Ace Frehley – Spaceman

Spaceman è un album bellissimo, una raccolta di brani che, per chi ama il rock a stelle e strisce, diventa imperdibile, in quanto scritto e suonato da quello che è di diritto uno dei personaggi più amati del mondo patinato del rock’n’roll.

Lo Spaceman è tornato sulla terra e questa volta ha intitolato il nuovo album proprio come il personaggio che gli ha dato l’immortalità artistica nel gruppo mascherato più famoso del mondo.

Ace Frehley torna dopo quattro anni dall’ultimo album di inediti (Space Invaders), con l’amico Gene Simmons non solo suggeritore del titolo che risulta un tributo al leggendario chitarrista, ma co-autore e bassista in due brani, Your Wish Is My Command e Without You I’m Nothing.
Ovviamente l’album ripercorre quelle comete già visitate da Ace nel suo disco solista del 1978, quello che portava il suo nome ed il suo volto mascherato cosi come quelli degli altri tre baci, risultando il migliore dei quattro.
Ma veniamo a questa nuova, spettacolare e travolgente prova intitolata Spaceman e composta da otto brani inediti più la cover di I Wanna Go Back di Eddie Money.
L’album è una sorta di autobiografia del chitarrista americano, il quale racconta degli inizi nel mondo del rock con Bronx Boy, i tour con i Kiss in Rockin’ With The Boys, e i suoi amori (tanti) ed una vita spesa in quel rock’n’roll style tanto amato dalle generazioni di rockers che si sono date il cambio in tuti questi decenni.
E di rock e delle sue tante storie lo Spaceman è cantore, in questa raccolta di brani che, anche se si posizionano nel mondo Kiss, aprono come sempre a tutte le maggiori influenze dell’artista americano, da Elvis a Chuck Berry e, perché no, fino ai Beatles.
Spaceman è un album bellissimo, una raccolta di brani che, per chi ama il rock a stelle e strisce, diventa imperdibile, in quanto scritto e suonato da quello che è di diritto uno dei personaggi più amati del mondo patinato del rock’n’roll.

Tracklist
1. Without You I’m Nothing
2. Rockin’ With The Boys
3. Your Wish Is My Command
4. Bronx Boy
5. Pursuit Of Rock N’ Roll
6. I Wanna Go Back
7. Mission To Mars
8. Off My Back
9. Quantum Flux

ACE FEHLEY – Facebook

Hierophant – Spawned Abortions

I deathsters romagnoli Hierophant sono rimasti in tre, ma la devastante carica estrema e maligna che li ha sempre contraddistinti è rimasta immutata

I deathsters romagnoli Hierophant sono rimasti in tre, ma la devastante carica estrema e maligna che li ha sempre contraddistinti è rimasta immutata.

La band, torna con questo 7” in cui troviamo nel lato A l’inedito Spawned Abortions, che conferma la proposta assolutamente sopra le righe dei ravennati, e nel lato B la cover del classico Realm Of Chaos dei leggendari Bolt Thrower.
Il death metal feroce e carico di malata attitudine hardcore ci investe in tutta la sua furia in Spawned Abortions, nuovo massacro sonoro di scuola Hierophant all’insegna del, caos primordiale, un attacco frontale che si trasforma in una mattanza quando le note della storica Realm Of Chaos, tornano a dispensare morte e sofferenza.
Lorenzo Gulminelli (voce e chitarra), Ben Tellarini (batteria) ed il nuovo arrivato Fabio Carretti (basso e voce) sono le figure che stanno dietro questo mostro sonoro chiamato Hierophant, una delle realtà più convincenti dell’ottima scena death metal tricolore.

Tracklist
1.Spawned Abortions
2.Realm Of Chaos

Line-up
Lorenzo Gulminelli – Vocals/Guitar
Ben Tellarini – Drums
Fabio Carretti – Bass/Vocals

HIEROPHANT – Facebook

MINERVIUM – ETERNO E OMEGA

Buon ep d’esordio per questo combo black metal di Catanzaro. Un primo passo, sicuramente non falso, che molto ci racconta delle espressioni tipiche del genere mediterraneo, sia per liriche e tematiche proposte, che per linguaggio e manifestazione musicale

Quando si parla di black metal immediatamente si pensa a satanismo, anticristianesimo, occultismo o a tematiche (spesso molto care ad un certo black francese) più legate a stati d’animo umani connessi con la depressione, la disforia, la grigia malinconia e frequentemente anche misoginia, odio, avversione nei confronti di tutto e tutti (il cosiddetto “Anti”).

Ma quando ci si appropinqua a band provenienti dalla Grecia e, appunto, dalla nostra penisola, si può spesso incappare in produzioni fortemente influenzate dall’antichità classica (Magna Grecia ed Impero Romano).
I Minervium – già il nome ci riconduce immediatamente ad una precisa fase storica del nostro Paese – non fanno eccezione.
La Colonia Minervia, o più semplicemente Minervium, fu un territorio romano (inizialmente conosciuto come Solacium, città del letterato Cassiodoro – siamo circa cent’anni prima di Cristo) sito proprio sulla costa ionica, poco più a sud di Catanzaro, città natale della band, composta da Vulr (voce, all’anagrafe Kristian Barrese), Antonius Pan (chitarra), Angelo Bilotta (batteria) e Gianluca Molè (basso).
Apprezzando indubbiamente il loro attaccamento alla propria terra natia, ammiriamo volentieri il black metal da loro proposto – cantato in italiano – sicuramente di ottima fattura. Il combo, esplicitamente influenzato da quella che io definisco “fascia mediterranea” (Portogallo, Grecia e ovviamente Italia su tutte), esordisce con questo ep di 5 tracks, uscito oggi in formato digitale, ma previsto su cd il prossimo gennaio per l’attivissima russa Narcoleptica Productions (già label di band quali Darkestrah, Ritual americani e di altre 50 bands circa).
Dopo l’intro Il canto del mare (un melodico arpeggio, cullato dal leggiadro suono di onde che si infrangono sulla battigia), la prima vera track Invocando il passato, mostra fin da principio, quanto i nostri abbiano a cuore miscelare ad uno dei più classici black metal, viete atmosfere, momenti di secolare doom e nostalgiche malinconie di un antico nostro passato che fu. Anche le successive due canzoni (Cenere e la title track) paiono impregnate di vetusto passato, dove l’Antico ne imbeve ogni singola nota. Interitus (dal latino = annientamento) , ultimo breve momento strumentale di veloce black, più che categorico annullamento, a chiusura definitiva, ci appare come un nuovo inizio, un trait d’union con la prossima produzione, quasi che fosse l’attacco iniziale della prima track di un imminente probabile futuro album.
Non manca nulla: tremolo, scream, blast beat, up-tempo e mid-tempo, sapientemente alternati, armonicamente amalgamati, e soprattutto ben bilanciati, per non indurre mai l’ascoltatore, né alla noia e al sonno indotti dalla ripetitività dei tempi cadenzati, né alla schizofrenica monotonia delle hyper velocità fini a se stesse. Sonnamboliche atmosfere contornano tutto l’album, e il cantato in italiano clean spesso rende il tutto ancor più arcaico, d’un fascino remoto.
L’ascolto è piacevole, le sonorità sono limpide e la definizione musicale dei singoli strumenti ripone indubbiamente a loro favore. Una produzione all’altezza, ci permette inoltre di apprezzare le buone capacità tecniche dei ragazzi di Catanzaro. Ovvio, non siamo di fronte all’album che sconvolgerà le masse (è comunque un mini-album di esordio, ricordiamolo), ma sicuramente arricchisce la nostra scena, e propone una “new entry” che potrà dire la sua, in un futuro prossimo, in un scena, quella del black nostrano, sempre più imperiosamente ai vertici mondiali del genere.
In attesa di un full-length, ci godiamo appieno il nuovo arrivato, ma che profuma di antichi aromi e di primeve fragranze musicali.

Tracklist
1. Il canto del mare
2. Invocando il passato
3. Cenere
4. Eterno e omega
5. Interitus

Line-up
Gianluca M. – Bass
Angelo B. – Drums
Antonius Pan – Guitars
Vulr – Vocals

MINERVIUM – Facebook

BRVMAK

Il video di “Genesis”, dall’album “In Nomine Patris”, in uscita a 27 ottobre (Sleaszy Rider Records).

Il video di “Genesis”, dall’album “In Nomine Patris”, in uscita a 27 ottobre (Sleaszy Rider Records).

http://goo.gl/FsX77D

I Progressive Death Metallers Brvmak hanno pubblicato il nuovo video per il brano “Genesis”, secondo singolo tratto dall’album “In Nomine Patris”, disponibile in pre-order ed in uscita il 27 ottobre per Sleaszy Rider Records.

Il frontman Sergio Rosa commenta:
“Il brano è focalizzato sull’evento biblico della Genesi, quando Adamo ed Eva scelgono il percorso della conoscenza attraverso la mortalità sulla terra, piuttosto che l’immortalità nell’Eden. È facile comparare questa storia all’esistenza umana attuale, pervasa da un costante senso di incompletezza, che può essere riempito solo dalla conoscenza”.

Il video è stato diretto da Francesco Ricciardi presso Spazio Cales – Interno36, attrici: Sara Carturan, MUA – Martina Fiorini.

“In Nomine Patris” è disponibile in pre-order nel formato jewel case CD con booklet di 12 pagine che include un poster A4 autografato, solo per i primi 50.

PRE-ORDER qui : http://goo.gl/Rvyivs

Tracklist :

1. Preludio Alla Genesi
2. Genesis
3. Tetragrammaton
4. Preludio All’Oblio
5. Oblivion
6. Vindictae
7. Omnipotence
8. Golgota
9. Toccata In Si Minore
10. Revelations

Registrato, mixato e masterizzato presso Time Collapse Recording Studio di Roma da Alessio Cattaneo e Riccardo Studer (Novembre, Ade, Scuorn).
Special guest: Paul Masvidal (Cynic).
Cover artwork di Graziano Roccatani.

Out 27th October 2018 via Sleaszy Rider Records.

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?Alos – The Chaos Awakening

Questo lavoro è l’esatto contrario di linearità, si avvicina per sommi capi a qualcosa che possiamo chiamare dark ambient, ci sono loop e droni ma tutto ciò è davvero oltre la musica, è come entrare in una foresta di notte in acido.

Venti minuti di un antico rituale messo in musica, suggestioni, rumori e suoni che provengono da un’altra dimensione, da un tempo nel quale l’umanità aveva una composizione fisica che si legava direttamente agli elementi naturali e non al silicio o ad una scheda madre.

?Alos è una sciamana che opera e ha operato con OvO e con Allun, e ora sta continuando la sua avventura solista. Parlare di musica è davvero superfluo in questo caso perché si va molto oltre essa, si entra in un portale dove tutto è ciò che sembra solo se si decide di essere altro da sé, come ?Alos, che ha registrato questa performance dal vivo a Valico Terminus a Ramiseto, un’azienda agricola e casa rurale per artisti sita in un crocevia fra Emilia Romagna e Toscana, dove si incontrano molte forze, come ci insegnavano gli antichi.
?Alos dopo aver trattato la Terra e L’Aria, passa ora a descrivere l’Acqua ed il Fuoco, con questa traccia unica che esplora molti tipi di femminino diversi, perché la storia dell’uomo, e soprattutto della donna, non è andata come ce la raccontano, è molto più complessa e conflittuale, e molto probabilmente non la conosceremo mai. Il titolo The Chaos Awakening dice già moltissimo sulla struttura e sulle intenzioni di Stefania Pedretti, perché pur senza adorare il caos lo descrive come unica via possibile di vita, partendo dalla profonda convinzione che non siamo affatto perfetti, ma che dobbiamo saper rapportarci a forze molto più grandi di noi e che abbiamo lasciato sopite per troppo tempo, convinti che la conoscenza scientifica lo avrebbe fatto fuggire. Questo lavoro è l’esatto contrario di linearità, si avvicina per sommi capi a qualcosa che possiamo chiamare dark ambient, ci sono loop e droni ma tutto ciò è davvero oltre la musica, è come entrare in una foresta di notte in acido. L’ultimo disco di ?Alos è fortemente catartico perché risveglia qualcosa dentro di noi che è dormiente ma che è innato, e che è stato spezzato da questa supposta superiorità del moderno rispetto all’antico visto e vissuto come un’epoca oscura e disagiata, mentre il domani non è quasi mai esistito per l’uomo; la Signorina Alos è qui per ricordarci che siamo come sopra è sotto, e che il caos è sempre in agguato.

Tracklist
1. The Chaos Awakening

Line-up
?Alos – Vocals, flute, modular synthesizer,
The Chaos Scepter, bells and other vietnamese instruments –

?ALOS – Facebook

Baest – Danse Macabre

La band danese è una vera bestia estrema che si affaccia sul mercato con un lavoro improntato sul death metal di matrice scandinava, mettendo in pratica gli insegnamenti dei maestri e portando a casa un giudizio più che positivo, guadagnato per un impatto notevole ed una produzione scintillante.

Un demo ed un ep, entrambi usciti nel 2016, sono stati sufficienti ai Baest per approdare alla Century Media, che licenzia il loro debutto sulla lunga distanza.

La band danese, come suggerisce il monicker in lingua madre, è una vera bestia estrema che si affaccia sul mercato con un lavoro improntato sul death metal di matrice scandinava, mettendo in pratica gli insegnamenti dei maestri e portando a casa un giudizio più che positivo, guadagnato per un impatto notevole ed una produzione scintillante.
Ovvio che all’ascolto di Danse Macabre non si rinviene la benché minima traccia di originalità, perché tutto è perfettamente in linea con quanto proposto da Entombed, Bloodbath e compagnia a suo tempo, quindi il consiglio e di tuffarsi nella macabra danza sbattendo a dovere la vostra testolina senza porsi troppe domande.
L’album si apre con il singolo Crosswhore, esempio lampante della devozione del gruppo danese per le band citate e per lo swedish death in genere, quindi tra le varie Hecatomb, Danse Macabre e la conclusiva Ego Te Absolvo si trovano mid tempo, accelerazioni, atmosfere monolitiche ed oscure ed una serie di melodie che a tratti rendono il sound catchy.
La produzione, come scritto, è perfetta, magari per qualcuno fin troppo cristallina e pulita, ma sicuramente inattaccabile dal punto di vista della resa, quindi se amate il genere nella sua veste più tradizionale, questa nuova proposta targata Century Media non potrà che regalarvi una mezz’ora abbondante di soddisfacente metal estremo.

Tracklist
1. Crosswhore
2. Hecatomb
3. Danse Macabre
4. Atra Mors
5. Messe Macabre
6. Ritual
7. Vortex
8. Ego Te Absolvo

Line-up
Simon Olsen – vocals
Svend Karlsson – guitars
Lasse Revsbech – guitars
Mattias ‘Muddi’ Melchiorsen – bass
Sebastian Abildsten – drums

BAEST – Facebook

METEORE: MESTEMA

I fratelli sfortunati di Massacra e Mercyless. Breve apparizione di 4 anni sulla scena Death Transalpina e 4 demo di ottima fattura. Scioltisi troppo presto e senza alcuna produzione su vinile. Da ricordare per conoscere meglio la scena Death Metal francese di allora.

Penso tutti sappiano cosa sia una meteora. Un corpo celeste che entrando nella nostra atmosfera si incendia a causa dell’attrito e con elevata velocità  passa alla nostra vista seducendoci con la sua bellezza per poi scomparire. La meteora può passare accanto al nostro pianeta senza impattarlo mai, in alcuni casi può anche creare sconvolgimento e panico colpendolo. In senso musicale molte ne sono cadute ed a volte ancora ne cadono sul pentagramma della storia della musica. Questa rubrica vuole essere uno strumento astronomico in grado di individuarle e permetterci di analizzarle, catalogarle per capire se saranno in grado di colpirci oppure solamente sfiorarci per poi morire.

MESTEMA

I Mestema, combo francese nato nel 1988, sono quello che di più si avvicinerebbe ai divini connazionali Massacra, avessero solo avuto un po’ più di fortuna e non si fossero fermati alla demo, come unica loro produzione. Autori di un ottimo Death Metal di tipico stampo transalpino, “spalmato” su 4 demotapes, i Mestema ebbero davvero vita breve. Unicamente 4 anni “on the road” e poi più nulla. Ci lasciano in eredità 4 nastri, tra cui The way of stupidity, forse la demo che riscosse a quel tempo i maggiori successi (era il 1991). Nel combo unicamente Pierre Lopez (basso e voce) David Kempf (batteria) vantano qualche partecipazione di rilievo in band note: Mr. Lopez in “Sure to be sure” dei francesi Mercyless (album del 2000) e Mr. Kempf in C.O.L.D. sempre della band di Max Otero (siamo nel 1996) e una breve collaborazione con i Neoclassici Dark Ambient parigini Elend (ma nessuna attiva partecipazione come strumentista, anche perché questi ultimi non utilizzano batteria…).

Discography:
Horrifying Sight – Demo – 1990
Horrifying Sight / The Way of Stupidity Split Demo – Demo – 1991
The Way of Stupidity – Demo – 1991
Mestema – Demo – 1992

Line-up
Pierre – Bass, Vocals
David – Drums
Thierry – Guitars
Christian – Guitars, Vocals

https://www.youtube.com/watch?v=74NKphfxhkk

Riven – Hail To The King

Trattandosi della prima uscita con il marchio Riven,  Hail To The King strappa una comoda sufficienza, non solo di stima ma anche per le valide intuizioni, sicuramente da sviluppare in futuro, disseminate nei primi due brani.

Esordio per la one man band Riven, creatura del musicista belga Zeromus (Tom Mesens).

Quello offerto in Hail To The King è un funeral doom piuttosto minimale ma apprezzabile, anche se la distanza qualitativa rispetto ai modelli ai quali Mesens si rifà resta decisamente marcata.
Skepticism, Thergothon, Evoken and Ahab vengono indicati quali fonti di ispirazione in sede di presentazione, ma in realtà sono le due band finlandesi a contribuire in maniera pressoché totale all’idea compositiva messa in campo per l’occasione.
Dei primi troviamo sicuramente il ricorso all’organo, strumento che offre sempre aspetti peculiari all’interno dei lavori in cui viene utilizzato in maniera più corposa, mentre dei secondi si rinviene soprattutto un certo minimalismo sia a livello compositivo che di produzione.
I tre lunghi brani, tutti della durata di poco inferiore al quarto d’ora, si snodano così come ce li si sarebbe aspettati:  lenti, solenni ma anche fin tropo lineari in certi frangenti; uno dei problemi dell’album è che l’intensità va a scemare man mano che si procede lungo la tracklist e così, mentre The Plague e The Bells Sound Once More sono tutto sommato buone tracce nella quali Mesens lascia trasparire in maniera più decisa la propria devozione agli Skepticism (cosa che non può mai essere nociva, per forza di cose), la title track si trascina senza mai decollare a livello di coinvolgimento emotivo.
Insomma, ci sono diverse cose da rivedere, sia per quanto riguarda il comparto esecutivo, sia per l’equilibrio dei suoni (in particolare quelli della batteria) ma, trattandosi della prima uscita con il marchio Riven,  Hail To The King strappa una comoda sufficienza, non solo di stima ma anche per le valide intuizioni, sicuramente da sviluppare in futuro, disseminate nei primi due brani.

Tracklist:
1. The Plague
2. The Bells Sound Once More
3. Hail to the King

Line-up:
Tom Mesens (aka Zeromus): All instruments and vocals

RIVEN – Facebook

Last Rites – Nemesis

Un’entusiasmante raccolta di brani, consigliata con colpevole ritardo rispetto all’uscita, ma non per questo meno meritevole della doverosa attenzione da parte degli appassionati di metal estremo.

Vent’anni di thrash/death di alto livello festeggiati con questo nuovo lavoro composto da cinque brani inediti e tre composizioni rifatte per l’occasione.

Parliamo dei Last Rites, nome storico della scena ligure, essendosi formati a Savona nel 1997 ed arrivati ad oggi con un curriculum che consta di otto lavori tra full length, live ed ep, vari cambi di line up e tanta passione.
Nemesis, licenziato dalla MASD Records, è stato registrato, mixato e masterizzato presso il Blackwave Studio di Genova da Fabio Palombi e risulta una travolgente bassa pressione metallica che dal golfo ligure ci investe con la sua potenza, in uno tsunami di cambi di tempo e roboanti solos che si scambiano la scena, tuonando tra lampi e fulmini, ritmiche mozzafiato ed uno scream che è l’urlo arrabbiato e aggressivo degli dei del thrash metal contro il genere umano.
Davvero entusiasmante questa raccolta di brani, che vedono la band partire all’attacco con l’opener Paradox Of Predestination e non fermarsi più, almeno fino a Glory To The Brave, outro del brano Fallen Brother dedicato al compianto chitarrista Vic Mazzoni scomparso lo scorso anno.
Mezz’ora di saliscendi tra le onde in burrasca, con la costa sferzata dal vento metallico chiamato Nemesis, ed i Last Rites ad impartire una lezione di metal estremo, con i Carcass di Heartwork a jammare con i Kreator e gli ultimi Necrodeath in brani spettacolari come Ancient Spirit, Human Extinction e la conclusiva, Soul’s Harvest.
Un album bellissimo che MetalEyes consiglia con colpevole ritardo rispetto all’uscita, ma non per questo meno meritevole della doverosa attenzione da parte degli appassionati di metal estremo.

Tracklist
1. Paradox of Predestination
2. Architecture of Self-Destruction
3. 26.04.86
4. Ancient Spirit
5. Fallen Brother – Glory to the Brave (Outro)
6. Human Extinction
7. Realm of Illusions
8. Souls’ Harvest

Line-up
Dave – Vocals, Guitars
Bomber – Guitars
Fens – Bass
Laccio – Drums

LAST RITES – Facebook

Venues – Aspire

Molti gruppi dello stesso genere hanno meno talento dei Venues e Aspire è un debutto che li porterà lontano, facendosi apprezzare da chi ama una certa deriva melodica e molto radiofonica del metal moderno, tutto sommato però altrettanto innocua.

Dalla Germania, terra assai feconda per il modern metal ed il post hardcore, arrivano i Venues, carichi di pop e tanto sentimento.

Definire post hardcore questo disco non è propriamente corretto, perché le coordinate corrette sono pop e un pizzico di metal, con una produzione abbastanza piatta, sbilanciata fortissimamente verso un pubblico di giovanissimi a cui il disco piacerà moltissimo ed è giusto così. La maggior parte degli ascoltatori di questo lavoro saranno ragazzi e ragazze molto giovani ed è a loro che è diretto questo feuilleton, melenso solo per un pubblico più anziano, mentre invece qui c’è molta energia e tantissima melodia, in qualche passaggio fin troppa e forzata. Aspire è un disco nel quale la voce di Nyves regala aggressività femminea e dolcezza e si bilancia benissimo con il cantato maschile. Anche il loro look è molto giovane ed attuale, e tutto ciò ha sicuramente la sua parte, come ha sempre avuto nel metal, dove anche la trascuratezza spesso è calcolata, a seconda del pubblico al quale ci si deve rivolgere. Funziona tutto molto bene in questo debutto del gruppo tedesco, ed è infatti un ottimo prodotto per un pubblico selezionato, rischiando alla fine d’essere solo confezionato molto bene ma senza cuore, almeno l’impressione è appunto questa. Molti gruppi dello stesso genere hanno meno talento dei Venues e Aspire è un debutto che li porterà lontano, facendosi apprezzare da chi ama una certa deriva melodica e molto radiofonica del metal moderno, tutto sommato però altrettanto innocua.

Tracklist
1 – We are one
2 – Lights
3 – The longing
4 – Fading away
5 – The epilogue
6 – Dilemma
7 – My true North
8 – Star children
9 – Nothing less
10 – Shades of memory
11 – Silence
12 – Ignite

Line-up
Nyves – Vocals
Robin – Vocals
Constantin – Guitar
Toni – Guitar
Flo – Bass
Dennis – Drums

https://www.facebook.com/VENUESofficial/

Crystavox – Crystavox/The Bottom Line Remastered

La Roxx Records, label statunitense specializzata in Christian metal/rock licenzia le versioni rimasterizzate dei due album dei Crystavox, band cristiana attiva nei primi anni novanta.

Si torna a parlare di christian metal sulle pagine della nostra webzine, grazie alla sempre attiva Roxx Records, label americana specializzata nel genere sia per quanto riguarda le molte ristampe di album storici che le nuove proposte.

Il metal cristiano abbraccia praticamente tutti i generi del metal e del rock, ma è indubbio che le band più conosciute siano quelle che glorificavano il signore tramite un rock roccioso, tra heavy metal e hard rock ottantiano.
I melodic rockers Crystavox, con base a San Diego sono il perfetto esempio di band cristiana dal sound vicino all’hair metal californiano: il loro esordio risale al 1990 con l’album omonimo al quale diedero seguito due anni dopo con The Bottom Line.
La band, composta da Adam Lee Kemp alla voce, Lorn Holmquist alla chitarra e tastiere, Tony Lopez alla chitarra e Fred Helm alla batteria, arrivò sul mercato in tempi in cui il genere perse popolarità, ma i due lavori in questione meritano di essere rivalutati in quanto (specialmente il debutto) non hanno nulla da invidiare a quelli delle icone losangeline del metal patinato tanto di moda nel Sunset.
Ovviamente testi e approccio erano sicuramente diversi, ma la musica lasciava trasparire un buon tiro rock’n’roll in brani come Sacrifice, Home Again e It’s All Right da Crystavox e Break Down the Wall o Snake In The Grass dal secondo lavoro.
La Roxx Records licenzia i due album nella versione rimasterizzata con l’aggiunta di alcune bonus, un buon motivo per fare la conoscenza con i Crystavox e la loro versione della parola di Dio in musica.

Tracklist
1. Sacrifice
2. Power Games
3. Wear It Out
4. Turn It On
5. Home Again
6. All The Way
7. It’s All Right
8. All Around The World
9. Never Give In
10. Tough Boys
11. Home Again (Bonus Track)
12. Power Games (Bonus Track)

The Bottom Line :
1 The Big Picture
2 Break Down The Wall
3 Rise Up
4 Snakes In The Grass
5 Stick To Your Guns
6 Paradise
7 Cry Out
8 Shame
9 Rockin’ A Hard Place
10 No Boundaries
11 Stick To Your Guns (Bonus Track)
12 No Boundaries (Bonus Track)

Line-up
Adam Lee Kemp – Vocals
Lorn Holmquist – Guitar, Keyboard
Tony Lopez – Guitar
Fred Helm – Drums

CRYSTAVOX – Facebook

Wyatt Earp – Wyatt Earp

Un ottimo disco che profuma di antico, di hard pomp inglese settantiano per la precisione, calato nel nostro tempo in forma aggiornata ed impeccabile.

Provenienti da Verona, i Wyatt Earp sono all’esordio su compact.

Il nome del quintetto – composto da Leonardo Baltieri alla voce, Matteo Finato alla chitarra, Fabio Pasquali al basso, Silvio Bissa alla batteria e Flavio Martini alle tastiere – viene da quello del famoso sceriffo e cacciatore di bisonti del selvaggio West. Non si tratta però di una band southern, ma di cinque musicisti, insieme dal 2013, innamorati della storica lezione dell’hard anni Settanta e del pomp rock (Deep Purple, Uriah Heep, Kansas e Grand Funk Railroad). Una tradizione che il gruppo scaligero ripensa in chiave personale, realizzando un debutto che suona molto fresco e con ottime idee, per nulla schiavo del passato, ma capace semmai di confermarne oggi la forza espressiva e meta-temporale attraverso sei tracce che ci lasciano ben sperare in vista del futuro. Da ascoltare, in particolare, Ashes e Back From Afterworld, ma tutte le songs si attestano su un ottimo livello globale. La strada per diventare i nuovi Vanadium è quella giusta.

Tracklist
1- Dead End Road
2- Ashes
3- Live On
4- With Hindsight
5- Back From Afterworld
6- Gran Torino

Line-up
Leonardo Baltieri – voce
Matteo Finato – chitarra
Fabio Pasquali – basso
Silvio Bissa – batteria
Flavio Martini – tastiere

WYATT EARP – Facebook

Aenigma – Into The Abyss

Into The Abyss è un lavoro in grado di aprire agli Aenigma spazi interessanti in una scena come la nostra, ancora una volta sugli scudi per quanto riguarda questo tipo di sonorità.

All’interno della scena sinfonica tricolore molte sono le band che hanno rilasciato lavori di spessore in questi ultimi anni, cercando una propria via in un genere che da ormai più di vent’anni si è consolidato nel vasto panorama metallico.

Prima la scena olandese, poi quella scandinava, fino ai nostri giorni e alle realtà nate in riva al Mediterraneo dove, dai fondali marini, arriva il suono di Into The Abyss, primo full length degli Aenigma, band toscana attiva dal 2013 e con un paio di ep alle spalle.
La prova sua lunga distanza non ha spaventato di certo i quattro giovani musicisti nostrani e Into The Abyss risulta un buon lavoro, affrontato con la giusta grinta e personalità da una band che accentua la parte estrema, specialmente nelle ritmiche, anche se è la sola voce della cantante Caterina Bianchi a svettare su canzoni che non lasciano spazio al growl.
Più centro europeo che scandinavo si rivela il sound di questo lotto di brani, tenuti insieme da orchestrazioni presenti ma mai debordanti, una prestazione vocale convincente e più rock rispetto alle sirene operistiche a cui siamo abituati (la voce della cantante si avvicina più a Cristina Scabbia che a Floor Jansen o Tarja) fanno di Into The Abyss un album da ascoltare e riascoltare, metallico, a tratti raffinato nei momenti di calma apparente prima che improvvise burrasche portino mareggiate estreme.
Tra i brani, Falling è il classico singolo dall’appeal orchestrale, Infected è aggressiva e death metal oriented, Crimson Moon è la classica semi ballad gotica e Sentence è un crescendo di emozionante symphonic metal.
Into The Abyss è un lavoro in grado di aprire agli Aenigma spazi interessanti in una scena come la nostra, ancora una volta sugli scudi per quanto riguarda questo tipo di sonorità.

Tracklist
1.Beginning of the End
2.Falling (Into the Abyss)
3.Infected
4.Away from All
5.Essence of Life
6.Crimson Moon
7.City of Falling Stars
8.Sentence
9.The Sacrifice
10.Indistructible

Line-up
Matteo Pasquini – Drums
Caterina Bianchi – Vocals
Lorenzo Ciurli – Guitars, Vocals
Valerio Mainardi – Bass

AENIGMA – Facebook

https://youtu.be/RzHDMcAoPDM

Throne – Consecrates

Pochi gruppi riescono a fare musica come i Throne, conferendole una sensazione di inusitata pesantezza ma riuscendo al contempo ad essere onirici e psichedelici.

Pesantissima mazzata sludge metal per questo gruppo italiano proveniente dai dintorni di Ferrara.

I Throne sono attivi dal 2012, anno nel quale si sono formati e hanno dato alle stampe il loro debutto Avoid Light per Moonlight Records. I nostri sono un concentrato di cattiveria e putridume musicale, nel quale la luce non si vede mai, spostandosi rumorosamente nel tunnel. Il loro suono è un infetto principalmente dallo sludge, ma non mancano momenti di suoni vicini alle cose che si muovono nelle paludi della Lousiana, o passaggi in growl che ci portano in territori marcatamente metal. Il marchio di questo disco del 2017 è il suo continuo ed incessante groove, che continua a muoversi senza mai fermarsi, lento ed inesorabile, che procura più di un sottile brivido di piacere. Fare un disco credibile di sludge non è affatto facile come potrebbe sembrare, perché se non si possiedono talento e abilità compositiva l’affidarsi totalmente alla pesantezza non basta. I Throne hanno tutte le capacità per spiccare nel mucchio, e ce le mostrano con un lavoro che non ha mai un momento di pausa né un calo fisiologico. Consecrates è la colonna sonora dell’ombra che ci avvolge grazie ai nostri peccati, ma anche perché vediamo il mondo per quello che è, rischiando la pazzia per questo. I monolitici riff di chitarra sono le basi sulle quali far confluire da altre dimensioni il resto degli strumenti facenti parte di questa bestia sonica che non vi lascerà scampo. Ascoltando Consecrates perderete il senso del tempo, verrete imbarcati su una una nave che viaggia velocissima verso un nero vortice e vorrete assaporare ancora quelle sensazioni che vi dà questa musica. Pochi gruppi riescono a fare musica come i Throne, conferendole una sensazione di inusitata pesantezza ma riuscendo al contempo ad essere onirici e psichedelici. Un album che fa male.

Tracklist
1.Sister Abigail
2.Lethal Dose (feat. Dorian Bones)
3.Codex Gigas
4.There’s No Murder in Paradise
5.Baba-Jaga
6.V.I.R.
7.Lazarus Taxon

Line-up
Samuele Benna
Riccardo Carrara
Mirko Lavezzini
Enrico Maria Emanuelli
Emanuele Dughetti

THRONE – Facebook

ARMAGEDDON DEATH SQUAD

Il music video di A Last Sacrifice, dall’album Untitled Necrosmose.

“Armageddon Death Squad (Death Metal, France) has just released its first album. Untitled Necrosmose, the band reveals a track from this album.

Made in Florida: alle origini del death metal

Il death nasce in Florida, non altrove. E’ una verità storica e va riconosciuta, senza se e senza ma. E’ inutile, d’altra parte, ricercare altri inconsapevoli ‘precursori’.

Quando è nato il death metal? E soprattutto dove? Negli Stati Uniti, in Svezia? Questo articolo mira ad andare alle radici del genere, quando era ancora solo un fenomeno puramente underground.

Ogni volta che si parla di origini culturali del death metal, si dice correttamente che il genere è sorto nella seconda metà degli anni Ottanta. Più problematico diventa localizzarlo, dal punto di vista tanto geografico quanto precisamente temporale in maniera esatta. Al riguardo, i pareri restano discordi: secondo alcuni, primo gruppo death sarebbero stati i Possessed, autori nel 1985 dello storico debut Seven Churches, emblematico e sin dalla copertina. Tuttavia, riguardo al gruppo californiano non ci sembra possibile parlare di puro death per come in seguito lo si è inteso: abbondano infatti i rimandi al thrash della Bay Area da cui la band di Larry Lalonde e Jeff Becerra proveniva e Seven Churches è più che altro un grandioso ed epocale album di thrash-death, di passaggio, dall’uno all’altro genere musicale.
Anche riguardo ai grandissimi Celtic Frost permangono alcuni dubbi circa l’appartenenza al death: il seminale act svizzero produsse a inizio carriera capolavori indiscussi di thrash-black primordiale, con tocchi dark, doom e sperimentali (al più, volendo cercare una definizione, proto-death: discorso che potremmo fare anche per i primissimi Bathory in Svezia e i Kreator in Germania, o ancora per gli Hellhammer, primo nucleo dei Celtic Frost). Né basta avere intitolato una canzone Death Metal (come nel caso dei fantastici thrashers inglesi Onslaught) per individuare a fortiori un’appartenenza voluta e soprattutto consapevole al genere.
Taluni citano come primo gruppo death i Master, di Paul Speckmann. Anche qui tuttavia non si può essere del tutto d’accordo. Il primo demo della peraltro imprescindibile band di Chicago (sorta nel 1983) data 1985, lo stesso anno in cui vide la luce anche l’unico nastro dell’altra creatura di Paul, i Death Strike. Nondimeno, quello dei due gruppi era più che altro un thrash-death, a base di Venom, Slayer e Motorhead (le linee vocali non erano, infatti, ancora growl, ma molto alla Lemmy). Stesso discorso per gli Abomination, sempre dell’Illinois, o per i Necrophagia degli inizi, spostandoci in Ohio.
Il death nasce in Florida, non altrove. E’ una verità storica e va riconosciuta, senza se e senza ma. E’ inutile, d’altra parte, ricercare altri inconsapevoli ‘precursori’. Nel 1986, in Florida, i Morbid Angel incidono il loro Abomination of Desolations.

Il disco, purtroppo, non viene stampato subito (uscirà per la Earache solo nel 1991), poiché il gruppo non era soddisfatto di suoni e registrazione. Pertanto il primo vero ed esplicito album di death metal è Scream Bloody Gore (1987) dei Death, formati dal grande e compianto Chuck Schuldiner, addirittura tra il 1981 e il 1982. Quello è il disco che di fatto, uscito per la Combat, crea il death metal e ne fonda il movimento, a livello non solo musicale, ma anche lirico ed iconografico (inclinazioni horror comprese). La base. Una base su cui – e sempre in Florida – in quegli stessi anni o di lì a pochissimo tempo, una autentica legione di leve si sviluppa e cresce in termini esponenziali.

Ricordiamo la prima incarnazione dei Deicide, gli Amon, creatura di Glenn Benton e dei fratelli Hoffmann, il cui primo demo tape apparve sempre nel 1987 (ristampato, insieme alla seconda cassetta di due anni dopo, con il titolo Sacrificial dalla Vic Records).

La Florida, per il death, funge da luogo di partenza e centro d’irradiazione. Nel 1987 si costituiscono i Nocturnus ed i Malevolent Creation, nel 1988 Acheron, Atheist e DVC. Nel 1989 esce Slowly We Rot degli Obituary per la Roadrunner: un manifesto.

Nel 1990 nascono i Monstrosity e trovano un’identità definitiva i Massacre, sorti come gruppo di thrash slayeriano sei anni prima. Moltissimi di questi gruppi passano, poi, per le mani del geniale Scott Burns – produttore, ingegnere del suono, addetto a missaggio e masterizzazione – che presso i Morrissound Studios di Tampa, in Florida, si dà a forgiare quello che rimane il primo ed indimenticabile death-sound.

Con Burns – ricordiamolo – hanno lavorato pure i death-progsters Cynic, gli inglesi Cancer, i Sepultura di Arise e Beneath the Remains, i newyorkesi Suffocation e Cannibal Corpse, gli olandesi Pestilence, i canadesi Gorguts, i grinders britannici Napalm Death (per il capolavoro Harmony Corruption del 1990) e i Terrorizer, i floridiani Six Feet Under, i tedeschi Atrocity di Hallucinations (1990), gli Exhorder, i Devastation, i Coroner, gli Psychotic Waltz ed i Sadus di Steve Di Giorgio, forse il più grande bassista death metal in generale. A quanti hanno sostenuto che Burns avrebbe fornito, alle band che hanno lavorato con lui, un suono sempre uguale e quindi in ultima istanza standardizzato, si può rispondere che: 1) non è del tutto vero, dato che i gruppi in questione sono tutti riconoscibilissimi e distinguibili fra di loro; 2) Burns ha avuto un ruolo determinante non solo nell’ambito del primo death floridiano e mondiale ma anche in quello imparentato con la fusion progressiva (Atheist, Cynic, i lovecraftiani Pestilence di Testimony of the Ancients, Gorguts), in quello fantascientifico (gli indimenticabili Nocturnus, tra Asimov e Crowley) e nella genesi storica dello stesso brutal death metal (Cannibal Corpse, Deicide dal 1995 in avanti), ed infine 3) vista la centralità e rilevanza indiscutibili, se anche il sound di tante death metal band della prima ondata può apparire forse similare, viene da pensare che sia stato, alla fine, un bene, per il quale essergli profondamente grati.

Se oggi, grazie ai fenomenali Kataklysm, il brutal americano ha saputo unirsi con quello melodico (di scuola svedese), lo dobbiamo in maniera indiretta a chi – i gruppi della Florida tra fine anni ’80 e primissimi ’90, che lavorarono con Burns – ha posto le fondamenta.

Spectrum Mortis – קדוש

Il lavoro è breve, aggirandosi attorno ai venticinque minuti di durata, ma la densità del sound fa sì che questo non si tramuti in un difetto: ciò che resta è l’impressione di aver ascoltato l’opera di una band di alto livello, capace di maneggiare con competenza una materia insidiosa come il doom ritualistico.

קדוש (Kadosh) è il titolo di questo secondo full length degli spagnoli Spectrum Mortis.

Il lavoro si basa su un interessante black doom intriso di un’aura mistica ben introdotta dal salmodiare in latino ascoltabile nella iniziale title track.
I restanti tre brani mettono in mostra una band dalle idee chiare sugli obiettivi da perseguire, che sono essenzialmente volti all’offerta di un sound occulto e ritualistico nel quale confluirono in maniera equilibrata i diversi generi estremi.
Ciò che colpisce di un lavoro di questo genere è anche la sua qualità a livello di suoni e di esecuzione da parte dei singoli musicisti; anche grazie a questo che il messaggio degli Spectrum Mortis giunge forse e chiaro alle orecchie degli ascoltatori, ed un brano magnifico come Fiat Nox lo testimonia nel migliore nei modi, con il suo incedere solenne e minaccio nei solchi del miglior black doom
Et Filius Aurora sposta le coordinate verso il death, senza che all’interno dello sviluppo del brano non venga trovato lo spazio per rallentamenti atti a raccogliere le invocazioni proferite dal vocalist Sheram, e sempre black death ancor più furioso è poi quanto viene scagliato sull’audience con Christus Mysticusm, confermando la sapiente alternanza con passaggi più rarefatti atti a rompere la tensione per poi farla riesplodere con ancora più forza e convinzione.
Il lavoro è breve, aggirandosi attorno ai venticinque minuti di durata, ma la densità del sound fa sì che questo non si tramuti in un difetto: ciò che resta è l’impressione di aver ascoltato l’opera di una band di alto livello, capace di maneggiare con competenza una materia con la quale i neofiti rischiano ad ogni piè sospinto di cadere nel ridicolo.

Tracklist:
1. I. קדוש
2. II. Fiat Nox (Hymn to the Master of Death)
3. III. Et Filius Aurorae (Hymn to the Son of Dawn)
4. IV. Christus Mysticus (Hymn to the Messenger of Gods)

Line-up:
Sheram – Vocals, Bass
Aataa – Guitars
Aath – Guitars
Ta’ao – Drums

SPECTRUM MORTIS – Facebook

SOULFLY

Il video di “Dead Behind The Eyes”, dall’album “Ritual” in uscita a ottobre (Nuclear Blast).

Il video di “Dead Behind The Eyes”, dall’album “Ritual” in uscita a ottobre (Nuclear Blast).

Le icone del metal SOULFLY pubblicheranno il loro devastante nuovo album “Ritual” il 19 ottobre su Nuclear Blast.

La band ha pubblicato un video per il nuovo singolo “Dead Behind The Eyes”, che vede la partecipazione del cantante dei LAMB OF GOD Randy Blythe. Il testo è ispirato ai Cenobiti, i demoni creati da Clive Barker e divenuti famosi con la serie di film “Hellraiser”.

Il cantante/chitarrista Max Cavalera ha dichiarato in una recente intervista con RockSverige: “È stato davvero figo. Randy è molto legato al produttore Josh Wilbur, che ha sempre lavorato con i LAMB OF GOD. Visto che era impegnato con il disco dei BURN THE PRIEST, gli ho chiesto di fare avere a Randy le canzoni: ‘ Fagliele sentire… Sarebbe davvero figo se ci fosse qualcosa che gli piace e che vorrebbe cantare’. Non avevo una canzone scritta apposta per lui, ma Josh mi ha detto che appena Randy ha sentito il brano che avevamo chiamato temporaneamente ‘Bruiser Brothers’, non ha avuto dubbi. Avevo già scritto il testo e gliel’ho mandato. È bellissimo avere la voce di Randy in essa. Ha un modo di cantare unico e davvero distintivo”.

“La canzone e le linee vocali sono basate su ‘Schizophrenia’ (disco che i SEPULTURA hanno pubblicato nel 1987) e ‘From The Past Comes The Storm’. Mentre lavoravo sulla canzone con mio figlio Zyon, lui stava ascoltando ‘Beneath The Remains’ e mi ha chiesto di brani come ‘Stronger Than Hate’. Ho pensato che avremmo dovuto provare a fare qualcosa di simile, aggiungendo uno dei miei assoli di Marc Rizzo preferiti. Credo che il risultato sia fantastico”.

Max spera di fare un video ufficiale per “Dead Behind The Eyes”, “soprattutto se Randy vi partecipasse. Dovremmo vestirci come i personaggi di ‘Hellraiser’. Sarebbe davvero fantastico”.

“Ritual” è stato prodotto, registrato e mixato da Josh Wilbur (KILLER BE KILLED, LAMB OF GOD, GOJIRA). La copertina è stata realizzata da Eliran Kantor (TESTAMENT, ICED EARTH, SODOM), mentre del booklet si è occupato Marcelo Vasco (SLAYER, HATEBREED, KREATOR). L’album vede la partecipazione di svariati artisti come Randy Blythe (LAMB OF GOD) e Ross Dolan (IMMOLATION).
L’undicesimo album dei SOULFLY, “Ritual”, può essere pre-ordinato in svariati formati qui www.nuclearblast.com/soulfly-ritual.

“Ritual” tracklist:
1. Ritual
2. Dead Behind The Eyes (feat. Randy Blythe)
3. The Summoning
4. Evil Empowered
5. Under Rapture (feat. Ross Dolan)
6. Demonized
7. Blood On The Street
8. Bite The Bullet
9. Feedback!
10. Soulfly XI

www.soulfly.com
www.facebook.com/soulflyofficial
www.nuclearblast.de/soulfly