The Sea Within – The Sea Within

La sensazione che regna al termine dell’ascolto di questo lavoro è che si sia persa l’occasione di dare alle stampe qualcosa di memorabile, derubricando invece il tutto ad un album di qualità sopra la media a livello tecnico, ma non altrettanto dal punto di vista dell’impatto emotivo.

I supergruppi sono da sempre croce e delizia per gli appassionati, perché se è  vero che l’unione di più talenti può fornire frutti prelibati, oltre a convogliare sulla nuova creatura i fans delle band di provenienza degli artisti coinvolti, è anche innegabile che più di una volta la somma dei valori finisce per essere di gran lunga inferiore alle aspettative.

Per i The Sea Within possono rivelarsi valide entrambe le eventualità, a seconda di quale sia il background dell’ascoltatore e il musicista preferito tra quelli che fanno parte del progetto in questione.
Intanto partiamo con il dire che la band è a trazione per lo più svedese, essendo nata dalla fervida ed instancabile mente di Roine Stolt (The Flower Kings, Transatlantic, tra gli altri), il quale ha chiamato a sé un altro gigante della scena come Daniel Gildenlow (Pain Of Salvation) oltre ad un suo fedele sodale come Jonas Reingold al basso, due musicisti statunitensi di sicuro spessore come Tom Brislin (tastierista che ha suonato dal vivo con Yes, Camel e Meat Loaf) e l’altro vocalist Casey McPherson (Flying Colors), ed il tedesco ma ormai americano d’adozione Marco Minneman, batterista del quale non citiamo le innumerevoli e proficue collaborazioni per problemi di spazio …
Con un tale spiegamento di forze, The Sea Within non può che risultare un buonissimo album progressive, più vicino però ai The Flower Kings che non ai Pain Of Salvation, per essere chiari, e questo alla fine può diventare lo spartiacque per quanto riguarda il gradimento del lavoro: l’interpretazione del genere più soffusa, e spesso contigua ad un raffinato pop di Stolt, ha per lo più il sopravvento sull’enfasi e sull’emotività di Gilldenlow, il quale offre la solita prestazione maiuscola nei due brani più belli per distacco dell’album, l’opener Ashes Of Dawn, splendida traccia nella quale i King Crimson paiono unirsi carnalmente con i Pain Of Salvation, e la chiusura del secondo cd intitolata Denise, canzone struggente nella quale il vocalist offre un’interpretazione da brividi.
Il resto del lavoro, che consta appunto di due cd (con il primo che si attesta attorno ai cinquanta minuti ed il secondo pari più o meno alla metà), si snoda in maniera soddisfacente seppure non esaltante, con qualche guizzo di classe piazzato qua là (notevoli anche la vorticosa e jazzata An Eye For An Eye For An Eye, l’intensa Goodbye, una delle tre canzoni interpretate da McPherson, e la composita benché forse un po’ troppo diluita Broken Cord, nella quale la convivenza tra i due cantanti appare piuttosto efficace).
Se aggiungiamo anche la presenza in qualità di ospiti di Jon Anderson e Jordan Rudess (invero entrambi coinvolti in maniera piuttosto marginale) e del bravissimo Rob Townsend (Steve Hackett) con il suo sax, non manca proprio nulla, sulla carta, per rendere questa opera prima dei The Sea Within un qualcosa di irrinunciabile: in realtà, l’assenza che più si nota è quella di almeno altrettante canzoni dall’incisività pari a quelle citate, a favore di una levità ed eleganza che sovente rappresentano pregio e difetto di parte delle produzioni di Roine Stolt, senza che questo sminuisca il suo meritato status di grande musicista (ci mancherebbe altro).
Come detto, deriva forse più dal mio amore per i Pain Of Salvation la sensazione che in questo lavoro si sia persa l’occasione di dare alle stampe qualcosa di memorabile, derubricando invece il tutto ad un album di qualità sopra la media a livello tecnico, ma non altrettanto dal punto di vista dell’impatto emotivo.
The Sea Within comunque farà senz’altro breccia nel cuore dei molti estimatori dei musicisti coinvolti; resta da vedere se il progetto avrà un suo seguito (oltre al programmato tour che vede, però, l’assenza di Gildenlow sostituito in toto da McPherson): se così sarà, allora penso che, aggiustando un po’ il tiro, l’auspicato capolavoro possa vedere davvero la luce.

Tracklist:
Disc ONE:
1 Ashes Of Dawn
2 They Know My Name
3 The Void
4 An Eye For An Eye For An Eye
5 Goodbye
6 Sea Without
7 Broken Cord
8 The Hiding Of Truth

Disc TWO:
The Roaring Silence
Where Are You Going?
Time
Denise

Line-Up:
Marco Minneman: Drums, Percussion, Vocal, Guitar
Jonas Reingold: Bass
Tom Brislin: Keyboards,Vocals
Roine Stolt: Guitars,Vocals, Add. keyboards
Daniel Gildenlow: Vocals & additional guitar
Casey McPherson: Vocals (Broken Cord, The Hiding of Truth, Goodbye)

Guests:
Jon Anderson: Vocals (Broken Cord)
Jordan Rudess: Grand Piano (The Hiding of Truth)
Rob Townsend: Soprano Saxophone (The Ashes of Dawn)

THE SEA WITHIN – Facebook

 

SHOULDERCRUSHER METAL FEST IV

Per il quarto anno consecutivo torna lo SHOULDERCRUSHER METAL FEST, il festival più rumoroso del Val di Noto, questa volta in partnership con Tifone Crew. Come simbolo dell’unità siciliana (e non) sotto la musica, lo Shouldercrusher si dividerà in tre serate e tre location diverse, ospitando band provenienti dalle varie province isolane.

Il primo appuntamento è fissato per il 31 agosto 2018 in Piazza Mediterraneo a Marina di Modica (RG) con BuiOmegA, Saint Helens Project, Trilobite e Wildfire per una serata all’insegna della heavy music nelle sue diverse sfumature, simbolicamente portata nel contesto inusuale della piazza di una località balneare siciliana.

La piazza è circondata da locali in cui poter servirsi di food & beverage. Saranno presenti all’evento i motoclub Gladiatores, Bandidos e Motosicilia.

Di seguito tutti i dettagli e il flyer, con artwork a cura di Foco Rojo.
SHOULDERCRUSHER METAL FEST IV pt. 1 W/
WILDFIRE [Hard rock/glam metal, Ragusa]
https://www.facebook.com/wildfirerock/
TRILOBITE [Death metal, Modica (RG)]
SAINT HELENS PROJECT [Thrash/groove/death metal, Modica (RG)] – Debut show!
https://www.facebook.com/sthelensproject/
BUIOMEGA [Post/black/doom metal, Catania]
https://www.facebook.com/buiOmegametal/

31.08.2018
H 20.00
Piazza Mediterraneo, Marina di Modica (RG)

Powered by Shouldercrusher Team – Comune di Modica – Tifone Crew
Evento Facebook: https://www.facebook.com/events/248683749224463/
Tifone Crew: https://www.facebook.com/tifonecrew/
E-mail: tifonecrew@gmail.com
Shouldercrusher Metal Fest: https://www.facebook.com/shouldercrusher/

Bastian – Grimorio

Album da non perdere assolutamente, come del resto tutte le opere di questo nostro talento nostrano, Grimorio prende in parte le distanze dai precedenti lavori per una più accentuata vena doom, con il groove a prendere il sopravvento sul sound, ma risultando ugualmente un album di classico hard & heavy firmato Bastian.

Il chitarrista siciliano Sebastiano Conti torna con il quarto album della sua creatura, Bastian, da una manciata d’anni una delle migliori espressioni dell’hard & heavy classico, prima con l’esordio Among My Giants uscito autoprodotto nel 2014 e poi ristampato l’anno seguente dalla Underground Symphony, ed in seguito con Rock Of Daedalus e Back To The Roots, licenziato lo scorso anno.

Contornato nei vari album da una bella fetta di icone del genere come Michael Vescera, Mark Boals, Vinnie Appice, John Macaluso e Apollo Papathanasio, il chitarrista nostrano si affida questa volta a nuovi musicisti come James Lomenzo al basso (Ozzy Osbourne, Megadeth, Black Label Society), Federico Paulovich (Destrage) alla batteria e al cantante danese Nicklas Sonne (Defecto, Theory), formando un quartetto compatto e più vicino al concetto di vera e propria band.
Grimorio porta con sé una sterzata stilistica importante, con il gruppo che ci sbatte sul muso dieci pezzi di granito hard rock dalle chiare influenze sabbathiane, non dimenticando che siamo nel 2018 e che il groove è diventato l’arma letale per sfondare con forza bruta i cuori dei rockers odierni.
Black Sabbath da una parte e Black Label Society dall’altra, un mix letale di hard groove rock che non dimentica la lezione di chi fino ad ora era stato ispirazione importantissima per la musica dei Bastian, ovvero i Led Zeppelin ed il loro hard blues.
Si parte da qui per un altro ottimo lavoro, tutto cuore, passione, sudore e talento, con la chitarra di Conti che segue le coordinate tracciate da quel mostro di Zakk Wylde, nel genere il miglior chitarrista vivente, per un lotto di brani in cui regna sua maestà il riff.
Le prestazioni singole sono eccezionali: James Lomenzo e Federico Paulovich formano una sezione ritmica tellurica, Nicklas Sonne si dimostra cantante di razza e Conti, senza strafare, conferma la sua bravura alla sei corde, uscendo ancora una volta vincitore con mazzate inferte senza pietà come l’opener Pale Figure che dà il via alle danze con la sua maestosa ed oscura atmosfera doom.
Ancora il blues acido di The Trip, l’hard & heavy sabbathiano era Dio di Southern Tradition, lo splendido hard rock di The Time Has Come, la danza psichedelica Epiphany’s Voodoo e la conclusiva Fallen Gods contribuiscono a fare di Grimorio un mastodontico pezzo di meteorite in caduta libera sul pianeta Terra.
Album da non perdere assolutamente, come del resto tutte le opere di questo nostro talento nostrano, Grimorio prende in parte le distanze dai precedenti lavori per una più accentuata vena doom, con il groove a prendere il sopravvento sul sound, ma risultando ugualmente un album di classico hard & heavy firmato Bastian.

Tracklist
01.Pale Figure
02.Sly Ghost
03.The Trip
04.Infinite Love
05.It’s Just A Lie
06.Southern Tradition
07.The Time Has Come
08.Epiphany’s Voodoo
09.Black Wood
10.Fallen Gods

Line-up
Sebastiano Conti – Guitar
Nicklas Sonne – Vocals
James Lomenzo – Bass
Federico Paulovich – Drums

BASTIAN – Facebook

Adfail – Poetry Of Ruins

Nel complesso l’ep finisce per incidere meno del dovuto: gli otto brevi brani faticano a farsi ricordare dando l’impressione d’essere al cospetto di un lavoro interlocutorio, che arriva dopo quattro anni nel corso dei quali gli Adfail non sembrano aver fatto quei progressi che sarebbe stato lecito attendersi.

I russi Adfail, dopo due discreti lavori si lunga distanza, si ripresentano con questo ep di otto brani intitolato Poetry Of Ruins.

Il gothic doom della band di Kaliningrad è apprezzabile, per quanto nella media, ma si porta dietro diverse zavorre tra le quali un apporto vocale femminile che spezza in maniera irrimediabile il buon pathos creato dal connubio tra il growl maschile e le melodiche atmosfere, spesso punteggiante da un ottimo lavoro degli strumenti ad archi.
L’opener Ode evidenzia subito questo aspetto, rivelandosi un brano notevole nel quale il forzato inserimento di una voce da soprano (neppure eccelsa) ha, appunto, l’effetto di rompere il ritmo inficiando il buon incedere del brano.
Il genere, nell’interpretazione degli Adfail, è piuttosto orecchiabile e ricco di buone intuizioni, ma come tanti altri anche questi ragazzi russi non riescono a sottrarsi a quello che, a mio avviso, è più un pedissequo tentativo di seguire una moda che non una reale necessità; detto ciò, Poetry Of Ruins si snoda non senza intoppi, specialmente quando la band prova dei cambi di ritmo dei quali, anche in questo caso, non si sentiva affatto la mancanza.
Il gothic doom, in fondo, non è neppure una materia così difficile da interpretare, a patto di non complicarla eccessivamente: quando si trova una buona chiave melodica non c’è bisogno di avvitarsi in soluzioni volte solo a far perdere il filo conduttore a chi ascolta.
Emblematico è il caso di un brano come Escape, che parte abbastanza bene ed è più grintoso di altri, ma viene inopinatamente trasformato in un pastrocchio di difficile decrittazione, con tanto di improbabile finale arabeggiante.
Nel complesso l’ep finisce per incidere meno del dovuto: gli otto brevi brani faticano a farsi ricordare (tranne appunto la già citata Ode) dando l’impressione d’essere al cospetto di un lavoro interlocutorio, che arriva dopo quattro anni nel corso dei quali gli Adfail non sembrano aver fatto quei progressi che sarebbe stato lecito attendersi.

Tracklist:
1. Ode
2. After Apostasy
3. Beautiful Dawn
4. Escape
5. I Am the Sun
6. Fairytale
7. Snow

Line-up:
Alexander Popovich – guitar, vocals, lyrics, music
Miron Kosciukow – viola, arrangements
Alexander Konshen – bass
Dmitry Belunkin – keyboards
Nikolay Utkin – drums
Vladislav Nikolaenko – guitars
Yulia Alymova – vocals, keyboards

Guest musicians:
Victoria Kirillova – soprano
Nikita Bezukladnikov – guitars, arrangements, recording, mixing, mastering

ADFAIL – Facebook

 

Pentarium – Zwischenwelt

I Pentarium licenziano un lavoro convincente, ispirato dalla scena scandinava e pregno di atmosfere ombrose, che nei brani cantati in tedesco accentuano la vena gotica e marziale di cui si ammantano le varie tracce.

Con i Pentarium siamo al cospetto di un melodic death metal scandinavo ma in arrivo dalla Germania, cantato sia in lingua madre che nel classico idioma inglese: un concentrato di metal estremo nel quale melodie oscure, cavalcate selvagge e più moderni synth costituiscono la struttura portante del sound di Zwischenwelt, secondo album della band in uscita per Boersma Records.

Il gruppo licenzia così un lavoro convincente, ispirato come scritto dalla scena scandinava e pregno di atmosfere ombrose, che nei brani cantati in tedesco accentuano la vena gotica e marziale di cui si ammantano le varie tracce.
Buono l’uso della doppia voce, con un growl profondo a giocare con lo scream, mentre si viaggia ad andatura sostenuta con synth e tastiere che fanno da tappeto alle scorribande death metal del sestetto.
Dark Tranquillity e Scar Symmetry sono le band che più si avvicinano al combo tedesco, sia come impatto che nell’uso delle atmosfere che non lasciano trapelare un raggio di luce dall’oscurità che avvolge l’album.
Tra i brani spiccano l’opener 13, Abschied, le melodie tragiche di Wo Worte Wersagen, con i tasti d’avorio a ricamare armonie melanconiche, mentre in Dämon il synth porta con sé un’anima black, prima che il refrain torni sui binari del death melodico.
Vor Dem Sturm, cantata in tedesco e con la voce pulita, è la degna chiusura dark rock di questo gioiellino oscuro che consigliamo a tutti gli amanti del metal estremo, melodico e dalle tinte dark/gothic, bellissimo nei momenti in cui l’anima melodrammatica insita nella tradizione germanica prenda il sopravvento sulla parte più ispirata al melodic death metal.

Tracklist
1.13
2.Nekropolis
3.Flames
4.Rise of the Outer Gods
5.Abschied
6.Stare into Darkness
7.Wo worte versagen
8.Memoria
9.Dämon
10.Beyond
11.Nordlicht
12.Vor dem Sturm

Line-up
Carsten Linhs – Vocals
Hendrik Voss – Guitars
Florian Jahn – Guitars
Fabian Laurentzsch – Bass
Philip Burkhard – Keyboards/Synths
Max Peev – Drums

PENTARIUM – Facebook

ERA OF DISGUST

Il videoclip di “Broken Shoulder”, dall’ep “Teratogenesi”.

Il videoclip di “Broken Shoulder”, dall’ep “Teratogenesi”.

La band deathcore italiana Era of Disgust ha pubblicato il singolo e videoclip ufficiale della canzone “Broken Shoulder”, tratta dal loro nuovo EP intitolato “Teratogenesi”. Di seguito trovate info, link youtube di “Broken Shoulder”, tracklist e cover artwork di “Teratogenesi”:

Recorded, Mixed and Mastered by Federico Vese.

Video Directed by: VISCO_STUDIO_PRODUCTION https://www.facebook.com/viscostudio

Actors: Lisa Audisio Saverio Bello

Era Of Disgust – Facebook: https://www.facebook.com/eraofdisgust/

2018© ERA OF DISGUST

Tracklist:
1.Black Haze
2. Drowning
3. Infernal mood
4. P.O.V. (Point of view)
5. Broken shoulder

This Void Inside – My Second Birth/My Only Death

Se siete amanti del gothic metal come dal più tradizionale dark rock, My Second Birth/My Only Death risulta un album molto suggestivo, in grado di mantenere un’alta qualità per tutta la sua durata e conseguentemente l’attenzione di chi ascolta.

Il dark rock ha sempre mantenuto un orgoglioso distacco dalle sonorità e dall’approccio metal almeno per tutti gli anni ottanta, più vicino per molti aspetti alla new wave.

Poi con l’arrivo dell’ultimo decennio del vecchio millennio, il successo del gothic metal ed i riferimenti alle band storiche del genere (i più gettonati sono Depeche Mode e Sisters Of Mercy) da parte di molte band metal, ha portato ad una più stretta vicinanza tra le sonorità notturne che vanno per la maggiore come dark, gothic e symphonic metal.
I romani This Void Inside fanno parte di quelle band che hanno sviluppato il proprio suono rimanendo legati ad un approccio più classico al genere, anche se non possono certo essere considerati un gruppo vintage così come neppure prettamente metal.
Gothic dark rock, quindi, dall’alto appeal e dalle ottime melodie, messe in risalto dalla sempre presente componente elettronica che rende il sound assolutamente perfetto per i club mitteleuropei, e di conseguenza dal respiro internazionale.
La band nasce nel 2003 come one man band dell’ex frontman dei My Sixth Shadow, Dave Shadow, in seguito trasformatasi in un gruppo a tutti gli effetti: My Second Birth/My Only Death è il secondo lavoro in uscita per Agoge Records, successore del debutto intitolato Dust uscito ormai dieci anni fa.
I This Void Inside sono fprmati da appunto Dave Shadow (voce, synth e programming), Saji Connor (basso), Frank Marrelli e Alberto Sempreboni (chitarre) e Simone “Some” Gerbasi (batteria), all’album hanno contribuito in veste di ospiti su di un brano, Max Aguzzi (Dragonhammer) e Diego Reali (ex DGM, Hevidence), mentre la produzione è stata affidata al boss della label Gianmarco Bellumori.
L’album è un ottimo esempio di gothic dark rock, tra tradizione e moderni spunti avvicinabili al metal, specialmente nei suoni delle chitarre a tratti granitici, mentre le splendide linee vocali, i cori e i refrain dall’appeal considerevole aiutano il fluido scorrere delle note romantico/notturne create dal gruppo; i brani sono caratterizzati da atmosfere che si insinuano nella testa, fluide ed eleganti, tra parti sintetiche e altre più rock creando la giusta alternanza tra le sfumature principali che animano il sound di brani come Relegate My Past, Trapped in a Daze, Losing My Angel e la teatrale The Artist and the Muse (dove compare un recitato in lingua madre).
Se siete amanti del gothic metal come dal più tradizionale dark rock, My Second Birth/My Only Death risulta un album molto suggestivo, in grado di mantenere un’alta qualità per tutta la sua durata e conseguentemente l’attenzione di chi ascolta: le band di riferimento che escono allo scoperto tra le trame del disco dipendono molto dal background di ognuno di voi, non resta che scoprirle senza indugi.

Tracklist
01. My Second Birth / My Only Death (Intro)
02. Betrayer MMXVIII
03. Relegate My Past
04. Memories’ Dust
05. Trapped In A Daze
06. Here I Am
07. Another Fucking Love Song
08. Losing My Angel
09. Meteora
10. Ocean Of Tears
11. All I Want Is U
12. Break Those Chains
13. The Artist And The Muse (Bonus Track)
14. Downtrodden (Bonus Track)

Line-up
Dave Shadow – Vocals,synths & programming
Saji Connor – Bass and backing vocals
Frank Marrelli – Lead guitars
Alberto Sempreboni – Rhythm guitars
Simone “Some” Gerbasi – Drums

THIS VOID INSIDE – Facebook

Eidulon – Combustioni

Combustioni è un lavoro di enorme pregio, che merita l’attenzione di un gran numero di appassionati nonostante la naturale ritrosia da parte di qualcuno nel lasciarsi piagare le carni dalle sonorità aspre e profonde messe in campo da Gemelli.

La sperimentazione ha un senso solo quando non è fine a sé stessa, su questo non ci sono dubbi: solo se vengono rispettate tali condizioni anche le sonorità più ostiche hanno la possibilità di ottenere la giusta attenzione da parte di una fascia di ascoltatori,dotata comunque di un’attitudine all’ascolto non comune.

Il progetto denominato Eidulon possiede tutti questi crismi, forse perché nonostante una lungo silenzio l’ottimo Francesco Gemelli (che molti conosceranno anche per il suo prezioso operato in qualità di grafico) dimostra una padronanza totale della materia, modellandola e piagandola alle proprie esigenze, sfruttando al meglio in tal senso il contributo degli ospiti chiamati a collaborare alla riuscita di Combustioni.
L’album è un contenitore colmo di materia pericolosa ed instabile, sotto forma ora di dark ambient, ora di un industrial dalle sfumature apocalittiche; il tratto comune del lavoro è, però, un incedere talvolta solenne che viene sfregiato dalle prestazioni vocali di ospiti di primo piano come Nordvagr (MZ.412) e Luca Soi, il cui apporto si rivela senz’altro attrattivo anche per gli appassionati di doom, senza dimenticare il significativo apporto fornito da altri nomi di spessore quali Kammarheit, Caul e Naxal Protocol.
Indubbiamente , se il brano che vede all’opera uno dei protagonisti dell’epopea della Cold Meat Industry (A Shimmer In The Void), si rivela una delle massime espressioni possibili che si possano esibire in quest’ambito, non è certo da meno una traccia a dir poco impressionante come Grande Rosso, nella quale Luca Soi abbandona le tonalità evocative utilizzate nel recente capolavoro dei Void Of Silence per ergersi sinistro nel declamare un testo in lingua madre al di sopra di un tappeto sonoro altamente minaccioso.
L’organo che si insinua tra le pieghe The Hierarchy Of The Inner Planes (ancora con Nordvagr e con il fattivo contributo di Naxal Protocol) è qualcosa di destabilizzante, così come l’instabile quiete evocata dai vocalizzi di Soi in Immanence, dove spicca l’apporto di Brett Smith (Caul).
Kammarheit non può che essere chiamato in causa nella traccia più canonicamente dark ambient del lotto, Averni Flammas Transivi, mentre i due brani del tutto appannaggio di Gemelli aprono e chiudono il lavoro in maniera esemplare, con In Igne Revelabitur, dal riferimento nel titolo al quel fuoco che è una sorta di filo conduttore del disco, dedicato all’artista Alberto Burri capace di utilizzare appunto questo elemento come pennello (la magnifica copertina richiama il tutto in maniera eloquente), e con Stratificazione Settima, superbe prove di dark ambient disturbante e allo stesso tempo avvolgente.
Combustioni è un lavoro di enorme pregio, che merita l’attenzione di un gran numero di appassionati nonostante la naturale ritrosia da parte di qualcuno nel lasciarsi piagare le carni dalle sonorità aspre e profonde messe in campo da Gemelli.

Tracklist:
1.In Igne Revelabitur
2.A Shimmer In The Void (feat. Nordvargr)
3.Grande Rosso (feat. Luca Soi)
4.Averni Flammas Transivi (feat. Kammarheit)
5.The Hierarchy Of The Inner Planes (feat. Naxal Protocol & Nordvargr)
6.Immanence (feat. Caul & Luca Soi)
7.Stratificazione Settima

EIDULON – Facebook

ShakesnaKe – Dynamite

Dynamite è composto da quattro brani diretti e senza fronzoli, quattro scariche adrenaliniche che accomunano per ispirazione varie icone del genere: di Motley Crue agli Skid Row, dai Twisted Sister ai Kiss, per un sentito e riuscito tributo ad uno dei periodi più splendenti per la nostra musica preferita.

L’hard rock stradaiolo proveniente dal Sunset Boulevard in quel di Los Angels tra i colori accesi degli spandex di metà anni ottanta, continua ad ispirare le nuove generazioni in un continuo party, relegato ormai all’underground ma in grado di smuovere montagne a colpi di adrenalinico rock’n’roll.

La Volcano Records, giovane label con un occhio di riguardo per le sonorità hard rock, licenzia Dynamite, nuovo esplosivo ep dei milanesi ShakesnakE, quintetto lombardo capitanati dal chitarrista e fondatore Roxy Snake.
Attivo dal 2013 e con qualche cambio nella line up da archiviare, il gruppo si presenta con un bagaglio di esperienza da cover band dei nomi classici dell’hard/street rock ottantiano e da qui prende spunto per creare il proprio sound.
Dynamite è composto da quattro brani diretti e senza fronzoli, quattro scariche di elettricità che accomunano per ispirazione varie icone del genere: dai Motley Crue agli Skid Row, dai Twisted Sister ai Kiss, per un sentito e riuscito tributo ad uno dei periodi più splendenti per la nostra musica preferita.
Si preme play e I Still Carry On vi catapulta direttamente sulle strade luccicanti davanti ad uno dei tanti locali che resero la città degli angeli la mecca per i rockers dai capelli cotonati; Same Old Shit conferma le prime impressioni destate dall’opener: gli ShakesnakE si presentano come belve affamate, azzannano e strappano carni con riff scolpiti sui muri del Whiskey a Go Go, attitudine e passione che esce prepotentemente da ogni nota di Lady Dynamite e dalla conclusiva Like A Loaded Gun.
Un cantante dotato di un timbro metal (Riky”basto” Snake) imprime una grinta heavy da non sottovalutare e, come il titolo promette, il lavoro risulta una piccola bomba pronta ad esplodere.
In attesa di sviluppi discografici sulla lunga distanza, Dynamite si può certamente considerare un biglietto da visita di tutto rispetto per gli ShakesnakE.

Tracklist
1. I Still Carry On
2. Same Old Shit
3. Lady Dynamite
4. Like A Loaded Gun

Line-up
Roxy Snake- rythm guitar and backing vocals
Riky”basto” Snake-vocals
Red Snake-lead guitar
Lixxy Snake- bass
J.J. “bala”Snake-Drums

SHAKESNAKE – Facebook

ISA – Chimera

Un lavoro che affiora come una piacevole sorpresa dall’underground estremo e che merita di non essere ignorato.

Nell’ultimo anno le uscite estreme di stampo progressivo ed ultra tecnico non mi avevano impressionato un gran che.

A parte i lavori sempre più importanti della frangia progressiva del metal estremo scandinavo, come Barren Earth o Leprous, o quelle che hanno investito il mercato di sublime qualità e provenienti dalla lontana India (Demonic Resurrection e Fragarak), le tante opere che sono arrivate in redazione per quanto riguarda il genere hanno lasciato l’amaro in bocca per un songwriting soffocato dalla ossessiva ricerca del funambolico tecnicismo fine a se stesso.
Questa one man band statunitense chiamata ISA, realtà progressiva appannaggio del polistrumentista e compositore Dan Curhan, invece, riesce nel non facile intento di regalare agli amanti del metal estremo progressivo un’opera che torna a dare importanza alla forma canzone, in un’emozionante saliscendi di note estreme, jazz e deliberatamente psichedeliche.
Nove movimenti più intro ed outro, nove brani costruiti su stratificazioni musicali che vedono il death metal come base solida su cui lavorare, tra sperimentazioni e psychedelic rock d’avanguardia, un sodalizio riuscito tra metal estremo e un unione di stili che si può sicuramente chiamare rock, ma che trova nell’anima sperimentale dei Cynic la sua naturale ispirazione.
Si sale sull’ottovolante ISA per non fermarsi più, almeno per una quarantina di minuti, tra tecnica sopraffina ma elegante, sfuriate ritmiche ed atmosfere che alleggeriscono la pressione, ma non la tensione come se si aspettasse che qualcosa accada, da un momento all’altro (Freedom).
Splendidi i ricami progressivi sulla notevole Heathens e spettacolari le corse sullo spartito della feroce Evil, un paio di brani che risultano il perfetto sunto di quello che ha composto Dan Curhan.
Un lavoro che affiora come una piacevole sorpresa dall’underground estremo e che merita di non essere ignorato.

Tracklist
1.[dusk]
2.STAGE I – Descent
3.STAGE II – Fear
4.STAGE III – Heathens
5.STAGE IV – Evil
6.STAGE V – Reflection
7.STAGE VI – Lust
8.STAGE VII – Freedom
9.STAGE VIII – Ocean
10.STAGE IX – Recursion
11.[dawn]

Line-up
Dan Curhan – Everything

ISA – Facebook

Teksti-TV 666 – Aidattu tulevaisuus

Il disco è frutto di una rara ispirazione, nel senso che questi ragazzi sono un amalgama difficilmente ripetibile: la loro musica genera un terremoto di meraviglia, con tanti generi che si fondono con l’obiettivo comune di portare l’ascoltatore in un altro luogo.

I finlandesi Teksti-TV 666 sono uno dei gruppi più interessanti e validi del panorama mondiale, e dovete sentirli per crederci.

Non fanno un genere ben preciso, a meno che non si trovi un nome per lo shoegaze che si fonde con il punk ed il garage, o per la psichedelia che diventa hardcore. Tutto ciò lo si era già sentito nel loro magnifico debutto del 2016, che li ha poi portati in giro con i Kvertelak, un altro gruppo eccellente e dalla difficile classificazione, e qui nella seconda opera raggiungono un livello ancora maggiore, se possibile. Questo disco non è un lp né un ep, ma un qualcosa che è atterrato sul nostro pianeta e che è un oggetto musicale non identificato. Dentro possiamo trovarci di tutto, dallo shoegaze pesante al surf che si dilata in un trip di dieci minuti, alla new wave che entra in territori nuovi ed inesplorati, il tutto distorto e suonato in una maniera inedita. I Teksti-TV 666 riescono a portare le contraddizioni in musica, ed in maniera assolutamente felice. Il disco è davvero difficile da descrivere, perché genera sensazioni molto forti che ognuno interpreterà in maniera diversa, ed è frutto di una rara ispirazione, nel senso che questi ragazzi sono un amalgama difficilmente ripetibile: la loro musica genera un terremoto di meraviglia, con tanti generi che si fondono con l’obiettivo comune di portare l’ascoltatore in un altro luogo. Non bisogna pensare tanto, ma lasciarsi trasportare da questo disco lasciandolo scorrere e, come un’esperienza sciamanica, lui verrà da voi e vi condurrà dove vorrà.

Tracklist
1 Turbo-Mondeo
2 Aidattu tulevaisuus
3 Rauhankone
4 Serverny
5 Katko

TEKSTI TV 666 – Facebook

THE ETERNAL

Il lyric video di ‘In the Lilac Dust’, dall’album ‘Waiting for the Endless Dawn’.

Il lyric video di ‘In the Lilac Dust’, dall’album ‘Waiting for the Endless Dawn’.

The Eternal have released the first single from their upcoming album ‘Waiting for the Endless Dawn’. ‘In the Lilac Dust’, which features the enigmatic voice of Mikko Kotamäki from Finnish doom legends Swallow The Sun, is available on all major online services such as Spotify, iTunes & Apple Music through Finnish Label Inverse Records. A Lyric video for the track can also be viewed at the Inverse Records youtube channel.

The current incarnation of the band featuring Mark Kelson (Alternative 4, Insomnius Dei, Cryptal Darkness), Martin Powell (My Dying Bride, Cradle of Filth, Anathema), Marty O’Shea (Dreadnaught) & Dave Langlands alongside the addition of renowned Australian guitarist Richie Poate (Dreadnaught). The band have spent over 3 years writing and recording what can be best described as the bands darkest & heaviest album to date.

Waiting For The Endless Dawn proves to be a heavy hearted, dark statement in the bands diverse and long career, which will see the band endeavouring to tour extensively and performing the album in it’s entirety in 2018 and beyond.

www.the-eternal.com
http://www.facebook.com/theeternal
http://theeternal.bandcamp.com
https://www.instagram.com/theeternalofficial/

Tragedia di Genova: adesione di MetalEyes al lutto cittadino indetto per il 15-16 agosto

Come molti di voi sapranno, lo staff e la maggior parte dei collaboratori di MetalEyes risiede a Genova.
Crediamo che la notizia del crollo del Ponte Autostradale Morandi, avvenuto oggi, abbia fatto il giro del mondo, lasciando attonito chiunque abbia compreso la portata di una tale tragedia.
E’ per questo che la redazione della webzine ha deciso di non pubblicare contenuti nei giorni 15 e 16 agosto, aderendo al lutto cittadino e onorando la memoria di tutte le persone che hanno visto troncata la loro esistenza a causa di un evento che mai dovrebbe verificarsi.

As many of you know, the staff and most of MetalEyes collaborators live in Genoa.
We think that the news of Morandi Motorway Bridge’s collapse, which happened today, has spread all over the world, leaving everyone astonished by the extent of this tragedy.
This is the reason why we decided to not publish reviews or articles on August 15th and 16th, adhering to the city’s mourning and honoring the memory of the people who lost their lives due to an event that should never happen.

Welcome Coffee – The Mirror Show

Bravi ed originali, gli Welcome Coffee danno vita ad un sound intrigante ed assolutamente fuori dai soliti cliché: la curiosità per una nuova prova sulla lunga distanza è davvero tanta.

Dietro il monicker Welcome Coffee troviamo cinque musicisti attivi nella scena alternativa di Trieste: la loro storia è fatta di un precedente ep (Box #2) uscito nel 2013, un primo full length (Uneven) licenziato nel 2015, uno scioglimento avvenuto dopo l’uscita dell’album ed un ritorno nel 2016.

The Mirror Show è il nuovo ep di cinque brani inediti con cui la band torna sul mercato cercando di rivedere i propri ed i nostri confini in materia musicale.
Un rock che si nutre di elettronica e rock alternativo, per poi evolversi in qualcosa di più progressivo e scivolare piano verso il rock made in Italy, se poi in tutto questo aggiungete una marea di piccoli ma importantissimi dettagli, allora il sound del gruppo diventa davvero originale, magari ostico se gli ascolti abituali sono appunto confinati ad un solo genere.
Stefano Ferrara al basso, Andrea Parlante alle tastiere, Davide Angiolini batteria, Andrea “Armando” Scarcia al microfono e Bill Lee Curtis alla chitarra, non si lasciano intimidire da barriere e catene: la musica viaggia libera tra funky, metal lampi di musica elettronica dura come l’acciaio forgiato dai Nine Inch Nails, per divertirsi con l’alternative rock dei Primus o dei geniali Faith No More e poi, come d’incanto, prendere una chitarra acustica, l’armonica e lasciare che la bellissima Come Potevo ci ricordi che anche il rock italiano degli anni novanta ha regalato grande musica (Timoria).
Se vi sembra che il sound racchiuso in questo lavoro metta troppa carne al fuoco, niente di più sbagliato, tutto funziona a meraviglia e la band ne esce vincitrice.
Bravi ed originali, gli Welcome Coffee danno vita ad un sound intrigante ed assolutamente fuori dai soliti cliché: la curiosità per una nuova prova sulla lunga distanza è davvero tanta.

Tracklist
Stefano Ferrara – Bass guitar
Andrea Parlante – Keyboards
Davide Angiolini – Drums
Andrea Scarcia – Vocals
Bill Lee Curtis – Guitars

Line-up
1.The Mirror Show
2.Doppelgänger
3.Come Potevo
4.116
5.Notte Araba

WELCOME COFFEE – Facebook

1968 – Ballads Of The Godless

Un album bellissimo, un trip claustrofobico ed ipnotico che si prende la scena di questa prima metà dell’anno per quanto riguarda le sonorità stoner.

Negli assolati meandri desertici dello stoner rock nascono e crescono realtà psichedeliche e vintage di grande spessore, molte volte nascoste nell’ombra dell’underground mondiale, ma pronte ad accendere la miccia che farà esplodere sonorità estremamente coinvolgenti come quello dei 1968, band proveniente dal Regno Unito, e del loro primo album sulla lunga distanza, Ballads Of The Godless.

La band, nata nel 2013, aveva legato il suo credo musicale a due ep, usciti tra il 2016 e il 2017 (1968 EP e Fortuna Havana) e ora, tramite la HeviSike Records, ci consegna questo macigno stoner psichedelico che, in quaranta minuti, ci porta nel deserto della Sky Valley anni prima del successo di Kyuss e compagnia, quindi negli anni settanta.
Ed infatti il sound del gruppo viaggia stordito da una serie di brani pesantissimi, pregni di danze rituali in nome di un hard rock dal retrogusto settantiano, psichedelico come quello suonato sul finire degli anni sessanta (da qui si può certo ricavare la scelta del monicker), strafatto di hard blues e psych rock.
Il quartetto di rockers britannici ci investe con tutta la sua potenza espressiva, il doom cerca di uscire alla luce, presente ma soffocato dalla presenza dell’hard rock e delle influenze che dagli anni settanta, arrivano sulla soglia dell’ultimo decennio del secolo scorso, tra Led Zeppelin e QOTSA, Black Sabbath e Sleep, in un vortice di rock dall’alto contenuto tossico e stordente.
Evocativo il canto, potentissima la base ritmica, drogati i riff di chitarra che compongono fumose canzoni come Devilswine, Temple Of The Acidwolf e Chemtrail Blues, sorta di No Quarter di zeppeliniana memoria suonata a cinquanta gradi in mezzo al deserto, e seguita dal superbo ed ipnotico blues di McQueen.
Un album bellissimo, un trip claustrofobico ed ipnotico che si prende la scena di questa prima metà dell’anno per quanto riguarda le sonorità stoner.

Tracklist
1.Devilswine
2.Screaming Sun
3.Temple of the Acidwolf
4.S.J.D.
5.Chemtrail Blues
6.McQueen
7.The Hunted
8.Mother of God

Line-up
Jimi Ray – Vocals
Sam Orr – Guitar
Tom Richards – Bass Guitar
Dan Amati – Drums

1968 – Facebook

DECAPITATED

Il video di ‘Kill The Cult’, dall’album “Anticult” (Nuclear Blast Records).

Il video di ‘Kill The Cult’, dall’album “Anticult” (Nuclear Blast Records).

I maestri del death metal polacco DECAPITATED hanno pubblicato un video del brano’Kill The Cult’.
La traccia è tratta dall’ultimo album “Anticult”, uscito il 7 Luglio 2017 su Nuclear Blast Records. Il clip è stato diretto da Lukasz Jaszak, che aveva precedentemente girato il video di ‘Never’ e creato la copertina degli ultimi tre album dei DECAPITATED.

Inoltre, la band ha annunciato nuove date in Europa.

10.08. NL Leeuwarden – Into the Grave
16.08. CZ Litomerice – Death Coffee Party
18.08. PL Cieszanow – Rock Festiwal
25.08. PL Walbrzych – Metal Mine
31.08. PL Lyski – Magia Rocka
01.09. PL Szczecinek – Materiafest
02.09. UK Edinburgh – Heavy Scotland
07./08.09. RL Beirut – Metal Fest
06.10. UK Brighton – Mammothfest
03.11. DK Aalborg – Metal Festival

“Anticult” – Balkan Tour 2018
w/ HATESPHERE, THY DISEASE + GRIMAZE + DEHYDRATED
06.11. CZ Ostrava – Barrak Music Club
07.11. CZ Brno – Melodka
08.11. H Budapest – Dürer Kert
09.11 AT Graz – Q Club
10.11. HR Rijeka – OKC Palach
11.11. SRB Novi Sad – Firchie Think Tank Studio
12.11. BG Sofia – Mixtape
13.11. BG Sofia – Mixtape 5
14.11. RO Bucharest – Quantic Club
15.11. RO Cluj-Napoca – Form Space
16.11. RO Timișoara – Capcana
17.11 SK Kosice – Collosseum
18.11. SK Bratislava – Randal Club

“Knock Out Tour 2018”
w/ FRONTSIDE, VIRGIN SNATCH, DROWN MY DAY

22.11. PL Poznan – u Bazyla
23.11. PL Gdansk – B90
24.11. PL Szczecin – Peron 5
25.11. PL Wroclaw – A2
29.11. PL Lodz – Scenografia
30.11. PL Warsaw – Progresja
01.12. PL Bialystok – Klub Gwint
02.12. PL Bydgoszcz – Estrada Stagebar
06.12. PL Krakow – Klub Kwadrat
08.12. PL Lublin – Club Graffiti
09.12. PL Katowice – Mega Club

Ordina subito “Anticult” qui: http://nblast.de/DecapitatedAnticultNB
Ordina “Anticult” in digitale o ascoltalo in streaming: http://nblast.de/DecapitatedDigital

Altro su “Anticult”:
‘Earth Scar’ OFFICIAL VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=yR7AnukIl8U
‘Never’ OFFICIAL VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=Dzsnunj-5gg
‘One Eyed Nation’ OFFICIAL TRACK: https://www.youtube.com/watch?v=2bMTPGl7DdY

I DECAPITATED sono:
Rafał Piotrowski | voce
Waclaw “Vogg” Kieltyka | chitarra
Hubert Wiecek | basso
Michal Lysejko | batteria

Maggiori info:
www.decapitatedband.net
www.facebook.com/decapitated
www.nuclearblast.de/decapitated

Pissboiler – Att Med Kniv Ta En Kristens Liv

Dopo soli tre anni di attività, i Pissboiler rappresentano una solida certezza con il loro personale suono opprimente, ma dalla forte connotazione catartica.

Intrigante e derivante da un fatto di cronaca nera è il concept dietro il nuovo EP dei Pissboiler, duo svedese di Smaland; dopo il full length del 2017 (In the lair of lucid nightmares) nel quale proponevano una personale visione di drone, sludge doom ora, sempre per Third I Rex ci propongono un ulteriore assaggio della loro arte che ci illustra in musica “the act of a murder” in cui due persone anziane sono assassinate nel loro letto ed i samples usati nel disco derivano interamente dai fatti accaduti.

Il primo brano En visa for Elden rappresenta il momento prima dell’omicidio e offre un continuo arpeggio colmo di attesa e ansia, soprattutto quando la componente drone del suono prende il sopravvento, prima di sfociare nella seconda traccia Att med kniv ta en kristens liv (to take the life of a Christian with a knife), dove si entra in zone non confortevoli, quando doom e drone collidono e si uniscono in modo del tutto insano, creando un’atmosfera ammorbante e opprimente portandoci in territori funeral doom malevoli e realmente disturbanti; disperazione e pena sono gli ingredienti principali del brano, mentre un growl cavernoso si insinua nei nostri gangli nervosi fino a scuoterli. Qui si rappresenta il momento del massacro e non ci può essere luce ma solo infinità oscurità. La terza parte Ett Avslut rappresenta “the aftermath, burning the corpses” e la tensione insostenibile del secondo brano si stempera in un rassegnato suono funeral colmo di disperazione. L’opera è molto intensa, con i Pissboiler che ci conducono in territori extreme doom che si evidenziano ulteriormente nella bonus track di ventisei minuti Monolith of Depression, tratta dallo split con i francesi Deveikuth, altri mostruosi manipolatori di materiali urticanti. In questo brano estenuante si amalgama e si sublima tutta l’arte funerea del duo che magistralmente fonde a temperature altissime fangosità sludge, lentezza doom e terrificante drone, in un risultato di alto livello in cui la disperazione tocca punte veramente laceranti; le chitarre sommerse da distorsioni e drone ci conducono con le loro melodie in zone sconosciute dei nostri sensi. Dopo soli tre anni di attività, i Pissboiler rappresentano una solida certezza con il loro personale suono opprimente, ma dalla forte connotazione catartica.

Tracklist
1. En visa för elden
2. Att med kniv ta en kristens liv
3. Pt II – Ett avslut
4. Monolith of Depression

Line-up
Karl Jonas Wijk – Drums
LG – Vocals (lead), Bass

PISSBOILER – Facebook

IMMORTAL

Il lyric video di ‘Mighty Ravendark’, dall’album “Northern Chaos Gods” (Nuclear Blast).

Il lyric video di ‘Mighty Ravendark’, dall’album “Northern Chaos Gods” (Nuclear Blast).

“Northern Chaos Gods” segna il ritorno alle radici della band. Le leggende norvegesi del black metal hanno svelato il secondo singolo, l’inno di nove minuti ‘Mighty Ravendark’, che non è solo il brano più lungo mai scritto dalla band, ma è stato anche definito dalla rivista tedesca Deaf Forever come “la migliore canzone degli IMMORTAL negli ultimi vent’anni”.

“Northern Chaos Gods” può essere pre-ordinato in svariati formati:
http://nblast.de/ImmortalNCG

Tracklist:

1. Northern Chaos Gods
2. Into Battle Ride
3. Gates To Blashyrkh
4. Grim and Dark
5. Called To Ice
6. Where Mountains Rise
7. Blacker Of Worlds
8. Mighty Ravendark

La line-up dell’album è la seguente:
Demonaz (voce, chitarra)
Horgh (batteria)
Peter Tägtgren (basso)

www.immortalofficial.com
www.facebook.com/immortalofficial
www.nuclearblast.de/immortal

Black Space Riders – Amoretum Vol.2

Nel suo complesso, anche questa seconda parte si porta a casa un giudizio positivo: anche se di difficile assimilazione il sound prodotto dai Black Space Riders troverà estimatori tra i fruitori del rock vintage.

Come avevano promesso, i rockers tedeschi Black Space Riders tornano, a distanza di pochi mesi dal primo capitolo, con Amoretum Vol.2.

Si continua a parlare di amore, oscurità e luce in un mastodontico lavoro di settanta minuti che è un viaggio nell’hard rock vintage, o se preferite nella New Wave of Heavy Psychedelic Spacerock, come la band definisce il proprio suono.
L’album è perfettamente in linea con il primo capitolo, con tutti i pregi e i difetti riscontrati qualche mese fa, quindi nulla cambia da Amoretum Vol.1, continuando la tradizione del gruppo (giunto al sesto album) nell’unire hard rock, space e psych rock e post punk.
Unendo i due album si parla di più di due ore di musica, un’opera monumentale che risulta a tratti prolissa e con soluzioni ripetute all’infinito, un difetto non marginale se consideriamo la natura rock’n’roll del sound creato dai Black Space Riders.
Come nel primo album, anche questa seconda parte vive così di alti e bassi con brani che si animano di un’urgenza punk rock come Assimilating Love, e altri nei quali le influenze tornano a far parlare di Pink Floyd e del David Bowie versione starman (Take Me To The Stars).
Comunque ricca di melodia, l’opera offre sicuramente una panoramica esaustiva sulle ispirazioni e sul credo musicale della band tedesca, assolutamente coraggiosa nel proporre un album di questa lunghezza in un genere e in anni nei quali il tempo per assimilare musica è ridotto all’osso dall’urgenza di un mercato schizofrenico.
Nel suo complesso, anche questa seconda parte si porta a casa un giudizio positivo: anche se di difficile assimilazione il sound prodotto dai Black Space Riders troverà estimatori tra i fruitori del rock vintage.

Tracklist
Chapter Three:
1. Before my eyes
2. LoveLoveLoveLoveLoveLoveLoveLove Love (Break the pattern of fear)
3. Walls away
4. Slaínte (Salud, dinero, amor)
5. Assimilating love

Chapter Four:
1. In our garden
2. Leaves of life (Falling down)
3. Body move

Chapter Five:
1. Take me to the stars
2. Ch Ch Ch Ch pt. I (The ugly corruptor)
3. Ch Ch Ch Ch pt. II (Living in my dream)

Chapter Six:
1. Chain reaction
2. No way
3. The wait is never over

Line-up
JE – lead vocals, guitars, keys, electronics
SEB – lead vocals, keys, percussion, electronics
C.RIP – drums, percussion, digeridoo
SLI – guitars
MEI – bass guitar

BLACK SPACE RIDERS – Facebook

Nightraid – Indians

I Nightraid non inventano nulla, ma prendono gli strumenti, accendono gli amplificatori e suonano del buonissimo hard rock con attitudine e passione, serve altro?

Sono passati quattro anni da quando vi avevamo parlato, in occasione dell’uscita del primo demo omonimo di quattro brani, dei rockers umbri Nightraid, tornati a risplendere con questo debutto sulla lunga distanza intitolato Indians.

Al timone troviamo sempre Andrea Cocciglio, cantante di razza con un passato death, ma assolutamente a suo agio alle prese con l’hard & heavy del gruppo che attinge a piene mani dalla tradizione nazionale (Pino Scotto, Strana Officina).
Nove brani cantati in italiano, nove adrenaliniche tracce dove l’hard rock trova la sua casa, quaranta minuti di musica dall’attitudine live, perfetta per palchi montati davanti a rockers motorizzati e della vecchia guardia, guerrieri indomiti che seguono la strada tracciata dai Nightraid.
Cocciglio asseconda la sua naturale somiglianza vocale con il grande Pino Scotto senza scimmiottarlo ma, con molti meno anni ed eccessi nell’ugola, affronta con grinta brani dall’ottimo impatto come l’opener Stand By, Bombe A Gaza e la super ballata Indians, dal blues che scorre tra le corde delle chitarre come sangue nella prateria.
Nightraid è l’inno del gruppo, mentre quale giusto tributo arriva la cover di uno dei brani più belli di Pino Scotto, la drammatica, intensa e tragica Dio Del Blues, con il rock’n’roll di Misteri e la dirompente Zasko a concludere in modo esplosivo questo ottimo lavoro.
I Nightraid non inventano nulla, ma prendono gli strumenti, accendono gli amplificatori e suonano del buonissimo hard rock con attitudine e passione, serve altro?

Tracklist
01.Stand By
02.Sinergie
03.Bombe a Gaza
04.Indians
05.Nightraid
06.Overcast
07.Dio del Blues (cover)
08.Misteri
09.Zasko

Line-up
Andrea Cocciglio – vocals
Andrea Assogna – guitars
Alessandro Assogna – guitars
Leonardo Paluzzi – bass
Andrea “Uora” Frabotta – drums

NIGHTRAID – Facebook