Ulvegr – Vargkult

Vargkult rafforza lo status raggiunto dagli Ulvegr con il precedente album, offrendo mezz’ora scarsa di rara efficacia per sintesi e maturità.

Gli Ulvegr sono un duo nato alla fine dello scorso decennio e giunto con Vargkult al quinto full length.

Era lecito, quindi, attendersi un prodotto di una certa qualità alla luce anche dell’esperienza maturata da Helg e Odalv, esponenti di primo piano della scena black metal ucraina, grazie al loro coinvolgimento con band come Elderblood, Kzohh, Khors, Grey Ablaze e anche Nokturnal Mortum: Vargkult non delude le attese offrendo mezz’ora scarsa di rara efficacia per sintesi e maturità, confermando quanto di buono offerto circa nove mesi fa con Titahion: Kaos Manifest.
Helg si occupa di tutti gli aspetti dell’album ad esclusione della batteria, lasciata al tentacolare Odalv: la coppia gode di un invidiabile affiatamento ed offre nel migliore dei modi un’interpretazione del genere lineare ma di grande intensità, nella quale le sfumature pagan si sentono ma restano in secondo piano, sopraffatte da un impatto brutale e a tratti ossessivo.
In effetti, gli Ulvegr in più di un passaggio sembrano offrire un black’n’roll incattivito all’ennesima potenza, con ritmiche forsennate che non lasciano spazio a pentimenti o fraintendimenti: questo è un black metal dal dna più scandinavo di quello che spesso proviene da quelle stesse lande.
I due srotolano la loro nera arte mettendosi pancia a terra senza più sollevare il piede dall’acceleratore, se non nei brevi spazi tra un brano e l’altro, con Death is Our Law che può essere considerato l’episodio emblematico dell’album, potendone apprezzare i furenti intarsi strumentali che, grazie ad una produzione ideale, non vengono fagocitati dal rombo di sottofondo della strumentazione che si muove all’unisono.
La chitarra, infatti, si coglie quando cerca di tessere linee portanti che non si possono certo definire melodiche, mentre lo screaming viene restituito in maniera equilibrata appoggiandosi ad un tappeto ritmico incessante nel suo minaccioso incedere.
La bravura degli Ulvegr risiede nella loro capacità di mostrare il black nella sua essenza più pura ed incontaminata, senza abbandonarsi a quelle scelte di produzione lo-fi che troppo spesso finiscono per avvilire album dal grande potenziale, cosa che per fortuna non avviene con questo notevole Vargkult.

Tracklist:
1. Rune Ice Frozen Hatred
2. The End is Near
3. Cold Graves Breathing Beast
4. Death is Our Law
5. Cutting off Your Throat
6. All the Sheep to the Slaughter
7. We Remember the Blood

Line-up:
Odalv – Drums
Helg – Vocals, Guitars, Bass

ULVEGR – Facebook

Trevor And The Wolves – Road To Nowhere

Un album che non ha cadute di intensità, da gustare come una corposa birra rossa, o da sentire mentre si cammina soli nei boschi, esperienza da fare perché la natura ha tanto da dirci, così come Road To Nowhere.

Album solista per Trevor, il cantante dei Sadist. Trevor And The Wolves è un progetto musicale nato fra le montagne dell’appennino ligure, luoghi al quale Trevor è molto legato.

Lo stile musicale è quello dell’hard rock classico, con incursioni nel blues e qualche intarsio folk. Ascoltandolo si potrebbe dire che assomigli molto alle prime cose degli Ac/Dc, gruppo molto amato dal frontman dei Sadist, ma qui c’è molto di più. Come uno spirito che non veda l’ora di farsi conoscere e di interagire con il mondo, questo Road To Nowhere esplode con forza sotto il nostro sederino, sa di neve, terra fresca e cieli lividi, il tutto condito dalla classe di Trevor e dei musicisti che ha scelto, come si può vedere nel magnifico video diretto da Matteo Siri. Il disco è molto aderente all’ultimo periodo di vita di Trevor, che passa più tempo nei boschi che nelle città, ma questo non è un chiudersi, anzi è un aprirsi alla propria natura. Lungo tutto l’album si percepisce una forza molto possente ma totalmente calma, ed il motivo potrebbe essere la totale sincerità di un lavoro che mostra Trevor per quello che è, senza molte pose o necessità di apparire diverso. Si assapora un gusto di musica vera e sentita, un divertimento nell’essere sé stessi, anche omaggiando un paese lontano ma vicino come la Scozia. La voce di Trevor è in gran forma e fa vedere di cosa sia capace, complice la grande esperienza e la grande forza che ha. La produzione è del sempre magistrale Tommy Talamanca, quindi semplicemente perfetta, facendo risaltare tutto il bouquet del disco. Sentimenti, durezza, amicizia e voglia di prendere la vita dal verso giusto, anche se ciò non è mai semplice. Un album che non ha cadute di intensità, da gustare come una corposa birra rossa, o da sentire mentre si cammina soli nei boschi, esperienza da fare perché la natura ha tanto da dirci, così come Road To Nowhere. Alcuni ritornelli sono clamorosi, ma tutto l’album regge davvero molto bene.

Tracklist
1. FROM HELL TO HEAVEN ICE
2. BURN AT SUNRISE
3. RED BEER
4. BLACK FOREST
5. BATH NUMBER 666
6. SPIRITUAL LEADER
7. ROADSIDE MOTEL
8. WINGS OF FIRE
9. LAKE SLEEPING DRAGON
10.UNFORGIVABLE MISTAKE

Line-up
Trevor Sadist – Voice
Francesco Martini – Lead Guitars
Alberto Laiolo – Rhythm Guitars
Aluigi Antonio – Bass
Emanuele Peccorini – Drums

TREVOR – Facebook

Ocean Of Grief – Nightfall’s Lament

Gli Ocean Of Grief raggiungono con questo album un livello di maturità che può sorprendere solo chi non ne avesse già scorto gli evidenti prodromi nell’ep d’esordio.

Poco meno di due anni fa mi ero espresso molto favorevolmente sugli esordienti Ocean Of Grief indicandoli come band dalle enormi prospettive.

Non che ci volesse un coraggio particolare per lanciarsi in simili previsioni, visto che il gruppo ateniese esibiva in maniera inequivocabile quelle stesse stimmate del talento esibito dai migliori act europei di death doom melodico, quali Enshine, Evadne, Frailty, When Nothing Remains e, ovviamente Swallow The Sun e Saturnus.
Chiaramente, essendo stato Fortress Of My Dark Self un ep, era lecito attendere gli esiti di un lavoro su lunga distanza, prima di decretare la nascita di una nuova stella capace di affiancare i nomi sopra citati nell’empireo di un genere che continua con regolarità a regalare grandi dischi, sia da parte delle band già affermate sia da quelle emergenti.
Sono sufficienti pochi secondi di In Bleakness per capire che Nightfall’s Lament terrà perfettamente fede alle aspettative: sopraffatti dall’afflato melodico di un chitarrista magnifico come Filippos Koliopanos, non resta altro che lasciarsi andare alla commozione ascoltando di brani di rara bellezza come Mourning Over Memories, Painting My Sorrow The Release of the Soul; ma si tratta solo di una preferenza dovuta a particolari infinitesimali, perché raramente la tracklist di un album può godere di una qualità cosi uniformemente elevata.
Proprio come Eshine, Saturnus o Doom Vs., il sound degli Ocean of Grief è condotto senza soluzione di continuità dalle linee melodiche tessute dalla chitarra solista e il risultato è ugualmente entusiasmante: il gruppo fondato nel 2014 dal già citato Koliopanos e dal bassista Giannis Koskinas raggiunge con questo album un livello di maturità che sorprenderà, appunto, solo chi non ne avesse già scorto gli evidenti prodromi nell’ep d’esordio; è vero, però, che il sound degli ellenici si è ulteriormente raffinato ed evoluto fino a raggiungere qualcosa di molto vicino alla perfezione formale e compositiva
Se qualcuno obietterà che, in fondo, gli Ocean Of Grief sono simili a questa o a quella band (che magari a sua volta attinge a piene mani da qualcun’altra) la noncurante risposta che gli si deve è che effettivamente c’è del vero, ma tra l’assomigliare ed il copiare c’è di mezzo non un mare bensì un “oceano di dolore” …
Gli Ocean Of Grief ottengono una meritata consacrazione già al full length d’esordio e, in effetti, Nightfall’s Lament è il classico album il cui ascolto diviene ogni volta sempre più irrinunciabile, nella sua funzione di catartico vettore.

Tracklist:
1.In Bleakness
2.Eyes of Oblivion
3.Mourning Over Memories
4.Fiend of the Overlord
5.Painting My Sorrow
6.The Breeding of Death
7.The Release of the Soul

Line-up:
Charalabos Babis Oikonomopoulos – Vocals
Filippos Koliopanos – Guitars
Dimitra Zarkadoula – Guitars
Giannis Koskinas – Bass
Aris Nikoleris – Keyboards
Thomas Motsios – Drums

OCEAN OF GRIEF _ Facebook

DEE CALHOUN

Il video di Jesus, the Devil, the Deed, dall’album Go to the Devil, in uscita a marzo (Argonauta Records).

Il video di Jesus, the Devil, the Deed, dall’album Go to the Devil, in uscita a marzo (Argonauta Records).

Go to the Devil, il secondo album solista del cantante degli IRON MAN DEE CALHOUN verrà pubblicato da ARGONAUTA Records il 30 marzo 2018.

Il CD “Go to the Devil” è pre-ordinabile qui: http://bit.ly/2rvQDz9

DEE CALHOUN, accompagnato dal bassista LOUIS STRACHAN, sarà in tour in Europa la prossima primavera: il musicista visiterà Danimarca, Germania, Olanda, Italia, Francia, Belgio, Ungheria, Austria, Repubblica Ceca, Svizzera. Maggiori dettagli a breve.

INFO: www.argonautarecords.com

Mind Enemies – Revenge

Revenge è un album che, con una produzione più cristallina ed un cantante adatto a valorizzarne le trame, avrebbe avuto sicuramente più chance di far breccia nei cuori degli appassionati sparsi per lo stivale.

I Mind Enemies sono la creatura del polistrumentista pugliese Giuseppe Caruso, nata nel 2011 e con una storia fatta di cambi di line up, viaggi verso Genova e gli studi della Nadir (dove è stato inciso l’ep Darkest Way nel 2013) ed un album di cover intitolato Hard Rock Tribute, licenziato pochi mesi prima l’uscita di Revenge, primo full length nel quale Caruso ha fatto tutto da solo.

Revenge parla la lingua del metal classico, anche se intricate parti progressive ed atmosfere più legate all’hard rock fanno capolino in alcuni brani; Caruso varia molto l’atmosfera di ogni brano e questo è forse il maggior pregio dell’album che ha nella varietà della proposta il suo punto di forza, con momenti ora più diretti, ora più vicino al prog metal, ora potenziati da un groove di ispirazione statunitense che avvicina il sound all’alternative metal.
Purtroppo l’impatto dei brani perde leggermente la sua forza per una produzione molto underground, il che fa suonare Revenge come se fosse stato inciso vent’anni fa, e per un uso della voce non sempre all’altezza della situazione, specialmente sui toni alti.
Diciamo che il buon Caruso risulta bravissimo con gli strumenti (anche se qualche assolo dalle reminiscenze shred stona nell’economia di qualche brano), ma lascia a desiderare come cantante, facendo sì che canzoni dal buon tiro come Goya, My World, la sabbathiana The Dark Life, o la conclusiva title track fatichino a decollare.
Revenge risulta così un album che, con una produzione più cristallina ed un cantante adatto a valorizzarne le trame, avrebbe avuto sicuramente più chance di far breccia nei cuori degli appassionati sparsi per lo stivale.

Tracklist
1.The Black Warrior
2.Goya
3.Wild Existence
4.My World
5.Dream Time
6.The Dark Life
7.Angel Of Consciousness
8.The (Rock) Rite
9.Revenge

Line-up
Giuseppe Caruso – All instruments, Vocals

MIND ENEMIES – Facebook

Phil Campbell And The Bastard Sons – The Age Of Absurdity

Quello che poteva frettolosamente essere archiviato come il capriccio di una rock star sta prendendo una piega importante, quindi chi suona il genere d’ora in poi dovrà fare i conti con Phil Campbell, la sua famiglia e questo bellissimo The Age Of Absurdity.

Phil Campbell torna con la sua band, fondata tra le mura domestiche ( come ben saprete fanno parte del combo i tre figli dell’ex chitarrista dei Motorhead più il singer Neil Starr) con il primo full length, successore dell’ottimo mini cd dello scorso anno e un’intensa attività live che ha visto la famiglia Campbell aprire per i redivivi Guns’n’Roses e fare da spalla ai leggendari Saxon.

Phil Campbell And The Bastard Sons per il gruppo non poteva essere un monicker migliore, accompagnando un sound ancora una volta figlio del leggendario trio capitanano da San Lemmy, ma che ne prende le distanze soprattutto per un suono più pulito e un’attitudine rock’ n ‘ roll che ripropone gli stilemi del sound motorheadiano accompagnato da molte ispirazioni che vanno dall’America dei Buckcherry al Nord Europa dei primi Backyard Babies.
Ovviamente il tutto è accompagnato da una vena street rock blues che alza di molto il coinvolgimento dell’ascoltatore, dettato da un songwriting ispirato e dalla performance di un singer nato per cantare rock’n’roll.
E infatti Neil Starr si dimostra, come sul precedente lavoro, la punta di diamante del gruppo, una tigre addomesticata dal blues, viscerale e sanguigno come il genere comanda, maggiore protagonista dell’atmosfera sporca e selvaggia di The Age Of Absurdity.
L’album risulta un muro sonoro innalzato al rock duro, le influenze si alternano da una traccia all’altra e Starr e Campbell, sostenuti dalla sezione ritmica, fanno fuoco e fiamme, instancabili macchine da guerra che non riposano neanche quando la tensione si trasforma in note blues da vita vissuta pericolosamente.
L’opener Ringleader dà il via alle danze con un brano Motorhead fino al midollo, con il fantasma del leggendario trio che torna in Gipsy Kiss e Get On Your Knees, mentre il blues posa la sua mano sullo spartito della splendida Dark Days e della conclusiva Into The Dark.
Il resto è un susseguirsi di ottimi brani che guardano al passato recente del genere, trovando una loro precisa identità e regalando perle hard rock come Skin And Bones, Welcome To Hell e Step Into The Fire.
Quello che poteva frettolosamente essere archiviato come il capriccio di una rock star sta prendendo una piega importante, quindi chi suona il genere d’ora in poi dovrà fare i conti con Phil Campbell, la sua famiglia e questo bellissimo The Age Of Absurdity.

Tracklist
1. Ringleader
2. Freak Show
3. Skin and Bones
4. Gypsy Kiss
5. Welcome To Hell
6. Dark Days
7. Dropping The Needle
8. Step Into The Fire
9. Get On Your Knees
10. High Rule
11. Into The Dark

Line-up
Phil Campbell – Guitars
Todd Campbell – Guitars
Dane Campbell – Drums
Tyla Campbell – Bass
Neil Starr – Vocals

PHIL CAMPBELL AND THE BASTARD SONS – Facebook

THE CHARM THE FURY

Il video di ‘Songs Of Obscenity’, dall’album “The Sick, Dumb & Happy” (Arising Empire).

Il video di ‘Songs Of Obscenity’, dall’album “The Sick, Dumb & Happy” (Arising Empire).

La band olandese THE CHARM THE FURY ha pubblicato il nuovo video di ‘Songs Of Obscenity’. La canzone è tratta dall’album “The Sick, Dumb & Happy”, pubblicato lo scorso anno su Nuclear Blast/Arising Empire. Il video presenta una panoramica dei festival a cui ha partecipato la band, incluso il Pinkpop, Download Festival, Graspop Metal Meeting, Sziget e molti altri.

La cantante Caroline Westendorp commenta:
“Il 2017 è stato un enorme, emozionante e folle viaggio per la band: abbiamo suonato sui palchi dei più partecipati festival e concerti di tutto il mondo. Ma la cosa più importante che abbiamo scoperto durante tutto questo: i nostri fan sono i più pazzi che una band possa sperare di avere. Rendiamo questo 2018 tanto grandioso, un wall of death alla volta!”

THE CHARM THE FURY live:

05.05. MEX Mexico City – Corona Hell & Heaven
19.05. NL Amsterdam – Amsterdam Metalfest
26.05. NL Rotterdam – Submit Fest
02.06. CZ Pilsen – Metalfest Open Air
15.06. A Nickelsdorf – Nova Rock
29.06. FIN Helsinki – Tuska Open Air
13.07. S Gävle – Gefle Metal Festival
04.08. D Wacken – Wacken Open Air

Ordina l’ultimo album della band “The Sick, Dumb & Happy” qui: http://geni.us/TheCharmTheFuryTSDH

Dal loro esordio, i THE CHARM THE FURY sono oggi diventati una band più matura che vanta la partecipazione ad alcuni dei maggiori festival europei. Il loro sound si è trasformato in un metal ultramoderno ma con uno stile personale che definisce ciò che davvero essi rappresentano. Ispirati da un’avversione rispetto alla condizione globale del ventunesimo secolo, la band ha registrato un disco rabbioso, rafforzato da una feroce intelligenza e un sentito desiderio di risvegliare la gente dal diffuso torpore che contraddistingue l’era digitale.

I THE CHARM THE FURY sono:
Caroline Westendorp – voce
Mathijs Tieken – batteria
Rolf Perdok – chitarra
Martijn Slegtenhorst – chitarra
Lucas Arnoldussen – basso

www.facebook.com/thecharmthefury
http://www.thecharmthefury.com/
https://twitter.com/thecharmthefury

Grafjammer – Schalm & Schabauw

Quest’album dei Grafjamemer ha tutto per mettere d’accordo ascoltatori dai gusti più disparati, perché di certo qui non ci si annoia, essendo costretti a fare headbanging dal primo all’ultimo minuto, senza pause di sorta.

Il bello del black metal è che, in fondo, dietro all’etichetta affibbiata a ogni band che vi si avvicini, coesistono mondi e modi diversi, se non diametralmente opposti, di intendere ed interpretare la materia.

Così si possono apprezzare ugualmente, sotto una stessa egida, le audaci sperimentazioni della scena francese, il malinconico e solenne incedere delle band tedesche, le sfumature cascadiane provenienti dal Nordamerica e la fedeltà ai dettami originari di gran parte dei gruppi scandinavi.
In mezzo a tutte queste variabili troviamo anche il cosiddetto black’n’roll, quello che viaggia con più immediatezza andando a colpire l’obiettivo senza troppi preamboli, innestando nella matrice del genere una buona dose di irriverente e strafottente crust punk.
Proprio da questa sponda stilistica arrivano gli olandesi Grafjammer, i quali, con questo loro secondo full length spostano ulteriormente la barra verso un qualcosa che sembra innegabilmente più fruibile ed innocuo ma che, in realtà, è il peggiore dei veleni visto che il suo effetto devastante si manifesta solo molto tempo dopo averne ingerito inconsapevolmente grandi quantità.
Het rottende schompes è la traccia posta in apertura che fotografa al meglio le foschi intenzioni di questi cinque figuri che compongono una band nella quale. misteriosamente, ogni componente deve possedere un nickname che inizia per J, e già solo per questo non è difficile intuire (capire è un’altra cosa visto che i testi sono il lingua madre) che questi esperti musicisti di Utrecht rimaneggiano la materia in maniera dissacrante astenendosi da derive filosofiche od esistenziali, badando solo a scuotere con veemenza le coscienze più assopite.
Quel che ne esce è un album come Schalm & Schabauw, una qualcosa che fa veleggiare la fantasia spingendo a pensare a quello che avrebbero fatto i Motorherad se avessero deciso di suonare un giorno black metal: diretto, pesante, scatenato, ma tutto sommato con sonorità sempre sotto controllo ed aiutate da una produzione ideale per il tipo di offerta, quest’album dei Grafjamemer ha tutto per mettere d’accordo ascoltatori dai gusti più disparati, perché di certo qui non ci si annoia, essendo costretti a fare headbanging (o battere furiosamente il piede se si è più cagionevoli cervicalmente) dal primo all’ultimo minuto, senza pause di sorta.

It’s only … black’n’ roll, si potrebbe dire parafrasando qualcuno, ma a noi piace non poco.

Tracklist:
1. Het rottende schompes
2. Drijvende doodskist
3. De dode molen van buiten Catharijne
4. Duistering
5. Gallemiezen
6. Haatgemaal
7. Hijs het lijk
8. Nagels over het krijtbord van de ziel
9. Nedernekro
10. Uitgedraaide poten van vertrouwen
11. Moord & doodslag & jenever

Line-up:
Jorre – throat
Jelle – bass
Jeroen – guitars
Jouter – guitars
Jahwe – battery

GRAFJAMMER – Facebook

Autopsy – Puncturing The Grotesque

Puncturing The Grotesque è il lavoro con cui gli Autopsy, vecchie volpi del metal estremo dalle tinte horror/gore, entrano in questo nuovo anno sempre con quella insana goliardia insita nei testi di putride tracce brutali e dall’atmosfera velenosa.

E’ arrivato anche per gli storici Autopsy il tempo di festeggiare i trent’anni di attività di una carriera lungo la quale il gruppo di Chris Reifert è stato uno dei punti fermi per i fans del death metal più brutale, con la parentesi dello stop di alcuni anni e la reunion del 2009 che ha ridato motivazioni ed un ritrovato entusiasmo al combo californiano.

Una discografia che non ha mai concesso passi falsi ha spinto la band verso quell’aura da cult band che, se non ha reso quanto poteva in termini di popolarità, ha sicuramente costruito intorno agli Autopsy un’intoccabilità che si evince dall’amore dei fans per il gruppo.
Puncturing The Grotesque è il lavoro con cui gli statunitensi, vecchie volpi del metal estremo dalle tinte horror/gore, entrano in questo nuovo anno sempre con quella insana goliardia insita nei testi di putride tracce brutali e dall’atmosfera velenosa.
Ovviamente gli Autopsy targati 2018 esibiscono quello che sanno fare meglio, death metal solcato da rallentamenti doom soffocanti, abissali e marcissimi.
Si passa così in poco tempo, da capolavori death metal old school come The Sick Get Sicker a lente discese negli antri puzzolenti del brutal/doom con Gas Mask Lust e Gorecrow, per poi lasciare al death/thrash & roll di Fuck You!!! il compito di dare il “la” ai festeggiamenti tra fuochi d’artificio estremi.
Una band come gli Autopsy non lascia scampo e non tradisce anche dopo così tanti anni, risultando una sicurezza per i fans del death metal.

Tracklist
1.Depths of Dehumanization
2.Puncturing the Grotesque
3.The Sick Get Sicker
4.Gas Mask Lust
5.Corpses at War
6.Gorecrow
7.Fuck You!!! (Bloodbath cover)

Line-up
Chris Reifert – Vocals, Drums
Eric Cutler – Vocals, Guitars
Danny Coralles – Guitars
Joe Allen – Bass

AUTOPSY – Facebook

APPARITION

Il lyric video di “Break The Chains”, dall’album “The Awakening” (Wormholedeath).

Il lyric video di “Break The Chains”, dall’album “The Awakening” (Wormholedeath).

Gli inglesi Apparition hanno realizzato il lyric video del brano “Break The Chains”. “Break The Chains” é tratto dall’album “The Awakening” che uscirà il 2 Febbraio 2018 in tutto il mondo e il 28 Marzo 2018 in Giappone via Wormholedeath / Aural / Disk Union Distribution.

SHANTAK

Il video di Through the Eyes Of A Mad (Sliptrick Records).

Il video di Through the Eyes Of A Mad (Sliptrick Records).

The song Through the Eyes Of A Mad aims, by means of the compositional spontaneity and hammering rhythm, to communicate the perceptions and give to the listener the feelings perceived by a mad man. The lyrics are simple and the structure of the verses aim to communicate the perpetual weaving and nodding of the fool’s mind. The background of the fool’s wanderings is a city that appears to be twisted and sharpened like a knife against the sky. Sweating pure darkness. From the overwhelming distant structures, you can feel the gaze of a thousand eyes and every sound tears through the air like “a demon’s cry”.
The presence of a fret-less bass guitar contributes in creating a gloomy atmosphere and transforms the shapes into something undefined, fluid. The guitars, harmonized on the minor scale, also give a sense of oppression and darkness. This is a single that detaches from the typical Shantak sound and that introduces a more various and mature compositional phase of the band. Through the Eyes Of A Mad was recorded, mixed, edited and produced by Shantak and Francesco Massari in October 2017. Artwork by Nicola Belotti.

Available now in digital format from: iTunes

Shantak are:
Nicola Belotti – Vocals | Fabio Pierani – Guitar | Simone Mazzardi – Guitar | Matteo Spada – Drums | Federico Albini – Bass

Facebook
Reverbnation
Sliptrick

Led Green – God Is An Alien

Mancava da tempo un disco di elettronica come questo che riesca a trasmettere qualcosa attraverso una musica molto ben composta ed organica.

Industrial, elettronica e tanta ebm con una bellissima voce femminile per comunicarci che non siamo soli, e che qualcosa di più grande ci osserva.

Secondo disco per questa entità che ci mostra come noi siamo tutt’al più una curiosa formina da guardare. Led Green è un polistrumentista che nasce come batterista, per poi trasferirsi in Inghilterra dove continua a fare musica. Questo progetto è per ampliare ulteriormente lo spettro della sua musica. Lui fa tutta la parte strumentale, e la splendida e versatile voce di Vanessa Caracciolo fa il resto, congiungendosi benissimo con la sfera musicale. Il risultato è un riuscito connubio di elettronica in quota ebm, ma che non si esaurisce in questo, anzi è un qualcosa che diviene il mezzo per andare avanti. Ci sono moltissimi suoni dentro questo disco, e il suo incedere è molto elettronica anni novanta, epoca nella quale si narrava un qualcosa attraverso la musica puntando ad espandere la propria coscienza. La poetica di questo disco è la convinzione che gli alieni siano i nostri creatori e che continuino ad osservarci, quasi come un curioso esperimento. Tutto ciò riprende la teoria di Zecharia Sitchin e di altri, che teorizzavano che gli abitanti del pianeta scomparso Nibiru ci abbiano creato per lavorare nelle loro miniere, e poi ci abbiano mantenuto in vita per sfruttarci. Certamente in questo disco, grazie ad una sapiente composizione, è musicalmente tangibile l’oppressione che grava sul genere umano, ma soprattutto questo lavoro è un invito a guardare in su e non in giù. La batteria, vista anche la formazione musicale di Led Green, la fa da padrone e guida lo spettacolo che è molto buono. Mancava da tempo un disco di elettronica come questo che riesca a trasmettere qualcosa attraverso una musica molto ben composta ed organica, facendo dimenticare l’orrenda copertina. Se resisti, esisti.

Tracklist
01) Planet Earth Destiny
02) The Neverending Universe
03) They’re Checking Us
04) Misery Hate&Pain
05) One More Time
06) If You Resist You Exist (Betty)
07) Last Chance
08) Better World

Line-up
Led Green – Music, Drums, Bass, Synths
Vanessa Caracciolo – Vox, Lyrics

LED GREEN – Facebook

Bark – Like Humans Do

Like Humans Do si salva per un’attitudine rock’n’roll che tiene viva (almeno per un po’) l’attenzione dell’ascoltatore, grazie alle devastanti prime sette tracce che formano una prima parte abbastanza esplosiva.

Attivi da appena due anni, tornano con il secondo lavoro sulla lunga distanza i furiosi Bark, entità metallica in quel Antwerp, Belgio.

Il quintetto quindi regala un successore all’ep omonimo uscito nell’anno di inizio attività e del primo full length, Voice Of Dog, licenziato lo scorso anno.
Il loro sound è un groove thrash metal, potenziato dal iniezioni di hard rock ‘n’ roll come San Lemmy ha insegnato con i suoi Motorhead, reso ancora più potente e mastodontico da ritmiche grasse e furia che si avvicina in alcuni casi all’hardcore.
Con il cantante che urla nel microfono come se non ci fosse un domani e nessun accenno al minimo rallentamento se non per fare ancora più male, la musica del combo belga si potrebbe descrivere come un incrocio tra Pantera, Motorhead e Down in versione hardcore e dalle molte ripartenze che sfiorano il thrash moderno: un muro sonoro che alla lunga stanca un po’, per una monotonia di fondo che fa di quest’opera un lavoro ad uso e consumo degli amanti del groove metal portato all’estremo.
Like Humans Do si salva per un’attitudine rock’n’roll che tiene viva (almeno per un po’) l’attenzione dell’ascoltatore, grazie alle devastanti prime sette tracce che formano una prima parte abbastanza esplosiva.
Col passare del tempo cala la tensione e l’album si trascina fino alla fine lasciando qualche perplessità ed un giudizio che non va oltre una abbondante piena sufficienza.

Tracklist
1. It’s All In Your Head
2. Aftermath
3. Last Man Standing
4. Hollow Words
5. Cannibal Law
6. My Heart Is A Bone
7. Like Humans Do
8. A Tribute To San La Muerte
9. Freedom To Hate
10. Wild Thing
11. Dog Life
12. No Shelter
13. Speak To The Dead

Line-up
Ron Bruynseels – vocals
Martin Furia – guitars
Rui da Silva – guitars
Jorn Van der Straeten – bass
Ward Van der Straeten – drums

BARK – Facebook

Machine Head – Catharsis

Catharsis è un lavoro che ancora più che in passato farà discutere: Flynn alza le spalle e va per la sua strada, sta a voi seguirla o meno.

I Machine Head sono tornati sul luogo del delitto: Robb Flynn, dopo aver passato quasi vent’anni cercando di recuperare credibilità nei confronti dei metallari duri e puri, manda tutto e tutti a quel paese e licenzia insieme ai suoi compagni l’album più melodico della discografia del gruppo di Oakland dai tempi, appunto, di quel The Burning Red che si era attirato l’ira di quelli che erano diventati fans del gruppo dopo i primi due album (Burn My Eyes e The More Things Change).

Ma, mentre il bellissimo (per il sottoscritto, almeno) album uscito sul finire del secolo scorso, univa almeno un po’ di quel thrash che caratterizzava le prime prove del gruppo con le sonorità regine del mercato di quei tempi (nu metal e rap), oggi Robb Flynn ha trasformato il sound dei Machine Head in un metal moderno, melodico, dalle molte ispirazioni semplicemente rock e dagli accattivanti camei orchestrali, una peste bubbonica per chi considera la band una creatura metallica tout court.
Il vocione di Flynn si scaglia su brani che vivono di pulsioni mainstream, inutile negare che non solo sono spariti i Machine Head targati 1994, ma pure quelli che avevano devastato padiglioni auricolari con The Blackening e Unto The Locust.
Catharsis è un album studiato e creato per non fare prigionieri in un mercato che non concede possibilità a chi rimane ancorato ai soliti cliché metallici, in un ambito dove ormai solo pochissime band hanno un appeal commerciale, e Flynn questo lo sa bene, quindi ecco che nel mastodontico ultimo album si possono ascoltare tutti i generi dai quali i Machine Head hanno preso spunto in questi anni, dal thrash al metalcore, dal nu metal al crossover, fino al groove, sfidando l’ascoltatore con una durata davvero proibitiva (settantaquattro minuti per il genere equivalgono ad un’era geologica), ma addolcendolo con una cascata di melodie.
Potrà non piacere, ma Catharsis alla fine vince la sua sfida risultando un album per cui l’aggettivo commerciale ha in fondo una sua reale valenza, almeno a sentire brani come Triple Beam, Bastards o Beyond The Pale; ovviamente non mancano le bordate thrash/groove metal, come l’iniziale Volatile o Razorblade Smile a rappresentare lo zuccherino per addolcire l’arrabbiatura dei fans più conservatori.
Catharsis è un lavoro che ancora più che in passato farà discutere: Flynn alza le spalle e va per la sua strada, sta a voi seguirla o meno.

Tracklist
1. Volatile
2. Catharsis
3. Beyond the Pale
4. California Bleeding
5. Triple Beam
6. Kaleidoscope
7. Bastards
8. Hope Begets Hope
9. Screaming at the Sun
10. Behind a Mask
11. Heavy Lies the Crown
12. Psychotic
13. Grind You Down
14. Razorblade Smile
15. Eulogy

Line-up
Robb Flynn – Vocals, Guitars
Dave McClain – Drums
Phil Demmel – Guitars
Jared MacEachern – Bass

MACHINE HEAD – Facebook

NEW HORIZONS

Il video di Born In The Future, dall’album Inner Dislocation di prossima uscita (Revalve Records).

Il video di Born In The Future, dall’album Inner Dislocation di prossima uscita (Revalve Records).

The prog metal band New Horizons, have released the first videoclip for the song “Born in the Future”, the song taken from the upcoming album “Inner Dislocation” ready to release on 23rd February 2018 via Revalve Records.

“Inner Disclocation” is also now available for pre-order on CD/DIGITAL at https://player.believe.fr/v2/3614979678169

https://www.facebook.com/newhorizonsprogband/
https://www.facebook.com/revalverecords/
http://www.revalverecords.com/NewHorizons.html

KARKAOS

Il video di Tyrants, dall’album Children of The Void.

Il video di Tyrants, dall’album Children of The Void.

One of Montreal’s most reputable and celebrated melodic extreme metal acts KARKAOS is proud to unleash their new music video “Tyrants” off their latest offering “Children of The Void” featuring new vocalist Viky Boyer, drummer Justine Ethier (Blackguard) and lead guitarist Samael Pelletier along with collaborations with guest artists Lindsay Schoolcraft (Cradle of Filth) and Morgan Lander (Kittie).

The bands comments:

“Karkaos is extremely proud to release its new video for the song ‘’Tyrants’’. This new video crafted by JP Charlebois, known for his work with Ion Dissonance and Slaves On Dope, is the perfect visual vessel to bring this song to your screen by being as brutal, relentless and intricate as the song itself.

We felt that Tyrants was the perfect song to give a second and different look to Children Of The Void. Its powerful meaning can easily be applied to our world and the weird times we all seem to be going through. We need to remember that we will always be stronger united than divided and this song is a testament to people taking the lead when our leaders couldn’t. Make sure to watch it and share it with your friends and pick up a copy of the album or some merch if you enjoyed it.”

“Children of The Void” was recorded, mastered and mixed with Christian Donaldson and Marc-o Frechette at The Grid (The Agonist, Cryptopsy, Neuraxis, Beyond Creation) and Silverwings Studios for keyboards (Blackguard, Ex-Deo , Distoriam) in Montreal, QC. The artwork was made by the immensely talented Marcela Bolívar while the layout was done by Fred Riverin from I Legion.

“Children of The Void” available on Bandcamp, iTunes, Amazon, Spotify and all major online retailers.

Album Stream – https://karkaosofficial.bandcamp.com/album/children-of-the-void

Track Listing:
1. Babel
2. Skymaster
3. Kolossòs
4. Let the Curtain fall
5. Pale
6. Children of The Void
7. Rêverie
8. Tyrants
9. Where Mushrooms Grow
10. Lightbearer
11. The Beast
12. Bound By Stars

Show Dates:
Jan 20 – Montreal, QC – Club Soda – info
For More Info:
http://www.facebook.com/karkaos
http://www.instagram.com/karkaosofficial

Death Keepers – Rock This World

L’album non ha grossi picchi ma si ascolta con quel piacere riservato ai ricordi più belli e a quella musica che ha fatto da colonna sonora a molti di noi, specialmente se il conteggio degli finisce per anta.

Rock This World è il classico album del quale forse non avevamo bisogno, colmo fino all’orlo di cliché già sentiti migliaia di volte, eppure mentre ci si mostra perplessi di fronte all’ennesimo coro pacchiano, il piede va per proprio conto e comincia a battere il tempo, la testa si muove in sincronia con i mid tempo che si passano il testimone e al secondo giro i ritornelli sono cantati all’unisono dalla band e da chi ascolta.

I Death Keepers non fanno sicuramente mistero della loro devozione per l’heavy metal classico vecchia scuola e ci sbattono in faccia undici brani che ripercorrono in lungo ed in largo il decennio ottantiano, tra molteplici tributi alle leggende del metal che troverete sparsi in ogni angolo musicale di questo lavoro; eccoci quindi al cospetto di una sorta di Helloween prima maniera (il loro monicker parla chiaro), meno power e più orientati verso la NWOBHM, melodici e dai refrain che vi entrano in testa come parassiti in un film di fantascienza per trasformarvi nel più ignorante e scatenato fans del metallo pesante.
La band, nata a Barcellona ormai sette anni fa, arriva dunque al primo album dopo un ep uscito ormai quattro anni fa, firma per Fighter records e piazza un bel calcio nel fondoschiena con Rock This World, un manifesto all’heavy metal fin dal titolo, supportato da una copertina che raffigura la massima espressione del genere, il concerto, con i suoi sacri riti, mentre il sound passa da canzoni che ricordano, come detto, le zucche di Amburgo era Kiske, spogliate dalla potenza del power e con invece più di un accenno al rock stradaiolo suonato aldilà dell’oceano (la title track in questo senso sembra uscita da una jam in qualche locale del Sunset Boulevard).
L’album non ha grossi picchi ma si ascolta con quel piacere riservato ai ricordi più belli e a quella musica che ha fatto da colonna sonora a molti di noi, specialmente se il conteggio degli finisce per anta.
Tra le note di Rock This World non cercate nulla che sia diverso da un’ ora scarsa di hard & heavy o heavy metal (come preferite) senza troppe pretese ma assolutamente piacevole.

Tracklist
1.Rock & Roll City
2.Fire Angel
3.Death Keepers
4.Haven’s Heaven
5.Rock This World
6.Thriving Forcast
7.Love’s Within (Yourself)
8.Wildfire
9.Invention IV
10.Metallia
11.Smooth Hit Love

Line-up
Dey Rus – Lead vocals.
Eddy Gary – Lead & rhythm guitar.
Antonio Maties – Lead & rhythm guitar.
Gorka Alegre – Bassist
Miki Hunter – Drums

DEATH KEEPERS – Facebook

Vargrav – Netherstorm

Privo di punti deboli evidenti, Netherstorm dimostra quanto ci sia ancora da dire in ambito symphonic black metal senza per forza scadere in soluzioni plastificate o eccessivamente ammiccanti.

Arriva dalla Finlandia questo nuovo progetto solista incentrato sul symphonic black metal.

Tutto sommato la combinazione non è così consueta, visto che di norma tale opzione stilistica è tipica della vicina Scandinavia, se non delle lande nordamericane; in effetti il sound dei Vargrav prende in eguale misura questi spunti per rielaborarli in una forma convincente per esecuzione, suoni e scrittura.
Guardando alle sponde del Mare del Nord sarebbe fuorviante pensare ai Dimmu Borgir, meglio allora fare riferimento ad una band dai suoni meno ridondanti come lo furono i Limbonic Art, il tutto però ammantato da un’atmosfera che se non si può definire a titolo assoluto cascadiana ci va spesso molto vicino.
V-KhaoZ punta molto più sulla creazione di scenari solenni sui quali piazzare un buon screming e una ritmica martellante a fornire l’opportuno supporto: l’esempio meglio riuscito di quanto descritto è la bellissima Ethereal Visions of a Monumental Cataclysm, ossessiva e avvolgente quanto basta per far capre che Nethermost è un album che chi ha amato tutto il black metal disceso da In the Nightside Eclipse in poi non può ignorare (a proposito, nella versione in vinile troviamo come bonus track Ancient Queen, uno dei primi brani incisio dagli Emperor).
Privo di punti deboli evidenti, quest’album dimostra quanto ci sia ancora da dire in questo segmento del genere senza per forza scadere in soluzioni plastificate o eccessivamente ammiccanti.

Tracklist:
1. Netherstorm
2. Shadowed Secrets Unmasked
3. Limbo of Abysmal Void
4. Ethereal Visions of a Monumental Cataclysm
5. Obidient Intolerant Ensnared
6. In Divine Embrace of the Dying Light

Line-up:
V-KhaoZ – All instruments, Vocals

VARGRAV – Facebook

Desolate Pathway – Valley of The King

Valley of The King, esordio dei Desolate Pathway oggetto di ristampa nello scorso gennaio, rappresenta una catarsi musicale a 360 gradi.

Valley of The King è il primo album degli inglesi Desolate Pathway.

La band, di recente formazione, esordì con questo lavoro nel 2014. E ancora prima che ve ne fosse bisogno, viene rispolverato dalla Wormholedeath a tre anni di distanza per riconfermare, in maniera forte e chiara, come gli inglesi avessero già un percorso consapevole davanti a sé, consci del proprio (grandissimo) bagaglio tecnico e delle potenzialità di abbinare tutto questo ad un genere come il doom che i Desolate Pathway interpretano in chiave epica, facendolo benissimo. A rendere possibile tutto questo contribuisce, con un’impronta profonda, la voce evocativa e al tempo stesso possente e rassicurante di Simon Stanton, poi sostituito nel 2015 dal chitarrista e fondatore della band Vince Hempstead. Il cantante si assume le proprie responsabilità prendendosi un ruolo centrale più che meritato nella scena del disco. Ovviamente tutto ciò non oscura la grande abilità del resto dei musicisti, infatti troviamo in ogni pezzo frammenti strumentali che vanno dallo spezzacuore al grandioso, fino ad un ottima unione di entrambi.
Alcuni pezzi si strutturano come dei veri e propri racconti in musica, in particolare Last of My Kind o Shadow of The Tormentor; in questo scenario doom dai decisi tratti epic, è quasi obbligato il riferimento a gruppi come Candlemass o Solitude Aeturnus ma, come abbiamo detto prima, i Desolate Pathway possiedono e continuano a costruire un’identità propria.

Tracklist
1. The Valley of the King
2. Desolate Pathway
3. Forest of Mirrors
4. Last of My Kind (The Ring Keeper)
5. Season of the Witch
6. King of Vultures
7. Shadow of the Tormentor
8. Upon the Throne of Lights

Line-up
Simon Stanton – Voice
Vince Hempstead – Guitars
Jim Rumsey – Bass
Mags – Drums

DESOLATE PATHWAY – Facebook

ELEGY OF MADNESS

Il lyric video di Lunacy, dall’album New Era (Wormholedeath).

Il lyric video di Lunacy, dall’album New Era (Wormholedeath).

Gli Elegy of Madness sono entusiasti di presentare il lyric video per il brano “Lunacy”, tratto dall’album “New Era” (2017 Wormholedeath). La band ha dichiarato che questo terzo video é un omaggio per i loro fans di tutto il mondo.
Gli EOM sono inoltre orgogliosi di annunciare il “New Era European Tour 2018”; alcune date sono già state confermate, altre verranno annunciate presto!

Per maggiori info e aggiornamenti visitate la pagina web degli Elegy of Madness https://www.elegyofmadness.com/

“New Era” links:
iTunes https://tinyurl.com/y9h3x3no
Spotify https://tinyurl.com/y8osweu7
Amazon US https://tinyurl.com/y97vgbod
Aural Music https://tinyurl.com/y9vf4eqc

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