The Obsessed – The Obsessed

Grandiosa ristampa rimasterizzata del primo disco omonimo dei The Obesessed, uno dei gruppi più influenti nel campo del doom metal e non solo.

Grandiosa ristampa rimasterizzata del primo disco omonimo dei The Obsessed, uno dei gruppi più influenti nel campo del doom metal e non solo.

Il disco era fuori catalogo da vent’anni circa e la Relapse Records ne fa una ristampa di lusso in diversi formati, ma la vera chicca è la presenza del demo mai pubblicato Concrete Cancer, fondamentale per comprendere la genesi e gli sviluppi futuri del gruppo. Fondati dal dio del doom metal Scott Wino Wenirich nel 1975, gli Obsessed sono stati molto di più di un gruppo pionieristico del doom metal, poiché hanno aperto molte porte per diversi stili musicali, che poi in fondo sono una diversa declinazione del rock pesante e del blues, e lo si può capire ascoltando questo fondamentale disco. Gli Obsessed proseguono un discorso iniziato dai Black Sabbath e lo portano ad un altro livello, fondendo la tradizione americana con un suono pesante e lugubre che più tardi prenderà il nome di doom metal. Chitarre ribassate, riff potenti e sezione ritmica “ossessiva”, ma non è tutto così scontato, poiché il gruppo originario del Maryland ha molte frecce al suo arco e le tira fuori tutti. Ci sono accelerazioni improvvise, momenti nei quali la voce di Wino si erge al di sopra di tutto, e anche cavalcate impetuose, come pure momenti di glacialità assoluta, quasi un moto immoto. The Obsessed è un disco che mostra la strada per fare un metal diverso, certamente influenzato dai suoni dell’epoca, ma ci sono moltissimi elementi rock ed un sottobosco blues non indifferente. Il demo Concrete Cancer ci mostra la genesi di questo suono, è un documento preziosissimo testimoniando quanto questi ragazzi avessero le idee chiare fin dall’inizio. Questo disco farà impazzire chi ama un certo metal, in particolare il doom, mentre chi non conosce questo genere, qui troverà un tesoro da scoprire. Sentire questo capolavoro a distanza di anni rende ancora più manifesta la grandezza di un gruppo che ha aperto e asfaltato la strada per molte band che sarebbero venute dopo, pur mantenendo la continuità con la tradizione precedente. The Obsessed ha una forza incredibile, è come un sabba in una dimensione sconosciuta, è minimale, come sarà minimale l’altra creatura di Wino, i Saint Vitus, ma è ricchissimo ed è davvero una pietra miliare. Presente inoltre un Live At The Bayou molto valido e con una qualità audio al di sopra della media, per capire cosa fosse questa band in concerto.

Tracklist
1 Tombstone Highway
2 The Way She Fly
3 Forever Midnight
4 Ground Out
5 Fear Child
6 Freedom
7 Red Disaster
8 Inner Turmoil
9 River of Soul
10 Concrete Cancer (1984 unreleased Concrete Cancer demo cassette)
11 Feelingz (1984 unreleased Concrete Cancer demo cassette)
12 Mental Kingdom (1984 unreleased Concrete Cancer demo cassette)
13 Hiding Masque (1984 unreleased Concrete Cancer demo cassette)
14 Ground Out – Feelingz (live at The Bayou 4-15-1985)
15 Concrete Cancer (live at The Bayou 4-15-1985)
16 No Blame (live at The Bayou 4-15-1985)
17 Mental Kingdom (live at The Bayou 4-15-1985)
18 Tombstone Highway (live at The Bayou 4-15-1985)
19 Iron and Stone (live at The Bayou 4-15-1985)
20 Rivers of Soul (live at The Bayou 4-15-1985)
21 Sittin on a Grave (live at The Bayou 4-15-1985)
22 Freedom (live at The Bayou 4-15-1985)

Lineup:
Scott “Wino” Weinrich – Guitars, Vocals
Mark Laue – Bass
Ed Gulli – Drums

THE OBSESSED – Facebook

Chaos Moon – Origin of Apparition and Languor into Echoes, Beyond

La Folkvangr Records rimette in circolazione in un unica confezione i due primi full length in formato musicassetta dei Chaos Moon, Origin of Apparition e Languor into Echoes, Beyond, usciti a pochi mesi di distanza l’uno dall’altro nel 2007.

La Folkvangr Records rimette in circolazione in un unica confezione i due primi full length in formato musicassetta dei Chaos Moon, Origin of Apparition e Languor into Echoes, Beyond, usciti a pochi mesi di distanza l’uno dall’altro nel 2007.

Sono passati quindi dieci anni ma, ascoltando la prima parte, sembra che il tempo trascorso sia molto di più: Origin of Apparition è infatti un album discreto nel suo muoversi tra il black atmosferico e venature depressive ma viene affossato da una produzione pessima e dalla voce di Alexander Pool, uno strillo che a tratti diviene difficilmente sopportabile.
Vengono così vanificati buoni spunti all’intero di un contesto decisamente minimale, offrendo un risultato poco appetibile ma, per fortuna, il tutto viene risollevato da Languor into Echoes, Beyond, che, ascoltato subito dopo Origin of Apparition, sembra quasi frutto dell’operato di un’altra band.
In effetti, in tal senso non credo sia estraneo alla migliore riuscita dell’album l’affiancamento del mastermind da parte del tastierista e cantante Mark Hunter il quale, senza fare cose spettacolari, offre perlomeno uno screaming in linea con i dettami del genere, gratificando così anche una migliore registrazione. Languor into Echoes, Beyond, peraltro, nonostante la presenta di un musicista dedicato ai tasti d’avorio, in partenza va via molto più diretto e meno atmosferico rispetto al predecessore, risultando nel contempo più compatto, per poi aprirsi a diversi passaggi anche di di matrice ambient, racchiusi in buona parte nella lunghissima Simulacrum of Mirrors, e riacquistando una certa ariosità nelle due tracce conslusive, Hymn to Iniquity e Countless Reverie in Mare.
La progressione di Poole, musicista decisamente prolifico ed impegnato in molti altri progetti, continuerà poi con il buon Resurrection Extract, nel quale le già valide intuizioni presenti in Languor into Echoes, Beyond verranno ulteriormente sviluppate.
Questa operazione resta comunque abbastanza appetibile non solo per gli affezionati al formato cassetta, che sta prendendo nuovamente piede sia per i costi contenuti sia per una resa sonora che si confà soprattutto al metal estremo, ma anche per chi segue con attenzione la scena black d’oltreoceano ed attende il nuovo full length dei Chaos Moon, di imminente uscita.

Tracklist:
Tape 1 – Origin of Apparition
1. Illusions of Dusk and Dawn
2. Aether Aurora
3. Tenebrific
4. Pale Cast of Thought
5. And So Are the Words That Never Made it, I
6. And So Are the Words That Never Made it, II
7. Intro, Timeless Disease
8. Origin of Apparition
9. Outro, Endless Asphyxia

Tape 2 – Languor into Echoes, Beyond
1. De Mortalitate
2. Abstract Tongues
3. Waning
4. Simulacrum of Mirrors
5. The Palterer
6. Hymn to Iniquity
7. Countless Reverie in Mare

Line up:
A.P.
M.H.

CHAOS MOON – Facebook

Blood – Mental Conflict

Grind e death metal sono le armi con cui i Blood portano l’assalto al genere umano, uno sconquassante sound estremo ed oscuro che amalgama Napalm Death, Bolt Thrower e hardcore in uno tsunami di note violentissime.

Tornano con la riedizione del classico Mental Conflict (uscito originariamente nel 1994) gli storici grinders tedeschi Blood, nati nella seconda metà degli anni ottanta e con una discografia che arriva al non full length e che in tutti questi anni tramite demo, live, split ed ep non si è mai arrestata.

Solo qualche pausa ad inframezzare le uscite, specialmente nel nuovo millennio, ma anche tante carne al fuoco per i fans del gruppo, da sempre portatori del verbo satanico con l’ausilio del grind core.
Grind e death metal sono appunto le armi con cui i Blood portano l’assalto al genere umano, un sconquassante sound estremo ed oscuro che amalgama Napalm Death, Bolt Thrower e hardcore in uno tsunami di note violentissime: growl efferato, attitudine da vendere e brani che non superano i tre minuti, esplosioni di metallo terremotante con l’inserimento di camei musicali presi da musichette natalizie, colonne sonore e pubblicità.
Avranno anche molte primavere sulle spalle ma i Blood attaccano al muro e stringono la manona intorno alla gola, penetranti e profondi come un abisso infernale, animaleschi come i migliori act grindcore e dall’impatto disumano come la più efferata delle band brutal.

Tracklist
1. Intro (Tentacles)
2. Insomnia
3. Toothache
4. Master’s Clemency
5. Secrets Of Blood
6. Mental Conflict
7. Bleed For Me
8. Spreading The Thoughts
9. Blood
10. Stretched
11. Away Is Away
12. For Auld Lang Syne
13. Crown Court
14. Inflame
15. Texas Chainsaw Massacre
16. Naked Frozen
17. Blood Price
18. The Favour Of Ecstasy
19. Morpheus
20. I Dream Dead

Line-up
Taki – Bass
Eisen – Guitars
Ventilator – Drums
Clausi – Vocals

BLOOD – Facebook

Sojouner – Empires of Ash

Un lavoro valido, basato su un black metal epico e atmosferico, che non stravolge le gerarchie del genere rivelandosi, però, degno di ascolto e di attenzione per chi apprezza simili sonorità.

Empires of Ash è il full length d’esordio dei Sojourner, una band piuttosto anomala per composizione, visto che è formata da due neozelandesi, da un’inglese ed uno spagnolo, con l’aggiunta di un batterista italiano entrato in organico dopo l’uscita del disco.

È vero però che il nucleo della band è rinvenibile a Dunedine, in quell’emisfero australe dove risiedono abitualmente Mike Wilson e Mike Lamb, che assieme compongono l’interessante progetto doom Lisythea, raggiunti dalla britannica Chloe Bray che di Lamb è la consorte; probabilmente senza averlo costretto ad estenuanti trasvolate oceaniche, i tre hanno ingaggiato un vocalist piuttosto noto in ambiente doom come lo spagnolo Emilio Crespo (Nangilima) e da questo incontro è nato un lavoro davvero valido, basato su un black metal epico e atmosferico, che non stravolge le gerarchie del genere rivelandosi, però, degno di ascolto e di attenzione per chi apprezza simili sonorità.
Empires of Ash, in effetti, è uscito più di un anno fa per Avantgarde Music ed è stato rimesso in circolazione nello scorso mese di marzo, da parte della Fólkvangr Records, nel sempre più diffuso ed appetibile formato in musicassetta: viene fornita quindi una buona occasione per riascoltare brani dal notevole impatto evocativo come Heritage of the Natural Realm, Aeons of Valor e la lunghissima title track, chiusura degna di un’opera interessante e di buona fruibilità.

Tracklist:
Side A
1. Bound by Blood
2. Heritage of the Natural Realm
3. Aeons of Valor
4. The Pale Host
Side B
5. Homeward
6. Trails of the Earth
7. Empires of Ash

Line-up
Mike Wilson – Bass
Mike Lamb – Drums, Guitars, Piano, Synth
Chloe Bray – Guitars, Tin whistle, Vocals (female)
Emilio Crespo – Vocals

SOJOURNER – Facebook

Sanguine Pluit – There Is a Goddess in the Forest

Nell’insieme, il tutto acquista un suo esecrabile fascino purché l’ascoltatore non anteponga la resa sonora di un lavoro ai suoi contenuti, visto che There Is a Goddess in the Forest soffre di una produzione che ne preserva una certa purezza di intenti ma, d’altra parte, finisce per inficiarne non poco la fruizione.

There Is a Goddess in the Forest è la riedizione, a cura della This Winter Will Last Forever, del demo pubblicato dalla one man band italiana Sanguine Pluit, contenente per l’occasione anche le sei tracce presenti nell’ep Never Ending Winter, uscito quello stesso anno.

Il tutto viene presentato come un ambient raw black metal e direi che la definizione non fa una piega: infatti, le frequenti aperture atmosferiche si alternano ad un’interpretazione del black quanto mai minimale, mostrando due volti decisamente differenti dell’approccio alla materia da parte di Polus, musicista pavese alle prese con questo progetto da circa in decennio nel corso del quale ha prodotto diverse uscite di minutaggio ridotto.
L’immersione in un lavoro di questo tipo non è affatto semplice, perché i primi tentativi di ascolto sono fallimentari a causa di un espressione così ruvida ed integralista da apparire quasi irritante: un drumming dai ritmi pressoché immutabili punteggia sovente un rumorismo al quale si mescolano degli inquietanti rantoli, un insieme che viene stemperato a tratti da spunti di ambient “cosmica” (Nature Rising, Transcendent Forest, Magnetic Pathways), questo almeno per quanto riguarda i brani appartenenti al demo dal quale il lavoro prende il titolo. Le tracce provenienti da Never Eding Winter aumentano, se possibile, il livello dell’incomunicabilità manifestata da Polus, andando talvolta a valicare i confini della cacofonia.
Detto questo potrebbe sembrare che tale operazione sia assolutamente fallimentare o comunque da evitare accuratamente, ma in fondo così non è perché, nell’insieme, il tutto acquista un suo esecrabile fascino purché l’ascoltatore non anteponga la resa sonora di un lavoro ai suoi contenuti, visto che There Is a Goddess in the Forest soffre di una produzione che ne preserva una certa purezza di intenti ma, d’altra parte, finisce per inficiarne non poco la fruizione.
Probabilmente, smussando qualche asperità e migliorando sensibilmente la resa sonora, il progetto Sanguine Pluit potrebbe fare un buon balzo in avanti, ma francamente non so se questo sia poi l’intento di Polus, anche alla luce del fatto che un sound di questo tipo, per quanto lo si possa tirare a lucido, non è che possa divenire appetibile alle masse. Per cui, questo è There Is a Goddess in the Forest, e chi apprezza il black/ambient lo ascolti e faccia le proprie opportune valutazioni.

Tracklist:
1. Nature Rising
2. In Silent Astonishment
3. Vibrant Mist
4. Aural Enchantment
5. Transcendent Forest
6. Aural Enchantment 2
7. Magnetic Pathways
8. Elements In Sync
9. Fields
10. Never Ending Winter
11. The Secret Oath
12. Fall
13. Winter Passage 2
14. Astral Sorrow
15. Raw Darkness

Line up:
Polus

SANGUINE PLUIT – Facebook

Profetus – Coronation of the Black Sun/Saturnine

Coronation of the Black Sun in questa nuova veste diventa appetibile anche per chi già ne conosce il funesto contenuto, grazie all’allargamento della tracklist ai brani che facevano parte di Saturnine, demo d’esordio dei Profetus.

L’attiva label giapponese Weird Truth, specializzata nelle forme più catacombali del doom, con un roster che comprende tra gli altri Ataraxie, Mournful Congregation e Worship, immette sul mercato questa eccellente riedizione di una delle migliori espressioni del funeral doom fnlandese più recente, ovvero Coronation of the Black Sun, primo full length dei Profetus, pubblicato originariamente nel 2009.

La band di Tampere, che ha all’attivo anche un altro album si lunga distanza, l’ottimo …to Open the Passages in Dusk, fin da subito è apparsa l’ideale trait d’union tra le due seminali band del funeral, non solo in ambito finnico, Thergothon e Skepticism, prendendo l’abissale e depressivo incedere dei primi e le solenni atmosfere punteggiate dall’organo dei secondi.
Pur essendo un lavoro da consigliare a chi volesse far propria una selezione ristretta di una ventina di dischi funeral, ai fini di una full immersion in un genere fino a quel momento sconosciuto, Coronation of the Black Sun in questa nuova veste diventa appetibile anche per chi già ne conosce il funesto contenuto, grazie all’allargamento della tracklist ai brani che facevano parte del demo Saturnine, risalente al 2007 ed edito all’epoca solo in cassetta (il che equivale di fatto alla sua attuale irreperibilità).
Tutto ciò non riveste esclusivamente un valore storico, visto che i due brani aggiunti, Skull Of Silence e Winter Solstice, sono perfettamente allineati per caratteristiche e qualità alle altre tre litanie funebri costituite da The Eye of Phosphorus, Coalescence of Ashen Wings e il capolavoro Blood of Saturn, riproposto in coda alla tracklist anche in versione live, in occasione di un concerto tenuto dai Profetus a Kuopio.
In particolare, Winter Solstice appare davvero come una perla che sarebbe stato delittuoso non riportare alla luce, trattandosi di un brano di struggente e terribile bellezza che rappresenta, fondamentalmente, la quintessenza del funeral doom, con le sue atmosfere soffocanti e allo stesso tempo commoventi.
Spesso la riedizione di album relativamente recenti si rivela poco incisiva se non superflua, ma non è certo questo il caso, proprio perché, al di là del valore intrinseco del lavoro in questione, sono proprio i contenuti aggiuntivi a fare la differenza, rendendo la scelta della Weird Truth meritevole di un plauso incondizionato.

Tracklist:
1. Skull of Silence
2. The Eye of Phosphorus
3. Coalescence of  Ashen Wings
4. Blood of Saturn
5. Saturnine Night
6. Winter Solstice
7. Blood of Saturn (Kuopio live)

Line-up:
V. Kujansuu – Drums
Eppe Kuismin – Guitars
A. Mäkinen – Guitars, Vocals
S. Kujansuu – Keyboards

PROFETUS – Facebook

Osculum Infame – Axis Of Blood

Musica estrema di altissimo livello, sinistra, diabolica e con quel talento naturale che i francesi hanno nel saper rendere raffinata anche una proposta come Axis Of Blood.

Partiamo da questa importantissima considerazione: in Francia si suona grande metal estremo, molto del quale fuori dai soliti schemi.

Noi che per vocazione vi parliamo di sonorità per lo più underground, siamo da anni sottoposti agli ascolti di opere in arrivo dalla terra transalpina: molte sono piacevoli novità, altri nuovi lavori di realtà storiche dell’ underground estremo francese, per molti territorio impervio e poco conosciuto, a meno che non siate esperti della scena.
L’Osculum Infame, nel linguaggio della demonologia, è il bacio sull’ano con cui la strega saluta il diavolo nel corso del sabba, ma è anche il monicker con cui agisce questa notevole band parigina, devota al black metal ed attiva dai primi anni novanta.
Con il primo ed unico full length diventato di culto (Dor-nu-Fauglith 1997) ed una serie di ep, il quintetto si è costruito una fama sinistra che lo ha portato fino ai giorni nostri e all’uscita di quello che è il suo secondo lavoro sulla lunga distanza, un’opera nera dal titolo Axis Of Blood.
Accompagnato da una copertina che ci ricorda cosa si incontra tra le buie strade in luoghi e tempi dove domina l’oscuro signore, l’album risulta uno splendido spaccato di musica demoniaca e satanica, fuori dalle mode, inquietante e autentico come ci hanno abituato le band provenienti dalla scena francese.
Attenzione però, perché Axis Of Blood non è il solito album prodotto male ed ovattato per suscitare chissà quali suggestioni in giovani blacksters brufolosi: il sound prodotto è perfetto e professionale, le atmosfere oscure e diaboliche raggelano come non mai la stanza di chi si mette all’ascolto dell’opera, noncurante di quale forza si possa risvegliare dal torpore di anni nel più profondo silenzio.
Licenziato dal gruppo nel 2015 e ritornato sul mercato per mezzo della Necrocosm, Axis Of Blood torna a far parlare dei suoi creatori, anche per mezzo di un documentario uscito all’inizio dell’anno sulla nascita e lo sviluppo della scena black metal francese intitolato Blu Bianco Satana, a conferma dell’assoluta attitudine dei protagonisti riguardo alla cultura del genere e a tutto quello che ne consegue.
Musica estrema di altissimo livello, sinistra, diabolica e con quel talento naturale che i francesi hanno nel saper rendere raffinata anche una proposta come Axis Of Blood.

Tracklist
1.ApokalupVI
2.Cognitive Perdition of the Insane
3.Kaoïst Serpentis
4.My Angel
5.Absolve Me Not!
6.Let There Be Darkness
7.Inner Falling of the Glory of God
8.White Void
9.Asphyxiated Light
10.I in the Ocean of Worms
11.Solemn Faith

Line-up
Dispater – Guitars
I. Luciferia – Guitars, Keyboards
S.RV.F – Bass
Malkira – Drums
Deviant Von Blakk – Vocals, Guitars, Bass

OSCULUM INFAME – Facebook

Perished – Kark

Atmosferici, ma senza spingersi fino ad un approccio sinfonico, e aspri, ma senza scadere in soluzioni monocordi, i Perished proponevano in maniera esemplare il genere, probabilmente in una forma anche più convincente rispetto a nomi ben più celebrati.

Facciamo un bel passo indietro di circa un ventennio dedicandoci alla ristampa di Kark, primo dei due full length pubblicati dai Perished, band black metal norvegese scioltasi poi nel 2003, dopo la pubblicazione di Seid.

L’attiva etichetta italiana ATMF rimette in circolazione questo lavoro in formato digitale ed in CD (dopo che due anni fa la Darkness Shall Rise si era occupata della riedizione solo come musicassetta) compiendo un’opera di divulgazione e recupero di un album di sicuro valore, passato però in secondo piano all’epoca della sua uscita: comprensibile, se pensiamo che nel 1998a le band di maggior spicco erano reduci da lavori fondamentali come Anthems To The Welkin At Dusk (Emperor), Nemesis Divina (Satyricon) e Enthrone Darkness Triumphant (Dimmu Borgir), con l’attenzione degli appassionati focalizzata essenzialmente su una manciata di nomi di simile levatura.
I Perished proponevano però con grande competenza e buoni esiti un black metal che, tutto sommato, finiva per risultare una via di mezzo tra gli stili delle band citate, peccando in tal senso in peculiarità ma risultando ben più che gradevole o meritevole di una limitata attenzione.
Atmosferico, ma senza spingersi fino ad un approccio sinfonico, e aspro, ma senza scadere in soluzioni monocordi, il quartetto di Hommelvik proponeva in maniera esemplare il genere, a mio avviso in una forma anche più convincente rispetto a nomi ben più celebrati: probabilmente il trovarsi lontano geograficamente dalle due fucine del black metal come Bergen e Oslo ha continuato a rendere i Perished più marginali di quanto avrebbero dovuto.
Con i suoi validi otto brani originali, tra i quali spicca una magnifica Paa Nattens Vintervinger, più le tre bonus track costituite da altrettante tracce provenienti dal demo Through the Black Mist del 1994 (A Landscape Of Flames, quando i nostri si esprimevano ancora in inglese) e dall’ep autointitolato del 1996 (Kald Som Aldri Foer e Gjennom Skjaerende Lys), Kark risulta un lavoro che merita d’essere quantomeno riscoperto, rappresentando una nitida fotografia di quello che nel secolo scorso era il valore delle band cosiddette di retrovia del black metal norvegese.

Tracklist:
1.Introduksjon
2.Imens Vi Venter…
3.Stier Til Visdoms Krefter
4.Paa Nattens Vintervinger
5.Iskalde Stroemmer
6.Og Spjuta Fauk
7.Befri De Trolske Toner
8.Renheten Og Gjenkomsten
9.A Landscape Of Flames
10. Kald Som Aldri Foer
11.Gjennom Skjaerende Lys

Line-up:
Bruthor – Bass
Jehmod – Drums
Ymon – Guitars
Bahtyr – Vocals

Sinister – Gods Of The Abyss

Un reperto storico ad uso e consumo dei fans accaniti dei Sinister, mentre a tutti gli altri va il consiglio di procurarsi il prezioso full length.

Si torna a parlare di storia del death metal sempre per merito della Vic Records, che ci regala una chicca targata Sinister.

Le presentazioni sarebbero inutili per il gruppo estremo olandese, attivo dal 1990 e con una discografia infinita che conta ben tredici full length con l’ultimo, Syncretism, uscito proprio quest’anno.
Ma la label connazionale degli storici deathsters ristampa per i collezionisti questo demo di quattro brani, scritto dopo il temporaneo scioglimento avvenuto nel 2003.
La storia racconta di due terzi del gruppo alla prese con questi brani per dar vita ad una nuova band, i No Face Slave, poi serviti invece per trovare l’accordo con la Nuclear Blast e l’uscita del capolavoro Afterburner, ancora una volta con in evidenza lo storico monicker.
Di fatto i quattro storici brani furono poi inseriti nell’album seguente, dunque i deathsters che sicuramente lo conoscono sapranno benissimo cosa aspettarsi: ritmiche serrate, blast beat a manetta, una violenza esecutiva fuori dai canoni dello stesso gruppo, ma una qualità molto alta, caratteristica non solo del demo ma anche delle altre tracce presenti su Afterburner.
Diciamo che con Afterburner la band orange si conquistò l’immortalità nel panorama estremo, ma è vero che ancora oggi il death metal old school del gruppo continua imperterrito e a discapito degli anni a mietere vittime.
Un reperto storico ad uso e consumo dei fans accaniti dei Sinister, mentre a tutti gli altri va il consiglio di procurarsi il prezioso full length.

Tracklist
1. The Grey Massacre
2. Afterburner
3. Altruistic Suicide
4. Men Down

Line-up
Aad – vocals
Alex – guitars, bass
Paul – drums

SINISTER – Facebook

Infernäl Mäjesty – Unholier Than Thou

Questa ristampa mette in evidenza l’approccio malvagio e senza compromessi del gruppo canadese, con una serie di brani violenti che alternano mid tempo a veloci sfuriate dal piglio speed thrash assolutamente old school.

Negli anni ottanta, quando le vicende dei gruppi erano raccontate dai passaparola e da pochi articoli lasciati alle riviste cartacee, le storie diventavano leggende, e molti gruppi vissero di rendita creandosi un’aura malefica difficile da riscontare nella realtà, specialmente se si proveniva da paesi fuori dai circuiti musicali abituali.

Il metal estremo è pieno di storie incredibili e band diventate leggende, magari poco conosciute ai più e diventate cult solo per i fans accaniti del genere proposto.
I canadesi Infernäl Mäjesty fanno parte di quei gruppi divenuti di culto, con soli tre album all’attivo pur essendo in pista dal 1986, con il quarto (No God) in uscita proprio quest’anno ed una discografia ristampata più volte.
L’album di cui ci occupiamo è Unholier Than Thou, risalente al 1998, undici anni dopo l’esordio sulla lunga distanza intitolato None Shall Defy e ristampato dalla Vic Records con l’aggiunta di cinque brani pescati dal live Chaos In Copenaghen, licenziato all’alba del nuovo millennio.
Un passato tra le fila di Roadrunner e varie vicende di cronaca hanno da sempre minato la carriera del gruppo, divenuta una band cult più per l’estremismo concettuale che per il sound proposto, un thrash metal grezzo, diretto ma assolutamente ordinario.
Questa ristampa mette in evidenza l’approccio malvagio e senza compromessi del gruppo canadese, con una serie di brani violenti che alternano mid tempo a veloci sfuriate dal piglio speed thrash assolutamente old school.
Ottima l’idea di inserire le tracce live, così da avere una più ampia idea di quello che il gruppo propone, anche se rimane sicuramente una proposta per i soli fans di quel metal estremo che chiamare underground è un eufemismo.
In giro sono sicuro che ci sia chi apprezza ancora questo tipo di approccio diretto e senza compromessi, ed è esclusivamente a loro che va l’invito ad ascoltare gli Infernäl Mäjesty.

TRACKLIST
1.Unholier Than Thou
2.The Hunted
3.Gone the Way of All Flesh
4.Black Infernal World
5.Roman Song
6.Where is Your God
7.Death Roll
8.The Art of War
9.Birth of Power & Unholier then Thou (Live Copenhagen)
10.Where is Your God (Live Copenhagen)
11.R.i.p. & Night of the Living Dead (Live Copenhagen)
12.The Hunted (Live Copenhagen)
13.S.o. (Live Copenhagen)

LINE-UP
Chris Bailey – Vocals, Lyrics (track 7)
Kenny Hallman – Guitars
Steve Terror – Guitars, Lyrics
Chay McMullen – Bass
Kevin Harris – Drums

Infernäl Mäjesty – Facebook

Kayleth – Space Muffin Rusty Edition

Dopo il buon successo di Space Muffin, uscito sempre per Argonauta Records nel 2015, ecco la ristampa arricchita da Rusty Gold, il primo ep del gruppo pubblicato nel 2010, ormai finito fuori stampa da tempo.

Dopo il buon successo di Space Muffin, uscito sempre per Argonauta Records nel 2015, ecco la ristampa arricchita da Rusty Gold, il primo ep del gruppo pubblicato nel 2010, ormai finito fuori stampa da tempo.

L’ep presenta delle sorprese, essendo molto interessante per scoprire la genesi di questo gruppo italiano, che propone uno stoner rockeggiante e desertico, rielaborato in una maniera interessante attraverso un groove peculiare ed importante. Confrontando ep e disco di debutto si possono notate molte differenze, in primo luogo di produzione e composizione, ma l’essenza dei Kayleth rimane sempre ruvidamente uguale, dato che in nuce l’ep contiene molto di ciò che verrà sviluppato nel disco. Il desert stoner è un genere che comprende molti gruppi, ma lo scarto che ne rende interessante uno lo hanno in pochi, i Kayleth sono fra questi. Questa ristampa, differente ed arricchita anche nell’artwork, rende molto bene l’idea di quello che è questo gruppo, ovvero potenza, ampiezza delle visioni e tanto suono ruvido, il tutto amalgamato molto bene. Bisogna ammettere che risentire Space Muffin a distanza di due anni rende ancora meglio, segno che dopo una decantazione questo vino è ancora più buono. Un ulteriore segno di una bandin grande crescita, e questo  sarà fondamentale per loro il prossimo disco.

Tracklist
1.Mountains
2.Secret Place
3.Spacewalk
4.Bare Knuckle
5.Born to suffer
6.Lies of mind
7.Try to save the appearances
8.NGC 2244
9.The Electric Tongue Is Coming (bonus track)
10.Rusty Gold (bonus track)
11.Deepest Shadow (bonus track)
12.Oops, I Eat You (bonus track)
13.Old Man’s Legacy (bonus track)

Line-up
Massimo Dalla Valle: Chitarra
Alessandro Zanetti: Basso
Daniele Pedrollo: Batteria
Enrico Gastaldo: Voce
Michele Montanari: Synth

KAYLETH – Facebook

Woodscream – Octastorium

Octastorium si fa sentire con molto piacere e trasporto dall’inizio alla fine, ad opera di una delle migliori band folk metal della scena russa e non solo.

Ristampa su Adulruna del primo disco su lunga distranza della band russa folk metal Woodscream, originariamente uscito nel 2014 mediante autoproduzione e autodistribuzione.

Grazie a questo disco e ai loro concerti i Woodscream si sono fatti conoscere nella nutrita scena folk metal. Questo genere in Italia non viene apprezzato per ciò che vale, anche se abbiamo gruppi notevoli, tra i tanti citiamo Furor Gallico e Blodga Skald, mentre nelle terre russe è un genere che va fortissimo e che vede molti gruppi sgomitare per la ribalta. I Woodscream, come potrete verificare ascoltando Octastorium, sono ben più di una spanna sopra la media. Innanzitutto assaltano l’ascoltatore con un chitarre metal e una parte folk davvero ben costruita , che si sposa alla perfezione con il resto dell’ambiente. Il cantato in russo non è assolutamente un limite, anzi diventa un punto di forza. I Woodscream avanzano come antichi guerrieri slavi sul campo di battaglia senza lasciare sopravvissuti o prigionieri alle loro spalle. Il disco funziona benissimo e la splendida voce della vocalist Valentina è un valore aggiunto al tutto. Fare folk metal di qualità non è affatto facile, poiché è un genere che in mani senza talento può facilmente deragliare in una pantomima senza molto senso, invece qui è un gran spettacolo. I ritornelli sono incalzanti e sono di grande effetto nei concerti, e la band possiede una notevole presenza scenica. Octastorium si fa sentire con molto piacere e trasporto dall’inizio alla fine, ad opera di una delle migliori band folk metal della scena russa e non solo. Una riproposizione meritevole e da ascoltare senza indugio.

Tracklist
1.Алан
2.Топь
3.Лесной царь
4.An Dro
5.Коваль
6.Ворон
7.Зов
8.Witnesses of J

Line-up
Valentina Tsyganova – vocal & recorder
Alexander Klimov – guitar & scream
Ivan Budkin – bass & growl
Pavel Malyshev – drums

WOODSCREAM – Facebook

Giöbia – Magnifier

Un album che è un’immersione in un liquido profondo che respira forte e rende questo viaggio un momento spirituale, come solo i grandi dischi tout court sanno fare.

Seconda ristampa per un disco che è un’ autentica gemma del sottobosco italiano.

Magnifier è come una costruzione medievale araba, tende all’ infinito per vie diverse, armoniose e bellissime. Fondamentalmente è un disco di musica psichedelica declinato in moltissime forme, dall’heavy psych allo stoner in quota desert, fino al fuzz più distorto. Sembra di sentire i Blue Cheer con droga più buona e con idee più chiare, e con un ottimo tiro. La band milanese possiede le stigmate del grande gruppo, e in questo disco mostra tutte le sue capacità e le sue future potenzialità. Space rock sia come sottogenere ma anche e soprattutto per indicare quanto che questo rock altri occupa uno spazio ben preciso, con confini mutevoli e contenuti distorti. Poche volte il passato è stato rielaborato così bene ed in maniera talmente calzante da diventare fulgido futuro. Questa seconda ristampa contiene un inedito e ha una.nuova masterizzazione assai valida, come l’ artwork inedito di Laura Giardino. Un album che è un’immersione in un liquido profondo che respira forte e rende questo viaggio un momento spirituale, come solo i grandi dischi tout court sanno fare.

TRACKLIST
01 This world was being watched closely
02 The Pond
03 The Stain
04 Lentamente la luce svanirà
05 Devil’s Howl
06 Magic Potion
07 Sun Spectre
08 The Magnifier

GIOBIA – Facebook

DESCRIZIONE SEO / RIASSUNTO

Resurrect The Machine – Uncover The Truth

Ristampa curata dalla Minotauro per Uncover The Truth, primo ed unico album per i Resurrect The Machine.

Il ritorno dei suoni classici, nell’hard rock come in tutto il mondo metallico, ha portato nuovo interesse per le varie scene sparse per il mondo e, come sempre gli States sono l’ago della bilancia, specialmente come ritorno commerciale ma anche per saggiare i gusti dei consumatori di musica.

Ebbene, i suoni vintage ed old school non mancano di fare ancora una volta proseliti così da riportare l’hard & heavy classico almeno a confrontarsi, con armi tornate cariche, nel bel mezzo della mischia nel panorama attuale.
Nascono così nuove realtà ovviamente (oltre ai gruppi storici) come questo quartetto di Los Angeles, i Resurrect The Machine, usciti tre anni fa con questo debutto ora ristampato dalla Minotauro.
Uncover The Truth è un lavoro che ripercorre la strada solcata dai miti dell’hard & heavy dagli anni ottanta agli anni novanta, una raccolta di brani tra la tradizione heavy metal losangelina ed un sound più moderno, mantenendo però una forte impronta old school.
Ritmiche a tratti vicine all’hard rock si scontrano con chitarre dal retrogusto heavy, i solos ed i riff della sei corde strizzano l’occhio al metal classico, mentre brani più orientati al mid tempo di stampo rock sono interpretati con grinta e spavalderia metallica dal buon Dean Ortega.
Una virtù di questo lavoro è anche la durata che supera di poco la mezzora, che consente di godersi i nove brani senza che scemi l’attenzione.
Intuizioni buone non ne mancano, così come una sana dose di melodia ed Uncover The Truth ne esce bene, valorizzato da una buona tecnica e da brani trascinanti come l’opener Rush, Meet Your Maker e la groovy Headed For The Sun.
Per darvi un’idea faccio tre nomi, Ozzy Osbourne, Metallica e Soundgarden, miscelati e lavorati quel tanto che basta per ottenere il sound che domina i brani raccolti in Uncover The Truth.

TRACKLIST
1.Rush
2.Kaos
3.Meet Your Maker
4.Creeper
5.No Reason, Pt. 1
6.No Reason, Pt. 2
7.Cannnibal
8.Headed for the Sun
9.Resurrect the Machine

LINE-UP
Dean Ortega – Vocals
Andre Makina – Guitars
Joey Cotero – Drums, percussion and backing vocals
Kurt Barabas – Bass and Backing Vocals

RESURRECT THE MACHINE – Facebook

Astarte – Doomed Dark Days

Purtroppo Maria Tristessa Kolokouri è morta nel 2014, uccisa dalla leucemia, ma la sua stella nera non smette mai di brillare, poiché ci ha lasciato dischi bellissimi come questo.

Necessaria ristampa di uno dei principali dischi di black metal, nonché primo di una band al femminile.

Oltre a quanto detto sopra, Doomed Dark Days, pubblicato nel 1998, fu un gran disco di black metal, potente e mistico, legato alla tradizione scandinava, ma portatore dei pregi del genere suonato in Grecia, che non sono pochi.
Nel 1995 il gruppo comincia le attività con il nome Lloth, per poi mutare in Astarte, capitanati dalla nera sacerdotessa Maria Tristessa Kolokouri che, assieme a Nemesis e Kinthia, aiutate da un batterista turnista uomo, diedero vita a questo capolavoro. Ascoltando Doomed Dark Days si ha l’impressione di venire catapultati nella Norvegia di qualche anno prima, ma si nota subito il tocco ellenico, che sta nel dare al black metal una melodia ed un gusto fortemente gotico che altrove è difficilmente riscontrabile. Durante tutta la durata del disco le tracce sono nere sinfonie, nate in mezzo a boschi inaccessibili, ma in realtà paradigma di ciò che portiamo nel nostro animo. La capacità compositiva di Maria era notevole e si può godere della sua visione in questo lavoro, che è davvero una chicca imperdibile. Abissi ma non solo, growl ma anche melodie, con una produzione che è lo fi il giusto, e che risalta ancora meglio con la remasterizzazione di questa edizione. Doomed Dark Days è un pentacolo perfetto con dentro un grande black metal, fatto con passione estrema e grande senso della composizione. Purtroppo Maria Tristessa Kolokouri è morta nel 2014, uccisa dalla leucemia, ma la sua stella nera non smette mai di brillare, poiché ci ha lasciato album bellissimi come questo.

TRACKLIST
1.Passage to Eternity(Prelude)
2.Voyage to Eternal Life
3.Thorns of Charon (pt1) – Astarte’s Call
4.Doomed Dark Years
5.Thorns of Charon(Pt. II)-Emerge From Hades
6.Thorns of Charon(Pt. III)-Pathway To Unlight
7.Empress Of The Shadow land
8.The Rise Of The Metropolis

ASTARTE – Facebook

Hjarnidaudi – Psykostarevoid

Psykostarevoid offre una visione del doom che non ha nulla di rassicurante, rovistando incessantemente tra le viscere con il suo incedere distorto e fragoroso.

La Dead Seed Productions ha realizzato le versioni in vinile dei due album pubblicati nello scorso decennio dagli Hjarnidaudi, progetto solista drone doom del musicista norvegese Vidar “Voidar” Ermesjø, altresì noto per la sua militanza nei Koldbrann.

Quello che prendiamo brevemente in esame è il secondo dei due, nonché ultima uscita a nome Hjarnidaudi  in ordine temporale, Psykostarevoid.
L’album si snoda lunga quattro tracce di natura strumentale, dalla lunghezza media di 10 minuti ed ovviamente il genere prescelto e lo stile con cui viene proposto non sono materia proprio per tutti.
Il doom, nella lettura di Ermesjø, è un qualcosa di ancora più criptico e disturbante rispetto a quanto normalmente siamo soliti ascoltare, e la sua bravura sta, a mio avviso, nel non indulgere in interminabili sperimentazioni droniche bensì nel lanciarsi in reiterazioni ossessive ma terribilmente avvolgenti, come avviene in maniera mirabile nella traccia II, autentico monolite di sofferenza dai suoni distorti, asfissianti ma non del tutto privi di una parvenza melodica.
Questa caratteristica rende peculiare la proposta anche nei restanti brani, che continuano ad offrire una visione del doom che non ha nulla di rassicurante, rovistando incessantemente tra le viscere con il suo incedere distorto e fragoroso.
Peccato che ormai da otto anni non pervenga più nuovo materiale marchiato con questo monicker, perché un album simile rappresenta una lettura del genere non convenzionale, pur senza sconfinare nella cacofonia; spesso, però, queste riedizioni sono propedeutiche al ritorno in auge di progetti accantonati da tempo, quindi non resta che sperare che questo possa valere anche per gli Hjarnidaudi.

Tracklist:
1. I
2. 2. II
3. 3. III
4. IV

Line up:
Vidar “Voidar” Ermesjø

HJARNIDAUD – Facebook

Ancient – Trolltaar

Nell’ep si può sentire benissimo il grande talento degli Ancient nel coniugare un cuore black metal classico con parti melodiche davvero notevoli, che fanno di questo ep un disco piacevole da ascoltare, tenendo sempre l’ascoltatore incollato allo stereo.

Un’oscura e ghiacciata discesa nel cuore nero delle terre del nord, ed è solo una piccola parte di ciò che troverete dentro questo ep.

La greca Sleaszy Rider Records, nata come distribuzione e spinta dalla passione dei ragazzi che ci sono dentro, è diventata un’ottima etichetta, e questa ristampa è una buona occasione per conoscere il suo bel catalogo. Gli Ancient provengono dalla Norvegia e sono stati uno dei gruppi principali della seconda ondata del black metal norvegese. Capitanati da Magnus Aphazel Garvik, hanno avuto una carriera altalenante, anche perché legata alle vicissitudini di vita del leader, che dopo il contratto con la Metal Blade girovagò in Italia e Grecia. Il loro debutto su lunga distanza Svartalvheim è considerato uno disco importante per il black metal, e anche il successivo Trolltaar illustra bene le peculiarità di questo gruppo. Proprio Trolltaar è l’ultimo disco che vede la formazione originale, poiché il socio di Magnus , Grimm, lascerà il gruppo dopo questo ep, nel quale si può sentire benissimo il grande talento degli Ancient nel coniugare un cuore black metal classico con parti melodiche notevoli, che ne fanno un’opera piacevole da ascoltare, tenendo sempre l’ascoltatore incollato allo stereo. Il formato del disco breve fa risaltare ulteriormente i punti di forza del gruppo, che si inserisce sia stilisticamente che ideologicamente nel black metal norvegese, ma fa una cosa tutta sua e di qualità. La carriera del gruppo è ancora lontana dal finire, e degna di nota è stata anche la partecipazione dee cantante degli Ancient al concerto anniversario dei Mortuary Drape. Inoltre questa ristampa ha i brani originali rimasterizzati, tre brani bonus registrati dal vivo in Norvegia e due remix. Un disco importante e restaurato molto bene.

TRACKLIST
1. Trolltaar (remastered)
2. Nattens Skjonnhet (remastered)
3. Fjellets Hemmelighet (long version)
4. Eerily (Pre Prod 93)
5. Likferd (reverb mix)
6. Eerily Howling Winds (live)
7. The Call Of The Absu Deep (live)
8. Det Glemte Riket (live)

LINE UP
Aphazel – Guitars, Bass, Keyboards
Grimm – Vocals, Drums, Lyrics

ANCIENT – Facebook

Desolate Pathway – Of Gods and Heroes

Chi ama il genere non resterà affatto deluso, mentre chi volesse ricercare elementi di novità passi pure oltre: questo è “solo” buonissimo doom, suonato come le divinità marine comandano …‬

In occasione della sua riedizione nel corso dell’estate, dopo la firma con Wormholedeath, riproponiamo quanto scritto nello scorso dicembre a proposito di Of Gods and Heroes.

I Desolate Pathway vengono fondati da Vince Hempstead più o meno contestualmente alla sua uscita dai Pagan Altar, avvenuta nel 2014.
Rispetto alla band che fu del defunto Terry Jones, i Desolate Pathway spostano le coordinate del loro doom su un versante più epico non solo a livello compositivo ma anche lirico, cosa che ben si evince sia dalla notevole copertina sia dal titolo eloquente scelto per il lavoro (Of Gods and Heroes), proseguendo la strada intrapresa fin dal precedente Valley Of The Kings, risalente a due anni fa.
Quando viene maneggiata da musicisti esperti e competenti, la materia in questione ben difficilmente delude, e ciò vale anche per Hempstead, il quale, accompagnato dalla batterista Mags e da un quartetto di ospiti ad occuparsi delle parti di basso, offre tre quarti d’ora di doom fedele alla tradizione ma sicuramente godibilissimo.
Of Gods and Heroes si snoda secondo copione tra vocals stentoree e sufficientemente evocative ed un lavoro chitarristico apprezzabile per la sua spontaneità: volendo trovargli una collocazione meglio definita, il sound dei Desolate Pathway potrebbe essere inquadrabile a meta strada tra Doomsword e Capilla Ardiente, risultando sempre coinvolgente pur nella sua essenzialità.
Chi ama il genere non resterà affatto deluso, mentre chi volesse ricercare elementi di novità passi pure oltre: questo è “solo” buonissimo doom, suonato come le divinità marine comandano …‬

Tracklist:
1. Intro
2. The Old Ferryman
3. The Perilous Sea
4. Medusa’s Lair
5. Into the Realms of Poseidon
6. Enchanted Voices
7. Gods of the Deep
8. The Winged Divinity
9. Trojan War

Line-up:
Vince Hempstead – Vocals, Guitar
Mags – Drums, Backing Vocals

Guest Bassists:
Jonathan Seale (Iron Void)
Addam Westlake (My Silent Wake)
Santiago Osnaghi (Nippur)
Ron McGinnis (Thonian Horde)

DESOLATE PATHWAY – Facebook