Esben And The Witch – Nowhere

Praticamente l’album è un sogno lungo diverse decine di minuti, nel corso del quale il tempo e lo spazio sono sospesi e si va via con gli Esben And The Witch.

Come in un sogno, la musica degli Esben And The Witch si snoda nel nostro cervello, generando quel piacere del toccare ciò che non è reale, poiché la realtà qui non è di casa.

La musica del gruppo, che si divide fra Berlino e l’Inghilterra, è da annoverare nella psichedelia pesante, ma in realtà c’è molto di più. Il tappeto sonicamente distorto di Daniel e Thomas è fertile per la bellissima voce di Rachel, la strega che officia il rito che ci porta in un’altra bellissima dimensione. La musica è quasi uno shoegaze più pesante e dilatato dove sembra quasi che ogni strumento vada per conto suo, mentre si amalgama alla perfezione con gli altri. L’etereo cantato e ciò che succede sotto creano una trama che avvince l’ascoltatore per prepararlo alle tante esplosioni sonore che ci sono in tutto il disco. Praticamente l’album è un sogno lungo diverse decine di minuti, nel corso del quale il tempo e lo spazio sono sospesi e si va via con gli Esben And The Witch. Poche band riescono a catturare in maniera tale l’ascoltatore e qui stupisce anche la grande profondità dei suoni, che riescono a penetrare molto a fondo nella psiche dell’ascoltatore, lasciando un segno indelebile. La carriera del gruppo anglo tedesco è stata un continuum ben preciso, una decisa scalata verso vette molto alte: Nowhere è per ora il loro picco, ma possono dare ancora molto. Seppur non appartengano a nessun genere ben preciso, o forse proprio per questo motivo, gli Esben And The Witch sono uno di quelle sparute band che riescono a creare un genere a sé stante, rinnovando profondamente alcuni codici musicali. Un disco che fa sognare ma che non è sicuramente un prodromo della gioia, bensì una presa di coscienza della nostra fallibilità e della nostra brevità, ma ci sono musiche che fortunatamente ci conducono lontano.

Tracklist
1. A Desire For Light
2. Dull Gret
3. Golden Purifier
4. The Unspoiled
5. Seclusion
6. Darkness

Line-up
Daniel
Thomas
Rachel

ESBEN AND THE WITCH – Facebook

Coffin Birth – The Serpent Insignia

I Coffin Birth sono una nuova formazione nata nel 2018 dalla collaborazione fra musicisti metal maltesi ed italiani.

Non deve stupire il fatto che vi siano dei componenti maltesi, perché la scena metal dell’isola, in special modo quella doom, è molto fiorente e valida. Il gruppo offre una potente miscela di death metal con un taglio vecchia scuola, con molte influenze punk e con incursioni nel groove metal. Il risultato è un disco di debutto molto potente, calibrato alla perfezione anche grazie alla grande esperienza degli attori coinvolti. I nostri sono Giulio Moschini (Hour of Penance), Marco Mastrobuono (Hour of Penance), Francesco Paoli (Fleshgod Apocalypse, ex-Hour of Penance), Davide Billia (Hour of Penance, Beheaded) e Frank Calleja (Beheaded). Visti i nomi ciò che viene fuori con i Coffin Birth non dovrebbe stupire più di tanto, ma si va ben oltre le aspettative. La media del disco è molto alta, l’intensità non viene mai meno, e con essa c’è una grande potenza di fondo che lega con una capacità compositiva importante. La musica è molto pesante e veloce, con dei mid tempo devastanti, e la produzione fa rendere al meglio il tutto. Era da tempo che non si ascoltava un disco come questo, in grado di partire dal death metal e spaziare in altri ambiti, senza creare steccati, ma anzi andando a ricercare aspetti differenti per creare un ottimo groove. Infatti The Serpent Insignia non sfigura nemmeno in quest’ultimo ambito, dove spesso ci sono lavori che segnano il passo mentre qui è tutto fresco e ben composto. I Coffin Birth sono ben al di sopra della media e il disco è un debutto che si proietta direttamente nelle migliori uscite dell’anno che volge al termine per i generi coinvolti.

Tracklist
01. Throne of Skulls
02. The 13th Apostle
03. Godless Wasteland
04. Red Sky Season
05. Christ infection Jesus Disease
06. From the Dead to the Dead
07. Casket Ritual
08. Sanguinary
09. The Serpent Insignia
10. Zombie Anarchy

Line-up
Frank Calleja – Lyrics & Vocals
Giulio Moschini – Guitars
Francesco Paoli – Guitars
Marco Mastrobuono – Bass
Davide Billia – Drums

COFFIN BIRTH – Facebook

Spleen Flipper – Myndbreyting

L’aggressività è notevole, i testi sono interessanti e personali, mai banali o scontati, il risultato è un graditissimo ritorno di un gruppo che scalcia tantissimo e non ti lascia tregua, e che insegna che l’attitudine non scompare, ma anzi è maggiore quando si fa qualcosa di originale e non di derivativo.

Dopo l’ultimo disco del 2013 The Will To Kill, tornano gli Spleen Flipper da Crema.

Il loro esordio uscì nel 2003 per la gloriosa Vacation House di Rudi Medea, lo storico cantante degli Indigesti. E’ passato molto tempo da allora, e giunti ai nostri cupi giorni il gruppo non ha perso nulla, anzi è tornato più aggressivo e carico di prima, con un ottimo ep. Il suono è un hardcore metal, con venature newyorchesi e non solo, eseguito con passione e credibilità. In questi quattro pezzi gli Spleen Flipper fanno ben presto capire che l’hardcore per loro è una cosa seria e fa parte della loro vita, non è un passatempo temporaneo o una moda. I nostri hanno il cuore dalla parte giusta, e dimostrano di essere un gruppo al di sopra della media, fin dai primi momenti dell’iniziale The Mirror Room, un pezzo che rende subito chiare le coordinate entro le quali si muovono i lombardi. Le radici sono nel terreno hardcore punk, il metal è molto presente, perché si arriva a contaminarsi con death e anche alcuni sprazzi di black. Il discorso musicale intavolato dal gruppo è molto ampio e verte su argomenti musicali che è bello veder veicolati ora, in un momento nel quale si era perso un certo tipo di hardcore metal, specialmente in Italia con la dipartita di alcuni gruppi storici. La lunghezza dei brani permette al gruppo di avere una struttura complessa che ne mostra la bravura compositiva. L’aggressività è notevole, i testi sono interessanti e personali, mai banali o scontati. Il risultato è un graditissimo ritorno di una band che scalcia tantissimo e non ti lascia tregua, e che insegna che l’attitudine non scompare, ma anzi è maggiore quando si fa qualcosa di originale e non di derivativo. Come suono ci sono momenti che rimandano direttamente all’epoca della suddetta Vacation House, e se avete voglia andate a riprendervi il loro catalogo, che oltre agli Spleen Flipper annoverava cosa davvero notevoli.

Tracklist
1.The mirror room
2.No escape
3.I have a dream
4.Falling

Line-up
Katta – chitarra
Nico – basso
Charlie – batteria
Catta – chitarra
Topper – voce

SPLEEN FLIPPER – Facebook

Taur-Im-Duinath – Del Flusso Eterno

La ricchezza dei mondi tolkeniani si rispecchia in questo splendido disco di black metal cantato in italiano, che parla al cuore dipingendo bellissime e terribili immagini.

Bellissimo progetto solista di F. Oudeis, già coinvolto nell’altrettanto valido progetto black metal partenopeo Scuorn.

Taur-Im-Duinath in lingua Sindarin significa “foresta fra i fiumi”. La lingua Sindarin è uno dei molti linguaggi usati dagli elfi nei mondi inventati dal sommo Tolkien. In particolare il Sindarin è il linguaggio elfico più parlato in una regione di Arda, la Terra di Mezzo, durante la Terza Era, essendo l’idioma degli Elfi Grigi, coloro che rifiutarono di recarsi in Valinor come fecero i Noldor: “essi rimasero dunque nella Terra di Mezzo, e svilupparono una lingua propria” ( dal sito web https://ilrifugiodeglielfi.blogspot.com/2012/04/linguaggio-elfico-secondo-tolkien-il.html). La ricchezza dei mondi tolkeniani si rispecchia in questo splendido disco di black metal cantato in italiano, che parla al cuore dipingendo bellissime e terribili immagini. Il lavoro solista di Oudeis è davvero un qualcosa di straordinario, uno scrigno ricolmo di ricchezze dimenticato in un’ombrosa foresta, dove è stato poi ritrovato e portato fino a noi. Per chi possiede un po’ di amore per il black metal ortodosso molto vicino all’atomospheric, vivrà qui autentici momenti di illuminazione e stupenda bellezza. La voce è in italiano e si capisce tutto ciò che dice, anche grazie ad una produzione molto buona ed adeguata. Per capire ciò che vuole trasmetterci Taur-Im-Duinath bisogna che ognuno lo ascolti, poiché per ogni persona c’è un messaggio diverso contenuto in questo disco che va bene oltre la musica. In questi suono ed in queste parole c’è qualcosa di estremamente atavico che ci parla, uno spirito guida che ritorna dopo eoni a riprenderci, perché non siamo ciò che crediamo, e soprattutto ci sarà un nuovo inizio. La musica è bellissima ed evocativa, uno dei migliori black metal mai fatti in Italia, potente, melodico e affascinante. I testi smuoveranno anche i cuori più duri, non tanto per la tenerezza ma per la loro esoterica sincerità. Un disco da sentire e risentire, un piccolo capolavoro da conservare gelosamente.

Tracklist
1.Symbelmynë
2.Rinascita
3.Così Parlò il Tuono
4.Del Flusso Eterno
5.Hírilorn
6.Il Mare dello Spirito
7.Ceneri e Promesse
8.Mallorn

Line-up
F. Oudeis – All instruments, Vocals,Programming

TAUR IM DUINATH – Facebook

Crippled Black Phoenix – The Great Escape

Ci sono concatenazioni sonore che sono tipiche del gruppo di Waters, Gilmour e soci, e poi c’è quel tocco in stile Mogwai in libera uscita che è qualcosa di bellissimo.

Quando sei un collettivo che annovera fra i propri membri molti nomi fra il meglio della scena psichedelica mondiale e specialmente quella inglese non è facile fare ottimi dischi e non sbagliarne uno, ma i Crippled Black Phoenix ci riescono anche questa volta.

Tutte le dilatate note di questo ultimo lavoro valgono la pena di essere ascoltate e sofferte, perché qui c’è il fumo che esce dallo specchio rotto delle nostre esistenze. Ogni disco del collettivo britannico ha rappresentato un episodio particolare e a sé stante, nel senso che ogni volta era uno splendido capitolo a parte, un qualcosa di assoluto. Il filo che lega tutti i loro dischi è la qualità, la bravura nel creare un’atmosfera oppiacea e particolarissima, e in The Great Escape ci si può immergere e non ne uscirete come prima. Qui siamo maggiormente nei territori dello slow core, ma con un disegno assai più ampio di quello a cui ci hanno abituato gli altri gruppi. Personalmente, e come tutte le visioni soggettive può essere sbagliata, ho sempre visto i Crippled Black Phoenix come la versione moderna e in certi frangenti migliore dei Pink Floyd, e questo lavoro rafforza ulteriormente la mia convinzione. Ci sono concatenazioni sonore che sono tipiche del gruppo di Waters, Gilmour e soci, e poi c’è quel tocco in stile Mogwai in libera uscita che è qualcosa di bellissimo. Come detto sopra ogni disco è a sé, e qui addirittura ogni canzone vive in uno proprio stato, sempre di grazia ma con sfumature diverse. Il lavoro questa volta è doppio, anche perché ogni canzone è di lunga durata, e questo gruppo riesce a fare brani di nove minuti come il singolo To You I Give ( sentite i primi due minuti della canzone e pensate a chi somigliano…) dei quali non si ha mai abbastanza. Nell’underground questo collettivo ha una grande e solida reputazione ed è più che meritata, ogni album è sempre ottimo e denota un ulteriore avanzamento. Il primo disco è più lento, nel secondo invece ci sono delle cose più veloci, quasi tribali, ma sempre uniche e particolari. I Crippled Balck Phoenix sono uno dei gruppi migliori e più originali della scena underground, da sentire e risentire sia questo disco che tutta la loro produzione.

Tracklist
1 You Brought It Upon Yourselves
2 To You I Give
3 Uncivil War (Pt I)
4 Madman
5 Times, They Are A’Raging
6 Rain Black, Reign Heavy
7 Slow Motion Breakdown
8 Nebulas
9 Las Diabolicas
10 Great Escape (Pt I)
11 Great Escape (Pt II)
12 Hunok Csataja (Bonus)
13 An Uncivil War (Pt. I & II) (Bonus)

Line-up:
Justin Greaves
Daniel Änghede
Mark Furnevall

Ben Wilsker
Tom Greenway
Jonas Stålhammar
Belinda Kordic
Helen Stanley

CRIPPLED BLACK PHOENIX – Facebook

Valkyrja – Throne Ablaze

La peculiarità maggiore rimane sempre capacità di unire melodia e black metal, con un lieve accenno di death.

Tornano dopo cinque anni dal precedente disco i Valkyrja, con un disco di black metal molto potente e nello stile della seconda onda del black metal.

I nostri sono attivi dal 2004, con un suono sempre improntato all’aggressività e alla velocità. Con questo Throne Ablaze sono venuti a riprendersi il posto che spetta loro: infatti sono attualmente in tour con i Marduk e gli Archgoat. Il suono di questi svedesi è molto duro e serrato, al contempo la melodia pervade molto bene le costruzioni sonore e l’ascoltatore rimane sempre attaccato alla loro musica. Avendo imparato alla perfezione la storia di questo genere, i Valkyrja sanno che è necessario costruire un sound che non sia solo derivativo, ma un qualcosa che abbia delle peculiarità ben precise e ci riescono in pieno. Le canzoni sono quasi tutte di lunga durata, dato che il gruppo riesce a concatenare al meglio i vari temi sonori presenti all’interno delle tracce. Il risultato è un muro sonoro che non rivela nessuna crepa, e anzi avanza imperioso verso l’ascoltatore, incalzandolo da vicino. Non è facile di questi tempi, in cui i gruppi sono davvero tanti, tornare dopo diversi anni e riprendersi ciò che ti spetta, ma con questo disco i Valkyrja hanno firmato un rientro più che positivo. Il lavoro è un bel massacro dall’inizio fino alla fine e non c’è un attimo di tregua. La peculiarità maggiore rimane sempre capacità di unire melodia e black metal, con un lieve accenno di death. Ascoltare un disco di black con una forte impronta personale non è per nulla scontato, ma qui lo si può trovare.

Tracklist
1. In Ruins I Set My Throne
2. Crowned Serpent
3. Opposer of Light
4. Tombs Into Flesh
5. Halo of Lies
6. Transcendental Death
7. Paradise Lost
8. Throne Ablaze

Line-up
S.Wizén – lead guitar & vocals
B.Thelberg – rythm guitar
V.Purice – bass & backing vocals
V.Parri – drums

VALKYRJA – Facebook

Eluveitie – Slania 10 Years

Slania è una grande gioia per gli amanti del genere, e 10 Years potrebbe essere considerata la sua versione definitiva, perché le cose aggiunte sono ragguardevoli e vanno ben oltre le solite demo o inediti.

Per festeggiare degnamente la ricorrenza dei dieci anni dell’uscita di Slania, il secondo disco degli Eluveitie, la Nuclear Blast fa uscire una nuova edizione arricchita da demo, una misteriosa intervista alla vera Slania e commenti alle canzoni.

Uscito nel 2008, Slania è il disco che ha fatto conoscere al grande pubblico gli svizzeri e ascoltandolo è impossibile resistergli. Qui gli Eluveitie concentrano tutto il meglio di ciò che sanno fare, regalando un capolavoro davvero potente. Molti considerano il gruppo elvetico uno dei principali interpreti mondiali del folk metal ed in Slania è racchiuso il perché di questo giudizio, dovuto ad una grande potenza sonora che va di pari passo con una robusta composizione in cui il metal si lega in maniera fortissima al folk. Quest’ultimo è sempre stato il vero punto di forza degli Eluveitie, ovvero fondere in maniera credibile e di grande effetto il folk degli strumenti tipici con un metal di ottima fattura, trovando una sintesi molto originale. Slania è un disco più veloce e metal rispetto alle ultime uscite, e possiamo già trovare quelle incredibili melodie che hanno reso tanto amato il gruppo, soprattutto per il bilanciamento perfetto fra cantato femminile e cantato maschile. Più che ascoltare folk metal qui lo si respira all’interno della dimensione creata dalle canzoni di questo disco, che è una delle pietre miliari di un genere che sembra facile da suonare, mentre invece ci vuole un notevole talento insieme ad una visione compositiva inusuale per poterlo fare al meglio. Slania è una grande gioia per gli amanti del genere, e 10 Years potrebbe essere considerata la sua versione definitiva, perché le cose aggiunte sono ragguardevoli e vanno ben oltre le solite demo o inediti. Un disco che ha indicato una via e che continua tuttora a farlo.

Tracklist
01. Samon
02. Primordial Breath
03. Inis Mona
04. Grey Sublime Archon
05. Anagantios
06. Bloodstained Ground
07. The Somber Lay
08. Slania’s Song
09. Giamonios
10. Tarvos
11. Calling The Rain
12. Elembivos

Bonus:
13. Samon (Acoustic Version)
14. Interview With Slania
15. Samon (demo)
16. Primordial Breath (demo)
17. Inis Mona (demo)
18. Bloodstained Ground (demo)
19. Tarvos (demo)

Line-up
Chrigel Glanzmann – vocals, mandola, whistles, pipes, gaita, acoustic guitar, bodhrán, harp
Kay Brem – bass
Rafael Salzmann – lead guitar
Matteo Sisti – bagpipes, tin whistle
Jonas Wolf – rhythm guitar
Alain Ackermann – drums
Michalina Malisz – hurdy-gurdy
Nicole Ansperger – violin, vocals
Fabienne Erni – vocals, celtic harp

ELUVEITIE – Facebook

Lou Seriol – Occitan

Occitan è un disco molto bello e piacevole, che può rimettere in pace con il globo terracqueo, rivelando l’anima profonda del popolo occitano.

Torna il gruppo occitano moderno più conosciuto e di maggiore talento, i Lou Seriol con il suo ultimo disco che, come al solito, al suo interno racchiude molti tesori.

Occitan esce a distanza di sei anni dal precedente lavoro, Maquina Enfernala (2012), ed è un album completo, caratterizzato dall’incontro di molte sonorità, soprattutto folk, che hanno la peculiarità di non porsi confini e di andare sempre oltre. L’Occitania è un territorio fiero e dalle grandi tradizioni, dove si incontrano genti con lo sguardo sempre rivolto al futuro mantenendo le radici ben salde. I Lou Seriol scrivono musica con estrema facilità, le melodie sono sempre di grande effetto, e il risultato è di sentirsi come ad una bellissima festa di paese, dove si balla felici e il tempo si ferma per lasciare spazio agli uomini e alle donne, ai loro desideri, alle loro vite, alle loro paure e gioie. La fisarmonica viaggia leggera e guida il resto degli strumenti attraverso la corposa e piacevole struttura delle canzoni. Con i Lou Seriol si va sul sicuro, il suo mondo musicale è davvero vasto e particolare, tutto è al suo posto e si balla senza mai smettere di pensare. Il folk qui si esprime attraverso la sua identità più genuina e scorre naturale, facendo stare bene come se si fosse su di un prato fiorito di primavera. L’occitano è una lingua fortemente musicale, dolce o aspra quando lo deve essere, forte e precisa, figlia di un popolo con un grande cuore. Ci sono anche ospiti importanti che accompagnano il gruppo, come i Massilia Sound System (ascoltate tutta la loro discografia perché sono una delle cose che vi scalderanno maggiormente il cuore), l’armonicista Tom Newton, i friulani Radio Zastava, Alessio Perardi degli Airborn, e tanti altri. Occitan è un disco molto bello e piacevole, che può rimettere in pace con il globo terracqueo, rivelando l’anima profonda del popolo occitano. Chiude il disco una bellissima cover di Anarchy In The Uk dei Sex Pistols in lingua occitana.

Tracklist
1.Occitània
2.Constellacion
3.Ladres
4.Zen
5.Fungo Dance (La dança dau bolet)
6.Duèrm
7.Darbon
8.Crobàs
9.Joanina dal batalh
10.N’ai pro
11.Libres
12.Anarquia en Occitània

Line-up
Stefano Degioanni – vouz
Edoardo degioanni – semitun
Adriano Rovere – guitara
Bejamin Newton – bassa
Roberto Gaia – batteria

LOU SERIOL – Facebook

Jamaica Suk – Whispers Ep

Ottima techno fatta da una metallara, che va ben oltre i generi.

Ep di techno claustrofobica, con accenni di industrial e con una struttura musicale molto vicina al metal.

La produttrice americana Jamaica Suk, trapiantata a Berlino, è una dei nomi più caldi della attuale scena techno internazionale, e lo dimostra molto bene con questo ep. Whispers contiene tre tracce molto potenti e che vanno dritte al bersaglio. Jamaica Suk ha radici metal che ha coltivato essendo nata in una zona a forte concentrazione di suoni metallici, ovvero la Bay Area di San Francisco. Da giovane ha suonato il basso in gruppi math, grindcore e jazz, ed infatti le sue strutture sonore sono molto superiori a quelle della media degli altri produttori. Jamaica riesce a portare a livelli molto alti la tensione sonora, con un uso imponente del basso e dei synth, non lasciando mai tregua all’ascoltatore, come se fosse metal suonato dai computer. Per chi apprezza la techno Whispers è un gran bel catalogo di cosa si possa fare nel regno della techno più dark ed eterodossa, mentre per chi vuole scoprire queste sonorità è un gran bel punto di partenza. Ascoltando l’ep ci sono anche molti riferimenti a colossi del genere, ma la sintesi è strettamente originale, tutta opera di Jamaica Suk. Dissonanze, bassi che spingono e tanta oscurità resa da strumenti elettronici dipingono un quadro perfettamente in linea con le distopie che stiamo vivendo, e questo ritmo è il battito delle nostre vite. Ottima techno fatta da una metallara, che va ben oltre i generi.

Tracklist
1. Stinger Ray
2. Fallen
3. Whispers
4. Twilight Rain

JAMAICA SUK – Facebook

Felis Catus – Answers To Human Hypocrisy

Felis Catus è uno splendido visionario e ogni suo disco è particolare, ma forse questo Answers To Human Hypocrisy è davvero il migliore, sicuramente da sentire se si vuole correre liberi per terreni lunari e guardare le nostre vite dall’alto.

Il metal, e i suoi tanti sottogeneri, possono servire a tante cose, a scatenarsi o a dimenticare qualcosa, e in questo caso è un affilato strumento di ricerca, dentro e fuori di noi.

Fin dalla bellissima intro Babylon Returns si capisce che il progetto di Francesco Cucinotta, voce e chitarra dei catanesi Sinaoth, che è partito nel 2010, è di grande spessore ed è giustamente ambizioso. Come per il precedente Banquet On The Moon, Felis racconta delle storie, sviluppando narrazioni per andare oltre la musica, coinvolgendo altre discipline ed emozionando sempre. Felis Catus ci porta lontano, in altre dimensioni, dove il mondo e l’uomo sono visti da angolazioni non usuali. Anche la musica, suprema regina del regno di Felis Catus, non è per nulla ascrivibile a qualche genere o sottogenere in particolare, tutto fluttua ed è usato come si userebbero dei costumi di scena in un’opera teatrale. Troviamo del black metal, come dell’elettronica, alcuni momenti di illuminata improvvisazione e poi musica da film e molto altro. Non ci si muove per canzoni, ma per visioni, e la vena di Cucinotta è praticamente irresistibile, essendo egli una di quelle anime musicali di grandissimo talento che, se fosse nato trecento anni fa, sarebbe stato un eccellente compositore di musica classica. Per fortuna nostra ama il metal e ci regala qualcosa che va ben oltre il mondo metallico e anche la gamma delle nostre percezioni, questa è musica che è da ascoltare con attenzione, descrive le nostre vite umane, corte, tristi e faticose, perché questa è la realtà, poi possiamo raccontarci quello che si vuole. Felis Catus è uno splendido visionario e ogni suo disco è particolare, ma forse questo Answers To Human Hypocrisy è davvero il migliore, sicuramente da sentire se si vuole correre liberi per terreni lunari e guardare le nostre vite dall’alto.

Tracklist
01 Babylon Returns
02 Apocatastasis
03 Bohémien Bizarre
04 Through The Centuries
05 Commemoration
06 Ophis (Felix Culpa)
07 Somewhere
08 Wine And Roses
09 Jakob Lorber
10 Night Gaunts
11 Cupio Dissolvi
12 La Bàs
13 Ruins Of Shining Grace (Bonus Track)

FELIS CATUS – Facebook

Wasted Theory – Warlords Of The New Electric

L’ascolto di Warlords Of The New Electric è coinvolgente e assai scorrevole, le canzoni non presentano pause o riflussi, ma si è sempre lanciati verso l’incandescente magma.

Torna uno dei gruppi più divertenti e devastanti della musica pesante, dal Delaware e dal Maryland ecco a voi i Wasted Theory, sempre per l’italiana Argonauta Records.

Il loro suono è divertente e dà assuefazione molto presto, è come un joint di ottima erba, che ti fa volare la testa e magari ascoltare una colata di riffs e sezione ritmica incessante, questo è ciò che offrono i Wasted Theory. La musica ce la mettono loro, la droga no, che poi magari qualcuno capisce male. I nostri americani sono al loro terzo album sulla lunga distanza, e se già i precedenti dischi erano ottimi questo li supera tutti, portando alla massima altezza possibile le loro caratteristiche migliori, ovvero dare musica pesante e divertente che deriva dai sacri Black Sabbath, prende molto dallo stoner ma anche dal metal southern, il tutto con una miscela davvero esplosiva, condita da molta ironia. Pochi gruppi possono vantare un groove imponente e allo stesso tempo ben strutturato come i Wasted Theory, che avevano già stupito tutti con il precedente Defenders Of The Riff, che li aveva portati alla ribalta internazionale. Chi aveva amato il precedente album rimarrà ancora più colpito da questo ultimo lavoro, davvero completo e curato fin nei minimi particolari. L’ascolto di Warlords Of The New Electric è coinvolgente e assai scorrevole, le canzoni non presentano pause o riflussi, ma si è sempre lanciati verso l’incandescente magma. Oltre a possedere un groove tra i migliori nel genere, i Wasted Theory sono capaci di sviluppare ritornelli che stendono chiunque e che non lasciano indifferenti. Nel disco si possono trovare molti riferimenti al meglio dell’hard rock e del metal, ad esempio ci sono passaggi che riportano alle sonorità dei Thin Lizzy, un gruppo che è nelle orecchie di molti e che, a volte anche inconsciamente, ritornano. Come si diceva prima, c’è anche un grande sapore southern, che da un tocco in più al tutto. Un disco davvero divertente e molto corposo.

Tracklist
1.Rawhide Hellride
2.Drug Buzzard
3.Bongronaut 05:38
4.The Son of a Son of a Bitch
5.Bastard County
6.Heavy Bite
7.Weed Creature
8.Doomslut Rodeo

Line-up
Larry Jackson, Jr.- Vocals/Guitars
Andrew Petkovic – Guitars
Brendan Burns – Drums

WASTED THEORY – Facebook

Flying Disk – Urgency

Ascoltare Urgency dà l’idea che il noise e il grunge si possano ancora incontrare per fare ottime cose, con un pezzo come Hammer che è nei dintorni dei migliori Unsane.

I Flying Disk sono giovani, vengo da Fossano provincia di Cuneo e suonano divinamente.

Con questo secondo lavoro i ragazzi superano il già buon esordio del 2014 Circling Further Down, che li ha portati all’attenzione di chi ama le sonorità pesanti ben strutturate e con una melodia solida e che si snoda per tutta la canzone. Il gruppo fossanese ha un tiro micidiale, una naturalezza nel muoversi che rende piacevole e solido tutto ciò che fa. Urgency è il disco perfetto fatto da chi sta in provincia, ma possiede una grande apertura mentale, per quanto riguarda la musica, di chi ha talento e vuole suonare. Ci sono momenti di estrema goduria nell’ascoltare questo disco, e alcuni pezzi hanno un deciso retrogusto grunge, nel senso che si ha quello stato di grazia fra melodia e pesantezza che solo i grandi gruppi possiedono. Sulla risposta alla domanda se i Flying Disk siano appunto un grande gruppo, la risposta è un sì molto deciso. Ascoltare il loro nuovo disco ti da l’idea che il noise e il grunge si possano ancora incontrare per fare ottime cose: un pezzo come Hammer è nei dintorni dei migliori Unsane, creando quella bella tensione musicale che solo il noise sa fare, con mille rivoli che vanno a formare un unico fiume lavico. Inoltre ci sono dei momenti di grazia vera e propria dove sembra di trovarsi con loro in saletta a suonare come se fuori ci fosse l’apocalisse. La chitarra sale e scende, il basso pulsa e la batteria è bella pulita con una voce che è pressoché perfetta per questo tipo di musica. Chi vedrà dal vivo questa band capirà quanta passione e dedizione abbia: i Flying Disk fanno fluire la musica in una provincia che non ti dà molto ma ti dà la spinta e il giusto inquadramento, nel senso che sai che probabilmente non farai mai i soldi, ma resterai sempre te stesso e potrai fare dischi bellissimi come questo Urgency, album che non conosce data di scadenza, e che a ogni nuovo ascolto regala sempre qualche sorpresa.

Tracklist
1. One Way to Forget
2. On the Run
3. Straight
4. Dirty Sky
5. Night Creatures
6. Hammer
7. Young Lizard
8. 100 Days

Line-up
Simone Calvo – Guitars, Vocals
Enrico Reineri – Drums
Luca Mauro – Bass

FLYING DISK – Facebook

Porn – The Ogre Inside Remixed

I suoni sono davvero interessanti e il disco raggiunge pienamente il suo obiettivo, ovvero quello di rileggere in maniera alternativa il disco originale, portandolo ad un altro livello. Nel campo dell’elettronica oscura è una delle migliori uscite degli ultimi tempi.

Album di remix del disco The Ogre Inside, uscito nel 2017 come primo episodio di una trilogia basata sul protagonista Mr. Strangler, che è anche il cantante del gruppo.

Gli Ogre sono un gruppo francese di ebm gothic metal, con una forte carica pop e ottime melodie, che si alternano perfettamente con pezzi maggiormente crudi e veloci. Il disco originale, uscito l’anno scorso, ha avuto un buon successo, e qui rinasce nuovamente grazie agli ottimi remix dei produttori An Erotic End Of Times, Heartlay, Thot e Aura Shred, che interpretano il disco in maniera differente, portando a galla nuove ricchezze nascoste. Il gruppo francese possiede qualità notevoli, poiché riesce a fare una sintesi molto originale di generi diversi, come l’ebm, il synth pop in quota Depeche Mode, soprattutto come modello sul quale plasmare la propria materia, e un tocco di metal gotico. Con questi remix si pone l’accento soprattutto sulla parte elettronica del tutto, e ne viene fuori un disco notevole, forse migliore rispetto all’originale, sicuramente altrettanto potente e visionario. Come per qualsiasi remix ben riuscito, molti meriti sono da ascrivere a colui o colei che lo produce, ma la materia prima deve essere per forza buona, sennò il risultato non arriva. Invece qui ogni canzone remixata è notevole, perché si scava a fondo per cogliere nuovi diamanti. La produzione è ottima ,e mette in risalto la vena di questi francesi che compongono molto bene, e i remix mettono in evidenza questo loro aspetto. The Ogre Inside è un disco che tratta in maniera profonda e approfondita le miserie e le tensioni morali e carnali dell’essere umano, quella guerra lunga una vita che ci contraddistingue nel regno animale. Non possiamo vincere questa battaglia, come ci fanno capire molto bene gli Ogre, ma possiamo ballarci sopra con loro e non è poco. L’ascoltatore verrà portato in giro fra erotismo, il fascino della decadenza e la nostra vera natura che viene fuori sempre e comunque. I suoni sono davvero interessanti e il disco raggiunge pienamente il suo obiettivo, ovvero quello di rileggere in maniera alternativa il disco originale, portandolo ad un altro livello. Nel campo dell’elettronica oscura è una delle migliori uscite degli ultimi tempi.

Tracklist
1 The Ogre Inside (Heartlay Remix)
2 Close The Window (An Erotic End Of Times Remix)
3 Dream On (An Erotic End Of Times Remix)
4 She Holds My Will (Heartlay Remix)
5 You’ll Be The Death Of Me (An Erotic End Of Times Remix)
6 Sunset Of Cruelty (An Erotic End Of Times Remix)
7 The Ogre Inside (An Erotic End Of Times Remix)
8 She Holds My Will (An Erotic End Of Times Remix)
9 Sunset Of Cruelty (THOT Remix)
10 The Ogre Inside (Aura Shred Remix)
11 Close The Window (Aura Shred Remix)
12 Sunset Of Cruelty (Aura Shred Remix )

Line-up
Mr Strangler : Vocals, drums programming, synth
Shade : Guitar
The One : Synth, guitar
The Priest : Bass
Zinzin Stiopa : Guitar

PORN – Facebook

Voland – Voland 2

Questo ep è un’opera assolutamente fuori dal comune, frutto di un lavoro impressionante e molto ben centrato, per uno dei gruppi più particolari ed originali che abbiamo in Italia.

I Voland sono un duo di Bergamo formato nel 2006 e dedito al black death metal.

I membri dei Voland sono anche nel grande gruppo black Veratrum, e come Voland hanno all’attivo due ep che si possono scaricare entrambi dal loro bandcamp. Voland 2 è il loro ultimo ep del 2017, dedicato al centenario della rivoluzione bolscevica del 1917.
Il disco è un interessante concentrato di black metal sinfonico con sconfinamenti in campo death, ma la ragione sociale rimane il nero metallo. Il disco è molto potente ed evocativo ed esprime tutto l’amore per la cultura russa del duo. Voland 2 è anche frutto di una esauriente ricerca storica, andando a ricercare le cose sotto la superficie. Fin dall’iniziale 1917 l’afflato è epico e magniloquente e si capisce subito che i Voland sono un gruppo al di fuori della media, sia per la musica che per i testi. La musica è un black che ha qualcosa dei loro inizi atmosferici, ed è molto coinvolgente, suonata con potenza e ad ampio respiro: chiudendo gli occhi e ascoltando l’ep si possono facilmente immaginare gli ampi spazi della Madre Russia in fermento a causa dei bolscevichi che spezzano un’oppressione millenaria. Come sia andata a finire è sotto gli occhi di tutti, ma l’intento del disco è quello di far capire l’immensa portata della Rivoluzione del 1917, che non ha eguali nella storia dell’uomo. Il black in questo caso è il mezzo perfetto per veicolare la storia attraverso coordinate inusuali e molto più intuitive di un trattato di storia. La musica è di ottima fattura, come anche i testi che sono davvero notevoli e contribuiscono in maniera decisiva alla riuscita della cosa. Questo ep è un’opera assolutamente fuori dal comune, frutto di un lavoro impressionante e molto ben centrato, per uno dei gruppi più particolari ed originali che abbiamo in Italia.

Tracklist
1.1917
2.Ottobre
3.Dubina
4.Outro

Line-up
Rimmon – Vocals
Haiwas – Instruments

VOLAND – Facebook

Landmvrks – Fantasy

Il disco è una prova molto matura e che esplora a fondo le tante facce del gruppo che, a seconda di cosa vuole esprimere cambia registro musicale, passando dalla potenza di un metalcore molto veloce ad un post hardcore molto melodico o da qualcosa di più hardcore a momenti di puro nu metal.

Pochi gruppi metalcore sanno essere convincenti, melodici, innovativi e soprattutto con una loro impronta originale: fra questi vi sono sicuramente i marsigliesi Landmvrks.

Nati nel 2014, hanno debuttato sulla lunga distanza nel 2016 con l’autoprodotto Hollow, che li ha portati a suonare in molti festival e con grandi nomi della scena. Questo Fantasy è la loro seconda prova la prima per la Arising Empire, la sussidiaria metalcore, punk e rock della Nuclear Blast Records. Il disco è una prova molto matura e che esplora a fondo le tante facce del gruppo che, a seconda di cosa vuole esprimere cambia registro musicale, passando dalla potenza di un metalcore molto veloce ad un post hardcore molto melodico o da qualcosa di più hardcore a momenti di puro nu metal. Tutta questa varietà non genera mai confusione, è anzi un grandissimo punto di forza, portando al suono una carica ed un particolarità molto originali. Fantasy è il disco di un gruppo giovane che però, a differenza di tanti altri gruppi metalcore, non si rivolge solo ai ragazzini ma tenta di ampliare la propria platea, riuscendovi molto bene. Tutto ciò forse perché non si tratta del canonico gruppo metalcore che fa un disco per riuscire ad entrare nella colonna sonora di qualche muscoloso film d’azione a stelle e strisce, in quanto i Landmvrks hanno fin dall’inizio un progetto musicale ben preciso in testa. Non si esclude la parte più commerciale, nel senso che questo disco è costruito per suonare bene, ma anche per essere comprato dal maggior numero di persone possibile, senza andare a ghettizzarsi. Infatti il gruppo marsigliese è conosciuto ed apprezzato anche da un pubblico diverso da quello metalcore e ascoltando Fantasy ciò lo si comprende subito. Dinamici, melodici e con una doppia cassa che regala gioie, i francesi si candidano seriamente al titolo di autori del disco metalcore dell’anno e anche in altre categorie figurano molto bene. Onestamente le opere metalcore e dintorni presenti nel catalogo della Arising Empire non sono mai sotto un certo gradino di qualità, ma questo Fantasy è al piano di sopra.

Tracklist
1. Fantasy
2. Wake Up Call
3. Scars (ft. Florestan Durand)
4. The Worst Of You And Me
5. Blistering
6. False Reality
7. Reckoning (ft. Aaron Matts)
8. Alive (ft. Camille Contreras)
9. Dead Inside
10. Kurhah
11. Disdain

Line-up
Florent Salfati – vocals
Nicolas Exposito – guitar
Rudy Purkart – bass
Nicolas Soriano – drums

LANDMVRKS – Facebook

Ru Fus – Vita Natural Durante

Vita Natural Durante è una di quelle gemme che vivono nel sottobosco e che sono gioie riservate a chi vuole ricercare, e non a chi vuole trovarsi la pappa pronta.

Ru Fus è un’anima musicale che ha attraversato molti momenti del sottobosco musicale pisano ed è arrivato finalmente all’esordio solista, dopo che è stato in molti gruppi, volendo esprimersi in totale libertà e ne esce una buona prova.

Ru Fus ha cominciato a fare musica tanti anni fa dopo essere stato folgorato da un concerto dei Soundgarden, e fonda nel 1993 gli Akchol Folw che si sciolgono nello stesso anno; entra quindi nella band punk rock Ganzi e Rozzi dalla quale poi esce per andare a far parte del seminale gruppo degli Zen, che poi diventeranno Zen Circus, con i quali rimane fino alla fine del 1999. Da qui comincia una peregrinazione in vari gruppi, con tanti concerti e tante canzoni macinate. Questo suo primo disco solista arriva al momento giusto ed è un piacere da sentire, sia perché è grunge fino al midollo, sia perché è un qualcosa di molto differente rispetto a ciò che si sente ora in giro. Innanzitutto la grande esperienza di Ru Fus è seconda solo al cuore che ci apre e ci fa vedere ogni suo battito, attraverso la lente della musica. La voce di Ru Fus è carica, calda e si potrebbe definire grunge blues, ti scava dentro e non ti lascia scampo. Il primo lavoro solista del musicista pisano non è però meramente nostalgico, prende come struttura portante il grunge, ma ha molte sfaccettature ed è un opera completa e che regala molte emozioni. Per chi ama certe sonorità è un ritorno ad un qualcosa che sembrava scomparso, anche perché le band che si rifanno al grunge spesso lo seguono in maniera ortodossa, mentre la sua essenza è ben catturata da Ru Fus, che ne coglie le cose migliori e le porta a galla attraverso la propria sensibilità. Vita Natural Durante è una di quelle gemme che vivono nel sottobosco e che sono gioie riservate a chi vuole ricercare, e non a chi vuole trovarsi la pappa pronta.

Tracklist
01. Da nessuna parte
02. Giornate nuvolose
03. Vecchie radici morenti
04. Fuori di testa
05. Solo
06. Mustangata
07. Grasso sole
08. Senza via d’uscita
09. Scalpo nero
10. Panic
11. Servi un signore
12. Ieri, oggi e domani

RU FUS – Facebook

Kælan Mikla – Nótt eftir nótt

Le Kælan Mikla si confermano un gruppo unico e molto particolare nel panorama darkwave e post punk, giusto per dare qualche coordinata, e le emozioni che proverete con loro non vi lasceranno per molto tempo.

Torna la triade islandese tutta al femminile di nome Kælan Mikla, qui con un nuovo lavoro dopo l’ottimo Manandas, sempre di quest’anno, che racchiudeva i prodromi sonori dei loro inizi.

Nótt eftir nótt è il proseguimento di un’avventura unica e molto interessante, che si muove fra elettronica, new wave, no wave e darkwvave, riuscendo a cogliere aspetti sempre diversi ed intriganti di suoni assai diversi fra loro, ma che concorrono per un obiettivo comune. La differenza, sia sul piano musicale che su quello compositivo, la fa il talento di queste tre ragazze, che quest’anno sono balzate alle attenzioni di tutto il mondo, anche grazie a Robert Smith dei The Cure che le ha scelte per un festival. Ascoltando questo disco si capisce che le Kælan Mikla hanno un suono unico e personale, perché riescono a trascinarti in una dimensione di sogno grazie ai loro sintetizzatori che sembrano provenire da un altro mondo, con una voce che ti avvolge e non ti lascia, regalando atmosfere che vanno dal glaciale al sentirsi in qualche scena di Stranger Things, con un diverso senso degli anni ottanta. Il loro suono può richiamare qualcosa di ancestrale ma è al contempo fortemente proiettato nel futuro, grazie anche ad una produzione perfetta. Sembra che le tre islandesi giochino con il fato di chi le ascolta, il quale diventa ben presto un acceso devoto delle loro fredde frequenze. Rispetto al disco precedente qui la composizione si fa maggiormente selettiva, e vengono portate avanti istanze che ricadono nel campo nell’elettronica, che è poi la colonna portante del progetto. I giri di basso sono impressionanti e sembra di volteggiare in un nero connubio spazio temporale, e si vorrebbe che questo vorticare non avesse mai fine, piacere oppiaceo di qualcosa che si teme ma che si vuole a tutti i costi. Come per il precedente disco, questo lavoro porterà all’attenzione di un vasto pubblico la bravura di questo gruppo, perché queste nove canzoni si ascoltano in apnea totale, non riuscendo a distogliere l’attenzione da questo viaggio.
Le Kælan Mikla si confermano un gruppo unico e molto particolare nel panorama darkwave e post punk, giusto per dare qualche coordinata, e le emozioni che proverete con loro non vi lasceranno per molto tempo.

Tracklist
1.Gandreið
2.Nornalagið
3.Hvernig kemst ég upp?
4.Skuggadans
5.Draumadís
6.Næturblóm
7.Andvaka
8.Nótt eftir nótt (ft. Bang Gang)
9.Dáið er allt án drauma

Line-up
Sólveig Matthildur
Margrét Rósa
Laufey Soffía

KAELAN MIKLA – Facebook

Petrolio – L + Esistenze

Musica che si raccoglie in cristalli che mutano in continuazione, per un’opera che mancava da tempo nel panorama italiano, un qualcosa di grande profondità e ricerca musicale, fatta con tanti musicisti eccezionali e prodotta grazie ad una cospirazione do it yourself.

Il nuovo disco di Petrolio, aka Enrico Cerrato già bassista degli Infection Code, è un contenitore di vite musicali, esistenze terrene e viaggi onirici.

Petrolio ha esordito nel 2017 con il disco Di Cosa Si Nasce, l’inizio di un progetto ben preciso, una grande mappa di rumori ed emozioni, dove l’uomo è misura di tutte le cose che possono essere suonate. Da tempo mancava in Italia un produttore con questa cifra, un musicista che si mette in gioco prima fra le proprie mura domestiche e poi si mette insieme ad altri che la vedono come lui per continuare il viaggio. Questo disco presenta diverse visioni nate da diverse esistenze messe assieme, accomunate da un comune sentire della musica e da una totale originalità di ogni visione. Petrolio è il minimo comune denominatore, al quale si aggiungono molti ospiti tutti davvero d’eccezione e di grande resa, come Jochen Arbeit (Einstürzende Neubauten , Automat , AADK , Soundscapes ), Fabrizio Modonese Palumbo (( r ), Almagest !, Blind Cave Salamander , Coypu , Larsen , XXL ), Aidan Baker ( Nadja ), Sigillum S, MaiMaiMai e N Ran, veramente fra il meglio della scena noise elettronica. Praticamente inutile tentare di rinchiudere in qualche genere musicale ciò che viene fuori da questo lavoro, che è uno grande sforzo perfettamente compiuto, poiché riesce a coniugare diverse visioni e soprattutto da vita ad un grande disco, che si avvicina ai territori dark ambient, power electronics, ed elettronica altra ma va oltre, molto oltre. Il disco esce sia in vinile che in cassetta, e ha due tracklist differenti, in maniera che per avere il lavoro completo si devono avere entrambi i formati. Ogni pezzo ha un grande valore, ogni canzone suscita differenti emozioni, in un rimbalzo continuo fra cuore e cervello, reni e chakra, con continue vibrazioni di corpo e mente, perché tutto è collegato. Musica che si raccoglie in cristalli che mutano in continuazione, per un’opera che mancava da tempo nel panorama italiano, un qualcosa di grande profondità e ricerca musicale, fatta con tanti musicisti eccezionali e prodotta grazie ad una cospirazione do it yourself di diverse etichette.

Tracklist Vinyl/ Digital
1 Ne Tuez Pas Les Anges (Petrolio + Aidan Baker)
2 La Maladie Connue (Petrolio + Sigillum S)
Scindere 2 animes (Petrolio + Jochen Arbeit)
3 Fish Fet (Petrolio + MaiMaiMai)
4 L’eterno Non E’ Per Sempre (Petrolio + Fabrizio Modonese Palumbo)
5 Ceralacca E Seta (Petrolio + Naresh Ran)

Tracklist Tape/Digital
1 Heilig Van Blut (Petrolio + Aidan Beker)
2 Peregrinos De Almas (Petrolio + Sigillum S)
3 Wood And The Leaf Rite (Petrolio + Jochen Arbeit)
4 Cut The Moon (Petrolio + MaiMaiMai)
5 Ojos Eyes And L’Ecoute (Petrolio + Fabrizio Modonese Palumbo)
6 Vuoto A Perdre (Petrolio + Naresh Ran)

Line-up
Enrico Cerrato: synth, chitarra, elettronica
Fabrizio Modonese Palumbo: viola elettrica, chitarra, ebow.
 (Registrato da Paul Beauchamp presso l’O.F.F. Studio Torino).
Aidan Baker: chitarra, basso, occult noises
Sigillum S: piano, synth, noises, fool rhithms
Jochen Arbeit: chitarra fx
MaiMaiMai: machines e distorsioni
Naresh Ran: voce, testi, noises

PETROLIO – Facebook

Acolytes Of Moros – The Wellspring

C’è un qualcosa nella musica degli svedesi Acolytes Of Moros che fa capire subito che ci si trova di fronte ad un grande gruppo, con un modo di comporre rivolto al cielo più che alla terra.

C’è un qualcosa nella musica degli svedesi Acolytes Of Moros che fa capire subito che ci si trova di fronte ad un grande gruppo, con un modo di comporre rivolto al cielo più che alla terra.

Il trio svedese fa un doom metal molto poco canonico, nel senso che le basi di partenza sono quelle classiche del genere, ma poi si continua per strade non ancora battute. Ad un primo ascolto il suono di The Wellspring potrebbe sembrare minimale, ma è uno dei suoi punti di forza, perché con uno suono ben poco prodotto riescono a tirare fuori delle melodie e delle atmosfere incredibili e molto coinvolgenti. Il groove di questo gruppo è particolare e molto originale, c’è un incessante ricerca di un flusso sonoro che accompagna l’ascoltatore per tutta la durata del disco. Le tracce sono tutte di lunga durata, le narrazioni sono di ampio respiro, ascoltandole non si percepisce che durano molto perché si è totalmente assorti in un suono che ci riporta indietro, in una natura pressoché incontaminata, in cui le stelle alla notte si vedevano ancora e le tenebre erano parte di noi, no n qualcosa da cui fuggire bensì un modo per avanzare nella nostra conoscenza. Come riferimenti musicali si potrebbe dire che c’è molto del doom e qualcosa di gruppi come gli Yob, che spuntano sempre quando le composizioni sono intelligenti e costruite seguendo una struttura. Nonostante esistano dal 2010, questo è l’esordio sulla lunga distanza per gli Acolytes Of Moros, ed è giusto così perché gruppi con questo passo sonoro non possono comporre in fretta, ma necessitano del giusto tempo per far decantare le loro composizioni. Le parti vocali sono eseguite in un modo che accompagna molto bene la musica, come un bardo che canta le sue storie in un ambiente simile a quello raffigurato nella loro copertina. Un disco nettamente sopra la media delle uscite doom metal, comunque in genere di buon livello, e sicuramente molto diversa e assai godibile.

Tracklist
1.Disenthralled from the Trammels of Deception
2.A Yen to Relinquish and Evanesce
3.Forbearance
4.Quotidian
5.Venerate the Dead

Line-up
Christoffer Frylmark – Bass, Vocals
Rasmus Jansson – Drums
Simon Carlsson – Guitars

ACOLYTES OF MOROS – Facebook