LE INTERVISTE DI OVERTHEWALL: ELEGY OF MADNESS

L’intervista di Mirella con gli Elegy Of Madness, ottima band italiana dedita al symphonic metal, qui rappresentata dalla vocalist Anja.

Grazie alla reciproca collaborazione con la conduttrice radiofonica Mirella Catena, abbiamo la gradita opportunità di pubblicare la versione scritta delle interviste effettuate nel corso del suo programma Overthewall, in onda ogni mercoledì alle 21.30 ed ogni domenica alle 22.00 su www.energywebradio.it.
Questa volta è il turno degli Elegy Of Madness, ottima band italiana dedita al symphonic metal, qui rappresentata dalla vocalist Anja.

MC Siamo qui con Anja, la voce straordinaria degli Elegy Of Madness! Tu entri a far parte della band in giovanissima età. Com’è stato il tuo approccio iniziale con la band e com’è continuato questo tuo percorso formativo all’interno di essa?

Faccio parte degli Elegy of Madness ormai da 12 anni. Ho iniziato questo percorso da minorenne senza esperienza ma con tanta voglia di fare e adesso riconosco che soprattutto grazie a loro ho iniziato a studiare seriamente e a fare di questo mondo la mia vita.

MC Come si svolge il vostro processo compositivo? Ci sono delle tematiche ricorrenti nei vostri brani o vi affidate all’ispirazione del momento?

La composizione si svolge in questo modo: partendo da una melodia vocale, da un riff di chitarra o da una parte orchestrale si comincia a costruire il brano che viene poi ‘completato’ dagli altri musicisti della band. Per quanto riguarda i testi, molto spesso sono il frutto di un’ispirazione del momento ma in New Era abbiamo voluto fare anche dei riferimenti filosofici (come la caverna di Platone), legati alla necessità di ragionare e di ribellarsi nei confronti di una società che tende sempre più a renderci ignoranti, depressi e spersonalizzati.

MC New Era è il vostro terzo album pubblicato nel 2017 e che avete supportato con un importante Tour che vi ha portato anche all’estero. Pensi che abbia pienamente confermato le vostre aspettative?

Il tour all’estero è stato ed è una delle nostre esperienze più belle. Stiamo in un certo senso raccogliendo i frutti del nostro lavoro perché finalmente abbiamo di fronte un pubblico attento, partecipe e fedele.

MC In cosa pensi che gli Elegy of Madness si differenzino dalle altre band Symphonic Metal e perchè?

Gli Elegy of Madness hanno un proprio carattere musicale che è il frutto di diverse esperienze d’ascolto e di vita. Componiamo mettendo in gioco noi stessi ed è per questo che non riusciremmo ad essere la copia di un’altra band.

MC Venerdì 25 Maggio vi esibirete sul palco del Metal Queens Burning Night, il festival dedicato alle voci femminili del metal organizzato da Raffaella ed Haron dei Wolfsinger e arrivato già alla quinta edizione e, posso confermarlo in prima persona, organizzato nei minimi particolari. Secondo te, eventi di questa portata sono ancora troppo pochi in Italia?

Penso che l’ascoltatore italiano vada educato all’ascolto di musica inedita, e non parlo necessariamente di rock o metal. Festival e concerti dovrebbero essere all’ordine del giorno ma bisogna dire che qualcosa sta cambiando grazie all’impegno di persone come Raffaella o Haron che lavorano con dedizione per realizzare eventi del genere.

MC Quali sono i progetti futuri della band . State lavorando a qualcosa di nuovo?

Stiamo promuovendo New Era in Italia e in Europa e continueremo a farlo per i prossimi mesi. Intanto all’ispirazione non si comanda quindi continuiamo a comporre!

MC Quali sono i contatti sul web per i nostri ascoltatori?

I contatti sono: www.elegyofmadness.com e https://www.facebook.com/elegyofmadness/

ECNEPHIAS

Il music video della canzone inedita Malavita – La Setta del Vulcano Nero.

Il music video della canzone inedita Malavita – La Setta del Vulcano Nero.

This is the new song about neapolitan criminality

MALAVITA – LA SETTA DEL VULCANO NERO – a new single – unreleased rare song

HYPNOTHETICALL

Il video di “Where All The Trees Bend”, dall’album Synchreality (Revalve Records).

Il video di “Where All The Trees Bend”, dall’album Synchreality (Revalve Records).

The modern progster Hypnotheticall have released the video Live for the song “Where All The Trees Bend”, from the last album Synchreality released via Revalve Records.

“Synchreality” is available now on CD/DIGITAL at: http://player.believe.fr/v2/3614979678152

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Amorphis – Queen Of Time

Queen Of Time è l’ideale suggello di una carriera che si sta approssimando ai trent’anni, per un gruppo la cui spinta propulsiva sembra ancora ben lungi dall’essersi esaurita.

Gli Amorphis appartengono a quel novero di gruppi che godono di uno status collocabile a metà strada tra il mainstream e l’underground, trattandosi di una band dalla storia lunga che, magari, non raccoglie consensi oceanici ma comunque in grado di attrarre un numero importante di appassionati, sovente anche al di fuori degli abituali fruitori del metal.

Quello della band finlandese è ormai un trademark consolidato, qualcosa che per qualcuno potrà anche apparire ripetitivo ma che, alla luce della qualità media dei dischi pubblicati, alla fine riduce tutti questi discorsi a semplice aria fritta.
Indubbiamente l’ingresso di un cantante versatile come Tomi Joutsen, a partire da Eclipse nel 2006, ha contribuito a stabilizzare il sound in un death melodico dai richiami epici e folk, perfettamente oliato e incapace di deludere.
Ad ogni buon conto, anche per cercare di tacitare i critici per partito preso, gli Amorphis con questo loro ultimo Queen Of Time hanno provato con un certo successo ad inserire qualche elemento nuovo nel loro sound, pur senza stravolgerlo: ne consegue, così, un lavoro vario nel quale troviamo parti di sax, aperture corali e sinfoniche, duetti con voci femminili, il tutto all’interno di brani che, in diversi chorus, rimandano ai fasti di Eclipse e Silent Waters.
Varietà nella continuità è, quindi, ciò che in sintesi propone il gruppo finnico, il quale, recuperato lo storico bassista Olli Pekka Laine (di recente protagonista anche con i suoi Barren Earth) mantiene un assetto consolidato che consente di sfornare a getto continuo riff e chorus trascinanti, di presa immediata ma non banali, sintomatici di una classe superiore alla media.
Ne scaturiscono dieci brani intensi ed orecchiabili, ruvidi e melodici nel contempo, e interpretati da uno Joutsen ineccepibile (nella speciale classifica combinata clean vocals/growl, oggi Tomi è superato forse dal solo Jon Aldarà), con il supporto di una band precisa come un orologio svizzero e gratificata da un sound di rara pulizia.
Posto che ai campioni del calcio non chiediamo di segnare solo di tacco e in rovesciata, o a quelli del ciclismo di fare le salite su una ruota, così da quelli della nostra musica mi pare lecito che si esigano solo belle canzoni e questo compito essenziale, ma certo non banale, viene assolto al meglio dagli Amorphis, in virtù di una tracklist di rara solidità, priva di punti deboli e con almeno quattro brani meravigliosi: l’opener The Bee, a suo modo un classico, Daughter of Hate, dal refrain indimenticabile all’interno di una struttura piuttosto cangiante, la superhit Amongst Stars, con il duetto tra Joutsen e la divina Anneke van Giersbergen, e la conclusiva Pyres on the Coast, traccia che non è affatto tipica per gli Amorphis, in quanto va ad intrecciare modernismi a pulsioni sinfoniche senza mai smarrire la bussola.
Concludo facendo notare che non è così scontato trovare band capaci di fornite simili prove di efficienza alla quattordicesima prova su lunga distanza, all’interno di una discografia pressoché priva di passi falsi (forse il solo Far From The Sun appare, a posteriori, più debole degli altri lavori): questo splendido Queen Of Time è, quindi, l’ideale suggello di una carriera che si sta approssimando ai trent’anni, per un gruppo la cui spinta propulsiva sembra ancora ben lungi dall’essersi esaurita.

Tracklist:
1. The Bee
2. Message in the Amber
3. Daughter of Hate
4. The Golden Elk
5. Wrong Direction
6. Heart of the Giant
7. We Accursed
8. Grain of Sand
9. Amongst Stars
10. Pyres on the Coast

Line-up:
Tomi Joutsen – Vocals
Esa Holopainen – Guitar
Tomi Koivusaari – Guitar
Olli-Pekka Laine – Bass
Santeri Kallio – Keyboards
Jan Rechberger – Drums

AMORPHIS – Facebook

Crossing Eternity – The Rising World

Un power metal molto classico con l’aspirazione di ricercare nuove sonorità.

I Crossing Eternity ci presentano The Rising World, primo lavoro per il trio multietnico che fa faville e ci dimostra che l’esperienza conta moltissimo nel loro sound.

Loro non sono affatto giovani, quindi di esperienza ne hanno anche un bel po’. Questo primo disco, composto da 13 tracce uscirà il prossimo 15 giugno sotto l’etichetta Rockshots Records (che ha lavorato con Dark Tranquillity, Lordi, Tristania, Venom e Vision Divine, tanto per citarne alcuni). Due delle tracce sono già disponibili per l’ascolto perché sono state rilasciate come singoli in due date separate.
Il sound non è di certo particolarmente innovativo, in generale le composizioni si attengono ad un power metal abbastanza old-style a cui vengono fatte delle piccole aggiunte, ma senza stravolgere nulla. Per la maggior parte si tratta di svariati strumenti percussivi che si sovrappongono alla sezione ritmica principale. Curiosa la scelta di inserire in due brani addirittura dei timpani. Il brano che li caratterizza di più è probabilmente l’omonimo Crossing Eternity, mentre il più discostato dal genere principale è certamente Kingdome Come, che prende tratti molto più folk metal. Anche i testi rispecchiano alla perfezione il genere suonato.
Ma i Crossing Eternity dopotutto piacciono. Certo, essere un trio è degno di nota, dato che il power prevede generalmente una formazione di 5 o 6 elementi (in alcuni casi anche 7). È chiaro che i suoni sono molto buoni, specialmente per un primo disco: ci auguriamo che il loro misticismo si possa rafforzare e che il tentativo di studiare nuove sonorità da inserire nel genere abbia successo.

Tracklist
1. Crossing Eternity
2. Ghost Of A Storm
3. Sand In The Sky
4. High above the crown
5. Kingdome Come
6. Embrace Your Voices
7. Journey To The End Of Dreams
8. Winter Poem
9. Haunted
10. Dreams Fall
11. Angles Cry, Rainbows Hide
12. Spirit Of The Forest
13. War Of Gods

Line-up
Berti Barbera – Vocal/Percussion intruments
Manu Savu – Guitar/ Bass/ Keyboards
Uffe Tilman – Drums

CROSSING ETERNITY – Facebook

BASTIAN

Il video di ‘It’s Just A Lie’, dall’album Grimorio in uscitsa a luglio (Sliptrick Records).

Il video di ‘It’s Just A Lie’, dall’album Grimorio in uscitsa a luglio (Sliptrick Records).

Bastian – It’s Just A Lie [Official Video]
Taken from the album: Grimorio | 2018
Videomaker: Skyline Services (Siracusa)
Actors: Sebastiano Conti, Roberta Fontana

Italian rock group Bastian are back with their first material from the forthcoming album Grimorio, released via Sliptrick Records on July 31st. The official video is for the track It’s Just A Lie which addresses one of the dark themes to be found across the heavy, hard, Black Sabbath (Ozzy era) inspired songs.

Here’s what leader Sebastiano Conti had to say about It’s Just A Lie; “The song speaks of the countless sentences that the church inflicted in the Middle Ages on women accused of witchcraft (torture, burnings, etc.). All a colossal lie that precisely from the title to the song. The women were only guilty of venerating the pagan rites of mother earth, of nature, of rain. This was all contained in a cauldron of superstition, religion and ignorance that persecuted thousands and thousands of innocent victims.”

Bastian are:
Sebastiano Conti – Guitar | Nicklas Sonne – Vocals | James Lomenzo – Bass | Federico Paulovich – Drum

+Mrome+ – Noetic Collision On The Roof Of Hell

Il duo polacco mette in scena un album che sembra un sorta di bignami di gran parte del metal estremo e non, ricco com’è di brani dalle sfumature differenti ma, magicamente, tutti assolutamente coerenti e funzionali alla resa finale del lavoro.

Benchè sia il loro full length d’esordio, si capisce fin dalla prima nota di questo Noetic Collision On The Roof Of Hell che gli +Mrome+ sono musicisti in possesso di solide basi che provengono da un attività iniziata addirittura alla fine del secolo corso (infatti, l’unica uscita precedente con questo monicker raccoglie tracce demo edite tra il ’97 ed il ’99).

Il duo polacco mette in scena un album che sembra un sorta di bignami di gran parte del metal estremo e non, ricco com’è di brani dalle sfumature differenti ma, magicamente, tutti assolutamente coerenti e funzionali alla resa finale del lavoro.
Death, thrash, black, a tratti anche sludge, vanno a confluire in una tracklist che convince proprio perché, nonostante la sensibile differenza di fondo che si può riscontrare tra un brano e l’altro, utilizza un collante formidabile come la capacità di scrittura e una tecnica solida e al servizio di una forma canzone sempre ben delineata.
Infatti, Noetic Collision On The Roof Of Hell non è il classico lavoro sperimentale con il quale musicisti estrosi saltabeccano senza preavviso da una genere all’altro spiazzando anche l’ascoltatore più scafato: le varie pulsioni stilistiche confluiscono normalmente all’interno dei singoli brani senza che questo vada a frammentare il risultato d’insieme, così le sfuriate thrash hardcore di Locust Follows Words hanno lo stesso diritto di cittadinanza dello sludge di Piss & Laugh o del death di Colors, e convivono al meglio con la cover di How the Gods Kill di Danzig.
Ecco, una delle cartine di tornasole della creatività di una band è il metodo utilizzato per coverizzare brani altrui: la maggior parte esegue una versione piuttosto aderente all’originale accelerandola o rallentandola, indurendola o conferendo comunque un qualcosa attinente allo stile musicale praticato; i +Mrome+, invece, stravolgono una delle brani simbolo del nerboruto statunitense facendolo diventare una traccia completamente nuova e differente, mantenendo di fatto il solo testo e, sia pure sufficientemente deviato, il riff che segue il chorus.
Credo che tutto questo basti per incuriosire il giusto chi ha voglia di scoprire nuovi nomi, e il passo successivo è quello di fare una capatina sulla pagina bandcamp dei +Mrome+ per farsi un’idea della loro proposta, che risulta sufficientemente originale pur senza ricorrere a sperimentalismi cervellotici.

Tracklist:
1.Colors
2.Crush the Moon
3.Migration Cult
4.How the Gods Kill (Danzig cover)
5.Trust
6.Generation Anthem
7.Piss & Laugh
8.Locust Follows Word
9.Magister Figurae Morte
10.The Arsonist

Line-up:
Key V – vocals, guitars
P – drums

Gateway – Boundless Torture

Il funeral death doom offerto dal musicista fiammingo è rumoroso, cupo e ovattato, parco di barlumi di luce o pulsioni misericordiose, e tiene fede a quanto promesso dal titolo.

Boundless Torture è il nuovo lavoro dei Gateway, progetto death doom del musicista belga Robin van Oyen .

Non si tratta però di un nuovo full length, dopo il notevole Scriptures of Grief del 2016, bensì di un breve ep nel corso del quale comunque Van Ojen non lesina la sua tipica interpretazione soffocante del genere.
Il funeral death doom offerto dal musicista fiammingo è rumoroso, cupo e ovattato, parco di barlumi di luce o pulsioni misericordiose, e tiene fede a quanto promesso dal titolo.
Sono note di basso che paiono rimbalzare nel centro della Terra per poi cercare inutilmente uno sbocco attraverso una qualche fenditura sulla superficie , quelle che delineano la title track , ma se ci si aspettano aperture di qualsiasi genere si cade presto in errore, dato che Famished Below continua e prosegue dove era terminata la traccia precedente
L’opera di demolizione targata Gateway prosegue con la brevissima sfuriata Iron Storms, per poi riprendere e finalizzare l’annientamento psico fisico dell’ascoltatore con i dieci minuti di Odyssey of the Bereaved.
Se si ha un uggia il mondo e tutti gli esseri che contribuiscono a renderlo un luogo ancor peggiore di quanto già sia, Boundless Torture è un ascolto consigliato a volumi non convenzionali, immaginando di infliggere tutta la sofferenza che viene evocata a chiunque se lo meriti ed ottenere quell’effetto catartico che, se non può restituire il sorriso e l’ormai del tutto smarrito amore per il prossimo, contribuisce quanto meno a schiarirsi le idee e a squarciare diversi veli che filtrano la realtà.

Tracklist:
1. Boundless Torture
2. Famished Below
3. Iron Storms
4. Odyssey of the Bereaved

Line-up:
Robin van Oyen – Everything

GATEWAY – Facebook

ANCIENT OAK CONSORT

Il video di Eternal Clash, dall’album Hate War Love (Revalve Records).

Il video di Eternal Clash, dall’album Hate War Love (Revalve Records).

La prog rock band Ancient Oak Consort, in occasione dell’uscita del nuovo album Hate War Love via Revalve Records rilascia il secondo videoclip del brano Eternal Clash, interpretato da Giulia Stefani (Ravenscry).

Ascolta l’intero album su Spotify: https://spoti.fi/2Iw3ntJ
http://www.revalverecords.com/ancientoakconsort.html
https://www.facebook.com/Ancient-Oak-Consort-692226317645854/
https://www.facebook.com/revalverecords/

Reverorum Ib Malacht – Im Ra Distare Summum Soveris Seris Vas innoble

I Reverorum Ib Malacht destrutturano il black metal rendendolo un coacervo di suoni minacciosi, con linee strumentali, rumori di fondo e urla sconnesse che si sovrappongono e si fondono quasi senza soluzione di continuità, valicando sovente il sottile confine tra la sperimentazione e la cacofonia.

Parlare di black metal cattolico potrebbe sembrare una contraddizione in termini, viste le finalità della nascita del genere e le modalità con cui esso si è sviluppato negli anni.

Del resto, la stessa frangia cristiana rinvenibile in ambiti rock e metal si muove in una direzione opposta rispetto a movimenti musicali nati con connotazioni ribellistiche e, in quanto tali, teoricamente estranei agli schemi rigidi imposti da una religione.
Gli svedesi Reverorum Ib Malacht costituiscono quindi un’anomalia piuttosto marcata, ancor di più se si pensa che l’operazione non si compie con il semplice rimpiazzo delle tematiche sataniste /pagane all’interno di una struttura musicale canonica: in realtà qui si va ben oltre, trattandosi di un’evoluzione sonora che porta il black a fondersi con sperimentalismi di scuola Cold Meat Industry, per un risultato finale inquietante e spiazzante assieme.
Il sound cupo e soffocante in fondo fa pensare ad una religione il cui fulcro risiede nell’espiazione e nella sofferenza rispetto alla misericordia e alla pace, come sarebbe normale ed auspicabile, rispetto a qualcosa di ultraterreno.
Misterium fidei, quindi. Chi la fede non ce l’ha può comunque apprezzare il tentativo di questi musicisti, invero coraggiosi, di destrutturare il black metal rendendolo un coacervo di suoni minacciosi, con linee strumentali, rumori di fondo e urla sconnesse che si sovrappongono e si fondono quasi senza soluzione di continuità, valicando sovente il sottile confine tra la sperimentazione e la cacofonia.
Im Ra Distare Summum Soveris Seris Vas innoble, per tutta questa serie di motivi, è un lavoro rivolto a pochi eletti i quali, al netto delle finalità della band, potranno trovare diversi motivi di interesse purché adusi ad un impatto non convenzionale.
L’unico brano contenente un linea melodica intelligibile è (Natten inuti) en tagg som sticke, che di fatto chiude il lavoro prima dell’outro: una piccola parentesi di respiro la cui collocazione potrebbe avere un significato, difficilmente rinvenibile all’interno di un concetto musicale decisamente criptico, per cui, in ossequio al credo promulgato da Im Ra Distare Summum Soveris Seris Vas innoble, ogni ascoltatore deve accettarlo come un dogma, senza discuterlo né provare ad comprenderlo fino ad esserne compenetrato.
Di per sé il lavoro è affascinante dal punto di vista strettamente musicale, mentre probabilmente sono troppo vecchio o non abbastanza acuto per riuscire a coglierne le reali finalità.

Tracklist:
1. Intro
2. Where Escapism Ends
3. Incompatible Molokh
4. Cloud of Unknowing
5. E va um da
6. Etia si omnes, ego non
7. Skin Without Skin
8. (Natten inuti) en tagg som sticke
9. Outro

Line-up:
Karl Hieronymus Emil Lundin
Karl Axel Mikael Mårtensson

REVERORUM IB MALACHT – Facebook

Bodies On Everest – A National Day Of Mourning

un frutto sanguinolento ed ipnotizzante che respingerà al primo ascolto, non piacerà decisamente al secondo, lascerà perplessi al terzo, e che al quarto diverrà un qualcosa di cui non si potrà fare più a meno, simile ad un veleno mortalmente lento ed assuefacente.

Talvolta la musica cessa d’avere la forma che conosciamo e che in qualche modo ci rassicura, per quanto possa essere pesante in ambito metal, per assumere sembianze che difficilmente possono essere definibili o quanto meno descritte con dovizia di particolari.

Sono sempre più i dischi sottoposti alla nostra attenzione che sono collocabili nel calderone ambient, ma anche qui le differenze possono essere davvero sensibili perché si può trovare la raccolta di note delicate, atte a descrivere od auspicare una ritrovata armonia con l’universo e, in primis, con noi stessi, oppure, come in quest’opera dei Bodies On Everest, il rumore di fondo di ciò che accade su un pianeta che, probabilmente, ha esaurito la propria capacità di contenere un’umanità che ha pochissima voglia di condivisione.
Sono diverse miliardi di isole quelle che si muovono lungo i continenti e le nazioni, esseri che vivono in comunità ma soli come i corpi che periodicamente vengono restituiti dai ghiacci eterni sulle pendici della montagna più alta del mondo, come richiama il monicker di questa notevole band inglese.
A National Day Of Mourning è un’opera che riscrive ed espande i confini dello sludge, provando ad indurre terrore invece che anestetizzare con un andamento penoso e strascinato: l’operazione riesce al meglio perché , nonostante i Bodies On Everest non facciano nulla per risultare accessibili, l’opera tiene realmente avvinghiati facendoci sentire attori protagonisti di un thriller/horror all’interno del quale si viene sballottati tra scenari di violenza, ora fisica ora psicologica, ora individuale ora di massa, il tutto inserito all’interno di sonorità varie e distinguibili nonostante la loro forte propensione sperimentale.
Il giro di basso della seconda metà di Tally Of Sevens continua a pulsare nelle orecchia anche qualche ora dopo aver terminato l’ascolto, e questo è uno degli agganci per così dire normali in un lavoro che di normale ha quasi nulla: psichedelia, drone, sludge, ambient, elettronica, il tutto viene frullato assieme a qualche residua forma di vita, offrendo un frutto sanguinolento ed ipnotizzante che respingerà al primo ascolto, non piacerà decisamente al secondo, lascerà perplessi al terzo, e che al quarto diverrà un qualcosa di cui non si potrà fare più a meno, simile ad un veleno mortalmente lento ed assuefacente.

Tracklist:
1.unreleaseddeathvideo.flac
2.Tally Of Sevens
3.Gold Fangs In Enemy Territory
4.Shotgun Or Sidearm
5.Suspicious Canoe
6.Who Killed Yale Gracey?

Line-up:
Baynes – Bass, Electronics, Vocals
Wàrs – Bass, Electronics, Vocals
Gold – Drums, Electronics, Vocals

BODIES ON EVEREST – Facebook

DEMETRA SINE DIE

Il video di “Lament”, dall’album “Post Glacial Rebound”, in uscita a Giugno (Third I Rex).

Il video di “Lament”, dall’album “Post Glacial Rebound”, in uscita a Giugno (Third I Rex).

A seguito dell’anteprima mondiale tramite la statunitense NO CLEAN SINGER, gli Italiani DEMETRA SINE DIE condividono ora a livello mondiale “Lament”!
Estratto dal nuovo disco “Post Glacial Rebound”, in uscita il 24 di Giugno tramite Third I Rex, i DEMETRA SINE DIE son finalmente tornati!

The band’s third full-length album, marks a further development and deeper move into psychedelic, post fueled, sludge driven hallucinations.

“.. ‘Post Glacial Rebound’ is a deep black space.. our inner space.. made of memories, emotions, pain, and joy, where we have found comfort and refuge. We hope you can feel the same.”

Demetra Sine Die is:
Adriano Magliocco, bass, synths
Marcello Fattore, drums
Marco Paddeu, vocals, guitars, Korg MS20

Recorded, mixed and mastered by Emanuele Cioncoloni at El Fish Recording Studio (Genova) between 2016 and 2017 – www.elfish.it

Artwork and layout by Anna Levitska.

ME VS. I

Il video di “Empty”, dall’album “Never Drunk Enough”.

Il video di “Empty”, dall’album “Never Drunk Enough”.

“Empty” è il nome del nuovo singolo dei Me vs. I tratto dal debut album della band “Never Drunk Enough”!

L’album è uscito lo scorso 6 aprile, completamente autoprodotto dalla band, un mix letale di hardcore, stoner e marciume totale.

“Sentirsi isolato in un mondo così pieno, resta comunque una contrapposizione”

Ricordiamo i dettagli del nuovo album.

“Never Drunk Enough” è stato registrato e mixato da Daniele Ferretto, mentre l’artwork è a cura di Pietro Braga.

Tracklist:
01. MadNess
02. Me Vs. I
03. Places
04. Keep Off The Grass
05. Empty
06. De-Vices
07. Up & Down

Line-Up:
Matteo Brunoro: Voce
Alberto Baldo: Chitarra
Francesco Baldo: Batteria

“Never Drunk Enough” è disponibile su tutti gli store digitali -> http://hyperurl.co/MeVsINeverDrunk

Facebook: https://www.facebook.com/mevsiband
Instagram: https://www.instagram.com/mevsiband

Last Resistance – A World Painted Grey

Un EP all’insegna del decadentismo, che crea sensazioni angoscianti senza mancare di potenza.

Secondo lavoro per i Last Resistance, il gruppo di Brindisi fondato nel 2013 che si presenta al pubblico come una band Metalcore e che porta alla luce questo A World Painted Grey, un EP composto da 4 tracce che di certo non delude le aspettative dell’ascoltatore. La potenza non manca, la sostanza nemmeno.

A differenza di Last Resistance (l’EP pubblicato alla fine del 2014), la band si lascia trasportare verso un metalcore probabilmente più adatto ai temi trattati nei testi. Nonostante siano molto chiari i riferimenti a gruppi come Drowning Pool e Killswitch Engage, il sound porta con sé anche moltissimi elementi del ben più cupo melodic death metal: in svariati momenti si possono sentire melodie decadenti, che richiamano le sonorità tipiche di gruppi come Solution 45 e In Mourning e non mancano i momenti oscuri, che creano ansia e senso di distruzione nell’ascoltatore.
Un EP carico di anguste emozioni decadentiste che richiamano inesorabilmente i poeti maledetti della Belle Époque francese, quando la società portava alla ricerca dell’individualismo, dell’egoismo e dell’alibi per non affrontare una realtà grigia e senza stimoli.
D’altronde la tematica dell’album è proprio la distruzione della società, causata dagli stupidi comportamenti umani che l’hanno portata alla deriva e con cui ci si deve trovare a fare i conti. Tutto l’EP è curato nei minimi dettagli, persino la copertina rappresenta la situazione che viene poi espressa nei testi: il fronte rappresenta una città grigia ed anonima mentre il retro ne rappresenta la sua vera faccia, in rovina ed ormai irrecuperabile.
I Last Resistance insomma convincono e lasciano poco spazio a commenti negativi. Ci auguriamo che possano tornare presto sulla scena con un album completo che ci racconti il nefasto futuro che la società odierna ci riserva.

Tracklist
1. Karma Violence
2. Misfortune
3. Point of No Return
4. Enslaved

Line-up
Vito Mingolla – Voce
Lorenzo Valentino – Chitarra
Luca Greco – Chitarra
Andrea Caiulo – Basso
Mino Mingolla – Batteria

LAST RESISTANCE – Facebook

Verikalpa – Taistelutahto

I Verikalpa sfornano un lavoro convincente nel quale si sopperisce ampiamente alla derivatività con il giusto grado di intensità, non facendo rimpiangere le opere dei più illustri connazionali.

Dopo il boom ottenuto qualche anno fa con l’esplosione di band come Finntroll e Korpiklaani, il folk metal finlandese è parzialmente rientrato nei ranghi e questo è in parte un bene, anche perché un genere di questo tipo, non lasciando molto spazio a variazioni sul tema, portava ad una moltiplicazione degli epigoni abbassando inevitabilmente la qualità media dell’offerta.

Bene hanno fatto, in tal senso, i Verikalpa ad attendere il momento più opportuno per dare alla luce il primo full length, proprio mentre le band guida sono silenti a livello di nuovo materiale da qualche tempo.
Taistelutahto è, per forza di cose, un lavoro che non aggiunge nulla ad un filone musicale del quale è già stato detto tutto o quasi e al quale si richiede, sostanzialmente, divertimento e ritmi indiavolati ad accompagnare solenni bevute e balli sfrenati.
I Verikalpa, dall’alto della buona esperienza comunque già maturata sui palchi nel corso di un decennio di attività, sfornano un lavoro convincente nel quale si sopperisce ampiamente alla derivatività con il giusto grado di intensità, non facendo rimpiangere le opere dei più illustri connazionali.
Un brano come la conclusiva Rautatammi dimostra, poi, che se i nostri volessero osare anche qualcosa di più avrebbero i numeri per andare oltre un’efficace riproposizione del già sentito, cosa che, come detto, quando si suona l’alcoolico folk metal di matrice finnica non deve essere necessariamente considerata un peccato.

Tracklist:
01. Viimiseen asti
02. Tyrmä
03. Neidonryöstäjä
04. Kuoppajaiset
05. Pahan Laulu
06. Verijuhula
07. Taistelutahto
08. Viinapiru
09. Kuoleman Suo
10. Rautatammi

Line-up:
Jani Ikonen – Vocals
Sami Knuutinen – Bass
Jussi Sauvola – Keys
Jussi Heikkilä – Guitars
Janne Niva – Guitars
Aleksi Heiskanen – Drums

VERIKALPA – Facebook

URBAN STEAM: presentazione live di “Under Concrete” il 1° Giugno!

UNDER CONCRETE, primo full length per la band romana Urban Steam, è in uscita VENERDì 18 MAGGIO in tutti i negozi e nei più importanti store digitali mondiali, per Red Cat Records.
Qui il teaser dell’album:
https://www.youtube.com/watch?v=k6ZTDV4530I

La band presenterà inoltre i nuovi brani live VENERDì 1° GIUGNO al Let it Beer a Roma
Qui i dettagli dell’evento:
https://www.facebook.com/events/980889575400914/

Fallen – ást

Fallen veicola sentimenti che, valutati con i parametri della modernità, appartengono a tempi in cui la semplicità era una virtù e non sinonimo di banalità o di sciatteria: anche per questo ást è un’opera preziosa, da cullare e coltivare con la stessa cura ed attenzione che il musicista ha riversato nel comporla, rendendola una testimonianza musicale fulgida e a suo modo rara.

Torna nuovamente a farsi sentire Fallen, ovvero il musicista toscano Lorenzo Bracaloni, con la sua musica ambient di limpida qualità.

Come già scritto in occasione dell’ultima opera intitolata No Love Is Sorrow, il flusso musicale continua a trarre linfa dagli insegnamenti settantiani del caposcuola Brian Eno e di tutti i numerosi discepoli di uno dei maggiori compositori contemporanei.
L’ambient, nelle mani di Lorenzo, riprende la sua forma originaria, ovvero quella di musica che trovava la sua naturale collocazione nell’accompagnamento di installazioni visive, quindi ben lontana dalle forme droniche e disturbanti che, pur validissime, si rivelano alla fine più impattanti e meno neutre, andando un po’ in contrasto con le finalità iniziali immaginate dal maestro britannico.
ást non è però solo carezzevole e la sua bellezza risiede in una ricerca di suoni non sempre convenzionali, capaci di increspare splendidamente il placido moto ondoso, come avviene in ást III, o con un impatto melodico più definito ed accentuato, come nella magnifica ást V.
E’ anche vero che, in presenza di una continuità compositiva, la proposta di Bracaloni si fa sempre più ricca e composita, colma di sfumature che si possono cogliere, sotto forma di voci e rumori opportunamente processati che non appaiono mai fuori luogo, in quanto facenti parte di una quotidianità dalla quale Fallen non vuole farci evadere ma, semmai, spingerci ad apprezzarne gli aspetti più puri; anche le più piccole cose, persino quelle apparentemente insignificanti, grazie all’ást (amore in islandese) divengono tasselli utili a completare un quadro esistenziale.
Fallen veicola sentimenti che, valutati con i parametri della modernità, appartengono a tempi in cui la semplicità era una virtù e non sinonimo di banalità o di sciatteria: anche per questo ást è un’opera preziosa, da cullare e coltivare con la stessa cura ed attenzione che il musicista ha riversato nel comporla, rendendola una testimonianza musicale fulgida e a suo modo rara.

Tracklist:
1. ást I
2. ást II
3. ást III
4. ást IV
5. ást V
6. ást VI
7. ást VII
8. ást VIII

Line-up:
Fallen

FALLEN – Facebook

KANTICA

Il video di “And Then There Was Pain”, dall’album Reborn in Aesthetics (Revalve Records).

Il video di “And Then There Was Pain”, dall’album Reborn in Aesthetics (Revalve Records).

The power/symphonic metal band Kantica are proud to present the first official videoclip for the song “And Then There Was Pain”, taken from the album Reborn in Aesthetics (released by Revalve records).

Order CD/DIGITAL at: https://player.believe.fr/v2/3614979429853
http://www.revalverecords.com/Kantica.html
https://www.facebook.com/kanticaofficial/

ESHUNA

Il music video di Victory, nuovo singolo degli Eshuna.

La progressive death metal band romana Eshuna rilascia il nuvo singolo Victory.

“Il brano tratta sia a livello testuale che musicale la tematica del conflitto intrinseco nella natura umana. La vittoria, in questione, rappresenta il punto di equilibrio raggiunto tra le due forze primordiali presenti nell’uomo: l’apollineo e il dionisiaco, la mente e il corpo, la terra e il mare.
Musicalmente è possibile percepire questa conflittualità dall’assiduo accostamento di cori e melodie, quasi angeliche, che contrastano con voci ed atmosfere tetre.
Il brano si evolve in un crescendo di ritmiche incalzanti che hanno il loro culmine in una serie di parti solistiche strumentali.”

https://www.facebook.com/EshunaOfficialBand/

Freitot – Freitot

Freitot è un godimento per orecchie magari un po’ usurate, ma non abbastanza da diventare refrattarie a certi suoni, e se death metal dev’essere questo è proprio del tipo che non ci si stanca mai di ascoltare.

Freitot è un trio francese, al suo esordio con un album autointitolato, nel quale troviamo musicisti già abbastanza conosciuti della scena transalpina.

Se Fabien Desgardins ed Etienne Sarthou sono noti soprattutto agli adepti del death metal, Arno Strobl è sicuramente un vocalist che non ha bisogno di troppe presentazioni a chi è attento anche a sonorità più sperimentali, come quelle dei Carnival in Coal o degli We All Die Laughing (dove ha fatto coppia con il geniale Déhà).
L’album in questione, invece, di innovativo non ha proprio un bel niente, ma non è detto che ciò sia un male, anzi: se si decide si suonare un death metal tradizionale, scevro da pulsioni moderniste, ammorbidimenti melodici o ghirigori progressivi, ecco, questo è il modo giusto.
Il growl di Strobl non teme confronti, mentre i suoi due compari erigono montagne di riff senza dimenticare ottimi passaggi solisti: il sound tratteggia umori degni di luoghi poco accoglienti, come testimonia la copertina, e oscilla tra pulsioni più brutali e momenti più accattivanti e ricchi di groove, la ricetta magica che consente di godere appieno e a lungo di un lavoro di tal fatta.
Un brano fantastico come Father lo possono scrivere solo musicisti capaci di padroneggiare la materia con estrema disinvoltura, ma è solo il picco di un lavoro che ha il grande pregio di non annoiare, soprattutto se queste sonorità fanno parte dei propri ascolti fin dal secolo scorso, quando una band come per esempio i Gorefest (con i quali trovo diversi punti di contatto) era in grado di mettere a ferro e fuoco l’audience, non solo annichilendola sotto violente bordate ma aggredendola, semmai, con le proprie evolute trame musicali.
Freitot è un godimento per orecchie magari un po’ usurate, ma non abbastanza da diventare refrattarie a certi suoni, e se death metal dev’essere questo è proprio del tipo che non ci si stanca mai di ascoltare.

Tracklist:
1. The Human Drawer
2. Mission
3. …And Your Enemy Closer
4. Father
5. Love Is All Around
6. Lost In Meaning
7. The Last Room on the Left
8. Yoko

Line-up:
Fabien “Fack” Desgardins – Guitars (lead)
Arnaud Strobl – Vocals
Etienne Sarthou – Guitars (rhythm), Bass, Drums