MetalEyes Radio – I DISCHI FONDAMENTALI: System Of A Down – Toxicity

Continua la riproposizione delle opere che hanno cambiato musicalmente la vita a ciascuno di noi. Ovviamente i generi proposti saranno molto variegati, ed è normale che sia così visto che ciò dipende dalla diversa sensibilità di ogni redattore di MetalEyes IYE. Buon Ascolto!

I System Of A Down, piacciano o meno, saranno ricordati come una delle band in assoluto più importanti in ambito musicale (non solo metal) nel primo decennio di questo secolo.
Il successo commerciale, sorprendente per una band dal sound difficilmente inquadrabile ma capace di spaziare a lla velocità della luce tra diverse pulsioni, è solo un indicatore (comunque, non il più importante) di quanto questa band californiana, ma composta da soli musicisti di di origine armena, abbia ricodificato un nuovo sound che per comodità viene inserito nell’informe contenitore dell’alternative/nu metal.
Tra i pochi album pubblicati dai System Of A Down, sicuramente il più importante è il secondo Toxicity, datato 2001, un lavoro al cui interno la band guidata dalle personalità forti e contrastanti di Serj Tankian e Daron Malakian trovava la sintesi ideale tra furiose accelerazioni di stampo hardcore e repentine ed ipnotizzanti aperture melodiche, il tutto senza tralasciare sfumature etniche provenienti da una paese come l’Armenia, posto al confine tra Europa ed Asia.
Una canzone come Chop Suey simboleggia al meglio l’idea musicale del gruppo, mentre l’altra hit Aerials, decisamente meno dirompente, è ancora oggi uno dei brani più gettonati tra le giovani band alternative quando si tratta di proporre una cover.
Quasi 15 anni di silenzio discografico e una sola sporadica reunion per una manciata di concerti all’inizio di questo decennio fanno ritenere che la storia dei System Of A Down sia giunta al capolinea, e le prove soliste dei singoli componenti, per quanto spesso di grande valore (specialmente quelle di Tankian) non reggono comunque il confronto con quelle della band madre.

(Stefano Cavanna)

Tracklist:
Prison Song
Needles
Deer Dance
Jet Pilot
X
Chop Suey!
Bounce
Johnny
Forest
ATWA
Science
Shimmy
Toxicity
Psycho
Aerials

Line-up:
Serj Tankian – voce, tastiera
Daron Malakian – voce, chitarra
Shavo Odadjian – basso, cori
John Dolmayan – batteria

Heaume Mortal – Solstices

Il genere è di per sé ostico, ma è indubbio che il gruppo parigino abbini al sound una certa alternanza di atmosfere che rendono l’ascolto più fluido.

Quando di mezzo c’è la label francese Les Acteurs de l’Ombre non ci si trova mai davanti ad opere banali, trend confermato dal primo lavoro degli Heaume Mortal, gruppo parigino nato dalla mente del polistrumentista Guillaume Morlat, accompagnato in questa avventura dal batterista Jordan Bonnet e dal cantante Julien Henri.

Solstices è composto da sei brani, di cui la metà superano abbondantemente i dieci minuti, immersi nella natura selvaggia, glaciale e violenta ed usata come metafora della vita.
Le sonorità di cui si caricano i brani presenti alternano black metal atmosferico, doom e dark metal, in un crescendo di drammatica tensione: la violenza black viene apparentemente smorzata da passaggi intimisti e doom, lente marce in territori ostili, disperati e tragici momenti di tempeste black ed atmosferiche sfumature post metal formano composizione di non facile ascolto come l’opener Yesteryears, Oldborn e Tongueless (part III).
Il genere è di per sé ostico, ma è indubbio che il gruppo parigino abbini al sound una certa alternanza di atmosfere che rendono l’ascolto più fluido: Solstices rimane comunque un’opera a cui va concesso il giusto tempo per farsi spazio anche negli ascoltatoti più attenti.
A confermare l’atmosfera glaciale ed ostile dell’album, gli Heaume Mortal ci regalano la cover di un brano di Burzum, Erblicket Die Tochter des Firmament dal masterpiece Filosofem, in una loro personale versione assolutamente riuscita.

Tracklist
1.Yesteryears
2.South of No North
3.Oldborn
4.Erblicket die Tochter des Firmament (Burzum cover)
5.Tongueless (Part III)
6.Mestreguiral

Line-up
Jordan Bonnet – Drums
Guillaume Morlat – Guitars, Bass, Synths
Julien Henri – Vocals

HEAUME MORTAL – Facebook

Mirror Of Deception – The Estuary

The Estuary si rivela un valido strumento attraverso il quale il doom può giungere anche ad orecchie non specializzate, il che è già per sé già un grande merito per i Mirror Of Deception, oltre a quello riconosciuto di continuare imperterriti a proporre con grande coerenza, dopo una carriera così lunga, musica sempre di ottima qualità.

I Mirror Of Deception sono probabilmente la più nota tra le band tedesche dedite al doom metal nella sua forma più tradizionali.

Del resto, l’inizio della loro storia risale alla prima metà degli anni novanta anche se tutto i loro full length sono stati pubblicati nel nuovo millennio.
Questo ultimo The Estuary arriva dopo una pausa piuttosto lunga rispetto al precedente A Smouldering Fire, uscito nel 2010, ma a giudicare dall’esito le doti e le competenze precipue dei Mirror Of Deception sono rimaste intatte.
The Estuary è infatti un bellissimo lavoro che esalta l’abilità nella band di nel mettere sempre al primo posto la firma canzone, conferendo and ogni brano una connotazione melodica ben delineata senza snaturare in alcun modo la natura del sound.
Brani come To Drown a King, To Dust e Divine sono del tutto esemplificativi delle caratteristiche dell’album, con una maggiore focalizzazione su chorus dalla notevole presa. The Estuary si rivela così un valido strumento attraverso il quale il doom può giungere anche ad orecchie non specializzate, il che è già per sé già un grande merito per i Mirror Of Deception, oltre a quello riconosciuto di continuare imperterriti a proporre con grande coerenza, dopo una carriera così lunga, musica sempre di ottima qualità.

Tracklist:
1.Splinters
2.Orphans
3.At My Shore
4.Magnets
5.To Drown a King
6.To Dust
7.Divine
8.Immortal

Line-up:
Jochen Fopp – Guitars
Michael Siffermann – Guitars, Vocals (lead)
Hans Schwager – Bass, Vocals
Rainer Pflanz – Drums, Vocals

MIRROR OF DECEPTION – Facebook

The Gotobeds – Debt Begins At 30

Una delle migliori uscite noise rock dell’anno che piacerà moltissimo a chi ha amato questo genere negli anni novanta.

Nervoso ed affascinante rock che sfocia nel noise e nel grunge, il tutto di alta qualità e con ottimi ospiti.

Si potrebbe descrivere come sopra in maniera assai riduttiva il nuovo disco dei The Gotobeds da Pittsburgh, città che non capita spesso di associare ad un gruppo musicale, patria però dei Pittsburgh Steelers, e non è poco. Il loro nuovo lavoro è un piccolo manuale del migliore noise rock che si può trovare in giro, partendo dalla tradizione americana per arrivare a nuovi standard. Debt Begins At 30 è un lavoro assai notevole, dove ogni canzone è un flusso di energia molto forte e che investe l’ascoltatore. In mezzo a tutta questa energia la melodia non manca, ed è il vero asse portante della loro costruzione sonora. Per darvi una vaga idea di cosa siano i The Gotobeds prendete i Pavement, metteteci un po’ di Sonic Youth e poi mescolate con il meglio grunge di Seattle e avrete un qualcosa che si avvicinerà. Come al solito la migliore rappresentazione possibile è ascoltare il disco, immergendosi in questo suono minimalista eppure molto ricco e potente. Ci sono tracce urgenti con un’attitudine punk hardcore, altre con una tendenza maggiore al noise, ma è tutto bilanciato molto bene e, soprattutto, il quartetto funziona alla perfezione. Notevoli gli ospiti, c’è la voce di Tracy Wilson dei Positive NO! mentre Mike Seamans e la leggenda Bob Weston suonano su Debt Begins at 30. Visto la relazione strettissima tra le due band, no sorprende che i Protomartyr appaiano su un paio di brani, con Joe Casey su Slang Words e Greg Ahee su On Loan. Il chitarrsta dei Silkworm, Tim Midyett, suona su Parallel e sulle altre tracce compaiono Gerard Cosloy, Matt Barnhart dei Tre Orsi, la bellissima Victoria Ruiz dei Downtown Boys, per finire coi poeti di Pittsburgh Jason Baldinger e Scott MacIntyre. Un parterre ricchissimo, che porta un contributo notevole ad un disco già molto interessante, una delle migliori uscite noise rock dell’anno che piacerà moltissimo a chi ha amato questo genere negli anni novanta.

Tracklist
1. Calquer The Hound
2. Twin Cities
3. Slang Words
4. 2:15
5. Poor People Are
6. Revolting
7. Debt Begins At 30
8. On Loan
9. Dross
10. Parallel
11. Bleached Midnight
12. Debt Begins At 30 (Alt)

Line-up
COOL-U
Depressed Adult Male
OPEN CARY
HAZY LAZER

THE GOTOBEDS – Facebook

Dawn – Dawn

Di non facile presa, questi tre brani sono sicuramente rivolti agli amanti del genere, formando un prodotto decisamente di nicchia ma tremendamente affascinante.

La BloodRock Records ristampa in cd il primo ep delle Dawn, band australiana composta da quattro streghe in attesa del passaggio dei viandanti al limitare del bosco, luogo di antichi riti ed oscuri rituali.

Originariamente uscito tre anni fa , l’omonimo ep del gruppo proveniente da Sydney è composto da tre tracce, una ventina di minuti scarsi di doom, dai rimandi ambient/stoner, in cui l’atmosfera rimane tesa nel suo lento incedere e la chitarra si riempie di energia solo a tratti, per poi seguire il lento e fluido scorrere delle note.
L’opener The Sun ci accoglie con un riff che si spegne per lasciare spazio ad atmosfere cantilenanti, a tratti sembra riprendere forza, ma la lunga discesa nei meandri della musica delle quattro sacerdotesse porta a Wanting, il brano più vario nel suo andamento, pur se inserito nell’ambito di un ambient/doom dalle sfumature stoner e dai rimandi occult rock.
Zombies, brano conclusivo di questo primo ep, lascia che sia lo stoner a prendere in mano il comando del sound, sempre in un’atmosfera messianica ed un andamento ipnotico che non lascia scampo all’ascoltatore in balia dell’incantesimo musicale procurato dalle Dawn.
Di non facile presa, questi tre brani sono sicuramente rivolti agli amanti del genere, formando un prodotto decisamente di nicchia ma tremendamente affascinante.

Tracklist
1.The Sun
2.Wanting
3.Zombies

Line-up
Emily – Vocals, Guitars
Dharma – Guitars, Vocals
Camilla – Bass, Vocals
Kat – Drums, Vocals

DAWN – Facebook

Vader – Thy Messenger

Pochi minuti bastano allo storico gruppo polacco per fare drizzare le antenne ai propri fans ed agli amanti del death/thrash, cinque brani che mostrano fieri il marchio Vader, sinonimo di qualità e potenza.

I polacchi Vader, creatura estrema del cantate e chitarrista Piotr Wiwczarek, licenziano questo ep di cinque tracce intitolato Thy Messenger: non una novità per il gruppo che può vantare una discografia dai numeri importanti specialmente per quanto riguarda ep, live e compilation, oltre ovviamente a quattordici devastanti full length all’insegna di un death/thrash che ha fatto scuola nel mondo del metal estremo.

Thy Messenger è dunque una buona ed ennesima parentesi, in attesa di un nuovo lavoro sulla lunga distanza, successore dell’ultimo Dark Age uscito due anni fa.
Death e thrash come al solito si alleano per trionfare nel mondo del metal estremo, sostenuti da una band che risulta una garanzia di macello musicale, una war machine che piazza in meno di un quarto d’ora cinque mine anti uomo dagli effetti devastanti.
L’opener Grand Deceiver, insieme alla coppia thrash formata da Emptiness e Despair, sono il trio di inediti che confermano la salute di un gruppo arrivato ormai ai trentacinque anni di battaglie musicali, con un tris di brani diretti e potenti che ricordano gli Slayer più feroci degli storici album degli anni ottanta.
Litany è la nuova versione della title track dell’album uscito nel 2000, mentre i Vader lasciano alla cover di Steeler dei Judas Priest il compito di chiudere l’ep e darci appuntamento ad un nuovo monolite death/thrash che sicuramente non tarderà ad arrivare.
Pochi minuti bastano quindi allo storico gruppo polacco per fare drizzare le antenne ai propri fans ed agli amanti del death/thrash, grazie a cinque brani che mostrano fieri il marchio Vader, sinonimo di qualità e potenza.

Tracklist
01. Grand Deceiver
02. Litany
03. Emptiness
04. Despair
05. Steeler

Line-up
Peter – Vocals, Guitars
Spider – Guitars
Hal – Bass
James – Drums

VADER – Facebook

Archaic Decapitator – The Apothecary

Quattro brani più intro per gli Archaic Decapitator, partiti agli inizi di carriera con un sound incentrato sul death metal classico e con il tempo plasmato e trasformato in un melodic death metal dalle influenze nord europee.

Accompagnato dalla splendida copertina creata da Caelen Stokkermans, The Apothecary è il terzo ep pubblicato dai deathsters statunitensi Archaic Decapitator, quintetto proveniente dal Connecticut con alle spalle un full length licenziato nel 2011 (Impalement Ceremonies) ed appunto due ep tra il 2015 e l’anno successivo (The Catherine Wheel e Light Of A Different Sun).

Quattro brani più intro per gli Archaic Decapitator, partiti agli inizi di carriera con un sound incentrato sul death metal classico e con il tempo plasmato e trasformato in un melodic death metal dalle influenze nord europee.
Skyward non lascia dubbi sulle coordinate stilistiche del quintetto, un melodic death metal furioso dove ritmiche mozzafiato fanno da tappeto sonoro ad una cascata di riff dalle melodie valorizzate dall’uso delle tastiere, presenti ma non preponderanti.
Il mid tempo su cui poggia l’ottima Diminishing Returns, risulta una cavalcata metallica a tratti esaltante, così come la devastante e velocissima prima parte della title track, dai rimandi che trovano i natali tra le opere di Dimension Zero, ultimi Naglfar ed Old Man’s Child.
The Apothecary conferma l’ottima proposta degli Archaic Decapitator per i quali sembra giunto il momento per la pubblicazione di un secondo full length che aspettiamo fiduciosi.

Tracklist
1. Circadian Promise
2. Skyward
3. Cruelty of the Host Star
4. Diminishing Returns
5. The Apothecary

Line-up
Kyle Quintin- Vocals
Yegor Savonin- Lead Guitar
Chris Ridley- Rhythm Guitar
Craig Breitsprecher- Bass, Backing Vocals
Gary Marotta- Drums

ARCHAIC DECAPITATOR – Facebook

Kval – Laho

Un lavoro di buona fattura che riesce nell’intento del suo autore di voler trasmettere il dolente sentire di chi è condannato da una sensibilità superiore a sminuzzare all’infinito ogni frammento dell’esistenza.

Laho è il titolo del secondo full length della one man band Kval, guidata dall’omonimo musicista finlandese.

L’album mostra un approccio al black metal decisamente atmosferico ed ammantato di quel velo di malinconia che accompagna, nella maggior parte dei casi, le opere musicali provenienti dal paese dei mille laghi. Anche se certe soluzioni le abbiamo già sentite innumerevoli volte, non si può fare a meno di apprezzare il lavoro del giovane Kval per il gusto melodico che dimostra in ogni frangente e per un inserimento efficace di elementi folk con l’utilizzo di strumenti tradizionali. I quattro lunghi brani sono decisamente validi con menzione d’onore per la title track con la sua alternanza tra passaggi acustici ed ariose aperture melodiche. La bonus track, ripresa strumentale del brano d’apertura Valosula, nulla aggiunge ad un lavoro di buona fattura (e la cosa non sorprende quando un album esce sotto l’egida della Hypnotic Dirge) che riesce nell’intento del suo autore di voler trasmettere il dolente sentire di chi è condannato da una sensibilità superiore a sminuzzare all’infinito ogni frammento dell’esistenza.

Tracklist:
1.Valosula
2.Laho
3.Pohjanriitti
4.Kaihon Kuiskaus
5.Bonus Track

Line-up:
Kval – All instruments

KVAL – Facebook

Darkthrone – Old Star

Permangono alcuni elementi che legano queste canzoni alla storia passata dei Darkthrone e che compongono il filo nero di una carriera che non ha eguali, nella quale Old Star è un punto molto luminoso e soprattutto un monito a tutti : potete fare ciò che vi pare, ma il metal è questo.

Tornano i Darkthrone, uno dei gruppi che hanno maggiormente tracciato la storia del metal nel bene e nel male.

Old Star è la nuova fatica di Fenriz e di Nocturno Culto ed è un disco vecchia scuola nella sua essenza e nella sua epifania. Innanzitutto è un lavoro molto godibile, abbastanza lontano dal black, è solo metal al cento per cento andandone a recuperare gli elementi più puri, vicini ai Celtic Frost soprattutto quando si tratta delle linee di chitarra oppure di natura speed thrash per quando riguarda il resto. Tutto ciò non stupisce più di tanto, essendo Fenriz uno dei veri dispensatori mondiali di metal antico e veloce, come si può sentire nel suo programma radiofonico su NTS. L’amore di Fenriz per il metal vecchio stile è totalizzante ed esce fuori prepotentemente in questo disco, che fin dal titolo è una dichiarazione d’amore per le vecchie vibrazioni. In Old Star tutto è volutamente vintage, ma è più preciso dire che è metal nella sua essenza più pura. Non si cerca la velocità a tutti i costi, prediligendo una costruzione della canzone in maniera che sia una crescita costante, attraverso un vortice di riff e una sezione ritmica che portano l’ascoltatore nelle regioni maledette a sud del paradiso. Era da tempo che il duo norvegese non produceva un disco così coinvolgente e completo, una vera e propria dichiarazione stilistica. Old Star è un lavoro affatto anacronistico, è credibile e molto ben prodotto, è metal marcio e sanguinolento, con giri di chitarra che penetrano il cervello, spazzando via le cazzate sul metal come zona di comfort, perché qui è sempre guerra, ossa e sangue. Permangono comunque alcuni elementi che legano queste canzoni alla storia passata dei Darkthrone e che compongono il filo nero di una carriera che non ha eguali, nella quale Old Star è un punto molto luminoso e soprattutto un monito a tutti : potete fare ciò che vi pare, ma il metal è questo.

Tracklist
1 I Muffle Your Inner Choir
2 The Hardship Of The Scots
3 Old Star
4 Alp Man
5 Duke Of Gloat
6 The Key Is Inside The Wall

Line-up
Gylve Fenriz Nagell
Nocturno Culto

DARKTHRONE – Facebook

Wildroads – No Routine Lovers

Riding On a Flamin’ Road è un lavoro riuscito e un notevole passo avanti per il quintetto di rockers nostrani che avranno di che far divertire i rockers in giro per i palchi della penisola in questa calda estate metallica.

Tornano i toscani Wildroads con il secondo lavoro su lunga distanza: il gruppo guidato dal chitarrista e produttore Nick Capitini torna in forma smagliante con questa nuova raccolta di brani che unisce attitudine tradizionale ed impatto moderno, dando vita ad un lavoro spumeggiante.

No Routine Lovers, licenziato dalla Volcano Records, risulta infatti una detonazione rock’n’roll, una graffiante botta di vita divisa in una decina di brani che uniscono hard rock, sleaze metal e classic rock.
La band non risparmia energia, parte in quarta con Bad Girls Got The Fire, brano diretto e melodico il giusto per catturare fin da subito l’attenzione, continuando nella sua personale riproposizione di stilemi cari alla scena hard & heavy statunitense degli anni ottanta, in una versione più moderna e catchy.
Melodie, sferzate metalliche ed attitudine street rock’n’roll fanno parte del dna di questa raccolta di brani che non concedono tregua, tenendo alta la tensione con scariche elettriche in un sound che, oltre ad una serie di mitragliate rock/metal, regala perle come Way To God, cavalcata metallica dalle atmosfere arabeggianti molto suggestiva.
No Routine Lovers è un lavoro riuscito e un notevole passo avanti per i Wildroads che avranno di che far divertire i rockers in giro per i palchi della penisola in questa calda estate musicale.

Tracklist
1.Bad Girls Got The Fire
2.Rollercoaster
3.Rules Of The World
4.Bring You To The Stars
5.Lords Of Babylon
6.Mindfucked
7.Way To God
8.Mr. Grey
9.Love Song
10.The Night Belongs To The Wild

Line-up
Nik Capitini – Guitars
Giulio Antonelli – Guitars
Kenny Carbonetto – Bass
Michael Cavallini – Voices
Stefano Morandini – Drums

WILDROADS – Facebook

Thunder Brigade – Spirit Of The Night

I Thunder Brigade offrono un personale rilettura del rock americano, lasciando per una volta le solite e scontate ispirazioni post grunge e stoner per inoltrarsi in sonorità dai tratti talvolta cantautorali.

Spirit Of The Night è il primo album dei Thunder Brigade, band formata da Stefano Cascioli (voce e chitarra), Stefano Bigoni (chitarra e lapsteel) e Stefano Lecchi (batteria e percussioni) che ha dato vita ad una raccolta di brani bellissimi in bilico tra rock, blues, southern e psych rock.

L’album, intitolato Spirit Of The Night e licenziato dalla Bagana Records/Pirames International, ci regala una personale rilettura del rock americano, lasciando per una volta le solite e scontate ispirazioni post grunge e stoner per inoltrarsi in sonorità d’autore o ancor meglio cantautorali, se mi si permette il termine.
Un rock acustico dalle atmosfere country, in un clima di tensione emotiva che è uno degli assi nella manica di questa raccolta di brani, un viaggio che riempie di polvere la gola.
Spirit Of The Night lascia un forte sapore di rock classico, assolutamente a stelle e strisce fin dalle prime battute dell’opener Rattlesnakes, nella qualee l’atmosfera è elettrica e southern.
I brani dalle trame acustiche avvicinano i Thunder Brigade al rock di Johnny Cash e Tom Petty, mentre Set You Sails rilassa l’atmosfera dopo una Redemption Road da brividi, tra Lynyrd Skynyrd e Urge Overkill.
La title track è un’altra traccia acustica che unisce il rock sudista al blues e al country, intrisa di atmosfere notturne che trovano un contraltare nelle più ariose e vitali Boogie #7 e soprattutto Rust & Gold, un blues rock d’autore e brano sanguigno oltre misura.
Un plauso va alla sentita interpretazione del cantante Stefano Cascioli, bravo nel saper donare con la sua voce sporcata di attitudine blues/rock il feeling perfetto ad una raccolta di brani da non perdere assolutamente se si è amanti del rock classico a stelle e strisce.

Tracklist
1.Rattlesnakes
2.Beat a Dead Horse
3.Redemption Road
4.Set Your Sails
5.Spirit of the Night
6.Boogie #7
7.Rust & Gold
8.The Wanderer
9.Alright (in the end)

Line-up
Stefano Cascioli – Vocals, Guitars
Stefano Bigoni – Guitars, Lapsteel
Stefano Lecchi – Drums, Percussions

THUNDER BRIGADE – Facebook

VV.AA. – Doomed & Stoned In Australia

Da qualche anno i ragazzi di Doomed And Stoned, che fanno pure un bellissimo podcast su Mixcloud, mettono sul loro bandcamp in download libero bellissime raccolte divise per luoghi, con dentro una miriade di gruppi notevoli.

Incredibile raccolta in download libero dal bandcamp di Doomed And Stoned, un sito di divulgazione scientifica su tutto ciò che è musica pesante, e che è anche fra i promotori e curatori delle mitiche doom charts che trovate qui doomcharts.com/ e che, ogni mese, fanno conoscere al mondo dischi fantastici di musica dai tanti decibel.

Da qualche anno i ragazzi di Doomed And Stoned, che fanno pure un bellissimo podcast su Mixcloud, mettono sul loro bandcamp in download libero bellissime raccolte divise per luoghi, con dentro una miriade di gruppi notevoli. Questo gruppo di amanti della musica raccoglie con passione e anche grande intuito tracce di band o singoli musicisti di una determinata zona per poi riunirli in una raccolta e lanciarli nell’atmosfera. In questo specifico episodio, che è il penultimo, i ragazzi sono andati in Australia e ne sono tornati con 65 canzoni, che sembrano un’infinità ma del resto l’Australia è molto grande. La raccolta è stata assemblata da Clint Willis, curatore della radio australiana Hand Of Doom che vi consigliamo caldamente, e che dal nome avete già capito di che si tratta. Incredibile la varietà di stili e di musiche che possiamo trovare nella ex colonia britannica. Tutto lo spettro della musica pesante e pensante è contemplato, e non è davvero possibile nominare nemmeno un pugno di gruppi che spiccano fra gli altri, perché la qualità è sorprendente. L’Australia è sempre stata un luogo dove la musica pesante è stata presente e di qualità, e Clint Willis nomina questi gruppi fra quelli storici : Christbait, Clagg, Dern Rutlidge, Budd, Thumlock, Pod People, Peeping Tom, Pillow, Ahkmed, Warped, Blood Duster, Stiff Meat e Rollerball, quindi cercateli. Queste raccolte sono fatte anche per invogliare l’ascoltatore a cercare i dischi di queste band, ed equivalgono ad un enorme ed esaustivo catalogo, con il quale partire dal vostro computer per fare dei bei viaggi. Raccolta fantastica per una terra che regala sempre gioie in campo musicale, il tutto in download libero. In questi giorni è uscito il capitolo dedicato al Perù, ma questa è un’altra storia.

Tracklist
1.Religious Observance – Utter Discomfort
2.SUMERU – Summon Destroyer
3.Summonus – Wormhole
4.DROID – Thunder Mountain Wizard
5.Motherslug – Cave of the Last God
6.Pod People – Back To Reality
7.SORE – Her Last Gasp in the Gallows Part I
8.BØG – Warm Smell Of The Dredge
9.OLMEG – Outer Space
10.Mountains of Madness – Unleash The Beast
11.Indica – Clocking Satellites Disparity 441
12.Pigs of the Roman Empire – Johnny The Boy
13.Holy Serpent – Sativan Harvest
14.Judd Madden – Obliterate
15.Comacozer – Axis Mundi
16.Dark Temple – Black Planet
17.Riff Fist – King Tide
18.Potion – Women of the Wand
19.Acid Wolf – Marisol
20.Borrachero – The Ocean
21.Merchant – Guile as a Vice
22.Cement Pig – Badschool Jazz
23.Creep Diets – EYEHATEYOURGUTS
24.DAWN – The Sun
25.Frown – Witches Coven (live)
26.Arrowhead – Hell Fire
27.Dr. Colossus – Holy Driver
28.Golden Bats – Exsanguination
29.Hawkmoth – Charnel Grounds
30.King Zog – Season in Hell
31.Rituals – Wake of a Dead God’s Robe
32.El Colosso – Cannonball
33.Lamassu – Under The Watch Of A Crow
34.Hobo Magic – Sonic Sword
35.The Ruiner – The Bull
36.Powder for Pigeons – Get It Right
37.BAYOU – Magick Swamp Green
38.Wicked City – Circulating Fire
39.Giant Dwarf – Black Thumb
40.Apollo80 – Apollo
41.Kitchen Witch – Third Eye
42.Chaingun – Mesemerised
43.Hotel Wrecking City Traders – Passage to Agartha
44.The High Drifters – Observer
45.Turtle Skull – Eden
46.WitchCliff – Serpents
47.Planet of the 8s – Nowhere Is Right For Now
48.Khan – Control 09:10
49.Lizzard Wizzard – Chaaaaarles
50.OHM RUNE – ETHER
51.Fumarole – Timelord
52.MONARCHUS – Kaleidoscope
53.Stone Lotus – Swamp Coven
54.Spawn – Forgotten Mountain
55.Fly Agaric – Meteora
56.Vessel – Pyramids
57.Moto – Jolo
58.Dirt – Nightmare From The Sea
59.Sloven – Autogenocide
60.Yanomamo – Neither Man Nor Beast
61.ZONG – Giant Floating Head
62.Lucifungus – 411
63.Jack Harlon & The Dead Crows – Witchcraft
64.Pseudo Mind Hive – Red Earth
65.MONOCEROS – Space Dungeon

DOOMED AND STONED – Facebook

Deitus – Via Dolorosa

Quella marchiata Deitus è quindi un’offerta davvero da non sottovalutare e, semmai, da fare propria andando magari a riscoprire il precedente full length Acta Non Verba anche se non si è proprio dei fan incalliti del black metal, perché qui oggettivamente c’è molto di più.

Deitus è il nome di una one man band londinese dedita al black metal e giunta con Via Dolorosa al secondo full length.

Rispetto ad altre realtà omologhe l’operato di questo musicista britannico si merita una doverosa attenzione per un
approccio alla materia non del tutto convenzionale: non che il buon A.G. si metta riscrivere la storia del genere ma la scelta di focalizzarsi su un lavoro chitarristico di grande pregio, includendo anche notevoli passaggi solisti di stampo quasi classico, non è certo un qua cosa che si verifichi con frequenza.
Forse titolo e copertina possono ingannare perché richiamano istintivamente qualcosa di molto più cupo ed abrasivo, ma Via Dolorosa è davvero un lavoro volto che scorre in maniera è così fluida da andare oltre certe minuzie. Se l’impronta scandinava è ben presente questa non fa quindi capo alla frangia più cruda ed oltranzista ma semmai a quella che vede come punto di riferimento gli imprescindibili Dissection.
I cinque lunghi brani si rivelano quindi molto convincenti, con una title track che mette più in evidenza l’abilità chitarrista del nostro e la successiva Salvifici Doloris, che si dipana tra un’indolente incedere che ricorda i Cure di Pornography ed una sfuriata di black tout court, sempre sotto controllo, nella seconda metà.
Quella marchiata Deitus è quindi un’offerta davvero da non sottovalutare e, semmai, da fare propria andando magari a riscoprire il precedente full length Acta Non Verba anche se non si è proprio dei fan incalliti del black metal, perché qui oggettivamente c’è molto di più.

Tracklist:
1. Hallowed Terror
2. Malaise
3. Via Dolorosa
4. Salvifici Doloris
5. Atonement

Line-up:
A. G. – Vocals, Guitars (2004-present)

DEITUS – Facebook

Angel Black – Killing Demons

Album graffiante, abrasivo e potente Killing Demons risulta una partenza convincente per gli Angel Black.

Debuttano su Rockshots records gli statunitensi Angel Black con Killing Demons, album composto da sette brani più la cover dello storico Metal Gods, brano dei maestri Judas Priest.

Ci sono voluti ben sei anni di attività prima che la band desse finalmente alla luce il primo lavoro e Killing Demons non deluderà certo gli amanti del metal classico di matrice Judas Priest, band che insieme ai Primal Fear , risultano le band che più hanno ispirato la creazione di questo lavoro.
Heavy metal tra tradizione ottantiana a tratti potenziata da iniezioni power che avvicinano il sound del gruppo a quello dei Fear di Ralph Scheepers, su Killing Demons non ci si allontana mai da queste coordinate stilistiche e fin dall’opener Strikeforce la strada intrapresa dal gruppo è perfettamente delineata.
Valorizzati dalla prestazione da metal gods del vocalist John Cason, i brani si susseguono potenti e metallici, le chitarre fendono l’aria come mortali katane, mid tempo, power ballad o heavy songs come Black Heart o Killing Me stuzzicano gli appetiti musicali dei fans dell’heavy metal priestiano e dei suoi maggiori interpreti suggellato dalla prestigiosa cover posta in chiusura.
Album graffiante, abrasivo e potente Killing Demons risulta una partenza convincente per gli Angel Black.

Tracklist
1.Strikeforce
2.Cyber Spy
3.Death Mill
4.Black Heart
5.Killing Demons
6.The Dream That Stood aline
7.Killing Me
8.Metal Gods

Line-up
John Cason-Vocals
Mike Jelinek- Guitars
Carl Strohmyer- Bass
Daniel Beck- Drums

ANGEL BLACK – Facebook

Goregäng – Neon Graves

Neon Graves si snoda in un’atmosfera estrema che richiama la vecchia scuola del genere, tra accelerazioni e rallentamenti monolitici: un album che rimane confinato nei classici prodotti per soli fans accaniti del genere, mantenendo le aspettative in quanto ad impatto ed attitudine.

Taylor Nordberg e Jeramie Kling, dopo anni passati a suonare per un buon numero di realtà estreme di matrice death metal (tra le altre ricordiamo Ribspreader, Infernaeon, The Abscence, Wombbath, ed in sede live Soilwork, Necromancing The Stone, Gus G.), uniscono le loro forze nei Goregäng.

Nordberg alla batteria e Kling alla voce e chitarra danno una bella ripassata alla materia con Neon Graves, primo lavoro su lunga distanza dopo l’ep omonimo uscito un paio di anni fa.
Con una dozzina di brani per quaranta minuti circa di death metal old school che risulta un vero massacro, Neon Graves non lascia dubbi sulle intenzioni del duo: investire l’ascoltatore con una violenza death/crust, alternando feroci tempeste di metal estremo e mid tempo potentissimi.
Una raccolta di brani che in molti casi superano a malapena i due minuti forma un devastante esempio di death metal diretto e ruvido, pregno di attitudine crust/punk in un contesto swedish. Neon Graves si snoda in un’atmosfera estrema che richiama la vecchia scuola del genere, tra accelerazioni e rallentamenti monolitici: un album che rimane confinato nei classici prodotti per soli fans accaniti del genere, mantenendo le aspettative in quanto ad impatto ed attitudine.

Tracklist
1.A Cavity In Reality
2.False Flags
3.Cathedral Of Chemicals
4.Silence Is Consent
5.Spray Of Teeth
6.Feeble-Minded Rash
7.Neon Graves
8.Plague Of Hammers
9.Goregang
10.Weightless Sentinels
11.Putrid Judgement
12.This Era Of Human

Line-up
Taylor Nordberg-Drums
Jeramie Kling-Guitars, Vocals

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Directo – … Al Infierno

…Al Infierno è quello che vuole essere, una corsa verso le regioni a sud del paradiso, una perdizione sonora per fans dello stoner, dell’hard rock e del metal più stradaiolo, ed è un disco piacevole ed un ottimo inizio discografico per un gruppo che ha cose da dire ma soprattutto da suonare.

Ascoltare i Directo è come trovare o ritrovare dei compagni di vizi che si credevano perduti, qualcuno che capisce le fiammate che a volte ci ardono dentro senza rimedio e che le hanno messe in musica.

I Directo nascono a Città di Castello provincia di Perugia nel 2010, fondati da ragazzi che amano le sonorità di Black Sabbath e Kyuss, ed infatti i loro concerti si basavano agli inizi sulla discografia del gruppo desertico. Questo …Al Infierno è il loro esordio ed è un disco che contiene uno stoner desert con molte influenze diverse di grande qualità, e che rilascia molte emozioni mai scontate; ascoltandolo si viene trasportati in un luogo molto caldo e con gente non proprio raccomandabile, le chitarre disegnano riff fumosi e sabbiosi, la sezione ritmica spinge in maniera lussuriosa come dei lombi, e la voce è molto adeguata a questo tipo di musica. Nel mondo ci sono moltissimi gruppi simili ai Directo, ma pochi hanno una loro impronta originale, che qui invece è molto marcata e ne rappresenta la natura più profonda. Ascoltando il disco ci si accorge che alla fine questo loro suono così affascinante si può annoverare sotto la dicitura blues, sì questo potrebbe essere blues del deserto, perché il deserto non è per forza quello popolato da scorpioni e bestie varie, ma anche qualsiasi delle nostre provincie italiane, dove non succede mai nulla ma in realtà solo il brutto accade, e dove ci sono forze che ti spingono a fare musica più forte e i Directo ne sono una dimostrazione molto forte.
… Al Infierno è quello che vuole essere, una corsa verso le regioni a sud del paradiso, una perdizione sonora per fans dello stoner, dell’hard rock e del metal più stradaiolo, ed è un disco piacevole ed un ottimo inizio per un gruppo che ha cose da dire ma soprattutto da suonare.

Tracklist
1. Enter The Darkness Gate
2. Electric Phoenix
3. Immortal King
4. Planet’s Dying. Pt.1 (Empty Oceans)
5. Planet’s Dying. Pt.2 (Burning Metal)
6. Bitches, Whorses and Other Furnishings
7. Satan Is A Friend Of Mine
8. Memories Of A Dead Star

Line-up
Zyus (Igor Laurenzi) – Voice
Rado (Simone Radicchi) – Lead Guitar
Bechi (Alberto Rubechi) – Rhythm Guitar
Gaglia (Gabriele Gagliardini) – Bass
Razzola (Stefano Razzolini) – Additional Bass
Bracco (Giacomo Bracchini) – Drums

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Stille Volk – Milharis

L’ascolto del disco ci porta lontano, le canzoni sono come favole per adulti, ma anche per tutte le età, la musica si fa racconto e mito descrivendo un archetipo creato da una cultura che non è morta e della quale bisognerebbe andare molto orgogliosi.

Settimo disco per i francesi Stille Volk, un gruppo che parte dal neofolk per andare molto lontano, intersecando vari generi, riuscendo ad interessare ascoltatori provenienti da molti generi diversi.

Il quartetto celebra i venticinque anni di onorata attività, sempre dalle parti dell’eccellenza musicale e questo disco si spinge ancora oltre. Come argomento in questo lavoro si parla dei miti delle montagne pirenaiche, antichissimo punto di incontro di varie culture e teatro di molti accadimenti. Dire Pirenei significa indicare un’area molto estesa e dalle molte peculiarità, di cui gli Stille Volk fanno rivivere le particolari atmosfere. Si musica la vicenda di Milharis, un patriarca quasi millenario dei Pirenei, un archetipo per indicare l’arrivo della prima neve e la venuta del cristianesimo in un’area fortemente pagana. La musica di Milharis è qualcosa di mistico ed ancestrale, la summa di tutto ciò che gli Stille Volk hanno fatto in questi venticinque anni di carriera, o meglio sarebbe a dire di continua evoluzione. L’ascolto del disco ci porta lontano, le canzoni sono come favole per adulti, ma anche per tutte le età, la musica si fa racconto e mito descrivendo un archetipo creato da una cultura che non è morta e della quale bisognerebbe andare molto orgogliosi, che gli Stille Volk celebrano in maniera molto adeguata. Il gruppo francese ha sempre avuto difficoltà ad immedesimarsi nella scena neofolk, ed infatti propone qualcosa che va ben oltre questo genere, e soprattutto ha una visione storica e metastorica molto diversa rispetto a tanti gruppi attuali. Il neofolk è infatti un terreno molto scosceso, soprattutto sul versante politico, ma qui vige la totale assenza di qualsivoglia intento similare: gli Stille Volk sono un gruppo da interpretare alla sola luce della loro musica, che è ricchissima e splendida. Il medioevo qui viene sublimato attraverso uno studio molto attento, sia dal punto di vista musicale che da quello storico, per un risultato fra i migliori possibili. La ricchezza del loro suono permette ed invita a molteplici ascolti, e ogni nuovo passaggio regala qualcosa di nuovo e di affascinante. Un’altra tappa di un viaggio meraviglioso.

Tracklist
1.Sous la peau de la montagne
2.L’aurost lunaire
3.Incantation mystique
4.Le crépuscule du pâtre
5.La mòrt de Milharis
6.Dans un temps qui n’a pas d’histoire…
7.La grotte du jadis
8.Sacré dans la tourmente
9.Neige que versa le ciel noir…
10.Parmi les monts oubliés

Line-up
Lafforgue: chant, vielle à roue, flutes, cornemuse, cornamuse, chalémie, bombarde…
Roques: choeurs, nyckelharpa, mandoline, bouzouki, mandoloncelle, luth arabe, violon, guitares…
Sarg: choeurs, guitare, boudègue, caremère
Arexis: percussions, samples

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Wendigo – Wasteland Stories

Questo primo full length lascia intravedere buone potenzialità, anche se la band deve assolutamente trovare il bandolo della matassa del proprio sound, puntando su quello che sa fare meglio, suonare stoner metal.

I Wendigo sono un gruppo tedesco fondato nel 2012 la cui discografia ha inizio con la pubblicazione dell’ep Initiation nel 2016, mentre questo nuovo lavoro vede la band cimentarsi per la prima volta su lunga distanza.

Il sound del gruppo miscela una manciata di generi che vanno dall’heavy metal, all’hard rock, passando con buona disinvoltura tra atmosfere doom classiche ed altre più moderne e stoner.
L’opener The Man With No Home risulta un buon sunto di quanto scritto, con il quintetto che nell’arco di quattro minuti passa da un genere all’altro, forzando un po’ troppo sugli evidenti cambi di atmosfere imposte dai generi.
Le cose prendono una strada lineare nei due brani successivi dove l’hard rock venato di stoner metal prende il comando del sound, risultando sicuramente più convincente.
Anche la voce del singer Jorg Theilen sembra più a suo agio quando le note scorrono sulle strade impolverate e scaldate dal sole del deserto, mentre fatica quando deve prendere note alte imposte da refrain di stampo heavy metal.
Il cuore di Wasteland Stories, rappresentato dalle due parti di The Lonesome Gold Digger, tocca addirittura momenti estremi con uno scream che irrompe su atmosfere doom, accentuate in Iron Brew, brano di matrice Count Raven.
Questo primo full length lascia intravedere buone potenzialità, anche se la band deve assolutamente trovare il bandolo della matassa del proprio sound, puntando su quello che sa fare meglio, suonare stoner metal.

Tracklist
1. The Man With No Home
2. Desert Rider
3. Back In The Woods
4. Dagon
5. The Lonesome Gold Digger Pt. I
6. The Lonesome Gold Digger Pt. II
7. Iron Brew
8. Staff of Agony
9. Mother Road

Line-up
Jorg Theilen – Vocals
Eric Post – Guitars
Jan Ole Moller – Guitars, Vocals
Lennard Viertel – Bass, B.Vocals
Steffen Freesemann – Drums

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The Lord Weird Slough Feg – New Organon

New Organon, rilasciato per la Cruz Del Sur Music, è composto da dieci bellissimi brani che racchiudono l’essenza dell’epic metal, il suo lato più maturo e diretto, non concedendosi mai a facili melodie, ma elaborando un personale approccio ad un genere per niente facile da proporre ad alti livelli.

Tornano Mike Scalzi ed i suoi Slough Feg, con il monicker completo The Lord Weird Slough Feg ed un nuovo album, il decimo di una lunga carriera iniziata nel 1990 a San Francisco.

Il quartetto statunitense con al timone il suo capitano viaggia spedito nelle acque sicure di un sound collaudato che all’epic metal unisce elementi folk, ritmiche per nulla scontate e progressive a supportare tematiche di stampo fantasy.
La band, dal monicker ispirato ad una creatura leggendaria presente nei poemi epici e mitologici irlandesi, rilascia un ottimo lavoro che ne conferma lo status di band di culto, permettendo di arrivare alla doppia cifra in quanto a full lenght con degli album migliori.
New Organon, rilasciato per la Cruz Del Sur Music, è composto da dieci bellissimi brani che racchiudono l’essenza dell’epic metal, il suo lato più maturo e diretto, non concedendosi mai a facili melodie, ma elaborando un personale approccio ad un genere per niente facile da proporre ad alti livelli.
Fin dall’inizio si viene catapultati dal quartetto statunitense in un mondo metallico in cui sua maestà il riff è signore e padrone di un sound che, come da tradizione, è legato all’heavy doom settantiano, pur con la sua forte caratteristica epica che aggiunge sfumature ed ispirazioni di stampo Manilla Road.
L’anima progressiva valorizza il tutto e New Organon risulta un altro ottimo lavoro targato The Lord Weird Slough Feg, grazie ad una serie di brani bellissimi come The Apology, Uncanny e la solare Coming of Age in the Milky Way, folk metal song che disegna nella mente degli ascoltatori piazze popolate di castelli nei giorni di festa.
Un gran bel lavoro questo nuovo capitolo della saga del gruppo di San Francisco che si conferma un valido riferimento per gli amanti dell’epic/heavy/folk metal.

Tracklist
1. Headhunter
2. Discourse on Equality
3. The Apology
4. Being and Nothingness
5. New Organon
6. Sword of Machiavelli
7. Uncanny
8. Coming of Age in the Milky Way
9. Exegesis / Tragic Hooligan
10. The Cynic

Line-up
Mike Scalzi – Vocals / Guitar
Adrian Maestas – Bass
Angelo Tringali- Guitar
Jeff Griffin – Drums

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LE INTERVISTE DI OVERTHEWALL: TENEBRA

Grazie alla reciproca collaborazione con la conduttrice radiofonica Mirella Catena, abbiamo la gradita opportunità di pubblicare la versione scritta delle interviste effettuate nel corso del suo programma Overthewall, in onda ogni domenica alle 21.30 su Witch Web Radio.
Questa volta è il turno dei bolognesi Tenebra.

MC Ci raccontate la genesi della band?

Emilio: I Tenebra si formano ufficialmente alla fine del 2017, ma già 5 o 6 anni prima io e Mesca, il nostro batterista, avevamo provato a mettere su un gruppo heavy rock, senza però riuscire mai a trovare un cantante che ci convincesse.
Senza speranza misi un annuncio su Villaggio Musicale con allegati dei demo. Dopo qualche tempo si fece avanti Silvia e la sua voce ci convinse subito. Claudio era uno del nostro giro e ci piaceva come suonava il basso. Il resto è storia! 😀

MC Come definireste il vostro genere musicale e quali sono le tematiche che affrontate?

Silvia: Lo definirei heavy rock. Il tessuto tematico interpreta la mia dimensione interiore, ed è intimamente connesso al mondo dell’occultismo, della letteratura e della poesia.

MC Parliamo dell’album. Com’è stato l’impatto con il pubblico e la critica? E’ andato tutto secondo le vostre aspettative?

Emilio: Abbiamo registrato il disco con l’aiuto di Bruno Germano, mio ex socio alle chitarre nei Settlefish, in presa diretta, al Vacuum Studio: what you hear is what you get.
Spedì dei premix in giro e ci rispose qualche etichetta, ma i più entusiasti sembravano quelli di BloodRock di Genova.
Purtroppo è stata una fregatura, perché BloodRock, dopo mille rinvii ci ha lasciati al nostro destino senza darci particolari spiegazioni. La fregatura fu doppia perché rifiutammo altre offerte dato che BloodRock si era dimostrata così entusiasta.
Insomma, per farla breve, convinti anche da Marco Gargiulo, che adesso ci sta dando una mano con la promozione di Gen Nero, abbiamo optato per una autoproduzione, un sistema che comunque riteniamo sempre valido, dato anche il nostro passato nel giro hardcore/punk diy.
Il disco è uscito solo in vinile, siamo contenti delle reazioni che sta suscitando, le recensioni sono buone e anche dopo i live riceviamo sempre parecchi complimenti. Insomma non possiamo lamentarci.

MC Chi scrive i testi e le melodie?

Silvia: Io.
Emilio: La parte musicale nasce spesso dall’idea di un singolo, ma poi viene ampiamente sviluppata da tutta la band, è assolutamente un lavoro collettivo.

MC Si parla spesso di supporto alle band underground e molto di questo sostegno è dato dai fans. Che rapporto avete con il pubblico che vi segue?

Emilio: siamo ancora molto agli inizi per poterti rispondere. Come dicevo prima la risposta ai pezzi è buona ed è divertente, per uno come me che ha iniziato a suonare in epoca pre-internet e pre-social vedere che c’è gente che ti conosce negli stati uniti o in giappone solo perché hai postato il tuo pezzo da qualche parte.

MC Ci saranno dei live a supportare il nuovo album?

Emilio: Abbiamo già fatto una piccola tranche di concerti, ma si avvicina l’estate e il disco è uscito troppo tardi, “grazie” a BloodRock per essere inseriti nei festival estivi. Ad ottobre faremo altre date tra cui sicuramente una delle più importanti è la nostra partecipazione al Krakatoa Fest IV che si terrà a Bologna al TPO. Un festival molto bello organizzato dai ragazzi del Freakout.
Poi più in là, in inverno, probabilmente torneremo a registrare.

MC Dove i nostri ascoltatori possono seguirvi?

Emilio: Abbiamo una pagina Facebook e una pagina Bandcamp.
Presto saremo anche sulle altre piattaforme, poi ovviamente ci sono i concerti!

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