Abyssic – High The Memory

Quasi un’ora e venti di musica può sembrare un’enormità, ma non lo è affatto quando viene esibita in maniera così fluida e l’audience possiede il giusto approccio al genere: ciò che meraviglia è appunto il fatto che in un lavoro di tali dimensioni non vi siano cali di tensione, specialmente nei due brani più lunghi che superano entrambi i venti minuti di durata.

Gli Abyssic sono a loro modo una novità in ambito doom, in quanto fondono in maniera mirabile l’incedere rallentato del funeral con gli spunti sinfonici del black metal norvegese.

Non è un caso, del resto, se la band vede quale fondatore Memnoch, già membro oltre che dei notevoli Susperia anche degli Old Man’s Child di Galder, dei quali ha fatto parte anche il ben noto drummer Tjodalv (Dimmu Borgir) che assieme al tastierista Andre Aaslie (Funeral), alla bassista Makhashanah (ex Sirenia) e all’altro chitarrsta Elvorn, anch’egli nei Susperia, va a completare la line-up di quello che potrebbe sembrare a prima vista una sorta di supergruppo black metal e che, invece, è autore di uno degli album più solenni e luttuosi usciti quest’anno.
Quale possibile termine paragone per l’operato degli Abyssic si potrebbe prendere l’ultima opera dei redivivi Comatose Vigil (con il suffisso A.K.) con la differenza sostanziale di un approccio molto meno soffocante, favorito da un lavoro delle tastiere che sposta il sound su un piano atmosferico piuttosto che orrorifico o funereo.
High The Memory va ad aggiungersi allo splendido esordio del 2016 A Winter’s Tale, esaltando come in quell’occasione il tocco di Aaslie e, in generale, di tutta una band composta da musicisti di spessore asserviti alla creazione di brani lunghi, avvolgenti e melodicamente ineccepibili.
Quasi un’ora e venti di musica può sembrare un’enormità, ma non lo è affatto quando viene esibita in maniera così fluida e l’audience possiede il giusto approccio al genere: ciò che meraviglia è appunto il fatto che in un lavoro di tali dimensioni non vi siano cali di tensione, specialmente nei due brani più lunghi come la title track o Where My Pain Lies, che superano entrambi i venti minuti di durata.
Gli Abyssic portano alle estreme conseguenze livello melodico il pathos che sono stati capaci di creare in passato band come gli Ea o i Monolithe; peraltro, proprio con questi ultimi, i norvegesi intraprenderanno in primavera un tour europeo che farà tappa in Italia il prossimo 18 aprile allo Slaughter di Paderno Dugnano: una serata che si preannuncia imperdibile per gli amanti di queste magnifiche sonorità.

Tracklist:
1. Adornation
2. High the Memory
3. Transition Consent
4. Where My Pain Lies
5. Dreams Become Flesh

Line-up:
Memnock – vocals, contrabass
Elvorn – guitars
Andre Aaslie – keys, orchestration
Tjodalv – drums
Makhashanah – bass, additional vocals

ABYSSIC – Facebook

 

Porn – The Darkest Of Human Desires Act II

Goth, electro, ebm, un pizzico di doom e tanto industrial sono la formula vincente di un discorso musicale che sta evolvendo disco dopo disco, in maniera coerente e prepotente.

Ritornano i Porn con il secondo disco sulla trilogia imperniata sulla misteriosa storia del cantante Mr. Strangler, dopo The Ogre Inside – Act I del 2017.

I Porn sono uno dei gruppi più interessanti e validi dell’industrial metal mondiale, scena che non sempre brilla per originalità. I francesi compongono le loro canzoni con un ampio ventaglio di scelte. Molto presente è anche l’elemento gotico, anzi in certi passaggi, specialmente in questo ultimo lavoro, sono quasi doom. Non hanno fretta i Porn, lo squartamento della nostra anima e del nostro corpo avviene pezzo per pezzo, attraverso una lenta e certosina agonia. Il loro suono è molto peculiare, parte dai capisaldi del genere, ma non diventa mai derivativo o imitativo, proponendo invece una via personale che è molto convincente. Molto forte e potente è la presenza dell’elettronica, elemento che porta ancora più in profondità il loro suono. L’eccellente produzione fa rendere al meglio queste note, che essendo così nitide fanno ancora più male. Il disco verte sul male che ci fa la società nella quale viviamo, la continua frattura fra ciò che siamo e ciò che dobbiamo essere per sopravvivere. Non è facile essere frammentati in tante piccole parti, senza mai riuscire a cogliere il nostro insieme. Le fratture provocano danni e violenza, contro noi stessi o contro altri e i Porn descrivono molto bene tutto ciò. Goth, electro, ebm, un pizzico di doom e tanto industrial sono la formula vincente di un discorso musicale che sta evolvendo disco dopo disco, in maniera coerente e prepotente. The Darkest Of Human Desires Act II è inoltre dedicato ai nostri impulsi bestiali, ed infatti possiamo sentire dentro il disco le voci e le gesta di assassini seriali come Richard Ramirez , Ed Kemper, Charles Manson, Richard Schaeffer e Jeffrey Dahmer, che hanno ispirato molta musica.

Tracklist
1. Choose Your Last Words
2. Evil 6 Evil
3. Here For Love
4. Tonight, Forever Bound
5. Remorse For What
6. My Rotten Realm
7. Eternally In Me
8. The Radiance Of All That Shines
9. Abstinent Killer
10. The Last Of A Million

Line-up
Mr Strangler – Vocals, drums programming, synth
The One – Synth, guitar
The Priest – Bass
Zinzin Stiopa -Guitar

PORN – Facebook

MORTIIS

Il video di “Visions of an Ancient Future”, dall’album “Spirit Of Rebellion” di prossima uscita.

Il video di “Visions of an Ancient Future”, dall’album “Spirit Of Rebellion” di prossima uscita.

Mortiis presenta il video di ‘Visions of an Ancient Future’ e offre 24 album in download gratuito per festeggiare l’imminente tour nordamericano

Il visionario artista norvegese MORTIIS si sta preparando per un altro emozionante ciclo della sua Era I e ha appena presentato il video per la canzone “Visions of an Ancient Future”, tratto dal suo prossimo album “Spirit Of Rebellion”. Il video è stato diretto e prodotto dal produttore cinematografico finlandese Ari Savonen, noto per lavori come “Takapihan Pojat: Joulutarina” (2011), “Törkypukki vol. 2 “ (2016) e “Backwood Madness” (2019).

Il padrino del dungeon synth.commenta: “Ho dovuto affrontare un sacco di demoni per arrivare a questo punto. Torneranno, torneranno sempre, ma almeno la mia visione non è più annebbiata… Quando stavo lavorando nella reinterpretazione della mia vecchia musica per il festival Cold Meat Industry festival di Stoccolma poco più di un anno fa, non avevo idea che alla fine avrei creato un (quasi) nuovo disco, né che una parte sarebbe stata usata per il mio primo video di Dungeon Synth dal 1996. Ma eccoci qui. Un nuovo video e della (quasi) nuova musica, più il mio primo tour negli Stati Uniti di Era 1 dal 1999”.

Per festeggiare il tour, MORTIIS offre per un periodo di tempo limitato il download gratuito di ben 24 dischi tramite Bandcamp!
https://downloadmusic.mortiis.com

MORTIIS North American tour
MAR 28 Metro Gallery Baltimore MD
MAR 29 Brooklyn Bazaar, New York NY
MAR 30 The Raven, Worcester, MA (Northeast Dungeon Siege)
MAR 31 Petit Campus, Montreal QC
APR 01 Velvet Underground, Toronto ON
APR 02 The Forge, Joilet, IL
APR 04 El Corazon, Seattle, WA
APR 05 Hawthorne Theatre, Portland, OR
APR 06 Oakland Metro, Oakland CA
APR 07 Lodge Room, Los Angeles CA

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Altarage – The Approaching Roar

The Approaching Roar è composto da nove movimenti che formano un inno all’apparenza disarticolato, ma perfettamente logico nel suo andamento, in cui le note non sono mai fini a sé stesse: un’opera che racchiude più di altre il concetto di estremo e quindi in grado di svelare la sua animalesca bellezza solo agli amanti del genere.

La proposta dei deathsters spagnoli Altarage segue una linea compositiva che ne fa un tornado di note provenienti dall’abisso in un vorticoso salire verso la superficie.

Questa tempesta elettrica si porta dietro demoni e diavoli che attraversano corpi e si impossessano delle anime seguendo il corso di un caos primordiale scaturito da questa insana musica estrema creata dal gruppo basco.
Sono giunti al terzo lavoro gli Altarage, quindi la loro proposta non è più una sorpresa ed il muro sonoro formato da una apparente alleanza tra black, death e sludge metal continua la sua totale devastazione, senza remore e compromessi.
Il terzo album in soli quattro anni, un record di questi tempi, segno di una vocazione per il male in musica in pieno fermento e creatività, porta il quartetto a questo immane lavoro in cui non c’è spazio per melodie, facili riff o chorus, ma solo musica portata all’estremo.
Black, death e sludge si diceva, grazie ad un sound che si nutre di questi generi e viene sferzato da venti imputriditi provenienti dall’inferno, dove il growl è un latrato demoniaco e gli strumenti sono le armi per portare caos e male sulla terra.
The Approaching Roar è composto da nove movimenti che formano un inno all’apparenza disarticolato, ma perfettamente logico nel suo andamento, in cui le note non sono mai fini a sé stesse: un’opera che racchiude più di altre il concetto di estremo e quindi in grado di svelare la sua animalesca bellezza solo agli amanti del genere.

Tracklist
1. Sighting
2. Knowledge
3. Urn
4. Hieroglyphic Certainty
5. Cyclopean Clash
6. Inhabitant
7. Chaworos Sephelln
8. Werbuild
9. Engineer

ALTARAGE – Facebook

Ruxt – Back To The Origins

La voce che fa vibrare corde ormai sopite, le chitarre foriere di riff spettacolari e la sezione ritmica rocciosa e sempre sul pezzo danno lustro ad una raccolta di brani a tratti esaltanti: questo è Back To The Origins e questi sono i Ruxt, che con una punta d’orgoglio campanilistico possiamo senz’altro definire una delle massime espressioni del genere in assoluto.

Era il 2016 quando sulle pagine di MetalEyes si parlava per la prima volta dei Ruxt, hard rockers genovesi che debuttavano con il notevole Behind The Masquerade, album che proponeva un sound ispirato da Dio e Whitesnake, ma riletto in chiave moderna e groovy.

Il secondo, bellissimo Running Out of Time vedeva un gruppo in continua crescita con il proprio sound che, ben radicato nella scuola britannica, espandeva i suoi orizzonti tra Rainbow e Deep Purple con l’asso nella manica rappresentato dal singer Matt Bernardi, straordinario interprete a metà strada tra Coverdale e Dio o, più semplicemente emulo del grande Jorn Lande.
Il gruppo si presenta con un nuovo album ed una line up che vede l’avvicendamento alla batteria tra Alessio Spallarossa (Sadist) e Alessandro Fanelli (Ashen Fields , ex Path Of Sorrow), mentre le vecchie volpi del rock genovese sono tutte ancora al loro posto (il bassista Steve Vawamass, Stefano Galleano e Andrea Raffaele alle chitarre, ed ovviamente Matt Bernardi al microfono).
Back To The Origins conferma dunque il valore assoluto di questa band nel genere, andando forse oltre alle più rosee aspettative grazie ad una alchimia consolidata tra i musicisti, un tocco di sana gioventù portata dal nuovo drummer, ed una consapevolezza ancora più accentuata dell’essere una delle realtà più convincenti nel portare avanti la tradizione britannica sulla scena hard rock del nuovo millennio.
Già dal titolo si intuisce che i Ruxt questa volta hanno dato ampio spazio alle produzioni a cavallo tra gli anni settanta e ottanta con l’accoppiata d’apertura Here And Now/I Will Find Away che fanno vibrare la lingua del serpente bianco tatuato sulla mia spalla (dalla copertina di Trouble).
E’ un sussulto continuo l’ascolto del nuovo lavoro targato Ruxt: la scaletta alterna tracce dall’appeal più moderno ed in linea con quanto fatto dal Lande solista a quelle di ispirazione tradizionale che gli esperti del genere avranno già potuto ascoltare non solo sui monumentali lavori delle band storiche ma anche in quel Once Bitten… che Lande registrò con la storica coppia Moody/Marsden sotto il monicker The Snakes.
La voce che fa vibrare corde ormai sopite, le chitarre foriere di riff spettacolari e la sezione ritmica rocciosa e sempre sul pezzo danno lustro ad una raccolta di brani a tratti esaltanti, heavy rock alla massima potenza sporcato da quel tocco di blues che fece la fortuna del rettile più famoso della storia del rock: questo è Back To The Origins e questi sono i Ruxt, che con una punta d’orgoglio campanilistico possiamo senz’altro definire una delle massime espressioni del genere in assoluto.

Tracklist
1. Here And Now
2. I Will Find The Way
3. All You Got
4. River Of Love
5. Be What You Are
6. Train Of Life
7. Another Day Without Your Soul
8. Come Back To Life
9. Remember The Promise You Made
10. Tonight We Dine In Hell
11. Back To The Origins

Line-up
Matt Bernardi – Vocals
Stefano Galleano – Guitars
Andrea “Raffo” Raffaele – Guitars
Steve Vawamas – Bass
Alessandro “Attila” Fanelli – Drums

RUXT – Facebook

A DAY IN VENICE

Il video di “The Golden Stone”, dall’album “III” in uscita ad aprile.

Il video di “The Golden Stone”, dall’album “III” in uscita ad aprile.

Italian gothic doomsters A Day In Venice have published a lyric video for the track “The Golden Stone”, which is taken off from the band’s upcoming album “III”, set to be released on April 6th, 2019.

A Day in Venice is Andrej Kralj, a one-man alternative rock project from Trieste (Italy) that has been creating music under this banner since 2013. On 6th April 2019 A Day in Venice will release the third album with Paolo Bembi on vocals. The album is a kaleidoscope of alternative, dark, psychedelic rock elements and it’s highly influenced by bands such as Anathema, Sigur Ros and Radiohead.

Aenimus – Dreamcatcher

Il lavoro denota fin da subito il defilarsi da parte del gruppo dai soliti cliché del genere, in favore di un approccio estremamente violento, progressivo e solo in parte mitigato da splendide aperture melodiche.

Il progressive metal moderno dai rimandi core e djent è un genere davvero difficile, sia da suonare che da valutare.

Un tipo di musica che porta l’ascoltatore a dividersi tra grandi delusioni, spesso derivanti dal troppo tecnicismo fine a sé stesso, a lavori di spessore in cui la tecnica abbinata ad un songwriting elevato trasforma il tutto in ottimi e trascinanti prodotti metallici.
Gli Aenimus, in uscita con questo lavoro licenziato non a caso dalla Nuclear Blast, raggiungono il traguardo del secondo full length, a distanza di sei anni dal debutto Transcend Reality, album che denotava ancora una poco delineata personalità esplosa del tutto in questo Dreamcatcher, opera composta da undici tracce ispirate ai classici dell’horror e dal sound sorprendente per chi segue le vicende artistiche del metal moderno e progressivo.
Il lavoro denota fin da subito il defilarsi da parte del gruppo dai soliti cliché del genere, in favore di un approccio estremamente violento, progressivo e solo in parte mitigato da splendide aperture melodiche.
Il resto è un susseguirsi di rincorse su e giù per lo spartito, favorite da una tecnica di livello altisonante al servizio di un sound che non lascia spazio a facili e noiose considerazioni sulla mera abilità dei protagonisti, ma che sa come arrivare al cuore ed alla testa dell’ascoltatore con brani entusiasmanti come Eternal, The Ritual, la spettacolare dimostrazione di progressive death/djent Between Iron And Silver e alla devastante The Overloock.
Da menzionare, oltre alla tecnica assolutamente sopra la media dei musicisti, la prova del vocalist Alex Green, un terribile e temibile animale al microfono ed uno dei punti di forza di questo combo che, con i Thy Art Is Murder, sono senza ombra di dubbio tra i massimi esponenti del genere.

Tracklist
1. Before the Eons
2. Eternal
3. The Ritual
4. My Becoming
5. The Dark Triad
6. Between Iron and Silver
7. The Overlook
8. Caretaker
9. Second Sight
10. Day Zero
11. Dreamcatcher

Line-up
Alex Green – Vocals
Sean Swafford – Guitar, backing vocals
Seth Stone – Bass, backing vocals
Cody Pulliam – Drums
Jordan Rush – Guitar

AENIMUS – Facebook

The Voices & Aries – La Tua Mano Dà, La Tua Mano Prende

La Tua Mano Dà, La Tua Mano Prende è un lavoro assolutamente fuori dal comune, in cui accadono molte cose in un’ambientazione fortemente minimalista e soprattutto dall’approccio musicale pressoché inedito.

Fruttuosa collaborazione fra i The Voices e Pierluigi “Aries” Ammirate, usando solo chitarre, voci sintetizzatori.

Il risultato è un disco che va ben oltre la musica, molto neoclassico a partire dalla copertina, sembra quasi di sentire composizioni create quasi fossero parte di un’opera o del rito di qualche culto ancora a noi sconosciuto. La Tua Mano Dà, La Tua Mano Prende è un lavoro assolutamente fuori dal comune, in cui accadono molte cose in un’ambientazione fortemente minimalista e soprattutto dall’approccio musicale pressoché inedito.
Pierluigi è un chitarrista molto dotato tecnicamente, fortemente metal e creativo, che qui usa la chitarra come se fosse un’orchestra, creando scale, fughe e droni, il tutto molto ben composto e di grande effetto. Un discorso a parte lo merita la voce, una polifonia che sale al cielo come una preghiera, una forza alla quale ci si arrende molto volentieri e che estrania totalmente dalla realtà. Infatti The Voices nasce come progetto sperimentale di musica a cappella, ma dimenticatevi di ciò che avete sentito fino ad ora in materia. Infine i sintetizzatori vengono usati come moderni organi, che innalzano il resto del contesto e lo rendono molto neoclassico. Il disco è in modalità download ad offerta libera sul bandcamp della bresciana Masked Dead Records, una delle etichette italiane di metal e molto altro più innovative. Scorrendo il suo ampio catalogo, di cui abbiamo già trattato sulle nostre pagine, si possono ascoltare dischi che vanno ben oltre il significato e la forma del metal, per un viaggio che speriamo continui ancora a lungo. Questo ep è una vera e propria inusuale esperienza sonora, ad esempio la conclusiva Entrambe Le Mani è un manifesto di un qualcosa che tocca la nostra vera intimità, ed è molto esplicativa su cosa sia questo progetto. Innovazione ma anche molta antichità, in una connessione fra futuro ed origini molto fertile ed interessante.

Tracklist
1.Creatura Angelica
2.Per Queste Strade
3.Complice Eterea
4.Entrambe Le Mani

The Magik Way & Malvento – Ars Regalis

Ars Regalis va ben oltre la somma dei valori (già molto consistenti) dei due gruppi coinvolti, perpetuando nel migliore dei modi la tradizione musicale di matrice esoterico/occulta che vede l’italia sicuramente tra le nazioni guida.

E’ davvero molto difficile parlare di lavori come questo che riunisce due realtà, a loro modo uniche, della scena musicale italiana come The Magik Way e Malvento.

Questo perché, se già l’approccio stilistico mostra tratti non comuni alla luce di una vis sperimentale che rende arduo l’inserimento in uno specifico genere di una tale offerta, un aspetto tutt’altro che secondario (anzi) è costituito da testi profondamente intrisi di quell’esoterismo al quale tutti i musicisti fanno capo.
Nello specifico, parliamo di quell’entità denominata L’Ordine della Terra, la cui anima è la dottoressa Roberta Rossignoli, la quale ha contribuito anche alla stesura dei testi in tre dei quattro brani.
Tutto questo rende Ars Regalis molto più di un semplice album rispetto al quale poter disquisire sull’aspetto prettamente musicale perché, ovviamente, quello concettuale in simili casi diviene pressoché preponderante e immergersi in certe tematiche senza possederne le conoscenze necessarie sarebbe un imperdonabile atto di presunzione.
A tale riguardo, pertanto, mi limiterò a dire che anche per i non iniziati sicuramente il contenuto lirico riveste un fascino al quale difficilmente si può restare indifferenti, e non è affatto escluso che molti, semmai, possano essere spinti ad approfondire tali tematiche, il cui rivestimento musicale diviene l’ideale strumento divulgativo.
Per il resto va specificato che, nonostante le apparenze esteriori, questo non è un classico split album bensì una collaborazione che vede The Magik Way e Malvento fondersi in una sola entità, scambiandosi le parti a livello esecutivo e compositivo. Del resto, parlando due anni fa di Pneuma, ultimo lavoro della band campana, avevo fatto cenno delle affinità proprio con la band fondata da Nequam a metà degli anni novanta, e Ars Regalis finisce per essere una sorta di naturale punto di confluenza tra due maniere oblique e peculiari di intendere una materia musicale che prende le mosse dal black metal per approdare, infine, ad una affascinante forma in costante divenire.
Tutto ciò rende l’album un qualcosa di unico, qualora non bastassero tutti gli elementi precedentemente descritti, in quanto le sonorità dark esibite nelle quattro tracce ammaliamo, ipnotizzano e comunque sia non possono lasciare indifferente alcun ascoltatore. Va detto che il lavoro cresce progressivamente in intensità per toccare il suo apice in un brano come Babalon Iridescente, il più composito musicalmente ed il più criptico a livello lirico, con il mantra conclusivo che resta a lungo impresso nella mente (come felce, come fiera, come muschio al calar della sera).
Ars Regalis va ben oltre la somma dei valori (già molto consistenti) dei due gruppi coinvolti, perpetuando nel migliore dei modi la tradizione musicale di matrice esoterico/occulta che vede l’italia sicuramente tra le nazioni guida.

Tracklist:
1. Malvento – V.I.T.R.I.O.L. (Lyrics by R. Rossignoli, music by The Magik Way)
2. Malvento – Eterno (Lyrics & music by Malvento)
3. The Magik Way – Secondo Natura (Lyrics by R. Rossignoli, music by The Magik Way)
4. The Magik Way – Babalon Iridescente (Lyrics by Nequam, music by Malvento)

Line-up:
Zin: bass & vocals
Lutrum: keyboards, synth
Nequam: vocals, bass
Azàch: drums & percussions
Nefastus: guitars
Incinerator: drums
Tlalocàn: double bass, noises
Maniac of Sacrifice: guitars
Gea Crini: female vocals

Dark Mirror Ov Tragedy – The Lord Ov Shadows

I Dark Mirror Ov Tragedy riescono nell’impresa di unire gli stilemi del symphonic black con una maestosità orchestrale degna dei migliori Rhapsody, con il particolare non da poco di non risultare stucchevoli: un motivo in più per avvicinarsi a quest’ottimo album senza particolari remore.

I Dark Mirror Ov Tragedy sono probabilmente la band di punta del movimento metal coreano.

In effetti il loro symphonic black, per quanto fortemente debitore di chi il genere l’ha codificato (Cradle of Filth e Dimmu Borgir), è decisamente di ottima fattura, provvisto di spunti melodici importanti e arrangiamenti orchestrali ineccepibili.
Qui si determina alla fine lo spartiacque tra chi apprezza tali soluzioni in ambito black e chi non le digerisce proprio; di sicuro chi appartiene alla prima delle due categorie troverà più di un motivo di soddisfazione da questo quarto full length della band asiatica. Il sound è decisamente monopolizzato da un lavoro tastieristico di gusto classico sul quale si abbatte lo screaming filthiano del vocalist Material Pneuma, con il tutto reso  più peculiare dal bel contributo della violino dell’ospite Arthenic, ma la differenza tra i copisti senz’anima e i musicisti di spessore, che si ispirano a chi è venuto prima rielaborandone la lezione, sta tutta in una sola parola: talento.
Questa band di Seul ne ha parecchio da vendere, soprattutto per la capacità di creare melodie avvincenti inserite all’interno di un involucro sonoro affascinante, magnificamente orchestrato dal pregevole tocco della tastierista Genie, che spesso tocca inattese vette di lirsmo alternandosi con altrettanto significativi assoli chitarristici.
Altro punto di forza di questo The Lord Ov Shadows è la varietà delle soluzioni offerte, ed è proprio grazie ai cambi di ritmo, alle repentine aperture melodiche od acustiche, talvolta anche di matrice folk, alternate alle sfuriate di natura estrema, che i Dark Mirror Ov Tragedy riescono a ritagliarsi una cifra stilistica personale quanto basta per renderne la proposta fresca e a tratti entusiasmante, nonostante non si possa definire certo innovativa.
Tre lunghi brani più due eleganti intermezzi atmosferici (uno dei quali con tanto di notevole voce lirica) formano un album di valore difficilmente eguagliabile di questi tempi in ambito symphonic black, sottogenere del quale i Dark Mirror Ov Tragedy interpretano al meglio i pregi e riducono al minimo sindacale quello che molti considerano un difetti (l’indubbia magniloquenza esibita dai coreani non può certo essere nelle corde di tutti di ascoltatori); I Am the Lord Ov Shadows, lunghissima traccia conclusiva, è una sorta di apoteosi di queste sonorità grazie alla quale la band asiatica riesce nell’impresa di unire gli stilemi del symphonic black con una maestosità orchestrale degna dei migliori Rhapsody, con il particolare non da poco di non risultare stucchevoli: un motivo in più per avvicinarsi a quest’ottimo album senza particolari remore.

Tracklist:
1. Chapter I. Creation of the Alter Self
2. Chapter II. Possession
3. Chapter III. The Annunciation in Lust
4. Chapter IV. Acquainted with the Nocturnal Devastation
5. Chapter V. I am the Lord Ov Shadows

Line-up:
Material Pneuma – Vocals
Gash – Guitars
Senyt – Guitars
Reverof – Bass
Confyverse – Drums
Genie – Keyboards

Guests:
Yama Darkblaze – Vox
Binna Kim – Soprano
Arthenic – Violin

DARK MIRROR OF TRAGEDY – Facebook

Feed Them Death – No Solution/Dissolution

Un’opera estrema violenta e senza compromessi in cui il songwriting, oltre a risultare costantemente di alto livello, non perde mai la bussola e le varie tracce scorrono via senza intoppi, lasciando sempre una sensazione di orecchiabilità, gradita sicuramente dai fans del genere.

Feed Them Flesh è la creatura di Void, bassista e cantante dei seminali Antropofagus di No Waste Of Flesh ed Alive Is Good… Dead Is Better, qui alle prese con un solo project all’insegna del più feroce death/grind,

Dopo il primo assaggio con l’ep uscito nel 2017 che portava lo stesso titolo, Void torna con una versione più lunga e completa raddoppiando il minutaggio e passando così dalle cinque tracce del precedente lavoro (tutte presenti su questo full length) ad una dozzina di mazzate estreme notevoli.
A parte il contributo di due ospiti come Argento (Spite Extreme Wing, Antropofagus) e Christian Montagna (Preda, Cast Thy Eyes), presenti su due brani, il nostro fa tutto da solo creando un sound vorticoso che prende spunto in egual misura dal death metal e dal grind.
Ne esce un’opera estrema violenta e senza compromessi in cui il songwriting, oltre a risultare costantemente di alto livello, non perde mai la bussola e le varie tracce scorrono via senza intoppi, lasciando sempre una sensazione di orecchiabilità, gradita sicuramente dai fans del genere.
Groove, velocità ed impatto brutale rimangono le armi con cui Void ci attacca al muro, con una forza sovraumana espressa da vere deflagrazioni sonore come Exposed Paradising Dissent o First Time Death.
La sete di violenza in musica degli amanti di queste sonorità viene sicuramente appagata da questo nuovo mostro musicale che, spezzate le catene, vi travolgerà con tutta la sua furia death/grind.

Tracklist
1.Cadavoracity I
2.Exposed Parading Dissent
3.Bloodshed Theatre
4.The Horrific Balance
5.Terrific Gods Caravan
6.First Time Dead
7.Prosperity / Captivity
8.Doctrine of Approximation
9.Penance In the Wrong Direction
10.Inception in Rot
11.Divide + Conquer
12.Cadavoracity II

Line-up
Void – All instruments, Vocals, Songwriting, Lyrics

FEED THEM DEATH – Facebook

Octopus – Supernatural Alliance

Oscuri, epici e fantastici: gli Octopus si candidano a essere la nuova sensazione del dark-doom. Per coloro i quali amano Coven, Lucifer e naturalmente Electric Wizard.

Un disco come questo poteva uscire solo per la Rise Above. Senza dubbio.

Solo il genio e il talento del grande Lee Dorrian potevano cogliere i significati della proposta di questi Octopus (attenzione, da non confondersi con le due band dallo stesso nome degli anni Settanta: quelli anglo-britannici di psichedelia e quelli tedeschi di hard prog sinfonico). Quello degli Octopus è doom e non solo doom: oggi al riguardo si parla non solo più di dark, ma anche – ed una volta tanto la definizione sembra essere del tutto azzeccata e calzante – di occult rock. In effetti, in queste dieci canzoni – mai troppo lunghe, in vero – si respira un alone volutamente magico, esoterico, spirituale e misticheggiante. Le scelte compiute da Supernatural Alliance non guardano peraltro solo agli scenari del metal classico ed oscuro, lento e cadenzato, funereo e tombale, ma altresì (e con notevole frutto) alla tradizione di stampo epic della fantasy eroica (pezzi come The Sword and the Stone e Dragonhead). E’ la stessa grafica dell’album, bellissima e inquietante, a metterci del resto sull’avviso in merito. Veramente un ottimo lavoro, valorizzato nella fattispecie dalla voce femminile e dai tocchi prog delle tastiere e dei sintetizzatori.

Tracklist
1- Beyond the Center
2- Supernatural Alliance
3- Slave and Master
4- Strike
5- Child of Destiny
6- The Unknown
7- The Sword and the Stone
8- Fleetwood Mac
9- Black Dynamite
10- Dragonheart

Line-up
Masha Marjieh – Vocals
J. Frezzato – Guitars
Matt O’ Brien – Bass
Adam Cox – Keyboards / Synthesizers

OCTOPUS – Facebook

ORDINUL NEGRU

Il video di Faustian Nights, dall’album omonimo (Loud Rage Music).

Il video di Faustian Nights, dall’album omonimo (Loud Rage Music).

One of the most representative Romanian Black Metal bands, Timisoara based ORDINUL NEGRU, just released a new video in support of their most recent album, Faustian Nights, released last year via Loud Rage Music.

ORDINUL NEGRU‘s eight studio album Faustian Nights is available via Loud Rage Music in digital and CD formats, and will be available on vinyl and tape in Spring 2019:

Digital: https://loudragemusic.bandcamp.com/album/ordinul-negru-faustian-nights

Jewel-case CD with slipcase: http://shop.loudragemusic.com/ordinul-negru-faustian-nights

From Sorrow To Serenity – Reclaim

Prendete dei Meshuggah più giovani e meno eterodossi, mischiateli ai migliori gruppi metalcore math djent e otterrete qualcosa di vicino a ciò che si può sentire in Reclaim.

La proposta sonora degli scozzesi From Sorrow To Serenity è molto composta e stratificata, poiché include molte cose diverse al suo interno.

Reclaim è il loro nuovo album e suona molto bene, e può diventare un nuovo classico per il metal moderno. Questi scozzesi riescono a partire dal metalcore unito al math per esplorare molti mondi. Come paragone prendete dei Meshuggah più giovani e meno eterodossi, mischiateli ai migliori gruppi metalcore math djent e otterrete qualcosa di vicino a ciò che si può sentire in Reclaim. La narrazione sonora di questo disco è un filo musicale che parte dalla prima nota della prima canzone e si dipana per tutto il disco, senza mai un calo di tensione, in un’opera che ci invita a guardare dentro e fuori di noi. Un disco così rimane di difficile classificazione, ma è un bene perché le opere fuori dagli schemi sono rare di questi tempi. Si capisce che questi musicisti hanno fatto ottimi e ben differenziati ascolti, perché i riferimenti ci sono e sono tanti e molto solidi, portando alla formulazione di una proposta molto originale. Ad esempio in qualche passaggio spuntano riff che possono assomigliare a qualcosa dei Raging Speedhorn (mai gruppo fu più sottovalutato), e poi nel passaggio successivo si passa a cose più metalcore e math. La cosa più importante è che la loro cifra stilistica è assolutamente originale e non c’è nulla di derivativo. L’universo sonoro che dipingono i From Sorrow To Serenity è variegato è spazia da chitarre bombate a batterie che scavano gallerie verso mondi sotterranei dominati da imponenti giri di basso, con la voce del nuovo cantante Gaz King, ex Nexilva, che si adatta molto bene a tutti i registri. Le visioni sono potenti e la produzione è davvero eccellente nel supportarle: il disco è stato registrato nel loro studio sotto il controllo della consolle da parte del loro chitarrista Steven Jones, che milita anche nei Bleed From Within. La masterizzazione è stata eseguita da Ermin Hamidovic, Architects, Periphery, Bury Tomorrow a Melbourne in Australia. Un disco potente, molto moderno, metal fino al midollo e che fa muovere i nostri neuroni in vortici molto veloci.

Tracklist
1.Denounce
2.We Are Liberty
3.Reclaim
4.Alight
5.Perpetrator
6.Solitude
7.Unity Asunder
8.Inside A Soul
9.Supremacy
10.7
11.Resurgence

Line-up
Gaz King – Vocals –
Steven Jones – Guitars –
Andrew Simpson – Bass –
Ian Baird – Drums –

FROM SORROW TO SERENITY – Facebook

Equipoise – Demiurgus

Demiurgus valica montagne musicali ed oltrepassa confini, viaggiando su territori in cui metal estremo, tecnica individuale e parti progressive costruiscono ponti di spartiti su fiumi di note in piena.

Dopo un primo ep rilasciato nel 2016, arrivano al debutto sulla lunga distanza gli Equipoise con Demiurgus, mastodontico lavoro che non lascerà certo indifferenti i fans del death metal tecnico e progressivo.

Sette musicisti provenienti da varie band del circuito estremo, uniti sotto lo stesso monicker producono grande musica: questo in sintesi è quello che troverete in Demiurgus, un’ora abbondante di scale musicali, fughe metalliche, ritmiche da capogiro e tanto death metal valorizzato da un ottimo songwriting.
Beyond Creation,Virulent Depravity, Ashen Horde, The Fractured Dimension, Abigail Williams, Hate Eternal, Perihelion, Wormhole sono solo alcuni dei gruppi che fanno parte del curriculum dei musicisti coinvolti nel progetto Equipoise, una bestia progressiva che non conosce limiti, tra furia e tecnica esecutiva sorprendente così come una forma canzone che invoglia l’ascolto di devastanti e tecniche prove di forza come Alchemic Web of Deceit o Dualis Flamel o accenni a generi lontanissimi dal metal estremo, come in molte delle opere del genere, in brani stratosferici come Waking Divinity o Cast Into Exile.
Demiurgus valica montagne musicali ed oltrepassa confini, viaggiando su territori in cui metal estremo, tecnica individuale e parti progressive costruiscono ponti di spartiti su fiumi di note in piena.
Consigliato agli amanti del genere e di band che vanno dai Cynic agli Obscura, dagli Atheist ai Beyond Creation, Demiurgus si candida già da ora come uno degli album di quest’anno appena iniziato, almeno per quanto riguarda il technical progressive metal.

Tracklist
1.Illborn Augury
2.Sovereign Sacrifices
3.Alchemic Web of Deceit
4.A Suit of My Flesh
5.Shrouded
6.Sigil Insidious
7.Reincarnated
8.Dualis Flamel
9.Eve of the Promised Day
10.Waking Divinity
11.Ecliptic
12.Squall of Souls
13.Cast into Exile
14.Ouroboric

Line-up
Stevie Boiser – Vocals/Lyrics
Phil Tougas – Guitars
Nick Padovani – Guitars/Composition
Sanjay Kumar – Guitars
Hugo Doyon-Karout – Fretless/Fretted Bass
Jimmy Pitts – Keyboards/Synths
Chason Westmoreland – Drums

EQUIPOISE – Facebook

Suffering Souls – In Synergy Obscene

Il symphonic black metal dei Suffering Soul si riempie di epica atmosfera e di passaggi heavy, in una riuscita alchimia di suoni e sfumature che riescono bene nel compito di rapire l’ascoltatore, travolto da orchestrazioni e cavalcate metalliche, scream e toni evocativi.

Una lunga intro orchestrale ci introduce nel mondo oscuro e satanico di Lord Esgaroth e del suo solo project chiamato Suffering Souls, arrivato al quarto capitolo di una carriera iniziata nel lontano 1996 dopo un paio d’anni passati con il monicker Dismal.

Il symphonic black metal dei Suffering Souls si riempie di epica atmosfera e di passaggi heavy, in una riuscita alchimia di suoni e sfumature che riescono bene nel compito di rapire l’ascoltatore, travolto da orchestrazioni e cavalcate metalliche, scream e toni evocativi.
Dopo i primi tre album licenziati nel primo decennio del nuovo millennio ed una lunga pausa ecco quindi il ritorno con In Synergy Obscene, lavoro che si colloca perfettamente nel genere su cui regnano i Dimmu Borgir.
Meno derivativi di quanto ci si potrebbe aspettare, però, Lord Esgaroth e la sua creatura sconfiggono gli scettici con una raccolta di tracce che suscita reazioni positive in chi ama questo tipo di sonorità.
Siamo nel black metal più contaminato e melodico, quindi perfetto per chi non è proprio un integralista nell’approccio al genere, e il musicista tedesco sa come districarsi con tutti gli strumenti e ci regala almeno un tris di brani interessanti come la lunga Inheritence Of Irony con un lungo e suggestivo solo chitarristico di stampo heavy, As The Truth Unfolds, classica symphonic black metal song come l’epico incedere di The Cynic God.
In conclusione In Synergy Obscene risulta un ottimo lavoro, che non cede il passo anche dopo ripetuti ascolti e creato da un compositore che sa decisamente il fatto suo.

Tracklist
1.Idolised and Vilified
2.In Synergy Obscene
3.Inheritance of Irony
4.In Death Reborn
5.As the Truth Unfolds
6.The True Endless
7.The Cynic God
8.All You Little Devils
9.Unseen Phenomenon

Line-up
Lord Esgaroth – All instruments, Vocals

SUFFERING SOULS – Facebook

Any Given Day – Overpower

Le soluzioni sonore degli Any Given Day possono piacere a molti palati differenti, sia a chi apprezza il metalcore tout court, ma anche chi vuole anche maggiore durezza vicina alla melodia.

I tedeschi Any Given Day sono una delle incarnazioni più moderne e di successo del metalcore europeo che guarda con attenzione agli Usa.

Nati nel 2012, si sono fatti notare con il loro disco di debutto del 2014 My Longest Way Home che raggiunse la ventottesima posizione delle classifiche tedesche. Il loro suono unisce in maniera molto precisa melodia e cattiveria, con chitarre in stile metalcore, la voce si alterna in parti più vicine al growl e momenti melodici in momenti più dilatati. Il risultato è un qualcosa di molto moderno, ben composto ed eseguito senza errori, con tutti i crismi di una produzione davvero buona. Certamente il discorso commerciale è molto importante in questo frangente ma non è l’unico che abbia importanza per gli Any Given Day. Questi ultimi sanno molto bene cosa proporre al loro pubblico e Overpower è il secondo disco ma è già quello della maturità, lo si sente in maniera distinta e decisa. Fra i gruppi più moderni della scena metalcore i ragazzi di Geselnkirchen si stanno ritagliando uno spazio molto importante, sottolineando come la Germania stia conquistando uno spazio consistente in questo sottogenere del metal. Overpower è un disco che racchiude molte cose in sé, e non è consigliato per forza ad un pubblico giovanile come spesso accade per lavori di questo tipo. Le soluzioni sonore degli Any Given Day possono piacere a molti palati differenti, sia a chi apprezza il metalcore tout court, ma anche chi vuole anche maggiore durezza vicina alla melodia. I riferimenti a tante leggende metal ci sono,e i nostri non sono interpreti dediti esclusivamente al loro genere, perché non disdegnano sortite in situazioni differenti. In sostanza un album di notevole metalcore moderno.

Tracklist
01. Start Over
02. Loveless
03. Savior
04. Taking Over Me
05. Lonewolf
06. Devil Inside
07. Sure To Fail
08. In Deafening Silence
09. Whatever It Takes
10. Fear
11. Never Surrender

Line-up
Dennis Diehl – vocals –
Andy Posdziech – guitars –
Dennis Ter Schmitten – guitars –
Michael Golinski – bass –
Raphael Altmann – drums –

ANY GIVEN DAY – Facebook

Throne Of Flesh – Dogma

La buona qualità sonora e l’approccio old school sorprenderà i vecchi fans del metal noventiano, facendo salire l’attesa per la prossima mossa dei Throne Of Flesh.

Quando si parla di death metal classico nel nostro paese le sorprese sono sempre dietro l’angolo, con lavori magari sottovalutati rispetto a quelli in arrivo dagli altri paesi, ma meritevoli dell’attenzione di chi fagocita metal estremo abitualmente.

I Throne Of Flesh sono una nuovissima band che si affaccia sul mercato tricolore con Dogma, demo di quattro brani all’insegna di un death old school che non lascia spazio a dubbi sulle intenzioni del trio composto da Flavio Tempesta alla chitarra (Disease, Zora, Sudden Death, Clg, Pandemic Procession), Joseph alla voce (Bestial Vomit, Clg) e Tat0 al basso (Glacial Fear, Zora, Antipathic, A Buried Existence, Unscriptural).
L’esperienza non manca di certo a questi musicisti e confluisce tutta in questo poker di brani che fin dall’opener 24 Obnoxius Reeks Of Holiness ci investono con una carica aggressiva senza compromessi, fatta di blast beat, rallentamenti e ripartenze tipiche del death metal novantiano sagacemente suddiviso tra la tradizione statunitense e quella scandinava.
La buona qualità sonora e l’approccio old school sorprenderà i vecchi fans del metal estremo di quegli anni, facendo salire l’attesa per la prossima mossa dei Throne Of Flesh.

Tracklist
1.24 Obnoxius Reeks Of Holiness
2.Throne Of Mendacious Heritage
3.Inverted
4.Tracheotomized By Ants

Line-up
Flavio Tempesta – Guitars
Joseph Di porto – Vocals
Giuseppe Tato Tatangelo – Bass

THRONE OF FLESH – Facebook

Gandalf’s Owl – Who’s The Dreamer?

Con questa prova il musicista siciliano dà riprova del suo eclettismo, dote assolutamente dai connotati positivi ma che in futuro andrebbe maggiormente incanalata per evitare di disperdere in qualche rivolo di troppo un sound decisamente pregevole.

Dopo l’esordio di qualche anno fa ritroviamo Gandolfo Ferro, vocalist degli Heimdall, alle prese con il suo progetto solista Gandalf’s Owl.

Rispetto a quell’ep, dal quale vengono riprese comunque due tracce (Winterfell e White Arbour (…The North Remembers), c’è di sicuro un elemento nuovo che è l’utilizzo della voce in alcuni brani, cosa in effetti desueta per opere di matrice ambient. Ferro ovviamente non utilizza per lo più i toni stentorei esibiti in ambito power (fa parzialmente eccezione solo A Dwarf In The Lodge Pt2) ma offre uno stile più soffuso ed adeguato al contesto.
Il lavoro oscilla tra tracce ambient tout court ai confini del rumorismo (Garmonbozia) o altre che evocano scenari naturalistici, tra voli di gabbiani e sciabordio delle onde (White Arbour), ed episodi in cui si evince un’anima più spiccatamente prog, grazie soprattutto ad un elegante e gilmouriano lavoro chitarristico senza che vengano tralasciate incursioni elettroniche.
Discorso a parte merita la cover del capolavoro de Le Orme, Il Vento, La Notte, Il Cielo, molto ben eseguita e a mio avviso opportunamente arrangiata in modo da non apparire pedissequamente uguale all’originale, a rimarcare l’impronta progressive fornita al disco in più frangenti.
Spingendosi su una distanza più probante, Ferro lascia fluire in manie ancor più libera la propria naturale ispirazione e questo lo porta talvolta a sconfinare, nel senso che arrivati al termine di un album comunque decisamente ben riuscito, non si capisce però se sia ascoltato un lavoro di matrice ambient dalla spiccata indole progressive, o viceversa; ammesso che tutto ciò sia un difetto, resta il fatto che l’unico problema di Who’s The Dreamer? È la sua difficile catalogazione anche se, considerando il comune bacino di utenza a cui il lavoro è rivolto, tutto sommato i suoi contenuti dovrebbero mettere d’accordo più persone.
Con questa prova il musicista siciliano dà riprova del suo eclettismo, dote assolutamente dai connotati positivi ma che in futuro, a mio avviso, andrebbe maggiormente incanalata per evitare di disperdere in qualche rivolo di troppo un sound decisamente pregevole.

Tracklist:
1. Winterfell
2. A Dwarf In The Lodge Pt1
3. A Dwarf In The Lodge Pt2
4. Garmonbozia
5. Between Two Worlds
6. White Arbour (…The North Remembers)
7. Sunset By The Moon
8. Coming Home
9. Il Vento, La Notte, Il Cielo (cover LE ORME)

Line Up:
Gandolfo Ferro: all instruments
Guests:
Gaetano Fontanazza:
Guitar Ambient, Keys & Tibetan Bells on tracks 1-2-3-7
Tony Colina: Keys & Organs on tracks 5-7-9

GANDALF’S OWL – Facebook

 

ATARAXIE

Il music video di “People Swarming, Evil Ruling”, dall’album “Résignés” in uscita a marzo (DEADLIGHT / WEIRD TRUTH / XENOKORP).

Il music video di “People Swarming, Evil Ruling”, dall’album “Résignés” in uscita a marzo (DEADLIGHT / WEIRD TRUTH / XENOKORP).

Extreme Doom leviathans ATARAXIE have just unleashed the music video for their new album’s opening track, “People Swarming, Evil Ruling”.

The new album, “Résignés”, is due out March 08 through a triumvirate of extremist labels, DEADLIGHT (CD, Europe), WEIRD TRUTH (CD, rest of the world) and XENOKORP (Vinyl, Cassette & Digital). XENOKORP preorders are available on our webstore here.