti rimborsi spese di alcun genere.

L’associazione “ROCK METAL EVENTS Onlus” mette a disposizione delle band che si esibiranno il palco, l’impianto audio/luci professionale e fonico.

Le band per partecipare dovranno compilare in ogni sua parte il bando di partecipazione, le condizioni generali, la scheda di iscrizione alle selezioni ed inviare il materiale richiesto, come specificatamente indicato, qualsiasi mancanza ne pregiudicherà la partecipazione. Dal materiale ricevuto verranno selezionate le band che si esibiranno nella sera del 17 Agosto; il materiale ricevuto dalla direzione artistica non sarà reso.

Il materiale dovrà pervenire improrogabilmente entro il giorno 01 Aprile 2018.

Le band che si sono esibite nell’edizione precedente, non potranno prendere parte alle selezioni. Questo per dare la possibilità di esibirsi al maggior numero di band possibile.

Le band selezionate, così come gli orari di soundcheck ed esibizione saranno comunicati tempestivamente ed insindacabilmente dal Direttore Artistico Angelo Lippolis. Le band sono tenute a rispettare tali orari e a non creare problemi al sereno svolgimento della manifestazione.

Il BANDO 2018, con le condizioni generali e la scheda di iscrizione, è disponibile collegandosi ai seguenti indirizzi web:

SITO RME = http://www.rockmetalevents.it/

BANDO 2018 = http://www.rockmetalevents.it/wp-content/uploads/2017/11/BANDO-RMF-2018.pdf

L’evento è organizzato con il patrocinio del Comune di Pulsano e della Provincia di Taranto.

Ricordiamo sommariamente, per sottolineare l’interesse che ormai da alcuni anni suscita questo raduno metal, i nomi di alcune band che hanno partecipato con soddisfazione alle precedenti edizioni:

Motherstone (Roma), Aevum (To), Hate Inc. (Ta), Assaulter (Ta), Soul of Steel (Ta), Legio Tenebrarum (Ta), Project 2501 (Macedonia), Rage of South (Agrigento), InAllSenses (Caserta), Elegy of Madness (Ta), Perseus (Br), The Strigas (BAT), Alldead (Ta), Overkhaos (Ta), Rublood (To), Blindcat (Ta), Whattafuck!? (Ba), Hangarvain (Na), Fall Has Come (Caserta), Adamas (Spoleto), C.O.B.R.A. (Ta), Subliminal Fear (Barletta), Deathless Legacy (Pisa), Implodead (Bari), Fake Heroes (Pescara), Mad Hornet (Ta) e Full Leather Jacket (Belluno).

Hardcore Anal Hydrogen – Hypercut

Hypercut è un album che magari si farà fatica ad ascoltare dalla prima all’ultima nota, ma può rivelarsi molto interessante per chi ritiene terribilmente scontata la musica, per così dire, “normale” …

Benché il Principato di Monaco sia da secoli a tutti gli effetti uno stato autonomo, è difficile comunque non considerarlo a tutti gli effetti parte della Francia, non solo geograficamente ma anche culturalmente.

E’ anche per questo, forse, che uno dei rari esempi di metal proveniente dall’incantevole enclave posizionata tra la Costa Azzurra ed il confine italiano, rappresentato dal duo denominato Hardcore Anal Hydrogen, mostra in tutto e per tutto quelle caratteristiche di totale e schizofrenica follia di gruppi transalpini come 6:33 o Pryapisme (solo per citarne due nei quali ho avuto occasione di imbattermi).
In Hypercut non sorprende, quind,i il vedere bandita ogni idea di forma canzone a favore di un espressione sonora volta alla totale imprevedibilità e alla più libera sperimentazione.
All’interno degli undici brani presenti nell’album possiamo trovare frammenti di qualsiasi genere musicale conosciuto, posizionati senza apparente logica né soluzione di continuità: è evidente che un lavoro di queste caratteristiche non potrà mai avere quale sua principale caratteristica l’omogeneità, per cui la maniera ideale per godere dei suoi contenuti è quella di provare ad indovinare da dove possano provenire tutte le pulsioni che si accavallano vorticosamente sullo spartito (che immagino preveda un notevole sforzo mnemonico degli stessi musicisti per non perdere il filo del discorso).
Vista l’impossobilità materiale di scrivere per filo e per segno il contenuto delle singole tracce, proviamo ad individuare alcuni passaggi salienti posizionati nel corso dell’album, utili a far capire cosa ci si debba attendere dall’ascolto di Hypercut: partendo dall’inizio, Jean-Pierre è forse l’unico brano che abbia una vaga idea di forma canzone, almeno nel suo srotolarsi a velocità folle nella prima parte, come in una sorta di punk hardore psicotico che viene successivamente sommerso da un rumorismo elettronico, tratto comune dell’album, che a tratti fa pensare essere stati catapultati in un folle video game, tutto questo non prima di regalare un bellissimo finale a suo modo melodico ed atmosferico.
La roche et le rouleau è, invece, una traccia che più di altre fa riferimento ai già citati 6:33 (autori con Deadly Scenes di uno dei migliori album del decennio), grazie al suo rock’n’roll sghembo e malato , mentre il primo minuto di Murdoc sembra provenire addirittura da Tarkus degli ELP … Capite bene che qui l’unico approccio dell’ascoltatore può essere quello improntato alla massima apertura mentale e, in tal caso, le gratificazioni non mancano perché Sascha e Martyn non mollano mai la presa e soprattutto non si stancano di mutare stili ed umori con la stessa velocità con la quale cambia abito in scena un trasformista
Hypercut è un album che magari si farà fatica ad ascoltare dalla prima all’ultima nota, ma può rivelarsi molto interessante per chi ritiene terribilmente scontata la musica, per così dire, “normale” …

Tracklist:
1. Jean-Pierre
2. Coin coin
3. La roche et le rouleau
4. Paul
5. Blue Cuts
6. Charme oriental
7. Phillip
8. Murdoc
9. Entropie Maximum
10. Sproutch
11. Daube carotte
12. Automne 1992
13. Bontemmieu
14. Alain, l’homme télévitré (Finale)

Line-up:
Sacha Mouk : Vocals, Programming
Martyn Circus : Guitars, Programming

HARDCORE ANAL HYDROGEN – Facebook

childthemewp.com