Assaulter – Meat Grinder

Un album che sprizza metal devastante e tripallico da tutti i pori, un altro lavoro convincente dalla sempre meno provinciale scena italiana.

Un altro gradito ritorno sulla scena metallica nostrana è quello dei pugliesi Assaulter, thrashers di Taranto che avevano rotto non poche teste con il primo ep, Crushed by Raging Mosh, uscito ormai sei anni fa.

Thrash metal dirompente, bilanciato tra tradizione americana ed europea, suonato e prodotto molto bene e, per questo, esplosivo il giusto per non fare prigionieri ma solo macerie.
Riff veloci e taglienti, tanta grinta che a tratti si trasforma in pura rabbia, ed una dose molto alta di adrenalina continuano ad essere le maggiori qualità del gruppo di Taranto, in guerra contro tutto e tutti con un approccio speed che ne rende appetibile il sound ai thrashers dai gusti classici ed old school.
Meat Grinder non lascia scampo, le tracce più veloci vengono rallentate e si trasformano in muri sonori, mentre il gruppo viene impossessato da uno spirito hardcore/punk nei quarantadue secondi della violentissima L.M.T., oppure quando il gioco al massacro è condotto dallo speed/thrash old school di Assaulter o Mind Control.
L’alternanza tra velocità e mid tempo risulta più marcato nelle tracce in cui il minutaggio si allunga, come in Terror World ed After The Countdown, anche se l’approccio al genere, per il gruppo è da guerra totale per tutta la durata dell’opera.
Meat Grinder è un album che i thrashers duri e puri troveranno perfetto, perché la band usa a suo piacimento tutti i cliché del genere con personalità e tecnica, affidandosi ad un suono esplosivo che trasporta l’ascoltatore, affascinato dal tagli di un lavoro curato nei minimi dettagli.
Un album che sprizza metal devastante e tripallico da tutti i pori, un altro lavoro convincente dalla sempre meno provinciale scena italiana.

TRACKLIST
1.Assaulter
2.Meat Grinder
3.Dead End Siding
4.Terror World
5.L.M.T.
6.Liesocracy
7.Mind Control
8.Pay to Play
9.After the Countdown
10.Bestial Vomit

LINE-UP
Paolo Iori – Guitars
Enzo – Vocals, Bass
Rodolfo – Drums
Gigi – Guitars

ASSAULTER – Facebook

Dustrider – Event Horizon

Le canzoni di Event Horizon superano di gran lunga la forma canzone e sono jam spirituali e spaziali, fumosamente particolari e molto godibili.

Viste le premesse e soprattutto i componenti questo debutto non poteva suonare diversamente.

I Dustrider vengono da Roma e fanno uno strumentale space stoner e molto più in là ancora. Il loro suono è un viaggio psichedelicamente distorto, un addentrarsi tra asteroidi e galassie immaginarie, per mezzo di potenti cavalcate sonore fatte di stoner metal pesante e fluttuante. I Dustrider sono il batterista Francesco “Krundaal” Romano (Riti Occulti and Jarman), il bassista Andrea “Keoma” Romano e il chitarrista Bruno “Brüno” Bellisario. Vorrei porre l’attenzione sui gruppi dove milita il batterista Francesco Romano, perché nei loro distinti campi sono due realtà eccellenti, e anche gli altri due componenti non sono da meno. Il disco è quindi nato sotto ottimi auspici, per poi venire fuori anche meglio. L’ ipnosi strumentale che ci regalano i Dustrider è molto ampia e ci offre una gamma pressoché infinita di generi, dallo space al desert, a momenti maggiormente psichedelici e sognanti, però sempre con la distorsione inserita e, cosa ancora più importante, volendo sempre esprimere canzoni e momenti in uno stile molto ben definito. Le canzoni di Event Horizon superano di gran lunga la forma canzone e sono jam spirituali e spaziali, fumosamente particolari e molto godibili. Un gruppo molto al di sopra della media .

TRACKLIST
1. Warped
2. Cosmo
3. They Live!
4. Fallout Criminal
5. Agartha
6. Stratosphere
7. Event Horizon
8. Ultima IV
9. Dust Devil

LINE-UP
Bruno ‘Brüno’ Bellisario – Guitar
Andrea ‘Keoma’ Romano – Bass
Francesco ‘Krundaal’ Romano – Drums

DUSTRIDER – Facebook

Necromutilator – Ripping Blasphemy

Dalla fredda e nebbiosa pianura mantovana arrivano i Necromutilator, trio diabolico al servizio dell’oscuro signore attivo dal 2009 e con un paio di lavori alle spalle: il demo The Devil Arisen del 2011 ed il full length Eucharistic Mutilations, uscito tre anni fa.

Tornano con Ripping Blasphemy, ep di quattro brani licenziato dalla Terror From Hell, quindici minuti di metal estremo oscuro e malato, tra death, black e thrash old school.
Un’atmosfera malsana accompagna tracce malefiche come la title track, brano dall’impronta death metal con una forte anima black, mentre Exhorted Sacrifice si avvicina al mood del thrash vecchia scuola.
Un sound senza compromessi, che vuole rappresentare il puro male in musica, è quello che accompagna i tre diabolici musicisti (P. voce e chitarra, R. batteria e E. al basso) nel loro glorificare la morte e la malvagità a colpi di death/thrash/black ispirato da Morbid Angel, Venom e primi Darkthrone.
I Necromutilator si confermano una band da seguire per i fans del metal estremo più nero ed abissale .

TRACKLIST
1.Ripping Blasphemy
2.Exhorted Sacrifice
3.Unholy Semen of Doom
4.Gate to Eternal Possession

LINE-UP
P – Vocals, Guitars
R – Drums
E – Bass

NECROMUTILATOR – Facebook

Hot Cherry – Wrong Turn

Non così scontato come potrebbe sembrare ad un primo approccio, Wrong Turn si fa apprezzare per la sua energia e per quell’atmosfera sanguigna e vera che è alla base della riuscita di un album del genere.

Wrong Turn è il primo lavoro dei toscani Hot Cherry, uscito qualche mese fa autoprodotto ed arrivato a MetalEyes tramite l’etichetta napoletana Volcano Records, che si è aggiudicata le prestazioni del gruppo del cantante Jacopo Mascagni.

La band nasce nel 2009, ma purtroppo, dopo l’uscita del singolo Scar In The Brain, nel 2013 si scioglie, con il cantante che di fatto rimane l’unico componente e, non arrendendosi, comincia il reclutamento di nuovi componenti.
Nel corso degli anni gli sforzi per dare una nuova vita al gruppo vengono ripagati e con la formazione al completo vede la luce Wrong Turn, una mazzata di metal/rock, dal groove micidiale, potente e dall’anima thrash.
Jacopo Mascagni viene così raggiunto da Nik Capitini e Luca Ridolfi alle chitarre, Kenny Carbonetto al basso e Stefano Morandini alle pelli, e insieme danno vita a questa mezz’ora di muro sonoro che non lascia dubbi sull’impatto di questa nuova formazione e del suo sound, vario nel saper pescare da vari generi, senza mai abbandonare la strada del metal moderno ricco di groove e di un pizzico di pazzia rock ‘n’ roll.
Mascagni canta come se non ci fosse un domani, le frustrazioni passate vengono riversate su nove tracce che non lasciano respiro fin dall’opener Anonymous: una mazzata senza soluzione di continuità tra hard rock, groove, stoner rock, ed attitudine thrash ‘n’ roll che si evince dal singolo Scar In The Brain, dalla mastodontica Craven e dalla devastante Call To The Void.
Non così scontato come potrebbe sembrare ad un primo approccio, Wrong Turn si fa apprezzare per la sua energia e per quell’atmosfera sanguigna e vera che è alla base della riuscita di un album del genere.
Immaginatevi una jam tra i Pantera, gli Anthrax, i Corrosion Of Conformity e i Beautiful Creatures ed avrete un’idea della proposta degli Hot Cherry, non male davvero.

Tracklist:
1.Anonymous
2.8000 HP
3.Scar In The Brain
4.Narrow Escape
5.Craven
6.On Your Own
7.Call To The Void
8.Modern Vampire
9.Bloody Butterfly

Line-up:
Jacopo Mascagni – Vocals
Nik Capitini – R&L Guitars
Luca Ridolfi – R Guitars
Kenny Carbonetto – Bass
Stefano Morandini – Drums

HOT CHERRY – Facebook

Hesperia – Caesar. Roma Vol. I

Mai ovvio e sempre interessante, Caesar, primo disco di una serie dedicata a Roma, rappresenta una delle punte più alte del metallo italiano, che definire tale è molto riduttivo.

Sesto disco per questo progetto solista attivo da molti anni. Lo scopo di Hesperia è di fare metallvum italicvm come afferma lui stesso, cercando di concepire una via italica al pagan metal vicino al black.

Il suono di questo concept album sulla vita di Giulio Cesare è molto più sfaccettato, e partendo dal pagan si avvicina molto al metal nella sua accezione più folk, perché qui oltre alla musica c’è molto da dire e scoprire. Hesperia parte da lontano, a cominciare dal nome che è quello antico della nostra penisola, in un fulgido passato pagano che abbiamo dimenticato in fretta abbagliati dalle falsità cristiane. Il disco, dal punto si vista musicale, è una minuziosa ricerca di un suono che sia solennemente adatto a far risuonare questa storia, che è speciale e non può essere raccontata senza l’ausilio di un metal speciale. Hesperus è un musicista di talento e trova sempre un’adeguata impalcatura sonora a testi molto belli che mostrano la storia sotto il punto di vista dei protagonisti, facendo rivivere e sanguinare la storia di Giulio Cesare. Il disco potrebbe essere anche rappresentato sulle assi di un teatro, tanto è ricca la drammatizzazione; una continua meraviglia sonora, passando dal folk al metal, dal quasi black a rock progressivo o anni novanta, il tutto al servizio della storia narrata. Mai ovvio e sempre interessante, Caesar, primo disco di una serie dedicata a Roma, rappresenta una delle punte più alte del metallo italiano, che definire tale è molto riduttivo. La musica è ottima e le storie sono un nostro passato che è stato sepolto troppo presto, ma che rimane un paradigma.

TRACKLIST
1. Ivlia Gens (Incipit) / Svpremvs Dvx
2. Trivmviratvm
3. De Bello Gallico
4. Britannia Capta Erit / Alea Iacta Est
5. Roma
6. Aegyptvs (Tema di Cleopatra)
7. Caesar (Tema di Cesare)
8. Romana Conspiratio (Tema di Bruto)
9. Divini Praesagii (Romanorvm Deorvm)
10. Le idi di marzo (The Ides of March)
11. Ivlivs Caesar (Divvs et Mythvs)

LINE-UP
Hesperus: Everything

HESPERIA – Facebook

Furious Georgie – Sono Mama!

Si respira a pieni polmoni rock ispirato alla cultura hippy ed agli anni sessanta, con una mistica calata nel mondo Zen al quale il titolo riporta, mentre Trombino magistralmente regala musica da interpretare ognuno secondo la propria sensibilità.

Archiviato il bellissimo album dei deathsters Haemophagus pensavo che per questo 2017 non avrei più incontrato note musicali in arrivo dalla scena palermitana, ma non avevo fatto i conti con Giorgio Trombino, straordinario polistrumentista e compositore, qui nei panni di Furious Georgie, progetto solista di folk psichedelico, rock acustico e beatlesiano ed ennesima sorpresa che questo fantastico musicista riserva ad ogni passo.

Le giornate per Trombino hanno una durata superiore al normale, altrimenti come potrebbe avere il tempo per scrivere suonare e creare così tanta ottima musica?
Ma lasciando da parte complicate spiegazioni sul lavoro del musicista, presentiamo questa nuova veste, almeno per gli amanti dell’hard stoner rock (Sergeant Hamster, Elevators to the Grateful Sky), del funky/jazz ( The Smuggler Brothers) e del metal estremo (Haemophagus, Cavernicular) chiamata Furious Georgie.
Con Sono Mama! (che, in giapponese, significa “proprio così”), il secondo lavoro licenziato con questo monicker, il musicista siciliano dimostra, oltre ad una creatività musicale impressionante per qualità e varietà di stili, di saperci fare con qualsiasi strumento, suonando tutto quanto possa produrre note, magiche, intense, emozionanti.
Ora, non tutti quelli che leggono i miei deliri su MetalEyes sanno della passione che da sempre mi porto per i Beatles, così che da fan e tuttologo dei Fab Four mi viene sicuramente più facile parlarvi di opere come SGT Pepper’s… e Magical Mistery Tour per introdurvi alla musica di Sono Mama!, il tutto ovviamente riveduto e corretto da Furious Georgie, maestro nel saper confondere le idee, ora con accenni al jazz, ora con rintocchi di note progressive ed una solare predisposizione per il rock americano, dalle spiagge della California al deserto della Sky Valley.
Si respira a pieni polmoni rock ispirato alla cultura hippy ed agli anni sessanta, con una mistica calata nel mondo Zen al quale il titolo riporta, mentre Trombino magistralmente regala musica da interpretare ognuno secondo la propria sensibilità: magari ci avvicineremo allo spirito del musicista, magari saremo lontani da tutto ciò, rimane il fatto che come tutte le forme d’arte la musica regala sensazioni diverse ad ognuno di noi, libera di entrare nella nostra mente e nel nostro corpo per donarci emozioni e brividi.
E con Jubilee, Down To The Belice Valley (un passo nel country rock), Love You All The Time e gli altri brani che compongono questo bellissimo lavoro, Giorgio Trombino ci è riuscito ancora una volta.

Tracklist:
1. Jubilee
2. Strange Neighbour
3. Down to the Belice Valley
4. Let Me Sit You Down
5. Love You All the Time
6. Lascio spazio al vuoto
7. Nothing Special at All
8. Shouting in a Desert Street
9. Sono-Mama! 10. Lunar Baby
11. Strange Windy Day
12. What About that Buzz?
13. Dream Matter

Line-up:
Giorgio Trombino – voce, chitarra elettrica e acustica, basso, batteria, pianoforte verticale, synth, sassofono soprano e contralto, lap steel, flauto, mandolino, percussioni

FURIOUS GEORGIE – Facebook

Buttered Bacon Biscuits – From The Solitary Woods

From The Solitary Woods è una raccolta di umori ed ispirazioni che vanno dall’hard rock britannico al blues rock, dal progressive al southern, per cinquanta minuti di musica tra tradizione europea e statunitense.

Quando ascoltai per la prima volta Litanies From The Woods, bellissimo esordio degli Witchwood del mastermind Ricky Dal Pane, mi chiesi subito come dovesse suonare l’unico album dei Buttered Bacon Biscuits, prima incarnazione del gruppo di Faenza capitanato dal talentuoso rocker.

La Jolly Roger mi ha accontentato ed in tempi brevi ha ristampato From The Solitary Woods, stupendo e, appunto, unico lavoro di quella che è la prima incarnazione della band colpevole di avermi letteralmente folgorato con il suo hard rock retrò e progressivamente folk.
From The Solitary Woods uscì come autoproduzione nel 2010 e della line up attuale degli Witchwood troviamo, oltre a Dal Pane, Stefano Olivi alle tastiere e Antonio Perugini alla batteria, con Alessandro Aroni al basso e Alex Celli alla sei corde a completare la formazione protagonista di un grande album.
Il sound dei Buttered Bacon Biscuits non si discostava molto da quello che poi diventerà il marchio di fabbrica del nuovo gruppo, la differenza sostanziale era una vena southern che accompagnava i brani, anche quelli più psichedelici andando a comporre una serie di canzoni uniche nel riproporre i dettami settantiani con una forza espressiva devastante.
From The Solitary Woods è una raccolta di umori ed ispirazioni che vanno dall’hard rock britannico al blues rock, dal progressive al southern, per cinquanta minuti di musica tra tradizione europea e statunitense.
Infatti, l’album si chiude con Crosseyed Jesus, un southern blues che parla americano ma che lascia ad un Dal Pane, alias Glenn Hughes in trip per la frontiera, il compito di liberare mandrie di mustang a scorrazzare per le colline.
Uriah Heep e Deep Purple si danno il cambio per accompagnare il sound di cui è intrisa questa raccolta di brani: i tasti d’avorio risultano (come negli Witchwood) importantissimi nella struttura di brani che vivono di riff sanguigni e solos travolgenti, mentre i canti dei nativi americani avvolgono di misticismo tracce sul cui sound, a suo tempo, è stato eretto il totem al dio del rock.
State Of Mind, il blues intenso di Into The Wild ed il rock psichedelico di Essaouira (il brano più vicino alla nuova band di Dal Pane) e l’hard blues morso dal serpente bianco di Loosin’ My Pride fanno di From The Solitary Woods un lavoro imperdibile per chi ama l’hard rock classico ed i suoni vintage, e per chi vuole completare la discografia di un talento non comune come quello del cantante e chitarrista romagnolo.

TRACKLIST
1. Loosin’ My Pride
2. Another Secret In The Sun
3. Essaouira
4. Into The Wild
5. I Hope You’re Feeling Bad
6. No Man’s Land
7. State Of Mind
8. Cross-eyed Jesus

LINE-UP
Riccardo Dal Pane – lead vocals, acoustic guitar
Alex Celli – lead guitar, background vocals
Antonio Perugini – drums
Alessandro Aroni – bass, background vocals
Stefano Olivi – hammond, piano, sinth

WITCHWOOD – Facebook

Exhume To Consume – Let The Slaughter Begin

Gianluca Lucarini, leader dei Degenerhate e mente dietro al progetto a tinte dark Rome In Monochrome, ci prende per mano e con l’inganno ci invita nella tana del serial killer, uno psicopatico e devastante mostro dal nome che richiama un brano degli storici Carcass: Exhume To Consume.

Gianluca Lucarini, leader dei Degenerhate e mente dietro al progetto a tinte dark Rome In Monochrome, ci prende per mano e con l’inganno ci invita nella tana del serial killer, uno psicopatico e devastante mostro dal nome che richiama un brano degli storici Carcass (da Symphonies of Sickness, album del 1989): Exhume To Consume.

Inutile ribellarsi, il covo della bestia ci appare come un rifugio antiatomico, asettico e abbellito da un lettino dove sopra dondolano ganci e catene, un tavolo in un angolo dove si poggiano una serie di ferri chirurgici, in bella mostra su Necroticism – Descanting the Insalubrious, e l’odore del sangue della precedente vittima che riempie le narici e soffoca ogni speranza.
Con una colonna sonora di brutal death metal, dove non manca (e questo è il bello) un lavoro melodico da applausi, la vita ci sfugge sotto le torture del mostro che non risparmia amputazioni ed ogni genere di devastazione corporale splatter /gore, mentre il gruppo intorno a Lucarini ci travolge di metal estremo avvalendosi delle prestazioni sadiche di Sergiu Mincescu (voce), Alessio Reggi (chitarra), Marco Paparella (basso) e Stefano Soprani (batteria).
Ci vuole talento anche ad uccidere, una forma d’arte estrema che si evince nelle sofferenze di chi è vittima, attimi di violenza che nella sua barbarie non mancano di un’eleganza nascosta dal sangue copioso che esce dalle membra lacerate, come le parti melodiche di Hole You Can Eat.
Ma è un attimo, perché il mostro, al minimo accenno di preghiera da parte vostra, torna a fare scempio del vostro corpo senza soluzione di continuità con Bon Appetit (un invito al macello) ed Happy Milf.
La devastante Violated After Death segna questo primo e velocissimo massacro, e l’alternanza tra velocità e rallentamenti sembra accompagnare il lavoro certosino del mostro cannibale.
Per gli amanti del brutal death metal un altro ottimo motivo per seguire la scena nostrana e attenzione … un nuovo mostro gira in città!

TRACKLIST
1.Bon Appetit
2.Violated After Death
3.Happy Milf
4.Hole you can eat

LINE-UP
Sergiu Mircescu – vocals
Alessio Reggi – lead guitar
Gianluca Lucarini – lead guitar/backing vocals
Marco Paparella – bass
Stefano Soprani – drums

EXHUME TO CONSUME – Facebook

DESCRIZIONE SEO / RIASSUNTO

Arkana Code – Brutal Conflict

Brutal Conflict ci offre una band capace di scrivere ottimo death metal tra Death, Obituary, Carcass e sfumature che arrivano direttamente dal freddo delle terre del nord.

Brutali come il conflitto che si consuma sulle note del loro debutto su lunga distanza, arrivano tramite la Metal Scrap i deathsters abruzzesi Arkana Code, con un David Folchitto in più nel motore e tanta voglia di distruggere con questo ottimo lavoro dal titolo Brutal Conflict.

Nati dalle ceneri degli Urdagtyr, dal 2008 il gruppo è attivo con il monicker attuale, anche se dal demo Galleries of Absurde sono passati ben sette anni e c’è stata una rivoluzione nella line up.
La band si ripresenta in forma smagliante con questo nuovo album, una mazzata death metal tecnica e brutale, buona nel songwriting, ottima nelle prestazioni tecniche dei suoi musicisti con la conferma di David Folchitto sul podio dei batteristi estremi nazionali.
Brutal Conflict amalgama la tradizione americana ad una vena nord europea, e gli Arkana Code possono sicuramente andare fieri di quello che hanno creato, perché i quarantacinque minuti circa di battaglia sono da annoverare tra i più belligeranti e convincenti degli ultimi mesi tra gli ascolti nel genere.
Dieci bombe atomiche che non si fermano davanti a nulla, veloci, tecniche, a tratti frenetiche ed assolutamente devastanti, con quella melodia tipicamente scandinava negli assoli e quel tecnicismo progressivo floridiano nelle ritmiche.
Ma gli Arkana Code sono italiani, ed allora i brani mantengono un succulento formato canzone che si fa spazio tra le nefaste e violentissime Oppressor Of Darkness, Mutilated Reality, Mortuary March e Psychiatric Kingdom, per la quale è stato girato un video.
Brutal Conflict ci offre una band capace di scrivere ottimo death metal tra Death, Obituary, Carcass e sfumature che arrivano direttamente dal freddo delle terre del nord: diversi buoni motivi per non perderselo.

TRACKLIST
01. Intro
02. Violent Human Corruption
03. Oppressor Of Darkness
04. Escape From My Mind
05. Tortured By My Mind
06. Mutilated Reality
07. Dismember The Control
08. The Holocaust Horde
09. Mortuary March
10. Psychiatric Kingdom
11. Astral Illusion

LINE-UP
Francesco Torresi – Vocals
Paolo Ponzi – Guitars
Luca Natarella – Guitars
Giusy Bettei – Bass
David Folchitto – Drums

ARKANA CODE – Facebook

Nott – Disfacimento

L’album si mostra in più passaggi affascinante nella sua ossessività e nella sua reiterazione di schemi, comunque vincenti, quando il tutto viene espresso con questa forza espressiva.

Terzo full length per Nott, progetto solista del musicista italiano Mortifero, già attivo nei primi anni delle scorso decennio e messo in stand by a lungo prima di riaffacciarsi nel 2013 con una terna di uscite a cadenza biennale.

Disfacimento è un lavoro che si colloca perfettamente in linea con le uscite di black atmosferico cantato in italiano (il primo nella nostra lingua per quanto riguarda Nott): quindi troviamo testi piuttosto profondi che tratteggiano una realtà dai toni cupi e priva di barlumi di speranza, mentre musicalmente il genere viene offerto nella sua forma più essenziale e complessivamente fedele ai dettami caratteristici.
Messa così potrebbe sembrare che Disfacimento sia un’opera trascurabile ma, in effetti, le cose non stanno affatto così: quelli che possono apparire difetti si rivelano, in realtà, i veri punti di forza su cui Mortifero puntella la propria concezione musicale che vuole, soprattutto, trasmettere un senso di malcelato disgusto avvolto in una forma musicale claustrofobica.
L’album si mostra in più passaggi affascinante nella sua ossessività e nella sua reiterazione di schemi, comunque vincenti, quando il tutto viene espresso con la stessa forza espressiva e la convinzione immessa dal musicista bresciano.
Se non sempre l’intelligibilità delle liriche è massimale, è sicuramente d’aiuto il booklet piuttosto curato contenente i testi sia in italiano che in inglese, il tutto contornato da immagini tratti da quell’inesauribile scrigno di arte funeraria che è il cimitero monumentale di Staglieno (Genova).
Disfacimento è un album da ascoltare nel suo insieme per apprezzare al meglio l’operato di Mortifero; tra i brani, comunque, merita un menzione Consunto, episodio molto lungo ed avvolgente nel suo snodarsi su tempi più rallentati.
Per Nott un lavoro dalla grande integrità stilistica, meritevole del giusto livello di attenzione da parte di chi apprezza il black metal nella sua forma più pura, tanto più se cantato nella nostra lingua.

Tracklist:
1 – Cold
2 – Wither
3- Suffer

Line up:
Mortifero

The Blind Catfish – Folkolors

Ci hanno provato e ci sono riusciti i The Blind Catfish, non solo a rinverdire e rendere fresche canzoni cantate più di un secolo fa, ma anche a perseguire la loro idea di collegare il mondo attorno al nostro grande fiume con quello del suo omologo americano.

Torna il pesce gatto più irriverente e rock che il grande fiume abbia mai avuto tra i suoi abitanti, dal Piemonte fino al Mare Adriatico.

Il grande fiume è ovviamente il Po, anche se lo strano animale acquatico sogna la terra paludosa dei fondali del Mississippi, dove la musica a cui lui si ispira è nata ed ancora oggi si rigenera.
Torna la band carpigiana dei The Blind Catfish, che all’enorme abitante delle acque dolci si ispira e che nel rock blues trova la sua armonia musicale, anche se in Folkolors molto è cambiato a livello di sound dal bellissimo esordio The King Of The River, uscito un paio di anni fa.
La band ha pescato tra i canti della tradizione americana, gospel, spiritual e canti corali di prigionia, provenienti dagli stati del sud e, reinterpretandoli, ha dato vita ad un’opera affascinante, ovviamente strutturata sul blues ma ricolma del dolore di un intero popolo, tra funky e soul.
Rivivono così brani in origine solo cantati, autentiche perle a cui la band nostrana dona una nuova veste nel rispetto della tradizione, con la voce di Marco “Franky” Maretti che si colora di sfumature black, mentre, chiudendo gli occhi, si ha la sensazione di essere tra le piantagioni di cotone, quando dopo una giornata di interminabile ed inumano lavoro gli uomini e le donne intonano canti mentre tornano alle baracche.
Ed è lì che i The Blind Catfish ci portano, tra le note di Jesus And The Mainline, della drammatica e sentita Join The Revelator o di People Get Ready, dall’andamento soul che trascina come il letto del fiume, fluida come l’acqua del grande fratello in movimento perpetuo, testimone silenzioso del dramma e della stupidità degli uomini, della più ritmicamente bluesy Rosie e di Trouble Of The World, che la band interpreta come farebbe il migliore Sting.
Ci hanno provato e ci sono riusciti i The Blind Catfish, non solo a rinverdire e rendere fresche canzoni cantate più di un secolo fa, ma anche a perseguire la loro idea di collegare il mondo attorno al nostro grande fiume con quello del suo omologo americano.
Un album molto diverso dal primo lavoro, più incentrato su southern e blues rock, ma sicuramente maturo ed intenso.

TRACKLIST
1.Sometimes I Feel Like a Motherless Child
2.John the Revelator
3.People Get Ready
4.Jesus on the Mainline
5.How Long
6.Trouble So Hard
7.Rosie
8.Trouble of the World

LINE-UP
Marco Maretti
Luca Fragomeni
Francesco Zucchi
Federico Bocchi

THE BLIND CATFISH – Facebook

Witchwood – Handful Of Stars

Siamo al cospetto di un gruppo straordinario che mette in fila tante realtà molto più blasonate

Con un po’ di ritardo rispetto all’uscita, torniamo a parlare degli Witchwood, i rockers nostrani, nati dalle ceneri dei Buttered Bacon Biscuits, che ci avevano entusiasmato con il loro primo full length, quel Litanies From The Woods che risultava una bellissima jam tra hard rock, folk, psichedelia e progressive, il tutto a formare un arcobaleno di suoni vintage d’alta scuola.

Handful Of Stars è la seconda uscita ufficiale in pochi mesi, un ep della durata di quarantacinque minuti, e la band anche qui non fa sconti con un songwriting che rimane di altissimo livello grazie a cinque perle rock retrò quanto si vuole, ma affascinanti ed attraversate da attimi di pura magia.
Il gruppo vede un primo cambio nella line up, il nuovo chitarrista Antonio Stella, e Handful Of Stars ci offre, oltre alle cinque nuove canzoni, due cover d’autore: Flaming Telepaths dei Blue Oyster Cult e Rainbow Demon degli Uriah Heep.
Gli Witchwood si confermano uno dei gruppi più convincenti nel saper ricreare le atmosfere in voga negli anni settanta, maestri nel saper coniugare una vena hard rock classica ricca di sfumature e suoni che, come strisce di colori nel cielo, formano un arcobaleno musicale ispirato ai gruppi storici ma sapientemente amalgamato in un sound unico.
Ed allora lasciatevi rapire dall’opener strumentale Presentation: Under The Willow, che tanto sa di Jethro Tull, o dall’hard rock classico, sempre velato di un’aura magica, delle bellissime Like A Giant In a Cage e A Grave Is The River, dalle atmosfere folk progressive della stupenda Mother, dalle ottime e personali interpretazioni delle due cover, per finire con la versione alternativa di Handful Of Stars, con le tastiere che, per qualche minuto, ricordano i Goblin, per tornare a jammare tra Pink Floyd e Jethro Tull in un sontuoso e organico fiume progressivo.
Siamo al cospetto di un gruppo straordinario che mette in fila tante realtà molto più blasonate: in questi anni in cui il il ritorno a certe sonorità riscuote grande interesse, specialmente nel nord Europa, l’acquisto di questo lavoro è dunque consigliato e va a comporre, con il primo lavoro, un inizio di carriera qualitativamente folgorante.

TRACKLIST
1.Presentation: Under The Willow
2.Like A Giant In A Cage
3.A Grave Is The River
4.Mother
5.Flaming Telepaths
6.Rainbow Demon
7.Handful Of Stars (New Version)

LINE-UP
Riccardo “Ricky” Dal Pane – Vocals, Guitars, percussion
Antonino Stella – Guitars
Stefano “Steve” Olivi (Hammond, Piano, Synth, Mood
Samuele “Sam” Tesori – Flute
Luca “Celo” Celotti – Bass
Andrea “Andy” Palli – Drums

WITCHWOOD – Facebook

Monsieur Gustavo Biscotti – Rabid Dogs

Questo è il rock, se volete, un mondo che va aldilà di inutili barriere e confini, una musica nata per ribellarsi e quindi è assolutamente inutile cercare di imprigionarla in schemi prestabiliti.

Sono sincero, quando mi hanno proposto di recensire questo album , il monicker usato dal gruppo mantovano mi ha lasciato molti dubbi, così avvicinarmi alla musica che compone Rabid Dogs, terzo lavoro dei Monsieur Gustavo Biscotti, è stata una piccola avventura, una scoperta che, ad ogni brano diventava consapevolezza di essere al cospetto di una band di tutto rispetto e di un lavoro che in se racchiude tanto del rock alternativo e del post punk degli ultimi due decenni.

I Monsieur Gustavo Biscotti sono attivi da una dozzina d’anni, sono arrivati al traguardo del terzo album e senza tante menate e con tanta gavetta alle spalle raccolgono i giusti consensi, merito di un sound che, pur pescando da una moltitudine di influenze, risulta fresco, al passo coi tempi senza essere la solita minestra riscaldata o ruffiano tanto da piacere a prescindere.
Ora, cosa ci fa una band dal piglio punk rock alternativo su una webzine come MetalEyes? Buona domanda e allora vi rispondo: cosa ci facevano un po’ di anni fa i ragazzi con la maglietta dei Napalm Death nei negozi di dischi a comprare il nuovo album dei Fugazi o dei Sonic Youth, o cosa c’entrano i Pixies con i Neurosis o gli Isis?
Questo è il rock, se volete, un mondo che va aldilà di inutili barriere e confini, una musica nata per ribellarsi e quindi è assolutamente inutile cercare di imprigionarla in schemi prestabiliti: e allora fatevi sballottare dal suono punk, scarno, noise e rock’n’roll di Rabid Dogs.
Helmet e Jesus Lizard si contendono la paternità di questo lotto di brani che, in poco più di ventidue minuti, ci destabilizzano come solo il vero rock sa fare, una musica ribelle, senza vincoli, sfrontata e fuori dagli schemi: it’s only rock’ n’ roll, ma basta e avanza.

TRACKLIST
1. Louis’ Wine
2. Little Bastard
3. First Time Shadows
4. Twenty Tunnel
5. Paralytic Taylor
6. Modernism Is My Past Continuos
7. Johnny

LINE-UP
Paolo – basso, chitarra, voce
Giandomenico – chitarra, voce
Filippo – basso, voce
Lorenzo – batteria, voce
Jacopo – farfisa

MONSIEUR GUSTAVO BISCOTTI – Facebook

Next Bullet – Zero

Tre musicisti provenienti da altre esperienze musicali (Overblood e Awake The Secrets) e dieci bombe thrash/punk/hardcore da sparare come una mitragliatrice impazzita in appena ventitré minuti di battaglia, sanguinaria, violentissima e senza compromessi.

Ecco un album che scaraventa al muro a suon di pugni e calci una gran parte del metal estremo con parola finale core.

Se vi siete abituati un po’ troppo ai suoni puliti, la rabbia troppe volte finta e gli atteggiamenti cool delle band metalcore, sostituite metal con thrash ed avrete trovato la miscela esplosiva che fa deflagrare i dieci brani racchiusi in Zero, primo album di questo trio proveniente dal nord est e che di nome fa Next Bullet.
Tre musicisti provenienti da altre esperienze musicali (Overblood e Awake The Secrets) e dieci bombe thrash/punk/hardcore da sparare come una mitragliatrice impazzita in appena ventitré minuti di battaglia, sanguinaria, violentissima e senza compromessi.
Non riesco ad immaginare la distruzione sonora che brani di una potenza gigantesca, pregni di un groove che non lascia scampo, accompagnato ad un sound dirompente, possano innescare dal vivo dove questo tipo di musica vive e trova la sua dimensione, lasciando ad altri produzioni patinate, coretti strappalacrime ed una disperazione più finta che il seno prosperoso e sodo di una sessantenne con più silicone che sangue in corpo.
Marc1 (voce), Paske (chitarra e basso) e Tom KT (batteria) sono una macchina da guerra, una crudele mietitrice che falcia tutto e tutti sotto cannonate metalliche come l’opener Next Bullet, le granitiche e devastanti All I Have Earned e Not Allow Them, il muro sonoro alzato da Born On The Wrong Side e l’urgenza punk rock della conclusiva Remember!.
Davvero notevoli, convincenti e dall’attitudine che sprizza dalle casse dello stereo come sangue da una ferita aperta da un pugno in pieno volto, i Next Bullet sono da supportare senza se e senza ma.

TRACKLIST
01. Next Bullet
02. All I Have Earned
03. Not Allow Them
04. Antiparasitic
05. Unrelenting Will
06. 2015: Mission Accomplished
07. Born On The Wrong Side
08. The New Hashtag
09. Kill The Maniac Pedophile
10.Remember!

LINE-UP
Marc1 – Vocals
Paske – Guitar, bass
Tom KT – Drums

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Krowos – Verbum Luciferi

Con il loro splendido black metal classico, anche se più lento e diabolico rispetto ai normali canoni attualmente in voga nel genere, i Krowos pubblicano un album incisivo e godibilissimo, in parte disturbante e al contempo estremamente appagante.

Tornano i black metallers Krowos, e l’oscurità ci avvolge ancora.

I Krowos sono nel giro dal 2011 e con questo disco hanno forse toccato la loro massima espressione musicale. Come lupi tra le pecore, i Krowos fanno black classico e rituale, con tutti gli ingredienti al posto giusto. Parti più veloci e parti più cadenzate, con l’ortodossia ben presente, ma anche con una notevole dose di melodia che solo le band mediterranee sanno mettere nel genere. I Krowos fanno benissimo quello che altri riescono ad accennare con mille sforzi. Qui il black metal raggiunge se non lo scopo supremo, almeno uno degli scopi che ha sempre avuto, ovvero quello di essere una musica rituale satanista, o quantomeno oscura. Verbum Luciferi è appunto un rituale occulto e ha un significato profondo che forse noi moderni non riusciamo a cogliere, anche perché duemila anni di depistaggio hanno sicuramente avuto il loro peso. Con il loro splendido black metal classico, anche se più lento e diabolico rispetto ai normali canoni attualmente in voga nel genere, i Krowos pubblicano un album incisivo e godibilissimo, in parte disturbante e al contempo estremamente appagante. Come nel cristianesimo, così nel basso nel satanismo c’è il suo contrario. L’uomo, e qui potremmo discuterne per millenni, è più satanico che angelico, e i Krowos ce lo ricordano. Tutto ciò a partire dal loro nome, che significa Corvo in antico irlandese, e il corvo era ed è considerato un emissario del nero signore, proprio come questo gruppo, che compiendo una nerissima messa ci regala un disco di black metal che riemette le cose dove dovrebbero stare. Un’onoratissima carriera che continua ottimamente.

TRACKLIST
1. Verbum Luciferi
2. Infamia in Excelsis
3. Vangelo
4. Malignus
5. Credo
6. Offertorio

LINE-UP
Tsade – Voice
Imbris – Guitars
Bheltregus – Guitars
Frozen – Drums

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Revenience – Daedalum

Un debutto sulla lunga distanza che promette bene per il futuro di questa band nostrana: in un genere inflazionato come il gothic metal, i Revenience hanno le carte in regola per ritagliarsi il loro spazio.

Symphonic gothic metal da Bologna con Daedalum, il primo full lenght dei Revenience, quintetto facente parte della grande e varia famiglia Sliptrick Records.

Come tutte le band gothic che si rispettino, anche i Revenience possono contare su una cantante, Debora Ceneri, dall’ottimo talento, personale e bravissima nel variare la sua performance quel tanto che basta per modellare le canzoni regalando loro una propria anima.
Il sound di Daedalum risulta così molto vario ed alterna canzoni gothic metal dal piglio estremo, con tanto di voce in growl (Simone Spolzino) a duettare con la musa, altri eleganti ed elettronici ed altri ancora più sinfonici, ampliando il più possibile il proprio sound.
Le ispirazioni sono molte e di vario genere (si passa con disinvoltura da Edenbridge e Within Temptation ai Lacuna Coil) e l’album ne trae beneficio, convincendo e lasciando intravedere ottime potenzialità grazie ad una manciata di tracce molto intriganti.
Fra queste sicuramente spicca il singolo Shamble, brano dall’enorme appeal, e poi Flail, altro bellissimo esempio di gothic metal sinfonico, fino ad arrivare all’apice di questo Daedalum, l’emozionante Shadows And Silence, sunto della musica del gruppo, tra parti più ariose, potenti ritmiche, solos classici ed una prova sontuosa di Debora Ceneri.
Un debutto sulla lunga distanza che promette bene per il futuro di questa band nostrana: in un genere inflazionato come il gothic metal, i Revenience hanno le carte in regola per ritagliarsi il loro spazio.

TRACKLIST
1.In a Landascape of Winter
2.Blown Away by the Wind
3.Shamble
4.Flail
5.Lone Island
6.A-Maze
7.Not My Choice
8.Revenant
9.Shadows and Silence

LINE-UP
Fausto De Bellis – Bass, Guitars
Simone Spolzino – Drums, Vocals (harsh)
Michele Di Lauro – Guitars
Pasquale Barile – Keyboards, Synths
Debora Ceneri – Vocals

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D8 Dimension- ProGr 0

Sarebbe davvero semplicistico e fuorviante catalogare i D8 Dimension come un gruppo di industrial metal, perché qui possiamo trovare qualcosa di molto più importante dei generi, le idee.

Sarebbe davvero semplicistico e fuorviante catalogare i D8 Dimension come un gruppo di industrial metal, perché qui possiamo trovare qualcosa di molto più importante dei generi, le idee.

Gli italiani D8 Dimension ne hanno parecchie di idee, e le hanno messe in musica con questo disco che è particolare ed ha la grande attrattiva di trasportarci in molti mondi diversi. Il loro suono è un felicissimo connubio di metal moderno, industrial, nu metal, un tocco di ebm qui e là, e tante ottime melodie metal originali. ProGr 0 ha ha avuto una gestazione di tre anni, e non è tanto per la quantità di tempo ma per la qualità, poiché nel concepire questo disco sono venuti fuori anche problemi fa i componenti del gruppo. Ciò è normalissimo se si considera che in un insieme di persone che fanno musica ci sono più probabilità che sorgano conflitti, ma se poi producono dischi così, evviva i conflitti fra musicisti, anticamera della fertilità musicale. Post apocalisse o prima dell’apocalisse, cioè oggi, il mondo descritto in maniera molto efficace dai D8 Dimension è un qualcosa che ci è molto vicino, tecnologia fuori controllo, vite allo sbando, e gli alieni che sarebbero molto contenti di passarci sopra. I D8 Dimension descrivono tutto ciò con naturalezza ed un suono che riconduce ai Nine Inch Nails meno noiosi (è difficilissimo ma loro ci riescono) e a quel bel misto di metal ed elettronica che aveva un sacco di potenzialità ma forse gli attori sbagliati, rendendo il meglio di questo genere. ProGr 0 arriva dopo un demo del 2010 e Octocura del 2013, ed è uno di quei dischi che viene difficile da descrivere e molto più facile e piacevole da ascoltare. Melodie altre in bilico fra elettronica e metal, tra estinzione e felice malinconia, per un lavoro notevole e davvero bello, che se venisse da oltreoceano sarebbe idolatrato, e qui invece abbiamo gruppi come i D8 Dimension che si autoproducono e sono bravissimi: aiutiamoli.

TRACKLIST
01 – -39°C
02 – My Feast
03 – Matryoshka
04 – X: Bigger Boat
05 – Rollformer Gospel
06 – Astrokiller
07 – Anamnesis
08 – Industrial II
09 – Les Fleurs
10 – Y: Salt On Carthage

LINE-UP
Tepe – Voce
Alu.X – Synth/Samples + Basso
Tyo Crayon – Chitarra
Mik – Chitarra
Michael Mammoli – Batteria

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Mexican Chili Funeral Party – Mexican Warriors’ Revenge

Con i Mexican Chili Funeral Party si parte per un viaggio lisergico in compagnia di Led Zeppelin, Doors, Kyuss e Queen Of The Stone Age, con un pizzico di grunge e accenni funk rock.

Chissà se, fra qualche decennio, questi primi anni del nuovo millennio verranno ricordati come il ritorno dei suoni vintage ed old school.

Certo è che nel metal, così come nel rock, un’alta qualità che fa il pari con le molte uscite, stanno portando la nostra musica preferita ad una nuova sfida.
Chi avrà ragione? Quelli che sostengono che non esiste futuro per il rock ma solo un presente da vivere giorno dopo giorno, anno dopo anno, o quelli che hanno già partecipato alla cremazione del malato, da anni terminale e morto tra le nebbie di Seattle o i deserti della Sky Valley?
Come sempre la verità sta nel mezzo e così, a fronte di una crisi dei consumi che tocca inevitabilmente anche la musica, si continua a parlare di rock, magari old school, stonato o drogato dal blues ma pur sempre musica del diavolo che, in quanto tale, è viva e vegeta e brucia nel petto degli appassionati di tutte le età.
Ok, mi sono dilungato, forse troppo, ma una precisazione andava fatta, anche perché qui mi ritrovo con l’ennesimo top album, questo selvaggio e bellissimo Mexican Warriors’ Revenge, nuovo lavoro dei nostri Mexican Chili Funeral Party.
I cinque rockers brianzoli sono attivi più o meno dal 2009, almeno da quando hanno trasformato il loro territorio in un caldissimo e arido deserto, modello Sky Valley appunto, e da qui sono partiti per un trip chi li ha fatti viaggiare attraverso il rock del ventesimo secolo, prima con l’ep La Ballata del Korkovihor uscito nel 2010, poi con il primo full length omonimo licenziato tre anni fa, ed ora con questo bellissima seconda prova sulla lunga distanza in uscita per Sliptrick Records.
Hard rock, stoner e psichedelia, il tutto unito da uno spirito vintage che li porta ad avvicinarsi ai mostri sacri, ma con una personalità debordante, tanto che la band non ha paura di far incontrare i dinosauri settantiani con i grandi gruppi rock nati in uno dei decenni più prolifici della musica contemporanea (per chi scrive il più prolifico in assoluto), gli anni novanta.
Con i Mexican Chili Funeral Party si parte per un viaggio lisergico in compagnia di Led Zeppelin, Doors (bellissima la cover del classico Waiting For The Sun), Kyuss e Queen Of The Stone Age, con un pizzico di grunge e accenni funk rock che danno un senso musicale alla parola “chili” che fa bella mostra di sé nel monicker.
La prima parte si concentra sull’hard rock stonato con una serie di brani che fanno pensare a quello che accadrà in seguito (Vespucci, Power Of Love), ma dalla cover di Waiting For The Sun in poi è puro trip stoner psichedelico da infarto, con il sabba Lu Curt agitato da una chitarra zeppeliniana in overdose.
Un album bellissimo, intenso, selvaggio e primordiale: questo è rock, il resto sono solo chiacchiere.

TRACKLIST
1.01
2.Vespucci
3.Power of Love
4.La Ballata Del Korkovihor, Pt. II
5.Ranger
6.Waiting for the Sun
7.1605
8.Lu Curt
9.Tomahawk
10.11
11.Seul B

LINE-UP
Alessio Capatti – Voice and guitar
Andrea Bressa – Guitar
Andrea Rastelli – Drums
Carlo Perego – Bass
Mr. Diniz – Keyboards and guitar

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Kaledon – Carnagus: Emperor Of The Darkness

Carnagus: Emperor Of The Darkness è un’opera dal taglio internazionale, in grado di non sfigurare rispetto ai prodotti stranieri, frutto di uno stivale ormai all’altezza della situazione in tutti i generi, anche grazie a band che negli anni hanno continuato a produrre musica con talento e passione e tra le quali i Kaledon sono una delle più accreditate

I romani Kaledon si possono considerare uno dei gruppi cardine dell’epic power made in Italy, essendo nati sul finire degli anni novanta ed entrati alla grande nel nuovo millennio con una serie di album dalle ovvie tematiche fantasy che hanno portato al gruppo un buon seguito, specialmente da parte di chi segue il genere ed non si accontenta (parlando di Italia) dei più famosi Rhapsody.

Con una discografia colma di buoni lavori, la band romana risulta una tra le più prolifiche, arrivando al traguardo della doppia cifra con questo nuovo album: dall’ultimo lavoro intitolato Antillius : The King Of The Light ed uscito tre anni fa, c’è da annotare l’entrata in formazione del bravissimo cantante degli Overtures Michele Guaitoli e del batterista Manuele Di Ascenzo (ex-Secret Rule), oltre al cambio di etichetta (dalla Scarlet alla Sleaszy Rider) e l’ausilio di Simone Mularoni per quanto riguarda masterizzazione e mixing in quel dei Domination Studios.
Al resto ci pensano i Kaledon, un gruppo consolidato e che dopo quasi vent’anni sulla scena è consapevole di non dover dimostrare niente a nessuno, andando per la sua strada fatta di epico metallo che rimane sempre a metà strada tra quello a tratti pacchiano dei Rhapsody e quello potente e devastante delle orde germaniche che conquistarono i fans nella seconda metà degli anni novanta.
Carnagus: Emperor Of The Darkness è un’opera dal taglio internazionale, in grado di non sfigurare rispetto ai prodotti stranieri, frutto di uno stivale ormai all’altezza della situazione in tutti i generi, anche grazie a band che negli anni hanno continuato a produrre musica con talento e passione e tra le quali i Kaledon sono una delle più accreditate, almeno per il genere suonato.
Nell’album c’è, essenzialmente, grande power metal, fiero, epico, melodico e roboante, e lasciatemi dire che le prove dei nuovi arrivati, una manciata di brani davvero intensi e devastanti (The Beginning Of The Night, The Evil Witch, The Two Bailouts e la bellissima e conclusiva The End Of The Undead) e il songwriting di alto livello, fanno di Carnagus un album imperdibile per tutti i defenders dalle spade affilate e dagli scudi luccicanti.
Giudicate quello che la band ha saputo realizzare a prescindere dal genere, ed avrete tra le mani e nelle orecchie un grande album metal; il resto sono chiacchiere, qui parla la musica.

TRACKLIST
1.Tenebrae Venture Sunt
2.The Beginning of the Night
3.Eyes Without Life
4.The Evil Witch
5.Dark Reality
6.The Two Bailouts
7.Trapped on the Throne
8.Telepathic Messages
9.Evil Beheaded
10.The End of the Undead

LINE-UP
Alex Mele – Guitars (lead)
Michele Guaitoli – Vocals (lead)
Tommy Nemesio – Guitars (rhythm)
Paolo Campitelli – Keyboards
Paolo Lezziroli – Bass
Manuele Di Ascenzo – Drums

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Dimonra – Violent Paranoia

Prodotto benissimo e curato in ogni dettaglio, Violent Paranoia in appena tre tracce convince e ci consegna un gruppo pronto per un full length in grado di fare proseliti, visto l’enorme potenziale in mano a questi quattro giovani musicisti milanesi.

Quando si suona un certo tipo di rock/metal, la caratteristica fondamentale è l’appeal che i brani trasmettono all’ascoltatore, tradotto in una ruffianeria che riesca ad ammaliare senza perdere un grammo in intensità (d’altronde si parla pur sempre di musica dura).

Questa premessa risulta obbligatoria per presentare il secondo ep dei Dimonra, giovane gruppo milanese formatosi lo scorso anno e con appunto all’attivo un altro ep, Evil.
Violent Paranoia si compone di tre brani che uniscono in un solo sound alternative metal, dark rock ed elettronica, oltre ad una predisposizione per ritmiche funky che danno un tocco originale ed assolutamente irresistibile alla musica del gruppo, specialmente nella notevole Flash Mob.
La title track e Sick? alternano potente metallo moderno ad atmosfere dark wave, in un contesto moderno e, come detto, ricco di melodie vincenti, grazie anche alla voce ipnotizzante e particolare della vocalist Memori.
Il basso di XV pulsa come sangue impazzito nelle vene, mentre riff metallici (Hale) e bordate spacca pelli (Chance) ribadiscono la vena metallica dei Dimonra.
Prodotto benissimo e curato in ogni dettaglio, Violent Paranoia in appena tre tracce convince e ci consegna un gruppo pronto per un full length in grado di fare proseliti, visto l’enorme potenziale in mano a questi quattro giovani musicisti milanesi.

TRACKLIST
1.Violent Paranoia
2.Flash Mob
3.Sick?

LINE-UP
Memori – Vocals
Hale – Guitars
XV – Bass, Programming
Chance – Drums

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